Il Minotauro Anno XXXIX - Vol. n. 2 - Dicembre 2012

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Anno XXXIX – Vol. n. 2

DICEMBRE 2012

IL MINOTAURO PROBLEMI E RICERCHE DI PSICOLOGIA DEL PROFONDO

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IL MINOTAURO Rivista fondata in Roma nel 1973 da Francesco Paolo Ranzato

www.rivistailminotauro.it ORGANO UFFICIALE DELLA SCUOLA DI PSICOTERAPIA ANALITICA AIÓN Via Palestro, 6, 40123, Bologna Tel: 348.2683688

GRUPPO PERSIANI EDITORE Piazza San Martino, 9/C - 40126 Bologna - Italy Tel. (+39) 051 99.13.920 - Fax (+39) 051 19.90.12.29 info@persianieditore.com

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Iscrizione Registro Operatori Comunicazione n. 12050 Testata registrata al Tribunale di Bologna, aut. n. 8034 del 28 Gennaio 2010 DIRETTORE RESPONSABILE LUCA VALERIO FABJ COMITATO SCIENTIFICO Luca Valerio Fabj Angelo Gabriele Aiello Elena Acquarini Antonio Grassi Roberto Filippini REDAZIONE Francesca Emili, Francesca Barbalace, Elisa Brusati, Amanda Rubbini, Sara De Vito STAMPA: Atena.Net Srl, Grisignano (VI) SERVIZIO ARRETRATI E ABBONAMENTI TEL. 051-99.13.920 - FAX 051-19.90.12.29 Martedì, Mercoledì, Giovedì dalle 10:00 alle13:30 e dalle 15:00 alle 18:30 Abbonamento Annuale - 2 numeri: € 15,00 Abbonamento Biennale - 4 numeri: € 28,00 Modalità di pagamento: Versamento su C/C postale n. 90288440 o C/C bancario IBAN IT23A0538702419000001269134 intestati a Paolo Emilio Persiani Editore, specificando nome e cognome, nella causale “abbonamento alla rivista Il Minotauro”

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Sommario

Articoli: Siamo e restiamo liberi di Luca Valerio Fabj..............................................................4 Dalla facoltà acustico-musicale alle origini del linguaggio orale fino al predominio della cavità orale che genera il mondo sulla cavità uterina che genera la vita di Claudio Messori...............................................................................................6 Un metodo molto pericoloso: la coniunctio sessuale alchemica trasformativa (seconda parte) di Luca Valerio Fabj..........................................................................44 L’LSD e la terapia psichedelica di Bruno Severi.......................................................53 La dimensione “onirico-immaginativo-simbolica” come focus per l’ascolto analitico, in un setting pubblico e privato di Luca Biasci........................................71 Il narcisismo di Giuseppe Battaglia e Giuseppe Ferrari..............................................85 L’arte: frutto dell’anima. I colori dell’Anima in una Alchimia creativa di Matteo Marino..........................................................................................................93 Il linguaggio alchemico nella prassi e nella psicoterapia junghiana di Diego Pignatelli Spinazzola...................................................................................107 EFSA

e l’aspartame di Fiorella Belpoggi......................................................................113

Recensioni...........................................................................................................118 Gli allegati de “Il Minotauro”: Presentazione del Convegno “Psicopatologia tra natura e cultura”.................123 Presentazione del Convegno di Matteo Tonna.......................................................125 Recensione commentata dell'evento di Francesca Violi.........................................128

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SIAMO E RESTIAMO LIBERI Editoriale di Luca Valerio Fabj

Dopo un triennio di Direzione del Minotauro, ritengo che si possa fare con i lettori un breve bilancio di ciò che si è fatto. Si è deciso di prendere in carico una Rivista dalla gloriosa tradizione, che però era davvero giunta alla fine della sua vita editoriale, e si è cercato di rinnovarla e rivitalizzarla per riportarla agli antichi fasti. Molto si è fatto al riguardo, ma molto ancora si deve fare, affinché il Minotauro e il messaggio che porta possa via via diffondersi sempre di più. Per cui a costo di ripetermi, dirò di nuovo cosa vuole essere il Minotauro secondo la mia Direzione: una rivista libera, per spiriti liberi che fanno della libera cultura psicologica. Il Minotauro non ha alcun “padrone”, né mai ne avrà alcuno, almeno sinché da me sarà gestito, poiché Io non ho padrone alcuno, né mai ne avrò. Questa Rivista vuole mandare proprio questo messaggio, ovvero che i tempi dei “servi” e dei “fanatismi religiosi” nella psicologia del profondo sono finiti. Definitivamente finiti. La psicologia del profondo è solo il prodotto di uomini, che per quanto straordinari erano solo e soltanto umani. Freud, Jung, Adler e tutti gli altri erano solo uomini, normalissimi uomini e non “profeti” di non si sa quale meravigliosa “rivelazione”. Il tempo degli “dèi” è finito da un pezzo: incipit Homo! E cosa rende l’uomo, un Uomo? Solo la sua capacità di non inginocchiarsi mai di fronte a niente e a nessuno, fosse anche un “dio” che lo pretende. Il passo del Libro Rosso di Jung, ove egli si inchina, ma si rifiuta di inginocchiarsi fino in fondo anche di fronte a Dio in persona, è un esempio perfetto di ciò che intendo. So molto bene che le persone hanno bisogno di un “dio”, di un “maestro”, di una “società psicoanalitica”, di una “scienza” di fronte a cui inginocchiarsi per sentirsi più sicuri, ma, a mio modesto avviso, un “dio”, un “maestro”, una “società psicoanalitica” e una “scienza” che desidera discepoli e adepti che le si inginocchino

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davanti sono davvero una ben misera cosa, e chi fa i suoi quotidiani “esercizi di genuflessione dorsale” (come direbbe il Cyrano di Rostand), di fronte a questi falsi idoli, è qualcuno che è molto più vicino all’animale da pascolo che all’Uomo. Anzi, è solo un “lupo” mascherato da pecora che nasconde, dietro il suo “pio” inginocchiarsi, la segreta speranza che tutti possano inginocchiarsi di fronte a lui, indossi, egli, l’abito talare, il camice del medico, l’elegante gessato dello psicoanalista o i paramenti cerimoniali dei nuovi culti esoterico/pagani. Solo ciò che rende autonomi e assolutamente liberi, con il pieno possesso della propria vita nelle proprie mani è vera religione, vera scienza, vera spiritualità e, soprattutto, vera psicologia del profondo. Tutto il resto è solo fetido ciarpame da gettare nei rifiuti della storia per sempre. Tutto ciò che rende davvero liberi si muove dall’alto e verso l’alto e mai dall’alto al basso! Poiché eleva senza umiliare e quindi non ha alcun bisogno né di un dio, né di un dogma, né di una fede e, soprattutto, non ha alcun bisogno di un Maestro/Profeta a cui inchinarsi: gli serve solo l’amore e la volontà di conoscere e ottenere se stessi fino in fondo, per quanto profondo possa essere l’abisso che ognuno cela in sé. Questo è il motivo per cui il Minotauro è libero: in esso la mia Persona garantisce che chiunque, a prescindere dal suo orientamento psicologico, possa esprimere, purché sostenuta da argomenti e bibliografia, la sua opinione, senza prevaricare quella altrui. Lo so, la libertà fa paura, perché lo Spirito Libero è come il vento, “non sai né donde venga né dove vada”, e talora può essere una vera “tempesta”. Ma nel Minotauro questo vento non è così, non è pericoloso, se non per chi ha paura di camminare con le sue sole gambe, per tutti gli altri esso è una brezza primaverile gentile che porta con sé tutta la profumata fragranza dei boccioli di un ciliegio in fiore. Luca Valerio Fabj

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DALLA FACOLTÀ ACUSTICO-MUSICALE ALLE ORIGINI DEL LINGUAGGIO ORALE FINO AL PREDOMINIO DELLA CAVITÀ ORALE CHE GENERA IL MONDO SULLA CAVITÀ UTERINA CHE GENERA LA VITA Claudio Messori* INTRODUZIONE L’evoluzione biologica sarebbe la continuazione dell’evoluzione della materia, la quale comincia con le particelle elementari, passa per gli atomi e le molecole e coinvolge organuli, cellule, aggregati, organismi, esseri viventi, società, in regioni di volta in volta diverse e sempre più ampie dello spettro elettromagnetico ed in spazi di tempo differenti.

Fritz-Albert Popp Il fenomeno biologico terrestre è un fenomeno energetico autocatalitico (si autoriproduce attraverso processi biofisici e biochimici autoaccelerati non-lineari) e autopoietico (ridefinisce costantemente se stesso e al proprio interno si sostiene e si riproduce). I sistemi biologici sono sistemi energetici coerenti e transienti termodinamicamente aperti, cioè liberi di scambiare energia e materia con l’ambiente, al limite di fase tra ordine e caos, la cui esistenza dipende dalla loro capacità e possibilità di sfruttare una fonte energetica adeguata (biocompatibile). Negli animali a organizzazione tissutale (invertebrati e vertebrati): a) la differenziazione cellulare porta alla costituzione di cellule, tessuti e organi specializzati nell’intrattenere e nel modulare, per fini di sussistenza e di adattamento del sistema di cui fanno parte, specifiche relazioni biochimiche e biofisiche di interferenza (accoppiamenti di fase sul piano quantistico e accoppiamenti tensoriali sul piano relativistico) [Messori, 2011] con l’ambiente endo-esogeno; b) la funzione selettiva esercitata sui trasferimenti energetici dal nucleo catalitico cellulare [Messori, 2011] viene assunta e amplificata nella costituzione del fo-

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UN METODO MOLTO PERICOLOSO: LA CONIUNCTIO SESSUALE ALCHEMICA TRASFORMATIVA (SECONDA PARTE) Luca Valerio Fabj Spero che Freud e i suoi allievi spingano le loro idee fino ai limiti estremi, in modo che possiamo sapere di che si tratta. Tali idee non possono non gettare luce sulla natura umana, ma confesso che personalmente Freud mi ha fatto l’impressione di un uomo ossessionato da idee fisse. Per quanto mi riguarda, non so cosa fare con la teoria dei sogni, e il “simbolismo” è manifestamente un metodo molto pericoloso. Wiliam James a Thèodore Flournoy (1909)

Nella prima parte di questo articolo33 abbiamo visto come il saggio di Sabina Spielrein del 1912, La distruzione come causa della nascita, possa essere letto in un’ottica transferale che consideri l’idea della morte come rinascita data dall’unione sessuale nel e con l’Oggetto Amato come una forma simbolica di coniunctio alchemica. In questa seconda parte dell’articolo desidero concentrarmi ed esporre alcuni dei contenuti del saggio della Spielrein per completare quanto già premesso precedentemente. È senza dubbio vero che Sabina Spielrein sia stata ricoverata per una grave forma acuta di psicosi isterica, così come è assolutamente esatto che il suo saggio parla del transfert erotico, in gran parte senza rendersene conto, poiché viene scritto nel transfert erotico fra Sabina e Jung (Britton 2003). Tuttavia, come ho già asserito nel mio precedente articolo questo saggio non può essere letto come una sorta di fenomeno patologico di transfert erotico/isterico messo su carta, poiché questo lo rende assolutamente incomprensibile nei suoi importantissimi significati teorici di tipo anagogico. O, meglio, se si vuole questo saggio può essere letto come il frutto della malattia creativa della Spielrein esattamente come possono esserlo letti la Interpretazione dei Sogni di Freud e Trasformazioni e simboli della libido di Jung. Non si vede francamente perché la “malattia creativa” vale per certi autori solo se si tratta degli intoccabili maestri, come Freud e/o Jung, ma se si tratta di altri autori, invece, siamo di fronte a fenomeni patologici. In realtà le cose sono assolutamente differenti, ovvero, ciò che accade è che determinate persone, di per sé assolutamente geniali e straordinarie (come era Sabina Spielrein), a seguito del contatto con le parti più profonde del loro inconscio, proprio grazie al disagio psichico, vengono in contatto con la dimensione del Sacro e, per mez33 “Il Minotauro”, 2, 2011.

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L’LSD E LA TERAPIA PSICHEDELICA Bruno Severi Nel 1938 Albert Hofmann, ricercatore dell’industria farmaceutica Sandoz di Basilea, insieme al Dr. Arthur Stoll, sintetizzò la dietilamide dell’acido lisergico, più comunemente nota come LSD-25 (in seguito solo LSD). Alcuni membri della famiglia dei composti dell’acido lisergico già da diversi anni avevano trovato largo impiego in campo medico per la loro proprietà di favorire le contrazioni uterine durante il parto, di bloccare le emorragie ginecologiche e di alleviare il dolore delle emicranie. Solo casualmente, cinque anni dopo la sua scoperta, il venticinquesimo composto della serie studiata da Albert Hofmann, l’LSD-25 appunto, dimostrò incredibili proprietà psicoattive. Nel 1943, infatti, il ricercatore svizzero inavvertitamente si intossicò dopo essere venuto in contatto con una quantità minimale di LSD che stava studiando. Turbato da quel che gli era capitato, qualche giorno dopo decise di assumere volontariamente 250 microgrammi di LSD: gli effetti sulla sua psiche furono oltremodo impressionanti sembrandogli di essere sprofondato in una realtà fantastica e incredibile, fatta di percezioni, di sensazioni e di visioni che mai avrebbe immaginato fossero possibili. Hofmann raccontò in un libro divenuto famoso: LSD, il mio bambino difficile, la storia della scoperta di questa nuova e potentissima sostanza psicoattiva e di quello che ne seguì (Hofmann, 1983). Vista l’azione nuova e sconvolgente sulla psiche dell’LSD, la Sandoz decise di condurre una sperimentazione con tutti i crismi della metodologia scientifica per saggiarne le eventuali proprietà terapeutiche. Assunse la direzione di questo compito il Dr. Werner Stoll, della Clinica Psichiatrica di Zurigo e figlio di Arthur Stoll. Dopo una sperimentazione con due gruppi di volontari, uno di persone sane, l’altro di pazienti psichiatrici, Stoll giudicò di grande interesse questa nuova sostanza psicoattiva in grado di alleviare lo stato di malattia dei suoi pazienti. Stoll pubblicò i risultati della ricerca nel 1947 suscitando subito enorme interesse nel mondo scientifico e facendo promuovere numerosissime ricerche cliniche e di laboratorio in vari paesi del mondo. Lui stesso ne provò gli effetti dandone una dettagliata e appassionata descrizione (Stoll, 1947). L’ LSD si era rivelata la sostanza psicoattiva più potente tra quelle conosciute, 5 000 volte più potente della mescalina. Nello stesso anno della pubblicazione dell’articolo di W. Stoll, l’agenzia di controspionaggio americana, la CIA, dimostrò un interesse immediato per l’ LSD tanto da condurre per diversi anni esperimenti segreti, spesso all’insaputa delle persone a cui veniva somministrato. Una delle principali linee di ricerca della CIA fu quel-

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LA DIMENSIONE “ONIRICO-IMMAGINATIVO-SIMBOLICA” COME FOCUS PER L’ASCOLTO ANALITICO, IN UN SETTING PUBBLICO E PRIVATO Luca Biasci Nella mia esperienza ciò che ho sempre esperito come un punto focale dell’ascolto analitico, a prescindere dagli ambiti di lavoro e che, tra l’altro, si è sempre rivelato avere una costante valenza di incisività terapeutica, è stato ciò che potrei definire l’accesso alla dimensione onirico-immaginativo-simbolica (la dream like memory di Bion, l’immaginatio alchemica per Jung). La variabile, invece, ovverosia ciò che ho vissuto, giocoforza, come diversamente applicabile nel pubblico e nel privato, si è rivelata la quantità e la qualità del lavoro sui fenomeni transferali-controtransferali sulla cui efficacia terapeutica ovviamente non si discute. Intendo dire che l’attenzione all’attivarsi di un campo analitico che trascenda la coppia analista-paziente, attraverso la fruizione del surplus di senso contenuto in accadimento simbolico, può costituire una sorta di cornice protettiva rispetto al rumore di fondo rappresentato sia da eventi disturbanti reali, provenienti dall’esterno rispetto alla coppia analitica (i colleghi che non rispettano l’intimità della coppia entrando durante la seduta, il telefono che squilla, ecc.), sia una modalità di working trough particolarmente utile nella modulazione e nel contenimento degli acting out, degli enactment e di tutto lo spettro delle reazioni transferali-controtransferali. Infatti il predisporsi all’attesa di un evento simbolico da parte dell’analista in primis e in seguito, una volta instauratasi l’alleanza terapeutica, anche da parte del paziente che si rivela sensibile al campo simbolico, finisce per essere un fattore assolutamente necessario anche se non sufficiente per poter attivare un tipo di ascolto analitico che possa definirsi correttamente tale, ma soprattutto per poter attenuare e livellare le violazioni della cornice terapeutica che avvengono in un setting “allestito” in un servizio pubblico (non che non si possa violare la cornice anche nel privato, naturalmente, ma qui mi riferisco soprattutto a violazioni imposte alla coppia analitica e non dipendenti dall’uno o l’altro membro della medesima). Se ci immaginiamo uno spettro e ipotizziamo, generalizzando, che il massimo delle violazioni si presentano nel servizio pubblico e il minimo nel privato, ebbene più sono massicci gli attacchi al setting più il sottoscritto, pur riconoscendoli e registrandoli, tende a spostare il focus dell’ascolto – che essi stessi “agenti violanti” vorrebbero arrogantemente assumere su di sé, letteralizzando l’evento – verso il materiale più simbolico-immaginativo che il paziente mi presenta in quel momento e sulla mia rielaborazione simbolico-immaginativa del suo stesso mate-

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IL NARCISISMO Giuseppe Battaglia*, Giuseppe Ferrari**. Ovidio nelle Metamorfosi narra la vicenda di un giovane molto bello che, incantato davanti all’immagine del suo volto specchiato in una fonte, non riesce a staccarsene e muore di fame. Il giovane si chiamava Narciso, figlio della ninfa Liriope e del fiume Cefiso. La madre, voleva conoscere il destino del figlio e si recò dal vate Tiresia che le predisse una lunga vita se egli, non avesse mai conosciuto se stesso. La madre non comprese la profezia e con il passare del tempo la dimenticò. Narciso cresceva forte e bello e uomini e donne si innamoravano di lui, che però rifiutava ogni attenzione amorosa. La sua insensibilità era tanto grande che un giorno regalò ad Aminio, suo innamorato disperato, una spada perché si suicidasse per porre fine al suo dolore: Aminio per disperazione si trafisse il cuore. Un giorno, mentre Narciso vagava nei boschi a caccia di cervi coi suoi compagni, lo vide la bella Eco, che per vendetta era stata privata da Era dell’uso delle belle parole che impiegava quando Giove voleva distrarre la moglie durante i suoi tradimenti. La ninfa, priva dell’uso delle parole, si limitava a guardare Narciso, che per diverso tempo seguiva per valli e monti, senza farsi vedere. Un giorno Eco decise di mostrarsi, protendendo verso di lui le braccia, offrendosi teneramente come dono d’amore. Narciso fuggì inorridito, Eco avvilita si nascose nel bosco vivendo in solitudine. La passione e il dolore, giorno dopo giorno, la divoravano, il suo corpo deperì rapidamente fino a scomparire e a lasciare di lei solo l’eco del suo dolore. Gli dei vollero punire l’insensibile giovane e mandarono Nemesi, dea della vendetta, che fece palpitare d’amore struggente il cuore di Narciso alla vista dell’immagine del suo volto riflessa nell’acqua di una fonte. Non consapevole di sé, ammirava quell’immagine e immergeva le braccia nell’acqua per sfiorare quel volto, ma essa scompariva non appena la mano toccava l’acqua. Narciso, dimenticando anche il cibo, rimase incantato presso la fonte cercando di afferrare il suo volto, senza accorgersi che i giorni scorrevano inesorabili. Morì presso di essa anelando un abbraccio d’amore dalla sua stessa immagine. Questo mito, affascinante e terrificante, arrivato sino ai nostri giorni, immortalato da pittori, scrittori, psicologici, ha toccato e continua a toccare le corde delle nostre emozioni e a coinvolgere le nostre menti. Quali emozioni continua a toccare? Esso ci mostra che Narciso è tragicamente vittima dell’ammirazione che ha per se stesso, non nasce mai come essere pienamente umano, resta imprigionato dalla sua bellezza come in una camicia di forza asfissiante, non percepisce l’amore

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L’ARTE: FRUTTO DELL’ANIMA I COLORI DELL’ANIMA IN UN’ALCHIMIA CREATIVA Matteo Marino L’Anima proietta se stessa nella coscienza mediante l’espressione: l’espressione è la sua arte, che noi ritroviamo tanto nella straordinaria artisticità della formazione dei sintomi e del «quadro» clinico, quanto negli artifici dei suoi incantamenti. J. Hillman Introduzione Molti sono stati i soprannomi attribuiti a C. G. Jung nel corso della sua storia, da “il Profeta ariano”, il “saggio d’Occidente”a lo “stregone”, il “mago”, il “pazzo”, ma nessuno l’ha mai annoverato abbastanza col meritato aggettivo di Artista. Infatti, lo stesso Jung, nel suo Libro Rosso come in altri suoi scritti, si è spesso servito di immagini e disegni, da lui stesso creati, per integrare i contenuti dei suoi testi. Nella sua casa sul lago, a Bollingen, amava dipingere e scolpire, usando un’espressione degli alchimisti: «plasmava e trasformava la materia». Tra i fondamenti della sua Psicologia Analitica, ha da sempre dedicato una parte essenziale del suo vasto interesse a tutto ciò che ha a che fare con il mondo delle immagini (l’immaginazione attiva), delle figure (figure archetipiche), delle forme (mandala: il cerchio magico, il simbolo del quadrato, ecc.), e dei colori (alchimia, i colori delle funzioni). Il colore viene interpretato come chiave di lettura di contenuti spirituali, altrimenti difficilmente esprimibili. I colori creano quindi un sistema di rappresentazione, di comunicazione e interpretazione. Nell’immaginazione attiva, per esempio, ogni colore porta con sé qualcosa di ciò che fu, contrassegni di storia personale, ma che ora brilla come indice di trascendenza. Nel percorso analitico, attraverso l’uso del colore l’individuo può approdare a quei luoghi arcaici dell’anima che fino a quel momento non hanno trovato via di espressione. Dando la possibilità di disegnare, colorare e macchiare viene concessa l’occasione di lasciare un’indelebile traccia di sé, e i dipinti possono costituire la massima espressione delle necessità del soggetto. C.G. Jung, partendo dai suoi studi sull’alchimia, la mitologia e la filosofia orientale, è riuscito a costruire per la psicologia, un complesso impianto di teorie, che, nonostante le diverse origini, hanno la stessa radice e all’unisono portano tutte verso la meta della propria interiorità, ed è in questo lembo che desidero inserire il connubio Arte-Anima. La cosa che fa più onore a Jung, infatti, non sono le sue capacità artistiche in sé, bensì l’avere integrato in modo magistrale al suo sapere di psicologo e medico l’arte in quanto espressione della propria Anima, Animus, della propria Ombra, solcando con te-

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IL LINGUAGGIO ALCHEMICO NELLA PRASSI E NELLA PSICOTERAPIA JUNGHIANA Diego Pignatelli Spinazzola L’alchimia, soprannominata da Jung vera e propria corrente psicologica sotterranea, promotrice di dogmi in un simbolismo allegorico che, in parte rifacendosi ai Padri della Chiesa, in parte riprendendo e recuperando la metafora del mito o dei miti pagani in un linguaggio che gli alchimisti rendevano volutamente criptico, riproponeva così un accadimento psichico al pari stesso del dogma della transustanziazione o dell’officium divinum. Gli alchimisti non si fornivano però delle stesse premesse cattoliche protestanti. È per questo che C.G. Jung individuò nell’alchimia il prototipo o la precorritrice della moderna psicoterapia del profondo. Cogliendo quegli aspetti dell’alchimia, il tertium irrazionale sintesi degli opposti Sol et Luna, e paragonandoli alla funzione trascendente da lui postulata, Jung scorse nell’alchimia un intimo gemellaggio con le sue teorie. Avendo poi esaminato al Burghölzli di Zurigo quegli stessi aspetti nella schizofrenia, troviamo un parallelo interessante nella stessa alchimia e nel suo linguaggio figurativo pertinente all’elusivo e magico linguaggio riscontrabile nelle crisi schizofreniche e psicotiche. Gli alchimisti credevano fermamente nelle loro allegorie simboliche ed essi stessi erano suggestionati dalle loro proiezioni inconsce. I simboli, in altre parole, venivano proiettati inconsciamente, come rileva Jung, su un oggetto (Psicologia e Alchimia, in Opere, volume XII, p. 226). La raffigurazione simbolica non era poi diversa dalla proiezione di un contenuto che per Jung diventava prezioso nell’analisi dei sogni dei suoi pazienti. In altre parole quello stesso contenuto aveva le sue proprie fonti e radici nell’alchimia, essendo essa stessa il retaggio psichico della psiche e l’eredità dell’Occidente religioso. Potremmo concludere che l’etiologia psicotica e schizofrenica si avvale di questi contenuti, ma non trovando un adeguato supporto o “setting” nella società odierna ove prevale un consensus omnium, il compito di portare a galla il nobilissimus thesaurus (il tesoro difficile da raggiungere) spetti all’analista di fede junghiana. La fede nei propri simboli, il leone verde, il pellicano, l’unicorno, la vergine, lo zolfo, il mercurio e il suo parallelo più affine con Cristo, era qualcosa che andava ben al di là del dogma ecclesiale. Non solo l’alchimista trascendeva la teologia di quel tempo, ma il suo spirito di indagine, la ricerca dell’oro filosofico e la riproduzione in versione microcosmica della Genesi (costui si serviva di storte, athanor, aceto, soprannominato “benedetto”, acqua forte, vino, vinum ardens, e sostanze attive nell’uso e nell’impiego di miscelare i composti) era un prefigurarsi di un evento psichico, escatologicamente importante, come opus contra naturam.

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EFSA E L’ASPARTAME Fiorella Belpoggi* L’aspartame – conosciuto in Europa anche come E951 – è uno dei dolcificanti artificiali maggiormente utilizzati. Esso si trova in più di 6000 prodotti alimentari, inclusi i soft drink a basso valore calorico, e circa 500 farmaci. EFSA ha basato l’ADI (acceptable daily intake, dose ammessa giornaliera) per l’aspartame sui dati di quattro studi eseguiti dall’industria negli anni ‘70. Recentemente sono stati pubblicati i dati relativi a tre studi condotti dall’Istituto Ramazzini (IR), due su ratti, con inizio della somministrazione in età adulta o durante la vita fetale, e uno sui topi, a iniziare dalla vita fetale; in tutti e tre gli esperimenti gli animali sono stati osservati fino a morte spontanea. I risultati hanno indicato che l’aspartame è cancerogeno, ma nonostante ciò EFSA non ha cambiato la sua posizione nel considerare l’aspartame sicuro. Durante un incontro che si è tenuto al Parlamento europeo nel marzo 2011, EFSA è stata costretta ad ammettere che il Comitato scientifico di valutazione dei cibi dell’Unione europea, che fece la valutazione originale nel 1984, prima che EFSA esistesse, quando aveva dato l’approvazione del dolcificante, in effetti, non aveva i quattro studi dell’industria e neppure una loro review. I ricercatori dell’IR affermano: «Gli studi precedenti dell’industria erano stati condotti negli anni ‘70 e c’è qualche dubbio sulla correttezza delle modalità con cui gli esperimenti furono condotti». L’IR usa un modello uomo-equivalente che rispecchia la situazione in cui gli uomini possono essere esposti a sostanze cancerogene. Gli animali vengono seguiti fino a morte naturale, possibilmente cominciando l’esposizione durante la vita fetale, mentre le linee guida OECD richiedono il sacrificio degli animali a 104 settimane, corrispondenti a circa 60 anni nell’uomo, circa quindi a 2/3 dell’intera aspettativa di vita. Il metodo IR consente un risk assessment più realistico, poiché la maggior parte dei tumori (80%) insorge, sia nel ratto che nell’uomo, in tarda età, cioè molto tempo dopo l’esposizione a sostanze cancerogene. Applicando queste condizioni realistiche, il team dell’IR ha trovato che l’aspartame causa un aumento di tumori nei ratti anche a dosi al di sotto del livello di ADI stabilito da EFSA. I ricercatori concludono: «Sulla base di questi risultati una rivalutazione dei regolamenti attuali sull’uso e il consumo di aspartame è urgente e non può essere procrastinato». EFSA ha rifiutato lo studio dell’IR basandosi sopratutto sul fatto che esso non ha seguito le linee guida OECD e le BPL. Ma tutto questo rappresenta proprio la sua forza, in quanto esso riflette la reale esposizione dell’uomo. Infatti nella vita reale gli uomini, diversamente da quanto prescrivono le linee guida OECD, non vengono uccisi a 2/3 della loro vita per poter condurre

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RE CEN S IO NI

LUCA VALERIO FABJ*

Fondamenti di Psicopatologia generale come scienza autonoma. La Scienza Symbolica ErmeticoAlchemica come psicopatologia descrittiva, strutturale e analitica Persiani Editore, Bologna 2012 ISBN: 978-88-96013-22-9 Pp: 990

€ 24,90

IN USCITA PER FEBBRAIO

2013

L’Autore in questo trattato cerca di fondare una nuova concezione della psicopatologia generale affinché, completamente avulsa dalla psichiatria descrittiva e organicista, divenga una scienza autonoma che utilizza molte altre scienze, fra cui la neurofisiologia, la psicodinamica, la fenomenologia, la filosofia e l’antropologia, per osservare il suo oggetto di studio che è dato dalla malattia mentale intesa come modo d’essere dell’uomo. L’Autore utilizzerà la Filosofia di Nietzsche e il Sapere Ermetico/Alchemico per un radicale e impietoso confronto e revisione di tutte le teorie psicopatologiche più diffuse, per giungere a conclusioni assolutamente originali e rivoluzionarie sulla malattia mentale, ovvero che essa è frutto di un vissuto psicologico del tutto analogo a ciò che la psicologia della religione chiama “esperienza del Sacro” che avviene per l’azione del mondo ancestrale delle Immagini contenute nell’inconscio sulla coscienza dell’individuo. * Luca Valerio Fabj, nato a Bologna il 23/11/1961, è laureato in Medicina e Chirurgia, è psicoterapeuta specialista in Psicoterapia analitica. E' docente di Psicopatologia, Psicologia e Religione e Psicologia analitica che insegna nella Scuola di Psicoterapia Analitica “Aiòn” di Bologna riconosciuta dal MIUR. E'

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direttore della rivista di psicologia del profondo: Il Minotauro, nonché curatore per la Persiani Editore della presente collana. E' Autore di Saggi e di numerosi Articoli Scientifici e tiene conferenze e seminari sulle materie di cui è docente riconosciuto dal MIUR.

ANTONIO GRASSI*

Psicologia Analitica ad orientamento comunicativo Discorso su teoria e metodo clinico Persiani Editore, Bologna 2012 ISBN: 978-88-96013-50-2 Pp: 500

€ 29,90

L'esigenza di una sintesi tra le diverse declinazioni teoriche delle psicologie del profondo e la necessità di un metodo clinico unitario sono le motivazioni di un'esplorazione trasversale delle principali teorie psicodinamiche: la psicoanalisi di Sigmund Freud, la psicologia analitica di Carl Gustav Jung, la psicoanalisi di Wilfred Ruprecht Bion e la psicoterapia comunicativa di Robert Langs. Gli elementi di base che le accomunano trovano un loro radicamento metapsicologico nelle ultime scoperte delle neuroscienze, che ci consentono di inserire l'autore nella corrente di pensiero che tende ad un accreditamento scientifico, epistemologicamente valido, della psicologia analitica. La psiche egoica e la psiche oggettiva, due differenti organizzazioni funzionali della mente, sono in questo volume finemente delineate alla luce delle recenti scoperte della neuropsicologia split-brain. Il modello strutturale della mente proposto viene contestualizzato in una cornice teorica definita “Psicologia Analitica a Orientamento Comunicativo”, la cui esplorazione, arricchita da numerosi casi

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clinici, apre le pieghe nascoste dell'anima umana anche a un pubblico più vasto, non limitato ai soli esperti del settore. *Antonio Grassi è specialista in psichiatria e psicologo analista. Già didatta dell'Associazione Italiana di Psicologia Analitica (AIPA), nel 2008 insieme a un gruppo di colleghi psicologi analisti ha fondato il Laboratorio Italiano di Ricerche in Psicologia Analitica (LIRPA), di cui è presidente e didatta, riconosciuto dall’International Association of Analytical Psychology (IAAP) come nuova Associazione Junghiana in Italia. I suoi interessi clinici e di ricerca si estendono dalle esplorazioni scientifiche delle neuroscienze sul rapporto mentecervello allo studio delle dimensioni religiose dell'essere umano, che coniugano l'aspetto antropologico della psiche con quello metafisico. Autore di numerose pubblicazioni, è docente dal 1987 di Tecnica della Psicoterapia Analitica e dal 2005 di Psichiatria, presso l'Università Tor Vergata di Roma. Dal 2000 è inoltre direttore dell'Unità Operativa Complessa Interdistrettuale (UOCI)-Servizio per le Dipendenze dell'Azienda USL Roma D.

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Collana “Quaderni Asolani” A cura dell'Associazione Nazionale Ecobiopsicologia ANEB - Milano Direttore Responsabile: Diego Frigoli Direttore Scientifico: Giorgio Cavallari Comitato Scientifico: Mara Breno, Alda Marini, Silvana Nicolosi, Milena Porcari, Maria Pusceddu, Raffaele Toson, Anna Villa DIEGO FRIGOLI, MARA BRENO, ALESSANDRA BRACCI,

MARIA PUSCEDDU, ANNA VILLA, SILVANA NICOLOSI, ALDA MARINI, GIORGIO CAVALLARI

“Mysterium Coniunctionis” La base ecobiopsicologica delle immagini archetipiche Persiani Editore, Bologna 2011 ISBN: 978-88-96013-35-9 Pp: 112

€ 15,90

Gli studi sull’immaginario hanno sempre oscillato fra due posizioni estreme: quella di considerarlo un “sistema” strutturato sulla base di una logica che riduce la simbolizzazione ad un simbolizzato senza mistero e la posizione opposta, secondo la quale le immagini simboliche fanno riferimento ad un rapporto con gli aspetti archetipici della psiche. L’ermeneutica ecobiopsicologica si situa in uno spazio nuovo – intermedio – che cerca di conciliare lo spirito sensoriale propria della epistemologia scientifica con la dimensione di quel “vero primordiale” descritto dalla Tradizione. L’immaginario che ne emerge riconosce in sé il “solve et coagula” degli alchimisti, dove non c’è separazione fra la dimensione “infrarossa” della “materia prima” e la coordinazione ritmica delle immagini corrispondenti evocate nella psiche. La condizione umana della coscienza è definita stato di Mag, termine mutuato dall’antico zoroastrismo per definire quel nuovo stato della psiche presente a se stesso, e capace di accedere alla realtà degli archetipi nella loro dimensione di

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strutturazione del corpo come anche delle immagini corrispondenti della psiche. La rivisitazione del grande lavoro dell’opera di Gaston Bachelard e del suo metodo di studio dei quattro elementi, Terra, Acqua, Aria e Fuoco, condotta secondo la nuova epistemologia ecobiopsicologica ci permette di esplorare più a fondo il denominatore comune archetipico che rappresenta l’asse immaginativo in grado di integrare le “ragioni” della materia con l’esperienza più sottile della psiche, attraverso la facoltà sur-realizzante dell’analogia vitale.

DIEGO FRIGOLI, MARA BRENO, ALESSANDRA, MILENA PORCARI, RAFFAELE TOSON, MARIA PUSCEDDU

“Mysterium Coniunctionis” La base ecobiopsicologica delle immagini archetipiche - AQUA PERMANENS Persiani Editore, Bologna 2012 ISBN: 978-88-96013-49-6 Pp: 102

€ 15,90

Gli studi sull’immaginario hanno sempre oscillato fra due posizioni estreme: quella di considerarlo come un “luogo” psichico dominato da una logica riduttiva dove il linguaggio specifico risponde a criteri deterministici, e la posizione opposta, secondo la quale le immagini simboliche fanno riferimento al rapporto con gli archetipi. L’ermeneutica ecobiopsicologica si situa in uno spazio nuovo, intermedio, che cerca di conciliare gli aspetti degli istinti corporei e le immagini corrispondenti di tipo psichico. L’immaginario che ne emerge è assai simile a quello degli alchimisti, dove non c’è separazione fra la dimensione corporea della “materia prima” e gli aspetti più “sottili” delle immagini psicologiche. La rivisitazione del grande lavoro di Gaston Bachelard e del suo metodo di studio dei quattro elementi – Terra, Acqua, Aria, Fuoco – condotta secondo il metodo ecobiopsicologico ci permette di esplorare più a fondo la totipotenzialità della funzione archetipica, con il vantaggio di integrare nella psiche anche gli aspetti della materia, come necessità indispensabile all’equilibrio psicosomatico della nostra soggettività.

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Gli allegati de

IL MINOTAURO PROBLEMI E RICERCHE DI PSICOLOGIA DEL PROFONDO

Presentazione del Convegno “Psicopatologia tra natura e cultura” Università di Parma − 8 novembre 2012

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L’evento nasce dall’assunto che, al di là dei diversi campi interdisciplinari (neuroscienze, psicologia, psichiatria, antropologia culturale, sociologia) non comunicanti tra loro o talora in posizioni di incomprensione e diffidenza, siano le medesime strutture della mente umana a imprimere forma alle differenti fenomeniche psico(pato)logiche e culturali e a essere a loro volta riplasmate dall’ambiente culturale stesso entro una dialettica circolare. L’evento si pone l’obiettivo di promuovere un approccio multidisciplinare nella ricerca e nella pratica quotidiana dei Servizi di Salute Mentale. La psicopatologia fenomenologica può rappresentare in tal senso lo strumento più idoneo a stimolare tale interdisciplinarità, avendo come presupposto la comprensione dei vissuti (Erlebnisse) e delle esperienze soggettive svincolandosi da ogni forma di apriorismo (epochè) e mantenendosi pertanto aperta alle suggestioni delle altre discipline umane. Il nostro intento è che da tale evento possa nascere un modello euristico in grado di recepire le linee di continuità e le omologie formali tra accadimento psico(pato)logico e culturale per una psichiatria destinata a essere sempre più coinvolta in dinamiche di complessità. La nostra giornata di studio vuole riproporre questa strada, invitando esponenti del mondo delle neuroscienze, dell’antropologia culturale e della fenomenologia a confrontarsi sugli eventuali punti di frattura o di contatto tra esperienze psicopatologiche e manifestazioni culturali. Relatori Gilberto Di Petta - Specialista in Neuropsichiatria, Resp.le U.O. Doppia Diagnosi, Centro Diurno “Giano” Area Dipendenze Patologiche ASL NA 3 Carlo Marchesi - Professore Associato, Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria, Università degli Studi di Parma Stefano Parmigiani - Professore Ordinario, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Parma Francesco Remotti - Professore Ordinario di Antropologia Culturale, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Torino Roberto Tagliaferri - Docente di Teologia, Università Cattolica di Milano Matteo Tonna - Dirigente Medico CSM Fidenza; Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche, Ausl Parma Alfonso Troisi - Professore Associato, Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria, Università di Roma Tor Vergata

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PRESENTAZIONE DEL CONVEGNO Matteo Tonna Ogni crisi esistenziale ripropone il problema della realtà del mondo e della presenza dell’uomo nel mondo; ogni crisi è in definitiva religiosa, poiché l’Essere si confonde con il Sacro Anche la più elementare delle religioni è prima di tutto una ontologia e l’inconscio non può non rassomigliare ai diversi universi religiosi M. Eliade

L’evento proposto è nato come tentativo di dialogo tra discipline tradizionalmente separate e talora apertamente in contrasto tra loro: da una parte la neurobiologia e le neuroscienze, dall’altra l’antropologia culturale, la sociologia, la psicologia. Posta a ponte di tale scissione di diltheiana memoria, la psicopatologia necessariamente deve nutrirsi della contaminazione reciproca tra “scienze umane” e “scienze dello spirito”. L’assunto di base che fonda tale interdisciplinarietà è che siano le medesime strutture della mente umana a imprimere forma alle differenti fenomeniche psico(pato)logiche e culturali e a essere a loro volta riplasmate dall’ambiente culturale stesso entro una dialettica circolare (Changeaux, 1998; Morin, 2007; Remotti, 1971; 2011). L’antropologia culturale ci offre una cornice epistemologica di riferimento nello “strutturalismo dei modelli” levi-straussiano; secondo tale approccio le “rappresentazioni collettive” (Durkheim, 1898), i fenomeni sociali sono sistemi di idee oggettivati, sottesi da strutture psichiche, radicati nella natura e portatori di una propria irriducibile storia filogenetica (i “modelli” con le loro caratteristiche di atemporalità e universalità) che imprime la propria modalità formale alle manifestazioni culturali. Solo entro dinamiche di complessità (Bocchi e Ceruti, 2009) possiamo comprendere tuttavia il carattere “situazionale” delle strutture psichiche, la cui organizzazione avviene durante l’ontogenesi, lungo traiettorie omeoretiche (Pievani, 2005) e sotto la spinta di meccanismi epigenetici di filtro, sfrondamento e selezione operati dall’azione plastica dell’ambiente culturale (concetto di antropo-poiesi – Remotti, 2011). Quindi se i fenomeni culturali appaiono come la “estrinsecazione”, la proiezione di modalità formali intrapsichiche, a sua volta la cultura è il mezzo, il milieu entro cui avviene il modellamento e la riorganizzazione, lo sculpting e la fine connettività delle stesse.

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RECENSIONE COMMENTATA DELL’EVENTO Francesca Violi* Grande successo al Congresso multidisciplinare tenutosi a Parma l’8 novembre 2012, di cui abbiamo riportato per intero la presentazione di apertura del dott. Matteo Tonna, responsabile scientifico e moderatore dell’evento. Segno di una possibile reale collaborazione interdisciplinare di fronte alla complessità dell’individuo e della vita. Il dott. Tonna pone la psicopatologia fenomenologica, che si fonda sui vissuti, rifuggendo da ogni sistema aprioristico di giudizi, e che rimane quindi aperta, come tramite tra le scienze biologiche e psichiche. Il congresso, organizzato in cinque interventi, pone nel mezzo la psicopatologia e l’antropologia come discipline la cui lettura fenomenologica dal linguaggio descrittivo e aperto può far da ponte tra il biologico (etologia e neuroscienze), lo psichico (psichiatria) e la trascendenza (teologia), nel tentativo di riflettere sul significato di patologia e normalità. Iniziamo dal biologico e, in ordine, la prima relazione è quella del prof. Stefano Parmigiani, che pone le basi di discussione sull’origine della nostra natura umana, del nostro corpo e della nostra mente. Partendo da Darwin che in modo chiaro aveva affermato:«Per l’avvenire vedo campi aperti a ricerche molto più importanti. La psicologia sarà sicuramente basata su nuove fondamenta quelle della necessaria acquisizione di ciascuna facoltà e capacità mentale per gradi. Molta luce sarà gettata sull’origine dell’uomo e sulla sua storia» (Darwin, L’origine delle specie, 1859), la biologia del comportamento (etologia), come le altre branche della biologia, basandosi sul processo di evoluzione per selezione naturale, ci dice che non tutti gli individui di una specie hanno le stesse probabilità di riprodursi e trasmettere geni alla generazione successiva. In natura soltanto il “più adatto”, cioè chi “sopravvive” all’azione della selezione naturale (clima, predatori, parassiti) sino all’età riproduttiva, può contribuire all’evoluzione della specie trasmettendo le caratteristiche anatomo-fisiologiche e comportamentali che lo hanno avvantaggiato nella lotta per la vita. Dal momento che la riproduzione è il “banco di prova” dell’evoluzione, nel processo di selezione naturale, la selezione sessuale risulta un fattore fondamentale, infatti è evidente come in ogni specie esista un preciso dimorfismo sessuale, morfologico e comportamentale, intraspecifico. Partendo dal presupposto, oggi completamente condiviso, che tra animali e uomo esista una continuità filogenetica, potremmo chiederci se, su questa base, in che misura il corpo e la mente umani vengano modellati anch’essi dalla pressione selettiva dei nostri comportamenti socio-sessuali. Dall’etologia alla psicologia, Parmigiani ci porta a tal proposito a riflettere sugli studi di Konrad Lorenz, il quale elaborò il

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BOLOGNA

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