Leonardo Bragaglia
“Rodolfo Valentino il Mito, l’attore, il sex simbol” di Leonardo Bragaglia Pag.96 Prezzo 18,00
“Maria Callas L’arte dello stupore” di Leonardo Bragaglia Pag. 128 Prezzo: 21,00
Leonardo Bragaglia, nato a Roma il 9 novembre 1932, è attore, regista e saggista drammatico. Ha iniziato la carriera recitando per il cinema con Vittorio De Sica, Totò, Anna Magnani, Nino Manfredi, per la regia di Carlo Lodovico Bragaglia. Ha debuttato in teatro con la compagnia di Anton Giulio Bragaglia al Ridotto di Venezia assieme a Memo Benassi. Ha frequentato l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico vincendo la borsa di studio primo ex aequo con Glauco Mauri. Dopo aver interpretato Goldoni e Molière nella compagnia di Antonio Gandusio diviene l’allievo prediletto di Lamberto Picasso recitando con lui oltre 100 rappresentazioni dell’Enrico IV di Pirandello. Ha firmato la regia di Giorni di Verità assieme a Riccardo Bacchelli. Tra regie teatrali e radiofoniche ha diretto attori come Paola Borboni, Massimo D’Apporto, Elsa Merlini, Mario Scaccia, Wanda Capodaglio, Elena Zareschi, Lia Zoppelli. È autore di più di quaranta volumi fra cui Shakespeare in Italia, Memo Benassi un grande attore diverso, Ritratti d’attore e Maria Callas, l’arte dello stupore, editi dalla Persiani Editore per cui dirige la collana dello spettacolo. È inoltre condirettore del Premio “Ermete Novelli” e direttore artistico della Cines.
Manuale dell’attore Dizione, recitazione, interpretazione
Manuale dell’attore
“Shakespeare in Italia” Personaggi interpreti e vita del teatro shakespeariano in Italia di Leonardo Bragaglia Pag. 270 Prezzo 18,00
Come si diventa attori? Quali sono le tecniche e i segreti dell’arte recitativa? Quali le risorse fisiche e vocali da utilizzare sul palcoscenico? In modo semplice ed efficace, questo breve manuale espone i principi della tecnica attorale, affiancando ad ogni lezione teorica una serie di esercizi pratici, indispensabili per chiunque si avvicini, per diletto o per professione, al mondo del teatro. “Voce, dizione chiara, accentuazione, ritmo, fiato, portamento e gesto, hanno delle leggi fisse, eterne”, scrive Bragaglia. “Il corso che intendiamo tenere è legato, pertanto, a regole fondamentali. Ma sarà integrato da lezioni di storia del teatro e da conferenze illustrative sui grandi attori del passato. Sarà per metà Scuola e per metà bottega. Per questo, dopo le prime nozioni indispensabili, o anche parallelamente, si inizierà a provare. E subito in scena.”
Leonardo Bragaglia
Dello stesso autore sono disponibili nella collana “Teatro”:
Presentazione di Maria Caterina Bianchini “Memo Benassi. Un grande attore diverso” di Leonardo Bragaglia Pag. 110 Prezzo: 18,00
prezzo al pubblico
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Manuali dello spettacolo
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LEONARDO BRAGAGLIA
MANUALE DELL'ATTORE DIZIONE, RECITAZIONE, INTERPRETAZIONE
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Manuale dell'attore di Leonardo Bragaglia
Paolo Emilio Persiani Editore piazza San Martino 9/C 40126 Bologna tel. e fax 051/9913920 e-mail: info@persianieditore.com
www.persianieditore.com I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i paesi. L’editore potrà concedere a pagamento l’autorizzazione a riprodurre una porzione non superiore ad un decimo del presente volume. Copertina: fotocomposizione di Federico Guidi. Curatori del testo: Giulia Madau, Alessandra Selis.
Copyright © 2008 by New Media Entertainment di Paolo Emilio Persiani.
TUTTI I DIRITTI RISERVATI - Printed in Italy
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Indice PRIMA LEZIONE Premessa..................................................................................8 Della respirazione....................................................................9 Antiche eterne regole............................................................12 Esercizi di respirazione.........................................................15 Antologia del grande attore...................................................19 SECONDA LEZIONE Premessa................................................................................21 Antologia del grande attore...................................................25 TERZA LEZIONE Premessa................................................................................26 Emozione e dominio del sentimento.....................................27 QUARTA LEZIONE Premessa................................................................................30 Pronuncia all'antica italiana..................................................31 Vocabolario italiano - pronuncia...........................................33 QUINTA LEZIONE Premessa................................................................................36 Lo stato di grazia sulla scena................................................36 Antologia del grande attore...................................................38 SESTA LEZIONE Premessa................................................................................39 La risata.................................................................................39 Antologia del grande attore...................................................41 5
SETTIMA LEZIONE................................................................42 Premessa................................................................................42 Antologia del grande attore...................................................43 Dal riso al pianto (prova di nervi).........................................43 OTTAVA LEZIONE...................................................................45 Premessa................................................................................45 Gesto e portamento (le pose sceniche)..................................46 Antologia del grande attore...................................................47 NONA LEZIONE......................................................................49 Premessa................................................................................49 Antologia del grande attore...................................................50 Ritmo della battuta................................................................50 DECIMA LEZIONE..................................................................52 Premessa................................................................................52 Ricerca dell'effetto................................................................53 Antologia del grande attore...................................................53 UNDICESIMA LEZIONE.........................................................55 Premessa................................................................................55 Antologia del grande attore...................................................56 Mimica e pantomima.............................................................56 DODICESIMA LEZIONE.........................................................58 Premessa................................................................................58 Antologia dell'attore..............................................................59 La dizione poetica.................................................................60 TREDICESIMA LEZIONE.......................................................61 Come studiare una parte, un personaggio.............................61 6
QUATTORDICESIMA LEZIONE............................................64 Il mestiere: accorgimenti tecnici e altri segreti del mestiere.64 QUINDICESIMA LEZIONE....................................................67 Premessa................................................................................67 SEDICESIMA LEZIONE..........................................................70 Protagonismo e non...............................................................70 Antologia del grande attore...................................................71 DICIASSETTESIMA LEZIONE..............................................73 Delle caratterizzazioni...........................................................73 Antologia del grande attore...................................................75 DICIOTTESIMA LEZIONE.....................................................77 Premessa................................................................................77 Meglio rinunciare a una bella voce che diventare schiavi....77 Metodologia dell'impostazione della voce............................79 Esercizi per l'impostazione della voce..................................81 Come sollecitare la fantasia..................................................83 Antologia...............................................................................87 Principali difetti di pronuncia. Influenze dialettali...............89 RICAPITOLAZIONE................................................................91 BIBLIOGRAFIA.......................................................................93
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PRIMA LEZIONE
Premessa La respirazione è la base di una buona dizione, e anche di una lettura “intelligente”- come dice Charles Dullin - e grazie a “questo piccolo Dio” (la respirazione, per l'appunto) si potrà essere ascoltati bene anche a distanza. Respirare, si sa, anche scientificamente, equivale a vivere. La parola scenica vivente e recitante è alimentata, assistita, sorretta dalla respirazione. Ma questo piccolo segreto non deve mai rivelarsi. Avete mai ascoltato uno di quei tenori che fra una frase e l'altra, fra una nota e l'altra, respirano a pieni polmoni? Niente di più fastidioso e di più stonato. Così per un attore che, a corto di fiato, interrompe a metà una frase per riprendere fiato, cioè per inspirare nuovo ossigeno ed alimentare la propria voce. Tutto è smagato. Occorre, quindi, respirare bene e con naturalezza. La respirazione deve diventare un fatto naturale, elementare, quotidiano e non soltanto sulla scena, ma anche nella vita privata dell'attore, sì da non generare preoccupazioni sul palco. Nell'antica Grecia, il cinico Diogene, assistendo ad una recita tenuta da un attore terribilmente noioso ed a corto di fiato, dava in smanie, ma, quindi, intravisto finalmente il bianco nel fondo della lunga pergamena che era in mano del recitante, esclamava a voce alta: «Fatti coraggio, amico, e riprendi fiato: vedo terra!». La preoccupazione dell'attore era dilagata in platea. Colpa di una respirazione errata.
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SECONDA LEZIONE Premessa L'opera pedagogica sul teatro e sull'arte dell'attore ha un valore a sé - se non altro quale documento - nelle preziose Lezioni di declamazione d'arte teatrale di Antonio Morrocchesi. Singolarissimo il valore tecnico di questi appunti scritti verso la fine del secolo diciottesimo, da colui che fu considerato sommo interprete del teatro alfieriano e che ebbe la ventura di portare per primo sulle nostre scene, in lingua italiana, l'Amleto di Shakespeare. Antonio Morrocchesi (San Casciano in Val di Pesa, 15 maggio 1768 - Firenze, 26 novembre 1838) era stato amico personale di Vittorio Alfieri, che lo prediligeva su tutti i suoi interpreti, di Silvio Pellico e di Ippolito Pindemonte. Grande dicitore di versi egli è infatti ricordato nella lapide dettata dal Niccolini per la tomba che è nientemeno in Santa Croce, quale «professore di declamazione» e «fra i tragici attori del suo tempo per consentimento d'Italia a nessuno secondo». Il suo modo di insegnare e di fissare per scritto i propri insegnamenti sull'arte declamatoria può, oggi, apparire ingenuo, elementare. Ma, a parte qualche termine risibile, è ancora fondamentale, proprio per la sua elementarità. «Simile ad una femmina - scrive il Morrocchesi nella Lezione dell'enfasi -, che poche naturali prerogative in sé ritenendo, sa nulladimeno con gli abbigliamenti di gusto, con mezzi studiati, e con le grazie occultamente ricercate trasformarsi quasi in Citerea, e rapisce così gli sguardi non meno che i cuori degli ammiratori più avveduti, può dirsi che sia l'arte declamatoria. «Posta in opera a capriccio, senz'ordine e senza regole, siccome avviene purtroppo fra coloro, che, o per utile non la tengono, o la reputano di facile esecuzione, ecciterà per certo la bile, o per 21
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TERZA LEZIONE
Premessa Qualche volta l'attore è dotato di un fascino magnetico - sul quale pochissimi, eletti artisti possono contare - che diviene l'elemento decisivo determinante ed imponderabile di un successo. Il silenzio che accompagna l'entrata in scena dell'attore magnetico dà un'inesplicabile sensazione di conquista. Anodo e catodo, poli spirituali inscindibili, producono in questi casi singolarissimi - la Duse, Ruggeri, la Callas, Lauri Volpi e pochissimi altri fenomeni scenici - una comunione assoluta fra interprete e spettatori. Quando questo fenomeno di comunicazione ultrafanica non esiste, si dice che fra quell'attore - sia pure bravissimo - ed il pubblico c'è come una barriera di incomunicabilità, una vera e propria incomprensione fra artista e spettatore. Con alcuni esempi si potrebbero citare casi di attori dotatissimi e di voce e di presenza e di abilità professionale, che non conobbero mai questo contatto con il pubblico; viceversa, attori meno dotati in apparenza, ricchi di suggestioni arcane. Un fattore essenziale, quindi, che va al di là di studi e di preparazioni. Si tratta di doni naturali per quei pochissimi artisti della scena volgarmente chiamati “animali da palcoscenico”. Nati per recitare. Esseri superiori nati per dominare i sentimenti e le emozioni. Anzi per fingerle, secondo la teoria cara al Diderot del Paradosso dell'Attore3. Sulle basi fondamentali del saggio di Diderot tratteremo in 3. Parigi, 1773. 26
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QUARTA LEZIONE
Premessa Vezzi e vizi dei grandi attori del passato, degli attori della lunghissima teoria dei Comici protagonisti del Teatro all'antica italiana, sono - a lungo andare - divenuti autentici vezzi e vizi degli attori tardo ottocento la cui eco birignaosa non si è ancora del tutto spenta. Pronunce stentoree, troppo insistite e troppo scandite, e coloriture troppo vistose, sottolineature a volte stonate, appoggiature fastidiose: sono tutte cose che hanno da sempre rappresentato il cattivo gusto della recitazione effettistica. Se guitto è chiamato il comico che si arrangia in tutte le occasioni; se gigione è l'attore portato a strafare; se mattatore è colui che accentra su di sé l'attenzione dell'intero spettacolo anche a discapito del testo teatrale-poetico-letterario: non altrettanto biasimevoli sono da considerare i sublimi istrioni, virtuosi della parola scenica. A loro tutto è perdonato, poiché tutto concorrerà alla dismisura, alla sublimazione stereotipa del personaggio da loro incarnato, o meglio giganteggiato sulla scena. Per approdare ai risultati leggendari di Tommaso Salvini o di Adelaide Ristori, di Ermete Novelli o di Ermete Zacconi, ogni mezzo poteva e doveva essere perdonato. Quando poteva apparire più violento l'oltraggio dei tagli nelle scene ove il protagonista-mattatore non compariva (poniamo ad esempio illustre - cui pure si riferisce, con biasimo per le mutilazioni, ma con ammirazione per l'interpretazione del personaggio, il D'Amico in Maschere e nel famosissimo Tramonto del grande attore - il portentoso Shylock di Ermete Novelli), allora tanto più esaltante risultava la gigantesca 30
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QUINTA LEZIONE
Premessa Contro il paradosso di Denis Diderot, che vuole l'attore estraneo ai sentimenti che rappresenta a freddo, con tecnica sublime ma fredda e completamente fuori del personaggio, sta il SISTEMA di Costantino Stanislavskji. Stanislavskji puntò inizialmente sullo zen, una sorta di yoga: secondo antichissime dottrine buddiste, egli costringeva i suoi attori-allievi ad esercizi di concentrazione, dannosi ed alienanti. La realtà dei personaggi, per il grande maestro della scena russa e fondatore del Teatro d'Arte di Mosca, doveva essere inventata. L'interpretazione deve essere una creazione e non una semplice trasposizione scenica dei personaggi così come li ha scritti il loro Autore. L'azione scenica è un compito della volontà. Ma tutti gli esercizi, anche tecnici, sono soltanto fasi preparatorie per liberare la fantasia. La fantasia ogni sera deve ricreare ex novo il personaggio, che non deve essere ripetuto ogni volta come un cliché. E allora, le prove, tutti quegli infiniti piccoli accordi e mille sfumature, create col concorso del regista e dei colleghi? Si, tutto bene per quanto riguarda prove, svisceramento della parte e preparazione tecnica: ma poi, sulla scena, sera per sera, bisogna ritrovare una certa infantile verginità, creatività, libertà. Uno stato di grazia, poetico, al quale Stanislavskji anelò per tutta la vita (e molti altri grandi artisti con lui): ritrovare ogni sera l'ispirazione. Lo stato di grazia sulla scena Lo stato di grazia sulla scena, varrebbe a significare l'ispirazione. Il momento dell'ispirazione. 36
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SESTA LEZIONE
Premessa Tutti gli attori e tutti i maestri di recitazione sono d'accordo almeno su un punto: è assai più difficoltoso il genere comico che non quello drammatico o sentimentale. Se far ridere è quindi difficile, ancor più difficile, tecnicamente, è per alcuni attori ridere in scena. La risata è, fra le tante finzioni sceniche, la più tecnica e la meno emozionale. Ci si può, infatti, predisporre psicologicamente e concentrare al pianto, ma rarissimamente questa concentrazione è sufficiente per predisporre l'attore al riso spontaneo. Anzi, diremo subito che la risata è sempre artificiosa in scena. Mentre si può vivere e sentire realmente, con passione, un dramma anche sulla scena, partecipando cioè al dramma del personaggio che si interpreta, non altrettanto facilmente si può sentire la situazione comica. Questo perché nel genere comico è insita la sorpresa: quando noi, nella vita, conosciamo già una barzelletta, questa al massimo ci farà nuovamente sorridere (per compiacenza), mai ridere. Una storia d'amore o di morte potrà sempre commuovere l'attore anche alla centesima replica (anche da spettatori). All'attore comico ciò non avviene. «Non fa più ridere nessuno», è la battuta di prammatica. Tecnica purissima, artificiosa, quindi, per la risata. Nella risata entra nuovamente in campo, la respirazione. Inspirazione e espirazione, a colpi rapidi, sempre più rapidi, rapidissimi. Colpi di glottide, e respirazione diaframmatico-costale. Secondo la vocale prescelta per l'espirazione, si otterrà un genere di risata più caldo e più ricco di comunicabilità. La a, ad esempio, regina delle vocali, è certamente la più 39
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SETTIMA LEZIONE
Premessa Parlare di Teatro, e di teatro comico in particolare, sembra facile. Gli attori si ribellano spesso anche ai critici più illustri, rispondendo che questi non possono comprendere, perché estranei, non addetti ai lavori. G.B. Shaw una volta rispose in questi termini: «È vero, io non sono un attore, e tanto meno un attore comico, e neppure sono una gallina: pure so ottimamente giudicare quando un uovo è buono o no». Di teatro debbono parlare i teatranti (autori, attori, registi); di recitazione soltanto gli attori. Di recitazione, di tempi comici soltanto i grandi attori comici. Genio nascitur attor comico, del livello di Petito e di Ferravilla, di Musco e di Petrolini, di Scarpetta e Totò, si nasce. Di Petrolini, scrisse Marinetti: «Egli uccide con i suoi lazzi il non mai abbastanza ucciso chiaro di luna». Il comico, infatti, attraverso un apparente scherzo, può ferire con il proprio pungiglione, terribilmente, con una violenza e una profondità molto maggiori rispetto ad una invettiva drammatica. Passare dal tragico al comico, e viceversa dal riso al pianto, e viceversa ridere piangendo; interrompere un pianto dirotto come avviene nei bimbi - per un improvviso candido sorriso... Qui subentra una grande scaltrezza, una vera e propria esperienza: il possedimento completo della tastiera che ogni attore ha in sé. Ogni attore degno di questo nome lo ha in sé, ma tarderà a esprimerlo - ed esprimere tutte queste diversità ed ambiguità sceniche - a seconda della scorza che ha per celare i propri sentimenti. 42
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OTTAVA LEZIONE
Premessa Nel 1877, un attore grandissimo, Alamanno Morelli, dava alle stampe per i tipi di Carlo Barbini Libraio editore in Milano, il Prontuario delle pose sceniche. È il prototipo di tutti gli studi, saggi, approfondimenti della gestualità sulla scena drammatica (o lirica). Si sa bene che, sulla scena, la parola è accompagnata, evidenziata, sottolineata, dal gestire più composto: la vera e propria moderna gestualità dovrebbe quasi sostituire la battuta (e qui per noi è assurdo, poiché consideriamo, soprattutto nel teatro rappresentato, la Parola espressione assoluta). Complemento per la recitazione, dunque. Complemento essenziale, però, ed a volte indispensabile. Pochissimi attori nati - i così detti animali da palcoscenico possiedono il dono del saper gestire naturalmente. I napoletani, ad esempio, accompagnano sempre con gesti adeguati le parole: ma, per questa naturale esuberanza, devono controllarsi. Un gestire troppo vistoso può dar fastidio, e può addirittura frastornare, togliere evidenza alla battuta. Attenzione, soprattutto, alle mani dei principianti, dei dilettanti! Non c'è cosa peggiore che vedere quei muscoli irrigiditi, quasi atrofizzati: quel nascondere le mani, e togliersi d'impaccio come facevano le cantanti tardo ottocento nei concerti portando sempre un bel fazzolettino in mano! Pure, l'uso del pianoforte - e oggi anche di macchine da scrivere, calcolatrici, etc. - dovrebbe rendere indipendenti le dita. Guai a chi ricorre al mezzuccio di tenere sempre qualche cosa in mano: è come bloccare uno dei più meravigliosi mezzi d'espressione di cui un attore possa disporre! 45
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NONA LEZIONE
Premessa Virtuosi della parola, furono più volte appellati gli attori. Ma, dopo aver tenuto in evidenza la tecnica fondamentale - vale a dire la respirazione (innanzitutto), la dizione o scansione delle parole, le accentuazioni della pronuncia, la dizione forbita o preziosa etc. - è venuto il momento di coordinare questi mezzi, questi accorgimenti tecnici, con alcune osservazioni che preludono allo stato interpretativo. Dopo aver messo a punto la tecnica, e dopo aver mandato a memoria un testo (con l'antico metodo di trascrivere in un piccolo quaderno la parte, o la poesia che si deve imparare) ci si deve porre attentamente a studiare i tempi o il ritmo della battuta. Segnati i fiati - abbiamo visto come in uno spartito musicale dei più elaborati – e segnate le pause, c'è da vedere la linea generale della battuta. Non parlo tanto di interpretazione, quanto di ritmo come musicabilità della battuta, come drammaticità sonora. Bisogna che la battuta rimanga sempre, anche nelle pause, come su una corda tesa: la tensione insomma non dovrà mai conoscere cedimenti. Mai recitar seduti: ne risentirebbero il ritmo e la musicabilità, nonché la drammaticità della battuta. Per il genere comico, poi, i tempi sono di un'importanza assoluta: qualunque effetto - anche il più irresistibile - mancherà il bersaglio se usato fuori tempo.
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DECIMA LEZIONE
Premessa Prima che un'arte grandissima, il Teatro - l'Arte dell'Attore che dà rilievo, carne e sangue alla parola scritta dai grandi poeti della scena - è un mestiere o, se preferiscono, un mestiere professionale. Occorre, cioè, tutto un bagaglio di nozioni tecniche, e anche di segreti professionali, prima di esprimersi liberamente in forma creatrice, artistica. Anche i più banali o volgari segreti del mestieraccio più guitto, cioè più approssimativo e rozzo, possono - al momento giusto essere utili al comico militante. Utilissimo, ad esempio, sfruttare i propri difetti naturali. Un fisico, una voce particolari possono servire benissimo per caratterizzare un personaggio, come vedremo. Un raffreddore momentaneo, può essere truccato in diverse maniere: nel comico, per la singolare pronuncia (invece di dire «roba da matti» vien fuori un divertente «roba da batti»); nel drammatico, camuffandolo, in singhiozzi, palpiti, fiatoni etc. In Qualsiasi condizione di salute, il buon comico, riesce a condurre a termine la rappresentazione, e, spesso - con un colpo di genio - di trarre profitto da difetti o svantaggi. Sarah Bernhardt non seppe sfruttare a proprio vantaggio la sua fascinosa andatura, essendo negli ultimi anni della propria vita divenuta claudicante? E chi ricorda le caratterizzazioni - in carrozzella - del grande Lionel Barrymore? E le voci flebili, lamentose, stonate di Almirante e di Gandusio? «Cercare l'effetto, nel proprio difetto»: così diceva la scuola del grande Virgilio Talli, regista ante-litteram della scena italiana. 52
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UNDICESIMA LEZIONE
Premessa Anche il Mimo è un Attore, ovvero l'Attore è anche Mimo (o, almeno, dovrebbe esserlo). Espressione fisica dei sentimenti, e non soltanto coadiuvante della parola scenica, la Pantomima dice, o dovrebbe dire, quanto non si può esprimere con la Parola. Trovare un gesto per un sentimento! Sperimentarsi nella pantomima, aiuta molto l'inventiva, la fantasia dei movimenti: descrivere a gesti una poesia che già si è studiata a memoria. Una poesia descrittiva di sentimenti e di sensazioni: per esempio La pioggia nel pineto di D'Annunzio. Ricchezza d'inventiva, spirito d'osservazione acutissimo e liberazione assoluta degli estri fantastici. È un esercizio che Tatiana Pawlova portò in Italia agli albori dell'Accademia Nazionale d'Arte drammatica, e che il suo allievo Orazio Costa sviluppò fino al parossismo. Cosa non si può dire con le mani! E con il viso? E con gli occhi? Il viso di un attore dovrebbe essere una maschera mobile, la più ricca e sensibile e varia fra tutte le cose che rispecchiano emozioni, stati d'animo, reconditi pensieri. Con questi mezzi, si esprime il non detto: tutto quanto l'Autore ha lasciato intendere “fra le righe”. Espressione dell'inespresso, quindi. Dei comici dell'Arte fu detto: «Non parlano, ma dicono grandi cose!».
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DODICESIMA LEZIONE
Premessa Le dizioni poetiche più esaltanti, alle quali ci è stato dato fare da auditore in quarant'anni di Teatro, sono state quelle che, tra un atto e l'altro di un suo “cavallo di battaglia”, ci offriva il “seratante” Ruggero Ruggeri nelle sue ultime clamorosissime “serate d'onore”. Dizioni poetiche: dare voce ai più segreti e misteriosi palpiti dell'animo umano. Dare voce poetica, e lirica, ai più riposti pensieri. Oppure esaltarsi della e nella musicalità del verso. Tanto più la poesia è intima confessione, tanto meno sarà opportuno dirla in pubblico. Leopardi, sopra tutti, poco si presta ad essere violentato dalla voce recitante; mentre il verso dannunziano esce trionfatore, giovandosi dell'elemento sonoro, lirico. Per D'Annunzio - e, facendo altri esempi, per talune liriche carducciane, per Petrarca e per Lorenzo il magnifico - il verso segnato sulla carta è qualcosa come la scrittura musicale: per comprenderla veramente bisogna ascoltarla, non leggerla. È vero quanto dice Silvio D'Amico in un suo saggio sui dicitori di versi: «Così il verso nasce nella dizione; e nella dizione, nella recitazione, nel canto s'afferma e comincia ad affinarsi»7. Ma è ancora vero che nella Poesia - già tutta stabilita nei suoi ritmi, nei suoni prescelti, nei colori - il grande interprete (quello che crea) è un intruso, poiché «la lirica, soggettiva per eccellenza - e citiamo ancora il D'Amico - non presuppone integrazioni o collaborazione: poiché essa è espressione totalmente libera ed indipendente». 7. Tramonto del grande attore, 1930. 58
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TREDICESIMA LEZIONE
Come studiare una parte, un personaggio Il sistema fondamentale, mnemonico, per mandare a mente una parte è di copiare più volte su un quadernetto tutte le proprie battute, con gli attacchi, le battute cioè che precedono le vostre. Quando si è mandata tutta la parte a memoria, allora si cominci a rileggere attentamente - una o più volte - tutta la commedia, considerando ogni personaggio singolarmente. Dalle battute degli altri personaggi, dai loro atteggiamenti, dal rapporto che essi hanno con il personaggio che noi siamo chiamati ad interpretare, nascerà un fondamento del nostro personaggio e nella sua giusta dimensione. Le parole, ed i relativi atteggiamenti, allora, sgorgheranno naturalmente, e si comincerà a limare - un vero lavoro di cesello - su quanto già si è appreso moria in precedenza. Alle prove, prima al tavolino, e quindi in piedi - per i primi giorni si usava tenere ancora in mano la parte - (un tempo, invece, si andava splendidamente a suggeritore) si adatterà la propria voce alle altre. Finalmente, con il personaggio in movimento, la memoria visiva farà sì che non dimentichiate più nulla - né un movimento, né una intenzione - poiché il personaggio vi avrà preso la mano. Andrete a cena, e penserete al personaggio; andrete a dormire e vi addormenterete con lui. Non ci sarà più bisogno, allora, di cercare o di ricordare meccanicamente, a moria, le intonazioni o i gesti: sarà lui, il personaggio, a soccorrervi. Non più cincischiamenti di piccoli particolari: ma un affresco a tutto tondo. Se il personaggio che si è chiamati ad interpretare è storico, 61
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QUATTORDICESIMA LEZIONE
Il mestiere: accorgimenti tecnici e altri segreti del mestiere Premessa La professione dell'attore comporta molte convenzioni, meccaniche, artificiose, prestabilite. L'arte della parola scenica - valori fonetici e timbrici, colori del ritmo, respirazione e pronuncia esatta, scansione ed articolazione - non è che un mezzo per esprimere la propria interpretazione. André Villiers in Tecnica e mestiere (dell'Attore). si ferma su un valore assoluto, un principio che deve essere, sopra tutti gli altri, tenuto presente: il gesto deve sempre precedere la parola e non viceversa. È questo una specie di dogma, poiché nessun maestro di recitazione ha cercato di dare una plausibile spiegazione a questo fatto naturale. Ma non è vero, poiché un gesto può completare una frase... Vero, invece, sempre secondo Villiers che se vi è «simultaneità di gesto e di parola e l'uno non completa l'altro, è un accompagnamento, privo di valore, che appesantisce l'insieme, una gesticolazione senza importanza», pleonastica. Altrimenti pochi gesti, come abbiamo visto, e precisi, anziché chiarire o completare l'espressività, fanno scaturire una gran confusione di idee sceniche. Chiarezza di idee per il disegno del personaggio. Forma (dizione, gesto, pronuncia) e contenuto (interpretazione) sono un tutt'uno. Così per Coquelin: «La pronuncia è il disegno della dizione». Una frase di Samson, pronunciata come sapeva pronunciarla lui, valeva per la caratterizzazione di un personaggio, quanto un 64
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QUINDICESIMA LEZIONE
Premessa Per “orecchio musicale”, anche nella recitazione drammatica, in prosa e ancor più naturalmente in versi, si intende non soltanto musicalità della dizione - e della voce aggraziata dallo studio e dalla educazione vocale - ma anche dell'orecchio rivolto all'intonazione con i partners. Quando si risponde ad una domanda, ci si intona, infatti, al tono, al timbro, al volume della voce di chi fa la domanda. Intonarsi, quindi. Musicalità dell'orchestrazione-direzione della recitazione, che è indispensabile per acquisire naturalezza e veridicità. Le prove più comuni, più semplici, più efficaci per conoscere l'orecchio musicale dell'attore, sono quelle che il Maestro, o Regista, o Direttore Artistico fa con l'attore stesso facendogli ripetere una propria intonazione. Se l'Attore sarà in grado di prendere, assimilare, ripetere una intonazione offertagli - non imposta - dal Direttore, egli avrà dimostrato di essere in possesso di un buon orecchio musicale. Ma non basta. L'attore non dovrà mai ripetere a pappagallo soltanto il suono esteriore della battuta: dovrà anche comprenderne il ritmo, l'essenza drammatica, le vibrazioni interne ed esterne. Intonazione vuol dire anche tono della battuta. Intonazione vuol dire idee della battuta. Dunque, si presuppone una musicalità innata che si intoni al tono, al colore drammatico del personaggio che si incarna e al momento drammatico che il personaggio sta vivendo scenicamente. La tinta musicale e drammatica che l'interprete è chiamato a 67
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SEDICESIMA LEZIONE
Protagonismo e non... Da un attore, accusato di protagonismo anche quando non era chiamato a sostenere ruoli da protagonista, nacque la clamorosa risposta: «Il mio Polonio non sa se il protagonista è lui oppure Amleto: egli però sente le proprie vicende da protagonista della sua esistenza». Infatti, un'antica lezione sostiene che l'attore - qualunque attore sia protagonista nel momento in cui recita la propria parte. Anche il famosissimo cameriere che entra in scena soltanto per dire: «La cena è pronta!». In quel momento è lui il protagonista: egli entra, tutti si voltano verso di lui ed egli pronuncia - da protagonista - la battuta rimasta emblematica di tutta la categoria di attori generici. Bisogna vivere la propria parte come si trattasse della propria vita e non all'ombra di altre vite (o personaggi). Ma bisogna, come nella vita, rispettare gli spazi degli altri attori. Non dire la propria battuta sottotono, per rispetto del primo attore interlocutore, e neanche trascurare il proprio piccolo personaggio per aiutare a far giganteggiare il protagonista-divo. Quindi, poi, se si è realmente protagonisti assoluti (Amleto in Amleto, Otello in Otello, Cyrano nel Cyrano de Bergerac o Edipo in Edipo re) bisognerà stare attenti a non soffocare l'opera del poeta e lasciare gli spazi agli altri grandi personaggi, con il rispetto che meritano, ma anche per un equilibrio dello spettacolo. Non soltanto: molto spesso il rilievo del personaggio protagonista nasce dal tono e dall'autorità dell'interlocutore, di volta in volta anch'esso protagonista e antagonista. Ricorrendo ancora una volta all'orecchio musicale, la voce 70
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DICIASSETTESIMA LEZIONE
Delle caratterizzazioni Il ruolo di caratterista, uno dei più gustosi, vari, ricchi della scena porta con sé alcuni problemi, soprattutto per quegli attori che non abbiano naturalmente, da madre natura, il fisico del ruolo. Attori magrissimi, elettrici, con voci nasali, stridule (come il leggendario Sichel, il più grande e brillante a cavallo fra ottocento e novecento), o attori pingui, con voci baritonali, con cariche di simpatia a prima vista (come Cesare Dondini), non si pongono troppi problemi: le caratterizzazioni vengono dagli attributi della natura. Ma per un attore con il fisico medio, normale, senza troppe caratteristiche il problema di caratterizzare un Falstaff non è certo risolvibile con una pancia di gommapiuma. Bisognerà ricorrere a speciali truccature e ad atteggiamenti attribuibili al personaggio e, soprattutto, a trovare una credibile alterazione della voce. Quale voce si vuol dare a Falstaff? Quella del pancione ventriloquo? O quella dell'evirato guardiano degli harem? Oppure una bella, calda, rotonda voce in contrasto con il pesante fisico? Molti attori (Ruggeri per primo) disegnavano la propria truccatura pensata al tavolino. E, contemporaneamente, pensavano voce, gesto, portamento. Questo studio, del resto, va fatto per tutti i personaggi e non solo per quelli caratterizzati. Le caratterizzazioni, però, sono più pericolose, perché costruite e perché c'è il pericolo di portare per tre atti consecutivi una sovrastruttura che può condizionare e limitare le altre iniziative 73
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DICIOTTESIMA LEZIONE
Premessa Abbiamo già ampiamente citato le note di Alamanno Morelli e del Morrocchesi, di Luigi Rasi e le pagine antologiche autobiografiche di Ruggero Ruggeri e Zacconi, di Salvini, Modena e di tanti altri illustri maestri del passato; così come non abbiamo tralasciato di rifarci all'amico Enrico D'Alessandro ed al suo Sentimento e tecnica della recitazione8: nozioni classiche, tramandate da generazioni di attori, sulla tecnica più elementare (quella superbamente trasmessaci da Wanda Capodaglio) ci fornisce anche il blocchetto degli appunti di Mario Scaccia, attore nato per recitare, ma con vocazione di insegnante. La voce, mezzo d'espressione dell'attore drammatico, può essere anche bella, ma qualche volta questa bellezza timbrica conduce alla monotonia (vedi Maria Melato, la grande lirica della prosa, e Antonio Crast, dotato del più smagliante strumento vocale che abbia mai posseduto un attore). Meglio, allora, rinunciare ad una voce troppo bella, che esserne posseduti, diventandone schiavi. Vediamo comunque questi classici, tradizionali appunti, assai utili per la formazione e l'irrobustimento della voce. Meglio rinunciare a una bella voce che diventarne schiavi «La voce è il mezzo d'espressione più importante che possediamo, ma anche la voce va educata, corretta e controllata. Prima di tutto bisogna imparare a conoscere il tipo della propria voce, cioè l'impostazione naturale, l'estensione del proprio registro fonico, l'ampiezza dell'emissione a cui si può arrivare e la ginnastica di una buona respirazione in rapporto al parlare». Per arrivare ad essere padroni della propria voce occorre 8
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BIBLIOGRAFIA Bragaglia, A.G., Del teatro teatrale ossia del teatro, Tiber, Roma, 1929. Bragaglia, L., Taccuino segreto di Ruggero Ruggeri, Ila Palma, Palermo, 1973; Ruggero Ruggeri in 65 anni di storia del teatro rappresentato, Trevi, Roma, 1968; Interpreti Pirandelliani, Trevi, Roma, 1969; Shakespeare in I talia, Trevi, Roma, 1974; Memo Benassi, un grande attore diverso, Persiani Editore, Bologna, 2007; Ermete Zacconi, e il naturalismo scenico, Il Torchio, Roma, 1972; Adelaide Ristori, Gogi, Cividale del Friuli. Corsi,路M., Il teatro all'aperto in Italia, Rizzoli, Milano, 1939. D'Alessandro, E., Tecnica del gesto e della parola, Sergio Ghisoni, Milano, 1972. D'Amico S., Maschere:note sull'interpretazione scenica, Mondadori, Milano, 1921; Tramonto del grande attore, Mondadori, Milano 1930. Pandolfi, V., Antologia del grande attore, Laterza, Bari, 1954. Rasi路L., Il libro degli aneddoti: memorie di un comico, Edi Firenze, 1890; I comici italiani: Biografia, bibliografia, iconografia, Fratelli Bocca, Firenze, 1900. Ridenti, L., (a cura di), L'autore, Il Dramma, Torino, 1947; Ritratti perduti, Omnia, Milano 1960; Vita gaia di Dina Galli, Corbaccio, Milano, 1919;
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Biglietto di favore, Vecchi, Milano, 1927. Salvini, C., Tommaso Salvini nella storia del suo tempo, Cappelli, Bologna, 1960. Scaccia路M., Io e il teatro, Trevi, Roma, 1984. Appunti di tecnica dell'attore (dattiloscritto inedito). Simoni, R., Teatro di ieri, Milano, Treves, 1938; Trent'anni di cronaca drammatica, in Tutta l'opera di Renato Simoni, a cura di Ridenti Lucio, Ilte, Torino, 1952, vol.1. Tofano, S., Il teatro all'antica italiana, Rizzoli, Milano 1965. Volpi, G.L., Cristalli viventi, Atlantica, Roma, 1948. Zacconi, E., Ricordi e battaglie, Garzanti, Milano, 1946.
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Leonardo Bragaglia
“Rodolfo Valentino il Mito, l’attore, il sex simbol” di Leonardo Bragaglia Pag.96 Prezzo 18,00
“Maria Callas L’arte dello stupore” di Leonardo Bragaglia Pag. 128 Prezzo: 21,00
Leonardo Bragaglia, nato a Roma il 9 novembre 1932, è attore, regista e saggista drammatico. Ha iniziato la carriera recitando per il cinema con Vittorio De Sica, Totò, Anna Magnani, Nino Manfredi, per la regia di Carlo Lodovico Bragaglia. Ha debuttato in teatro con la compagnia di Anton Giulio Bragaglia al Ridotto di Venezia assieme a Memo Benassi. Ha frequentato l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico vincendo la borsa di studio primo ex aequo con Glauco Mauri. Dopo aver interpretato Goldoni e Molière nella compagnia di Antonio Gandusio diviene l’allievo prediletto di Lamberto Picasso recitando con lui oltre 100 rappresentazioni dell’Enrico IV di Pirandello. Ha firmato la regia di Giorni di Verità assieme a Riccardo Bacchelli. Tra regie teatrali e radiofoniche ha diretto attori come Paola Borboni, Massimo D’Apporto, Elsa Merlini, Mario Scaccia, Wanda Capodaglio, Elena Zareschi, Lia Zoppelli. È autore di più di quaranta volumi fra cui Shakespeare in Italia, Memo Benassi un grande attore diverso, Ritratti d’attore e Maria Callas, l’arte dello stupore, editi dalla Persiani Editore per cui dirige la collana dello spettacolo. È inoltre condirettore del Premio “Ermete Novelli” e direttore artistico della Cines.
Manuale dell’attore Dizione, recitazione, interpretazione
Manuale dell’attore
“Shakespeare in Italia” Personaggi interpreti e vita del teatro shakespeariano in Italia di Leonardo Bragaglia Pag. 270 Prezzo 18,00
Come si diventa attori? Quali sono le tecniche e i segreti dell’arte recitativa? Quali le risorse fisiche e vocali da utilizzare sul palcoscenico? In modo semplice ed efficace, questo breve manuale espone i principi della tecnica attorale, affiancando ad ogni lezione teorica una serie di esercizi pratici, indispensabili per chiunque si avvicini, per diletto o per professione, al mondo del teatro. “Voce, dizione chiara, accentuazione, ritmo, fiato, portamento e gesto, hanno delle leggi fisse, eterne”, scrive Bragaglia. “Il corso che intendiamo tenere è legato, pertanto, a regole fondamentali. Ma sarà integrato da lezioni di storia del teatro e da conferenze illustrative sui grandi attori del passato. Sarà per metà Scuola e per metà bottega. Per questo, dopo le prime nozioni indispensabili, o anche parallelamente, si inizierà a provare. E subito in scena.”
Leonardo Bragaglia
Dello stesso autore sono disponibili nella collana “Teatro”:
Presentazione di Maria Caterina Bianchini “Memo Benassi. Un grande attore diverso” di Leonardo Bragaglia Pag. 110 Prezzo: 18,00
prezzo al pubblico
16,00 - iva inclusa
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