Anno XLI Vol. n. 2 - Dicembre 2014

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“Cielo sopra – cielo sotto”, “Per quanto ne so...”, “Tutto questo è liberarsi”! di Giuseppe M.S. Ierace

Anno XLI

Israel Regardie: la pietra filosofale di Maria Fogliaro

Il Minotauro Problemi e ricerche di psicologia del profondo

Estratto dal libro “Sogno Mito Pensiero” di Riccardo Gramantieri e Fiorella Monti Il compimento dell’Artifex di Diego Pignatelli Spinazzola

Contenimento femminile nella transgenerazionalità traumatica di Elena Acquarini Una, nessuna, 100.000 donne di Giovanna Rossi

Il Minotauro

Processo individuativo, la differenza di genere e l’impatto con la società moderna di Giancarla Tesselli

Il concetto di anima come fondamento dell’identità delle donne di Cristina Barducci

Dicembre 2014

Il simbolo della fata in una giovane donna di Ilenia Corradin

€ 15.90 Editore

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In questo numero: Atti del convegno “Modernità della ricerca junghiana: dallo sviluppo psicologico allo sviluppo sociale della donna” ISSN 2037-4216 Anno XLI - n.2 Dicembre 2014

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Anno XLI – Vol. n. 2

DICEMBRE 2014

IL MINOTAURO PROBLEMI E RICERCHE DI PSICOLOGIA DEL PROFONDO

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IL MINOTAURO Rivista fondata in Roma nel 1973 da Francesco Paolo Ranzato

www.rivistailminotauro.it ORGANO UFFICIALE DELLA SCUOLA DI PSICOTERAPIA ANALITICA AIÓN Via Palestro, 6, 40123, Bologna Tel: 348.2683688

GRUPPO PERSIANI EDITORE Piazza San Martino, 9/C - 40126 Bologna - Italy Tel. (+39) 051 99.13.920 - Fax (+39) 051 19.90.12.29 info@persianieditore.com

www.persianieditore.com Iscrizione Registro Operatori Comunicazione n. 24236 Testata registrata al Tribunale di Bologna, aut. n. 8034 del 28 Gennaio 2010 DIRETTORE RESPONSABILE LUCA VALERIO FABJ COMITATO SCIENTIFICO Luca Valerio Fabj Angelo Gabriele Aiello Elena Acquarini Antonio Grassi Francisco Javier Fiz Pérez Roberto Filippini REDAZIONE Carlo D'Alonzo, Carola Giannino, Bramina Poppi, Sara Vaccari STAMPA: Atena.Net Srl, Grisignano (VI) SERVIZIO ARRETRATI E ABBONAMENTI TEL. 051-99.13.920 - FAX 051-19.90.12.29 Martedì, Mercoledì, Giovedì dalle 10:00 alle13:30 e dalle 15:00 alle 18:30 Abbonamento Annuale - 2 numeri: € 15,00 Abbonamento Biennale - 4 numeri: € 28,00 Modalità di pagamento: Con carta di credito seguendo la procedura su www.rivistailminotauro.it Oppure con Bonifico su c/c bancario IBAN: IT 11 Y 05387 02419 000002119149 intestato a Gruppo Persiani Editore Srls, specificando nella causale nome, cognome, e “abbonamento alla rivista Il Minotauro”

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Sommario Articoli: Editoriale di Luca Valerio Fabj.................................................................................................5 Israel Regardie: la pietra filosofale a cura di Maria Fogliaro.................................................................................................8 “Cielo sopra – cielo sotto”, “Per quanto ne so...”, “Tutto questo è liberarsi”! di Giuseppe M.S. Ierace............................................................................................31 Estratto dal libro “Sogno Mito Pensiero” di Riccardo Gramantieri e Fiorella Monti...............................................................43 Il compimento dell'Artifex di Diego Pignatelli..................................................................................................52 Recensioni.............................................................................................................58 Gli allegati de “Il Minotauro” Convegno sul femminile scuola Aion/Sismer di bologna....................................67 Processo individuativo, la differenza di genere e l'impatto con la società moderna di Giancarla Tesselli................................................................................................69 Contenimento femminile nella transgenerazionalità traumatica di Elena Acquarini..................................................................................................73 Una, nessuna, 100.000 donne di Giovanna Rossi..................................................................................................78 Il concetto di anima come fondamento dell'identità delle donne di Cristina Barducci................................................................................................86 Il simbolo della fata in una giovane donna di Ilenia Corradin...................................................................................................90 Identità, identificazione, relazione al percorso individuativo di Lucia Favilli.......................................................................................................93 La signora degli animali in relazione al percorso individuativo di Catia Goretti......................................................................................................99 Le immagini archetipiche nel percorso di procreazione medicalmente assistita di Laura Taccia...........................................................................................................105

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UN NECESSARIO RECUPERO DELLA SIMBOLOGIA ARCHETIPICA DELL’ERMETISMO ALCHEMICO IN PSICOLOGIA ANALITICA Editoriale di Luca Valerio Fabj

Scrive Jung stesso nella sua autobiografia pubblicata nel 1961 (anno della sua morte): Notai ben presto che la psicologia analitica concordava stranamente con l’alchimia. Le esperienze degli alchimisti erano, in certo senso, le mie esperienze e il loro mondo era il mio mondo. Naturalmente questa fu per me una scoperta importante: avevo trovato l’equivalente storico della mia psicologia dell’inconscio. Ora essa aveva un fondamento storico. La possibilità di un raffronto con l’alchimia, così come la continuità spirituale fino al lontano gnosticismo, le davano la materia. Grazie allo studio di quei vecchi testi, tutto trovò il suo posto: il mondo simbolico delle fantasie, il materiale sperimentale raccolto nella mia attività professionale, e le conclusioni che ne avevo tratte. Adesso cominciavo a capire che cosa significassero i contenuti psichici alla luce di una prospettiva storica, e approfondii la comprensione del loro carattere tipico, già iniziata con la mia indagine sui miti. Le immagini originarie e la natura dell’archetipo ebbero un posto centrale nelle mie ricerche, e riconobbi chiaramente che senza l’aiuto della storia non vi può essere una psicologia, e specialmente una psicologia dell’inconscio (Jung, 1961.1 Corsivo da me aggiunto)

Da queste righe si evincono chiaramente e in modo lapidario alcuni concetti fondamentali del pensiero di Jung. Anzitutto, che la alchimia è il fondamento stesso della psicologia analitica, è ciò che ne dà forma, struttura e significato: non 1 Carl Gustav Jung, Ricordi Sogni Riflessioni, edizioni BUR, Rizzoli Milano, 1992, pagine 250-251.

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vi è e non vi sarebbe stata alcuna psicologia analitica senza gli studi di Jung sulla alchimia. Secondariamente che essa, insieme allo gnosticismo, ha consentito a Jung di porre “tutto” al “suo posto” dai suoi test sperimentali al significato degli archetipi, e persino la idea di inconscio collettivo (e quindi storico) hanno avuto la loro corretta collocazione del suo impianto teorico e strutturale della psiche. Da ciò se ne deduce, in modo incontrovertibile, che non si è e non ci si può definire “junghiani” se non si consce, non si studia in modo approfondito e non ci si occupa, cercando di sviluppare ulteriormente le teorie iniziate dal Maestro, di alchimia (e anche di gnosticismo). E questo è il motivo, per cui nel mio piccolo, mi sono sempre occupato e ho cercato di sviluppare in senso psicologico la simbologia dell’ermetismo alchemico. Purtroppo non si può certo dire che, a parte poche e nobili eccezioni, il mondo della analisi junghiana abbia cercato di continuare i lavori d Jung sulla alchimia, anzi si può dolorosamente affermare che essa sia ampiamente caduta nel dimenicatoio del mondo accademico ufficiale della psicologia analitica. Per questo ne serve un recupero, sia come lavoro personale sia come forma strutturata di insegnamento agli allievi che vogliono accostarsi ed apprendere le teorie di Jung e della psicologia analitica da lui fondata. Solo il mondo dell’esoterismo e dell’occultismo ha continuato a occuparsi in modo costante dei rapporti di Jung e dell’alchimia. Per questo ho accettato l’invito a parlarne che mi è stato rivolto dagli amici del Centro Studi di Cultura Tradizionale Libreria IBIS di Bologna e della Casa Editrice Venexia durante una conferenza di presentazione del libro La Pietra Filosofale di Israel Regradie venerdì 3 ottobre 2014 qui a Bologna, insieme al curatore di tale libro, il noto giornalista e studioso di esoterismo Sebastiano Fusco. Ed è per questo che subito dopo questo mio fondo, pubblico la trascrizione della conferenza con il mio intervento insieme a quelli di chi mi ha preceduto nel parlare: il Presidente del Centro Studi di Cultura Tradizionale, Loris Solmi, della Proprietaria della Casa Editrice Venexia, Chiara Orlandini, e del curatore della edizione di questo libro, Sebastiano Fusco, che ringrazio, dalle pagine di questa

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rivista che dirigo, per avermi dato la possibilità di esporre il pensiero di Jung sulla alchimia. Questo libro inedito di Israel Regardie è interessante rispetto alla psicologia analitica per un insieme di motivi. Anzitutto perché il Regardie non era solo un esoterista, mago e occultista (notissimo al pubblico che si interessa di tali argomenti), ma era anche, sebbene pochi lo sappiano, uno psicologo a orientamento junghiano. Difatti, tutta la prima parte del Libro è dedicata agli aspetti teorici di Jung sulla alchimia, anche se, in tutta franchezza, devo asserire che il pensiero di Jung non è stato ben compreso dall’Autore che sbaglia nel voler vedere nelle teorie di Jung solo una “psicologizzazione” della simbologia alchemica togliendola dai suoi aspetti pratici e operativi, magici o di laboratorio che dir si voglia. Jung, da psichiatra e analista ha espresso solo quel punto di vista, ma non ha mai escluso che nell’alchimia ve ne potessero essere ben altri e di ben altra portata. Semplicemente ciò non era il suo campo, come non lo è il mio. Ma oltre a ciò, il Libro è interessante per lo psicologo analitico perché in esso vi è uno studio/interpretazione del paradosso alchemico contenuto nella lapide dedicata ad Aelia Laelia Crispis (conservata proprio qui a Bologna nel Museo di Storia Medioevale), che è lo stesso paradosso studiato anche da Jung nel suo Mysterium Coniunctionis. Ringrazio quindi ancora gli organizzatori della conferenza per avermi invitato e permesso di esprimere alcuni concetti di Jung che, spero, siano serviti a “correggere” (se si può dire così) alcuni pensieri espressi dal Regardie su Jung e il suo pensiero. Mi auguro che la pubblicazione di tale conferenza possa risvegliare negli psicologi a orientamento junghiano un vero interesse a recuperare la simbologia alchemica nei loro oggetti di studio di modo che essa non rimanga una attenzione relegata nel mondo degli esoteristi e dell’occultismo. E con questo augurio chiudo anche il mio articolo di fondo del quinto anno in cui sono Direttore del Minotauro. Sono consapevole che l’alchimia e gli scritti di Jung su essa sono un argomento estremamente complesso e ostico, specie per chi per la prima volta si avvicina a essa, ma anche esplorare l’infinito mare dell’inconscio proprio e di quello dei pazienti lo è, ma, come Jung stesso insegna, questa difficoltà di comprensione se serenamente affrontata e vinta rafforza la più importante delle virtù che dovrebbero sostenere un analista: la Umiltà.

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CONFERENZA: ISRAEL REGARDIE LA PIETRA FILOSOFALE2 A cura di Maria Fogliaro Presentazione di Loris Solmi: Siamo qui per presentare uno degli ultimi libri pubblicati da Venexia: La Pietra Filosofale di Israel Regardie. Abbiamo qui con noi Chiara Orlandini, editrice e proprietaria della casa editrice Venexia; Sebastiano Fusco; e Luca Valerio Fabj, medico chirurgo e analista junghiano – specialista in Psicoterapia Analitica, docente di Psicopatologia e Psicologia e Religione presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Analitica, riconosciuta dal MIUR, Aiòn di Bologna – chiamato qui, a ragion veduta, per i motivi che vi dirò. Sebastiano Fusco è un saggista, pubblicista, non voglio assolutamente definirlo un divulgatore – perché sarebbe riduttivo – ma certamente uno dei più meritevoli studiosi che abbiamo in Italia di esoterismo – quando dico uno dei più meritevoli non intendo che si debbano necessariamente condividere le conclusioni cui giunge e le analisi che fa, ma, per quanto mi riguarda, leggo e soppeso con grande attenzione tutto ciò che scrive. Numerose sono le sue pubblicazioni e collaborazioni con diverse case editrici sia per argomenti letterari, sia per ciò che attiene strettamente all’esoterismo, e in questa veste ha promosso la pubblicazione di molte sue opere, contribuendo ad arricchire la conoscenza degli appassionati italiani di queste materie. Voglio qui ricordare due sue pubblicazioni: una è l’edizione italiana di tutti gli scritti relativi alla Golden Dawn, la prima parte, a opera di Israel Regardie, La magia della Golden Dawn; e la seconda, invece, è una sua raccolta di tutti gli scritti che erano rimasti fuori dalla prima pubblicazione regardiana. È un’opera altamente meritoria – per i motivi che dirò – ed è una miniera preziosissima per gli studiosi. Trovo la sua seconda fatica, quella cioè in cui ha fatto pubblicare all’editore il completamento 2 Le relazioni sono il frutto di un incontro organizzato a Bologna – dalla libreria, specializzata in testi esoterici, Ibis e dalla casa editrice Venexia – il 3 ottobre 2014, per la presentazione dell’edizione italiana dell’opera di Israel Regardie, La Pietra Filosofale, Venexia, Roma 2014.

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“CIELO SOPRA – CIELO SOTTO”, “PER QUANTO NE SO...”, “TUTTO QUESTO È LIBERARSI”! Giuseppe M. S. Ierace5 Sembra che, sino agli anni ’30 del secolo scorso, C. G. Jung (1875-1961) non fosse particolarmente edotto nella storia e simbologia dei Tarocchi, tanto che in una lettera si riferiva molto genericamente a essi, come a un antico mazzo di carte di gitani iberici, da loro impiegato per scopi divinatori. “Cielo Sopra – Cielo sotto” Questo scambio epistolare avveniva in data 16 settembre 1930 con la moglie di Henry Eckstein, nata Alice Pearl Raphael (1887-1975), che tre anni prima era stata in analisi con lui, e con Fritz (Siegfried) Wittels, e alla quale aveva dedicato una copia di “Die Beziehungen zwischen dem Ich und dem Unbewussten” (I Rapporti tra l’Io e l’Inconscio), edita da Otto Reichl (Darmstadt 1928), citando la Tavola di Smeraldo di Hermes Trismegistus: “Cielo Sopra – Cielo sotto/Etere sopra – Etere sotto/Tutto quanto sopra – Tutto sotto/Sapere tutto questo e liberarsi/ Tabula Smaragdina/A ricordo del lavoro congiunto nella primavera 1928”. In un periodo, cioè, in cui Mrs. Eckstein era concentrata nella traduzione del Faust di Johann Wolfgang von Goethe, grazie all’aiuto dapprima di William A. Speck, e dopo la scomparsa di costui, del suo successore, Carl Schreiber, quale curatore della collezione Speck di letteratura tedesca alla Yale University. “Per quanto ne so…” Quindi, anche se sono in molti a ritenere di applicare un approccio junghiano alla pratica divinatoria e specificamente alla simbologia degli Arcani Maggiori, lo stesso Jung, almeno fino a quel momento e limitatamente alla loro storia, non aveva delle idee proprio chiare né sulla loro apparizione nelle corti rinascimentali del nord Italia intorno alla metà del XV secolo (1440), né che fossero stati 5 Neurologo, psichiatra, psicoterapeuta: da primario psichiatra ha diretto uno dei Centri di Salute Mentale della provincia di Reggio Calabria; da professore “a contratto” presso l’Università di Messina, ha insegnato nelle Scuole di specializzazione in Geriatria, Psicologia Clinica e Igiene Mentale. Giovane redattore del mensile “Gli Arcani” (1972-1980), ha collaborato con numerose riviste di psicologia del profondo, simbolismo, iconologia, ermetismo, esoterismo, mitologia, misteriosofia, rituali magico-iniziatici, tra cui “L’Età dell’Acquario” di Bernardino Del Boca, “Conoscenza” “di Loris Carlesi, “Rivista italiana di Teosofia” di Edoardo Bratina, “Kemi-Hathor” (fondata nel 1982 da Angelo Angelini)…

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SOGNO MITO PENSIERO FREUD JUNG BION di Riccardo Gramantieri e Fiorella Monti Estratto dal libro edito dalla Casa Editrice Persiani Freud-Jung: una nuova concezione della libido Freud pensa (e penserà, malgrado alcuni celati ripensamenti) che la libido sia sempre sessuale; Jung, che parallelamente utilizzava il metodo delle associazioni verbali e per i propri pazienti faceva riferimento alle teorie freudiane già nel 1906, manifesta le proprie perplessità in merito alla definizione freudiana di libido: «la genesi dell’isteria mi sembra prevalente, sì, ma non esclusivamente sessuale» (Freud, Jung, 1906, trad. it. 1974, p. 4). Questa convinzione gli deriva dai suoi studi sulla schizofrenia, nei quali fatica a scorgere esclusivamente una eziologia psichica. Fino al 1911, Jung mitiga questo suo dubbio fino a quasi metter da parte le ipotesi fatte in Psicologia della dementia praecox (1907), dove scrive di complessi di idee che si andrebbero ad associare a complessi già formati precedentemente (ma qui non ha ancora formulato la teoria dell’inconscio collettivo e dei simboli archetipici) e formula l’ipotesi delle tossine della schizofrenia che impedirebbero l’acquisizione di nuovi complessi di idee (1907). Quest’opera contiene già i germi del futuro dissidio, poi reso evidente ne La libido, simboli e trasformazioni (1912).6 La prima rottura fra Jung e Freud avviene 6 Nella sua recensione del 1913, Ferenczi elenca quanto c’è di anti-freudiano in La libido, simboli e trasformazioni. Innanzitutto Jung ritroverebbe forme del pensiero arcaico solo nella demenza precoce e non in tutte le patologie, dando quindi importanza all’attuale e negando la regressione e l’allontanamento dalla realtà. Questo vorrebbe dire che tutto ciò che è psicologico sarebbe caratterizzato da una parte inferiore, riproducente il passato, e da una superiore, riproducente il futuro (cioè con funzioni creative). Per Freud invece l’inconscio (che corrisponde allo psicologico) ha pochissimo a che fare con il principio di realtà.

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IL COMPIMENTO DELL’ARTIFEX E L’ALCHIMIA COME PROCESSO AUTO-COMPENSATORIO ALLA DIALETTICA DELL’OTHERNESS Diego Pignatelli Spinazzola Mi si conceda di estrapolare, alla luce del pensiero gnostico di C. G. Jung, una modalità narrativa personale etica dai toni enfatici, dove la pretesa Deo Concedente rischia di diventare un massimo compito, una traversata eroica all’interno di un’esplorazione che conduce o condurrebbe attraverso una poetica obsoleta ma ricca di arcani e di confuse analogie atte a rischiarare lungo un “lucernio” di immagini di fatto secolarizzato, ove trama narrativa e nodi semantici aprivano a pompose esortazioni, quali il proprio invocarsi una concessione (il classico “mi si conceda” con cui lo psicologo svizzero “iniziava” le sezioni di svariati paragrafi delle Opere all’impresa poetica o mitopoietica), camuffata però dall’invito al lettore a prestarsi a tale “pistis”o, al contrario, emancipando la stessa pretesa arbitraria e daimonica nel consegnarsi quindi magistralmente al proprio Artifex. La fiducia nell’oscurità del proprio Sé, in quel fondo oscuro che prende il nome di pistis o fede, proponeva al cospetto delle tematiche gnostiche quel segreto dell’artifex quale artificiosum secretum sapientium. Era una rivelazione per adepti. Da qui l’obsoleto metaforico poteva rischiarare la matrice empirica di miti e mitemi ancestrali. Da qui lo psichiatra svizzero propose la chiave di lettura del pisciculus rotundus, un tempo Ichthys della grande salvazione messianica. In Aion (1951) e nel Mysterium coniunctionis (1955-56) questa metafora si amalgama alla figura del Redentore, le cui corroborazioni junghiane andranno a rischiarare quella dialettica del Selbst quale prototipo dei prototipi per il processo di individuazione. Dal primus anthropos al Rex Gloriae, queste corroborazioni empiriche dello psicologo svizzero andavano a istituire una Corona victoriae all’interno di un regale corpus glorificatum par excellence, il che stava a significare che era in atto un processo di conversione all’interno del dogma. E se l’alchimia convergeva mitemi desueti all’interno di una nomenclatura per così dire ecclesiale, la metafora junghiana e l’approccio Deo Concedente redimevano il segreto dell’artifex compiendo un atto circolare di rotazione planetaria attorno alle emblematiche allegorie simboliche dell’anima. La concessione in termini di apologesi significava per Jung un concedersi lo scettro onorario di massimo compimento di un’impresa che portava la metafora immaginale alchemica e l’alchimia all’interno di un codice istituzionale, deletteralizzando così l’accademia e istituendo di fatto quell’antica aqua doctrinae, aliena a un certo spirito moderno e che a mò di impresa junghiana

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Gli allegati de

IL MINOTAURO PROBLEMI E RICERCHE DI PSICOLOGIA DEL PROFONDO

Convegno sul femminile Scuola Aion – Sismer di Bologna “Libere di scegliere?” Modernità della ricerca junghiana: dallo sviluppo psicologico allo sviluppo sociale della donna.

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IL PROCESSO INDIVIDUATIVO: LA DIFFERENZA DI GENERE E L’IMPATTO CON LA SOCIETÀ ODIERNA Quale apporto il modello junghiano può fornire all’interno del dibattito sulla differenza di genere Giancarla Tisselli Ho pensato di partire dall’affermazione di Lea Melandri: «Fra le chiarezze che il Femminismo ha lasciato c’è il concetto che gli uomini si realizzano e le donne no». Per focalizzare l’attenzione sulla possibilità di realizzazione delle donne faccio riferimento all’attualità del modello Junghiano di Processo di Individuazione. Su Ricordi, sogni, riflessioni, a pag.472, viene riportato che cosa intendeva Jung per “Individuazione” nel 1938: «diventare un essere singolo e, intendendo per individualità la nostra più intima, incomparabile e singolare peculiarità, diventare noi stessi, realizzare il proprio Sé». Sappiamo che l’Individuazione non va confusa con la realizzazione dei desideri razionali, quelli dell’Io, della Coscienza, «Il Sé comprende infinitamente di più dell’Io». «L’Individuazione non esclude il mondo ma lo include» scriveva Jung nel 1954. E sappiamo benissimo anche che poche persone riescono a individuarsi completamente, ma il Processo di Individuazione è una mappa, uno strumento di lavoro utilissimo per la conoscenza di noi stessi e per leggere il percorso dei nostri pazienti, per collocare i loro sogni e le loro immaginazioni in un percorso a tappe che fornisce un filo conduttore che ci orienta nell’accompagnare i pazienti nel loro individuale percorso di sviluppo evolutivo. Nella prima metà del ‘900 le pazienti di Jung avevano poche strade espressive, lo psicoanalista le incoraggiava a disegnare quanto dal loro inconscio compariva nei loro sogni e nelle loro fantasie e immaginazioni. Le donne non avevano «una stanza tutta per sé» come Virginia Woolf denunciava, e non avevano neppure uno spazio nel sociale, l’esprimersi nella Polis era riservato agli uomini. Alle donne era assegnata la cura dalla casa e del corpo: dei bambini, dei malati, degli anziani, solo dopo l’accudimento di tutta la famiglia poteva esserci spazio per se stesse. È noto che Jung consigliò a Marie Louise von Franz di non sposarsi per potersi dedicare ai talenti filologici e psicoanalitici di cui spiccatamente era dotata, la famiglia non le avrebbe consentito di dedicarvi il tempo adeguato. Oggi alcune donne stanno dimostrando che è possibile dedicarsi sia al lavoro che ai figli, e anche a se stesse. Oggi non solo molte donne scelgono di fare un percorso analitico, molte fanno pratiche di introspezione, cercano un contatto

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CONTENIMENTO FEMMINILE NELLA TRANSGENERAZIONALITÀ TRAUMATICA Elena Acquarini DIPSUM, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo Società Italiana per lo Studio dello Stress Traumatico (SISST)

La famiglia può essere considerata un contenitore tridimensionale dove i livelli di lettura ed interazione possono essere collocati lungo tre assi principali: spazio, luogo ed ambiente. Per spazio intendiamo il suo pre-esistere all’individuo; come luogo riconosciamo l’essere uno spazio fluido, mutevole ed interattivo dotato di senso, significati e vissuti; l’ambiente è ciò che sta attorno, il sociopsichico che delimita e definisce l’individuo permettendo di sviluppare al suo interno una relazione profonda con altri Sé. Le caratteristiche riconoscibili dell’insiemefamiglia sono differenziazione ben distinguibile, una valutabilità soggettiva, continuità come temporalità normale del perdurare di significato, cambiamento sia in senso evolutivo che – nelle disfunzionalità – in senso involutivo. La disfunzionalità familiare implica confini poco chiari, diffusi ed invischianti, con una proporzionalità inversa tra senso di appartenenza e individualità: secondo Jung (1946) quando due elementi chimici si uniscono (o vengono individuati) si alterano entrambi. Costruzione della relazione viene letta come Opus alchemico nel procedere per separazioni e riunificazioni ripetute tante volte quante erano necessarie ad arrivare alla combinazione perfetta: attraverso l’opus alchemico l’uomo acquista la capacità di ottenere la pietra che è a sua volta l’uomo (Fabj L.V., 2009). Le conseguenze evolutive più compromettenti sono quelle che non permettono la definizione di ruoli e confini, una eccessiva protettività (solitamente – ma non solo – da parte dei genitori), condotte di evitamento del conflitto e di qualsiasi cambiamento, rigidità psicosomatiche che costituiranno un nucleo di vulnerabilità psicopatologica. Quando parliamo di contenitore/filtro familiare non possiamo non pensare alla circolarità familiare come una estensione della circolarità materna e della sua funzione psicopedagogica nella comprensione dei significati. Quindi la funzione alfa (W. R. Bion,1962)che dovrebbe raccogliere, contenere e gestire ciò che non è ancora elaborato – o che non lo è più – diventa fondamentale e possiamo passarla dalla circolarità materna alla circolarità sociale di qualsiasi livello: anche la famiglia o contesti di vita più sociali se sono sufficientemente buoni possono avere la stessa funzione e quindi la stessa responsabilità evolutiva verso ciascun individuo che ne è parte. Il rischio, come nella rispondenza materna, è quello di

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UNA, NESSUNA, 100.000 DONNE Giovanna Rossi Agli inizi del Novecento le donne irrompono nella politica e nella storia per sciogliere il vincolo che assegnava loro un posto determinato nella società nei termini di un destino biologico. Le donne hanno riconosciuto come proprio lo spazio di differenza nel quale storicamente la propria vita si è svolta e in cui il loro sapere si è formato. Diciamo dunque che la segregazione e l’oppressione hanno fatto parte di questo mondo comune delle donne così come la dimensione degli affetti, le relazioni familiari e sentimentali, la cura del corpo, la creazione e la conservazione della vita, la dipendenza economica, il lavoro domestico e per lo più l’incultura. «Pur vedendo il medesimo mondo» dice Virginia Woolf «noi lo vediamo con occhi diversi. Perché diverse lo siamo, per sesso e per educazione». Pensarsi differenti è l’unico modo che consente alle donne di guardare al proprio passato e rivendicarlo, passato in cui la loro specificità e il loro valore si è mostrato per necessità, nella forma del silenzio e dell’assenza dalla storia. Silenzio che è stato non tanto il segno della loro miseria creativa, quanto il segno di una loro impossibilità a esprimersi. Questo silenzio si è rotto! Dice Silvia Plath «Quello che voglio riavere è ciò che ero prima che il letto, prima che il coltello, prima che la spilla e il balsamo mi fissassero in questa parentesi. Cavalli che corrono nel vento , un luogo, un tempo usciti dalla mente». Esistono un luogo, un tempo, fuori dalla mente razionale dove poter correre libere, fuori dalle gabbie culturali e sociali, quelle strutture che soprattutto la filosofia e la psicanalisi hanno contribuito a ricercare e definire. Il sostrato fondante di genere è costituito dalla differenza sessuale ma anche dai linguaggi, dalle rappresentazioni culturali, dalle esperienze della razza e della classe sociale che ne sono il rivestimento sociale . Il concetto di genere nasce negli anni 70 a partire dalla presa di coscienza, da parte delle donne, del persistere di una situazione di profonda asimmetria e di squilibrio tra i ruoli sessuali. Nasce come critica all’uso di quel binarismo sessuale che per secoli, si è tradotto in una precisa gerarchia dei ruoli, consegnando alla biologia l’origine dell’inferiorità femminile.

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IL CONCETTO DI ANIMA COME FONDAMENTO DELL’IDENTITÀ DELLA DONNA Cristina Barducci Il tema che mi preme affrontare, pur nella limitatezza di queste brevi note, riguarda il percorso individuativo delle donne, il loro farsi soggetti, cercando di focalizzare la difficoltà di questo percorso, alla luce sia della condizione socioculturale di oggi, sia rileggendo alcuni punti focali della metapsicologia junghiana, che mi appartiene come formazione e indirizzo terapeutico. Non mi interessa proporre soluzioni, ma piuttosto aprire una riflessione. Jung è stato il primo psicoanalista che ha posto con forza il tema della femminilità, come affettività, interiorità, fantasia, creatività e come elemento imprescindibile per la psiche maschile, rovesciando di fatto il paradigma freudiano. Il recupero degli elementi femminili interiori, anima, e l’integrazione di questi elementi con la coscienza, sempre maschile sia per gli uomini che per le donne, ci permette oggi di proseguire nel cammino da lui tracciato, perché, pur essendo stato un pioniere nel rovesciare gli assunti e gli stereotipi propri del pensiero collettivo patriarcale, Jung rimane uomo del suo tempo, né possiamo chiedere di più. Fondamentale, e per questo cara, al pensiero cosiddetto femminista, che ha rivolto le sue critiche soprattutto a Freud e alla teorizzazione freudiana relativa alla donna, anche la sua insistenza nella necessità di un recupero, per la psiche femminile, di elementi propositivi, fattivi, legati al pensiero e allo sviluppo delle potenzialità spirituali delle donne, per le quali Jung disegna un percorso di conoscenza che affianca alle caratteristiche propriamente femminili quali oblatività, accoglienza, recettività e tutti gli elementi culturalmente legati alle amplificazioni tipiche del tema del femminile stesso, il maschile mancante. Più di trent’anni di studi sul genere, lo sviluppo fecondo del cosiddetto “pensiero della differenza”, i contributi di autrici per lo più anglosassoni, oltre ai tempi storici profondamente mutati, che registrano una presenza massiccia di setting al femminile, ci obbligano a rimodulare il nostro pensiero e a cercare, a partire dal paradigma junghiano, nuove prospettive. Integrare e sviluppare animus, tappa ineludibile del percorso di individuazione di una donna,17è un’indicazione forte nel pensiero di Jung; indicazione preziosa, 17 Un particolare riferimento a “Rivista di psicologia analitica. Io siamo il femminile e l’altro”, Astrolabio, 1996 e al volume “Il maschile e il femminile cento anni dopo. La definizione di Jung e la psicoterapia odierna”, a cura di N. Schwart-Salant e Murray

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IL SIMBOLO DELLA FATA IN UNA GIOVANE DONNA Ilenia Corradin Buonasera, vi vorrei presentare la storia di Virginia. Virginia è una giovane donna di 30 anni, educatrice, sposata che vive in casa con i genitori e la nonna materna ma in un appartamento autonomo con il marito. Entra in terapia perché si è resa conto di avere una situazione non risolta con i genitori, in particolare con la madre; vive come difficile il passaggio da figlia a donna. Per lei la famiglia è molto importante ed è cresciuta con valori quali l’autonomia, l’indipendenza e con l’idea di dover dare “il massimo” in ogni cosa. Virginia è molto introversa e ama stare da sola, cosa che nell’adolescenza le ha causato sofferenze poiché nessuno riusciva a comprendere questo suo essere; è sempre stata definita “una ragazza particolare”. È in terapia da 2 anni e, dopo una lunga fase iniziale di diffidenza e riservatezza, ora sembra essere in un periodo importante, in cui ha fatto la sua comparsa il simbolo di una fata; la descrive così: «Ha il volto di una bambina, deve evolversi e crescere. Mi piacciono la fate, sono legate alla natura e alla terra. Ha il volto triste e pensieroso, sta riflettendo, è introversa… come me. Ha le ali molto grandi, che servono sia per spiccare il volo ma anche a protezione dai pericoli esterni, le ali possono avvolgersi attorno al corpo e proteggerla; le fate sono creature ancestrali, essenziali e “vere” nel senso che non sono influenzate da nessuno e possono vivere secondo le proprie regole; credo che rappresenti una parte di me che è appena nata e che è pronta per crescere». Mi pare che questa possa essere una descrizione a livello simbolico di ciò che si intende con principio individuativo (il vero Sé non inflazionato da aspetti genitoriali). Questa giovane donna è di orientamento introverso e tipo sensazione e ha utilizzato questi canali per descrivere questa forza ancora in divenire ma che ha fatto comparsa nella sua psiche. La Fata rappresenta il potere dello spirito e la capacità di immaginare i progetti che potranno essere realizzati solo con l’aiuto di poteri soprannaturali. Le Fate sono messaggeri dell’Altro Mondo (inconscio) e spesso sono protettrici dei nuovi nati (germe individuativo); tessono il filo del loro destino ma possono anche tagliarlo, avendo implicazioni nel ciclo vita, morte e rinascita. Sono collegate sì ad un ritmo ternario, ma anche ad un quaternario, un tre quarti in musica, con tre tempi marcati e uno di pausa, collegandosi così con il ritmo lunare e delle stagioni, con tre fasi in cui si vede la luna e uno in cui questa è invisibile; con tre stagioni in cui la natura è produttiva e una in cui è “morta” (inverno).

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IDENTITÀ, IDENTIFICAZIONE, RELAZIONE NELLE DONNE Lucia Favilli Dopo aver approfondito il concetto di Identità e Individuazione nell’ottica junghiana, vengono esplorati i cambiamenti sociali, della famiglia e delle figure genitoriali ai nostri giorni. Mi soffermo, in particolare, sulla debolezza della figura paterna e di come la perdita di autorevolezza del padre abbia inciso a livello profondo sulla fase edipica della bambina, momento di svolta nello sviluppo evolutivo e come questo, in qualche caso possa causare patologie narcisistiche. Relazione Nel campo della Psicologia Analitica, Jung utilizza il termine “identità” in un senso diverso di quello in cui lo usiamo attualmente: ipotizzò uno stato di Identità tra madre e bambino, condizione in cui mancano i confini di differenziazione. Sottolineo l’aspetto individuativo ed evolutivo rispetto al legame intrapsichico con la Grande Madre che imprigiona e contro cui il soggetto/eroe deve lottare per acquisire la capacita di diventare individuo. L’identità per Jung è intesa come uguaglianza psicologica di tipo inconscio, un’assenza di distinzione cognitivo/oggettiva tra differenti individui od oggetti. L’Identita dunque sottolinea l’aspetto unificante: una vicinanza che viene prima della separazione. L’Individuazione in senso junghiano è intesa come: «Il processo per cui una persona diventa se stessa, intera, indivisibile e distinta dagli altri e dalla psicologia collettiva». L’Individuazione è fondamentalmente osservata da Jung a partire da due livelli: 1 A livello soggettivo (intrapsichico): è considerata rispetto agli elementi,alle funzioni e alle strutture della psiche che vengono a differenziarsi sino al punto in cui l’Io e la Coscienza possono operare il “faticoso confronto con le forze consce della personalità”. 2 A livello oggettivo (relazionale): dove è considerata la differenziazione dell’individualità rispetto a uno stato d’identità con l’altro e la conseguente interazione tra individuo e individuo e gruppo Dunque Jung pone il principio di Identità all’inizio della vita biologica e psichica, l’Individuazione alla fine e, nella parte centrale della vita la costruzione dell’Io come “Complesso funzionale di rappresentazioni”, che costituisce il centro della coscienza e che il soggetto sperimenta come identico e continuo con se stesso.

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LA SIGNORA DEGLI ANIMALI IN RELAZIONE AL PERCORSO INDIVIDUATIVO Catia Goretti Medico, psicoterapeuta Ho scelto di fare questa relazione sulla Signora degli animali perché questa immagine rappresenta in modo chiaro il legame che il femminile ha con la natura e con il mondo degli istinti. Questo archetipo era molto diffuso presso le civiltà matriarcali e la Grande Dea come Signora degli animali veniva adorata in India, Asia Minore, Grecia, Siria, Mesopotamia, Egitto, Africa e in Occidente sino alla Sicilia e alla Spagna meridionale. (Neumann, 1981, p. 268) La Signora degli animali si può presentare in forma antropomorfica, ma appare anche spesso come animale, ed è possibile rintracciarla in molte tradizioni. In Grecia, troviamo non soltanto Artemide con il cervo, ma anche Atena con la civetta e Afrodite con la colomba. Questo archetipo è anteriore non soltanto all’età classica (V e IV secolo a.C.), ma anche all’età omerica (700 a.C.) e si ritiene che la Signora degli animali appartenga al Neolitico. Nell’arte minoica essa viene raffigurata sulla vetta di un monte, tra due leoni. (Gimbutas, 1990, p. 108) L’antica civiltà matriarcale scomparve sotto l’influsso culturale dei nuovi conquistatori indoeuropei. «Nelle primitive civiltà minoica e micenea, il femminile svolgeva un ruolo centrale e, almeno nella Creta minoica, le donne occupavano posizioni sociali significative». (Gimbutas, 2005, pp. 215 sgg.) Ma questo cambiò nell’età classica. La religione della Grecia classica, ad esempio, restrinse il campo del femminile: «le dee greche, ben lontane dal ricoprire ruoli paragonabili a quelli delle loro antenate minoico-micenee, erano subalterne alle divinità maschili. Al posto di una forza centrale maschile alla guida del cosmo, il dominio era in mano alle potenze maschili». Le dee che in precedenza avevano ricoperto ruoli importanti adesso diventano mogli o le figlie degli dei. (Ibidem) Tuttavia, le tracce dell’antico potere femminile non potevano essere del tutto sradicate dall’immaginario mitico: Artemide, ad esempio, è spesso circondata da orsi e cervi; Atena, sebbene sia nata dalla testa di Zeus, conserva il suo tempio in cima al Partenone, richiamando così il simbolismo della montagna e della supremazia spirituale, e tuttavia mantiene, come animali rappresentativi, la civetta e il serpente: la civetta immagine di sapienza, il serpente immagine delle energie vitali trasformative.

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LE IMMAGINI ARCHETIPICHE NEL PERCORSO DI PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA Laura Taccia Il lavoro che ho deciso di svolgere consiste nell’analisi archetipica delle immagini fluite spontaneamente durante i colloqui presso il S.I.S.Me.R. con le donne che si trovavano ad affrontare il percorso di PMA. senso di impotenza per la mancanza di controllo sul proprio corpo; • paura di sottoporsi a tecniche invasive; • senso di inadeguatezza nel confronto con gli altri; Il materiale raccolto evoca quelle immagini che Jung definisce archetipiche e che pone come elementi strutturali dell’Inconscio Collettivo. Jung: «le immagini dell’inconscio più profondo hanno carattere spiccatamente “mitologico”». Concordano con le rappresentazioni primordiali che si trovano alla base dei miti ed essendo di natura sovra personale sono comuni a tutti gli uomini e «si possono rintracciare in tutti i miti e in tutti e le favole di tutti i popoli e i tempi». Inconscio Collettivo: non si sviluppa individualmente, ma è ereditato e composto da immagini e contenuti la cui origine non è ascrivibile ad una persona o mente particolare, ma all’umanità intera. Ciò che è ereditato non sono le immagini, ma una disposizione inconscia a strutturare forme determinate e preesistenti: gli Archetipi. Immagine archetipica: è l’aspetto fenomenico e ha il valore di una rappresentazione a carattere mitologico, primordiale e universale. Jung provò l’esistenza dell’Inconscio Collettivo attraverso dei parallelismi culturali, confrontando mitologie, sistemi religiosi e creazioni artistiche con il materiale psichico di sogni, fantasie e deliri, notando che in tal modo emergeva la funzione adattiva dell’Inconscio Collettivo di fronte alle angosce esistenziali capaci di mettere in pericolo la nostra identità e il nostro senso di coesione. Questi contenuti concordano con quelli dei miti e delle favole, quindi la loro interpretazione richiede la conoscenza della mitologia, nella quale Jung coglie «l’attività autonoma della psiche che nel mito si esprime e si manifesta». Le immagini prese in esame sono fluite spontaneamente all’interno dei colloqui psicologici e sono state raccontate dalla partner femminile della coppia. Immagini emerse più frequentemente, suddivise in base alla fase di trattamento affrontata dalla paziente. • primo colloquio • ingresso • aspettative • incertezza

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N.2

“Cielo sopra – cielo sotto”, “Per quanto ne so...”, “Tutto questo è liberarsi”! di Giuseppe M.S. Ierace

Anno XLI

Israel Regardie: la pietra filosofale di Maria Fogliaro

Il Minotauro Problemi e ricerche di psicologia del profondo

Estratto dal libro “Sogno Mito Pensiero” di Riccardo Gramantieri e Fiorella Monti Il compimento dell’Artifex di Diego Pignatelli Spinazzola

Contenimento femminile nella transgenerazionalità traumatica di Elena Acquarini Una, nessuna, 100.000 donne di Giovanna Rossi

Il Minotauro

Processo individuativo, la differenza di genere e l’impatto con la società moderna di Giancarla Tesselli

Il concetto di anima come fondamento dell’identità delle donne di Cristina Barducci

Dicembre 2014

Il simbolo della fata in una giovane donna di Ilenia Corradin

€ 15.90 Editore

Minotauro_Cover41-2.indd 1

In questo numero: Atti del convegno “Modernità della ricerca junghiana: dallo sviluppo psicologico allo sviluppo sociale della donna” ISSN 2037-4216 Anno XLI - n.2 Dicembre 2014

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