supplemento al numero 10 - Anno III - ottobre 2011 di Piazza del Grano - www.piazzadelgrano.org
Iosif Vissarionovi Dugavili Stalin (“Acciaio”), un Comunista
Compagni soldati rossi e marinai rossi, comandanti e dirigenti politici, operai e operaie, colcosiani e colcosiane, lavoratori intellettuali, fratelli e sorelle nelle retrovie del nostro nemico, temporaneamente caduti sotto il giogo dei briganti tedeschi, nostri valorosi partigiani e partigiane che distruggete le retrovie degli invasori tedeschi! (...) Vi furono giorni in cui il nostro paese si trovò in una situazione ancor più grave. Ricordate il 1918... i tre quarti del nostro paese si trovavano allora nelle mani degli invasori stranieri... Non avevamo alleati, non avevamo l’Esercito rosso... 14 Stati assalirono allora il nostro paese. Ma non cademmo nel pessimismo, non ci perdemmo d’animo. Nel fuoco della guerra formammo allora l’Esercito rosso e trasformammo il nostro paese in un campo trincerato. Lo spirito del grande Lenin ci animava allora alla guerra contro gli invasori. Ebbene? Infliggemmo una disfatta agli invasori, ci facemmo restituire tutti i territori perduti e riportammo la vittoria. (...) Compagni soldati rossi e marinai rossi, comandanti e dirigenti politici, partigiani e partigiane! Tutto il mondo vi guarda come a una forza capace di annientare le orde brigantesche degli invasori tedeschi. I popoli asserviti d’Europa, caduti sotto il giogo degli invasori tedeschi, vi guardano come loro liberatori. Una grande missione liberatrice spetta a voi. Siate dunque degni di questa missione! La guerra che voi conducete è una guerra di liberazione, una guerra giusta... Per la completa disfatta dei conquistatori tedeschi! Sotto la bandiera di Lenin, avanti, alla vittoria! (Discorso di Stalin del 7 novembre 1941)
I soldati dell’Armata Rossa depongono le bandiere nazifasciste ai piedi del Mausoleo di Lenin sulla Piazza Rossa Nel maggio 1945, con la conquista di Berlino da parte dell’Armata Rossa, si conclude la seconda guerra mondiale scatenata dalla Germania e dall’Italia, alle quali si aggiunse più tardi il Giappone, con l’impressionate bilancio di 35 milioni di morti, dei quali 20 milioni cittadini dell’Unione Sovietica, circa la metà
dell’intera popolazione dell’Italia dell’epoca. Difficile immaginare cosa sarebbe potuto accadere se l’Unione Sovietica avesse ceduto e i nazi-fascisti avessero potuto trasferire l’enorme esercito orientale sul fronte occidentale, o anche solo immaginare quanto avrebbe influito sul seguito della guerra l’eventuale caduta di Sta-
lingrado con la possibilità per i nazi-fascisti di accedere al petrolio del Caspio. L’Unione Sovietica, i popoli sovietici, sotto la guida del Partito Comunista e del suo segretario Stalin, non hanno ceduto e Stalingrado non si è arresa. Su quella resistenza si fonda, anche, la nostra attuale democrazia occidentale.
I
La ricerca della verità Critica scientifica e propaganda ideologica Più volte abbiamo affermato con chiarezza (e qui lo ripetiamo con la stessa forza) che per essere giudicato criminale o assassino è sufficiente aver commesso anche un solo crimine o un solo assassinio; tuttavia abbiamo anche sostenuto la necessità di dare veridicità e concretezza ai dati reali storici, perché l’accertamento della verità oggettiva è il presupposto necessario per una critica parimenti reale e concreta, e quindi utile, e non puramente propagandistica e di facile strumentalizzazione ideologica. Nell’articolo che segue abbiamo riportato, per necessari stralci, la posizione di metodo scientifico adottata sulla vicenda del periodo di governo staliniano dell’Unione Sovietica dal Partito Comunista Cinese, sostanzialmente all’indomani del definitivo “strappo” tra la Cina maoista e l’URSS krusceviana. Qui proviamo a dare due parametri oggettivi: il pro-
babile reale numero delle vittime delle cosiddette “grandi purghe” staliniane e, se non compiutamente o univocamente, le loro ragioni, ovvero la “natura” delle vittime. Definire un numero reale è un’operazione indubbiamente incerta anche se desumibile, in via deduttiva, da alcuni dati certi, il primo dei quali è quello della capienza del campi di lavoro forzato, noti come “Gulag”. La capienza degli stessi, nell’intero trentennio staliniano, è oscillata attorno a 1 milione mezzo di internati, con punte massime sino a 2 milioni nel periodo della seconda guerra mondiale. Nei Gulag venivano rinchiusi sia delinquenti comuni che politici, in percentuale stimata di questi ultimi di circa il 30%. Aleksandr Sol enicyn (autore di “Arcipelago Gulag” e vittima sopravvissuta della repressione politica) in un discorso pubblico tenuto a New York il 30 giugno 1975, pochi mesi dopo il
suo esilio, affermò: “Nel massimo del terrore staliniano, nel 1937-1938, se dividiamo il numero di persone assassinate per il numero di mesi, il risultato ci dà 40mila persone al mese”; dunque tra le 8 le 900 mila vittime (inclusi i delinquenti comuni?). Questo numero coincide con quelli emersi dagli archivi della NKVD (Direttorato per la sicurezza del paese) dopo il collasso dell’URSS che indica, per l'intero periodo 1921-53, i condannati a morte per controrivoluzione nel numero di 799.455. Ci sono poi affermazioni non documentate che indicano l’uccisione di ben 15 milioni di prigionieri nel periodo del massimo terrore 1938/39 (10 volte la capienza dei Gulag!) o quanto meno di circa 5 milioni stimati dallo storico inglese Robert Conquest che, va segnalato, nel novembre 2005 fu premiato con la Medaglia presidenziale della libertà dal Presidente George W. Bush,
Campo di lavoro forzato (Gulag) 1932 “fondatore”, tra l’altro, dei campi di concentramento e tortura di Abu Graib e Guantanamo. Un dato è tuttavia certo: le “purghe” decimarono essenzialmente l’apparato centrale e periferico del Partito e dell’amministrazione, giungendo a punte dell’80% tra gli alti ufficiali dell’Armata Rossa nel periodo 1937/38 immediatamente precedente la prevista aggressione della Germania all’Unione Sovietica. Sono numeri indubbiamente “enormi”, ma, parimenti indubbiamente, non fu strage di popolo, bensì
Sulla questione di Stalin (risoluzione del Partito Comunista Cinese del 13 settembre 1963)
II
La questione di Stalin è una questione di enorme importanza. È una questione di importanza mondiale che ha avuto ripercussioni in tutte le classi del mondo e che, sino ad oggi, è ancora aperta a controversie. È probabile che nel corso di questo secolo non si possa arrivare, riguardo a questa questione, a una conclusione definitiva... Il Partito comunista cinese ha sempre sostenuto che il ripudio totale di Stalin da parte del compagno Kruscev in nome della “lotta contro il culto della personalità” è completamente errato e che tale ripudio cela intenzioni inconfessate... La lettera aperta del Comitato centrale del PCUS evita di dare una risposta alle questioni di principio da noi avanzate, limitandosi unicamente ad appiccicare ai comunisti cinesi l’etichetta di “difensori del culto della personalità” e “propagatori delle idee erronee di Stalin”. Durante la lotta contro i menscevichi, Lenin ebbe a dire: “Non rispondere alle questioni di principio sollevate dagli avversari e accontentarsi di definirli degli ‘esaltati’, non equivale ad aprire una discussione ma a insultare”... Anche se nella lettera aperta del Comitato centrale del PCUS gli insulti si sostituiscono a un dibattito di idee, noi, per quanto ci riguarda, preferiamo rispondere a questa lettera servendoci unicamente di argomenti di principio e citando a testimonianza innumerevoli fatti. La grande Unione Sovietica è il primo Stato del mondo in cui si è instaurata la dittatura del proletariato. Lenin è stato il principale dirigente del partito e del governo di questo paese della dittatura del proletariato: dopo la morte di
Lenin, dirigente del partito e del governo è stato Stalin. Dopo la morte di Lenin, Stalin non fu solo dirigente del partito e del governo dell’Unione Sovietica, ma anche guida universalmente riconosciuta del movimento comunista internazionale. Il primo grande Stato socialista, nato dalla Rivoluzione d’Ottobre, conta quarantasei anni di storia. Stalin è stato il principale dirigente di questo Stato per un periodo di circa trent’anni... Il Partito comunista cinese a proposito dell’atteggiamento da assumere nei riguardi di Stalin e della valutazione della sua figura, ha sempre sostenuto che non si tratta di giudicare semplicemente la persona ma, cosa molto più importante, di fare un bilancio dell’esperienza storica della dittatura del proletariato e del movimento comunista internazionale dopo la morte di Lenin. Il Partito comunista cinese ha sempre ritenuto necessaria una analisi basata sul metodo del materialismo storico e sulla rappresentazione della storia come realmente è; il Partito comunista cinese stima errato ripudiare Stalin in maniera totale, soggettiva e grossolana, ricorrendo al metodo dell’idealismo storico e deformando e alterando a piacere la storia. Il Partito comunista cinese ha sempre riconosciuto che Stalin ha commesso un certo numero di errori e che l’origine di questi errori è o ideologica o sociale e storica. La critica degli errori di Stalin, quelli ben inteso che furono effettivamente compiuti da lui e non quelli che gli sono stati attribuiti senza nessun fondamento, è necessaria qualora venga condotta a partire da una corretta po-
sizione e con metodi altrettanto corretti... Stalin si è sempre mantenuto alla testa della corrente della storia per dirigere la lotta ed è stato nemico inconciliabile dell’imperialismo e di tutta la reazione. L’attività di Stalin è stata sempre legata strettamente alla lotta del grande partito comunista e del grande popolo dell’Unione Sovietica: è inseparabile dalla lotta rivoluzionaria dei popoli di tutto il mondo... Tra gli errori di Stalin, alcuni sono errori di principio, altri furono commessi durante il lavoro pratico; alcuni avrebbero potuto essere evitati, mentre altri erano difficilmente evitabili dato che mancava qualsiasi precedente nella dittatura del proletariato al quale ci si potesse riferire. Riguardo ad alcuni problemi il metodo di pensiero Stalin si allontanò dal materialismo dialettico per cadere nella metafisica e nel soggettivismo e, per questa ragione, alcune volte si allontanò dalla realtà e si staccò dalle masse. Nella lotta condotta sia in seno al partito che fuori, egli confuse, in alcuni periodi e su alcuni problemi, le due categorie di contraddizioni di differente natura (contraddizioni tra il nemico e noi e contraddizioni in seno al popolo) e, di conseguenza, confuse anche i metodi per la soluzione di queste due categorie di contraddizioni. La liquidazione della controrivoluzione, intrapresa sotto la sua direzione, permise di punire giustamente numerosi elementi controrivoluzionari che dovevano essere puniti. Tuttavia furono ingiustamente condannate anche delle persone oneste e Stalin commise anche l’errore di allargare la portata della repressione nel 1937 e nel
1938... Tutti questi errori hanno causato danni sia all’Unione Sovietica che al movimento comunista internazionale. I meriti che Stalin si è guadagnato durante la sua vita, come pure gli errori che ha commessi, sono fatti oggettivi della storia. Per quanto riguarda gli errori di Stalin questi devono essere considerati come una lezione della storia, una messa in guardia per tutti i comunisti dell’Unione Sovietica e degli altri paesi, affinché non commettano a loro volta gli stessi errori o ne commettano meno. Questo non è inutile. L’esperienza storica sotto il suo aspetto negativo o positivo è utile a tutti i comunisti, quando se ne fa un bilancio corretto, corrispondente alla realtà storica e ci si astiene dall’apportarvi qualsiasi deformazione... I dirigenti del PCUS accusano il Partito comunista cinese di “difendere Stalin”. Sì, noi lo difendiamo e vogliamo difenderlo. Dal momento che Kruscev deforma la storia e ripudia totalmente Stalin, noi abbiamo naturalmente il dovere irrecusabile nell’interesse del movimento comunista internazionale di levarci a sua difesa. Prendendo la difesa di Stalin il Partito comunista cinese difende ciò che in Stalin vi è stato di giusto, difende la gloriosa storia della lotta del primo Stato della dittatura del proletariato instaurato nel mondo dalla Rivoluzione d’Ottobre, difende la gloriosa storia della lotta del PCUS, difende la fama del movimento comunista internazionale di fronte ai popoli e ai lavoratori del mondo intero, in una parola difende sia la teoria che la pratica del marxismo-leninismo... Quando noi ci assumiamo
scontro di potere. Era giusto o quanto meno era inevitabile? I Comunisti cinesi hanno decisamente contestato l’errore staliniano di avere applicato alla risoluzione delle “contraddizioni in seno al popolo” (cioè all’interno del Partito Comunista) i metodi di risoluzione delle diverse “contraddizioni con i nemici del popolo” (gli imperialisti e i loro infiltrati). L’esito della seconda guerra mondiale, cioè la capacità dell’URSS di resistere compatta e solidale all’aggressione nazi-fascista, sembrerebbe avere da-
to ragione a Stalin nell’avere “blindato” la struttura politica, amministrativa e militare del paese rispetto a potenziali conflitti interni suscettivi di indebolirla nei temuti momenti di massima difficoltà. Questa prospettiva politico-ideologica deve essere l’oggetto dell’approfondimento critico scientifico, onesto e quindi utile, rifiutando il semplicismo, come sempre tutt’altro che “ingenuo”, della demonizzazione del singolo pazzo criminale colpevole di tutto e per tutti. Il dibattito è ancora aperto.
la difesa di Stalin non difendiamo i suoi errori... I marxisti-leninisti cinesi, guidati dal compagno Mao Tse-tung, si dedicarono a scalzare l’influenza di alcuni errori di Stalin e in seguito, dopo aver avuto ragione delle linee errate propugnate dall’opportunismo di destra e di sinistra, riuscirono a condurre la rivoluzione cinese alla vittoria finale. Tuttavia, siccome alcuni punti di vista erronei sostenuti da Stalin erano stati accettati e messi in pratica da compagni cinesi, noi cinesi dovevamo assumercene la responsabilità. Di conseguenza la lotta condotta dal nostro partito contro l’opportunismo di destra e di sinistra si è sempre limitata alla critica di quei nostri compagni che avevano commesso degli errori e non abbiamo mai fatto ricadere la responsabilità su Stalin. Lo scopo delle nostre critiche era di distinguere il vero dal falso, trarne una lezione e far progredire la causa della rivoluzione... Ma qual è stato l’atteggiamento del compagno Kruscev e di alcuni altri dirigenti del PCUS nei riguardi di Stalin, dopo il ventesimo Congresso? Invece di fare un’analisi completa, storica e scientifica, dell’opera compiuta da Stalin durante tutta la sua vita, l’hanno ripudiata in blocco senza distinguere il vero dal falso... Kruscev ha coperto Stalin di ingiurie, dicendo che Stalin fu un “assassino”, “un criminale”, “un bandito”, “un despota tipo Ivan il Terribile”; “il più grande dittatore della storia russa”, “un imbecille”, “un idiota”, “un giocatore”... Le ingiurie lanciate da Kruscev contro Stalin sono i peggiori insulti che si possano rivolgere al grande popolo sovietico, al PCUS, all’esercito sovietico, sono i più grandi insulti che si possano rivolgere alla dittatura del proletariato, al sistema socialista, al movimento comunista internazionale, ai popoli rivoluzionari del mondo e al marxi-
smo-leninismo. In che posizione si mette Kruscev quando gonfia il petto, martella di pugni la tavola e grida a piena gola insulti contro Stalin? Lui che al tempo di Stalin partecipava alla direzione del partito e dello Stato, si mette nella posizione di complice di un “assassino” e di un “bandito”? O in quella di “imbecille” e “idiota”? Che differenza c’è tra le ingiurie rivolte da Kruscev a Stalin e le ingiurie vomitate contro quest’ultimo dagli imperialisti, dai reazionari e dai rinnegati del comunismo? Perché quest’odio mortale contro Stalin? Perché attaccare Stalin con una ferocia che non si usa neanche contro il nemico?... Nell’articolo “Sul significato politico delle ingiurie” Lenin ha detto: “in politica le ingiurie nascondono frequentemente l’assenza di idee e l’impotenza totale, l’impotenza rabbiosa degli insolenti”... Un’attenzione tutta particolare merita il fatto che i dirigenti del PCUS, mentre si applicano con tanto impegno a coprire di insulti la memoria di Stalin, esprimono “rispetto e fiducia” a Kennedy, a Eisenhower e ai loro accoliti! A Stalin si elargiscono epiteti tipo “despota alla Ivan il Terribile” e “il più grande dittatore della storia russa”, mentre a Kennedy e a Eisenhower si indirizzano complimenti e si afferma che “godono dell’appoggio della stragrande maggioranza del popolo americano”! Si insulta Stalin trattandolo da “idiota” e si elogia la “lucidità” di Kennedy e di Eisenhower! Da una parte si svilisce la memoria di un uomo che fu un grande marxista-leninista, un grande rivoluzionario proletario, un grande capo del movimento comunista internazionale, d’altra si intessono panegirici al capo in testa dell’imperialismo... Il ripudio totale di Stalin da parte della direzione del PCUS ha fini inconfessati...
Relazione di Stalin al progetto di Costituzione del 1936 (estratto) Il progetto della nuova Costituzione costituisce un bilancio della via percorsa, un bilancio delle conquiste già ottenute. Esso è, perciò, la registrazione e la sanzione legislativa di quello che è già stato effettivamente ottenuto e conquistato. Le costituzioni dei paesi borghesi partono di solito dalla convinzione dell'incrollabilità del regime capitalista. La base essenziale di queste costituzioni è data dai principi del capitalismo, dai suoi capisaldi fondamentali: proprietà privata della terra, delle foreste, delle fabbriche, delle officine e degli altri strumenti e mezzi di produzione; sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo ed esistenza di sfruttatori e di sfruttati; mancanza di sicurezza del domani per la maggioranza lavoratrice. La base principale del progetto della nuova Costituzione dell'URSS è data dai princìpi del socialismo, dai suoi capisaldi fondamentali già conquistati e realizzati: proprietà socialista della
terra, delle foreste, delle fabbriche, delle officine e degli altri strumenti e mezzi di produzione; soppressione dello sfruttamento e delle classi sfruttatrici; soppressione della miseria della maggioranza e del lusso della minoranza; soppressione della disoccupazione; lavoro come obbligo e debito d'onore di ogni cittadino atto al lavoro, secondo la formula: «Chi non lavora, non mangia»; diritto al lavoro, cioè diritto di ogni cittadino di ricevere un lavoro garantito; diritto al riposo; diritto all'istruzione. Le costituzioni borghesi partono tacitamente dal presupposto che le nazioni e le razze non possono avere eguali diritti, che vi sono nazioni che godono di tutti i diritti e vi sono nazioni che non godono di tutti i diritti. A differenza di queste costituzioni, il progetto della nuova Costituzione dell'URSS, invece, è
profondamente internazionalista. Esso parte dal principio che tutte le nazioni e le razze hanno eguali diritti. Esso parte dal principio che la differenza nel colore della pelle o la differenza di lingua,
borghesi si possono dividere in due gruppi; un gruppo di costituzioni nega apertamente o riduce di fatto a nulla l'eguaglianza di diritti dei cittadini e le libertà democratiche. Un secondo gruppo di costitu-
di livello culturale o di sviluppo politico, così come qualsiasi altra differenza tra le nazioni e le razze, non può servire a giustificare una ineguaglianza di diritti tra le nazioni. Dal punto di vista del democratismo, le costituzioni
zioni accetta volentieri e ostenta persino i princìpi democratici, ma lo fa con tante riserve e con tali restrizioni, che i diritti e le libertà democratiche ne escono completamente mutilati. Esse parlano di diritti elettorali eguali per
Costituzione dell’URSS La Costituzione Sovietica del 1936, conosciuta anche come "Costituzione di Stalin", ridisegnò la forma di governo dell'Unione Sovietica. La Costituzione abrogò le restrizioni sul diritto di voto, istituì il suffragio universale diretto e contemplò nuovi diritti dei lavoratori che si aggiunsero a quelli già previsti dalla costituzione precedente. La Costituzione ai primi articoli stabilisce che l'Unione Sovietica è una dittatura degli operai e dei contadini e vieta la proprietà privata ad eccezione della piccolissima proprietà di contadini e artigiani non associati che lavorino in proprio (cioè escludendo l'assunzione di lavoratori dipendenti, definita sfruttamento). Il testo riconosce il diritto alla tutela della salute, alla cura al momento della vecchiaia o in caso di malattia, all'alloggio e all'istruzione. Assicura altresì la libertà di propaganda religiosa e antireligiosa, di parola, di stampa e di associazione. Prevede l'elezione diretta di tutti gli organi di governo. Il potere legislativo spetta esclusivamente al Soviet Supremo dell'URSS composto dalle due camere uguali: Soviet dell'Unione e il Soviet delle Nazionalità, escludendo il potere legislativo, anche d’urgenza, al governo. Le due Camere, ambedue elette a suffragio universale segreto, sono diversamente costituite: il Soviet dell’Unione in misura di 1 deputato ogni 300mila votanti, il Soviet delle Nazionalità in misura numerica uguale per ciascuna Repubblica federata indipendentemente dal numero dei rispettivi cittadini. La Costituzione sancisce
il diritto delle singole Repubbliche di uscire in ogni momento dall’Unione. Trascriviamo alcuni articoli più significativi. Art. 1 - L'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche è uno Stato socialista degli operai e dei contadini. Art. 2 - La base politica dell'URSS è costituita dai Soviet dei deputati dei lavoratori, sviluppatisi e consolidatisi in seguito all'abbattimento del potere dei proprietari fondiari e dei capitalisti e alla conquista della dittatura del proletariato. Art. 3 - Tutto il potere nell'U.R.S.S. appartiene ai lavoratori della città e della campagna, rappresentati dai Soviet dei deputati dei lavoratori. Art. 5 - La proprietà socialista nell'U.R.S.S. ha la forma di proprietà statale (patrimonio di tutto il popolo), oppure la forma di proprietà cooperativa-colcosiana (proprietà dei singoli colcos, proprietà delle associazioni cooperative). Art. 6 - La terra, il sottosuolo, le acque, i boschi, le officine, le fabbriche, le miniere, le cave, i trasporti ferroviari, acquei ed aerei, le banche, i mezzi di comunicazione, le grandi aziende agricole organizzate dallo Stato e così pure le aziende comunali e la parte fondamentale del patrimonio edilizio nelle città e nei centri industriali, sono proprietà dello Stato, cioè patrimonio di tutto il popolo. Art. 9 Accanto al sistema socialista dell'economia, che è la forma economica dominante nell'U.R.S.S., è ammessa dalla legge la piccola azienda privata dei contadini non associati e degli
artigiani, fondata sul lavoro personale, escludente lo sfruttamento del lavoro altrui. Art. 10 - Il diritto di proprietà personale dei cittadini sui proventi del loro lavoro e sui loro risparmi, sulla casa di abitazione e sull'impresa domestica ausiliaria, sugli oggetti dell'economia domestica e di uso quotidiano, sugli oggetti di consumo e di comodo personale, come pure il diritto di eredità della proprietà personale dei cittadini sono tutelati dalla legge. Art. 12 - Il lavoro è nell'U.R.S.S. dovere e oggetto d'onore per ogni cittadino atto al lavoro, secondo il principio: «Chi non lavora, non mangia». Nell'U.R.S.S. si attua il principio del socialismo: «Da ciascuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo il suo lavoro». Art. 13 - L'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche è uno Stato federale costituito sulla base dell'unione volontaria. Art. 17 - Ogni Repubblica federata conserva il diritto di uscire liberamente dall'U.R.S.S. Art. 30 Organo supremo del potere di Stato dell'U.R.S.S. è il Soviet Supremo dell'U.R.S.S. Art. 32 - Il potere legislativo dell'U.R.S.S. è esercitato esclusivamente dal Soviet Supremo dell'U.R.S.S. Art. 33 - Il Soviet Supremo dell'U.R.S.S. si compone di due Camere: il Soviet dell'Unione e il Soviet delle Nazionalità. Art. 34 - Il Soviet dell'Unione è eletto dai cittadini dell'U.R.S.S. per circoscrizioni elettorali in ragione di un deputato per ogni 300.000 abitanti. Art. 35 Il Soviet delle Nazionalità è eletto dai cittadini del-
(estratto) l'U.R.S.S. nelle Repubbliche federate e autonome, nelle regioni autonome e nelle circoscrizioni nazionali in ragione di 25 deputati per ogni Repubblica federata, di 11 deputati per ogni Repubblica autonoma, di 5 deputati per ogni regione autonoma, e di un deputato per ogni circoscrizione nazionale. Art. 37 - Le due Camere del Soviet Supremo dell'U.R.S.S.: il Soviet dell'Unione e il Soviet delle Nazionalità, hanno eguali diritti. Art. 52 Nessun deputato al Soviet Supremo dell'U.R.S.S. può essere tradotto in giudizio né arrestato senza il consenso dei Soviet Supremo dell'U.R.S.S. Art. 103 L'esame delle cause in tutte le Corti e in tutti i tribunali si svolge con la partecipazione dei giurati popolari. Art. 109 - I tribunali popolari sono eletti dai cittadini del mandamento a suffragio universale, diretto, eguale, a scrutinio segreto, per la durata di tre anni. Art. 117 - Gli organi della procura esercitano le loro funzioni indipendentemente da qualsiasi organo locale e sono subordinati soltanto al Procuratore generale dell'U.R.S.S. Art. 118 - I cittadini dell'U.R.S.S. hanno diritto al lavoro, cioè hanno diritto a ottenere un lavoro garantito, con remunerazione del loro lavoro secondo la quantità e la qualità... Art. 119 - I cittadini dell'U.R.S.S. hanno il diritto al riposo. Il diritto al riposo è assicurato dall'istituzione per gli operai e gli impiegati della giornata lavorativa di otto ore e dalla riduzione della giornata lavorativa a sette e sei ore
tutti i cittadini, ma nello stesso tempo limitano questi diritti a seconda della residenza, dell'istruzione e persino del censo. Esse parlano di eguaglianza dei diritti dei cittadini, ma, nello stesso tempo, fanno la riserva che questo non riguarda le donne. Il progetto della nuova Costituzione dell'URSS ha questo di particolare, che è esente da simili riserve e restrizioni. Per esso non esistono cittadini attivi o passivi; per esso tutti i cittadini sono attivi. Esso non riconosce differenze di diritti tra uomini e donne, tra «domiciliati» e «non domiciliati», possidenti e non possidenti, istruiti e non istruiti. Per esso tutti i Cittadini sono eguali nei loro diritti. Non è il censo, né l'origine nazionale, né il sesso, né la carica o il grado, ma sono le capacità personali e il lavoro personale di ogni cittadino che determinano la sua posizione nella società. Le costituzioni borghesi si accontentano di solito di fissare i diritti formali del cittadino, senza preoccupar-
si delle condizioni che garantiscono l'esercizio di questi diritti, della possibilità di esercitarli, dei mezzi per esercitarli. Parlano dell'eguaglianza dei cittadini, ma dimenticano che non può esservi eguaglianza effettiva tra il padrone e l'operaio, tra il grande proprietario fondiario e il contadino, se i primi posseggono la ricchezza e l'influenza politica nella società, mentre i secondi sono privati dell'una e dell'altra. Oppure ancora: parlano della libertà di parola, di riunione e di stampa, ma dimenticano che tutte queste libertà possono diventare per la classe operaia una frase vuota, se essa è priva della possibilità di avere a sua disposizione locali adatti per le riunioni, buone tipografie, una quantità sufficiente di carta da stampare. Il progetto della nuova Costituzione ha questo di particolare, che esso non si accontenta di fissare i diritti formali dei cittadini, ma sposta il centro di gravità sulla garanzia di questi diritti, sui mezzi per l'esercizio di questi diritti. Esso non si limita a proclamare le libertà democratiche, ma le garantisce anche per via legislativa con determinati mezzi materiali.
per una serie di professioni con condizioni di lavoro difficili e fino a quattro ore nei reparti con condizioni di lavoro particolarmente difficili, dalla istituzione di congedi annuali agli operai e agli impiegati con il mantenimento del salario, dalla vasta rete di sanatori, case di riposo e club che è messa a disposizione dei lavoratori. Art. 120 I cittadini dell'U.R.S.S. hanno diritto di avere assicurati i mezzi materiali di esistenza per la vecchiaia nonché in caso di malattia e di perdita della capacità lavorativa. .. Art. 121 - I cittadini dell'U.R.S.S. hanno diritto all'istruzione. Questo diritto è assicurato dall'istruzione elementare generale obbligatoria, dall'istruzione gratuita settennale, dal sistema delle borse di studio per i più meritevoli studenti delle scuole superiori... Art. 122 - Alle donne sono accordati nel l'U.R.S.S. diritti uguali a quelli degli uomini, in tutti i campi della vita economica, statale, culturale, politica e sociale. La possibilità di esercitare questi diritti è assicurata alle donne accordando loro lo stesso diritto degli uomini al lavoro, al pagamento del lavoro, al riposo, all'assicurazione sociale e all'istruzione, provvedendo alla tutela, da parte dello Stato, degli interessi della madre e del bambino, all'aiuto da parte dello Stato alle madri con numerosa prole o alle madri non maritate accordando alle donne un congedo di maternità con mantenimento del salario e grazie a una vasta rete di case di maternità, di nidi e giardini d'infanzia. Art. 123 - L'uguaglianza dei diritti dei cittadini dell'U.R.S.S., indipendentemente dalla loro nazionalità e razza, in tutti i
campi della vita economica, statale, culturale, politica e sociale, è legge irrevocabile. Qualsiasi limitazione diretta o indiretta dei diritti o, al contrario, qualsiasi attribuzione di privilegi diretti o indiretti ai cittadini in dipendenza della razza o nazionalità alla quale appartengono, così come qualsiasi propaganda di esclusivismo o di odio e disprezzo di razza o di nazione, è punita dalla legge. Art. 124 - Allo scopo di assicurare ai cittadini la libertà di coscienza, la Chiesa nell'U.R.S.S. è separata dallo Stato e la scuola dalla Chiesa. La libertà di praticare i culti religiosi e la libertà di propaganda antireligiosa sono riconosciute a tutti i cittadini. Art. 125 - In conformità con gli interessi dei lavoratori e allo scopo di consolidare il regime socialista, ai cittadini del l'U.R.S.S. è garantita per legge: a) libertà di parola, b) libertà di stampa, e) libertà di riunione e di comizi, d) libertà di cortei e dimostrazioni di strada. Questi diritti dei cittadini vengono assicurati mettendo a disposizione dei lavoratori e delle loro organizzazioni le tipografie, i depositi di carta, gli edifici pubblici, le strade, le poste, i telegrafi, i telefoni e le altre condizioni materiali necessarie per il loro esercizio. Art. 127 Ai cittadini dell'U.R.S.S. è assicurata l'inviolabilità della persona. Nessuno può essere arrestato se non per decisione di un tribunale con la sanzione del procuratore. Art. 128 - L'inviolabilità del domicilio dei cittadini e il segreto epistolare sono tutelati dalla legge. Art. 129 - L'U.R.S.S. accorda il diritto di asilo ai cittadini stranieri perseguitati per aver difeso gli interessi dei lavoratori, o per la loro at-
III
Il culto della persona, il “Piccolo padre” L’accusa stereotipa che viene rivolta alla figura storica e politica di Stalin è quella di avere inventato il culto della sua persona. L’accusa viene rinforzata con l’assunto che tale creazione sia stata il frutto di violenze poliziesche e quindi che si tratti di un indottrinamento coatto. Se non v’è dubbio che il culto della persona è un fenomeno culturalmente e sociologicamente negativo, perché nella sostanza realizza una forma di delega fideistica nei confronti del capo di turno (oggi lo chiamiamo: leader) che, a seconda delle prospettive di valutazione, interpreta il salvatore o il despota (oggi usiamo il termine: rais), non v’è dubbio che sovente questo culto trova la sua origine e fondamento su azioni, atti, fatti concretamente realizzati dal capo/leader a vantaggio di una determinata classe sociale, anche vastissima. Per quanto appresso diremo appare indiscutibile che il culto della persona di Stalin ebbe un radicamento nella grande maggioranza dei popoli sovietici assai (e di molto) più ampio e più profondo di un semplice frutto di coazione poliziesca. Ciò che accadde dell’URSS nel primo ventennio del governo staliniano (fermiamoci per ora a questo periodo sino alla seconda guerra mondiale) forse riusciamo a comprenderlo appieno solo oggi con lo stupore che ci suscita l’incredibile e imprevista crescita del sistema economico e sociale cinese. Nel ventennio dalla rivoluzione di ottobre al-
IV
l’inizio della seconda guerra mondiale l’URSS compì un balzo economico, e conseguentemente sociale, a dir poco strabiliante, che trova, come ora detto, un possibile paragone solo in quello dall’economia e della società cinese dell’ultimo ventennio. Le percentuali della crescita dell’economia sovietica durante i tre piani quinquennali varati da Stalin si attestarono sempre al di sopra del 12% annuo (stimato al ribasso), anche quando l’occidente era caduto nella crisi epocale del ’29. In 20 anni l’URSS da immenso paese sostanzialmente del terzo mondo, se rapportato al livello economico dell’Europa dell’epoca, passò al livello di primo mondo, raggiungendo la Germania e superando di molte lunghezza la grandissima parte dei paesi europei. Se volessimo fare un paragone esemplificativo con la situazione dell’Italia di quel periodo, potremmo dire che l’URSS stava all’Italia come oggi l’Italia sta, ad esempio, all’Egitto. E ciò sotto innumerevoli profili, vale a dire non solo di produzione industriale, ma in generale di stato sociale, nonché culturali e scientifici. In 20 anni, o se vogliamo essere più precisi nei 15 anni dei tre piani quinquennali varati da Stalin dal 1928 al 1942, l’URSS raggiunse la piena occupazione con una crescita specificamente nel settore operaio del 500%, venne realizzata l’alfabetizzazione sostanzialmente totale per le nuove generazioni, vennero debellate tutte le
malattie endemiche e la qualità e l’aspettativa di vita salì a livelli più che doppi, nacquero intere città ed enormi e moderne infrastrutture, venero raggiunti livelli di evoluzione scientifica pari se non superiori alle eccellenze occidentali. Di tali fatti concreti i popoli sovietici avevano un’evidenza tangibile riflessa nella qualità attuale e di prospettiva della loro vita, sicché non sorprende affatto che per la grande maggioranza degli stessi vi fosse una ammirazione sincera a profonda per il capo/leader che non a caso, secondo un lessico tipicamente russo, venne apostrofato con l’appellativo di “Piccolo padre”. La relazione di Stalin al progetto della nuova costituzione del 1936, della quale abbiamo fornito degli stralci nelle pagine recedenti, offre una testimonianza eloquente: “La nuova Costituzione – precisa Stalin – costituisce un bilancio della via percorsa, un bilancio delle conquiste già ottenute. Essa è, perciò, la registrazione e la sanzione legislativa di quello che è già stato effettivamente ottenuto e conquistato”. Se dovessimo comparare i risultati economici, politici, sociali e culturali “registrati” da quella costituzione del 1936 con la corrispondente situazione dell’Italia di quel periodo, dovremmo tornare all’equazione di cui sopra tra URSS, Italia ed Egitto. Questo “miracolo” certamente non fu senza costi siano essi di vite umane, di sentimenti culturali e anche, non lo dob-
biamo escludere, di diritti civili intesi almeno alla luce della nostra attuale cultura occidentale che, sempre contestualizzando i dati, all’epoca era sprofondata nel nazismo in Germania, nel fascismo in Italia, Spagna, Romania, Ungheria, Finlandia, ecc. e persisteva nel più becero e violento colonialismo razzista in Inghilterra, Francia e anche negli USA. I costi furono pesanti soprattutto per il settore agricolo, che all’epoca rappresentava il settore di gran lunga preponderante dell’economia sovietica, che dovette sopportare un fortissimo drenaggio di risorse a favore della creazione del sistema industriale (all’inizio del primo piano quinquennale l’URSS importò intere fabbriche dall’occidente pagandole con esportazioni agricole). Sempre i contadini subirono anche il maggiore “strappo” culturale, a vantaggio della nascita della nuova classe operaia, e a volte anche territoriale,
con trasferimenti coatti anche di consistenti popolazioni rurali. Tuttavia non bisogna dimenticare che in quegli stessi anni molti Stati europei, l’Italia di gran lunga in testa, erano interessati da fenomeni migratori, sia all’estero che interni, che interessarono fin oltre un terzo della loro popolazione. Da ultimo non va sottovalutato un ulteriore aspetto, che indirettamente riconduce a quanto si è scritto nelle pagine precedenti in ordine al tema della sicurezza e compattezza del sistema politico e amministrativo sovietico, che riguarda gli enormi costi che l’URSS dovette sostentere per creare una struttura militare in grado di resistere all’inevitabile aggressione delle potenze occidentali. Non è facile immaginare come e quanto diverso avrebbe potuto essere lo sviluppo, ma anche lo stesso sistema di relazioni sociali e politiche, se l’URSS non fosse vissuta sotto l’incubo, poi effet-
tivamente verificatosi, dell’invasione straniera. Le conclusioni ci riportano ora alle regole del metodo scientifico di valutazione storico-politica esposte nella risoluzione del Partito Comunista cinese, della quale abbiamo riprodotto stralci nelle pagine precedenti: per dare un giudizio, sia che ci si rivolga a singoli personaggi, ideologie, epoche storiche, occorre analizzare l’intero contesto nel quale gli stessi e le stesse operarono e si svolsero. All’esito potremo anche concludere che Stalin è stato un dittatore e dovremo dire (per primi i comunisti) che non ha fatto corretta applicazione dei principi fondamentali del pensiero scientifico marxistaleninista; ma, se essere comunista significa impegnarsi nella difesa dei lavoratori per la soddisfazione dei loro diritti fondamentali della vita, non potremmo negare che Stalin è stato un comunista, un grande comunista.
Una premessa... in conclusione
le sue mostruose espressioni, non è stato il parto della mente malata di Hitler, ma la solida convinzione politica e culturale dell’intera nazione tedesca e più oltre ariana, quando ai tedeschi si sono aggiunti ungheresi, croati, rumeni, francesi, ecc.; nello stesso modo il fascismo è stata una filosofia di pensiero e di vita più o meno dell’intera nazione italiana e non del solo Benito Mussolini; come ancora l’imperialismo USA è il frutto di una solida convinzione di superiorità, in questo caso non dell’etnia, ma dello status di cittadinanza dei nord americani. Tornando al tema di questo inserto dobbiamo allora concludere che ciò che è stato fatto di bene e di male nel periodo del governo staliniano non è il parto della mente e della volontà di “Acciaio”, ma il frutto di un complessivo sistema sociale, politico, culturale ed economico che trae origine dalla barbarie zarista e conduce, attraverso la rivoluzione bolscevica, alla emancipazione anche economica dei popoli sovietici. Così indagando e ragionando si apre uno scenario dialettico tra capo e masse che svela come, tanto per il bene quanto per il male, il capo è solo l’espressione comunicativa del sentimento delle masse senza il consenso (o
se vogliamo il passivo e opportunistico mancato dissenso) delle quali il capo non sarebbe tale o comunque non durerebbe più di tanto. A questo puto si può (si deve!) trarre la “morale” per il nostro tempo, che costituisce lo scopo reale di questo periodico gramsciano: se Berlusconi governa è perché rispecchia il sentimento della ampia maggioranza della nazione, sia questo espresso in termini di effettivo sostegno o (ma nella sostanza il risultato non cambia) di inesistente reale dissenso. Se Berlusconi cade (e se non ci pensano gli uomini prima o poi ci penserà la natura) nulla cambierà dietro gli effimeri nuovi volti di chi lo sostituirà. E’ la reale natura di questo nostro sistema economico, politico e culturale che ha generato e sostiene il “mostro” Berlusconi; se non cambia il sistema non porta nessuna conseguenza cambiare il capo. La realtà del sistema economico capitalista, nella sua fase attuale di declino senile, ha prodotto e sostiene i Berlusconi, bisogna dunque incidere sul sistema economico, sui rapporti di classe e di forza, per cambiare il futuro, altrimenti a Berlusconi, tutt’al più potrà succedere un Bersani e quella sarà davvero un assai triste “non soluzione”.
Questo articolo avrebbe dovuto aprire, quale premessa, l’inserto in prima pagina; due ragioni hanno concorso per collocarlo, invece, in conclusione. La prima è chiaramente estetica volendo conservare alla prima pagina dell’inserto la funzione di copertina, con l’enunciazione del tema a grandi caratteri (citazione maoista!) e la foto grande di apertura. La seconda ragione, più profonda, è stata l’intenzione di aprire ai lettori l’argomento della discussione, che costituisce la “provocazione” intellettuale di questo inserto, dopo aver dato loro la possibilità (se ne hanno avuto la volontà e la pazienza) di leggere quelli che potremmo chiamare i materiali per la discussione. Come più volte precisato, ma giova per onestà ribadirlo, i materiali prodotti sono documenti di facile reperibilità, puramente informativi e inoltre notevolmente ampliabili; uno spunto d’avvio, quindi, nulla di più. I temi che si vogliono mettere in discussione con questo inserto “provocatorio” sono due (ovviamente a parere di chi scrive, tanti altri potrebbero esserne individuati dai
lettori): il primo riguarda il postulato del “capo”, o più precisamente del “capro”; il secondo il metodo d’indagine, ragionamento e critica. Il secondo tema lo abbiamo già trattato in più punti degli articoli che precedono e, primo tra tutti, lo ha trattato il Partito Comunista cinese nella risoluzione pubblicata in seconda pagina. Sarà quindi sufficiente richiamare qui le poche parole di Gramsci che insegna: “Prima di giudicare (e per la storia in atto o politica il giudizio è l’azione) occorre conoscere e per conoscere occorre sapere tutto ciò che è possibile sapere”. Sapere fatti, conoscere dati e soprattutto interpretare i fatti nel loro contesto storico, politico e culturale è la premessa perché il giudizio, che dovrà concludere l’indagine, possa essere utile per il presente e per il futuro. Diversamente si tratterebbe di una mera esercitazione ideologica e per i comunisti l’ideologia segue e non precede la realtà materiale. Dai fatti oggettivi si
traggono (o meglio si estraggono) le idee, che a loro volta, se coerenti con la realtà, potranno cambiarla per il futuro. Il primo tema, invece è assai più difficile perché è profonda-
mente radicato nel sentimento comune, al punto da doverlo qualificare come postulato (in termini religiosi: dogma; vero senza possibilità di dimostrazione). Il dogma è che, quali che siano le dimensioni dei fenomeni socio-politici in discussione, c’è sempre una figura, unica e solitaria, che assume e assorbe su di sé tutti i pregi (assai raro) o tutte le colpe (rego-
la costante). Due conseguenze di questo “non pregevole” assunto: l’eliminazione del capo risolve ogni problema; eliminato il capo tutti gli altri, in ogni modo già coinvolti nei problemi, escono puliti e indenni; il che significa, e questa è la conclusione culturalmente e politicamente “devastante”, che il problema è (o era, se già rimosso) il capo. Il capo diviene quindi il “capro” espiatorio di tutto e per tutti. Ebbene, per quanto siano gravi e mostruosi i fatti denunciati, non esiste mai il mostro singolo, bensì quei fatti mostruosi sono sempre il prodotto di un complessivo “sistema” che li rispecchia. Eliminare il capo, cioè sacrificare il capro espiatorio, non solo non risolve i problemi ma li nasconde, sicché rende possibile la loro ripetizione nel futuro, magari in forme apparentemente diverse ma sostanzialmente identiche, solo aggiornate al nuovo contesto. Brevemente: il nazismo, in tutte