"La depressione nell'adolescenza" di Francisco Javier Fiz Peréz e Anita d'Aiello

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di F.J. Fiz Pérez - C. Ciancio Pag. 234 Prezzo: € 15,90

Psicologia della comunicazione Concetti teorici e pratici di F.J. Fiz Pérez - C. Falasco Pag. 224 Prezzo: € 16,90

Questo libro raccoglie i principali approcci teorici sviluppati in questo campo specifico e si propone di fornire un’analisi completa dell’eziopatogenesi, degli effetti e dei diversi modelli di trattamento, sia farmacologici che psicoterapeutici, funzionali alla cura del disturbo depressivo. In particolare, viene trattato il modo in cui la patologia depressiva si manifesta in età adolescenziale, i vari fattori di rischio ed i tipi di intervento ad essa associati. Inoltre vengono riportati i diversi strumenti di misurazione di cui si avvale il clinico al fine di poter acquisire elementi di conferma o meno nel suo processo di chiarimento dei dubbi diagnostici e di comprensione del disturbo. Il testo, rappresenta un efficace strumento di conoscenza della patologia depressiva ed offre profondi spunti di riflessione, al fine di aiutare lo psicologo e l’aspirante psicologo, a valutare i pro ed i contro di ogni teorizzazione consentendo di andare oltre il semplice post hoc ergo propter hoc. Permette quindi di cogliere la complessità degli elementi che concorrono alla costruzione del complesso quadro depressivo.

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F.J. Fiz Pérez - A. d’Aiello

La depressione nell’adolescenza

La depressione nell’adolescenza

Lo sviluppo della personalità nell’arco della vita. Concetti teorici e applicativi

La depressione è uno dei disturbi psicologici più diffusi tra le persone di qualsiasi età e comporta enormi difficoltà a livello personale, lavorativo, relazionale ed economico.

Fiz Pérez - d’Aiello

Della stessa Collana:

Presentazione di Luigi Palma

Aspetti teorici, diagnostici ed eziopatogenetici

Francisco Javier Fiz Peréz, Psicologo e Bioeticista. Professore Ordinario Bioetica (APRA) e Straordinario di Psicologia dello Sviluppo (UER). Da anni, è membro di diversi comitati scientifici di prestigiose università, società e associazioni internazionali. Ha fondato numerosi centri di formazione per adolescenti e famiglie in diversi paesi (Spagna, Italia, USA e Messico). È anche consulente internazionale della Fundacion Altius (per la promozione della educazione, la salute e lo sviluppo in America Latina) e Vice Presidente dell’A.I.S.E.S (Accademia Internazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale) per la Spagna e l’America Latina. Anita d’Aiello, Psicologa Clinica e di Comunità. Esperta in Psicodiagnostica Clinica dell’Individuo e delle Istituzioni. Cultrice di Psicologia dello Sviluppo presso l’Università Europea di Roma. Ha collaborato con la Cattedra di Pedagogia Generale e Sociale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli. Specializzanda in Psicoterapia Cognitiva (SPC di Roma). Tra i suoi scritti: “La depressione nell’età evolutiva”, in Perrella R. (a cura di), La depressione: storia, teoria, clinica, Roma, Carocci Editore.

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DIRETTORE DELLA COLLANA Prof. Francisco Javier Fiz Pérez, Ordinario di Bioetica (APRA), Straordinario di Psicologia dello Sviluppo (UER) COMITATO SCIENTIFICO: Prof. Gladys M. Sweeney, Academic Dean IPS, Washington D.C. Prof. Craig Steven Titus, Research Professor S.T.D., University of Fribourg (Switzerland) Prof. Vivian Boland, Blackfriars Oxford University Prof. Jose Maria Lopez Landiribar, Dean of the Psychology School, Universidad Anahuac; Messico D.F. Dott. Andrea Laudadio, docente presso l’ Università Europea di Roma (UER) Prof Carla Poderico, Ordinario di Psicologia Evolutiva presso la Seconda Università degli Studi di Napoli Prof Guido Cimino, Ordinario di Storia della Scienza e della Psicologia presso l’Università di Roma "La Sapienza" Prof. Vincenzo Sarracino, Ordinario di Pedagogia Generale presso la Seconda Università degli studi di Napoli Prof. Paolo Russo, Ordinario di Pedagogia presso l’Università di Cassino Prof. Arrigo Pedon, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione LUMSA di Roma COMITATO D’ONORE: Prof. Giovanni Bollea 4


F.J.FIZ PÉREZ, A. D’AIELLO

LA DEPRESSIONE NELL’ADOLESCENZA Aspetti teorici, diagnostici ed eziopatogenetici

Presentazione di Luigi Palma

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La depressione nell’adolescenza

Aspetti teorici, diagnostici ed eziopatogenetici di Francisco Javier Fiz Pérez e Anita d’Aiello

Paolo Emilio Persiani Editore piazza San Martino 9/C 40126 Bologna Tel. (+39) 051/9913920 Fax (+39) 051/19901229 e-mail: info@persianieditore.com www.persianieditore.com

Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali. Copertina: Con-fine Studio Immagine Curatori del testo: Arianna Neri, Stefania Pujia, Chiara Cattini

Copyright © 2010 by Gruppo Persiani Editore di Paolo Emilio Persiani. TUTTI I DIRITTI RISERVATI – Printed in Italy 6


INDICE Presentazione.............................................................................................. 9 Prefazione.................................................................................................. 12 Capitolo I: IPOTESI EZIOPATOGENETICHE SULLA DEPRESSIONE........................................................................................17 1.1. Introduzione......................................................................................17 1.2. Modello psicoanalitico.......................................................................17 1.2.1. Sigmund Freud..................................................................................17 1.2.2. Karl Abraham...................................................................................22 1.2.3. Melanie Klein....................................................................................28 1.2.4. Silvano Arieti e Jules Bemporad........................................................33 1.3. Modello cognitivista: A. Beck...........................................................45 1.4. Teoria dell’attaccamento: J. Bowlby.................................................51 1.5. Modello biologico..............................................................................58 1.5.1. Teoria Monoamminergica.................................................................58 1.5.2. Altre Ipotesi......................................................................................60 1.5.3. Conclusioni ......................................................................................63 1.6. Modello psichiatrico..........................................................................64 1.6.1. Quadro generale del DSM-IV............................................................64 1.6.2. I Disturbi dell’Umore ......................................................................67 Capitolo II: TRATTAMENTO...............................................................72 2.1. Introduzione......................................................................................72 2.2. Trattamento farmacologico...............................................................73 2.3. Psicoterapia......................................................................................... 79 2.4. Altre terapie biologiche e fisiche.......................................................82 2.5. Interdipendenza dei trattamenti: trattamento farmacologico e psicoterapia................................................................................................ 85 Capitolo III: LA DEPRESSIONE NELL’ADOLESCENZA.................90 7


3.1. Introduzione......................................................................................90 3.2. Punti comuni e differenze tra depressione e processo adolescenziale .................................................................................................................... 90 3.3. La depressione negli adolescenti.......................................................97 3.3.1. Precisazioni sulla depressione adolescenziale....................................97 3.3.2. La depressione: epidemiologia e fattori di rischio.............................99 3.4. Diagnosi e trattamento terapeutico nella depressione degli adolescenti................................................................................................106 Capitolo IV: PRINCIPALI STRUMENTI PSICODIAGNOSTICI NELLA DEPRESSIONE ADOLESCENZIALE..................................113 4.1. Introduzione.....................................................................................113 4.2. Test dell’ansia e della depressione nell’infanzia e adolescenza (TAD) .................................................................................................................. 115 4.2.1. Fondamenti psicologici e aspetti generali del TAD.........................115 4.2.2. Somministrazione del test e attribuzione dei punteggi....................118 4.2.3. Compilazione del protocollo..........................................................120 4.2.4. Interpretazione e comunicazione dei risultati................................121 4.3. Children’s Depression Inventory (C. D. I.)...................................122 4.3.1. Descrizione e costruzione del C. D. I. ............................................122 4.3.2. Somministrazione e istruzioni per l’esaminatore............................124 4.3.3. Determinazione del punteggio........................................................125 4.3.4. Validità e attendibilità del C.D.I. ...................................................125 4.4. Children’s Depression Scale (C. D. S.)...........................................126 4.4.1. Definizione e principi teorici per l’elaborazione del C.D.S. ..........126 4.4.2. Descrizione: scale e sotto-scale........................................................127 4.4.3. Uso del C.D.S. ...............................................................................129 4.4.4. Somministrazione ed interpretazione del C.D.S. ...........................131 Conclusioni.............................................................................................. 134 Bibliografia.............................................................................................. 136 8


Presentazione La patologia depressiva è considerata oggigiorno il male del secolo. L’interesse per questo tipo di disturbo non è solo scientifico, ma è soprattutto umano. In effetti il disturbo depressivo appare come un dolore non descrivibile, un vuoto oscuro e maligno, che procura un enorme sofferenza alla persona che ne è affetta. Quando si parla di depressione è opportuno dare un giusto significato a questa parola. Invero, “depressione” significa sostanzialmente uno stato di malinconia che è patologico, non normale. Deve tuttavia precisarsi, che l’apparente genericità della definizione del disturbo depressivo non giustifica affatto la riconduzione generalizzata e sistematica nell’ambito della depressione stessa di alcune sintomatologie aventi viceversa natura, effetti, e di conseguenza indicazioni terapeutiche del tutto differenti. Non può sottacersi infatti che la patologia depressiva molto spesso si manifesta con dei risentimenti di carattere somatico e che è imprescindibile, ai fini del corretto accertamento della patologia depressiva stessa, avere la sicurezza che tali effetti incidenti sul fisico del soggetto non siano riconducibili a delle malattie organiche. Tuttavia, una volta accertata la presenza di un quadro depressivo, è opportuno procedere con l’individuazione e la relativa messa in atto dei relativi e complessi interventi terapeutici adeguati; interventi che cambiano a seconda che il soggetto affetto dal disturbo depressivo sia un adulto o adolescente. Infatti dall’analisi dei più recenti ed avveduti contributi letterari relativi alla depressione adolescenziale, si evince in maniera inequivocabile che è indispensabile apprestare degli strumenti terapeutici specifici al fine di favorire un recupero totale del paziente depresso. Rinviando al capitolo terzo la trattazione analitica dei suddetti strumenti terapeutici è opportuno in questa sede soffermarsi sulle ragioni di carattere sociologico e, perché no, anche etico, che sollecitano la completa guarigione dell’adolescente affetto da depressione. Un giovane o una giovane di 9


16 o 17 anni non possono accontentarsi soltanto di un intervento terapeutico volto alla ibernazione dei sintomi depressivi, ma necessitano di un intervento che sia in grado di far riconoscere e superare loro le cause sottostanti i disturbi depressivi stessi. Infatti, un adolescente ha vissuto soltanto una minima parte della sua esistenza e non può pertanto essere afflitto dal supplizio della depressione per buona parte della sua vita; questi è infatti chiamato ad affrontare i problemi legati alla vita di relazione, i problemi che si presenteranno all’indomani del suo eventuale matrimonio, i problemi che causeranno i suoi figli, nonché i problemi tipici della società moderna (vita frenetica, difficoltà a trovare una occupazione, ecc.). Proprio per rendere l’adolescente in grado di superare efficacemente questi duri ostacoli è fondamentale che la depressione “patologica” non accompagni in perpetuo la sua vita. Da ciò si evince il ruolo non soltanto curativo, ma anche sociale ed etico che l’operatore chiamato a risolvere i problemi adolescenziali assume nella società moderna; ruolo che senza dubbio attribuisce a questo operatore una dignità ed un’importanza fulcrale nell’ambito dell’universo medico-scientifico, ma che al pari di ogni altro compito fondamentale per la società, rende l’attività del medesimo estremamente onerosa e delicata, facendola assurgere al rango di una vera e propria “missione sociale”. Da ultimo, in virtù del fatto che nella nostra moderna società occidentale si sente parlare molto spesso di depressione e ansia tra i giovani ed i meno giovani, il valore che assume questo lavoro risulta essere davvero pregnante e cruciale per una comprensione esaustiva del disturbo. In effetti questo testo, che raccoglie numerosi e validi contributi sul piano teorico e metodologico nell’analisi e nel trattamento della patologia depressiva, rappresenta, nell’ambito della letteratura scientifica internazionale, una valida guida per addentrarsi e districarsi nei meandri di un disturbo apparentemente noto ma ricco di sfumature che risulta spesso, come già accennato, per gli stessi professionisti di auto-aiuto, difficile da decifrare a 10


pieno. Una conferma del valore di siffatto studio proviene dai più recenti studi epidemiologici che evidenziano un marcato aumento di incidenza della depressione nell’adolescenza. In particolare, può osservarsi che in Italia i ragazzi depressi sono più di 800.000. Per quanto riguarda l’Europa, secondo le statistiche dell’Unione Europea, il 4% degli adolescenti tra i 12 e i 17 anni soffre di depressione grave e la percentuale sale al 9% intorno ai 18 anni. E’ chiaro che, nella complessa cornice dell’odierna era post-industriale, la complessità storica e socioculturale sempre crescente che accompagna e acuisce le problematiche adolescenziali, si riflette nell’ampliarsi della letteratura sull’argomento. A tal proposito, storici, antropologi e psicologi hanno infatti evidenziato come la complessità dell’organizzazione sociale e culturale di un determinato popolo, in un determinato contesto geografico e in un altrettanto determinato periodo storico, influenzi direttamente non solo la poliedricità e la problematicità del fenomeno suddetto, bensì la sua stessa esistenza. Luigi Palma Presidente dell’Ordine Nazionale degli Psicologi

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Prefazione L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) dichiara che il disturbo depressivo è tra le malattie mentali quello più diffuso; a tal proposito le previsioni di tale Organismo per gli anni a venire sono davvero preoccupanti, in particolare la depressione potrebbe diventare la seconda causa di disabilità fra tutte le condizioni morbose. Secondo l’OMS, oltre il 20% dei soggetti in età evolutiva soffrirebbe di una qualche forma di disturbo mentale ed il suicidio rappresenta la terza causa di morte in età adolescenziale. Nella fattispecie, tra le patologie psichiatriche più frequentemente associate al suicidio ci sono per l’appunto i disturbi dell’umore: depressioni maggiori e disturbi bipolari; fanno seguito l’abuso di alcool e la schizofrenia. Tuttavia ai disturbi dell’umore spetta una posizione largamente prioritaria, interessando tra il 65 e il 90% dei suicidi. Tra i depressi, il rischio sembra maggiore qualora il paziente non segua la terapia in modo corretto o presenti una resistenza ai farmaci assunti. Ciononostante, anche quando il disturbo depressivo non provoca la morte della persona, comunque provoca una compromissione di aree importanti della vita, quali l’aspetto sociale, lavorativo ed di altre aree abituali della vita del soggetto. Muovendo da queste considerazioni, l’obiettivo principale di questo lavoro, a partire dalla letteratura nazionale ed internazionale sull’argomento, è quello di far conoscere, ad un gruppo sempre più grande di studiosi e clinici: cos’è la depressione, quali sono gli strumenti psicodiagnostici di cui ci possiamo avvalere per poter formulare corrette ipotesi diagnostiche, in particolare nella fase adolescenziale e, non ultimo, quali interventi terapeutici risultano essere più efficaci per il trattamento del suddetto disturbo. Tutto ciò risulta essere importante anche alla luce di recenti studi che hanno dimostrato che gli adolescenti che hanno lievi forme di depressione rischiano 12


problemi di salute mentale più gravi da adulti. Ad oggi saranno necessari ulteriori studi per capire se i problemi di depressione degli adolescenti siano una fase iniziale di successive depressioni più gravi o se contribuiscano allo sviluppo di malattie mentali più severe negli anni a venire. Ma quel che già si può dedurre è che anche i lievi segni di depressione negli adolescenti non vanno trascurati: i ragazzi vanno subito aiutati e avviati a una terapia adeguata. Il lettore di questo libro potrà sorprendersi di un fatto: che ad oggi, a prescindere dal diverso modello teorico di riferimento nello spiegare l’eziopatogenesi del disturbo depressivo, non esistono delle divergenze sostanziali nel trattamento del disturbo; infatti dati che emergono da diverse ricerche evidenziano l’importanza di un approccio integrato, ossia strategie di intervento che prevedono la combinazione di un trattamento farmacologico e di una psicoterapia. Nei capitoli che seguono saranno approfonditi tutti i temi correlati ed esplicativi del medesimo disturbo. Nel capitolo 1, verranno passati in rassegna i diversi contributi teorici che hanno cercato di dare una spiegazione alla genesi del disturbo depressivo. In particolare, nell’ambito psicodinamico, ricordiamo le teorie di Sigmund Freud, Karl Abraham, Melanie Klein e di Silvano Arieti e Jules Bemporad, nonché la teoria dell’attaccamento formulata da John Bowlby. Gli altri modelli teorici ed interpretativi della depressione proposti sono quello cognitivo-comportamentale di Aaron Beck ed il modello biologico e psichiatrico. Questi ultimi modelli danno parallelamente importanza a diversi fattori; in particolare il modello cognitivo – comportamentale di Beck, assumendo che i pensieri, i comportamenti, ed processi fisiologici sono tutte componenti importanti dei disturbi depressivi, è quello che ha ricevuto il più gran numero di verifiche empiriche, validazioni, e applicazioni cliniche; viceversa il modello biologico e psichiatrico analizzano altri aspetti integranti e bilaterali del disturbo depressivo, ovverosia gli 13


eventi neurofisiologici e quelli sintomatologici della suddetta patologia. In particolare, nell’ambito psichiatrico, è il DSM- IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali, giunto alla sua quarta edizione) ad assumere un ruolo davvero importante tra i diversi operatori che si occupano dei disturbi mentali. In effetti questo manuale, che è scritto con un linguaggio condivisibile dai diversi orientamenti teorici, si fonda su una vasta base empirica. Ciò risulta utile per l’individuazione dei sintomi cognitivi, comportamentali, somatici ed affettivi che, nel loro insieme, sono in grado di diminuire in maniera da lieve a grave il tono dell’umore, compromettendo il "funzionamento" della persona, nonché le sue abilità ad adattarsi alla vita sociale. A partire da questa vasta poliedricità di modelli che hanno contribuito a dare una diversa spiegazione delle cause sottostanti e concorrenti la patologia depressiva, nel capitolo 2 sono stati valutati i diversi strumenti terapeutici utili per permettere una pianificazione della cura più attenta e mirata a seconda dello scompenso depressivo presentato dal soggetto. A tal proposito, sono stati approfonditi nei particolari il trattamento farmacologico e quello psicoterapeutico. Il primo, che è particolarmente consigliato nelle forme gravi oppure endogene di depressione, ha come scopo principale quello di stabilizzare nel cervello gli squilibri neurochimici (prodotti da un deficit di serotonina, noradrenalina e dopamina) che accompagnano lo scompenso depressivo. Ciò avviene grazie all’utilizzo di una classe particolare di psicofarmaci, ossia gli antidepressivi che, come vedremo, possono inizialmente, a seconda dei dosaggi, provocare (nei primi 15 giorni) dei disturbi disfunzionali a carattere neurovegetativo. Tuttavia, è giusto sottolineare che le risposte fisiologiche ai farmaci sono strettamente individuali e non sempre prevedibili. Il secondo trattamento, ossia la psicoterapia (a prescindere come vedremo dai diversi modelli di riferimento) è usato nelle forme non psicotiche di depressione ed ha come ruolo principale quello di 14


rendere la persona più consapevole del suo problema, fornendole gli strumenti per fronteggiarlo. Comunque, sebbene non tutte le scuole di psicoterapia lo prevedano, la maggior parte dei clinici è d’accordo nel sostenere che il trattamento psicoterapico/psicofarmacologico integrato fornisce un piano di cura certamente più incisivo per quelle forme di depressione non solo gravi, ma anche soggette a maggiori recidive e dunque tale trattamento è in grado di potenziare l’efficacia e migliorare i risultati a lungo termine. In effetti, in varie occasioni sembra che una psicofarmacologia consenta una psicoterapia: è il caso di pazienti depressi che senza un aiuto psicofarmacologico antidepressivo non hanno nemmeno le energie per investire su un lavoro psicoterapeutico. Tuttavia, è anche vero l’inverso, vale a dire che una psicoterapia può favorire, in diversi casi, una maggiore compliance alla terapia farmacologica, ossia può favorire il corretto mantenimento della farmacoterapia. Verranno anche menzionati altri trattamenti che, a seconda della gravità o meno del tipo di depressione, possono rilevarsi utili per il trattamento medesimo. Essi sono: il trattamento con elettroshock, l’ospedalizzazione, la fototerapia, la privazione o riduzione di sonno e l’esercizio fisico. Nel terzo capitolo si procederà ad analizzare come la depressione si manifesta nel periodo adolescenziale, cercando in primis di riuscire a cogliere il sottile ed incerto confine esistente tra una “depressione fisiologica”, che risulta essere, per così dire, congenita alla fase adolescenziale ed una “depressione patologica”; in tal modo, verranno esaminate le analogie e le differenze esistenti tra i due tipi di depressione. Allo stesso modo, verranno riportate le diverse manifestazioni depressive tipiche dell’adolescenza: stato di noia o morosité, crisi ansioso-depressive, sindrome depressiva grave e altre due forme depressive specifiche dell’età adolescenziale, o meglio la depressione di inferiorità e la depressione mascherata. Alla luce dei diversi studi epidemiologici nazionali ed internazionali sull’argomento che mostrano una incidenza massiccia della patologia 15


depressiva nell’età adolescenziale, si è passati ad analizzare il ruolo che i diversi “fattori di rischio” svolgono sul grado di vulnerabilità, insorgenza, mantenimento e cronicizzazione del disturbo medesimo. Tenendo conto del complesso e poliedrico quadro che caratterizza la patologia depressiva in età adolescenziale, sono state tracciate delle linee di intervento terapeutico più efficaci per il trattamento del medesimo disturbo, che non possono essere applicate sic et simpliciter al paziente adolescente, ma vanno progettate ad hoc sul soggetto in esame. L’ultimo capitolo è dedicato alla descrizione dei diversi strumenti psicodiagnostici di cui si avvale il clinico per svolgere una corretta diagnosi di disturbo depressivo in età adolescenziale. In particolare, i principali reattivi psicologici usati per valutare la diagnosi depressiva adolescenziale sono: il Test dell’Ansia e della Depressione nell’infanzia e nell’adolescenza (TAD), il Children’s Depression Inventory (CDI) e il Children’s Depression Scale (CDS). La valenza sul piano pragmatico assunta da questi strumenti è davvero elevata. In effetti, nonostante la diagnosi di depressione non possa prescindere dal colloquio clinico, gli strumenti presentati rappresentano comunque un valido supporto nel processo di valutazione diagnostica. Nelle conclusioni verranno proposti spunti di riflessione di diverso tipo, allo scopo di stimolare nel lettore neofita o anche esperto una visione concreta dell’immagine del paziente depresso all’interno del suo contesto vitale. Di conseguenza, verrà delineata la cornice all’interno della quale il disturbo depressivo si esplica, rimandando la doppia funzione dell’intero lavoro che è per l’appunto quella di aver non solo trattato in termini esaustivi gli aspetti relativi all’eziopatogenesi, al trattamento del disturbo depressivo, con particolare riferimento alla depressione negli adolescenti, ma anche quello di promuovere, in senso lato, una valutazione critica, utile per sollecitare una cultura alla prevenzione della patologia depressiva. 16


Capitolo I IPOTESI EZIOPATOGENETICHE SULLA DEPRESSIONE

1.1. Introduzione La depressione, diversamente forse da ogni altro disturbo in psichiatria o in medicina in generale, fa risalire la sua storia ai primi documenti scritti del genere umano. Molti personaggi degli antichi miti o protagonisti della Bibbia sono raffigurati con dei sintomi che sarebbero oggi classificati come tipici della malattia depressiva. Tuttavia la prima descrizione clinica oggettiva della depressione risale a Ippocrate, che coniò il termine “melanconia” intendendo richiamare l’attenzione sull’eccesso di bile nera nel soggetto depresso. Qui di seguito verranno messi in rassegna i principali indirizzi teorici che si sono occupati della patologia depressiva. Essi sono: il Modello psicoanalitico, con particolare riferimento a Sigmund Freud, Karl Abraham, Melanie Klein, Jules Bemporad e Silvano Arieti; il Modello cognitivista di Aaron Beck; la Teoria dell’attaccamento di John Bowlby; il Modello biologico e infine il Modello psichiatrico. 1.2. Modello psicoanalitico 1.2.1. Sigmund Freud Nell’ambito della teoria psicoanalitica molti sono stati gli scritti relativi alla tematica della depressione, ma tra tutti il più significativo resta senza alcun dubbio il breve saggio scritto da Freud nel 1915, intitolato Lutto e Melanconia. Non si tratta del primo lavoro psicoanalitico sull’argomento; infatti già Karl Abraham, discepolo di Freud, ne aveva pubblicati parecchi. Nonostante ciò, Lutto e Melanconia ha rappresentato un punto di riferimento per tutti gli psicoanalisti. 17


Questo lavoro assume una certa importanza perché, per la prima volta, Freud postula dei meccanismi patologici nei quali non è la frustrazione della sessualità a svolgere una funzione patogena. Inoltre, in questo scritto Freud parla di “rapporti oggettuali” piuttosto che di rimozione, delinea una istanza che più tardi diventerà il Super-Io e amplia la funzione dell’Io nello sviluppo della patologia. È importante altresì sottolineare che l’autore non parla esplicitamente di depressione, ma fa riferimento a quei particolari stati emotivi consistenti nella melanconia (o malinconia) e nella mania, che rappresentano le due anime della patologia. Freud inizia il suo saggio precisando che la diagnosi di melanconia risulta essere particolarmente complessa, in quanto tale diagnosi potrebbe caratterizzare un gruppo di altri disturbi. Egli inoltre sottolinea che, avendo acquisito i dati della sua indagine da un numero non cospicuo di pazienti, gli esiti delle indagini medesime non si presterebbero a generalizzazioni. Freud analizza in modo più approfondito la melanconia e nel fare questo la confronta con il lutto, notando numerose somiglianze così come alcune differenze critiche con tale fenomeno. Osserva infatti che entrambi questi stati hanno in comune un senso di doloroso abbattimento per una perdita, una mancanza di interesse nei confronti del mondo esterno, la perdita della capacità di amare e un’inibizione dell’attività. Tuttavia, soltanto il soggetto melanconico mostra una diminuzione della stima di sé, al punto che vi sono delle espressioni di autorimprovero e un’aspettativa irrazionale di punizione: difatti il melanconico è molto autocritico verso il suo passato e commisera i suoi cari perché sono legati a lui. Questo quadro di delirio di inferiorità è generalmente completato da insonnia, rifiuto del nutrimento e da quella che Freud definisce “superamento della pulsione di vita”. Inoltre, il melanconico, a differenza di chi subisce un lutto, non sa bene di che natura sia la sua perdita e non è consapevole di ciò che ha dato luogo al suo 18


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di depressione, della natura distonica dei propri sintomi, ossia riconoscono che i sintomi sono ingiustificati o esagerati, pertanto desiderano attivamente liberarsene. Tuttavia, l’aspetto più importante che caratterizza tali pazienti (nonostante la loro depressione possa oscillare da uno stato di consapevolezza angosciosa di perdita a una conclusione disperata della vita) è soprattutto la loro capacità di conservare i rapporti con le altre persone, dalle quali, il più delle volte, cercano conforto e appoggio. L’autore classifica queste forme lievi di depressione in tre tipi: reattiva, caratteriale e mascherata. La depressione reattiva è caratterizzata principalmente dal fatto che inizia dopo il verificarsi di un evento spiacevole nella vita del paziente, come per esempio il lutto, ossia la perdita per la morte di una persona cara al paziente. Dunque, tale forma depressiva “si verifica dopo un trauma identificabile e soggettivamente grave nella vita dell’individuo” (ivi, p. 187). Questo disturbo, così come gli altri tipi di depressione lieve, si differenzia dalle forme gravi per tutta una serie di motivi. 1. Nella depressione grave, il soggetto sembra aver utilizzato l’altro dominante o lo scopo dominante per liberarsi da un senso di male o di cattiveria interiori; al contrario, il soggetto affetto da depressione reattiva, anche se si vede “costantemente cattivo”, utilizza l’altro dominante o lo scopo dominante per ottenere piacere e importanza. Quindi, in quest’ultimo caso, nonostante il paziente si senta pigro, impotente o anche corresponsabile per la perdita avvenuta, “il sottofondo maligno della vera autosvalutazione” è assente. 2. Il depresso lieve, pur mostrando un bisogno eccessivo dell’altro o dello scopo dominante, è capace, a differenza del depresso grave, di sviluppare altri modi per ottenere la stima 41


di sé. 3. I soggetti lievemente depressi sono meno rigidamente legati a una serie di idee, ovvero sembrano essere più capaci di scoprire delle alternative nelle loro modalità di pensiero; invece i depressi gravi sono rigidamente legati a un numero limitato di idee e di persone. 4. L’infanzia del depresso lieve è stata meno traumatica di quella del depresso grave; infatti il primo è cresciuto in una famiglia in cui il genitore dominante (generalmente il padre) lo incentivava positivamente, attraverso lodi e favoritismi, a raggiungere risultati soddisfacenti, favorendo così nel paziente lo sviluppo di un atteggiamento acquiescente. Viceversa, il depresso grave ha avuto una madre che lo rimproverava e minacciava di abbandonarlo, per cui il paziente ha dovuto lavorare duramente per ottenere l’approvazione parentale. La depressione caratteriale è una varietà di depressione lieve che è contraddistinta da un costante umore depresso, che diventa un tratto importante del carattere del soggetto. Tale forma depressiva comprende due tipi generali di pazienti. Un gruppo ha una struttura psichica analoga al gruppo reattivo, ma se ne differenzia in quanto il rapporto con l’altro dominante non ha l’effetto di espellere i sentimenti depressivi. Questo gruppo “sembra proibirsi delle normali attività piacevoli per paura di perdere l’altro dominante o perché queste attività possono interferire con il conseguimento dello scopo dominante”. Invero, in quest’ultimo caso, il paziente crede che qualsiasi distrazione possa mettere a repentaglio il raggiungimento dello scopo dominante, pertanto ogni situazione che il soggetto vive come un ostacolo darà luogo a periodi prolungati di depressione. L’altro gruppo, o gruppo inibito, è cronicamente depresso poiché ha delle convinzioni irrazionali relative al Sé e agli altri che gli impediscono di provare piacere; in effetti , in questo caso, la depressione non sembra essere il risultato di avvenimenti 42


ambientali, ma il soggetto è affetto da un senso cronico di inutilità e mancanza di speranza che gli impedisce di dedicarsi ad attività gratificanti. A livello superficiale, il soggetto che appartiene a questo gruppo sembra essere orgoglioso e sicuro di sé; al contrario, a livello più profondo, è possibile scorgere una personalità infantile, caratterizzata da convinzioni paranoidi che gli altri lo controllino e desiderio di essere accudito passivamente dalle altre persone. Proprio per questo il paziente, avendo paura che i propri bisogni di dipendenza possano emergere, si allontana gradualmente dalla vita relazionale, fino a provare “un vuoto interiore o un senso di essere escluso dal mondo”. Alcuni depressi cercano di colmare questo vuoto interiore attraverso l’alcool o la droga; tuttavia, come ben sappiamo, queste sostanze riescono a lenire il dolore solo per un periodo breve. Infine, c’è la depressione mascherata, così chiamata perché è caratterizzata dall’assenza di un sentimento cosciente di depressione. Secondo Bemporad, questo disturbo è quello più difficile da diagnosticare, poiché non sono stati delineati dei criteri diagnostici sicuri per poterlo identificare. I pazienti affetti da questo disturbo sono veramente depressi, ma utilizzano certe difese contro tale “stato affettivo spiacevole”; infatti questi soggetti presentano (abitualmente) dei disturbi ipocondriaci, ossia appaiono preoccupati in modo veramente esagerato del loro stato di salute fisica. In realtà sotto tale atteggiamento è possibile scorgere la presenza dei comuni sintomi depressivi: paura della novità e del piacere, paura di non guarire, manipolazione degli altri per ricevere attenzioni, ecc. Un tipo comune di depressione mascherata è quella che assume le caratteristiche della sindrome di depersonalizzazione. In questo caso, il sentimento depressivo è così penoso che il soggetto elimina tutti i sentimenti per evitare di sperimentarlo; difatti, il soggetto non si sente più se stesso, sente che la voce o parti del corpo non gli appartengono e pertanto percepisce la realtà come trasformata. Tuttavia, tutti i pazienti con depressione lieve, nelle sue molteplici 43


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Widlรถcher D. (1985), La depressione, Bari, Laterza.

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di F.J. Fiz Pérez - C. Ciancio Pag. 234 Prezzo: € 15,90

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La depressione nell’adolescenza

La depressione nell’adolescenza

Lo sviluppo della personalità nell’arco della vita. Concetti teorici e applicativi

La depressione è uno dei disturbi psicologici più diffusi tra le persone di qualsiasi età e comporta enormi difficoltà a livello personale, lavorativo, relazionale ed economico.

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Aspetti teorici, diagnostici ed eziopatogenetici

Francisco Javier Fiz Peréz, Psicologo e Bioeticista. Professore Ordinario Bioetica (APRA) e Straordinario di Psicologia dello Sviluppo (UER). Da anni, è membro di diversi comitati scientifici di prestigiose università, società e associazioni internazionali. Ha fondato numerosi centri di formazione per adolescenti e famiglie in diversi paesi (Spagna, Italia, USA e Messico). È anche consulente internazionale della Fundacion Altius (per la promozione della educazione, la salute e lo sviluppo in America Latina) e Vice Presidente dell’A.I.S.E.S (Accademia Internazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale) per la Spagna e l’America Latina. Anita d’Aiello, Psicologa Clinica e di Comunità. Esperta in Psicodiagnostica Clinica dell’Individuo e delle Istituzioni. Cultrice di Psicologia dello Sviluppo presso l’Università Europea di Roma. Ha collaborato con la Cattedra di Pedagogia Generale e Sociale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli. Specializzanda in Psicoterapia Cognitiva (SPC di Roma). Tra i suoi scritti: “La depressione nell’età evolutiva”, in Perrella R. (a cura di), La depressione: storia, teoria, clinica, Roma, Carocci Editore.

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