Inserto Africa -Dicembre 2009

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supplemento al numero 4 - dicembre 2009 di Piazza del Grano

“MamaAfrika” Miriam Makeba dalla lotta all’apartheid alla lotta alla camorra; la gioia della musica contro la sopraffazione, la violenza, l’ignoranza Miriam Makeba per cinquanta anni ha rappresentato nel mondo la lotta alla discriminazione razziale e per la libertà del suo popolo nel Sudafrica dell’apartheid. La fine di quel regime non ha segnato la fine dell’impegno della grande artista africana contro ogni forma di sopraffazione in tutto il mondo. Miriam Makeba è morta in Italia a Castel Volturno il 10 novembre 2008 dopo un concerto anticamorra organizzato da Roberto Saviano

Là dove ha avuto inizio la storia dell’umanità Parlare dell’Africa significa “lambire” la storia dell’umanità. È in quella terra che è nata la specie umana e da lì si è diffusa e dispersa nel globo cambiano di colori, lingue e culture. Il “mal d’Africa” è forse in questa memoria atavica. Chiunque abbia avuto la possibilità di vedere, anche per pochissimo tempo, l’Africa ne è rimasto colpito e segnato nel profondo, affascinato dalla grandiosità della sua natura. Un solo aspetto ha sempre “stonato” allo sguardo dei bianchi colonizzatori: la presenza degli “uomini neri”. Per oltre cinque secoli l’Africa è stata saccheggiata dai bianchi e le sue popolazioni nere ridotte in schiavitù con una violenza ed una crudeltà che non ha avuto nulla da imparare dalla folle ferocia nazista e ciò anche molti anni dopo la fine delle dittature europee. Questa disumanità ha caratterizzato tutte le colonizzazioni occidentali, compresa quella italiana nella grottesca invasione del “corno d’Africa”, dapprima con la conquista del ridicolo Impero di Etiopia e

poi, anche se con minore violenza, nei protettorati di Eritrea e di Somalia. Negli anni sessanta è iniziato il processo di decolonizzazione, in parte per spinte rivoluzionarie, soprattutto nell’africa araba, in parte per il collasso economico degli Stati colonizzatori quali il Portogallo e la Spagna, in parte infine per l’avvio di una nuova politica di dominio appresa ed indotta dall’emergere della nuova potenza colonialista degli Stati Uniti d’America, politica caratterizzata dal “cambiare tutto per non cambiare nulla”. Molti Stati fantoccio sono così stati creati secondo confini tracciati dalle potenze occidentali sull’alb u m

geografico del “continente nero”, senza alcun rispetto per le identità etniche e culturali ed anzi spesso (vedi il Ruanda ex belga) col il preciso scopo di costringere più etnie in una difficile convivenza costantemente “manipolabile” per aizzare conflitti tribali quanto mai opportuni per spezzare dall’interno pericolosi tentativi di vera autonomia. Innumerevoli governi fantocci, capeggiati da elite corrotte e comunque di

formazione e dipendenza occidentale sono stati “inventati” dalle potenze coloniali nascoste dietro società nazionali e multinazionali che hanno in tal modo continuato a possedere e saccheggiare le risorse naturali dell’Africa. La “guerra fredda”, che ha garantito l’occidente dal rischio di una terza guerra mondiale potenzialmente nucleare, ha spostato anche in Africa i “campi di battaglia” tra i due blocchi sulla testa, o meglio sulla pelle, delle popolazioni africane. In quegli anni hanno comunque preso avvio numerosi percor-

si di indipendenza, alcuni soffocati nel sangue che ancora oggi scorre copioso in talune regioni centro africane, altri invece, più fortunatamente, seppure a grandissimo prezzo, approdati ad esiti positivi. Non pretendiamo in questo piccolo inserto di trattare la complicatissima e variegatissima storia dell’Africa post coloniale. Racconteremo, o almeno proveremo a ripescare da una memoria sapientemente rimossa, alcuni episodi che hanno visto fare ingresso anche in quell’immenso continente di quello “spettro”

che verso la fine dell’ottocento ha cominciato ad “aggirarsi per l’Europa”: il comunismo.

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