Mensile di informazione, politica e cultura dell’Associazione Luciana Fittaioli - Anno III, n. 1 - Foligno, gennaio 2011
Oppio
F
rustrati, delusi e stanchi, tanto da prendere quella tessera su cui avevano investito soldi e speranze e riconsegnarla al sindacato. Questa la forte presa di posizione di 76 operai della Tdt di Livorno (Terminal Darsenal Toscana) che, in seguito alla mancanza di risultati e all'immobilismo della CGIL nella trattativa con l'azienda, hanno deciso di dare una violenta scossa al sindacato dimostrando con i fatti il loro disappunto Che i sindacati stiano perdendo iscritti, forza e influenza nella maggior parte delle economie industrializzate è un fenomeno sotto gli occhi di tutti, ma che il più grande sindacato di lotta del nostro paese si sia fatto mettere sotto scacco da CISL e UIL è molto grave e non ammissibile. Per anni i gruppi dirigenti si sono occupati esclusivamente della gestione del potere nell’intento di favorire la personale carriera politica (vedi tutti i leader sindacali che dismessi i panni del sindacalista hanno trovato continuità nelle diverse compagini politiche), perdendo di vista la piazza, le fabbriche, i movimenti studenteschi, cioè coloro che dovevano in realtà rappresentare. Oggi all’interno della CGIL qualcosa si sta muovendo, la FIOM sta finalmente cercando di ritrovare quell’identità prendendo decisioni anche in disaccordo con la segreteria confederale (“La Fiom è un'organizzazione sindacale molto radicale nella sua impostazione e tenta di costituire un elemento di freno alla Cgil, l'organizzazione a cui appartiene" dichiarazione di Roberto Santarelli direttore generale Confindustria). Purtroppo però si tratta solo di una categoria ed il fenomeno investe solo alcune parti d’Italia, perché ci sono molte regioni tra le quali anche la nostra, nelle quali nemmeno il settore dei metalmeccanici è capace di smarcarsi dalla politica sindacale di questi ultimi anni nei quali le vicende
della sinistra moderata (così si può definire quella rappresentata dal Pd) si sono spesso sovrapposte a quelle della CGIL. Per questo motivo alcuni lettori del nostro giornale hanno avuto di che dissentire sulla posizione assunta nell’articolo di fondo dello scorso numero di dicembre ”Io sto con la FIOM”. Io definirei quella, una provocazione forte nei confronti soprattutto della CGIL, che non è capace di reagire a questa situazione e sta lì a guardare aspettando che la barca affondi senza avere il coraggio di salvarla. Basta guardare la nomina della Camusso come nuovo segretario generale che, se pur brava, qualche dubbio lo pone, soprattutto se all’indomani dell’investitura a capo del più grande sindacato italiano che conta circa sei milioni di iscritti, i titoli dei giornali riportavano elogi da parte di funzionari del governo, come il ministro Sacconi «sono fiducioso che riprenderanno le relazioni unitarie tra le organizzazioni sindacali come premessa per migliori rapporti anche con le istituzioni», o come la Carfagna «Susanna Camusso assume questo delicato incarico alla Cgil in un momento economico difficile per il Paese e, dunque, nel momento giusto per avere una donna, con il pragmatismo che le è proprio, al timone. Sono sicura che, grazie alle qualità che ha già saputo dimostrare, il nuovo segretario saprà lavorare per costruire un clima sociale più sereno e riannodare i fili del dialogo e della collaborazione». Non c’era nemmeno un titolo che esprimeva l’approvazione del movimento operaio (la FIOM era profondamente contraria all’elezione della Camusso). Sintomo forse che eleggere una donna oggi in un ruolo così difficile come quello di ricomporre un sindacato di Sinistra forte e coeso non può essere il solo segno di discontinuità con il passato recente. Questo non basta!
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Con quale FIOM?
Né con i black bloc, né con la Gelmini Un pernacchio al Re SANDRO RIDOLFI
Due anni di lotte, manifestazioni, occupazioni, dibattiti, assemblee e documenti per resistere e contrastare la demolizione della scuola e dell’università pubblica, contro il ritorno alla vergognosa riforma Gentile che, con l’ordine del Duce e la benedizione del Papa romano, negli anni 30 espulse dalle scuole pubbliche ed escluse dal diritto all’istruzione le masse popolari. L’offesa alle Istituzioni trascinate nella vergogna di uno squallido mercato di deputati, senatori e veline ministro. Una grande manifestazione in difesa del diritto e della dignità dello studio, del lavoro, della solidarietà, dell’ambiente. Modesti scontri, sicuramente brutti, violenti, insulsi e inutili, gonfiati da media compiacenti in una guerriglia urbana (io c’ero a Roma e, fatta eccezione della limitata area di piazza del Popolo, i veri assalti erano ai negozi natalizi o almeno alle vetrine di beni oramai irraggiungibili). “Anno zero”: un ipocrita democristiano “dentro” fin dalla culla che invita i “bravi ragazzi” a condannare i facinorosi perditempo e
fuoricorso; un giornalista inqualificabile che invita invece i ragazzi a rivolgere la loro rabbia contro i pensionati che pesano sulla nostra economia e precludono il loro futuro; un fascista della prima ora che accusa i ragazzi di vigliaccheria, lui che alla loro età aveva lanciato bombe a mano contro i poliziotti; un “arruffapopolo” teatrante e trascinatore senza ideologia, idee e progetto, forse il più pericoloso dei quattro. Bravi invece i ragazzi che, benché pressati insistentemente dal Santoro di turno, hanno intelligentemente rifiutato di rispondere alla pretesa di schieramento. La storia si ripete e a richiamarla è proprio la memoria storica del democristiano “doc”, oggi i black bloc ieri le brigate rosse, bisogna schierarsi: contro o complici. Né l’uno né l’altro, né con i black bloc né con la Gelmini, né con lo stato borghese né con le brigate rosse, restare fuori dal gioco, sottrarsi al ricatto. Se qualcuno sfascia vetrine, brucia auto e fa violenza ai tutori dell’ordine, così come un tempo rapinava e sparava, è un problema di ordine pubblico e di giustizia, ma prima ancora è un problema di chi ha creato un disagio sociale
così grande da generare, lui e non gli avversari politici, quelle reazioni estreme di violenza sterile e inutile. Il problema è politico: la devastazione dello stato sociale, la compromissione del futuro delle prossime generazioni e già ora il presente di tutte le generazioni: dai giovani disoccupati ai pensionati alla fame. La storia si ripete perché la strategia del potere è sempre la stessa anche se cambiano le maschere che coprono, vigliaccamente, i volti dei potenti: demonizzare il dissenso provocando le deviazioni estremistiche e all’occorrenza (in verità la storia ci ha insegnato: sempre) infiltrare i provocatori. Rifiutare, protestare, contestare, manifestare può diventare pericoloso (così si vuole che sia) perché crea il terreno nel quale germoglia l’estremismo; questa la strategia del ricatto di tutti, dai democristiani “dentro”, ai liberisti, ai fascisti oggi sfrontatamente al governo. Chi protesta è complice! Occorre rifiutare il gioco, non cadere nella trappola, respingere il ricatto e quindi, ancora affermare: né con i black bloc né con la Gelmimi; ancora, con attenzione ma senza paura, tornare in piazza, sui tetti, per le strade.
Ma occorre anche rifiutare le logiche del sacrificio e del martirio. La contestazione, la rivolta, la stessa rivoluzione, per quanto aspre e dure siano, debbono sempre mantenere un fondo di gioia e di allegria, perché una società migliore deve essere una società felice, e deve cercare di esserlo già adesso “anche qui in questo mondo”. E dunque lottare e manifestare e intanto vivere: bere con rispetto, fumare con rispetto, scopare (che è la cosa più bella del mondo) con rispetto non solo dell’altro ma a cominciare da se stessi e, soprattutto, ridere in faccia alle mummie dei benpensanti. L’allegria e l’ironia sono una delle più grandi armi di lotta al potere: occorre “denudare il re”. 60 anni fa, alla fine della guerra, il futuro “re di maggio” si presentò a ispezionare alcune compagnie della divisione Cremona dell’Esercito di Liberazione, formate in prevalenza da spellani e folignati volontari. Al momento della consegna delle decorazioni, dalle compagnie schierate si levò un corale pernacchio; re e generali fecero dietro front e se ne andarono con le loro cianfrusaglie di ferro dorato. Anche su quel pernacchio è nata la Repubblica Italiana.
Il giornale è “on line” al sito www.piazzadelgrano.org