Adesso inizio l’editoriale. Adesso inizio. Adesso.
Strano che parliamo di Inizio a metà anno, no? Si potrebbe anche girarla così: è l’inizio del pentamestre, dell’anno solare e di quello che vuoi tu. Le classi che si riempiono piano piano, “buon anno ragazzi sedetevi”, teste un po’ chine a dirsi di tirare avanti, alzarsi senza svegliarsi: ricominciare sarebbe solo questo se non esistesse l’inizio. Tu sei lì a riesumare le foto del capodanno e sbadabam ti sbattono in faccia un qui e un ora e ti obbligano a farci i conti. A chiederti e a chiedere perché. Ad andare a scuola, ancora una volta, per iniziare a rispondere, di nuovo. Noi ad esempio ci siamo chiesti cosa volevamo da Cassandra per questo anno e l’abbiamo ricominciato. Siamo andati alla caccia di indizi di inizi e ci siamo accorti che tutto è un inizio. C’è chi parte con un tablet, chi parte per la Finlandia, chi inizia a fare qualcosa contro la mafia, chi la scuola la inizia al Pesenti, chi inizia a guardare un film o ad ascoltare il progressive italiano, chi sull’inizio ci scrive dei racconti per Cassandra. Sono esemplari i contributi dei ragazzi del ginnasio in questo numero. Hanno addosso (e si vede) un’esigenza di esserci sin da subito che li porta in redazione. C’è tipo questa naturale tendenza delle cose a non farsi dare per scontate che si avvita e che ti solleva. Se c’è qualcosa da cominciare, una domanda da porre, una fascinazione da seguire, vuol dire che la realtà non è poi tanto piatta. E forse è per questo che vi parliamo di inizio a metà anno. Troppo facile iniziare all’inizio: la verità (e scusatemi se sa di didascalico) è che si inizia continuamente, grazie al cielo.
djtoriale
PS: Vi mollo lì due suggerimenti. Il primo è per tutti ed è una canzone che ultimamente mi fa stare in fissa. Si chiama “I’m not part of me”, dei Cloud Nothings. Non vi sto a dire cosa c’entra con tutto ciò, ma lo capirete da voi. Inizia con questi versi: It starts right now, there’s a way I was before But I can’t recall how I was those days anymore I’m learning how to be here and nowhere else How to focus on what I can do myself. Il secondo suggerimento è solo per i miei compagni di ventura che se Dio vuole questo è l’ultimo anno: a Milano dei nostri coetanei organizzano a partire da Gennaio una serie di incontri con esperti vari su alcuni temi del programma di quinta superiore per prepararsi agli Esami di Stato (uno al mese, se vi va venite pure da me o scrivetemi che ci organizziamo per andare): può essere uno dei tanti modi per cominciare quest’anno senza soffocare.
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Pietro Raimondi, IIID
L’INIZIO. SARPI Aprite il vostro ASUS | pagina 4 A great way to begin | pagina 6 Intervista alla professoressa Sighinolfi | pagina 7 ATTUALITÁ Noi siamo Telejato | pagina 9 Ricordi di Rebibbia | pagina 10 Cronache dal Pesenti | pagina 12 CULTURA Pride | pagina 13 Italians do it better | pagina 14 The Truman show | pagina 16 Time to start again | pagina 17 NARRATIVA Il nuovo inizio 1 | pagina 18 Semidivinità sarpina | pagina 19 Aspirante morte 2 | pagina 20 Un nuovo inizio | pagina 21
TERZA PAGINA Wesen | pagina 24 Postfazione a una prefazione | pagina 25 Joseph The Bunny | pagina 25 Ipse Dixit | pagina 26 Stampa finanziata da ASSociaizone Studenti Sarpi
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sommario
SPORT Today tomorrow Tavano | pagina 22 Il primo | pagina 23
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Aprite il vostro ASUS a pagina… Anno scolagalattico 2014/15. Tra l’immensità e la silenziosità del cosmo, nella periferia della galassia più rigogliosa, sul pianeta Sarpi la vita prolifica come mai in passato. Nuove specie viventi hanno messo piede sul suolo polveroso e immutato del globo, giunte da molto lontano con l’intenzione di esplorare e colonizzare, e le tribù degli abitanti veterani, che risiedono nei luoghi privilegiati del pianeta, entrano in conflitto l’una con l’altra per aggiudicarsi la
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carne più fresca di stagione. Ma le nuove generazioni di Sarpini dalle stelle hanno portato con sé una novità assoluta che crea scalpore e attrito con le millenarie abitudini di vita degli indigeni, i quali, dalla nascita di questo bizzarro pianeta, sono stati educati a mantenere vivo il focolare gettando qualche libro di carta sulla brace. L’innovazione futuristica consiste nell’introduzione di supporti elettronici che tentano di infiltrarsi nel Sarpi, per agevolare la sopravvivenza dei cavernicoli locali. Tablet è il suo nome, e il suo destino sembra essere chiaro: sostituire il cartaceo, dando spazio a tecnologie aliene. Possiamo fidarci? E’ decisivo, a questo punto, conoscere il parere di coloro che utilizzano quotidianamente lo strumento a schermo piatto, per comprendere
quali sorti attendano il pianeta Sarpi. L’era della tecnologia sembra essersi finalmente inaugurata. Come giudichi il supporto Tablet introdotto in una scuola come la nostra? “I Tablet sono davvero inutili, non ce la fanno ad agevolare materie come greco e latino. Inoltre solo un professore è capace di usarlo a modo.” –Andrea V. di IV^G “Lo ritengo un valido supporto per gli studenti, si riescono infatti a scaricare moltissimi libri. Purtroppo però ci sono dei problemi, ad esempio non esiste un solo sito da cui scaricare libri, perciò è necessario crearsi un account per ciascun sito. Inoltre non è neppure un modello di ultima generazione.” –Mariana, IV^H “E’ comodissimo, la cartella risulta molto più leggera e il materiale di studio è tutto compresso in pochi centimetri.” –Beatrice, IV^H E’ comodo studiare a casa con il Tablet?
“Per lo studio è molto meglio il cartaceo.” – Beatrice, IV^H
“Non avevo minimamente idea che avremmo ricevuto il Tablet, non me l’aspettavo proprio. Inizialmente non ne ero entusiasta per via delle testimonianze negative sul suo conto, che alla fine si sono avverate.” –Noemi B. di IV^G Ma la “G” per cosa sta? “G di GNIENTE!” –Andrea e Luca di IV^G “G come GIOIA, perché siamo gioiosi!” –Marta R. di IV^G E questa “H” che non si è mai vista al Sarpi? “H di HARD!” –Mariana, IV^H “H come HAPPY, di William Pharrell” –Carlotta, IV^H A cura di Giovanni Testa, Adriana Lirathni, Leyla Gatti e Laura Cornelli.
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“A volte si blocca, non è efficiente come dovrebbe, e si finisce a giocare e a sprecare tempo inutilmente.” –Luca M. di IV^G
“In realtà ci siamo iscritte per usufruire dell’opzione settimana breve. Solo in seguito abbiamo scoperto che avremmo avuto l’ausilio dei Tablet e così all’inizio dell’anno pensavamo fosse una buona iniziativa. Ora si è rivelato tutto il contrario.” –Federica, Anna e Francesca di IV^G
Perché hai scelto di iscriverti al corso con il supporto Tablet?
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[Matti ed Emila con la IIID]
Following your dreams is a great way to begin
Matti Ovaska ed Emilia Rahikainen, due tirocinanti finlandesi che hanno partecipato ad alcune lezioni di ed. fisica a Novembre, ci parlano dell’importanza di ascoltare le proprie passioni. How old are you? Matti: I am 31 years old. Emilia: I’m 18.
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Why did you choose P.E. as the path to walk for your future? Matti: I like doing something to maintain myself that is close to my heart. P.E. and sports are exactly that. What tice?
sports
do
you
prac-
Matti: I play ice-hokey and soccer. In winter I adore snowboarding and downhill skiing. I also run and I work
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out at the gym to train. I never get tired. We all think that you lived an unforgettable experience that most of Italian adolescents would like to do: apprenticeship in a foreign country. What could you tell us about that ? Matti: It was a great experience and the first time I worked abroad. I learnt to appreciate different life-styles. Our world is a big place and I think that If you ever get the chance to go anywhere, you should do that. Always be ready to know new cultures and welcome differences with open arms. What are your future plans? Emilia: My dream is to teach. A cura di Samia Marzaki ed Emma Marinoni, IV D
R I T O R N O A L F U T U R O … D I E T R O L’ A N G O L O
Un nuovo inizio in un luogo già conosciuto Intervista alla Prof.ssa Mariagiovanna Sighinolfi
Per chi ha poca dimestichezza con Cassandra, il nostro giornale, “Ritorno al futuro” è una rubrica molto interessante, la quale si occupa di raccogliere le testimonianze di ex-sarpini che, ormai laureati e inseriti nel mondo del lavoro, contribuiscono ad alimentare il lume di speranza in ognuno di noi. Le informazioni contenute negli articoli di questa rubrica possono rivelarsi preziosi consigli per indirizzarsi sulla strada da intraprendere per il proprio futuro. Ma questa volta, per quest’anno, andremo a intervistare ex-sarpini che di strada ne hanno fatta molta, anche se non in senso spaziale. Ecco, diciamo che la loro meta si trovava proprio dietro l’angolo. Sarà per la nostalgia di casa e la difficoltà ad allontanarsi da essa, o sarà per altre motivazioni burocratiche, fatto sta che una buona parte degli insegnanti, che noi in classe consideriamo temibili e irraggiungibili, ha vissuto la sua adolescenza a stretto contatto con le celebri mura e le famigerate colonne, crescendo a pane e declinazioni e provando le stesse emozioni che oggi noi viviamo quotidianamente. Grazie alle risposte concesseci dai nostri professori e alle graffianti rivelazioni sul passato della nostra scuola, capiremo che, come in chimica la materia tende a conservarsi, così la sostanza che accomuna ogni sarpino è costante. In fondo il rapporto che c’è tra uno studente e un insegnante si potrebbe paragonare al passaggio di un testimone. E forse si cela proprio dietro a questo concetto il motivo intimo per cui un neolaureato sceglie di tornare nel santuario che l’ha istruito per cinque anni, in veste di educatore. Introduzione alla prima intervista dietro l’angolo (Ottobre 2014) di Giovanni Testa, VC In quale periodo ha frequentato il Sarpi? Intorno agli anni ’70.
Io mi sono sempre trovata bene. E’ una scuola dove si studiava, ma non ho avuto particolari problemi. Mi ha fatto innamorare di quelle materie che ho poi studiato all’università. Ma soprattutto ho sempre vissuto questa scuola come una palestra di vita.
Nonostante io sia qui da parecchi anni e gli studenti che ho avuto siano cambiati nel corso del tempo, sono sempre stata soddisfatta dai ragazzi. Vengo ancora a scuola con gioia.
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Come si è trovata in questa scuola in veste di studente?
E in veste di professore?
Il ricordo migliore che le hanno lasciato queste mura?
Mi hanno lasciato talmente tanti ricordi che non saprei sceglierne uno; sono ricordi legati soprattutto alle persone che ho incontrato.
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Se potesse tornare indietro nel tempo, rifarebbe questa scuola? Sicuramente sì, altrimenti non sarei qui ad insegnare. Ha mai osato percorrere la scala maledetta? Da studente mai. Adesso, se devo andare alla sala stampa, delle volte passo di li, per fare meno fatica.
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Lunghi inverni al Sarpi sono riusciti a temprarla contro le basse temperature? Sì, assolutamente. Ma ricordo gli scioperi, ai miei tempi, per la questione “riscaldamento”. Come crede che sia cambiato in questi anni il Sarpi? E’ una scuola diversa in confronto a quella in cui sono maturata io. Sono molto cambiati i rapporti interpersonali all’interno della società, che si
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riflettono poi sulla scuola. E’ rimasta secondo me fedele alla prospettiva dell’importanza culturale. Cosa ne pensa dell’introduzione dei tablet nelle classi quarte? E’ positivo che una scuola riesca a stare a passo coi tempi. L’importante è che questi mezzi non sostituiscano l’interesse e lo studio dei ragazzi. Cosa prova ad essere ritornata al Sarpi come docente? Devo dire che era una scelta scontata. Se a Bergamo si è laureati in greco, prima o poi si ritorna al Sarpi, non c’è altra scelta. Ringraziamo la prof.ssa Sighinolfi per il tempo dedicatoci e per la piacevole chiacchierata. Leyla Gatti e Adriana Lirathni, VD
N o i s i a m o Te l e j a t o ”Noi siamo Telejato, voi assassini non ci fermerete”. Questo è il messaggio lanciato contro i responsabili dell’impiccagione dei cani del proprietario di Telejato, Pino Maniaci, atto intimidatorio del 3 dicembre 2014. Telejato è una piccola emittente televisiva con sede a Partinico (Palermo), che si occupa prevalentemente d’informazione relativa alla mafia. In un territorio così scomodo, la redazione è riuscita a portare avanti un progetto di denuncia ed è diventata un punto di riferimento per la ricerca di notizie, tanto da essere conosciuta anche da BBC e CNN.
attualità
Di mafia si parla troppo e male. L’ironia, che può essere un’arma potentissima, troppo spesso finisce per ridicolizzare un problema serio: Cosa Nostra è ormai un luogo comune, come il tè inglese delle cinque o l’orologio svizzero. Ma neanche parlare di mafia ad ogni piè sospinto, in maniera retorica e drammatica, è una soluzione, se dopo tanti paroloni non si fa mai nulla, per paura e co-
modità. Rimane comunque intollerabile restare ciechi e sordi di fronte ai richiami che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni: le storie delle vittime più celebri, i libri di Sciascia, il film di Pif, l’esempio delle persone che, lontano dai riflettori, dedicano la vita alla lotta contro la criminalità organizzata o lasciano la propria terra per non cedere a compromessi. Se anche la questione non ci riguardasse, sarebbe buona cosa guarire dall’indifferenza, malattia tipica dell’umanità. Tuttavia è sbagliato pensare che sia un problema lontano: la mafia è OVUNQUE. Se tutti se ne rendessero conto e agissero di conseguenza, le cose cambierebbero in un giorno. Per farlo ci vuole coraggio, il coraggio di iniziare a fare qualcosa, quello che la redazione di Telejato paga con aggressioni e minacce. Un coraggio alla portata di tutti, di chiunque si renda conto di cosa voglia dire essere uomini e della grandiosità di collaborare per creare qualcosa di bello. Marianna Tentori, III B
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Intervista a Don Gianluca: Ricordi di Rebibbia Intervista a Don Gianluca, oggi sacerdote a Gerosa (Val Brembilla), che durante l’omelia del giorno dell’Immacolata ha accennato all’esperienza da cappellano vissuta nel carcere di Rebibbia.
attualità
Quanto è durata la Sua esperienza da cappellano a Rebibbia? Innanzitutto a Rebibbia c’è un capo cappellano, poi ci sono tanti aiutanti: io ero uno di questi. Tre anni. Cosa crede di aver trasmesso alle persone con cui parlava? Non bisogna pensare che i detenuti cerchino il senso della vita. Spesso sono stati trasferiti da
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un’altra parte d’Italia e una volta giunti in carcere hanno vitto e alloggio assicurato, ma se hanno bisogno di una maglietta, di un dentifricio o cose simili devono fare richiesta, quindi chiedono cose molto pratiche. Poi ci sono anche spazi nei quali qualcuno si apre a richieste più profonde, ma prima vengono le necessità concrete. Quali attività si svolgevano durante la giornata? Rebibbia è un carcere costruito per circa 700 persone e c’erano più di 1500 detenuti. Si facevano diversi lavori, ad esempio c’era una legatoria, ma soltanto chi era più “fortunato” lavorava, molti non
severe, comunque chi commette un reato comune paga, chi è in alto invece è protetto Secondo Lei che valore ha la fede per un detenuto In carcere?
facevano niente tutto il giorno, cosa che porta tensioni…loro però chiedono di lavorare. Non è vero che stando lì sono comodi perché hanno la tv: bisognerebbe provare a starsene due anni o più in una cella e poter soltanto guardare la tv… Da chi sono affiancati i detenuti in carcere?
Secondo lei in che modo il carcere consente a un detenuto di essere reintegrato nella società? Il carcere, per quello che ho vissuto io, non dava grandi possibilità di riscatto: ci sono progetti di integrazione ma spesso non sono messi in pratica in modo efficace. Se il percorso viene svolto bene, la prigione diventa una struttura rieducativa, che aiuta chi vi entra a ricostruire la sua vita. Da una parte si deve punire chi ha commesso un reato, dall’altra deve permettere di riscattarsi.
attualità
Psicologi, assistenti sociali e volontari sono molto importanti perché li sostengono nelle esigenze pratiche. Quando si entra in carcere bisogna superare diversi controlli e a certe zone non si accede, ad esempio a quelle d’isolamento per i mafiosi (il capo cappellano ci può entrare raramente). Si sapeva che però i contatti con l’esterno c’erano e da lì la malavita governava il territorio…adesso le leggi sono più
Dato che c’è poco da fare, tutti partecipano alle funzioni religiose. Per qualcuno diventa l’occasione per riscoprire la propria fede, altri restano indifferenti. La prigione è all’esasperazione quello che viviamo fuori, la società si vede senza veli, mentre fuori la gente mente. Ad esempio: diciamo “l’Italia è mafiosa”, ma non ci rendiamo conto che lo siamo anche noi se dobbiamo fare una visita e cerchiamo un conoscente che ci faccia passare davanti agli altri.
Carmen Musitelli, IV E
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Se tre sere d’inverno una sarpina CRONACHE DAL PESENTI
attualità
E’ la sera dell’11 dicembre e io sono al Pesenti, stessa cosa il 15 e il 16. Sì, mi sono persa la finale di X Factor. Il fatto è che lì si svolgono le serali del Pesenti, del Mamoli e del centro EDA e, traviata dall’entusiasmo di un’alunna (mia madre), ho deciso di provare di persona. Cerco di orientarmi nei corridoi labirintici allo scopo di intervistare la professoressa Leo, responsabile dei corsi del Mamoli. Mi racconta della nascita del progetto, dei professori snob che non accettano l’incarico, poi: «A volte, alla fine di una spiegazione, i miei alunni mi dicono “grazie”». Assisto a qualche lezione e l’unica cosa che riesco a pensare è “ESISTONO PROFE UMANI”. La seconda sera incontro il professor Bertuletti, responsabile dei corsi del Pesenti. Da lui e dai suoi alunni (durante una complicatissima esercitazione di elettronica) vengo a sapere che stanno portando avanti una battaglia: essendo IeFP, la scuola offre loro un percorso di quattro anni al termine del quale, pur risolvendo il “Pota, senza diploma non trovo lavoro” dei più pragmatici, non si può accedere all’università come molti vorrebbero; chiedono quindi un quinto anno di passerella che,
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per mancanza di fondi, ora non c’è. L’ultima sera è quella del centro EDA, che propone corsi d’italiano e prepara alla licenza media. Durante la tombola (festa natalizia) conosco due infermiere ucraine: la laurea e l’esperienza conseguite nel loro Paese non valgono in Italia, devono ripartire da zero; tre alunne boliviane dicono che convalidare il titolo di studio è possibile, ma la burocrazia è troppo complicata. Credetemi, la frase della professoressa Leo esprime al meglio quanto succede nell’istituto dal lunedì al venerdì dalle 18 alle 23: tra docenti e alunni si crea un rapporto speciale, diventano compagni di viaggio in un percorso faticoso che per molti è un nuovo inizio. I professori hanno una passione indescrivibile e sono davvero interessati agli studenti, che a loro volta manifestano una motivazione e una fame di imparare che altro che Sarpi. Mi sono bastate tre serate per capire la definizione di “scuola” e quanto quella diurna sia lontana da essa. Sara Latorre, II D
Pride
(e sì che in due un titolo un po’ più originale si sarebbe anche potuto trovare)
Non è un film “sui gay” o “sui diritti dei lavoratori”; è un film su tutto ciò che di buono c’è nell’essere umano, che è anche la miglior tutela dei diritti umani. Oltre al filo conduttore della storia ogni personaggio del film ha la sua storia personale, la sua battaglia privata da combattere con le stesse armi della battaglia comune: solidarietà, coraggio e amicizia. Proprio perché è basato su una storia vera, “Pride” lancia un forte messaggio di speranza e solidarietà che risveglia, in chi sa coglierlo, il desiderio di lottare per qualcosa che vada oltre il singolo individuo, qualcosa che sebbene non ci riguardi in prima persona, in quanto essere umani ci dovrebbe coinvolgere ancor di più.
cultura
La diffidenza è una costante umana, una reazione quasi spontanea di fronte a ciò che non conosciamo, ma basta davvero poco per scoprire una grande verità: qualunque essere umano, in quanto tale, è parte di noi, perché ama come noi, spera come noi, soffre come noi, lotta come noi per la sua felicità. Una volta capito questo, la reazione spontanea diventa un amore incondizionato per i propri simili, e la consapevolezza che tutti gli esseri umani hanno diritto “non solo al pane, ma anche alle rose”, non solo ad una sopravvivenza sicura e dignitosa, ma anche a tutta la bellezza che la vita può offrire. Questo è quello che il regista Matthew Warchus attraverso il suo nuovo film ci ha trasmesso. Ambientato a metà degli anni ‘80 in un’Inghilterra devastata dalla politica della Lady di ferro, Margareth Thatcher, il film “Pride” racconta con comicità, ironia e sensibilità la storia vera (alla prima nazionale italiana del film in lingua originale era presente uno dei membri del LGSM), di un gruppo di gay e lesbiche londinesi che decidono di sostenere nel loro sciopero una comunità di minatori nel Galles del Sud fondando l’organizzazione LGSM (Lesbians and gays support the miners).
E’ uno di quei film in grado di dare una scossa al pubblico, risvegliarlo da una vita monotona e aprire gli occhi perché là fuori, dove abbiamo tanta paura di andare, possiamo veramente trovare un grandioso nuovo inizio ad attenderci.
Beatrice Caniglia, VA Marianna Tentori, IIIB
gennaio 2015 | 13
Italians do it better
cultura
Premiata Forneria Marconi. Banco del mutuo soccorso. Le Orme. No, non sto delirando o traducendo brani latini in modo estremamente discutibile, sto invece citando solo alcuni dei più grandiosi artisti che hanno dato vita al movimento del rock progressivo italiano. Ma procediamo con ordine. Il rock progressivo è un genere che potremmo “banalmente” definire come la semplice fusione tra rock e musica classica, il quale va alla ricerca di una perfezione musicale e si oppone categoricamente al pop rock dilagato negli anni Sessanta. Si avvale di sonorità nuove, atipiche, che trovano le proprie origini all’interno del jazz, del blues, e del più recente psychedelic rock. Imperversa così l’uso di strumenti etnici e ricercati, le canzoni si allungano fino a trasformarsi in suite musicali da 20 minuti, le copertine diventano vere e proprie opere d’arte, mentre alle semplici canzoni d’amore si sostituiscono autentiche poesie e articolati testi filosofici o ispirati alla mitologia e alla letteratura. Altra caratteristica (spesso) fondamentale è quella del “concept album”, ovvero album che
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ruotano interamente attorno ad uno stesso argomento, creando così una grande solidità tra le canzoni. Il tutto ha origine quando, attorno al 1967, iniziano timidamente a farsi sentire gruppi come Family, Procol Harum, Aphrodite’s child, Frank Zappa i quali mescolano musica sperimentale, classica, esotica ed elettronica. Tuttavia esso nasce ufficialmente nel 1969 con l’uscita di In the court of the Crimson King della band King Crimson e si svilupperà successivamente negli anni 70 dando vita a gruppi dal calibro di Pink Floyd, Genesis, Yes, che propineranno il genere in tutte le salse. Ma questo a noi non importa, perché nel frattempo stava per svilupparsi qualcosa anche in una certa penisola a forma di stivale, che di certo non brillava - e quasi mai lo farà - per fama musicale. Già, perché mentre in America cercavano ancora di riprendersi da Woodstock, in Italia iniziavano a stufarsi del troppo banale “she loves you yeah, yeah, yeah” e tentavano di raffinare il proprio stile; nel 1970 nascono così i primi album progressive, come Dies Irae dei Formula 3, o Sirio 2222 dei Balletto di
troppo non sono più in molti quelli a ricordarsi di queste pietre miliari della musica leggera italiana, e in effetti, parlandone così, capisco che uno non muoia dalla voglia di andare ad ascoltarseli. Ci tengo quindi a puntualizzare che, nonostante le complicate strutture, non si tratta di una musica noiosa o eccessivamente pretenziosa, ma al contrario riesce ad essere coinvolgente ed entusiasmante sotto tutti gli aspetti. Di certo, il panorama musicale italiano da qui in poi non è stato vuoto o scarno, anzi, è sempre stato (ed è tutt’ora) in grado di dar vita ad artisti geniali, ma nella prima metà degli anni Settanta è forse stata una delle rare occasioni in cui il Bel Paese ha saputo offrire musicisti veramente al passo con i tempi, godendo comunque di una certa fama, sia in Italia che all’estero. Ora, invece, per trovare musica di qualità dobbiamo spesso scavare infinite volte negli artisti underground, e accontentarci nel frattempo di Fedez e Tiziano Ferro.
cultura
Bronzo. Questi non si sono tuttavia limitati ad aggiungere la lingua italiana al modello anglosassone, no: in territorio italiano, il genere si espande infatti verso nuovi orizzonti, con tendenze certamente più barocche e sinfoniche (i New Trolls arriveranno addirittura a comporre un vero e proprio Concerto grosso, affiancati da un’orchestra al completo) e con nomi decisamente più accattivanti rispetto ai colleghi d’oltremanica. Da qui in poi esplode il genere anche in Italia, con l’innesto di gruppi come Garybaldi, Area, Quella Vecchia Locanda, Goblin (famosi per la colonna sonora di Profondo rosso), e capolavori quali Storia di un minuto, Darwin!, Arbeit macht frei, Felona e Sorona. Al pari di altre grandi opere, credo che questi debbano essere annoverati come grandissimi capolavori: si tratta infatti di struggenti canti di libertà politica, trascinanti melodie celebrative, estrose ricostruzioni dell’evoluzione umana, inquietanti riflessioni sulla guerra, o addirittura geniali interpretazioni dell’Inferno dantesco. Questi sono tutti nomi che però, direte giustamente voi, non vi dicono assolutamente nulla. Pur-
Nicolò Signorelli, VF
gennaio 2015 | 15
cultura
Screen of consciousness: T h e Tr u m a n S h o w
La vita di Truman Burbank è una routine: si alza, si prepara, esce di casa, saluta i vicini, compra il giornale e si reca al lavoro. Tutto procede regolare, finché una mattina dal cielo non cade un enorme riflettore, proprio a pochi metri dai piedi del protagonista. È qui che tutto ha inizio. Truman è la star di un famosissimo show televisivo in onda da trent’anni, ventiquattro ore al giorno. I telespettatori hanno visto nascere e crescere il protagonista in quella che scopriamo essere una menzogna. Tutto è studiato ad arte dal creatore Christof che sovrintende e articola ogni possibile svolta della vicenda, muove come marionette tutti gli attori che gravitano attorno alla figura di Truman, unico tra tutti i personaggi a essere ingenuamente se stesso. Il meraviglioso tramonto che ogni sera si congeda all’orizzonte, il mare che in un giorno di pioggia inghiottì il padre di Truman, persino i ricordi di quest’ultimo non sono altro che parte di un copione, sono le scenografie di cartone che circondano e imprigionano il nostro eroe in una rete intricata di bugie. Truman è l’Oreste di Pirandello che nel bel mezzo della scena alzando lo sguardo scopre il cielo di carta sopra di sé, è l’Edipo risoluto e convinto dell’autorevolezza della propria ragione, che scopre improvvisamente di essere cieco. Truman nasce come uno dei sei personaggi pirallendiani, senza identità, è
16 | gennaio 2015
un guscio vuoto, scelto per essere “creato” secondo un progetto ben definito.Christof è il Creatore, è Dio, che dalla sala di comando da vita alle paure e alle passioni del protagonista, lo tiene prigioniero in una bolla d’inganni, rappresentata dall’enorme studio, teatro di posa dello show. Una volta scoperto l’imbroglio però, Truman decide di ribellarsi, non riesce ad accettare che qualcuno prenda le decisioni al posto suo. Vuole essere vero, desidera che la sua vita sia autentica. Decide dunque di scappare e di sfondare volontariamente quel cielo di carta. Prende la decisione più difficile, quella di togliersi finalmente la maschera e affrontare la realtà che Christof gli presenta come ancor più corrotta e ipocrita di quella fittizia creata apposta per lui; ma Truman non è del tutto impotente di fronte alla divinità, ha la possibilità di scegliere e, sebbene abbia paura, si congeda dalla scena con un inchino, conquistando quella libertà che De Andrè definirebbe protetta da un filo spinato. Il film ci sprona dunque a non accontentarci della realtà così come ci si presenta, ma ad essere esigenti, a non essere solo comparse nella nostra stessa vita ma ad esserne gli artefici, senza lasciarci condizionare, né da un “dio”, né dalla società, né dalle aspettative che quest’ultima ha nei nostri confronti. Giulia Argenziano, IIIB
Time to start again seguita, facendo tesoro di tutto ciò che si è vissuto per avvicinarcisi sempre di più e conservando ogni ricordo, come impresso sulla pellicola. La vita va rincorsa, inseguita e infine raggiunta. Magari la raggiungi ancor prima di partire e non te ne accorgi nemmeno, magari per accorgertene devi fare una passeggiata intorno al mondo, o solo circumnavigare l’isolato. Questo è quello che mi ha lasciato “i sogni segreti di Walter Mitty”, un piccolo film, di un piccolo uomo, con una grande storia, con un grande attore. Un Ben Stiller fuori dal comune ti colpisce, spoglio dei suoi tempi comici, rivestito dalla serietà e dalla gravitas che il personaggio gli impone. Ben Stiller in questo film è come il Leopardo delle Nevi, il Gatto Fantasma che non vuole farsi vedere, ma nessuno sa perché. Proprio il Leopardo delle Nevi è anche la metafora della stessa vita che ci viene descritta nel film, sta all’uomo uscire dall’ordinario e andare a trovare il Gatto Fantasma. “Le vent se lève, il faut tenter de vivre.” Andrea Sabetta, IIIC
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cultura
“To see the world, things dangerous to come to, to see behind walls, draw closer, to find each other, and to feel. That is the purpose of life.” Questo è il motto di Life Magazine, quello famoso con le copertine belle. Questo è quello che spinge Walter Mitty a cambiare la sua vita. Questo è quello che spinge un semplice magazziniere ad arrivare sull’Himalaya. Walter Mitty non vive, indugia nel tempo che passa sulla terra, Walter Mitty forse non ha mai imparato a vivere. Vuoi per la scomparsa del padre, vuoi per la rapida crescita che ne è conseguita, Walter non ha mai vissuto come avrebbe dovuto. Walter aspetta. Walter si stufa. Si stufa di indugiare nel tempo che gli rimane e coglie la palla al balzo. Lo scatto 25 manca e va ritrovato; va ritrovato perché “un milione di negativi sono passati per il mio studio e non ne ho mai perso uno”; va ritrovato perché il profilo è vuoto nei campi “sono stato…” e “ho fatto…”; va ritrovato perché è anche una scusa per parlare a quella nuova, quella bruna con gli occhi chiari e la pelle chiara, che sembra quasi un sogno d’infanzia; va ritrovato perché quel fotogramma è la quintessenza della vita. La vita va rincorsa, inseguita fino agli angoli più remoti del pianeta, dall’Islanda all’Afghanistan. La vita va rincorsa, in-
IL NUOVO INIZIO p r i m a p u n t a t a Le alte fiamme danzavano nei suoi occhi, freddi come il ghiaccio; le pupille nere si distinguevano appena dall’iride e i colori vivaci del fuoco tentavano inutilmente di penetrare quello scuro muro, dietro al quale pareva non celarsi alcuna emozione. “Non è possibile”, continuava a ripetersi Pietra che Ascolta, “anche lui deve provare delle emozioni, non può essere completamente insensibile. Ha superato ogni prova senza batter ciglio e dunque la sua iniziazione dovrebbe essere ormai completata. Eppure c’è qualcosa che ancora non mi convince in lui, mi pare che si astenga volontariamente dalla manifestazione di sentimenti. Ma perché? Certo ha avuto un passato complicato, ma la vita non è mai troppo gentile con noi Sioux.”
prese davanti ed essendo nel pieno della loro crescita, si sentivano già pronti e capaci di affrontare l’esistenza e ancora di più, la vita nel villaggio, meglio di chiunque altro. Ma mentre ammirava le lievi scintille dorate perdersi nella coltre fumosa del falò, per poi disperdersi nella notte nera e fondersi con le stelle; colse improvvisamente il frutto della conoscenza che da tempo gli penzolava davanti e comprese. Il fanciullo infatti era afflitto da un male ben più tremendo dell’ubris giovanile : il senso di colpa; che cercava di espiare in tutti i modi, punendosi come era accaduto con l’aquila ad esempio.
In un primo momento, Pietra che Ascolta aveva pensato a sfrontatezza e sprezzo del pericolo, doti comunissime nei gagliardi Sioux, che, avendo una vita intera piena e ricca di sor-
Una mandria di cavalli selvaggi pascolava tranquillamente ai margini del bosco, i puledri dai manti lucenti saltellavano allegramente , beandosi della luce solare che avevano sco-
arrativa
Pietra che Ascolta non aveva certo dimenticato il suo indugio in cima alla montagna quando, durante la Prova Suprema, il ragazzo era stato colto in flagrante ed attaccato da un’aquila : egli si era alzato in piedi; alta, bella e possente la sua figura si era stagliata nel rosso cielo al tramonto mentre l’aquila, con i poderosi artigli, gli macerava la schiena.
Non c’era tempo da perdere. Pietra che Ascolta si alzò di scatto sapendo esattamente cosa fare : si addentrò nel bosco seguito da Vento che Soffia, che scivolava silenzioso tra le sagome mostruose dei grotteschi alberi immersi nell’oscurità notturna. I due camminarono per tutta la notte fino a che il sole non divenne grande, pieno e splendente in alto nel cielo. In quel momento si ritrovarono in un’estesa radura che terminava bruscamente in una minacciosa gola rocciosa.
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perto solo da qualche settimana. Al centro della grande radura si mimetizzava un residuo della palude che aveva abitato quei prati durante la stagione delle piogge e che adesso si rimarginava lentamente al calore del sole. L’anziano si voltò, ordinò al ragazzo di non seguirlo e si inoltrò nuovamente nel bosco. Camminava lentamente, cercando di fare meno rumore possibile, grandi lacrime calde gli solcavano velocemente le guance mentre implorava perdono per la terribile e purtroppo necessaria azione che stava per compiere : l’iniziazione
di qualsiasi giovane Sioux era fondamentale. In pochi minuti giunse nel luogo in cui stavano pascolando gli animali. Rimase qualche secondo fermo, immobile, incapace di compiere qualunque movimento, poi però si fece forza : raccolse delle pietre non troppo grandi ed iniziò a scagliarle contro i cavalli mentre intonava gutturali urla di guerra. Essi, terrorizzati, incominciarono a correre velocemente dalla parte opposta da cui provenivano i rumori : il dirupo. Adriana Lirathni, VD
Semidivinità sarpina
sapeva… Aprì le porte e si diresse in terrazza. Il paesaggio la metteva a disagio: edifici in ogni dove, il cielo grigio per l’inquinamento, gente urlante e rumorosa e i famosi Atb di cui gli alunni si lamentavano sempre… Il mondo era notevolmente cambiato in tutti quegli anni… Il sole stava calando. Decise che era ora di entrare. Si voltò con grazia ed eleganza per chiudere la porta. Sentì qualcuno trattenere il respiro. Finalmente avrebbe potuto conoscere suo figlio. “A… A… Afrodite…?” disse titubante. Lei si voltò a guardarlo. “Ciao… Nicola” Asia Beatrice Lancellotti, IVG
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narrativa
Tutti se ne erano andati, poteva riapparire. Si allontanò dalla colonna nelle quale si era nascosta per tutta la mattinata. Amava quella scuola: aveva un aspetto antico, vi si insegnavano materie classiche… In pratica poteva riscoprire tutta la sua epoca, ormai così lontana e inaccessibile. Passava le giornate a ripensare alla sua lunghissima vita, passata accanto ad un marito che le era stato imposto, cercando l’amore in un amante che preferiva sé stesso a lei… Preferiva di gran lunga passare le ore in quel liceo, piuttosto che vivere con la sua famiglia… Tutti la consideravano pettegola, superficiale ed egocentrica, ma chi non lo era fra tutti loro? Trascorrevano le loro giornate manipolando la vita di ogni essere vivente, litigando fra di loro come bambini viziati… Sospirò. Tutto ciò sarebbe durato più o meno per l’eternità, lo
ASPIRANTE MORTE seconda puntata
Papà mi sveglia con un allegro: “Andiamo all’inferno.”
Mi alzo fra il depresso e lo sconfortato. Papà mi lancia una toga nera, che indosso, e mi passa una piccola falce. “Vuoi farmi uccidere qualcuno?” chiedo sospettosa. “Non ancora, ma devi incominciare a prendere confidenza con gli strumenti del mestiere. Ti devi allenare un minimo per essere preparata ad essere la morte.” Borbotto imprecazioni a non finire. “Tesoro, perché continuo a mandarmi al diavolo? Che cosa vuoi che gli dica?” Mi dimentico sempre che è come dirgli : “Va da Pinco Pallino.”
arrativa
“Su, andiamo, Hazel.” Mi esorta. “Dobbiamo fare colazione all’inferno con Lucifero.” “Tu mi vuoi far mangiare con il diavolo?” “Sarà il tuo datore di lavoro. È bene che inizi a familiarizzare con lui.” “Con Dio, invece?”
“No, lui no. È complicato accedere al paradiso. Come morte non ho il
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permesso. Dopo ti spiego per bene.” Andiamo nello studio di papà. Io e Olive non siamo mai potute entrare lì da sole, perché c’è un enorme armadio nero che porta negli inferi. Papà ha sempre temuto che potessimo finire nell’aldilà e quindi non tornare indietro. Infatti se non si è accompagnati è impossibile tornare indietro. Be’, più o meno. Ho sentito di alcuni che sono tornati nel mondo dei vivi, ma solo perché erano riusciti a fuggire dalle grinfie di papà. Ovviamente Gesù non fa testo. Papà apre l’armadio che si rivela occupato da un vortice nero in movimento. Mi prende per mano e salta dentro a quel tornado in miniatura trascinandomi con sé. Il viaggio non dura più di un minuto. Ma che viaggio! Vengo risucchiata, strizzata e allungata, infine atterro su uno spunzone di ferro acuminato. Il mio grido di dolore perfora perfino le mie stesse orecchie. Papà è seduto placidamente su un altro spunzone e dice: “L’atterraggio è da migliorare, ma ci lavoreremo a tempo debito.” Tace un secondo e riprende: “Siamo nell’atrio principale. Le anime sono portate qui e poi vanno nella stanza adiacente, in cui stiamo per entrare, e lì vengono smistate. Come sai, possono andare all’inferno, al purgatorio o al paradiso. Se vanno in purgatorio usano
la scala a sinistre, se in paradiso l’ascensore a destra oppure rimangono all’inferno e attraversano un portone che ti porta alle pene dell’inferno e all’ufficio di Lucifero.”
non voleva essere spedita all’inferno. L’ha aggredito per essere mandata al purgatorio.” Si gira per guardare uno scheletro seduto pochi posti più in là visibilmente terrorizzato.
Mi conduce dentro una sala immensa, grande circa quanto un migliaio di stadi da calcio pieni di persone. A dir il vero il termine persone è usato a sproposito, perché queste in verità sono anime praticamente trasparenti.
“Uhm,” papà si gratta il mento. “Tornerò più tardi per controllare la situazione. Ti lascio. Immagino che avrai da fare.”
“Hey, Chuck.” Dice papà ad un suo doppione seduto dietro ad un tavolino impegnato a battere a macchina dei dati. “Caronte.” Lo scheletro solleva la mano in cenno di saluto. “Come va?” “Bene. Sto portando mia figlia a fare un giro. Tu invece?” “Be’, è sempre un mortorio qui. Non succede nulla di interessante. Signora, al paradiso. Vada a destra.” Risponde Chuck, dando istruzioni ad un’anima di forma femminile. “Però,” continua Chuck. “Ted ha avuto seri problemi con un’anima che
“A dopo.” Chuck ci saluta e poi sbraita: “Signore, a destra! Al paradiso, non al purgatorio. Non intralci il traffico!!!” “Qui c’è lo smistamento.” Ricapitola papà “Oggi ti mostro solo l’inferno, ma prossimamente andrai anche al purgatorio. Nel paradiso no, perché Dio preferisce sbrigarsela da solo. Lucifero è più pigro, quindi mi sbologna il lavoro.” Mi spiega. Oltrepassiamo le porte dell’inferno. Si stagliano davanti ai miei occhi vari settori uniti da un lungo corridoio che termina con un portone. Fine seconda puntata Matilde Ravaschio, IE
Corro, mi affanno, cado
Mi rialzo, cammino, inciampo
Striscio, disperata, mi arrendo Libera
Margherita Briozzo Niang, IVE
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narrativa
Un nuovo inizio
Today, Tomorrow, Tavano
Purtroppo il calcio è uno sport dove se non hai i piedi di Messi o la capigliatura di Balotelli o i tatuaggi di Materazzi non sei degno di attenzioni. Questa è la triste storia di Francesco “Ciccio” Tavano che, pur essendo stato dichiarato svariate volte “Giocatore più forte del mondo” (notizia poco attendibile), non ha mai sfondato nel mondo del pallone.
sport
Proprio per il suddetto motivo la figura di questo calciatore è nota a pochi elitari e con questo articolo voglio fare in modo che anche gli studenti del Sarpi possano venire a conoscenza di questa mitica figura del mondo del calcio. La sua carriera inizia nel Nola, con cui vince il Campionato Allievi, dove viene notato da uno scout della Fiorentina che lo inserisce subito nel settore giovanile. Dal 1999 al 2001 seguiranno le esperienze nel Pisa (11 presenze e 0 goal) e alla Rondinella (46 presenze e 21 goal) in cui passa rispettivamen-
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te un anno e mezzo. Nel 2001 passa in comproprietà con l’ Empoli, con il quale conoscerà sia la Serie A che la B. Esordisce nel settembre 2001 ma bisognerà aspettare ben nove mesi per vedere il suo primo goal, contro il Cosenza. Dopo il fallimento della Fiorentina passa interamente all’Empoli con il quale esordisce, contro l’Inter andando in rete dopo pochissimi secondi, nella massima Serie. Dopo cinque gloriosi anni all’Empoli (142 presenze e 43 goal) nel 2006, Tavano, viene acquistato dal Valencia che ha talmente tanta fiducia nel calciatore italiano da farlo esordire in una partita valevole per la qualificazione agli ottavi di Champions League. Questa fiducia però si rivela mal riposta e il povero Tavano per un anno vede il campo dalla tribuna. La sua stagione si conclude con solo tre presenze e neppure un goal. Nel 2007 passa in prestito oneroso con diritto di riscatto alla Roma, facendo ritorno in Italia. Purtroppo però Ciccio non riesce a brillare neanche nel-
la squadra della capitale e diventa un perenne panchinaro. A fine stagione collezione 14 presenze e appena 2 goal. Dopo due anni disastrosi Tavano è deciso a ritirarsi però per sua fortuna (e anche nostra) il Livorno lo chiama tra le sue fila. Qui finalmente Ciccio trova lo spazio che merita e in quattro anni di permanenza da capitano nella città Toscana gioca in 128 partite segnando 48 goal. Nel 2011 l’Empoli capisce l’errore commesso cinque anni prima e richiama Tavano che dalla città di provincia non partirà mai più e fino ad ora ha collezionato 125 presenze e 64 goal. Le fasi salienti della sua carriera sono probabilmente la convocazione in nazionale l’anno del Mondiale e il gol in rovesciata realizzato contro il Chievo Verona che è entrato nella
classifica dei 200 goal più belli mai fatti in Serie A. Tutt’ora Tavano non ha ancora vinto un Pallone D’Oro, ma è questione di tempo. Nel suo palmerès comunque può vantare una Coppa Italia vinta con la Roma, un campionato di Serie B vinto con l’Empoli e due titoli da capocannoniere: uno durante la sua permanenza nella Rondinella e l’altro nel Livorno. Data la veneranda età (36 anni) Tavano e sulla via del ritiro, ma il contributo che ha dato (e che darà) al calcio Mondiale rimarrà nella storia e nel cuore di tutti i fan dello sport più bello del mondo. Guido Sacerdote, IV C
Il primo
to ho resistito stoicamente all’impulso di correre in bagno. Tuttavia ciò fa sì che Bob e Jack (così li ha chiamati una mia amica) rimangano sui miei palmi almeno per due settimane e che sembrerò un’invalida a vestirmi. Quindi: viva le parallele! Questo è l’articolo più inutile di questo pianeta perché ho scritto dei miei calli e perché è uno strumento per rendere le due pagine di sport piene. Pertanto inserirò una citazione intelligente. “Se ti piace vedere pezzi di pelle che ti si staccano dalle mani, le parallele fanno per te” - Stick it. Selene Cavalleri, IIIE
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sport
Dicono che la ginnastica sia uno sport duro. Io non ci avevo mai creduto davvero. Certo, ho avuto la mia dose di muscoli doloranti e caviglie gonfie, ma tutto nel limite del sopportabile. Ieri, 30 dicembre, ho capito cosa significa davvero quell’espressione. I miei allenatori hanno deciso di farci usare le parallele, mi stavo spenzolando allegramente (pensando a quale dolore di spalle avrei sopportato il giorno dopo) quando ho sentito le mani bruciare. Non parlo dello strofinio, quello era diverso. Quando sono scesa mi sono guardata le mani e mi sono resa conto di quello che era successo. Due minuscoli calli avevano abbandonato le mie mani lasciando al loro posto due macchie di carne viva, poi è arrivato il dolore. Il resto dell’allenamen-
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LA E S S E N Z A DE LLE COSE
Unica rubrica che cambia intro ad ogni uscita. Si parla di film, libri, cd, dischi (che sono la stessa cosa), telefoni cellulari, mappamondi e tutto quello che non leggerete. Il tema è l’inizio, bene questo è l’inizio dell’articolo, così mi metto in asse con la linea editoriale. Fate la cosa giusta. Fatela davvero. Mookie
In questo film ci sono dei personaggi che ti ricorderanno i tuoi compagni, forse. Forse troppo. Succede qualcosa di imprevisto, ma non così distante, che vi obbligherá (te e i personaggi) a chiedervi per la centesima o prima volta che cazzo ci fate a scuola. Piè spara un wesen gaso sul film Class Enemy
Geniale. La vita del politicamente scorrett(issim)o Barney Panofsky raccontata con ironia e cinismo esilaranti: le tre mogli e il commovente amore immortale per l’ultima, Miriam. Stupendo. Leggetelo tutti stronzetti. Salone non lo sa ma Wesena “La versione di Barney”, il libro.
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Solo 40 minuti di messa. Prete giovane. Predica interessante sul sapore dell’amore. E una chiesa con una parete che unisce Mirò, i postimpressionisti, e una buona dose di pennellate a cazzo. Sconosciuto si ritrova la domenica mattina a Gandellino, paesino della Val Seriana
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Neon Genesis Evangelion, la serie: parte che sei convinto che è robottoni contro angeli; poi scopri che i robottoni sono angeli corazzati; poi tutto perde senso e non si capisce più niente, che tra vari, assoluti, infiniti, esseri e non esseri sembra di essere in una lezione della mitica Agatina. Lì però qualcosina la capivi; qui, alla fine, davvero sussurri “Komm, Susser Tod”. Sabbo si rivela sempre geniale di notte, in Gennaio Nove giudici gli condannano il figlio a morte. Lui viaggia per la Francia e decide di ucciderli uno a uno. Film al massimo del surreale, con omicidi assurdi, tipo gente infilzata con dei fiori o morti in forni giganti. Montaggio frenetico e geniale, il grottesco sparato a mille, falso divismo, e cazzo ne so qualcosa di malatamente bello. Bonti scopre “Una giornata spesa bene” di Trintignant su Iris in un pomeriggio non caldo
POSTFAZIONE A UNA PREFAZIONE
C O N P R E FA Z I O N E D I A R I S T I D E M A S S A C E S I E P O S T FA Z I O N E D E L D O T T O R P R E S I D E N T E La tematica asseverativa risale severamente in antiquate quanto sinestetiche defecazioni eccezionali caratterialmente introspettive nel fetore putrido di Pasoliniani porcili e immondizievoli bisogni analmente odorosi, indi per cui l’Hipsterosità progressivamente tiroidea naviga in corrispondenza di amatiani fotogrammi orrorifici e sadicamente degenerati nelle teorie non copernicanamente newtoniane soggiogate da ispidi e insipidi condimenti retoricamente futili e rigorosamente ghei. (Dottor Presidente) Quando mi hanno chiesto di iniziare un articolo facendone la postfazione ho avuto seri dubbi sull’effettivo funzionamento di tale tecnica tebana. Ma poi, venendo a conoscenza del Dottor Presidente ho deciso di accettare l’incarico. Eccomi qua dunque a scrivere questa prefazio-
ne in cui vorrei sottolineare l’uso eccezionale della locuzione –mente usata dal Dottore, che riporta immediata-mente alla –mente il fatto che il dottore non –mente. Mentre riflettete su questo strabiliante artifizio grammatico ne approfitto per invitarvi al cinema per vedere il mio prossimo film: “La tematica asseverativa risale severamente in antiquate quanto sinestetiche defecazioni eccezionali caratterialmente introspettive nel fetore putrido di Pasoliniani porcili e immondizievoli bisogni analmente odorosi, indi per cui l’Hipsterosità progressivamente tiroidea naviga in corrispondenza di amatiani fotogrammi orrorifici e sadicamente degenerati nelle teorie non copernicanamente newtoniane soggiogate da ispidi e insipidi condimenti retoricamente futili e rigorosamente ghei” (Aristide Massacesi)
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I P S E TERZA DI Studiando Freud Leo :ma quindi se uno sogna di fare sesso con un’altra persona cosa vuol dire? Giaconia :quello é perché ti sta piovendo in faccia. Strocchia: Quando si parla di diritti degli animali si intende l’estensione… Pié: del cazzo Pasini(brandendo un Burrocaccao): adesso ti faccio una penetrazione… nasale Bonti: Ho vinto una borsa di studio.. era un Eastpak Ruggeri: (Parlando della verifica di un esercizio)Qui manca solo San Tommaso…mettiamo a lavoro San Tommaso
D I X I T Giaconia(parlando di Anna Kuliscioff): si scrive Kuli, come il plurale della parola che non si può dire Strocchia: No oggi devo pranzare fuori Classe: Con chi? Strocchia(riferendosi alle bidelle): e guardate, con le gnocche incredibili Piè: Cosa devo fare adesso? Pasini: Fuma di meno Piè: ma non fumo Pasini: allora comincia forse ti può aiutare Strocchia: vi vedo un po’ prostrati. Siete un po’ delle pippe. Giaconia: (vedendo tutti un po’ distratti): tutti ai posti di ragionamento
TERZA BI Frattini: c’è chi perde e chi soccombe!
Fusini: (Senza un motivo preciso) Brontoloni o brontolini?
Cri: ma il re non si è accorto che Callimaco voleva dire questo?
Fusini: che cocomera che sono stata
Frattini: si vede che era tonto
Strocchia: io sono sensibile…
Zappoli: Pezzali, ascolta le domande! Diligente! PROBA!
Milesi: Ne troveremo molti di stereotipi dell’acchiappo
Zappoli: Nicola, tu hai molto tempo…
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Leo(Indicando un mezzo nudo): ma il fodero dove è appeso? Milesi: Io 30 anni che lo vedo, ma non me lo sono mai chiesto Piè: perché a noi ci piacciono i piselli
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Missale: come si scrive flashback? Voi che studiate il greco!
Cola: per fare le ricerchine su Salvemini? Zappoli: qualcuno ha mai visto un pulcino rompere l’uovo da dentro? Benny: io… Zappoli: ECCO! RACCONTA A TUTTI! Caro (il giorno prima della simulazione di terza prova): è una settimana che passo la notte con Hegel Cola (entrando): il bidello è l’emblema dell’inettitudine! Pusi (nel mezzo della lezione): GATTILLO! Oh mamma mia, ma io devo interrogarti! IL PANICO! Bailo: Aristotele aveva teorizzato
C O N C O R S O
Omero come il top del poema epico Zappoli: Pizzo! Come mai hai preso cinque e mezzo in quella verifichina? Io ho pianto la notte dopo, lo sai? Marci: quando il padre è in punto di morte… Caro: cos’ha detto? Quando il padre lo MORDE? Gentilini: ma come fai a non ricordarti niente? Ma l’abbiamo fatto ieri! Ma allora alla mia età cosa sarai, lo Smemorato di Collegno che va in giro e non sa più chi è? (Marci consegna compiti non troppo lunghi) Gentilini: Marcello, ti sei sprecato eh… Cos’è sta roba, il pensierino della sera?!
L E T T E R A R I O
Cibo. Ricetta per un racconto
Cosa può accadere quando il cibo si combina con la parola scritta
e si infila in un racconto? storiacompleto si arricchirà di brio,sono aroma, Tutte le informazioni operative, nonché La il Bando del concorso, scaricabili dal sito profumo, colore, mascriboergosum.liceosarpi.bg.it. anche di fame, digiuno, fantasia, tradizione, politica o malattia. marzo 2015 Il cibo richiama varietà Termine: di tempi15 e luoghi: entrare in un supermercato 11 cantina; aprile 2015 non è andare nell’ortoPremiazione: o scendere in aprire la cambusa non è comprare un hot-dog. Per info: Armatevi dunque di vettovaglie, dosatele a vostro piacimento, Email: agorasarpi@liceosarpi.bg.it come ingrediente principale, gusto di sottofondo o accento che Pagina Facebookuna Genitori Sarpi dà carattere al contesto, e sfornate storia con il suo sapore originale, sia esso dolce amaro, salato o piccante. Gruppo su oFacebook: Scribo Ergo Sum 2015
Termine: 15 marzo 2015 Per info:
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Agorà Sarpi, AG Sarpi e Liceo Classico Paolo Sarpi presentano VI edizione del concorso Agorà Sarpi, AG Sarpi e Liceo Classico PaololaSarpi presentano la VI letterario Scribo Ergo Sum letterario dal titolo “Cibo. Ricetta un racconto” edizione del concorso Scribo Ergo per Sum: Il concorso è aperto agli studenti dei Licei Sarpi, Lussana, Mascheroni e Secco Suardo, e si articola in due premi: -Premio 1, a giuria tradizionale, a cui sono ammessi i primi 15 racconti pervenuti da ciascun liceo; -Premio 2, a giuria popolare (online), a cui sono ammessi tutti i racconti proposti senza limitazione.
DIRETTORE: Pietro Raimondi, IIID VICEDIRETTORE: Andrea Sabetta, IIIC SEGRETARIE: Margherita Briozzo Niang IVE, Beatrice Caniglia VA CAPOREDATTORI; CAPOREDATTORI ATTUALITÁ: Sara Latorre IID CULTURA: Giulia Argenziano IIIB NARRATIVA: Matilde Ravaschio IE SARPI: Giovanni Testa VC TERZA PAGINA: Paolo Bontempo, IIID COMMISSIONE TOGNI; IMPAGINAZIONE: Pietro Raimindi, IIID COPERTINA: Andrea Sabetta IIIC, Pietro Raimondi IIID ILLUSTRAZIONI: Adele Carraro IC, Federico Lionetti IIIC, Michele Paludetti IIIC, Claudia Pezzini IC, Clara Rigoletti IE REDATTORI Marco Balestra IE, Mariavittoria Brevi IVC, Sofia Brizio IIE, Alessandra Brucchieri IVG, Alice Castelli IVB, Chiara Cattaneo VA, Elisa Cecchini IVB, Rafael Chioda IVD, Alessandro Comi IC, Laura Cornelli VD, Martina Di Noto IIE, Beatrice Duina IVC, Valentina Fastolini VC, Alberto Fenice IVA, Matteo Fenili IIE, Leyla Gatti VD, Clara Gerelli IVC, Biancamaria Gotti IVC, Gaia Gualandris IF, Sveva Guizzetti IVC, Luca Latorre IVE, Eleonora Limongelli IVB, Adriana Lirathni VD, Marta Maffeis IIC, Lucia Manzoni VD, Lucia Marchionne IE, Samia Marzaki IVD, Roberto Mauri VD, Pietro Micheletti IB, Carmen Musitelli IVE, Ester Negrola IC, Davide Pedroni IIID, Riccardo Pizzighini IIIB, Maria Porta VD, Maria Roncelli IVG, Chiara Ruggeri IVC, Guido Sacerdote IVC, Michela Saccone IVC, Alice Scanavacca IVB, Giorgia Scotini IC, Elena Seccia IE, Jacopo Signorelli VC, Marianna Tentori IIIB, Sara Testa IF, Alice Tomasini VC, Eleonora Valietti IE, Giulia Vitale IID, Marcello Zanetti IIIB.
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