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FINO ALLE RADICI Stai per leggere Cassandra. Cerca di tenere un libro aperto sul banco, così la profe non si accorge. Tu stai per leggere Cassandra e io sto per scrivere un editoriale. Non pensavo fosse così difficile, quelli di Pietro si leggevano come si guarda un ruscelletto che scorre. Lui mi ha detto che quando scrivi un editoriale devi pensare a quello che Cassandra è per te e per tutti quelli che ogni sabato in 6’ ora incontri in aula magna. Fidati, io lo so cos’è Cassandra per me, solo che adesso Teli sta interrogando la Agazzi e la sua voce impanicata mi disturba i pensieri. Facciamo un gioco: leggi Cassandra, leggila tutta, e poi vediamo se capisci cos’è per noi, se arrivi alle RADICI. Io ti spiego solo come ci si sente a scrivere un articolo. Innanzitutto muori dalla voglia di gridare al mondo (sarpino) cosa ti frulla nella testa, ma sei terrorizzato: e se scrivi male? E se sei noioso? Allora cerchi di rendere quei 2300 caratteri un po’ accattivanti, un po’ come sto facendo io ora. E poi Cassandra esce, arriva nelle aule e più o meno tutti si prendono la loro copia da leggere durante un’ora noiosa. Ecco, la tua ce l’hai sul banco. Ora volta pagina e leggi questo numero fino alle RADICI. Sara Latorre, III D


Sarpi - Ritorno al futuro: filosofia fino al midollo - Settembre è già finito -Fuso orario: Tu vuo’ fa’ l’ ammeregano

Attualità - Lasciare le radici - Il cervello immortale - Uomo o donna? Questo è il dilemma

Cultura

- La mia realtà -radici - Due lune - The arts saved me

Narrativa - 1981 - 10 minuti - Radici

Sport

- 17 -Talenti in fuga

Terza pagina - Radish! -Se sei biondo - Ipse dixit


RITORNO AL FUTURO

sarpi

Filosofia fino al midollo

"Non si legga in fretta il libro dell'Efesio Eraclito. Stretta la via, difficile il passaggio. Profonda notte e oscurità. Ma se è guida un iniziato ai misteri, più del sole fungente è limpido". Il monito di Eraclito, filosofo oscuro quanto illuminante, non hanno mai smesso di interrogarmi. Purtroppo la pazienza è una virtù che non mi appartiene. Infatti, ho sentito per la prima volta la parola "Filosofia" a quindici anni quando Bianca Mariano, storica docente del Sarpi, teneva una lezione proprio su Eraclito e sul Logos Abissale. Uscita dall'aula credevo di aver capito cosa volessi fare nella vita. In una crisi tra il mistico e l'adolescenziale esclamai nel mezzo di un corridoio sarpino il mio proposito di diventare una

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grande filosofa, suscitando un sorriso di compatimento in un gruppo di liceali (considerati allora da me intellettuali di spicco, niente da invidiare a Sartre o a Camus, per capirci) che mi stavano accanto. Io, Giulia Zaccaro, mi sarei inabissata nei meandri dell'anima per capire cosa ci stava dietro. Tempo qualche mese e contemporaneamente al mio amore per la disciplina nasceva anche il mio senso di inadeguatezza verso di essa. Nel furore dello studio avevo dimenticato di pormi una semplice domanda: che cosa cerco? Quale risposta posso trovare se non so nemmeno cosa chiedo? Di tutto quello che leggevo non capivo quasi nulla. Me lo ricordo come un momento frustrante in cui ho dovuto fare i conti con il genio che non ero


ciari (la mia breve parentesi al San Raffaele è servita a qualcosa) mi disse una volta che filosofo è chi si prende cura di ciò che lo inquieta e colui che guarda alla mancanza che lo abita senza spaventarsi. Tra l'Io che interroga e il mondo che tace nasce l'Assurdo, ripete senza sosta Albert Camus nel mito di Sisifo (attraversate questo testo, qualunque facoltà voi scegliate). Nessuna risposta metafisica, nessuna trascendenza a buon mercato calmano lo sgomento che nasce quando si prende consapevolezza di ciò. Ma la cultura, questa cosa che l'uomo crea per sopravvivere all'Assurdo del mondo, è proprio questa lotta per un'esistenza che possa dirsi sensata. Sempre Camus era convinto che una sola questione fosse sincera: se valesse o meno la pena di vivere. Certo, incipit molto provocatorio, ma non credo avesse torto. Non c'è distinzione tra vita e cultura. Anche la lotta verso la cima basta a riempire in cuore umano. Se volete iscrivervi a filosofia, non abbiate paura e fatelo. Ne vale sicuramente la pena. Nonostante momenti di crisi profonda con tutto il mondo filosofico, non rimpiango un solo momento di aver comprato quel giorno il libro di Eraclito e di

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sarpi

affatto e che credevo di essere. È passato qualche anno da quando ho smesso di credere che la Ragion Pratica fosse la versione semplificata della Ragion Pura, per il semplice fatto che l'aggettivo "pratico"mi incuteva meno terrore di "puro" o da quando sostevo che Heidegger fosse il mio filosofo preferito perché mi piaceva il nome. Mi sono iscritta a Filosofia, vincendo molto nietzschianamente lo spirito di gravità che mi ripeteva di non farlo perché non me ne credevo all'altezza. Ma non sono molto diversa da quella quindicenne con manie di grandezza e ogni giorno, andando in università, entrando nelle aule o davanti alle pile di libri della mia libreria, mi chiedo: quale è la mia domanda? I momenti in cui riesco a formularla sono attimi luminosi anche se di grande solitudine interiore. Le domande sono sempre un sentiero, diceva Martin Heidegger. E lasciare che queste si presentino è l'autentico gesto filosofico. Filosofare è per me mettere in dubbio l'ovvietà. È permettersi a se stessi di provare perplessità di fronte al quotidiano. Semplice variazione di sguardo, passo indietro per ritirarsi anche per poco da quello che si dà per scontato. Massimo Cac-


averlo divorato senza capire nulla. Siate grati alle vostre domande anche se sembrano stanze chiuse a

chiave. Siate pazienti e vivete ogni cosa. Giulia Zaccaro

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Settembre è già finito

Il treno delle sei e quaranta, quando tutto ancora tace e la stazione è silenziosa e deserta. L’aria afosa dell’Atb e la vana speranza di un soffio d’aria fresca. Il quartino che non ha ancora imparato che sull’autobus deve togliere lo zaino e appoggiarlo per terra, magari rischiando di non trovarlo più quando deve scendere. Pensare di essere intrappolati fra una marea di ragazzi che compongono un muro fra te e la porta, che viene guardata con aria malinconica sognando libertà. Le salite alle sette e quaranta, quando il cervello non ha ancora ben capito come muovere le gambe e la sensazione di avere l’agilità di un anziano che ha già mosso miliardi e miliardi di passi e può concedersi il riposo tanto atteso. L’espresso poco zuccherato per evitare di cadere nelle dolci braccia di Morfeo. La versione le prime due ore del lunedì, quando a malapena riesci a scrivere il tuo nome. Le scritte sui banchi e la nostalgia del cuscino. L’intervallo, a cui ancora

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non ti abitui, fra la seconda e la terza ora. La terrazza, il vento, il sole, la fila alle macchinette e gli sguardi rubati. Il paninaro che non c’è più e se sei una ragazza hai smesso di sperare nella focaccia un po’ regalata. Ritornare in classe e pensare di fare una colletta per un orologio da parete, perché il compagno non ti vuole più rispondere quando chiedi l’ora. Il secondo intervallo, le colonne e il bagno troppo affollato. La biblioteca, posto sicuro quando non si sa più dove andare e si ha voglia di stare un po’ con i propri pensieri e i propri ricordi. Gli ultimi minuti e l’impazienza. L’ultima campanella, le risate e le chiacchierate che ti restituiscono energia. Finalmente la discesa e la tranquillità. E poi l’Atb perso. Rimanere ad aspettare sulle mura, guardare le macchine allontanarsi, osservare gli alberi e sperare che non ti cada in testa un riccio. Tornare in città bassa e avere talmente tante cose da raccontare e alla fine non dire niente, perché nemmeno si sa come


iniziare. Avviarsi verso la stazione e sentirsi maniaci di igiene dopo essere saliti sul treno, ma smettere di preoccuparsene dopo cinque minuti perché si vuole solo andare a casa. La giornata è già finita, il pomeriggio è ormai passato in un modo o nell’altro, su quaderni di greco o libri di chimica, fra i famosi messaggi “Non ce la faccio più, non mi ricordo niente” e la voglia di dormire, fra i ritrovi al parchetto durante i quali ripeti ancora le declinazioni di latino perché il giorno dopo hai l’interrogazione. E poi nei momenti di malinconia sperare di

poter riprendersi il tempo, perché scorre via inafferrabile come l’acqua dalle mani, illudersi di poter rivivere ore e giorni attraverso fotografie e aver voglia di tornare indietro perché quando si è felici il tempo non basta mai. Trascorrere gli anni più belli della vita in questo posto in cui metti le radici, un po’ inconsapevolmente e un po’ volontariamente, crescere e trasformarsi da piccolo e insignificante seme a un’imponente pianta. Ricominciare. Settembre è già finito. Chiara Ruggeri V C

FUSO ORARIO Tu vuo’ fa’ l’ ammeregano che mi sono buttato e basta. Tu vai, ti lasci alle spalle la tua vita e atterri in un altro Paese, dove dovrai farti un’altra vita, anche se non per sempre. Trovi un letto preparato per te, una famiglia pronta ad accoglierti e ti senti già a casa. Certo, i primi tempi hai nostalgia e parli inglese come un beduino nel deserto, ma stare a pensare ai tuoi affetti lontani non ti aiuta: devi lasciarti andare. Partire da zero in un posto che non

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Il 29 luglio 2014 sono partito per il Kentucky e ci sono rimasto 10 mesi per frequentare un anno di scuola all’estero. A pensarci mi vengono i brividi: ho fatto tante cose, conosciuto tante persone, visto tanti posti.Il 29 luglio dovevamo trovarci a Malpensa. Quando ho dovuto salutare i miei genitori non mi sono reso conto di quanto tempo sarebbe passato prima di poterli riabbracciare. Ero talmente eccitato


conosci ti porta a stringere dei rapporti molto più forti di quelli che si stringono normalmente: alcuni amici con cui ho passato solo 10 mesi li avrò nel cuore per tutta la vita, molti dei miei compagni di classe che conosco da 5 anni spariranno dalla mia memoria appena dopo il diploma. Alzarti ogni giorno e dover parlare una lingua non tua in un posto non tuo ti fa sentire grande, ti fa dire “ehi, fino a qui ci sono arrivato con le mie forze”. Però devi metterci del tuo: devi cercare di conoscere gente, fare cose, vivere. Io non mi sono mai sentito così vivo come in quei 10 mesi in Kentucky. Amo l’Italia, ma qui non mi sembra che tutti i miei sogni si possano realizzare, là invece ci credevo.

Ho incontrato tanti idioti, tanti che mi hanno fatto domande tipo “In Italia ci sono le nuvole?”, ma quest’esperienza mi ha fatto il più grande regalo che si possa ricevere: mi ha insegnato ad avere fame di tutto (e non sto parlando dei kg che ho preso). Mi ha insegnato a meravigliarmi di ogni cosa, a cercare di imparare da tutto e da tutti. Non so dove ho letto una frase: “You build a life for several years and you leave it for ten months, then you live a life for ten months and you leave it forever: which one is harder?”. Alberto Gualdi, III D (con l’indispensabile aiuto di Sara Latorre, IIID)

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Lasciare le radici

Abbiamo deciso di osservare il fenomeno dell'emigrazione da un punto di vista diverso,quello di chi l'ha vissuta in prima persona. Ci siamo chieste quanto possa essere difficile lasciare le proprie radici e partire verso un futuro incerto e, in alcuni casi, tutt'altro che idilliaco. Ecco quindi un' intervista a Mamadou, un immigrato senegalese in Italia dal 2002, il quale ci mostrerà

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le ragioni, le sensazioni e le verità che si celano dietro questo viaggio, che sempre più spesso viene intrapreso. 1.Quali sono i motivi che ti hanno spinto ad emigrare? Sono tanti. Alcuni hanno scelto di emigrare per la difficoltà nel trovare lavoro o nel sopravvivere, altri scappano dalla miseria e dalle guerre. Io non ho scelto di emigrare, perché in


fatto vedere questo. Mi fa provare vergogna vederli venire qui così. Io non lo farei. Penso che la situazione si stia gestendo con dei problemi… la vita di una persona, bianca o nera, non ha prezzo e invece c’è una mafia che guadagna su queste cose. Bisognerebbe farli restare nel loro Paese, dove il lavoro non manca, e dove possono coltivare il sogno di realizzare un futuro migliore, cosa che molti pensano di costruire raggiungendo l’Europa. E’ qui il problema: una volta parlavo con un ragazzo e gli ho detto: “Anche gli italiani emigravano, ma sapevano che nel Paese dove andavano avrebbero avuto un lavoro. Venendo qui senza esso invece fai fatica a sopravvivere, devi andare in giro per chiedere da mangiare: non ne vale la pena. L’unica soluzione è tornare indietro”.Per tanti però è una vergogna, perché hanno lasciato la miseria e tornare senza nessun soldo in mano è ancora peggio. Io non ho scelto di vivere tutta la mia vita qui, voglio anche realizzare qualcosa nel mio Paese, fare crescere la mia famiglia, così i miei figli sapranno quello che ho fatto per loro. Carmen Musitelli ,VE Federica Pirola, IIE

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attulità

Senegal avevo un lavoro (maestro di scuola elementare), poi, quando ho ottenuto il visto per venire a scoprire l’Europa, sono partito. Alla fine mi sono trovato in Italia e ho cercato un posto di lavoro, visto che qui riuscivo a guadagnare più di quanto prendevo nel mio Paese (€ 175/180 al mese), per poter sostenere la mia famiglia, mia mamma, i miei fratelli, le mie sorelle. Spesso una sola persona lavora e questa deve mantenere tutti. 2.Perché hai scelto l’Italia? Io sono venuto qui grazie al visto, per il quale il mio lavoro mi permetteva di fare richiesta e con questo ho avuto più facilità a salire in Italia, uno dei Paesi più accoglienti e che ha più tolleranza. 3.Cosa ne pensi del flusso di migranti in arrivo? Come pensi si stia affrontando la situazione? La risposta che posso darti, come africano, è che secondo me non è una cosa normale. Mi rincresce vedere i giovani che hanno scelto di emigrare non attraverso vie usuali ma affrontando il mare, dove spesso muoiono. Loro hanno l’abitudine di dire “andare avanti e morire, tornare indietro e morire”. Pensano che in Europa possano avere tutto, perché in televisione gli viene


attulità

Il cervello immortale Vi sarà già arrivata all'orecchio la notizia tanto sconvolgente quanto intrigante del fatto che Sergio Cadavèri, neurochirurgo e professore dell’Università di Torino, ha scritto un libro, "Il Cervello Immortale", in cui annuncia il progetto di trapiantare la testa di un uomo su un nuovo corpo entro due anni. Il libro affronta non solo la parte scientifica dell'intervento, ma evidenzia che ormai esso è Scienza, non più Fantascienza. Il progetto di Cadavèri prevede in Cina nel 2017 (poichè l'Italia non ha aderito) il primo trapianto di cervello. Esiste anche il "Progetto Avatar", sostenuto da Itskov, un milliardario russo, per creare nel 2025 il primo cyborg, ovvero impiantare un cervello su una

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macchina. Prima di tutto, per capirci meglio, trapiantare un cervello consiste letteralmente nel prendere la testa di un paziente e "attaccarla" sopra il corpo di un donatore. Quindi, il trapianto di cervello avviene grazie ad un donatore che è cerebralmente morto e dal quale non si prende un singolo organo, ma tutto il corpo. E dunque come si potrebbe non cominciare a farsi domande sull'argomento? Ammetto che la mia prima reazione è stata di paura. Chi non ne avrebbe? Non siamo più nei film di fantascienza, nè possiamo pensare di paragonare tutto questo a un possibile "Frankenstein".Questa è la realtà di oggi, in cui la scienza ci dice che la morte non ci deve più spaventare, che la


potrei farlo? Certamente il trapianto di cervello in sè nasce col fine di salvare la vita a qualcuno che soffre di una malattia che la medicina non riesce a curare, ma il fatto che molti transessuali si suicidino solo per il fatto di esserlo, non deve essere un elemento da prendere in considerazione? Molti uomini identificano l'essere umano come un equilibrio tra corpo e spirito. Se il mio cervello venisse trapiantato in un corpo altrui, questo equilibrio esisterebbe ancora? Cosa succederebbe a livello della nostra psiche e dei nostri comportamenti? Mi domando dunque: questo intervento è davvero un passo in avanti della scienza nello studio del corpo umano? O è solo un tentativo sì, molto ambizioso, ma che potrebbe completamente ribaltare tutti i nostri principi, tutte quelle RADICI morali e del nostro essere biologico e umano, già poco saldamente fissate nella società odierna? Quando l'ambizione e la ricerca umana si traducono in tracotanza? Lascio a voi la risposta. Alessandro Comi, I E

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attulità

vecchiaia e le malattie non sono più un problema, perchè si troverà la soluzione a tutto. Potremmo paragonare questo intervento al primo trapianto di cuore. Molto fu lo stupore, ci furono pro e contro, ma si fece comunque e con successo. Notiamo come oggi attrezzature o metodi utilizzati per quell'intervento siano stati sviluppati e velocizzati. Si può supporre quindi che il trapianto di cervello, se andrà a buon fine, in 50 anni sarà accessibile ad ogni persona, come un comune trapianto. Ma quali sono i parametri? Come fare a scegliere il "cervello giusto"? Questo intervento potrebbe dare un nuovo inizio alla parola "Immortalità"? Come evitare quindi che il cervello che viene trapiantato appartenga a, per esempio, un futuro Hitler, rischiando così una sorta di "Immortalità del Cretino"? Guardando il tutto a livello sociale e etico, sorgono ulteriori domande. Se io, uomo 60enne, potessi trapiantare il mio cervello in un corpo di un 20enne, che effetti comporterebbe? Arriverei addirittura ad essere più giovane di mio figlio, ma con una mente più vecchia! E ancora, se fossi un transessuale che da un corpo maschile vuole trasferire il suo cervello in uno femminile,


attulità

Uomo o donna? Questo è il dilemma

Negli ultimi mesi si è molto parlato della cosiddetta "teoria del Gender", ritenuta però inesistente da molti. Esistenti sono sicuramente i gender studies, sviluppati negli anni '60 come supporto al femminismo e in seguito a tutti i movimenti lgbt. Questi studi sostengono l'uguaglianza tra uomini e donne, eccezione fatta per l'aspetto fisico, formulando la differenza tra sesso, costituito dal corredo genetico, e genere, dovuto a influenze e interazioni socio-culturali. Alla luce di ciò il genere, in quanto "fluido e intercambiabile", può essere scelto da ciascun individuo sulla base delle sue inclinazioni, indipendentemente dal sesso. Diventa quindi un diritto e un atto di libertà il cambiamento del sesso biologico tramite interventi chirurgici e cure ormo-

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nali. Sorge tuttavia un problema: gli studi di genere non hanno alcuna base scientifica. Anzi, la scienza sembra dimostrare il contrario di quanto viene affermato. Harald Eia, documentarista norvegese, ha girato un documentario per spiegare un paradosso del suo Paese: la Norvegia presenta il più alto livello di parità di genere nel mondo e quindi, secondo i gender studies, non vi dovrebbero emergere sostanziali differenze comportamentali tra i sessi. Nonostante ciò le scelte lavorative maschili e femminili sono molto diverse e più marcate che in passato. Il motivo sta nel fatto che uomini e donne sono diversi, fin dai primi giorni di vita quando non possono essersi ancora verificate influenze di sorta; ciò viene chiaramente dimostrato dagli


studi dei molti scienziati intervistati, tanto che, in seguito alla pubblicazione del video, furono tagliati i fondi al Nordic Gender Institute. Siamo diversi, ma ciò non significa che non siamo egualmente importanti. Ma, se questi studi non hanno nulla di realistico, perché in molti documenti internazionali si fa riferimento ai gender studies? Perché nei più recenti programmi italiani d'istruzione si parla di contrasto alle discriminazioni di "genere" e non di "sesso"

come nella nostra Costituzione? A mio parere la risposta va cercata nel sempre crescente desiderio di violazione dei limiti e di onnipotenza dell'uomo moderno e nell'enorme giro di affari che gli studi di genere mettono in moto. Giovanni Donghi , I A

La mia realtà pittrice troviamo i suoi genitori e sopra essi, come dei rami, si biforcano gli avi materni e paterni di Frida. Al di sotto degli avi materni sono raffigurate delle montagne messicane, mentre sotto quelli paterni una distesa marina. Le montagne simboleggiano le origini indie dell’artista e l’oceano quelle europee. Partendo da se stessa, invece che farci scendere, l’autrice ci fa salire lungo il tronco dell’albero della sua vita e ci fa raggiungere le sue radici. Con questo quadro Frida è riuscita a esprimere la sua essenza e le sue origini. Le stesse origini che hanno

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cultura

Ispanica, messicana, ungherese, ebrea e amerinda. Le radici di Frida Kahlo sono molteplici, come sono molteplici i quadri in cui raffigura la sua famiglia, o le sue origini. Un quadro in particolare esprime perfettamente l’idea di radici che l’artista vuole mostrare: si tratta di “I miei nonni, i miei genitori ed io”, dipinto nel 1936, racconta la storia della famiglia di Frida. Il quadro rappresenta un albero genealogico della famiglia dell’artista. In primo piano troviamo una Frida bambina, la quale tiene fra le mani un nastro rosso che fa da cornice al dipinto. Rappresentati sopra la


influenzato per tutta la vita il suo modo di dipingere e di essere, che l’hanno spinta a dipingere non i suoi sogni, ma la realtà della sua condizione. Credo che questo dipinto sia quello che rappresenta più di tutti la natura dell’artista, quella stessa natura che l’ha resa la donna che è

diventata. Una donna forte, emblema di indipendenza ed emancipazione, ma anche una donna in grado di provare sentimenti come la passione e l’amore. Eleonora Valietti, II E

cultura

Radici "E tu cerchi là le tue radici, se vuoi capire l'anima che hai" L'uomo vuole una risposta a ogni problema e non smette mai di interrogarsi con parole "troppo grandi per un uomo". La memoria sa molto più di te e forse la risposta sta solo là, nella casa d'infanzia, negli angoli polverosi delle strade, in quei luoghi testimoni di ogni momento. Questo è ciò che racconta "Radici" di Francesco Guccini. E' un disco importante per ognuno di noi e, per quanto molti giovani possano pensare che sia vecchio, ogni canzone è più attuale che mai, dall'omonima "Radici" alla più famosa "Locomotiva" e lo sarà probabilmente anche fra trent'anni.

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Questo perché l'uomo ha ricordi da sempre e li avrà per sempre, così come si farà sempre delle domande. Guccini, in realtà, non ci dà nessuna risposta ma ci dice dove dobbiamo cercare, il che è forse molto più importante. Ci dice che il ricordare è la risposta stessa che ognuno di noi cerca. Ci parla di memorie e ricordi non troppo nitidi, ma vivi. Ricordi vivi e un pizzico di nostalgia. Mantenendo pulita la linea di chitarra e voce ci racconta che il passato è la chiave per reagire al presente (e così abbiamo una risposta anche per Aimone, che se lo chiede da un po') Quindi, chi non ha ancora capito,


chi non ha trovato le risposte, dovrebbe provare a cercarle qua. Chissà, magari fra qualche tempo ripescherete questo Cassandra dalla libreria polverosa, vi ricorderete dei vostri quindici anni, delle vostre

radici, e forse darete ragione a queste parole: "Le tue radici danno la saggezza e proprio questa è forse la risposta" Clara Gerelli VC

Due lune

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cultura

dido!”, “Fantastico!” o “Eccezion“Due lune” è la storia di Salamanca ale!”, trasmettendo ai suoi alunni Tree Hiddle, ragazza di tredici anni, la passione per ciò che insegna. che intraprende un viaggio con i Mary Lou Finney e suo cugino Ben, nonni di origine pellerossa, alla compagni di classe di Salamanca, ricerca della madre scomparsa. Du- con una famiglia del tutto fuori dal rante il viaggio Salamanca racconta comune. La cieca signora Patridge, ai nonni le strane avventure vissute che posando le mani sul viso delle con la sua amica Phoebe, conosciu- persone, intuisce la loro esatta età. ta da poco a seguito del E Phoebe, la migliore trasferimento con suo amica di Sal, sulla cui vepadre in una nuova città. randa compaiono strane La rielaborazione di buste contenenti inquiquesti eventi permette a etanti messaggi e la cui Sal di giungere fino alle madre parte senza preavradici del rapporto con la viso. Alla fine Salamanca madre. Nella storia, tra i e Phoebe scopriranno tanti personaggi, troviche non bisogna mai dare amo la vedova Margaret giudizi affrettati; non Cadaver, nuova fiamma autore: Sharon Creech prima, almeno, di “aver del padre, che armeggia camminato nei mocassini in giardino sotterrando oggetti mis- dell'altra persona per due lune” teriosi. Il professor Birkway, stravacome dice un vecchio proverbio gante insegnante di lettere che ha pellerossa. La narrazione è scorrevl’abitudine di esclamare “Splenole e coinvolgente sin dalle prime


pagine e la presenza dei due nonni nativi americani sostiene in parte l’inatteso finale. È una bella storia di amicizia e di crescita, che vede due ragazzine fantasiose alle prese con segreti e bugie del mondo adulto. Questo libro è stato scritto da Sharon Creech ed ha vinto importanti premi di letteratura per ragazzi, come la Newbery Medal negli USA. Della stessa autrice è il libro “Il solito, normalissimo caos”, incentra-

to sull’approfondimento di uno dei personaggi secondari di “Due lune”: Mary Lou. Consiglio questa lettura a chiunque sia appassionato di libri che parlano di viaggi (sia reali che metaforici), misteri e amicizia. Costanza Rossi, IV C

cultura

The arts saved me

Immaginatevi una bambina di 8 anni a Mazatlán, México, che durante il divorzio dei genitori si trasferisce negli USA. Purtroppo si ritrova impreparata per il trauma che lo shock culturale, il razzismo e i pregiudizi la porteranno ad affrontare. Questa bambina è presa in giro perché diversa, ma questa non è la storia di come le persone possano essere crudeli. Questa è la

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storia di una donna che nonostante le avversità della sua infanzia è riuscita a realizzarsi e ad amare la propria vita. “The arts saved me”: così Sara Ramirez, attrice e cantante messicana naturalizzata statunitense, alias Calliope Iphegenia Torres in Grey’s Anatomy, esordisce nel suo discorso per la Human Rights Campaign. In questa conferenza racconta la pro-


pria storia, da bambina emarginata a celebrità. Le avversità che ha vissuto nella vita reale, in fondo, sono molto simili a quelle che la dottoressa Torres, il ruolo da lei interpretato, affronta nella serie televisiva: infatti questo personaggio, una donna latinoamericana bisessuale, affronta le discriminazioni e i soprusi con un successo nell’ ambito ortopedico pari a quello raggiunto dalla sua interprete sul set. L’ attrice nel suo discorso ricorda tuttavia anche chi non è stato in grado di vivere la propria vita, sopraffatto dall’ odio omofobo o razzista; infatti solo negli U.S.A. nelle prime sette settimane del 2015 sette donne transgender sono state uccise, un lavoratore immigrato è stato brutalmente ucciso dalla

polizia senza motivo e alla fine dell’ anno precedente Leelah Alcorn, giovane ragazza transgender, discriminata dalla società, si è suicidata. Dopo tutte queste morti ingiuste, l’ attrice chiede che le cose cambino. Ricordando che tutti hanno il diritto di amare ed essere amati. Sostiene infatti che per crescere e realizzarsi chiunque ha bisogno di potersi fidare e di poter contare sul sostegno di un proprio “ villaggio”, un gruppo di persone che ci supporta e ci appoggia nelle difficoltà, che ci accetta per quello che siamo e ci incoraggia a diventare ciò che vogliamo. In fondo, anche una pianta per crescere ha bisogno di tutto il sostegno delle sue radici. Anonimo

1981 annebbiata e confusa. Sono uno straccio, non ho più forze. Non so cosa sia andato storto stavolta: ero così sicura che ce l'avrei fatta ma, come ormai dovrei essere abituata, le mie speranze sono morte come il personaggio del ruolo che avrei dovuto interpretare. Anche oggi, in questa gelida serata autunnale,

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narrativa

Brancolo nel buio da ormai troppo tempo, camminando senza la minima idea di dove mi trovi; in lontananza riesco solo a scorgere delle luci flebili, e sembra che si stiano spegnendo lentamente. Come me. I piedi doloranti, le gambe stanche, lo stomaco vuoto, le spalle cariche di borse, gli occhi lucidi, la mente


mentre vago senza meta, rifletto per l'ennesima volta sul perché. Ma perché di cosa? Beh, ci sono fin troppi perché ai quali dovrei essermi risposta già da tempo. Come il perché me ne sono andata. O il perché continuo a fallire. O semplicemente, perché non ne sono più sorpresa. Questo susseguirsi di cadute e "mi dispiace ma cerchiamo qualcosa di diverso" mi porta sempre ad un bivio di sensazioni, rassegnazione o delusione; la verità però è che io vorrei davvero rassegnarmi così da non provare più nulla, ma ad ogni NO è come se fosse la prima volta. Fa male come se fosse

la prima volta. E io inizio a non farcela più. Mi sono sempre ripetuta che la volta buona sarebbe arrivata, che ce l'avrebbe fatta; ed ora eccomi qua, sperduta dentro me stessa. Non mi sento più, è come se avessi perso tutto questa volta. Continuo a camminare, le forze mi stanno abbandonando. Solo un pensiero, carico di rimorso e malinconia, mi attraversa la mente. Solo uno. L'unica cosa a cui riesco a pensare ormai da tempo. Voglio tornare a casa. Beatrice Duina VC

arrativa

10 Minuti 21.55, 29 marzo 5102 “Claire, hai visto? L'auto non si accende...” “Riproveremo più tardi allora. Richiamami quando possiamo partire” Mark fissava l'auto, immobile. L'auto non era la nostra automobile, ma era il mezzo di trasporto più efficiente al mondo, in grado di compiere il giro dell'intero pianeta in soli otto minuti. Il mondo era ormai solo una distesa di terre aride, macchiate qua e là da immense distese di case e palazzi.

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Nessuno però aveva mai visto tutto ciò dato che tutti indossando sempre il casco: un dispositivo in grado di distorcere la realtà per renderla più bella e gradevole. Come per un istinto interiore, la mano di Mark salì al casco e lo spense. Lo schermo sul viso di Mark rivelò due occhi grigio spento. Mark stava facendo quello che nessun uomo faceva più da tempo e che nessuno avrebbe più fatto in seguito: Mark stava pensando... Pensava al suo mondo, un mondo


bellissima scenografia che copre il vuoto infinito di un'esistenza vana. Il corpo di Mark era immobile e così il suo sguardo, ma dai suoi occhi si poteva vedere l'ondata di tristezza che lo aveva travolto. Quella che aveva vissuto finora non era vita, quella che aveva provato finora non era felicità, ma proprio ora aveva provato la tristezza e il dolore. Subito un'altra onda forte come la precedente scaturì dal suo intero e lo travolse e nei suoi occhi comparve una scintilla di forte determinazione. Era la consapevolezza che la vera felicità esisteva realmente da qualche parte e che quindi lui poteva trovarla! Improvvisamente l'auto si accese. Mark si scosse e riattivò il casco, chiamò Claire e partirono. Erano le 22.05. Non era rimasto niente del suo pensiero. Ogni cosa era stata rimossa dalla sua memoria: in fondo perché ricordare questi inutili sogni al posto di tutte queste esperienze divertenti? Luca Vezzoli IA

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narrativa

in cui grazie alle macchine e ai computer si era arrivati a risolvere qualsiasi problema e a raggiungere qualsiasi obbiettivo, persino quello di rendere felici gli uomini. Li avevano sollevati da mansioni e doveri, eliminando così ogni fonte di preoccupazione e grazie ai caschi riuscivano a prevedere cosa avrebbe reso felice ciascuno. Le attività offerte dalla tecnologia erano sempre divertenti, ma, per evitare che diventassero noiose, avevano tutte una durata massima di 10 minuti. I film per esempio erano di soli 9 minuti, ogni dormita di 7, anche l'educazione occupava pochissimo tempo e tutte le azioni erano progettate col solo fine di rendere ognuno felice. Mark ripercorreva mentalmente la propria vita, ma non ricordava un granché, dato che la memoria umana si era molto ridotta, e subito gli balenò davanti agli occhi un triste e nero presentimento: iniziava a domandarsi se avesse mai fatto qualcosa di veramente importante. Sentì dentro di se come uno schianto, il rumore secco di un tronco che si spezza, il boato di un palazzo che rovina al suolo, l'urlo disperato di un mondo che crolla su se stesso rivelando la sua vera natura: una


Radici

Radici che pulsano nel terreno come vene; l'uomo che cammina scalzo

trattenuto dalle radici terrene. Le sue dita sono giĂ intrecciate a granelli di vita

percepisce il battito del mondo. Il suo corpo teso

e si china perso nell'intrico di questa follia.

freme,

Ma tu non crederesti mai

mentre le pulsazioni si levano dal suolo.

che ogni volta, l'uomo,

Affonda i piedi nudi nella terra argillosa,

guardando il cielo,

impregnata d'acqua e cenere

pianga.

e protende le braccia verso l'alto.

arrativa

Le mani annaspano in cerca di appigli, si avvinghiano al vuoto, vorrebbero mutarsi in radici celesti. L'uomo tenta di sollevarsi, ma cade,

20 | Ottobre 2015

Lara Bortolai VC


17all'ospedale di Nizza. È il 21 luglio. Sto scrivendo questo articolo poco dopo aver visto le foto del funerale di Jules Bianchi. I piloti della Formula 1 hanno portato la bara. C'erano tutti. Vergne in prima fila, da sempre amico e sostenitore di Jules, poi Massa, Maldonado, Vettel, Grosjean, Hamilton, Rosberg, Sutil e gli altri.

Ottobre 2015 | 21

sport

A ottobre ci fu l'incidente. Sutil uscì di pista a Suzuka, Giappone, sotto una pioggia battente, non si vedeva nulla, anche dal televisore si faticava a scorgere le macchine. Entrò un muletto per spostare la Sauber dal guard rail e nello stesso identico punto la Marussia di Bianchi andò a schiantarsi. Finì sotto le ruote di quel muletto di cui la FIA se ne lavò le mani. Rimase in coma per mesi, con la speranza sempre più debole che potesse risvegliarsi. Ma la notte tra il 17 e il 18 luglio si è spento

Jules Bianchi è stato un pilota di Formula 1, era uno in gamba, senza troppe pretese. Ha portato i primi due punti alla Marussia nel Gran Premio di Monaco, punti che hanno permesso alla piccola casa di continuare il suo percorso. Quel giorno anche io ero stupita, una Marussia in nona posizione non si era mai sentita. Aveva scelto il numero 17. La FIA -quella stessa FIA che si è autogiudicata innocente- ha ritirato il numero, nessun altro potrà sceglierlo. Bianchi sarà sempre ricordato con James Hunt, Graham Hill, Jacques Villeneuve, Ayrton Senna e tutti gli altri che sono morti dopo essere diventati grandi nella Formula Uno. Ciao Jules. Selene Cavalleri IIIE


sport

Talenti in fuga Xherdan Shaqiri ha la faccia da duro di un ragazzo che ne ha viste passare tante davanti ai suoi occhi. Nato in Kosovo nel 1991, infatti , il giovane talento naturalizzato svizzero, ex Bayern Monaco e Inter ed ora in forza allo Stoke City, è dovuto emigrare in tenera età a Basilea , in Svizzera, a causa dei problemi economici e non solo della sua famiglia. Il “Messi delle Alpi” ha esordito nel 2010 con la nazionale svizzera, ma ha sempre mantenuto uno stretto legame con la sua patria. Nel gennaio del 2015, la Nazionale kosovara ha disputato la sua prima partita ufficiale. Shaqiri ha subito manifestato il desiderio di passare alla nazionale del Kosovo, ma questa possibilità gli è stata negata, avendo lui già disputato partite ufficiali con la Svizzera. Molto simile, ma con un finale diverso, la storia di Lorik Cana, centrocampista albanese, ex Lazio e tuttora militante tra le fila del

Nantes, Francia. Anche Cana dovette scappare da bambino in Svizzera con la famiglia, ma quando si trattò di scegliere la Nazionale, avendo la cittadinanza in vari paesi tra cui Francia, Svizzera, Kosovo e Albania, lui optò per la natale Albania. Cana è rimasto molto legato alla sua terra, e ha sovvenzionato progetti per costruzioni di scuole e ospedali in Kosovo, ancora provincia albanese. Egli insomma non ha dimenticato le sue radici, a differenza di altri calciatori con storie simili, come anche Admir Mehmedi, naturalizzato svizzero ma di origine albanesi e macedoni, e Adnan Januzaj che gioca in Belgio e di origini albanesikosovare. Alessandro Bonfanti IVE

TIPO UNA TIPOGRAFIA STRABELLA AMICA DELL’ AMBIENTE E DEL NOSTRO PORTAFOGLIO

22 | Ottobre 2015


Radish!

il fratello maggiore di Goku non ha nessuna utilità nella serie? perché poi non si hanno più sue notizie? perché basta una buona testata alla Zidane di Gohan per metterlo k.o.? A questa domanda tendo a rispondere col fatto che Toryama odiava il suo fratello maggiore e per sfogare la sua ira ha creato un personaggio inutile e stupido (e anche un po’ infame); altrimenti ricorro alla classica argomentazione delle droghe. Dato che ho iniziato con un clima,finrò con un climax: autunnalex, freddox e rigidox. Okay questa non faceva ridere. p.s. Per rassicurare Don Pasini posso dire che in realtà le bestemmie non c’erano perché i blasfemi venivano picchiati dagli animatori. Marco Balestra II E

Ottobre 2015 | 23

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Playstation uno (o due per i più fighetti), cinema dell’oratorio di Santa Caterina, più bestemmie che posti a sedere, Detective Conan, Dragon Ball. Questo climax segna i miei primi incontri con una delle serie più seguite dalla mia generazione e precedenti. La mamma diceva che era un cartone troppo violento, consequenzialmente era quello che più mi interessava (dopo la WWE ovviamente). E boh tipo qualche tempo fa mi trovo a buoneggiare sul world wide web e mi trovo sulla pagina wikipedia di dragon ball. La divoro stile Giovanni con il libriccino dell’apocalisse e mi soffermo sulla lista dei personaggi minori, tra tutti questi spicca Radish, il fratello di Goku. Radish appare nella seconda serie del mistico manga e segue il classico copione di tutti i personaggi minori: arriva è un mega duro, varia gente le prende da lui, fa qualcosa, Goku si altera, Goku lo uccide con l’aiuto di Junior. E niente questa è la sua storia. A questo punto è spontanea una domanda: perché? Perché


Se sei un cane

con prefazione di Bruttedio di Chio

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L’ esigenza necessaria a distinguere il bene dal male, disperse in una vasta gamma le possibilità anatoliche o indonesiane, ovviamente creata in una fase poco trascendentale dal Tutto, una volta esguita l’accettazione del Lio giungendo spontanea la richiesta di aiuto, il tutto finendo nella discriminazione del diverso e della sua carnificazione in banali atti anali e omoeghei. Trascesi dal tutto e chiesta una certa dose di serietà ( consequenziale all’ infinita ricerca della principale di questo periodo) illuminandosi in modo tale le aspettative a disposizione di un essere che spesso, dopo accurata analisi, si riesce a giungere ad un verbo di modo finito FIRMATO CON AFFETTO Bruttedio di Chio, insegnante di italiano futuro presso l’università di sta gran cettola. Se sei biondo e abiti in India è già un bel problema - insomma, chi ha mai visto un indiano biondo ? -, ma se sei un cane indiano biondo, beh,

24 | Ottobre 2015

sei completamente finito. Credetemi. Una persona, dopotutto, sente solo le discriminazioni degli uomini; un cane sente quelle degli umani e anche quelle dell' intero mondo animale. E quindi eccomi: solo, senza un tetto sulla testa, senza cibo, senza uno straccio di amico o di affetto. Niente di niente. Sono semplicemente un cane biondo indiano solo, discriminato, abbandonato al suo destino. Quale sarà mai la strada che il Fato ha in serbo per me ? mi chiedo mentre cammino. O Dio mio, quale strada hai deciso di farmi intraprendere ? Avanzo ancora un po' e...OUCH! Mi è caduto qualcosa in testa. Cos'è? Un braccialetto? È argento. Ah, che fame. Mi sa che me lo mangio. Beh, dai, non è così male. Se ti concentri sa di pollo. Forse un po' stantio, ma sempre pollo e WOAH! Ma dove cavolo sono ? Sono quali certo che questa non sia la strada in cui mi trovavo fino a cinque secondi fa. È un bosco. Carino: alti alberi, cespugli pieni di frutti, folletti , c'è anche un fiume...


tello. Non so leggere perché, beh, sono un cane, ma dalla lunghezza della parola sul legno sono quasi sicuro che ci sia scritto: "SONOUNMAGOCONINOMILANDIA". Non è una gran bella città. Sì, insomma: c'è un bar, una casa e un negozio di abbigliamento, ma poi niente. Entro nel bar, mi avvicino al bancone e chiedo al barista:-Ehi, sai dov'è il Golhem?-. Ho fame. Lui mi guarda e dice:-Abita lì.- e indica la casa, l'unica che c'è. Ringrazio e vado a bussare alla porta. Mi apre un waffle gigante. Me lo mangio. Una donna arriva da dentro la casa e dice:- Mi hai salvata! In cambio esprimerò un tuo desiderio!-. Visto che ho appena mangiato non chiedo cibo.-Desidero non essere più biondo.- con un suo schiocco di dita il mio pelo diventa verde. Oh merda. Panico o sua cugina, non ho ben capito

Ottobre 2015 | 25

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aspettate: folletti? Ok, ho sbagliato. Dovevo ascoltare Nonna Corgy: " Mai mangiare cibo caduto dal cielo.". Cosa c'era spalmato su quel coso? LSD? Ok, calmati, calmati. Ma come faccio a calmarmi che ci sono due dannatissimi cosi alati e dalle orecchie appuntite davanti a me?! Oh, no, si avvicinano. No, no, no, no. E adesso cosa faccio? Oh mamma. Li ignorerò. Capito, Roger: farò finta di non vederli. Sono due - Ciao! Benvenuto nella magica [magikah ndr] foresta...AH!- mangio il primo folletto. Il secondo mi guarda e mi dice: - Ma che problemi hai? Mi spieghi perché hai mangiato Sulu?- Sulu? Davvero? E come si chiamano gli altri? Spoke, Jim Tiberius e Luke? No, aspettate, Luke non c'entra nulla. O sì? Ah, lasciamo stare. -Adesso per punizione dovrai andare a salvare la nostra regina che è stata rapita da un Golhem ed è nascosta a Sonounmagoconinomilandia.Guardo il folletto, rido e me lo mangio. Ne arriva un terzo. Sono tentato di mangiare anche quello ma lui mi dice: - se salverai la nostra regina lei esprimerà un tuo desiderio!- Oh, questo si che è interessante. Accetto e tutti son felici. Dopo ore di cammino vedo un car-


Ipse Dixit Quarta/quintaddì

mi presterei

Salvi: cos’hai in bocca? Teo: io? La lingua! Salvi: ecco… dai, sputala!

*concludendo un lungo e appassionante discorso sulle dune* Fusini: …quindi se vi perdete nel deserto le dune sono un punto di riferimento pari a zero Ali la ragazza senza nome: ma… Fusini: cosa c’è tesoro? Volevi perderti nel deserto?

*correggendo una versione su Dafni e Cloe* Chiara: quindi Dafni non era una femmina? Salvi: no, eravamo ancora alla famiglia tradizionale *durante un’interrogazione* Salvi: questo è un participio, quindi come lo traduci? Ali la ragazza senza nome: *pausa* come un participio?

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Salvi: ho capito che avete quindici anni e il mondo vi chiama e vi desidera, ma anche il greco vi chiama e vi desidera! Salvi: cosa devo pensare? Teo: che sto seguendo? Salvi: sì, stai seguendo sdraiato sul banco blandamente accarezzando il braccio del tuo amico *rivolgendosi all’amico aka Ale* fossi in te io non

26 | Ottobre 2015

Fusini: questo è un esercizio per bambini con problemi! Bianchi, parlando di programmi televisivi: mi fate un esempio di programma istruttivo? Vuga: L’Eredità! II E (correggendo una versione) Moretti:"infatti per loro gli strateghi erano 15" Ele:"Ah non erano 60?" Moretti (rivolto alla classe):"Ha fatto anche un bell'esame di matematica" Sciarrotta:"qual è il disegno di HCl?" Bale:"Una provola!"


Trivia:"Tu scendi,scendi,scendi... Clara:"dalle stelle" (interrogazione di greco) Moretti:"Ipponatte significa..?" Natalia:"Domatore di cavalli.." Moretti:"Più che altro signore dei cavalli" Ele(nerd time):"della terra di Rohan" VC Profe : Vieni alla lavagna Carioni *Carioni si alza* Profe : Ma come sei alto Carioni, hai su i tacchi?! Profe : Legge Agliardi Agliardi: ehm… ehm… uno…. Profe : Ti sei dimenticato come si fa?!

Fusini: *Spiega l’atomo* Avete capito?! Perché il numero atomico mica ve lo regalano! Mazzacchera : Segnatevi quest’espressione, letteralmente significa “Ti ringrazio” Tommaso: Ti ringrazio oh mio Signoreeeee non ho più pauraaaa Mazzacchera: Ma Tommaso è un po’ di giorni che volevo chiedertelo.. è un rosario quello dentro l’astuccio?! Perché non è la prima volta che mi capita di vedere ragazzi con portafortuna o immaginette di santi come se si dovessero proteggere dal demonio, ma se ti fa sentire sicuro psicologicamente fallo pure.

Fusini: Andrea ti sei perso? Andrea: No, niente niente Tommaso: che fringuello! Candeloro: Tommy ma che fai?

Ottobre 2015 | 27

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Profe : con vostra somma gioia sono la coordinatrice di classe… contenta Radaelli? Radaelli: NO!

Allunghi le mani? E tu Letizia ti fai toccare? Letizia: Ma profe, mi dà gli schiaffi! Candeloro: Ah, adesso si chiamano schiaffi?! Perfavore ragazzi, contenetevi… figli maschi, ma non in classe!


wesen

piccole recensioni, perle di saggezza o robe così

Ci ho provato e riprovato, gli ho letti e riletti, ma questi wesen fanno schifo. L’unico bello è il mio, ma non perché è bello, ma perché è mio.”Tutto è bello, tutto è giusto. Il trash è l’ esaltazione del basso, la fine di tutto, ciò che rende arte ciò che è brutto, ciò che sta ai margini delle strade, ciò che viene deriso. Dove sono finiti i valori? Forse è meglio così, non dobbiamo più scegliere. La cosa giusta è quella che facciamo?” Mookie

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“No aspè. Ascolta Iron Sky al massimo volume sulle mura. Ora guarda il cielo e spicca il volo. “YOU ARE NOT MACHINES, YOU ARE MEN!” Giuro sono sobria. Ciao.” -Clauno visibilmente sobria e le infatuazioni per Nutini “E’ tipo impossibile da recensire perché ti fotte nel cervello. Nel senso che all’inizio dici “che scemenza” ma poi ti prende davvero. Cioè, è davvero una scemenza, però è articolata. Tipo le battute di mio padre, però fatto meglio.” -Ali dopo l’ultimo episodio di Scream Queens e l’ennesima battuta pessima di suo padre “Baby soldato Contessa ritorna esattamente com’era arrivato: a cazzo di Cani. Il nuovo atteso e inaspettato singolo

28 | Ottobre 2015

spacca a metà i fan; c’è chi grida al capolavoro e chi alla pupù di triceratopo. Noi siamo ignoranti e pensiamo che l’unica cosa che spacca siano i quli.” -#zio Sabbo e i grandi ritorni “Viva il 1998. Cioè tipo la canzone perfetta da ascoltare dopo ave perso il pullman camminando sperduta nella provincia di Mozzo. SSSONO IL CIELOOO SSSONO IL CIELOOO” -emtivi e le demo (Flora e fauna) che sono molto meglio delle originali (San Francesco) “ Pié, secondo me 4érel è l’album più riuscito della storia. Ed è riuscito meglio anche di The Wall” - Bale sbarella malissimo disrtibuendo perle di saggezza sul Bepi alla fermata del 10


Macbeth. Dai che esce pure il film con Fassbender. Una tragedia così di vita violenta e di morte insieme, e ambizione e tormento che ti si attorcigliano le budella. I Michelangeli, Buonarroti e Merisi (Caravaggio per noi friends). Il primo vuole liberare le sculture dal marmo e ci riesce divinamente, però te le lascia un po’ abbozzate col suo non finito perché tu devi capire la fatica della libertà. Il secondo porta nell’arte il popolo (ritrae un Bacco con le unghie sporche e una Madonna appoggiata a uno stipite come una mamma scarmigliata qualsiasi) e colpisce i personaggi con una luce violenta, forse un po’ per far uscire anche se stesso dal buio pesto della sua vita. Le tragedie greche. Non aggiungo altro. -Sara (La)torre dimostra una pomposa cultura generale

sire, lamentarsi, pregare e fare voti di castità a dir poco azzardati? Nonostante tutte queste scenate inoltre riesce (non si capisce come) a mantenere la stessa apatia di una sedia dell’Ikea smontata in qualunque situazione, creando molteplici dubbi e controsensi su come lo stesso personaggio possa passare un libro a piangere ma avere la stessa gamma di emozioni di un cucchiaio. Citerò qui una grande erudita di eccelsa cultura, che una volta mi disse che Lucia dovrebbe “smetterla di piangere perché ai suoi tempi Grey’s Anatomy e Alex Turner non esistevano ancora quindi le sue lacrime sono inutili”. Testuali parole. Con questo passo e chiudo. - Un qualche anonimo esprime in poche parole il pensiero dell’ impaginatore sulla giovine Mondella

Ottobre 2015 | 29

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Penso si possa tranquillamente dire che quella ricotta anemica (espressione che riassume a mio dire perfettamente il personaggio) di Lucia sia l’unica cosa più inutile ai fini della trama della descrizione di otto pagine del lago di Como. Seriamente, cosa fa in trentotto capitoli a parte piangere, arros-



COS’ HAI DA FARE SABATO IN 6° ORA? NON MENTIRE, AL SABATO NON SI FA NIENTE! DUNQUE VIENI A CASSANDRA!



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