Cassandra | Ottobre 2014

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CHE MISTERO

Niente, succede che la scuola inizia e siamo ad Ottobre. Sopra alla terrazza passano gli aerei pieni di chi lavora da qualche parte che bisogna spesso essere ad Orio per arrivarci o di chi le vacanze non le ha ancora finite. Quaggiù in Città Alta sfumano i buoni propositi nelle giornate che piano piano rischiano di assomigliarsi e domani hai la versione e buone probabilità di essere chiamato in fisica. Provi un ripasso tattico mega violento, ma sprofondi sul letto e pensi che il soffitto non ti perdonerà un altro anno passato a correre dietro al giorno seguente. Dormi automaticamente e fili a scuola incosciente, cerchi solo distrazioni accennate. Le prime ore passano in dormiveglia e sei così stanco che le pecore ti contano. Poi succede che un compagno ti ripete scienze in un angolino della tua volontà e non credi vero che davvero era così una cazzata enigmistica. Poi qualcuno si gira verso di te durante Italiano e ti dice “minchia che figata”, allora controlli incredulo gli appunti ed è vero, questa lezione merita di essere ascoltata. Apri gli occhi, le orecchie e tutto concorre ad aumentare questa incredula scoperta. Schopenhauer, Kierkegaard, le iperboli e la grammatica latina ti assomigliano più di quanto pensavi. Qualcuno prova la tua stessa sensazione guardando gli sciacquoni dei cessi: è tantissimo tempo che li vedi ogni giorno e ti mancheranno. Qualcuno prova la sensazione opposta. Ma se c’è persino nei cessi, allora è vero quel qualcosa che rimbalza nelle pagine, tra le scale del seminterrato e la biblioteca e arriva fino ai tuoi occhi, solo per farsi vedere e farti essere un po’ te stesso. Che mistero. Tipo la Professoressa M. che racconta per caso la storia della sua collana che c’entra con le sue figlie da piccole: anche quel particolare insignificante adesso ha un valore. Tutto insiste testardamente a farti prestare attenzione. E tu che volevi far finta di niente. Ti sdrai in terrazza e torni a guardare gli aerei. Attendi. Mi sono sempre stati sul cazzo quelli che si mettono a fare etimologie negli editoriali. Però appena puoi controllala l’etimologia di attendere, poi metti Cassandra in cartella e torna a guardare gli aerei. Dentro, suona già la campanella. Pietro Raimondi, IIID


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10 buoni motivi per fare il Sarpi Ritorno al futuro... Dietro l’ angolo

ATTUALITA

sport

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Corro, vinco dunque vivo intervista: nuoto paraolimpico

Ignacio e Guido din don dan Piazza Tienanmen 2.0

narrativa

Quello che non si può dire

Non so stare (1-2)

Ridi che ti passa

Chiedo solo speranza

Uomo senza panza uomo de

Lettera di lamentele dal piano terra

sostanza?

CULTURA Frozen La tomba di Gesù Cristo Screen of conscinousens The kid Higurashi no naku koro ni

TERZA PAGINA Indovina chi Le merdate di Adele Ipse dikit

Treni e ricordi Perchè


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dieci buoni motivi per fare il Sarpi

Caro quartino che all’intervallo vaghi sperduto per i corridoi, nei miei quattro anni da sarpina ho trovato qualche buon motivo per frequentare questa scuola e, mossa da un amore quasi materno, ho deciso di condiv... no, mi sono persa, questa introduzione fa schifo. 1) E’ in Città Alta (anche se sicuramente la tua classe è vista caldaia) 2) Se abiti a Inculandia e prendi l’1A quando ancora le galline dormono, puoi vedere l’alba 3) Se dici di fare il Sarpi, tutti ti credono intelligentissimo, anche se sei una capra. 4) Puoi leggere le scritte in greco sulle scatolette di tonno (leggere, non tradurre) 5) Puoi usare il GI e l’IL come arma di difesa, come step per rassodare i glutei o come ferma-porte. 6) Il paninaro figo (VI PREGO, RIDATECELO!) 7) Puoi dire a quelle del Secco che sei di quarta, anche se sei al primo anno 8) Puoi leggere Cassandra

9) Puoi scrivere per Cassandra 10) Puoi usare Cassandra per alimentare il fuoco del camino Seriamente, questa scuola è una palestra di vita. Qui si impara a lavorare sodo e, soprattutto, a rapportarsi con persone insensibili e psicopatiche (certi professori) così come si incontra gente meravigliosa. Quindi, o quartino, se capisci che questa non è la tua strada, non perdere tempo, ma se riesci a intravedere uno spiraglio di luce tra le colonne e le parole enclitiche beh, tieni duro. Sara Latorre, II^D

Ritorno al futuro dietro lo angolo. Per chi ha poca dimestichezza con Cassandra, il nostro giornale, “Ritorno al futuro” è una rubrica molto interessante, la quale si occupa di raccogliere le testimonianze di exsarpini che, ormai laureati e inseriti nel mondo del lavoro, contribuiscono ad alimentare il lume di speranza in ognuno di noi. Le informazioni contenute negli articoli di questa rubrica possono rivelarsi preziosi consigli per indirizzarsi sulla strada da intraprendere per il proprio futuro. Ma questa volta, per quest’anno, andremo a intervistare ex-sarpini che di strada ne hanno fatta molta, anche se non in senso spaziale. Ecco, diciamo che la loro meta si


trovava proprio dietro l’angolo. Sarà per la nostalgia di casa e la difficoltà ad allontanarsi da essa, o sarà per altre motivazioni burocratiche, fatto sta che una buona parte degli insegnanti, che noi in classe consideriamo temibili e irraggiungibili, ha vissuto la sua adolescenza a stretto contatto con le celebri mura e le famigerate colonne, crescendo a pane e declinazioni e provando le stesse emozioni che oggi noi viviamo quotidianamente. Grazie alle risposte concesseci dai nostri professori e alle graffianti rivelazioni sul passato della nostra scuola, capiremo che, come in chimica la materia tende a conservarsi, così la sostanza che accomuna ogni sarpino è costante. In fondo il rapporto che c’è tra uno studente e un insegnante si potrebbe paragonare al passaggio di un testimone. E forse si cela proprio dietro a questo concetto il motivo intimo per cui un neolaureato sceglie di tornare nel santuario che l’ha istruito per cinque anni, in veste di educatore.

“anni or E’ stadavvero un piacere intervistarlo e lo ringraziamo per la disponibilità e la simpatia.

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-Buongiorno professore, in quale periodo ha frequentato il Sarpi? Dal 1988 al 1993. -La prima cosa che le viene in mente se le dico la parola “Sarpi”? Mia moglie, che era la mia compagna di banco. -Come si è trovato in questa scuola? Molto bene, è stata dura ma mi sono sempre trovato bene. -Qual era la sua materia preferita? Greco. -Il ricordo migliore che le hanno lasciato queste imponenti mura?

Una nevicata, e tutta la classe unita che l’ammirava dalla finestra, è cerGiovanni Testa, V^C tamente uno dei ricordi più belli.

Intervista dietro l’angolo al professor

Mauro Messi. Dopo una giornata di appostamenti sospetti, siamo riuscite ad intercettare il professor Messi, che è sopravvissuto a cinque anni di Sarpi e, non soddisfatto, ha deciso di ritornarci. Ci ha gentilmente concesso un po’ del suo tempo per rispondere alle nostre domande, svelandoci qualche curiosità sulla nostra scuola

-Quale rapporto aveva con i professori? Sereno, ovviamente il rapporto era più distaccato ed i professori molto più rigidi; ad esempio non si potevano sapere i voti o la data del compito in classe, ma comunque ho sempre avuto un buon rapporto con loro. -C’è un professore in particolare che le ha lasciato un buon ricordo? Se si, perché?


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professoressa Savoldi, per la sua umanità e l’eccellente preparazione.

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-Se potesse tornare indietro nel tempo rifarebbe questa scuola? Assolutamente si. -Con quali mezzi raggiungeva la scuola?

Sicuramente è migliorata l’unione interna delle classi ed il rapporto tra professori e studenti è diventato molto più libero e “trasparente”,il che è positivo se non fosse che, talvolta, c’è il rischio di confondere i due ruoli che comunque devono essere distinti. -Cosa prova ad essere ritornato al Sarpi in veste di professore?

I primi giorni ho provato una grande Prendevo due autobus; a quei tempi emozione ed un grande imbarazzo, era il 3 che portava a scuola gli stu- legato soprattutto al senso d’inadedenti del Sarpi. guatezza; infatti temevo di non riuscire ad eguagliare i miei professori -E’ mai riuscito a contare la totalità che erano il mio punto di riferimento. delle crepe in una delle sue exclassi? -C’è qualcosa che, in base alla sua esperienza sia di studente che di No mai, è rimasto un mistero; come professore, modificherebbe all’interquello delle botole che si trovavano no di questa scuola? nel seminterrato dove oggi ci sono le uscite di sicurezza, una volta non Non la cambierei radicalmente, sapevamo cosa nascondessero. però vorrei fare in modo che il momento della valutazione fosse più -Ha mai osato percorrere la cosidsereno, infatti noto che molti miei detta “scala maledetta”quando era studenti sono eccessivamente apuno studente? prensivi per quanto riguarda i voti No, assolutamente, non l’ho mai fat- e questo è sbagliato, poiché vorrei chiarire che il Sarpi è UNA scuola, to e non lo faccio neppure adesso. non LA scuola e che certamente è un elemento importante per la cre-I lunghi inverni al Sarpi sono riusciti a temprarla contro le basse tempe- scita formativa di una persona, ma non è l’unico. rature? Si, col tempo sono riuscito a sviluppare una temperatura interna da animale a sangue freddo.

-Qualche volta legge Cassandra?

-Come crede che sia cambiato in questi anni il Sarpi? Quali aspetti sono migliorati e quali invece peggiorati?

-Anche gli “Ipse Dixit”?

La leggo sempre, tutti gli articoli.

Soprattutto gli “Ipse Dixit”, mi diverto un sacco.


-Un incoraggiamento agli studenti che stanno ancora sudando sui libri e un saluto a Cassandra?

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lo Guido. Niente di particolarmente interessante, se non fosse A tutti gli studenti dico di resistere, che Ignacio è il frutto dell’ama sempre con il sorriso! Mentre a more tra due desaparecidos. Cassandra auguro di andare avanti Nel 1978, anno della nascita di Hurcosì! ban, in Argentina vigeva la dittatura militare da due anni (cadrà poi nel Intervista di Adriana Lirathni 1983). Il Governo anticomunista e e Leyla Gatti, V^D antisemita, sostenuto per interessi economici anche da paladini della democrazia quali Stati Uniti, Francia e Italia, era comandato da Jorge Rafael Videla Redondo, un personaggino detto “l’Hitler della PamSto camminando per le stanze del pa”, che nei cinque anni del suo Mulino Bianco. Seguo un percorso regime (1976-1981) fece arrestare fatto di biscotti inzupposi e arrivo e uccidere segretamente 30.000 in una cucina: due uomini si stanpersone. Tra le vittime della Guerra no affannando attorno a una torSporca, ovvero della repressione ta enorme. Mi dirigo verso di loro dei “sovversivi”, figura anche Laura e all’improvviso li riconosco: sono Estela de Carlotto, che venne ucciRobert Downey Jr e Jake Gyllenhasa dopo aver dato alla luce Ignacio. al. Robert mi sorr…DIN DON DAN. In tutti questi anni, molti bambini, Ogni domenica i miei sogni ragazzi e adulti hanno scoperto di meravigliosi vengono interessere figli di desaparecidos grarotti dalle campane che anzie all’associazione “Abuelas de nunciano la Messa delle 7.30. Plaza de Mayo”, la cui attuale preDa atea svegliata in modo brusco sidentessa è proprio la nonna del quale sono in quel momento, amnostro musicista, ironia della sorte. metto che il mio primo desiderio La storia di Hurban è quella di tanti sarebbe veder crollare il campanile argentini a cui dei fanatici col cerdel mio paesello. Ritengo ingiusto vello marcio hanno rovinato la vita. che l’usanza di una religione a cui L’oppressione e la sofferenza di non appartengo disturbi la mia quie- quel popolo devono aiutarci a te. I fedeli si puntino le sveglie. Mi capire quanto sia meravigliosa la sento violata nei miei diritti umani. libertà, quanto sia bello e imporMentre io pesto i piedi e mi tante poter credere e dire ciò che dispero, in Argentina Ignasi vuole senza paura di essere secio scopre di essere Guido. questrati e assassinati nel silenzio. Ignacio Hurban, musicista 36enne, è Di fronte a parentesi così oscure da poco venuto a sapere di essere dell’umanità, all’atea scorbutica stato adottato e che i suoi genitori che c’è in me viene una gran vonaturali avrebbero voluto chiamar-

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glia di essere disturbata dalle campane. Anzi, sarei più felice se potessi essere svegliata da campane cristiane e imam musulmani e sacerdoti pagani insieme, perché vorrebbe dire che culture e religioni diverse condividono lo stesso spazio in completa armonia. Nemmeno Robert Downey Jr è meglio della libertà.

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Sara Latorre, 2°D

PIAZZA TIENANMEN due punto zero Nel 1989, mentre in Europa l’Autunno delle Nazioni sanciva il crollo di gran parte delle tirannidi comuniste, più di centomila manifestanti antigovernativi invadevano la gloriosa Piazza Tienanmen, imponente simbolo pechinese dell’unità della RPC, decisi ad abbattere la dittatura socialista che ormai da quarant’anni dominava incontrastata il Paese, nella speranza di una nuova Cina finalmente libera e prospera. Sfortunatamente, coraggio e patriottismo non poterono fermare i proiettili governativi, e la notte del 4 giugno vide fra i 1000 e i 2000 manifestanti perdere la vita nel tentativo di restituire la democrazia ad una paese che su essa avrebbe dovuto fondarsi. Oggi, ventisei anni dopo, il popolo cinese è sceso nuovamente in piazza, questa volta ad Hong Kong, a seguito della decisione da parte di Pechino di rivedere le disposizioni

prese nel 1997, in occasione della cessione della città alla Cina. Con lo status di “Regione ad Amministrazione Speciale”, il principale polo economico della nazione ha infatti fino ad oggi garantito ai propri residenti una magistratura indipendente, un sistema scolastico libero dalle ingerenze del Partito e, sopratutto, elezioni (realmente) democratiche e a suffragio diretto. Tali “privilegi”(licenza poetica), conquistati dall’ex colonia britannica solo grazie alla ferrea mediazione della Iron Lady Margaret Tatcher, hanno però recentemente preoccupato i gerarchi dell’Autorità Centrale, in quanto simili libertà risultano assolutamente inconciliabili con il sistema elettorale presente nel resto della Nazione. Di conseguenza, Pechino ha annunciato che d’ora in avanti le liste elettorali saranno aperte solo a “coloro che, animati da instancabile patriottismo e ardore rivoluzionario, potranno rappresentare al meglio la Grande Cina”, e che qualsivoglia nomina ai pubblici uffici dovrà essere comunque vagliata dalla Commissione Etica Centrale. Un provvedimento che solo quel mattacchione di Xiaoping ha avuto l’ardire di definire “democratico”. Risoluta arriva la risposta di Scholarism e Occupy Central, principali organizzazioni autonomiste presenti nella città, le quali hanno promosso una serie di boicottaggi, scioperi e proteste pacifiche per difendere l’integrità della Regione d’Hong Kong. Fino ad ora i movimenti studenteschi hanno


spinto più di ottantamila persone ad occupare la Civic Square, paralizzando con barricate le principali arterie presenti nel distretto finanziario della città. Nel frattempo, il Chief Executive di Hong Kong ha fatto sapere di essere aperto al dialogo con i manifestanti, ma di appoggiare senza remora alcuna la decisa repressione operata in questo giorni dalle forze di polizia nazionale. Un’ultima nota giunge dal Dr. Wang Yi, ministro degli esteri della RPC, che in un comunicato ufficiale invita Governi e media occidentali a non intromettersi in quelli che lui definisce come “affari interni alla Cina”. Se permette, caro Ministro, noi ci intromettiamo, ci intromettiamo eccome. Anche se in fondo, più che da una intromissione di “forze esterne”, i dimostranti di Hong Kong sono spinti dalla convinzione di avere il diritto di gestire i propri governanti attraverso elezioni libere e giuste. Sono spinti dal sogno di una vita pacifica in cui godere della libertà e dello stato di diritto che erano stati promessi, e di certo proseguiranno la loro campagna con o senza l’appoggio dell’Occidente: come ha infatti detto, fra un sigaro e l’altro, quel gran personaggio di Winston Churchill, chi vive nella libertà ha un buon motivo per vivere, combattere e morire.

)9 at i l au quello tt A che non si puo dire Sono ormai passati più di trent’anni dai primi studi sulla malattia che ancora oggi uccide troppe persone: l’AIDS. Un’epidemia inarrestabile che, cominciatasi a espandere in tutto il mondo, fece sì che i sospetti di essere di fronte a una nuova patologia non potessero più essere ignorati. Sappiamo che il virus infettò inizialmente un notevole numero di membri delle comunità omosessuali maschili di alcune grandi città americane semplicemente perchè, non rischiando gravidanze indesiderate, essi non utilizzavano i preservativi. Non passarono molti anni, però, prima che questo male diventasse un vero e proprio allarme mondiale.

Oggi, come anche agli inizi di tale catastrofe, il mondo cinematografico decide di rappresentare, con la massima accuratezza e riguardo, il disagio e il dolore generale che l’AIDS ha portato nel mondo. Un esempio degno di nota è il pluripremiato film “Philadelphia” del 1993. Quest’opera divenne tanto famosa e amata perché tutti, non solo i personaggi del film ma anche il pubblico, sono costretti a mettere in Hao Yun Qi, Hong Kong! discussione le proprie convinzioni e Roberto Mauri, V D vedere il mondo con un occhio tutto nuovo. Il film racconta la storia di un giudice gay di Philadelphia che,


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ammalatosi di AIDS, combatte fino alla fine per ciò in cui crede. Le scene di amore omosessuale sono ridotte solo a un piccolo bacio tra la coppia gay del film, formata da Tom Hanks e Antonio Banderas. Molto diverso invece è il film “The Normal Heart”, una pellicola del 2014 mai proiettata nei cinema, ma solo sul piccolo schermo. Film più impegnativo e crudo, racconta l’impatto della prima diffusione dell’AIDS sulla comunità gay (in questo caso di New York) e non si risparmia nel mostrare scene di dolore tanto quanto di amore omosessuale.

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di cui si ha paura e che non viene accettato dalle autorità maggiori, a partire dall’omosessualità e il “diverso” fino ad arrivare a parlare di preservativi e aborti (ribadisco, infatti, che in “Philadelphia” le scene di amore gay sono ridotte all’osso e si può vedere una battaglia contro l’AIDS unita ad un voler portare avanti una lotta per i diritti civili di tutti, mentre in “The Normal Heart” si vede una storia d’amore gay che muore sul nascere a causa di questa malattia).

È proprio questo cercare di sviare ogni problema che, per me, sta portando l’Italia a un declino civile e morale, che andrà ad affiancarsi poi a quello economico e politico già esistente. La domanda che mi sorge Un esempio recente è la notizia spontanea è, quindi: perchè in Italia di questi giorni su di una coppia non si sa quasi niente di questo di ragazzini del Veneto (lei 13, lui film che in America è arrivato a 12 anni) che hanno concepito, i essere considerato persino il “film primi di giugno, un figlio. Questo dell’anno”, mentre Philadelphia è fatto ovviamente, oltre a portare conosciuto ancora oggi e ancora scandalo, ha fatto nascere molti oggi trasmesso? E perchè c’è dubbi su come sia possibile che questa differenza tra due opere due ragazzini comunque di una che alla fine parlano dello stesso certa età siano arrivati fino a questo argomento? punto: una mancata conoscenza in campo sessuale da parte loro All’inizio ho “dato a colpa” al o una fallita istruzione da parte diverso mezzo di trasmissione dello Stato? Bisogna far notare, delle due pellicole, che ne ha infatti, che spesso nelle scuole portato magari ad una maggiore non sono portate avanti delle o inferiore diffusione, ma poi ho iniziative sull’educazione sessuale pensato che il motivo potesse essere o, se questo avviene, non sono mai soprattutto un altro, un problema approfondite in modo adeguato, che secondo me grava ancora evitando il discorso sulle precauzioni oggi sull’Italia più che su altri Stati: da prendere e le possibili malattie un continuo oscurare tutto ciò che che si possono trasmettere si ritiene inadatto da far sapere, ciò sessualmente. Non è forse meglio


che queste cose si vengano a sapere con spiegazioni adeguate, preventive, al posto che attraverso l’esperienza diretta come con questi ragazzi? Perché rovinare così tante vite? La difficoltà di parlare di AIDS e di tutti quei problemi e diversità che ormai fanno parte della nostra vita ci sta rendendo solo più deboli e vulnerabili verso il mondo in continua evoluzione. Si è arrivati dunque a capire di più su questi argomenti semplicemente andando su Internet e schiacciando il tasto di Ricerca, leggendo riviste e giornali, parlandone con la gente, costruendoci man mano una cultura “fai da te”. È comune in questi tempi incolpare la Chiesa per questo “regresso” culturale, avendo in Italia molto più peso sulla vita civile rispetto a qualunque altro Stato. Grazie a Papa Francesco però, in quest’ultimo periodo, si nota un notevole tentativo di cambiamento, un voler rileggere tutto ciò che la Chiesa ha sempre ritenuto sbagliato o che non comprende, al posto di “condannarle velocemente”. Dopotutto quindi siamo tutti noi a dover rispolverare quei nostri antichi principi perché, anche attraverso un film non trasmesso, una scena censurata, una parola non detta o una detta di troppo, il mondo potrebbe cambiare, ma saremo tutti noi a decidere se cambiarlo in meglio o in peggio.

)11 at ila ut UOMO tA SENZA PANZA UOMO DE SOSTANZA? Da qualche settimana a questa parte mi ritrovo a frequentare il mistico ambiente della palestra. Parlo di quella ‘seria’, con tanto di mostruosi macchinari metallici e incomprensibili panche. Su questa passerella sfilano, a grandi linee, due tipi umani. La prima categoria è composta da persone che –come me- sono mosse da un qualche senso del dovere nei confronti del proprio corpo o animate dalle lamentele di coinquilini che vorrebbero il divano anche un po’ per sé. L’altra, invece, è costituita da coloro che fanno della stessa attività fisica una religione, eseguendo esercizi con la stessa veemenza con la quale mia nonna recita il rosario. Le due specie sono distinguibili distinguibilissime. Più perplessa che affascinata, ho deciso di condurre la mia indaginecritica-e-razionale proprio riguardo allo stile di vita che seguono questi individui così dissimili da me, interrogando la crème de la crème: i culturisti o, all’inglese, body-builder.

Penso che a te, lettore, sia capitato A.C. almeno una volta nella vita di vedere le immagini di donne e uomini che sfoggiano i propri


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innaturali muscoli indossando ridicoli costumini fluo.

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E penso che a te, lettore sarpino, non sia mai venuto in mente che questi esseri geometricamente ambigui, almeno nella loro fase iniziale di mutazione, non facciano altro che imitare le statue greche e romane che studiamo. Ebbene sì, la bellezza del Discobolo, del Laocoonte, dei Bronzi ai giorni d’oggi sono estremizzate e profanate nello scenario delle palestre meccaniche, tra discorsi su integratori e marche di olio abbronzante. La fallacia di Internet mi ha voluto far credere che l’esordio nel mondo del bodyduilng possa avere come movente il raggiungimento del benessere fisico, tuttavia mi è stato confermato più volte che l’unico fine è quello estetico. E, purtroppo -citando la frase NON di Machiavelli- il fine giustifica i mezzi. Il body-building è infatti vissuto in maniera maniacale ed ossessiva e spinge chi lo pratica ad ignorare i naturali ritmi biologici. Mi è stato fatto l’esempio di Jay Cutler, che ha vinto millemila gare di cui non sto a raccontare, del quale si dice che conduca la vita di un neonato, con qualche ora di sollevamento pesì in più: mangia ogni ora e mezza e va a nanna rigorosamente dopo ogni allenamento, per far crescere la massa muscolare stimolata con gli sforzi. Inoltre il fanatismo nei confronti di un corpo perfetto porta

inevitabilmente all’assunzione di steroidi anabolizzanti e ormoni della crescita. A chi sostiene la possibilità di un ‘culturismo natural’, riporto la risposta che ho ricevuto io: un culturismo senza sostanze dopanti non è culturismo. A questo punto, a rigor di logica, si può affermare che il traffico sotterraneo e illegale di doping sia parte integrante di questa attività. Attività che mi sento di definire lontanissima dall’essere uno sport ma ben vicina all’essere sintomo di un disturbo. Emma, 15 anni, deve entrare nella 38. Teresa, 57 anni, è convinta di avere gli zigomi troppo bassi e le tette eccessivamente a pera. Il nostro ipotetico culturista Cristian non è tanto diverso da loro. Pronte a sacrificare salute, quieto viver nella legalità e portafogli, queste persone manifestano il disagio del vivere in un corpo che a loro non piace. Cristian, io ti voglio dire solo una cosa: uomo de panza uomo de sostanza. Martina Di Noto, II E

RIDI CHE TI PASSA! A volte, certe cose colpiscono solo quando le si sente davvero. E per “sentirle” intendo dire quando capiamo quanto poco siamo coerenti con quello che sosteniamo di credere, con quello che difendiamo con tutti noi stessi, a parole. Per esempio, quando leggiamo che in Turchia le donne hanno ricevuto la richiesta di evitare di ridere in


pubblico, come se rischiassero di scuotere l’indole sensibile e delicata degli uomini con un simile gesto azzardato, possiamo pensare che non sia una notizia scandalosa al punto da indignarci. Invece, riflettendoci, e molto, si può anche arrivare a comprendere che se degli uomini hanno esortato con tanta leggerezza le donne a smettere di ridere in pubblico, allora potrebbero arrivare a pretendere anche di più, come è successo in Afghanistan coi talebani , che hanno imposto una condizione di vita-a-metà alle donne, rinchiudendole tra le mura di casa e costringendole a nascondersi sotto una gabbia di stoffa, come se fossero indegne di camminare a testa alta senza veli che nascondano il loro viso. Alla luce di ciò, ritengo che sia un invito assolutamente assurdo e discriminatorio quello espresso dal viceministro turco Bülent Arinç, che, molto pacatamente e probabilmente convintissimo di avere tutto l’appoggio e la gratitudine delle interessate, ha gentilmente invitato le donne turche a non ridere in pubblico, con una frase pronunciata in un discorso avvenuto durante Eid-alFitr ( la celebrazione che segna la fine del Ramadan) che lo presenta come un conservatore nemmeno troppo bravo a mascherare questa sua tendenza: “La donna saprà riconosce cosa è peccato e ciò che non lo è. Lei non dovrà ridere in pubblico: è immorale. Non sarà invitante nelle sue attitudini e proteggerà la sua castità”. E allora perché non proporre uno sciopero

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delle risate che coinvolga gli uomini? Vale solo per le donne il divieto di vivere pienamente o è una negazione che va condivisa? Non solo, il ministro è anche piuttosto depresso perchè, a suo dire, le persone stanno perdendo tutti i principi morali, tanto che, dopo la bella trovata, se ne esce con una domanda altrettanto intelligente: “Dove sono le nostre ragazze che arrossiscono un po, abbassano la testa e distolgono lo sguardo quando le guardiamo in faccia, diventando il simbolo della castità?”. Io non definirei certi comportamenti simboli di castità, ma solo manifestazioni di sottomissione, di bigottismo, o di tradizioni perpetuate negli anni alle quali sicuramente la maggior parte degli uomini era affezionata, perché li faceva sentire in grado di spadroneggiare sulla vita di qualcuno senza essere considerato come una persona senza cervello. Ora che le donne stanno cercando di estirpare questi pregiudizi e la convinzione che le voleva come esseri inferiori, è piuttosto ovvio che chi viveva aggrappato alle tradizioni si senta perso, impotente e indifeso. La reazione delle donne alla richiesta del ministro dimostra quanto abbiano voglia di non dover abbassare la testa, di guardare tutti negli occhi, senza essere considerate persone senza educazione o peggio, senza etica, da allontanare e da additare come gente di poco conto.


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Infatti, dopo la “proposta” di Arinç, le donne e le ragazze turche hanno cominciato a caricare sul web migliaia di video e immagini in cui ridono e sono senza velo, libere, post condivisi da oltre 300.000 altre donne e uomini in tutto il mondo con l’hashtag #kahkaha (ridere) e #direnkahkaha (resistere ridere). Quindi, si può soltanto immaginare quanto possa essere frustrato il povero primo ministro che, armato di tutta la buona volontà, si era messo a dare consigli inutili e indesiderati a destra e a manca, dimostrando quanto un Paese economicamente piuttosto avanzato come la Turchia possa ancora essere vittima di retaggi culturali insulsi. Il coraggio di queste donne, e anche quello delle donne iraniane -che in questo periodo stanno caricando sulla pagina Facebook “my stealthy freedom” (creata dalla giornalista Masih Alinejad) immagini che le ritraggono felici e senza velo, manifestando il bisogno di poter vivere compiendo le proprie scelte- ha risvegliato le coscienze di moltissime persone nel mondo, in Occidente soprattutto, dove dobbiamo assolutamente bisogno di capire che è perfettamente inutile sostenere una causa a parole e poi andarle contro con un comportamento da egoisti, anche perché non saremmo poi così egoisti se fossimo noi quelli ai quali viene negata la libertà di fare anche solo le cose più banali, ma diventeremmo agguerritissimi e

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soprattutto combatteremmo senza pensarci per avere tutti gli stessi diritti. Carmen Musitelli, IV E

frozen premessa: la recensione è un pochino cattivella, ma totalmente spontanea. Riporto qui le mie riflessioni sul film, ma prima tengo a precisare che queste sono le MIE opinioni su Frozen. Detto questo, mi sento in dovere di aggiungere che se volete guardare un cartone con la vostra ragazza mentre fuori piove, Frozen comunque vi permette di ridere e tornare bambini. Però Dragon Trainer è più bello. Nel caso il titolo non fosse abbastanza esplicito, ve lo confermo, il seguente articolo è volto a recensire (paroloni) “Frozen: Regno di Ghiaccio”, o come mi piace definirlo: “Frozen: Regno dello Smarrono”. Ora, calmi tutti, mi spiego. Bellino il fatto che la Disney abbia voluto riproporre un film al femminile, con le protagoniste tutte fiere di esser donne e gli uomini un po’ scemi ,sulla scia di Mulan, per dire. La scelta è azzeccatissima, nel periodo in cui esce Frozen la QUESTIONE FEMMINILE è al centro della cronaca e il film fa il botto. “Ma allora scusa, il problema quale è? Sei invidioso del successo del cartone animato più bello del secolo?” Boia deh, il problema è che è troppo da fligliole. Il film sussiste in 102 minuti, CENTODUE, di pupazzi tridimensionali che cantano e ballano; ma mica canzoni intelligenti


che ti fan venire la pelle d’oca (anche sulle ginocchia, cit) al solo udire il suono delle prime note, tipo “Be prepared” o “I’ll make a man out of you” , macchè. Frozen ci offre, nel vasto repertorio di ben 10 canzoni della durata complessiva di 28 minuti (quasi un terzo di film, UN TERZO): Un duetto tra un uomo e una renna, un pupazzo di neve che canta di come gli piacerebbe vivere in estate e infine un’inutilissima canzone cantata da dei troll di pietra, di dubbia utilità per l’effettivo svolgimento della trama. Ah no, dimenticavo il fantastiglioso duetto tra la protagonista e l’uomo della sua vita, quello che ha incontrato mezz’ora prima, esatto, manco il tempo di far bollire un ragù e questa già si vuole sposare. Comuuuunque, non si dica che mi fermo solo al comparto sonoro, sia mai, è giusto dare spazio anche a quello scempio rosa e azzurro che è stato definito trama; occhio agli spoilerzzzz. Anna e Elsa, sorelle specialissime e figlie del re, vivono da principesse nel regno fatato di Arendelle tutte felici e contente, fino a quando non si scopre che Elsa è in realtà la figlia illegittima di SubZero e che ha il potere di lanciare Calippi all’anice dalle mani. Un giorno uno di questi calippi finisce in testa ad Anna, che viene curata dai magggggici troll di pietra. Tuttavia il segno del calippo non svanisce con poco, da Anna deve essere rimosso ogni ricordo dei poteri della sorella perché possa guarire del tutto. Elsa è dunque costretta a reprimere la sua vera essenza (gran messaggio, Disney) e a vivere reclusa in camera sua. Fast forward: i genitori muoiono (uddio, colpo di scena), le porte del castello si chiudono, tutti tristi (buuu-

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huuu buuuhuuu), giorno dell’incoronazione di Elsa come regina del maggggico regno di Arendelle, Anna conosce l’uomo della sua vita e lo vuole sposare, Elsa si incazza, Elsa lancia tanti Calippi, Elsa scappa, Anna la insegue, Elsa diventa architetto, Anna trova uno con una renna, canzone scema, Olaf, canzone scema, Anna trova Elsa grazie a quello con la renna e alla renna, Elsa si incazza, Golem di neve, robe, canzone stupida dei troll, robe, Anna quasi muore perché Elsa le ha tirato un calippo nel cu…. ore, i troll sono inutili e non possono curare Anna, tenerezza, il principe è uno stronzone che vuole uccidere Elsa e diventare Re(perché Anna lo aveva nominato reggente…blablabla), il principe sta per uccidere Elsa, Anna diventa un giga-Calippo al puffo mettendosi tra lo stronzone e la sorella, la spada dello stronzone esplode, lo stronzone sviene. Finale, finalmente: Elsa grazie al suo essere maggggica scioglie Anna che si fidanza con quello con la renna, lo stronzone viene cacciato e il castello viene riaperto. Se la trama vi sembra, dopo questo mio riassunto (devo ammetterlo, leggermente partigiano) assolutamente banale e davvero troppo infantile non avrete problemi a cogliere la mia critica a questo filmaccio. Giuro, manca poco, seguitemi per altri cinque minuti. Mi direte:“Ma se questo film fa così schifio, perché ha vinto due Oscar? Perché adesso le bimbettine vanno in giro a cantare “Let it Go” anziché la Ninna Nan-

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di Zira (The Lion King 2)?” Alla prima domanda ho una mezza risposta; alla seconda, purtroppo, no. Precisiamo il fatto che uno degli oscar vinti da Frozen sia quello per la miglior canzone; ora, se un terzo di film è composto da canzoni, si spera che almeno una buona ci sia e così è, peccato che questa non sia quella premiata. “Let it Go” è scialba, banale, quasi familiare. Personalmente preferisco di molto “Cuore di ghiaccio”, la primissima traccia del film in cui è racchiusa la trama stessa della pellicola; in aggiunta a questa possiamo sommare “Do you wanna build a snowman” che è sì infantile, ma almeno lo è dichiaratamente! Lo ammetto, la so a memoria, è innegabilmente ben scritta e ben arrangiata e riesce a far trasparire alla perfezione la frustrazione di Anna, al contrario di “Let it Go” che con i suoi fronzoli e gorgheggi da supercanzonedellavita soffoca il messaggio che dovrebbe essere il cardine del film: sii te stesso. L’altro Oscar che Frozen è riuscito ad accaparrarsi è quello per il miglior film d’animazione……. Parliamone, io non voglio fare sempre il bastian contrario, ma come è possibile che tra Frozen e Si alza il vento il film vincitore sia Frozen? Dai, diciamolo apertamente, la Disney viaggia sulla preferenziale quando si tratta di queste cose. Kaze Tachinu è OBBIETTIVAMENTE un lungometraggio/ cartone/ film animato migliore del ghiacciolo firmato Disney eppure non ha visto l’ombra di una statuetta, un po’ come Di Caprio. Cara Disney, fattelo dire, l’unico film “gelato” che vale la pena vedere è

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“L’era Glaciale”. Il primo, gli altri…. meh. Sabetta Andrea IIIC

La tomba di Gesuù Cristo. Pensi di conoscere tutto quello che c’è da sapere sulla vita, morte e miracoli del Messia? Hai sempre seguito con impeccabile attenzione le lezioni di catechismo? A casa hai tra gli scaffali della libreria le millemila edizioni della biografia di Cristo? Malgrado i tuoi sforzi, ti rivelo che non saprai mai la verità assoluta sulla vita privata di una persona vissuta duemila anni fa. Puoi sì farti un’idea di chi fosse Gesù, esistono infatti documenti accettati da tutti gli studiosi e dai credenti, i quattro Vangeli. Ma, per quanto possano essere attendibili storicamente i vangeli canonici, essi non parlano della vita di Gesù fino ai trent’anni e in tutti può nascere il desiderio di sapere cosa ha combinato il salvatore del mondo durante il periodo di ‘silenzio stampa’. Come già sai, i documenti che parlano del figlio di Dio vanno ben oltre i quattro vangeli canonici. Ci sono testimonianze apocrife che contengono rivelazioni sconcertanti e screditanti e gli autori sembra che si siano divertiti a indovinare quello che un giovane Gesù abbia fatto nella sua adolescenza, anziché basarsi sulla realtà. Tra i tanti, troviamo un papiro in copto del IV secolo che parla di una presunta moglie. Ti immagini il Dio sceso in terra che corre dietro a dei marmocchi? La storia però non è solo scritta sui papiri e per conoscere


a fondo le verità paleocristiane dobbiamo affidarci soprattutto ai reperti e ai materiali lasciatici in eredità dal passato. Ti è forse noto il Santo Sepolcro a Gerusalemme, il santuario religioso in cui, sempre secondo i Vangeli, dopo la morte è avvenuta la resurrezione. Ma sicuramente non sai che a 9.000 km di distanza in Giappone, sperduto in una prefettura settentrionale, a Shingo, villaggio rurale delle dimensioni di Mornico al Serio, è custodito il ‘Kirisuto no haka’ tradotto ‘La tomba di Cristo’. Si tratta di un tumulo decorato da un paio di croci, attribuito appunto a Gesù Cristo, che i mangiatori locali di pesce crudo venerano fedelmente. La leggenda che c’è sotto è molto più interessante e straniante di quanto si possa pensare. Secondo quest’ultima, infatti, Gesù non fu crocifisso sul Calvario: riuscì a salvarsi la vita facendosi prontamente rimpiazzare dal fratello minore Isukiri (un nome molto diffuso tra la popolazione ebraica anche tutt’ora). Così Gesù prese baracca e burattini e fuggì da solo attraverso la Siberia fino al nord del Giappone, Marco Polo in confronto è un dilettante. Trovata nuova dimora, divenne un coltivatore di riso, rise molto, si sposò e crebbe tre figlie in un luogo vicino al villaggio di Shingo, conducendo una vita umile, similmente ai suoi principi e ai suoi insegnamenti. Si narra inoltre che JapanGesù avrebbe viaggiato per tutto il Giappone, forse predicando la parola di Dio, forse imparando le nozioni dello shintoismo, o forse facendo cosplay, per morire infine, dopo un’esistenza lunga e sconquassata, all’età di 106 anni, mentre nella lontana Europa i

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suoi fedeli avevano già iniziato a subire martiri. Il corpo scarnificato divenne subito una reliquia. Secondo le usanze del tempo le ossa di Gesù furono raccolte e sepolte nel tumulo oggi venerato. Le origini di questa telenovela risalgono all’anno 1933, dopo il ritrovamento di presunti “antichi e dettagliati documenti ebraici riguardanti la vita e la morte di Gesù in Giappone”, presumibilmente il testamento di Gesù stesso. Questi antichi testi furono sequestrati dalle autorità giapponesi e portati a Tokyo poco prima della seconda guerra mondiale, e da allora non se ne seppe più nulla. Forse una speranza di fare chiarezza a questa enigmatica vicenda l’abbiamo: potremmo recarci personalmente a Shingo e interpellare il diretto discendente di Cristo, Sajiro Sawaguchi, ma una volta lì non dovremmo stupirci nel notare i suoi occhi a mandorla.

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Giovanni Testa V^C

Screen of consciousnes Si alza il vento Da sempre l’arte, che si parli di pittura, musica, cinema o teatro non ha importanza, è lo specchio dell’autore che la produce. E’ inevitabile, per esempio, che leggendo Leopardi io mi trovi a ricondurre versi delle sue poesie alle esperienze da lui vissute in vita, o che guardando un film di Stanley Kubrik io colga la sua meti-


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colosità, a tratti anche morbosa, per la resa prospettica, conseguente ad una profonda passione per la fotografia insita nel regista fin dalla fanciullezza. Perciò l’arte non è altro che un modo per parlare di sé ed esprimere le emozioni che l’artista ha provato a seguito di un’esperienza da lui vissuta in prima persona. L’arte però in quanto tale non rappresenta una mera fruizione da parte del singolo artista e di pochi altri simili a lui, che hanno superato gli stessi ostacoli e hanno gioito per gli stessi traguardi. Si parte da un concetto personale, la voglia di raccontarsi e di condividere col mondo un proprio stato d’animo o un’opinione, e da ciò si cerca di approdare a una considerazione universale, che possa accogliere sotto di sé un numero più ampio di individui, facendo sì che tutti si sentano rappresentati da tale ideale.

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per gli aeroplani. Per certi versi si potrebbe addirittura affermare che la figura di Jiro è quasi perfettamente sovrapponibile a quella del regista giapponese; entrambi infatti vivono costantemente alla ricerca di nuove idee per i loro progetti, sebbene le loro professioni siano diversissime tra loro. Eppure il film non si limita a raccontare la vicenda di Jiro e ricercarne le analogie con la vita del maestro d’animazione, ma cerca di descrivere il percorso che ognuno di noi compie dal momento in cui viene alla luce.

L’inizio della pellicola ci catapulta nel sogno giovanile del protagonista, quello che rappresenterà l’obiettivo di tutta la sua vita: diventare progettista di aeroplani. Non è un caso che il film si apra con la narrazione di un sogno. Jiro è un sognatore, un visionario, lavora duramente per raggiungere il suo traguardo, senza arrendersi, spinto solo dalla passione e dalla speranza che egli Così avviene anche in quest’ultimo ripone nelle sue capacità creative. lungometraggio animato del maeLe visioni oniriche del personaggio stro Hayao Miyazaki. sono le uniche incursioni nel mondo del fantastico che si concede Miya“Si alza il vento” (2013) di per sé è un film biografico che narra la storia zaki, fatte di prati verdi e spazi incontaminati che danno un forte senso dell’ingegnere Jiro Horikoshi, tristedi libertà e pace. La realtà invece è mente noto per aver progettato i molto più amara. Jiro si ritrova infatti caccia Zero utilizzati nel corso del secondo conflitto mondiale da par- ad affrontare momenti di crisi (tra te dei kamikaze giapponesi. La storia cui il terremoto che colpì il Giappone nel 1922 e la guerra in corso) però sembra spesso alludere e fare riferimento alla biografia dello stesso e grandi delusioni, continuando Miyazaki. Vi sono chiare somiglianze nonostante tutto a lavorare al suo progetto. Infine l’arrivo di Nahoko, sia fisionomiche sia caratteriali che accomunano i due: gli occhiali spes- la donna che diventerà poi sua moglie, segna una svolta decisiva nella si, il cappello, l’abitudine di fumare vita del protagonista. Il loro inconmolto, ma soprattutto la passione


tro, avvenuto in uno dei momenti di maggiore sconforto e frustrazione per l’ingegnere giapponese, riapre uno spiraglio di speranza. Nahoko diventa dunque casa, rifugio, un ulteriore stimolo per continuare; solo grazie al suo sostegno infatti Jiro riuscirà a portare a termine il suo lavoro. Filo conduttore di tutta la trama è il vento: basta il suo soffio a determinare uno stravolgimento nella vita dei personaggi. Il film dunque ci presenta una visione realistica e matura della vita dell’uomo moderno, costellata di grandi aspettative ma anche di grandi insuccessi. Persino i nostri sogni, che rappresentano l’unico modo che abbiamo per evadere da una realtà matrigna che ci imprigiona, lasciano dietro di sé un senso di amarezza e di forte malinconia: Jiro sognava di costruire un aereo in grado di contenere famiglie, non un bombardiere carico di mitragliatrici. È un film in grado di amareggiare molto ma anche di lasciare lo spettatore col cuore pieno di emozioni. Miyazaki infatti ci lascia con un messaggio, recapitatoci da un ultimo sbuffo di vento, ricolmo di gratitudine e speranza nei confronti della vita, che, per quanto possa essere dura e problematica, è pur sempre il dono più grande che ci viene concesso. Il finale è dunque un’esortazione ad andare avanti nonostante tutte le difficoltà. Perché in fondo, quando si alza il vento, l’unica alternativa che si ha è o rimanere fermo, o rischiare tutto e spiccare il volo. Giulia Argenziano, IIIB

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“CHARLIE c CHAPLIN THE KID”

Chi di voi, all’idea di vedere un film di Charlie Chaplin, non poteva fare a meno di pensare che avrebbe visto qualcosa di molto lontano alla comicità a cui siamo abituati e, quindi, relativamente noioso? Ebbene allo stesso modo noi eravamo preparate prima di vedere “the Kid”, il film proposto dalla commissione cinema venerdì 26 settembre. Invece siamo rimaste molto sorprese nel vedere che, in realtà, era proprio il contrario di quello che ci aspettavamo. “The Kid” è il primo lungometraggio di Charlie Chaplin, girato in un momento particolare per l’attore, ossia qualche giorno dopo la morte di suo figlio. Il film tratta la storia di un uomo che un giorno trova abbandonato sul ciglio della strada una bambino in fasce. Sua madre era rimasta sola dopo il parto e, non potendosi permettere di tenerlo, lo abbandonò pentendosi subito amaramente. Il protagonista si prese cura del bambino, chiamato John, come se fosse suo figlio, riuscendo ad instaurare un profondo rapporto di amicizia-alleanza. Tutto si complica però quando John si ammala e il dottore decide che deve essere mandato in un orfanotrofio per ricevere cure e attenzioni migliori. Iniziano così una serie di disavventure nelle quali Charlie e suo figlio lottano per riuscire a stare insieme. Proprio quando sembra che tutto sia perduto e i due si debbano separare, le


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cose vengono sistemate dalla madre del piccolo, che nel frattempo non aveva smesso di cercare suo figlio ed era diventata una famosissima attrice. In questo film è ammirabile la bravura di Charlie Chaplin, il quale non si fa influenzare dal dolore della recente morte di suo figlio, ma sfrutta questo sentimento riuscendo a trasmettere nel miglior modo possibile la sofferenza di perdere un figlio durante la scena della sua separazione con John. Ora possiamo dire che i suoi film, benché posseggano comunque una nota comica, non sono distanti dalla realtà; una realtà senza tempo, universale, carica di sentimenti comuni ad ogni epoca e ad ogni generazione, sentimenti che ci rendono umani. Pur essendo considerato un attore comico Chaplin possiede una sua tragicità che viene comunicata alla perfezione nonostante il film sia muto.

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Claudia Pezzini, Giorgia Scotini e Adele Carraro, IC

HIGURASHI NO NAKU KORO NI Ok, anche se è un titolo complicato, non spaventatevi. Respirate. Bene, cos’è allora questo scioglilingua che vi voglio proporre? Un’anime giapponese degno addirittura della mia top 5 personale. É l’anime che mi piace proporre quando le persone paragonano gli anime ai cartoni

animati per bambini per dimostrargli che hanno torto. Non vi sorprenderà quindi il fatto che sia un anime ricco di scene piuttosto crude, inquietanti e ricche di sangue. Higurashi, tradotto in italiano come “Quando le cicale cantano” è un adattamento da una visual novel per computer. A differenza delle normali trasposizioni da visual novel, però, non prende in considerazione un singolo arco narrativo né il meglio dei vari archi condensato insieme. Vengono rappresentati infatti tutti quanti gli archi narrativi. Ora, spoiler alert: se siete tra coloro che preferiscono non sapere nulla di quello che hanno intenzione di vedere, allora fermatevi qua. Per tutti gli altri, vi presento brevemente la storia: l’anime parla delle avventure di un gruppo di studenti nel piccolo villaggio di Hinamizawa, tutto sembra piuttosto pacifico, batuffoloso e simpatico, almeno così pare fino al festival di Watanagashi, in onore della divinità locale Oyashiro-sama; inevitabilmente il festival segna un punto di svolta nella storia. Dopo di esso infatti le relazioni tra i personaggi cambiano. La pazzia e la paranoia imperversano e condannano i personaggi ad una morte collettiva ad opera dell’elemento più squilibrato del gruppo. Perché sto generalizzando? Perché la storia si ripete all’inizio di ogni arco narrativo, per poi ricominciare da capo nell’arco narrativo successivo cambiando punto di vista e personaggio principale. Ogni arco viene raccon-


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tato attraverso un personaggio in particolare, raccontandoci la sua storia personale e come vive la sua inevitabile pazzia. Ogni volta vengono rivelati sempre più dettagli su quanto succede,in modo che alla Brevi indovinelli per Sarpini Belli fine sia possibile per noi scoprire la di Marta Maffeis verità su ciò che sta succedendo, e per i personaggi di riuscire a sopravvivere e approdare ad un lieto fine. A. È onnisciente e omni presente Passiamo all’animazione e allo stile: ma ora non c’è e tutti l’ hanmolti criticano il fatto che il disegno no visto un minuto fa proprio lì sia piuttosto povero, dando un’aria poco seria e troppo “cartoonosa”. A mio parere invece è una nota di B. Sono la cosa più viva e allo merito, in quanto rende più drastico stesso tempo vivace di tutta la scuola. La miglior compail distacco tra le parti gioiose e quelgnia nell’ aula di scienze. Ho le più oscure, oltre a rendere le seconosciuto Gesù, ma che conde ancora più inquietanti. Inoltre dico gli dei in persona perché ha contribuito a creare la cosiddetloro ci sono da sempre e per ta “faccia da Higurashi” ovvero l’insempre credibile trasfigurazione dei volti che C. va e viene in continuazione va ad esprimere l’estrema follia del facendo disperare i professori. personaggio. La musica è composta È nuova in questa scuola, dal grande Kenji Kawai ( composima è ambitissima da Sarpini tore per esempio delle musiche di e Sarpine. Ce n’è una per Death Note, Ghost in the Shell e altri anime e film di successo) e riesce perfettamente a trasmettere le giuste emozioni nei momenti giusti. Non vi stupirà sapere che ve lo raccomando assolutamente e caldamente, in fondo chi non ha bisogno di un goccio di follia a fine giornata? RISPOSTA A: Donato RISPOSTA B: Animali Impagliati RISPOSTA C: Connessione WiFi

Marcello Zanetti, IIB

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VE Strocchia:

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a r C’è marmotta lì dietro? Seh, continuiamo la venerazione dell’astuccio… Oh, come sei bello e fortunato…

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Piccirilli: “Fate questa versione ma non copiatevi a vicenda” Buzzetti si avvicina al banco di Roncalli per chiedere una frase

Sposi, l’unica cosa utile è la peste!”

Messi: “Avete dei dubbi?” Davide: “Perché ho scelto questa scuola è un dubbio?”

Messi: “La sintassi dei casi è come un labirinto”

Francesco: “E come facciamo ad Piccirilli: “Via dal santuario della Ron- uscirne?” calli, cosa sono questi pellegrinaggi??” Messi: “Vi prendo per mano io. Dovete solo decidere se sarò la vostra Strocchia: “Chiaro per tutti? Anche Arianna o il vostro Minotauro: meglio per Elzi? Se stai pensando alla Juve la seconda…” trascura pure la scuola Salvi: “Amato cosa stai guardando sotto il banco??” Amato: “No niente, mi sembrava ci fosse scritto “Amato”… invece… invece no… c’era scritto… ehm… Marco” VA Cubelli: non ho mai capito perché ai romani piacesse che ROMA al contrario si leggesse AMOR… bah forse perché gli piaceva trombare… Cubelli: i calzini sono il modello della conoscenza Maffioletti: cosa vuol dire VIS? Tizio non identificato: uomo Maffioletti: ma, ma, ma, ma mi fate salire il crimine!

Messi: “Si avvicina San Valentino. Voi, aprendo i cioccolati e leggendo TVTB, non capirete ‘ti voglio tanto bene’, bensì ‘tema verbale tanto basta’.

Messi: “I passivi di benedico e maledico sono beneaudio e maleaudio che significano ‘ho buona/cattiva fama?, non ‘sento bene/male’ perché se no sembra tanto la pubblicità dell’Amplifon.”

Messi: “E’ una versione da tre palle questa.” Alunno: “Colleoni style…”

EX VF Messi: “Lucia è inutile! Nei Promessi

Messi: “Segnatevi questa espressione


anche se la troverete solo nel triennio perché altrimenti, quando la incontrerete, farete le bolle blu blu come i pesci.”

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EX SECONDA CCCC Trivia: Colombo tu non fai mai niente, Adele Carraro, autrice del seguente hai le ali come gli angioletti solo che articolo, non sa del cambiamento di le tue non si vedono” titolo. Colpa sua però, che ha inviaPucci: Prof, gli angeli sono fattissimi! to la bbozzza senza titolarla. In ultima istanza, vorrei sottolineare come, Trivia: forse il tuo! nel linguaggio di Terza Pagina, “Mer*applausi della classe* date” assuma una connotazione quanto mai positiva. Buona lettura. (p.b) Trivia: non è che in un’opera canAPPROCCI: evoluzione digitale del tano sempre tutti! C’è l’aria del dizionario di greco cartaceo tenore, l’aria del soprano, poi c’è il duetto, il trio a volte il coro...ma non ELEMENTI: Eleonora, non stai dicensi canta tutti insieme, altrimenti non do la verità è una opera è un pollaio! LATINO: club esclusivo contro la diciottesima lettera dell’alfabeto italiano Trivia: Tex Willer spara con due pisto- SPIANATA: ha dimostrato fin da sule, io metto 4 con una mano sola! bito di poter lavorare nella CIA GUIDATORI: sono molto diffusi in Mazzacchera; qual è l’etimologia di Spagna “templum”? LAMINA: quella cosa fastidiosa Pucci: tempio! che si blocca spesso nel temperaMazzacchera: etimologicamente matite intendo!! MINIERA: un’epoca piuttosto breve Pucci:......ehm....tempio! Trivia: quando il limone è asciutto, se lo spermi non esce niente! Durante l’interrogazione Roberta: la trigonometria è una branchia della matematica Trivia: si, e si studia sott’acqua


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Missale: “eh insomma, questa vita stronzat… ehm, strozzata”

Zappo:“bene, ora uno di voi…” Ravi: “UNO DI VOI MI TRADIRA’!” Zappo: “ho colto degli sguardi profondamente intelligenti” Frattini: “io faccio i riti voodoo perché la tesina non ci sia” (Marci ha sul banco una tazza di tè )Pusi: “Zanetti scusa ma il tuo breakfast lì cosa ci fa? Ma dove siamo finiti?” (poco dopo) “Galante tu ti sei tolto le scarpe? Non so, proprio rilassati quest’anno eh!” IPSE DIXIT IIB (A.S. 2013-2014) (Benny vuole passare ad Argi l’annuario ma Ravi lo intercetta) Ravi: ho fatto da ponte come l’ossigeno Ravi: possiamo vedere dei soggetti classicheggianti, come gli unicorni. Rino: …Gli unicorni?? Ravina ti ci metto trè!! Rino: le paratiroidi c’hanno la forma di pifello. Classe: …. Rino: pifello pianta! Non che magari andavate a penfare a quell’altro là!

punti a Bailo? Zappo: li passa Pizzighini! Pizzo: io li ho presi gli appunti, ma sono illeggibili… Zappo: hai avuto una mutazione genetica e ti sei trasformato in un fauno con una meravigliosa grafia femminile!! Zappo: facciamo una premessa metodologica: le donne si tacciano!

WESEN – La ’ESSENZA DELLE COSE Rubrica contenente recensioni brevi di Libri, Film, Dischi, Musiche, Pensieri, Cazzeggio e Altro. L’idea è di offrire uno squarcio sentimentalistico di quello che spesso succede lontano dalla scuola, cercando di non annoiarvi troppo. Se vien voglia anche a voi, mandateci le vostre rapide recensioni. La vita offre spunti,noi non lo sappiamo. (Mookie)

Elzi: qual è il numero di ossidazione del solforo?

Pacific Rim PEW! PEW! PEW! ROBOTTONI GIGANTI! MOSTRI GIGANTI! SPADE GIGANTI USATE DA ROBOTTONI GIGANTI PER UCCIDERE MOSTRI GIGANTI CHE SPUTANO ACIDO BLU (GIGANTI!) ! PEW! PEW! PEW! Ho di nuovo cinque anni. E’ meraviglioso. pew. -Sabbo l’infanzia e l’immedesimazione

Zappo: prendete bene gli appunti che poi li passate a Bailo! Pizzo: ma profe chi li passa gli ap-

“Per un passato migliore” dei Ministri è l’album scritto per tutti quelli che, come me, si sono sempre rifugiati nella musica straniera


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a causa di una deficienza di artisti italiani ilding, ma il degni di questo nome, che riuscissero a rap- manga, che la presentare la nostra società senza ricadere fava te la fa arrivanella banalità. Ah, quasi dimenticavo la re “solo” alla Tour Eiffel. parte più importante: il cantante è un figo Deh, disegnato male, senza atomico. Miao. gli sfondi, la prospettiva fa cahà… -Giuglia apre i suoi orizzonti però se mi fai morire il protagonista al primo volume (su 13) hai vinto tutto. ChaTotale. Figa. peau. Ah, e poi è tutto molto steampunk -Pietro dopo la proiezione di “Si alza il vencon i soldati che volano in mezzo agli edifici to” di Miyazaki e uccidono i giganti. Rasponi. -Sabbo excited Hate or Love? È filosoficamente possibile fare la scelta giusta? Un sacco di neri, Public Quando ascolto “After Ur Gone” e “Sorry” Enemy, e molte parolacce. Il film della mia io boh so solo che non capisco più un cazzo. estate. Anche se non ho bene capito il perTipo che sogno vivendo. È una cosa bellissiché. ma -Bonti scopre “Fa la cosa giusta” di Spike -Bonti su due canzoni di Alex G Lee Mastroianni-Pereira, grasso e cardiopatico giornalista ignaro di cosa comporti la dittatura sotto la quale vive, sostiene che se avesse avuto un figlio adesso non parlerebbe ogni giorno con il ritratto della moglie morta. Il giovane oppositore del regime Monteiro Rossi sostiene di amare la vita, e di scrivere secondo le ragioni del cuore. Io sostengo che questo film non è impegno politico-sociale, non è amore, non è umanità, non è senso della vita, ma un insieme di tutto questo. -Marianna prova a nascondere dietro una recensione seria l’arrapanza per Marcellino M. Read Music / Speak Spanish - Desaparecidos: Spariti davvero, chè dopo questo disco geniale che porca troia gasa uno sproposito cazzo, il 2002 è finito, i cellulari sono diventati smart e loro sono rimasti in qualche mixtape sperduto alla Tiraboschi. -Pietro e le compilation anni 2000 Shingeki no Kyojin Mica l’anime, che ti fa venire la fava grande quanto il Chrysler Bu-

The 1975 – Attenzione, è un presidio medico-chirurgico, non somministrare ai bimbomichia al di sotto degli ottant’anni. Potrebbe causare eccitazione improvvisa alternata a momenti di depressione suicida, assumere preferibilmente nelle ore notturne. Per ulteriori informazioni leggere il lyrics illustrativo. -Giuglia su gruppi misconosciuti Quando il pop era qualcosa di molto diverso da com’è inteso oggi. Testi bellerrimi, sfumature di jazz e blues, anni ’70 riesumati qua e là, remake migliori degli originali. Eventuali accuse di paraculaggine? Subito sventate, ma l’avete visto in faccia il cantante? Marianna spara cazzate su gruppi che non conosco assolutamente(Simply Red)


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CORRO VINCO E DUNQUE VIVO Domenica primo maggio 1994, circuito di Imola, curva del Tamburello. Settimo giro, il secondo dopo la Safety Car partita dopo l’incidente al via della Lotus di Pedro Lamy e la Benetton di JJ Lehto; Ayrton Senna è in testa con un tempo che si rivelerà il terzo della gara quando il piantone dello sterzo, che i meccanici avevano saldato manualmente su indicazione dello stesso Senna, si rompe e la sua Williams diventa impossibile da governare. Accade in un attimo e il pilota finisce dopo una brusca decelerazione contro il muretto del guard rail a 211 km/h, un impatto che non sarebbe dovuto essere fatale, ma quel cilindro di ferro malamente saldato prese il volo forando il casco del pilota brasiliano, uccidendolo sul colpo. La sua morte, dopo un tempestivo trasporto all’ospedale di Bologna, viene dichiarata alle 18.40. La gara si era già preannunciata sfortunata dopo l’incidente del venerdì di Barrichello, che gli procurò un infortunio tale da non permettergli lo schieramento e l’incidente mortale a Ratzenberger durante le qualifiche. Dal momento che la morte del pilota della Smitek era avvenuta in ospedale la FIA dichiarò che


la gara si sarebbe potuta correre. In seguito a questi incidenti venne ricostituita la lega piloti (GDPA) perché decidessero quando fosse opportuno non gareggiare per motivi di sicurezza e il circuito di Imola venne sequestrato per accertamenti e poi modificato. Vent’anni dopo siamo qui a guardare le gigantografie di Senna tra un pubblico che non dimentica quel ragazzino brasiliano che è arrivato come un tornado dettando legge e collezionando vittorie su vittorie. Lui vinceva perché voleva vincere, il suo battesimo del fuoco in Formula 1 fu il Gran Premio di Montecarlo 1984. Senna era stato ingaggiato dalla Toleman, una vettura paragonabile alle Marussia moderne, che di certo non era la monoposto competitiva che il pilota avrebbe voluto. La gara cominciò con una pioggia che in seguito divenne un acquazzone. In pochi giri Senna scavalcò campioni come Mansell, Alboreto e Keke Rosberg e arrivò a un soffio da Prost, che guidava una McLaren, guadagnando il secondo posto. Da qui ebbe inizio la scalata al successo di Magic, come viene chiamato. Sempre in mezzo ai meccanici, il primo a interessarsi ai motori e alle dinamiche interne della Formula 1; l’unico obiettivo: arrivare al vertice. Divenne tre volte campione del

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mondo, sempre con la McLaren, nell›88, nel 90 e nel 91 e una quarta appena sfiorata, per 16 punti, dopo la contesa del GP di Suzuka, dopo una mossa da alcuni ritenuta scorretta di Prost (tutt’ora i tifosi sono divisi sulla correttezza della manovra), e affidata a quest’ultimo. Fu il grande rivale di Prost prima e di Mansell poi, tanta competizione e tanto rispetto per quello che è ancora oggi uno dei Piloti della F1 ancora celebrati e ricordati, come Niki Lauda e Michael Schumacher.

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È stato il miglior pilota che sia mai vissuto. Niki Lauda Era incredibile la sua meticolosità con gli ingegneri, mi ha insegnato davvero molto, aveva una grande etica. Esistevano comunque due Ayrton, uno dentro la vettura e un altro fuori da quest’ultima: il primo era focoso, spietato e concentrato. Il secondo gentile, buono e preciso. David Coulthard Senna dice che crede in Dio... Probabilmente è tanto convinto da pensare di essere immortale, altrimenti non farebbe quello che fa. Alain Prost Senna è stato un’ispirazione e, anche se sono passati 20 anni, il suo spirito sopravvive in tutti i piloti da corsa. Valentino Rossi Selene Cavalleri II E


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l’unico mio difetto. E settembre non è lo stesso di cinque anni fa, quando il ginnasio mi faceva meno paura di adesso, perché sento un freddo nostalgico a ricordare di essere già stato. Il mondo guarda ed io non so, Non so stare più negli ultimi tempi. La se sono triste oppure no, non capire musica è cambiata per sempre, sia- mai, non decidere di farlo, va tutto mo tutti traditori di tutti, tu sei scombene. Spero davvero anche per te. parsa per chissà quanto, porca puttana. Ritorna, ritorna perché non ne posso più di vedere la tua immagine Io, se chiudo gli occhi, riflessa nelle macchinette davanti se penso che, alle quali una volta mi chiedesti di ho dei ricordi, ballare. Una volta. Poi mi giro per se salto in alto, un attimo e perdo ogni passaporto la mattina, di speranza, e il mio braccialetto arancione non fa che peggiorare le se credo vero, ciò che mi dici, cose, i ricordi si perdono dietro alle tu, scritte sui banchi della mia quarta perché da quando, ginnasio. L’atrio è pieno di gente, non penso più, ma non c’è nessuno. Cerco in ogni quartina il tuo volto, in ogni quartino mica ho smesso, di essere triste, quello dei miei amiconi, quelli che mica ho smesso, mi portano ai concerti, quelli che il di sbagliare, calcio solo all’una di notte al Lazzamica le cose cambiano, retto. Sapevo addirittura cosa fare all’intervallo, sapevo di poterti trova- se le vuoi cambiare, re, al matrimonio non ci ho mai pensiamo sempre i soliti, sato, ti ho sempre visto bellissima, quelli che non vogliono, specie nell’ultimo periodo, te lo ricordi quando studiavi Kant? E i nostri quelli che non stanno, programmi sembravano miracolosa- alle fermate dei pullman, ad aspettare mente sovrapporsi? Io ci penso alle corse e agli sguardi, ci penso semPaolo Bontempo 3^D pre che ti voglio bene e lo so, che è peggio, se esplodo. Alex G dice che te ne sei andata, ma no, io non voglio credere alle canzoni, io non voCi sono dei segnali strabelli, c’è tutta glio credere a quello che succede, una meraviglia nello scendere da ma solo a quello che è successo. un autobus affollato, nello scriversi E i tuoi capelli sono nastro isolante per le mie velleità, perché io qui, tra i muri. Funziona tutto qua, ma lì da queste mura del cazzo, cerco tutto te, lì cosa succede? Lì dove tutto il possibile immaginabile. Questo è mi sembra indimenticabile, tra le panchine e le altalene, dove mi

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TUTTO NON e

A PROPOSITO


hai chiesto di metterti nei miei cieli azzurri o in quelli grigi, “non ho mai pensato che avrei visto il giorno in cui ti avrei lasciata andare guardandoti camminare via”, sfumare all’orizzonte, dicevi. Le sigarette smezzate nello spogliatoio e tutti i discorsi sulle scale dopo la campanella, le mie storie d’amore che hanno la resistenza dei fiori sotto ai temporali e i tuoi abbracci prima dell’ora di matematica, così teneri e utopici. Non capivo niente di te, non capivo niente del futuro, che - pensaci - è l’adesso, l’adesso che ancora mi soffia sulle spalle e mi asciuga le guance, sempre costrette a scegliere tra quella promessa gigante che era Bologna e tutto il resto, tutti i gin lemon talmente fatti male da piangere e distruggere le consecutio temporum e tu lì che fai finta di comparire per caso. Mi guardo intorno e non sono più in bagno, ma nel bosco. E non sono sola, capiscila. Il tempo si distorce e non mi reggo in piedi. Tutto bene, dai. Tu non preoccuparti, tu non preoccuparti, tornerò, vedrai, vedrai. Vedrai e io non sono io. A scrivere non sono io, ma sei tu e smettiamola con questa cazzata che può divertire quanto vuoi ma è ora che smontiamo questo pretesto narrativo. Che paroloni che uso. Dai, fine, il nuovo degli alt-j è bello, ma non quanto il primo cazzo. Ti ho rubato il quadernetto rosso delle poesie e ho scoperto che c’è uno che fa finta di essere te e tu fai finta di essere me e tutto ciò solo per il fatto che io, in verità, io non ci sono. Pietro Raimondi 3^D

av ita )13 CHIEDO rr an SOLO

SPERANZA M’ama, non m’ama, m’ama, non m’ama. Staccavo lentamente i petali della margherita e pensavo a lui. Non avevo grandi problemi con questo ragazzo. Ridevamo, scherzavamo, giocavamo, chiacchieravamo insieme. Quando ci vedevamo, ci salutavamo con un sorriso e poi ci raggiungevamo. Il problema era che era il mio migliore amico che conoscevo da sempre. Probabilmente non mi considerava tanto differente dalle altre ragazze, ma io non ero dello stesse parere su di lui. Se mi prendeva per mano, io pensavo che volesse farmi capire che mi amava, lui lo prendeva come un segno d’affetto fra amici. O forse no? Io avevo sempre avuto un particolare attaccamento a lui, ma lui? Desiderava parlarmi perché mi vedeva come un’amica o altro? Mi abbracciava perché mi voleva? Ero come un’amica o ero di più? Finita la prima margherita: m’ama. Iniziai la seconda. Guardai l’orizzonte e ripensai all’ultima volta che l’avevo visto: due giorni prima, al parco con un gelato in mano a chiacchierare delle solite cose. Mentre parlavo normalmente, come se fossi stata in presenza di un amico come tanti


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a altri, il mio v i cervello si t ra aspettava un segno

dei suoi sentimenti. “Sei sporca di gelato sul naso.” Aveva detto fra le risate e con la punta dell’indice mi aveva tolto la macchia di gelato al cioccolato. Poi mi aveva preso per un braccio e avevamo camminato per arrivare alla fermata dell’autobus che dovevo prendere per tornare a casa. Non era una dichiarazione d’amore, ma quel contatto mi aveva fatto sentire in paradiso. Terminai la seconda margherita: non m’ama. Cominciai l’ultima. Strappavo e pensavo, pensavo e strappavo. Era stupido cercare risposte in un fiore, ma in un certo senso mi dava sicurezza. Alla fine era soltanto un altro modo per pensare a lui. Magari mi amava, o forse no. Dall’altra parte non avrei mai avuto il coraggio di dichiarare ciò che provavo, chissà cosa avrebbe potuto rispondermi. Cadde l’ultimo petalo: non m’ama. Fissai lo stelo sconfortata, chiedendomi se gli dovevo credere. Mi squillò il cellulare che tirai fuori dalla tasca dei jeans ricoperta da petali bianchi. Era lui: DOVE SEI?:) Risposi in fretta: AL PARCO, TU?^.^ A CASA. CI VEDIAMO FRA 1 ORA DAVANTI A SCUOLA PER UN GIRO? OK Forse mi amava o forse no, ma non m’importava. Era lì per me, anche se forse soltanto come amico. Ma

come si suole dire. “La speranza è l’ultima a morire.” E se tenevo duro potevo farcela, dovevo solamente non gettare la spugna. Così mi presentai davanti a scuola un’ora dopo e lui mi aspettava lì. “Ciao.” Disse e io ricambiai il saluto. “Come mai volevi vedermi?” chiesi. Domanda stupida, me l’aveva scritto. “Per un giro, come ti ho detto.” Facemmo una sosta dal panettiere per prendere due focacce e proseguimmo verso il parco che avevo lasciato poco prima. Ci dirigemmo verso le altalene che erano stranamente libere. Mi sedetti su quella verde, mentre lui si accomodò su quella rossa. Nessuno dei due parlava e benché meno si dondolava. Mi azzardai a guardarlo e scoprii che mi fissava. Sempre tenendomi sotto gli occhi, si alzò e iniziò a spingermi. Non era una spinta vera e propria, perché mi faceva solamente oscillare lentamente siccome compiva questo gesto tenendomi le mani che erano intorno alle catene. “Smettila.” Sibilai. “Di fare che?” chiese con aria innocente. “Di tenermi le mani, non siamo mica due fidanzatini.” “Ah, no?” “Come scusa?” “Beh, in un certo senso.” Mi girai verso di lui e obiettai: “I fidanzati si baciano, noi non ci baciamo.” “A questo si può rimediare.” E prima che potessi ribattere o semplicemente pensare, lo vidi vicinissimo a me: i miei occhi nei suoi


occhi, le mie labbra sulle sue e il mio fiato confuso nel suo. In quel momento eravamo il mio agognato “noi”: non semplicemente amici, ma qualcosa di più Mi sentii ripagata di tutta l’attesa di quei giorni, di quei mesi, di quegli anni nei quali ero rimasta ad aspettare e a sperare. Avevo affidato le mie speranze al fato che mi aveva dato la mia ricompensa. Il mondo era perfetto.

l’ero trovata sulla mia scrivania:

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“Gentile, si fa per dire, Sig.***,

diamine! Mi pareva inutile rimarcare il mio profondo,anzi oserei dire estremo dissenso con cui giudico la sua gestione per quanto riguarda il (mal) funzionamento dell’ascensiore, -segnerò in corsivo le disattenzioni lessicali del sig. Giorgio Giorgio, che Matilde Ravaschio I E per la fretta ha commesso, qualsiasi fretta che possa avere una personalità del genere, o per qualsiasi altro giustificabilissimo motiv, - ma stamane ho preso la decisione di riservarle tutto ciò che penso in merito alla questione. Primamente, vorrei farle notare che non mi piace proprio come recentemente mi ha liquidato dicendomi che dal piano terra non dovrei usufruire dell’ascensiore: ebNe ho avuti di inquilini, diciamo, bene, che il mio San Martino sia più strambi: affetti da ogni singolare leggero di quello dei Bonassoli e deperplessità mentale e morale, di gli Zenoni, che loro abitando rispetquelli che se ne uscivano alle undici tivamente al quarto e sesto piano di sera e rientravano alle undici del ne fanno un uso regolare! O forse mi giorno seguente, tricotillomani che crede solo ignorante dal momento m’inzozzavano l’ingresso con i loro che sono un misero interinale? Torcapelli strappati e persino un gruppo nando a noi, è stata davvero una di becchini, che parevano più della mattinata difficile per colpa della Compagnia del San Giovanni Desua ascensiore! Volevo portare una collato, che a turno affittavano due briosc alla sig.ra Dalla Bona, che è o tre appartamenti all’ultimo piano: un po’ su di età, per farle un piacere ma mai nessuno come il soggetto in e per dilettarmi un poco in queste questione. Si chiama Giorgio Giortediose albe del nord, così m’imbatgio, sì, ha il nome uguale al cognotevo in quella decadente struttura me, per risparmiare tempo sostiene che è la sua ascensiore: all’inizio, le lui. Pubblico di seguito la sua recen- vecchie porticciole non si volevano te lamentela, che mi pareva più un aprire, ogni giorno, deve sapere, avviso di garanzia il giorno che me s’inarcano di mezzo grado in più,

LETTRA DI LAMENTELE DAL PIANO TERRA


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sema preedpiùè difficile v i t ra sforzarle. Una volta

r entrato, ho pigiato sul na bottone del sesto piano.

Non s’illuminava. Così seguitavo a rispettare le chiare indicazione iscritte sopra il pulsante d’allarme: la prima, palesemente inutile, mi consigliava di premere ripetutamente sul tasto prescielto, la seconda, avvisava di provare a tastare un altro bottone. Così ero finito al quarto piano! Come non detto, appena ero giunto lì, i Brembilla, di fretta, necessitavano dell’ascensore. Gliela lasciavo. Lo sapeva vero che al quarto piano non si può prenotare l’ascensiore? E che bisogna andare o al terzo, o al quinto piano! La briosc non era più… ecco… appena sfornata. Era diventata tuttavia una questione d’orgoglio, una mera ma non altrettanto sterile occasione di rivincita nei confronti della sua mancanza diligenza nell’amministrazione. Al terzo piano, quindi, riprendevo l’ascensore. Pigiavo sul sesto piano, tutto regolare: finalmente! AGiunto però al quinto piano, i Tanghetti avevano prenotato l’ascensiore e io, per la seconda volta, ho optato per la gialanteria e gliel’ho lasciata. Per il tempo che c’avevano impiegato, penso proprio che erano andati fin giù al garage e poi io, finalmente, avevo richiamato l’ascensiore a me. Una volta preso, toh che si è fermato di colpo. Menomale che non soffro più di claustrofobia, e che questo vizio l’ho sostituito con talune, chiamiamole genuinità che però non han bisogno d’esser richiamate, ma soltanto immaginate. D’altra parte l’avverto che sono agorafobico, e che quindi ritengo assolutamente naturale che

mi debbo svegliare mezzora prima degli altri inquilini, e così nel tornare, per evitare quel gran baccano che si va creare nella piccola, è davvero piccola, hall, come la chiama lei, o ingresso, come va di più tra noi interinali, appunto. Tempo un’altra ora, e finalmente ripartiva, e il fatidico sesto piano. Erano le 11.30. Tardi, dannatamente tardi, la sig.ra Dalla Bona evidentemente se n’era probabilmente già andata a fare.. beh che cosa posso saperne? Quindi tornavo al mio piano terra, beato piano terra. Sai quanto mi è costata questa mattina la sua ascensiore? Ben ottanta cientesimi. Pochi? Me li scali da S.Martino. Cordiali, si fa per dire, saluti,

Giorgio Giorgio”

Finita di leggerla, dal momento che non rammentavo appieno chi fosse la signora in questione, preso l’elenco degli inquilini lo sfogliai: Caglioni,

TRENI E RICORDI Aveva sempre odiato i treni: troppo rumorosi, sovraffollati, afosi e spesso in ritardo. Li aveva sempre detestati eppure in quel momento stava osservando il paesaggio che scorreva dall’altra parte del finestrino di quel treno che, a suo parere, era arrivato troppo presto. Insieme a quello stupendo paesaggio scorrevano anche i ricordi di quegli ultimi anni. Stava scappando da quella che era la sua vita, ne era consapevole, tuttavia non poteva rimanere; aveva bisogno di una nuova vita e quel


treno era un’occasione perfetta per fuggire dai dolorosi ricordi che le attanagliavano il cuore. Quel treno l’avrebbe portata lontano da tutti i pensieri e soprattutto lontano da lei. Sorrise al suo ricordo. Le vennero in mente i suoi grandi occhi grigi, quelli che tanto amava, ripensò ai suoi lunghi capelli biondi con le punte rosa e le sembrò quasi di sentirne il dolce profumo. Chiuse gli occhi; sentiva il suo caldo sospiro sul collo ed il suo delicato tocco sul viso. La sua tenera risata le risuonò nelle orecchie e spaventata aprí gli occhi di scatto. Era sola. Nessuna mano percorreva delicatamente il suo viso ma calde lacrime le solcavano le guance. Era sola come lo era stata da quando lei se ne era andata. Doveva smetterla di pensare alla sua Rose. Non aveva senso pensarla ancora, in fondo non era stata abbastanza per la sua piccola. Non era stata abbastanza importante per fermarla, per farla rimanere e solo ora che vedeva immensi campi scorrere dietro ad un vetro si rendeva conto che non avrebbe più visto gli occhi grigi del suo unico amore, si rendeva conto che non avrebbe più sentito la morbidezza delle sue labbra, non avrebbe più potuto far scorrere le dita tra i suoi capelli, non avrebbe più sentito la sua voce sussurrarle all’orecchio che l’amava. Il treno si fermò e Melody tirò un sospiro di sollievo. Finalmente era giunta a destinazione. Finalmente avrebbe potuto dimenticare e ricominciare una nuova vita. Valentina Fastolini V C

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Percheé”

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Testa bassa e mani in tasca quasi per passare inosservato La tristezza si impossessa lasciandomi senza fiato Schiavo del silenzio o il silenzio è mio schiavo Dio, quant’è difficile stare e restare in secondo piano Mano per la mano, cerchi il sole, ma sono gelido Non c’è nulla che mi merita o non c’è nulla che mi merito? Paranoie come gocce di pioggia, non fai caso alla singola Vittima, prendi le più grandi e te ne torni ad Itaca Convivo con un vuoto che mi porto dietro e dentro Resto immobile all’immagine di poter vederlo Cresco con la paura di scoprire che cos’è La parola chiave della vita è “perché” Luca Latorre 4^E


direttorePietro Raimondi IIID vicedirettoreAndrea Sabetta IIIC sarpi Giovanni Testa VC attualita Sara Latorre IID cultura GIulia Argenziano IIIB terza pagina Paolo Bontempo IIID sport Selene Cavalleri IIE narrativa Matilde Ravaschio IE commisione togni Laura Gabellini IE impaginazione Marco Balestra IE

redattori

Sara Milani VA,Chiara Cattaneo VA, GIorgia Scotini IC, Claudia Pezzini IC, Davide Pedroni IIID, Marta Maffeis IIC, Adele Carraro IC, Alessandro Comi IC, Alberto Fenice IVA, Laura Cornelli VD, Lucia Manzoni VD, Leyla Gatti VD, Roberto Mauri VD, Carmen Musitelli IVE, Jacopo Signorelli VC, Pietro Micheletti IB Maria Porta VD, Lucia Marchionne IE, Elena Seccia IE, Eleonora Valietti IE, Martina di Noto IIE, Margherita Zappoli VA, Marianna Tentori IIIB, Valentina Fastolini VC, Alice Tomasini VC, Giulia Argenziano IIIB, Clara Rigoletti IE, Riaccardo Pizzighini IIIB, Marcello Zanetti III D Giovanni Testa V C, Matteo Fenili II E, Ester Negrola I C, Sara TestaI F, Gaia Gualandris I F, Luca Latorre IV E, Federico Lionetti III C, Michele Paludetti III C, Beatrice Caniglia V A, Margherita Briozzo Niang IV E


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