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GIORNI D'INFERNO

CORONAVIRUS STORY di Manuel Beck

ERAVAMO ABITUATI A PARLARE DI VITTORIE E DI SCONFITTE; DI PROTAGONISTI SULCAMPO; DI “PROBLEMI DEL MOVIMENTO”. MAI AVREMMO IMMAGINATO DI DOVERRACCONTARE LA STORIA DI COME UN VIRUS, NEL GIRO DI UN MESE, ABBIA DEVASTATOIL NOSTRO BASKET FEMMINILE. QUANDO E COME SI POTRÀ RIPARTIRE?

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La vigilia È domenica 16 febbraio. Giocatrice, allenatore, dirigente, tifoso, giornalista o quant’altro, sei nel pieno della stagione e il meglio deve ancora venire. Ma qualcuno ti dice: “Sai una cosa? Sta per interrompersi tutto. Dai campionati nostri fino all’Nba. Vedo male anche le Olimpiadi: finiranno per rinviarle”. “Che c... stai dicendo?”, è la tua reazione spontanea. “Sta arrivando il coronavirus. Non hai visto i cinesi? Hanno blindato la gente dentro casa, in una regione che ha gli stessi abitanti dell’Italia. E hanno sospeso i campionati in tutto il Paese”. “Ah, sì, ho sentito. Ma quella è la Cina... figurati se succede anche da noi”. “Ma tu credi che nel 2020 un virus non faccia il giro del mondo in poche settimane? Anzi, è probabile che stia già circolando qui in Italia. Sai cosa vuol dire? Che mentre giochiamo, mentre riempiamo le tribune, lo stiamo aiutando a diffondersi. L’incendio è già scoppiato”.

“Ma smettila, catastrofista”. Chiudi il discorso. Certo, anche tre settimane fa, quando hai saputo di Kobe Bryant, non ci volevi credere ma era vero. Per quanto tragico e assurdo, però, era già successo che un grande personaggio morisse in un incidente. Invece, lo sport mondiale che si ferma per un virus... mai sentito. Probabile quanto uno sbarco degli alieni o la caduta di un meteorite.

L’allarme Domenica 23 febbraio. L’incendio è scoppiato davvero. I primi focolai italiani dal coronavirus sono stati scoperti due giorni fa nel Nord Italia. Nella “zona rossa” del Lodigiano hanno subito rinviato una partita di B lombarda. La situazione è poi precipitata di ora in ora. Sabato 22 si è giocato regolarmente, tranne Castelnuovo-Crema di A2. Ma nel frattempo fioccavano le richieste di spostamento per le partite di domenica 23: l’attività regionale è stata sospesa al Nord; in A1 sono state rinviate 5 partite, in campo solo Vigarano e Ragusa. C’è paura.

EUROLEGA SCHIO (IN FOTO BATTISODO) E VENEZIA VINCONO A TAVOLINO L’ULTIMO TURNO DI EUROLEGA: LE AVVERSARIE SI RIFIUTANO DI GIOCARE SUL CAMPO NEUTRO IN SLOVENIA. DA LÌ IN POI È CAOS.

Cerchi di rassicurarti: “Va be’, non c’è da scherzare, ma sarà questione di qualche giorno. Doverosa cautela in attesa che la situazione sanitaria torni sotto controllo, poi si riparte”. Verso le Coppe Italia di A1 e A2, il Preolimpico 3x3, e poi i playoff, le finali giovanili, l’estate delle azzurrine che ci regalerà altre medaglie, le Olimpiadi... Ormai si gioca per 12 mesi all’anno: ci facciamo fermare da un’influenza?

La (falsa) ripartenza Sabato 29 febbraio. L’Italia è divisa tra un Nord in emergenza e un Centro-sud dove la minaccia del virus sembra ancora lontana. Da una parte le scuole sono chiuse e i campionati regionali restano fermi; dall’altra la vita scorre normale, o quasi, e nelle palestre rimbalza regolarmente il pallone. Per la verità anche al Nord, dopo il panico iniziale, c’è aria di ripartenza. Le squadre hanno ripreso ad allenarsi, tranne chi trova ostacoli nei gestori degli impianti, specie quelli scolastici. L’A1 e l’A2 lavorano in vista del ritorno in campo. La Fip infatti ha rinviato il turno di questo weekend in tutti i campionati nazionali, mentre nel calcio si gioca o si rinvia a macchia di leopardo, fra mille polemiche. Prendere decisioni lucide, in una situazione senza precedenti, è difficile per tutti. Emblematico quanto è successo in Eurolega nei giorni scorsi. Schio e Venezia si preparavano all’ultima giornata, decisiva per entrambe: il Famila doveva vincere per andare ai playoff, l’Umana per passare in quelli di EuroCup. Ma per l’emergenza-virus in Veneto, le partite sono state spostate in Slovenia, a Lubiana. Solo che le due avversarie, Sopron e Riga, hanno rifiutato di giocare per paura del contagio. Poi la Fiba ha decretato il 20-0 a tavolino per le nostre, che si sono così qualificate. Ma con la sensazione che ci stiano “trattando da appestati”.

In questa atmosfera inquieta, fra paura e desiderio di dimostrare che lo sport italiano non si ferma, si riuniscono a Bologna le società di Lega Basket Femminile. Come proseguire i campionati di A1 e A2? I pareri non sono unanimi. Il patron di Battipaglia, Rossini, dichiara in questi giorni: “Fermare tutto sarebbe la cosa più giusta: stoppare il campionato, bloccando le retrocessioni e facendo disputare solo i playoff per lo scudetto”. Lui ha già toccato con mano gli effetti del virus, perché l’appena ingaggiata Lawrence ha voluto tornare a casa per paura del contagio. C’è una lettera di Costa Masnaga a proporre: stop ora, playoff brevi verso fine aprile. Ma prevale la linea di continuare a pieno regime, disputando tutte le giornate previste dal calendario. A porte chiuse nelle zone interessate dall’emergenza sanitaria, finché non si sarà risolta.

Viene quindi varato un fitto programma di recuperi: gli spazi erano pochi già prima dei rinvii, bisogna comunque finire entro la prima metà di aprile ma ci sono di mezzo anche le due Coppe Italia più il Preolimpico 3x3 in India, dal 18 al 22 marzo. C’è chi giocherà 8 volte in 4 settimane. È comprensibile il tentativo di non falsare il miglior campionato degli ultimi anni. Tornare a 14 squadre, dalle 10 di due anni fa, è costato sforzi pazienti, ma ne è valsa la pena. La stagione ci sta offrendo straniere da “prezzo del biglietto” (su tutte la sontuosa Hamby), novità italiane ed equilibrio in ogni fascia di classifica. Schio, Ragusa e Venezia per lo scudetto. San Martino che con il rinforzo Gwathmey si è avvicinata al loro livello. Un Geas in ascesa, che ha collezionato scalpi nobili. Le toscane Lucca ed Empoli che resistono agli infortuni e duellano per i playoff con Vigarano e Broni.

QUARANTENA IN UNA PARTITA GIOCATA, A PORTE CHIUSE, PER TAGLIAMENTO 25PT VS COSTA. TUTTA LA PASSALACQUA IN QUARANTENA AL RITORNO IN SICILIA DALLA LOMBARDIA.

Bella anche la lotta-salvezza, dove Torino e Battipaglia se la vedono con le tre matricole: Costa Masnaga e le sue giovani-meraviglia, Bologna col prestigio del marchio Virtus, Palermo dove Santino Coppa rinverdisce le sue arti da guru. Riusciremo a non farci guastare tutto dall’irruzione del virus?

Il precipizio Domenica 8 marzo. La peggior Festa della Donna che si ricordi. Una settimana di guerra contro il virus si è conclusa con un bilancio disastroso. Giorni d’angoscia: a ogni nuovo annuncio, un altro pezzo di vita (e di sport) divorato dall’incendio invisibile.

Lunedì 2 è stato annunciato il rinvio della Coppa Italia di A2, che era prevista a Moncalieri in questo weekend, dal 6 all’8. Appena il giorno prima, l’evento era stato confermato; ma la situazione sanitaria in Piemonte è peggiorata e si sarebbe dovuto giocare a porte chiuse, svilendo il senso dell’evento-vetrina. Un vero peccato. Anche per l’A2 era finora una stagione godibile. Un trio in fuga in entrambi i gironi: Moncalieri, Crema e Alpo al Nord; Campobasso, Faenza e La Spezia al Sud. Queste sei squadre più le outsider Carugate e Umbertide erano pronte a fare scintille in Coppa, antipasto dei playoff di campionato. Colpito anche il movimento giovanile: il 4 marzo la Fip ha annullato il Trofeo delle Regioni, in programma a Roseto nei giorni di Pasqua. Salta la kermesse dei talenti Under 15 di tutta Italia, sogno di ogni ragazzina che inizia la trafila delle selezioni locali. L’indomani, altra mossa drastica della Fip: stop ai campionati regionali (senior e giovanili) in tutto il Paese, quindi non più solo al Nord. L’emergenza dilaga anche fuori dai nostri confini: il 4 marzo è stato rinviato il Preolimpico 3x3. Il quartetto italiano (non ancora ufficializzato dalla Fip, ma sul sito Fiba erano indicate D’Alie, Consolini, Rulli e André) era atteso dalla missione di riportare il basket femminile azzurro ai Giochi dopo 24 anni. Ci sarà da aspettare ancora. Eppure nel frattempo, il 3 marzo, l’A1 è riuscita a ricominciare, con Schio-Broni e Costa-Ragusa. Dominio delle favorite (spicca la prova balistica di Tagliamento per le siciliane), ma il sollievo nel rivedere in campo le squadre è svilito dalle tribune vuote, dai protocolli per autorizzare gli accessi di atleti e staff, dal disagio evidente di tutti. Si prova ancora ad andare avanti. Il 6 marzo tocca continuare, sia per motivi sanitari sia legali; “non c’è chiarezza nei protocolli da seguire”; “il primo contagio, o impedimento a giocare per chi è in ‘zona rossa’, inquinerebbe la regolarità dei campionati”. Vanno spiegate le premesse di questo appello. Dall’inizio dell’emergenza abbiamo imparato la sigla “DPCM”: sta per “Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Il governo ne sta emettendo uno dopo l’altro, con le progressive misure di contenimento del virus, comprese quelle riguardanti lo sport, che spesso necessitano di chiarimenti nelle ore successive. E il DPCM del 4 marzo ha cambiato in peggio lo scenario. Da un lato permetteva ancora, in tutta Italia (salvo le “zone rosse” dei primi focolai), l’attività agonistica a porte chiuse; ma dall’altro ha imposto controlli medici a cura delle società, sia per gli allenamenti sia per le partite. Addossando, cioè, ai club la responsabilità di garantire la salute dei propri tesserati. Un peso eccessivo, soprattutto per le squadre dei campionati regionali, costrette infatti a fermarsi nuovamente, ma anche per molte di serie A. Non è solo una questione giuridica: nei giorni in cui il virus dilaga al Nord e, sia pure in misura minore, nel resto d’Italia, è impensabile che l’attività sportiva sia al riparo dal contagio. I medici dicono che bisogna stare ad almeno un metro di distanza l’uno dall’altro: e come si fa, in uno sport di contatto? Ma ormai gli eventi rendono superata la protesta delle società: il governo chiude la circolazione in Lombardia e altre aree del Nord (poi in tutta Italia); la Fip rinvia le partite in programma domenica 8. Il paradosso è che negli stessi giorni i campetti all’aperto sono strapieni: con l’attività in palestra bloccata, ragazzi e ragazze si riversano lì. Una situazione a rischio, che da domani sarà vietata.

HARRISON AL MOMENTO DELLO STOP LA SUA VIRTUS BOLOGNA, NOVITÀ DI PRESTIGIO IN A1, ERA IN LOTTA PER LA SALVEZZA. PER LEI 20.6 PT, 11.5 RIMB, 27.6 DI VALUTAZIONE.

La chiusura Venerdì 13 marzo. L’incendio invisibile sta bruciando tutto. In una catena di annunci da incubo, lo sport mondiale ha rinviato o cancellato gli eventi in corso. Persino l’Nba si è dovuta fermare dopo i primi casi di positività al virus, quando fino al giorno prima si giocava ad arene gremite, come nella Champions di calcio. Stessa sorte per l’Eurolega maschile. Cancellata la “March Madness”, il torneo Ncaa. E oggi la Fiba ha decretato di sospendere definitivamente le coppe femminili. Il turno di playoff di Eurolega ed Eurocup, nei giorni scorsi, era sprofondato nel caos. Tre partite disputate a porte chiuse, altre 5 rinviate. Tra queste ultime Girona-Venezia e Praga-Schio, dopo un’assurda vicenda raccontata dal d.g. scledense, Paolo De Angelis: “Per un normalissimo mal di pancia che mi ha costretto a saltare la cena privata di martedì, è scattato il putiferio. Praga ha minacciato di non giocare se non mi fossi fatto il tampone per certificare la mia negatività al Covid-19”. Trasportato in ospedale, De Angelis viene obbligato a restarci per 24 ore; il tampone risulta negativo, ma nel frattempo si rivela tutto inutile: il governo ceco vieta la disputa della partita. Il Beretta Famila torna a casa senza aver giocato. Il virus ha ridicolizzato i tentativi di aggirarlo. Le partite a porte aperte erano ormai come balli sul Titanic che affonda, ma quelle a porte chiuse si sono rivelate un palliativo inutile. Si chiude e basta, non c’è altra via. In Italia lo stop è già scattato il 9 marzo, quando il Coni ha fermato tutto lo sport nazionale fino al 3 aprile. “Giocare a porte chiuse di per sé non ci ha creato disagio, anche se era strano, e certamente brutto, il silenzio sugli spalti – ci racconta Valentina Gatti, pivot di Ragusa – Ma sapevamo che non poteva durare a lungo, perché noi giocatrici per ogni trasferta rischiamo molto: pur con tutte le precauzioni, entri in contatto con tante persone e luoghi. Soprattutto chi deve prendere l’aereo ogni volta, come noi. La decisione di sospendere tutto è stata inevitabile: rischiavamo di infettarci e metterci a rischio a vicenda”. Al ritorno in Sicilia dalla Lombardia, tutta la Passalacqua è entrata in quarantena. In tutta Italia, giocatrici di ogni età e categoria, confinate a domicilio, cercano di mantenere un minimo di condizione in vista dell’ormai molto ipotetica ripartenza. Chi può s’allena in giardino o in cameretta; le ragazze di serie A seguono i programmi dei preparatori. Cellulari e social aiutano a tenersi in contatto, la creatività non manca. Per tutti la parola d’ordine è #iorestoacasa.

Il deserto Martedì 24 marzo. Hanno appena comunicato il rinvio delle Olimpiadi di Tokyo al 2021: clamoroso ma ormai nell’aria dopo l’aggravarsi dell’emergenza-virus in tutto il mondo. “Credo che fosse un atto dovuto, ormai”, commenta per noi Giulia Rulli, l’ala romana di Costa Masnaga, colonna della Nazionale 3x3. “Una forma di rispetto per chi sta combattendo una battaglia più dura di quelle sportive. Ma anche una tutela per atleti, staff tecnici e tifosi. Riunire quest’estate, in un unico villaggio olimpico, persone provenienti da ogni angolo del mondo, era ormai utopia: troppo rischio di contagi. Certo, personalmente vedo allontanarsi un po’ il sogno olimpico. Ma essendo dovuto a una motivazione così seria, non può far male. Giocando non mi sarei sentita tranquilla nel tornare a casa dalla mia famiglia”. Da pochi giorni sono cadute le ultime resistenze cestistiche al virus: i campionati russo e turco. Avevano insistito fino al 15 marzo. Nel Paese della mezzaluna era in testa il Fenerbahce di Zandalasini, che all’inizio del mese aveva vinto la Coppa turca, con 15 punti per Cecilia in finale. Appena poche settimane fa era stato annunciato il suo ritorno in Wnba con Minnesota per la stagione 2020, che per ora è confermata. Ma chissà... Intanto, da noi, Fip e Lega si sono espresse sulla stessa linea: riprendere i campionati, se sarà possibile. Il 15 marzo, il presidente federale Petrucci ha dichiarato al Corriere della Sera: “Vogliamo fortemente arrivare in fondo, magari cambiando le formule. In tutte le categorie, dalla serie A alle giovanili. Ma è chiaro che tutto dipende da come si evolverà la situazione”.

Il 17 marzo, le società di A femminile si sono riunite con il presidente di Lega, Protani, in una videoconferenza di cui hanno così riassunto l’esito: “L’intento è di coltivare un messaggio di speranza e, qualora i provvedimenti governativi futuri contemplassero il ritorno alla normale attività sportiva, proseguire con l’attività della pallacanestro femminile 2019/20”. Sono state valutate diverse possibili formule in funzione delle ipotetiche date di ripartenza. “Messaggio di speranza”: l’ideale dice giustamente questo. Il concreto però racconta che resistere a tempo indefinito è improbabile.

PREOPLIMPICO DAL 18 AL 22 MARZO IN INDIA AVREBBE DOVUTO TENERSI IL PREOLIMPICO 3X3. RULLI ERA TRA LE PROBABILI CONVOCATE.

Nel giro di una decina di giorni, sono avvenute rescissioni di contratti con le straniere ad Empoli (Morris), Lucca (Zempare e Jeffery), Costa (Frost e Pavel), Battipaglia (Jarosz e Ciabattoni). Altre sono tornate in patria con l’intento di tornare se l’attività riprende. Stejskalova, la ceca di Torino, soltanto dopo settimane di attesa, aiutata dal club, è potuta salire sul pullman messo a disposizione dal suo governo per i rimpatri dall’Italia, limitati a 100 al giorno. Se già si parlava di valori falsati dopo i primi rinvii – pensi inevitabilmente – che senso potrà avere una ripartenza dopo mesi di stop, fra squadre ancora al completo e altre con l’organico all’osso?

Il futuro Venerdì 27 marzo. La Fip ha comunicato ieri che la stagione 2019/20, per i campionati regionali di tutta Italia, giovanili e senior, non riprenderà. In teoria è ancora possibile la ripartenza di A1 e A2. Ma proprio mentre stiamo chiudendo questo articolo arriva la notizia di una svolta da parte della Lega femminile, che chiede – spiega il presidente Protani – “la sospensione definitiva con annullamento della stagione sportiva 2019/2020 per quanto riguarda la Serie A1 e la Serie A2, perché non ci sono più i presupposti per continuare i campionati (...). Una decisione volta a creare il minor numero possibile di disagi nei confronti delle società e dei presidenti (...). Insieme al consiglio direttivo LBF abbiamo valutato l’idea di disputare, qualora le disposizioni governative lo permettano, le Final Eight di Coppa Italia di Serie A-1 e Serie A-2 a fine giugno con le sole giocatrici italiane o, in alternativa, far disputare queste due manifestazioni nel precampionato della prossima stagione sportiva 2020/21 in settembre”. In attesa del responso federale, l’ipotesi lascerebbe, se non altro, una speranza che la fine della stagione 2019/20 sia scritta dalle giocatrici (sia pure in forma di Coppa e non di scudetto) anziché dal virus. Sarebbe già una festa, in un quadro generale che non autorizza, per ora, alcun ottimismo. L’intero basket mondiale resta fermo, come il resto dello sport: Nba ed Eurolega maschile sperano di ricominciare ma senza date certe; in Asia si sono raffreddate le prospettive di ricominciare a breve; altri Paesi hanno già abbassato la saracinesca sulla stagione. Spiace a tutti, ma altrettanto condivisa è la consapevolezza che finché non termina l’emergenza sanitaria, la palla deve rimanere chiusa nei ripostigli delle palestre. Proviamo a guardare più avanti.

Che ne sarà dell’estate delle Nazionali giovanili? Lo chiediamo al responsabile di settore, coach Giovanni Lucchesi: “Credo che ogni considerazione, al momento, debba limitarsi a brevissima scadenza. Se a metà maggio tutto dovesse essere risolto o messo in sicurezza, medici e dirigenti Fip in accordo con le società valuteranno tempi e modi di un raduno. Ma sentendo qualche collega di altre federazioni, temo che la stagione internazionale non possa essere immaginata. I tempi sono sfalsati: altri Paesi stanno cominciando ora a fronteggiare il momento peggiore della crisi. Se il tutto si tradurrà in un annullamento o un rinvio non saprei dire. Hanno posticipato le Olimpiadi, credo che potrebbero spostare un campionato europeo o mondiale giovanile...”. Altre pesanti incognite riguardano le perdite che la calamità-virus costerà a tutti. Problema gigantesco che riguarderà il mondo del lavoro nel suo complesso, e ovviamente le società sportive di tutti i livelli. Di solito, nelle grandi crisi, gli anelli più deboli della catena sono quelli che rischiano di più. “Quali sponsor saranno ancora disposti a sostenerci, se le aziende dovranno lottare per la propria sopravvivenza?”, è il tormento di molti club di A1 e A2 in queste settimane. Si spera negli aiuti di Stato, ma, se già è difficile intervenire quando una disgrazia colpisce un territorio limitato, ancor più arduo, nonostante le intenzioni dichiarate, sarà sostenere in modo tangibile un Paese colpito per intero. Le risorse basteranno per tutti? Su questo il presidente Petrucci ha sottolineato: “Quando si parla di aiuti al calcio, lo stesso deve valere anche per gli altri sport”. Già adesso, intanto, c’è un problema spinoso da gestire: i contratti da onorare a fronte dell’attività interrotta. Nel maschile è iniziata una dialettica fra Lnp (Lega Nazionale Pallacanestro, che gestisce dall’A2 in giù) e Giba, l’associazione giocatori, che ha così avvisato le società: “Non esiste in alcun modo il tema della decadenza dei contratti, anche in caso di eventuale conclusione immediata della stagione”. Ovvero: non pensate di non dover pagare gli atleti se non si riparte più. La questione riguarderà anche il femminile. “Bisognerà venirsi incontro”, suggerisce qualcuno. Ma c’è un’altra incertezza, oltre a quella agonistica ed economica. Il basket, come ogni altro sport, è anche (e diremmo soprattutto) attività sociale. “Distanziamento” è invece la parola d’ordine di questi mesi come antidoto primario al virus. Concetto sacrosanto. Ma anche inquietante, perché nulla garantisce che, passata l’emergenza, si potrà tornare subito ad affollare una tribuna, duellare spalla a spalla su un campo, condividere spogliatoi e cene dopopartita. Niente catastrofismo ma cautela d’obbligo, avverte coach Lucchesi: “Ci vuole un grandissimo buonsenso che deve riguardare tutti e tutte. Non ci devono essere interessi personali. È uno sport di squadra dove esistiamo se esistono gli altri. La salute viene prima di qualsiasi cosa. Penso che convenga ragionare in vista di settembre, perché dalle grandi crisi possono derivare le grandi opportunità”. Mettiamola così. Faremo come quando uno s’infortuna e deve attendere paziente per lunghi mesi, prima di poter tornare. Stavolta ci siamo infortunati tutti insieme; e tutti insieme ritorneremo.

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