pink basket n. 28

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N.28 MAGGIO 2021

IN QUESTO NUMERO // 90° ALFABETO // LA PAN-ACEA SCUDETTO // INSIDE A1: LA NUOVA REGINA // FOCUS: COSTA È REALTÀ // INSIDE A2: PLAYOFF SHOCK // LA SOLIDITÀ DI LYDIE // SOGNO OLIMPICO // GIOVANILI ANNO ZERO //RUBRICHE PINK


MAGGIO 2021

N.28

in questo numero 1 EDITORIALE

90° alfabeto

3 inside a1

La nuova regina

9 PINK GLOSSARY 11 Focus

Costa è realtà

17 cover story

La Pan-acea scudetto

23 inside A2

Playoff shock

29 Primo piano

La solidità di Lydie

35 altri mondi

Giovanili anno zero

39 storie

Sogno olimpico

44 pink mix 47 PALLA E PSICHE

Da avversarie a compagne

48 guardia e ladri

The coaching translator

50 BUZZER BEATER

Fattore campo

DIRETTRICE RESPONSABILE Alice Pedrazzi caporedattore Massimo Mattacheo REDAZIONE Silvia Gottardi,

Francesco Velluzzi, Giulia Arturi, Manuel Beck, Simone Fulciniti, Eduardo Lubrano, Linda Moranzoni, Susanna Toffali

PROGETTO GRAFICO Linda Ronzoni/ Meccano Floreal

IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/ Meccano Floreal

FOTO DI Marco Brioschi, Reyer Venezia, Fiba Europe, Sara Tumeo, Arizona Wildcats

PINK BASKET è un periodico di proprietà di Silvia Gottardi


editoriale

90° alfabeto DI ALICE PEDRAZZI

A come Assenza. Del pubblico. Una delle cifre che ha segnato il campionato. L’eco del pallone nei palazzetti vuoti, faceva impressione, poi è diventato il rumore, meravigliosamente ostinato, del cercare sprazzi di resiliente normalità. B come Burke. Capocannoniera del campionato, con la sua doppia-doppia di media (21.8 di punti e 11.6 rimbalzi), ha trascinato Sassari ad una solida salvezza. C come Cinque. Le gare che ci sono volute (e ci siamo gustati) per assegnare lo scudetto. Un derby veneto straordinario per intensità, qualità ed emozioni. D come Determinazione. Quella messa in campo da tutto il movimento (Fip, Lega, società, dirigenti, allenatori, giocatrici, arbitri…) per portare avanti in sicurezza il campionato organizzativamente più difficile di sempre. E come Eurobasket. Quello che dal 17 al 27 giugno aspetta molte delle protagoniste di questo campionato, che vestiranno la maglia azzurra provando a regalarci ciò che manca da troppo tempo: un Mondiale (passando dal premondiale). F come Francesca. Pan, ovviamente. L’MVP, tutta azzurra, della finale scudetto e della Supercoppa. Il suo sorriso a fine gara 5 è quello di tutto il movimento, che guarda ad un futuro di belle speranze, già tremendamente presenti. G come Giovani. Sono tante, tra la A1 e la A2 le belle promesse che illuminano il futuro e riempiono il taccuino del cittì Lardo. H come Howard. Centro di gravità permanente della Reyer: in finale ha fatto di necessità virtù, trasformandosi anche in una esterna dalla fisicità incontenibile. L’arte dell’essere campioni in modo versatile. I come Incertezza Impeccabile. Nell’anno in cui le variabili indipendenti sono state tantissime, tutto il movimento è stato impeccabile nel reagire con prontezza alle incertezze che costellavano l’inizio, ed il prosieguo, della stagione. L come Lardo. Il cittì azzurro a cui affidiamo speranze e sogni. M come Mercato. Quello che occuperà i prossimi mesi: si preannuncia ricco di grandi colpi, a dimostrazione del crescente appeal del nostro basket. N come Novanta. Il campionato che stiamo salutando. O come Outsider. Ragusa, Bologna, Sesto San Giovanni, per citarne alcune senza voler fare torto alle altre. Se il campionato è stato appassionante, il merito va anche a loro. P come Protani. Il presidente (in rappresentanza dell’intera struttura e di tutte le società) della LBF che, con tenacia ha portato a compimento una stagione difficile da immaginare, figuriamoci da realizzare. La miglior ricompensa? Una delle finali più belle della storia. Q come Quattro. Le finali giocate da Venezia in stagione. Il dolce in testa ed in coda, con Supercoppa e Scudetto, in mezzo l’amarezza della Coppa Italia e quella bruciante dell’Eurocup: ferite che, bruciando, fanno diventare grandi. R come Reyer. C’è tanto di orogranata fra i colori del campionato. La Reyer si appiccica sulle maglie, ma soprattutto sul cuore, il primo scudetto nella sua storia (femminile) vinto sul campo. S come Schio. Meravigliosa rivale di Venezia. Senza la sua qualità nulla sarebbe stato così bello. Le scledensi strappano a Venezia la Coppa Italia con una prestazione straordinaria e buttano sul parquet anima, talento e cuore per dar vita ad una finale da sogno. T come Ticchi. Il coach capace di portare Venezia oltre ogni paura. U come Unica. Ancora la Reyer: prima (ed al momento unica) società a vincere uno scudetto sia nel campionato maschile che in quello femminile. V come Villa. Matilde, capace di segnare 36 punti. A 16 anni. Z come Zandalasini. Ce la siamo ripresa. Il suo ritorno, per la prossima stagione, vestendo maglia dell’ambiziosa Virtus Bologna, è la fine che diventa inizio: mentre cala il sipario sul campionato numero 90, si intravedono già i bagliori della novantunesima alba.

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FUORICLASSE NATASHA HOWARD È STATA UN REBUS IRRISOLVIBILE PER LA DIFESA DI SCHIO NEL CORSO DI TUTTA LA FINALE. IL SUO INNESTO A STAGIONE IN CORSO HA SPOSTATO GLI EQUILIBRI VERSO LA REYER.


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LA NUOVA REGINA

LA REYER VENEZIA SI CUCE LO SCUDETTO SUL PETTO AL TERMINE DI UNA ANNATA STRAORDINARIA IN CUI HA DOMINATO IN ITALIA. BATTUTO IN CINQUE GARE IL FAMILA SCHIO, CHIAMATO A UN PROFONDO CAMBIAMENTO. LE AMBIZIONI DELLA VIRTUS BOLOGNA, DEL NUOVO CORSO LARDO-ZANDALASINI

Di Francesco Velluzzi

L’

assalto al trono è riuscito. E spodestare la regina

non era assolutamente facile. Se n’è accorta la Umana Reyer Venezia che ora festeggia, brinda, balla e canta con lo scudetto cucito sul petto e il sogno di partecipare alla prossima Eurolega che si avvera. Ma che per avere ragione del Famila Schio, che sulla maglia porta la stella dei dieci tricolori vinti e che di Finali Scudetto ne ha giocate 11 di fila, ha dovuto impiegare tutte le cinque partite. Dopo la facile doppietta al Taliercio, la squadra allenata da Giampiero Ticchi non aveva fatto i conti con l’indistruttibilità e la corazza delle orange di Schio che, infatti, tornate nella tana del PalaRomare, anche se con tanta fatica e al termine di due sfide tiratissime, hanno centrato il pareggio. Bello, bellissimo, come si addice a una finale. Ecco l’epilogo in Gara 5. Ma Venezia voleva fortissimamente quello Scudetto. Ci aveva lavorato per un anno intero, dominando la stagione regolare e vedendo crescere al meglio i due frutti maturati negli Stati Uniti, la splendida France-

sca Pan (di cui vi parliamo a parte) che ha bissato il premio di MVP già vinto nella Supercoppa di inizio stagione, ed Elisa Penna. Attorno a loro un telaio importante con straniere di qualità, da Howard a Petronyte a Fagbenle, e altre italiane di livello: dalla trottola Attura, alla capitana Martina Bestagno che a Schio non era mai riuscita ad essere veramente protagonista, alla giovane talentuosa Natali fino all’esperta Debora Carangelo che, prima dell’inizio della stagione, sembrava sul punto di cambiare aria e invece ha capito che la sua casa è Venezia e lì doveva imporre il suo talento. E infatti in Gara 5 chi riusciva a fermare Carangelo? Nessuno. Implacabile da tre, capace di inserirsi e buttarsi in mezzo alla fisicità di Schio, brava a gestire. Campana di Maddaloni, prima di tuffarsi nella lunga avventura della Nazionale, ha dovuto rifiatare un minimo a casa. “Abbiamo fatto 30, facciamo 31. Arrivo a preparare l’Europeo in Spagna con una carica incredibile. Credo che il nostro buon avvio e la rabbia accumulata per il modo in


inside A1 CAMPIONESSE D’ITALIA LE RAGAZZE DELLA REYER VENEZIA FESTEGGIANO LO SCUDETTO VINTO IN GARA 5 CONTRO IL FAMILA SCHIO, AL TERMINE DI UNA ANNATA TRIONFALE IN ITALIA.

cui abbiamo perso la finale di Eurocup con Valencia ci abbiano dato la carica giusta per capire che questo Scudetto dovevamo andare a prendercelo. È una soddisfazione immensa, per me è il primo da senior. Ne avevo vinto uno giovanile a Cervia dove ho fatto per quattro anni la mia prima esperienza fuori da casa. Mi è sembrato un ritorno a quelle emozioni che avevo vissuto da ragazzina. È un titolo che ci meritiamo perché abbiamo fatto davvero un duro lavoro”. E Carangelo ha potuto festeggiare. “Sono un cavallo pazzo, sono estroversa, simpatica. Ma in palestra dò tutto e per tutta l’estate scorsa mi sono allenata. Il fatto di restare a Venezia mi ha fatto scattare una

molla. E adesso mi godo questo successo. Ci siamo tolte l’etichetta di belle e brave ragazze, ma perdenti. Ora siamo vincenti e in Eurolega, senza passare dalle qualificazioni, ci andiamo noi. Schio, invece, stavolta, dovrà passare, dalle qualificazioni per arrivarci. E anche questa visione ci ha dato una spinta emotiva notevole nella serie finale”.

Futuro Ora Venezia dovrà programmare il futuro che avrà ancora Debora Carangelo protagonista. Non ci sarà bisogno di ripensamenti, la play-guardia di Maddaloni sarà un punto fermo della prossima stagione in campionato e in Eurolega. Certo l’addio a


Fagbenle (volata in Turchia), sembra invece sicura la permanenza di Petronyte, come quella di Anderson che ha ancora un anno di contratto. I prodotti del vivaio d’oro, Penna e Pan, saranno le colonne dell’Umana 2021-22. Mentre resta da sciogliere il rebus dell’allenatore. I rumors danno Giampiero Ticchi fuori dal progetto. Venezia dice di volersi soltanto godere la festa e di voler pensare al futuro della squadra femminile dopo aver chiuso il discorso della squadra maschile impegnata nei suoi playoff. Ma le speranze di rivedere Ticchi su quella panchina sembrano al momento molto poche. “Le ragazze sono state fenomenali. Abbiamo dimostrato che si può giocare una

pallacanestro con intensità e velocità senza per forza affidarsi soltanto agli schemi”, ha detto il tecnico di Gradara alla fine dell’emozionante ed entusiasmante serie. Il resto, lo scopriremo solo vivendo.

Schio Ma il campionato non ha detto solo Venezia.

Anzi ha detto che l’Umana ha spodestato il Famila che, immediatamente dopo aver perso la finale, ha incassato il divorzio dal tecnico che gli ultimi scudetti glieli ha fatti vincere: Pierre Vincent. Che torna a casa, in Francia. Schio è stata bersagliata dalla sfortuna che l’ha privata delle straniere che le avrebbero consentito “almeno” di non privarsi dello Scudetto.

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inside A1 Perché il passo in avanti in Eurolega è mancato per un canestro.... Ma chi verrà al posto di Vincent (Capobianco? Un altro straniero?) dovrà ricostruire ancora. Qualcosa è stato fatto dopo gli addii al basket giocato di Macchi e Masciadri (rimasta in società e team manager in azzurro), ma ora c’è un’altra storia da scrivere. Cinili saluta, Harmon pure, De Pretto ha un altro anno di contratto, ma non ha fatto quel salto in alto che si immaginava. Rimanendo una discreta giocatrice, ma non una top player.

Le altre Onore a Empoli e Sesto San Giovanni che han-

no fatto una bellissima stagione, occhio ai progressi di Campobasso, piazza emergente e affamata di basket, regolare Ragusa che ha ingaggiato Martina Spinelli da Costa Masnaga, sempre in linea San Martino di Lupari che perde dei pezzi, ma si ricompone sempre. Ma tutte le attenzioni sono puntate sulla Virtus Segafredo Bologna che è già arrivata sorprendentemente in

Playout La sfida per la salvezza ha visto cadere una

testa pesante, quella di Battipaglia. I playout hanno emesso un verdetto di condanna per il club del patron Giancarlo Rossini che, dopo varie vicissitudini, stavolta si deve arrendere. L’ultima sciagurata tappa della via crucis di Battipaglia è stata la fuga delle straniere. Sara Bocchetti sarà anche brava a far canestro, ma non poteva bastare e, peraltro, dopo il gran campionato con Vigarano (retrocessa prima), non ha saputo ripetersi. L’aria di casa non le è servita particolarmente. Così i playout sono diventati una battaglia impossibile da vincere per la squadra campana che in questi anni ha cambiato anche spesso la guida tecnica. Si è salvata, invece, Broni che, col ritorno del pubblico nei palazzetti, avrà la giocatrice che più le è mancata in questa disgraziata stagione. Nella città di Zandalasini, dove vive ancora la famiglia, si fanno i conti con attenzione, le entrate sono poche, ma l’entusiasmo non manca

Venezia voleva fortissimamente quello Scudetto. Ci aveva lavorato per una stagione intera, dominando la stagione regolare e vedendo crescere al meglio Francesca Pan ed Elisa Penna. semifinale con Venezia, ma ora vuole arrivare all’attico. Vuole arrivare fino in fondo. Il team Ronci-Baraldi, con la gestione Nannucci e il supporto di Resta, si appresta a costruire uno squadrone.... Una Bologna che tremare il campionato fa. Visto che si è capito che con dei ritocchi si può puntare alla meta perché non provarci? E così la Virtus, dopo aver fatto rientrare dalla Nba Marco Belinelli tra i maschi, riporta a casa dalla Turchia Cecilia Zandalasini, la giocatrice più forte d’Italia. Il dopo Macchi, anche se Chicca fino a 40 anni ci ha fatto vedere di tutto e di più. Tre anni al Fenerbahce, dopo la crescita a Schio, ora Zandalasini ha nuovamente voglia di casa. E così ha accettato il progetto ambizioso della Segafredo che vuol riportare Basket City ai fasti che le competono. Puntando forte anche sul settore femminile. Al progetto aderisce anche Sabrina Cinili che non vuol mai stare troppo a lungo da una parte e il suo finale di carriera lo prospetta in una piazza che ha dimostrato di saperci fare, organizzando anche le finali di coppa Italia. Cambio anche della guida tecnica in casa Virtus: salutato Lollo Serventi, il nuovo allenatore sarà Lino Lardo (che torna in Virtus, questa volta femminile, dopo l’esperienza nella maschile dal 2009 al 2011), CT anche della Nazionale, nel cui staff entrerà anche Angela Gianolla, regista eccellente sul campo e ottima mente anche come supporto alla squadra. Da San Martino ecco la 2000 Francesca Pasa, un bel prospetto. Perché l’esperienza ci vuole, ma le migliori giovani servono. E altri colpi sono in canna. L’estate deve ancora cominciare.

mai e speriamo che questa piazza caldissima, diventata particolare proprio per l’animo e lo spirito dei suoi sostenitori, possa andare avanti ancora a lungo. Come l’altra lombarda Costa Masnaga, ben gestita e col super vivaio, che ha espresso il talento mostruoso di Matilde Villa. Che, però non vedremo al prossimo Europeo con la Nazionale di Lino Lardo. Lucca l’ha fatta franca con facilità. Mentre i playout hanno incoronato pure la Dinamo Banco di Sardegna Sassari che ha spazzato bene Broni andando a vincere a casa sua e riprendendosi tutto quel che la sfortuna le aveva gettato addosso con tutti gli urti della pandemia e una squadra messa in piedi con pochissime risorse. Nella prossima stagione non ci sarà la fortissima Burke che è valsa più di mezza stagione. Ma con la capitana Cinzia Arioli, che un altro anno, con la caviglia sana, può reggerlo tranquillamente e l’esperienza di un tecnico preparato come Antonello Restivo può impostare una nuova avventura, cercando di non avere problemi. Come fare? Prendendo almeno due italiane di qualità, rodate nel campionato, L’idea di trasferire a Sassari mezzo Selargius non è stata così vincente. Per sua fortuna Restivo ha azzeccato le straniere e alla fine l’ha scampata ottenendo una salvezza miracolosa. Il deus ex machina Stefano Sardara, che crede fortemente in questo progetto, dovrà fare tesoro di questa esperienza per non cadere in trappola nel prossimo campionato. I cui botti e movimenti di mercato sono già iniziati. La caccia alla Reyer è aperta.


AMBIZIONE LA VIRTUS BOLOGNA, NEL GIRO DI POCHI MESI, HA RIPORTATO IN ITALIA PRIMA MARCO BELINELLI E ORA CECILIA ZANDALASINI, PER PROVARE A VINCERE.

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Ogni gesto di solidarietà è il frutto di un impegno quotidiano, che nasce nel carrello della spesa per trasformarsi in progetti a sostegno del nostro territorio e delle persone che lo vivono. AMBIENTE Ogni anno evitiamo l'emissione in atmosfera di 1.000 tonnellate di C02 grazie all'utilizzo di imballaggi RPC, che ci hanno anche consentito di risparmiare 523 tonnellate di produzione di rifiuti. PREMIO CONAI PER IMBALLAGGI ECOLOGICI Rientriamo tra le 92 imprese selezionate nell'ambito del “Bando CONAI per l’Ecodesign 2020 degli imballaggi nell’economia circolare”, che premia i packaging più innovativi ed ecosostenibili. Abbiamo partecipato con la confezione in carta riciclabile per i prodotti di pescheria. RISPARMIO ENERGETICO Grazie ai numerosi interventi di risparmio energetico, ad oggi abbiamo evitato l’emissione in atmosfera di: 470 tonnellate di CO2 equivalente con l’utilizzo di impianti fotovoltaici; 300 tCO2eq con il rinnovamento di impianti frigoriferi e di climatizzazione; 4.110 tCO2 eq con l’impiego dell’illuminazione Led. ECCEDENZE ALIMENTARI ALLE ONLUS Abbiamo donato 285 tonnellate di prodotti alimentari, per un valore di oltre 700.000 euro, alle onlus del territorio. Con 77 punti vendita attivi nel progetto, puntiamo a coinvolgere l’intera rete di negozi. Iniziative che coinvolgono i punti vendita di Unicomm

CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE Ci impegniamo a contrastare lo spreco alimentare grazie alla vendita a fine giornata di prodotti prossimi alla scadenza a prezzi scontati del 50%. AUTISMO Aderiamo all’Ora Blu: con Famila e Emisfero ogni ultimo martedì del mese accogliamo le persone autistiche in un ambiente adatto alle loro esigenze. A FIANCO DELLE DONNE In occasione dell'8 marzo abbiamo scelto un regalo solidale a sostegno di tutte le donne e contribuito alla loro tutela con una donazione a Telefono Rosa. OCCUPAZIONE Sosteniamo l’occupazione femminile e giovanile: degli oltre 7.000 dipendenti del Gruppo il 65% sono donne e il 26% sono giovani con meno di 35 anni. SPORT GIOVANILE Con donazioni e sponsorizzazioni incentiviamo la pratica dello sport tra i giovani, per promuovere uno stile di vita sano in un contesto positivo. Scopri tutte le iniziative su unicomm.it


glossary

PINKGLOSSARY Parole del basket che raccontano storie (perlopiù divertenti).

Borsone sinonimo: sacca, buco nero

Definizione. Contenitore utilizzato dalle giocatrici di basket per riporre, e successivamente, trasportare, l’occorrente per allenamenti e partite. Di diverse dimensioni e formati, spesso è grande quasi il doppio dell’altezza di un playmaker o, se dotato di rotelle, ha un manico talmente corto da obbligare i pivot a camminare ingobbiti. In alcune circostanze, il termine è sinonimo di buco nero. Spesso infatti si trasforma in un luogo oscuro in cui milioni di calzini - e soprattutto miliardi di forcine - spariscono miracolosamente senza mai più essere ritrovati. Data la quantità di oggetti inseriti nel borsone dalla giocatrice di basket, il peso medio di un esemplare è stimato attorno alla tonnellata. Principale causa di slogatura al tendine della spalla, spesso viene trascinato a strascico o, nei casi migliori, viene trasportato dal fidanzato che, impietosito dalla faccia sconvolta di fine allenamento della propria ragazza, si offre volontario. La preparazione della sacca è un rito così personale, da svelare l’identità della giocatrice. C’è la confusionaria. Butta le cose in ordine sparso, creando strati scomposti e deformi di vestiti, bagnoschiuma, scarpe, gel, forcine, calzini, divise, accappatoio, phon, borraccia. Sistematicamente, uno shampoo si apre, cosparge ogni angolo e ogni oggetto della borsa di una sostanza limosa e lascia un alone che rimarrà per tutta la stagione. C’è poi l’ossessionata dall’ordine. Infila ogni capo d’abbigliamento e ogni oggetto in una bustina di plastica dedicata, impilando poi tutto con estrema precisione. Entra nel panico se, sciaguratamente, perde un sacchettino e non sa dove mettere la divisa sporca. Piuttosto la butta. Poi, la previdente. Innanzitutto, applica il metodo 2x1. Per un allenamento, due pantaloncini, due double, due shampoo...è la salvatrice delle più sbadate. E ha sempre magicamente disponibili fazzoletti, cerottini, elastici, integratori. Un vero e proprio bijou di cui ogni squadra ha bisogno. Infine, la minimal. Se ne frega del borsone e porta lo stretto necessario in uno zaino e le scarpe attorno al collo. La personalizzazione del borsone è un atto fondamentale. Peluche, scoubidou, portachiavi, elastici, zip rotte, buchi macroscopici, colori sbiaditi, tape attorcigliato e ormai consunto. La sacca customizzata permette ad esempio di non tornare a casa, aprire il borsone e svenire di fronte alle divise pezzate di una compagna; riduce notevolmente il tempo passato in aereporto davanti al nastro trasportatore nel vano tentativo di azzeccare il proprio bagaglio; è salvifica nelle notti di rientro dalle trasferte per individuare - con una percentuale di possibilità di farcela comunque bassissima e sotto la pressione del dirigente assonnato - il proprio borsone dal retro del pullmino.

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TALENTO MATILDE VILLA È STATA LA MIGLIORE REALIZZATRICE ITALIANA DELL’INTERA A1. CLASSE 2004, HA STRABILIATO IN STAGIONE PER LA CONTINUITÀ DI RENDIMENTO AVUTA.


focus

COSTA È REALTÀ

LA LIMONTA COSTA MASNAGA È STATA PROTAGONISTA DI UNA STAGIONE AL DI SOPRA DELLE ATTESE, CON UNA IDENTITÀ FORTE CHE HA PERMESSO ALLA FORMAZIONE LOMBARDA DI COMPETERE CON LE BIG DEL CAMPIONATO E DI RAGGIUNGERE LA FINAL EIGHT DI COPPA ITALIA E I PLAYOFF SCUDETTO

DI MASSIMO MATTACHEO

Q

uarti di finale di Coppa Italia contro Schio. Quarti

di finale playoff Scudetto contro Venezia. Le sfide alle migliori della pallacanestro italiana. Due immagini che potrebbero spiegare tanto, ma sicuramente non tutto, della stagione della Limonta Costa Masnaga. Capace di andare ogni più rosea aspettativa e di raggiungere vette inimmaginabili dieci mesi fa, al via di una annata che è stata molto positiva.

Risultati frutto del duro lavoro, di un coach come Pa-

olo Seletti capace di toccare le corde giuste e di un gruppo di giocatrici – forse con l’età media più bassa nella storia della A1 Femminile – in grado di esprimere una pallacanestro piacevole ed efficace. Il segreto di Costa? “Una chimica importante e un lavoro continuo, a livello individuale e di squadra che ha formato e valorizzato le nostre giocatrici, italiane e straniere – affermano Fabrizio Ranieri, General Manager, e Paolo Seletti, capo allenatore

del Club-. La nostra proposta formativa è quasi unica in Italia e avere giocato dei no contest contro avversarie molto più forti di noi, con cui siamo riuscite a stringere e ridurre il gap, ha reso questa annata davvero straordinaria”. Un lavoro reso possibile anche dalla situazione storica che tutti noi stiamo vivendo, con la normalità delle giornate sconvolta, o quantomeno ampiamente modificata, dal protrarsi della pandemia da Covid-19 che ha accompagnato tutta l’annata sportiva appena conclusa. Dalle difficoltà di una situazione critica, la Limonta Costa Masnaga ha saputo cogliere una opportunità di crescita notevole. “Per noi, che siamo strutturati come un college di pallacanestro – continua il GM del Club lombardo – la chiusura delle scuole ha rappresentato una occasione per fare migliorare individualmente le ragazze. Con le scuole aperte, difficilmente saremmo arrivati al termine della stagione, perché quattordici delle nostre sedici atlete sono studentesse universitarie o liceali”. In ag-


focus

GRUPPO LA FORZA DI COSTA MASNAGA, CAPACE DI ANDARE OLTRE I PROPRI LIMITI E CENTRARE DUE TRAGUARDI – FINAL EIGHT E PLAYOFF – DIFFICILMENTE ATTESI A INIZIO ANNO.

giunta a questo aspetto, anche il fatto che il Covid-19 non ha colpito in maniera decisa il gruppo squadra di Costa Masnaga: è sempre Ranieri a raccontare come “i pochi casi che abbiamo avuto sono sempre stati gestiti come situazione singola, l’isolamento e la bolla che abbiamo creato ci ha permesso di raddoppiare i tempi del nostro lavoro, di conoscere i limiti e le possibilità delle nostre giocatrici che hanno risposto in maniera eccellente a una situazione difficile”. Un’annata, quella appena conclusa, in cui comun-

que non sono mancate le difficoltà, a partire dal rischio di non iscriversi alla Serie A1 all’inizio della stagione, ma avere sempre promosso la propria identità, una filosofia di gioco e comportamentale importante hanno fatto la differenza. In positivo. A spiegare una delle chiavi dei traguardi raggiunti è proprio coach Seletti, che sostiene come “a Costa vincere sia una conseguenza dei comportamenti perpetuati nel tempo. E anche avere adottato un sistema basato sulle letture piuttosto che sugli sche-


mi è stato vincente, perché le avversarie avevano difficoltà a preparare le partite contro di noi. Le ragazze sono state libere di esprimersi, con felicità, e questo ha stimolato la loro crescita”.

L’ottavo posto finale in classifica, la prima storica par-

tecipazione ai playoff di Serie A1 sono pietre miliari nella storia di un Club che da decenni è mosso da una passione bruciante e da idee brillanti, che hanno permesso di raggiungere traguardi insperati o

quantomeno inattesi. Il tutto senza mai fare il passo più lungo della gamba, con la consapevolezza che “a oggi la nostra dimensione è questa – aggiunge il GM Ranieri-. Ma l’aspirazione che abbiamo, per gli anni a venire, è quella di continuare a vedere la fiducia negli occhi delle ragazze che decidono di giocare con noi e osservare la loro crescita. Se poi saremo bravi a trovare altri partner interessati al progetto, potremo ambire a essere un Club di riferimento con vista sull’Europa”.

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focus Oltre ai risultati sportivi, l’obiettivo di Costa Masnaga è

quello di fare crescere le giocatrici, consentendo loro di esprimersi in libertà e con una pressione inferiore ad altre prestigiose piazze italiane, in cui spesso vincere – o competere per farlo – è l’obiettivo principale. A spiegare bene la filosofia del Club lombardo è nuovamente coach Seletti, che sostiene come “uno dei fini della nostra attività è di consentire alle giocatrici di scendere in campo per diversi minuti al loro massimo livello, che sia Serie A1, A2 o B. Cerchiamo di accompagnarle nello scatto di carriera massimo che possono fare, con la consapevolezza che alcune di loro hanno una qualità e una futuribilità tali che

tre i 20 punti segnati (di cui una, come detto, a quota 36) spiegano tanto ma non tutto della stagione vissuta dalla giocatrice che indossa la canotta numero 6. A raccontare qualche dettaglio in più, è ancora coach Paolo Seletti: “Matilde si prefigge uno standard molto elevato, ma è importante precisare che non è tenuta a essere perfetta in tutte le partite, perché è una ragazzina. Ha addosso una pressione mediatica molto alta ed è sovraesposta: in questo, la famiglia gioca un ruolo decisivo perché ha i piedi per terra e la stessa Villa non è mai cambiata come atteggiamento nel corso di tutto l’anno. Ogni volta crede di dovere fornire una prestazione di altissimo livello, anche

L’aspirazione che abbiamo, per gli anni a venire, è quella di continuare a vedere la fiducia negli occhi delle ragazze che decidono di giocare con noi e osservare la loro crescita. Costa rappresenta una tappa intermedia del loro percorso. Per esempio, la convocazione nel gruppo delle 16 al raduno della Nazionale e la chiamata di Ragusa per Martina Spinelli ci rendono davvero fieri del lavoro che abbiamo compiuto con lei nel corso degli anni”.

La Limonta è stata protagonista di una stagione decisa-

mente sopra le righe, come detto, e ha rilanciato le proprie ambizioni nel corso dell’annata con l’inserimento di Laura Spreafico – entrata alla perfezione in un gruppo dall’età media molto bassa – che aveva iniziato la stagione con la maglia di Lucca. A raccontare l’operazione di mercato che l’ha portata a Costa Masnaga è coach Paolo Seletti, che spiega come “il suo innesto parte dalla conoscenza del suo lato umano. Pierangelo Rossi, il vice allenatore, l’aveva già avuta nel corso della sua esperienza a Parma, io la conoscevo bene, per cui eravamo in una botte di ferro da questo punto di vista. In un paio di giorni Laura era già entrata perfettamente nei nostri meccanismi. Credo che, quando una atleta ha la possibilità di riconciliarsi con il gioco e di sentire la fiducia anche sul lato individuale possa performare al suo meglio. Per noi, aggiungere Spreafico, che ritengo essere una delle migliori tiratrici da tre punti dell’intera Serie A1, è equivalso a inserire in roster una giocatrice americana”. Ma a rubare la scena in una stagione eccezionale per risultati conseguiti e pallacanestro espressa, è stata sicuramente Matilde Villa (classe 2004), autentico talento della nostra pallacanestro. Contro Sassari – 36 punti all’andata, 8 punti, 10 rimbalzi e 15 assist al ritorno – due tra le migliori prestazioni della sua annata, fatta di 15.5 punti, 4.6 rimbalzi e 5 assist a partita. Venticinque volte in doppia cifra, sei volte ol-

se è assolutamente normale che alla sua età abbia un’alternanza di rendimento”. Le sue prestazioni la hanno portata, se possibile, ancora di più alla ribalta nazionale. E hanno sicuramente attirato l’attenzione dei grandi Club della Serie A1. Quale il suo futuro? “Sono convinto che Matilde resterà con noi ancora almeno per i prossimi due anni – afferma convinto Fabrizio Ranieri – perché con la famiglia abbiamo concordato che sarebbe rimasta a Costa Masnaga almeno fino al termine delle superiori. E anche la ragazza è assolutamente convinta di fare questa scelta. Per cui sono quasi sicuro che Villa sarà nel roster dell’annata 2021/22”. Una formazione che sarà fatta di tante conferme, come in pieno stile Costa Masnaga. In chiusura dell’intervista concessa a Pink, il GM Ranieri ha confessato “di avere già chiuso il roster per la prossima stagione. Annunceremo una giocatrice alla volta, ma la squadra è fatta con le nostre atlete in formazione e la conferma di Spreafico, un assoluto valore aggiunto. Dopo avere assemblato la formazione per il 2021/22, con due cambi rispetto a quella attuale, ci fa porre come obiettivo il raggiungimento almeno degli stessi risultati”.

Programmazione è la parola chiave. Come ripetuto più

volte da Ranieri e Seletti. Per potersi garantire un presente e un futuro ad alto livello. E continuare a sognare e fare sognare un paese di 5000 abitanti, nella provincia lombarda, proponendo un progetto formativo e competitivo nel massimo campionato nazionale. Spinti dalla sfrontatezza di un gruppo di ragazze giovani, ma anche dalla consapevolezza che i sogni possono diventare realtà e valorizzare il proprio lavoro è qualcosa di appagante. Questo il mix vincente dalla Limonta Costa Masnaga. Oggi e domani. Sempre.


TIMONIERE PAOLO SELETTI È UNO DEI GRANDI PROTAGONISTI DELL’ANNATA DELLA SQUADRA LOMBARDA E GLI OTTIMI RISULTATI OTTENUTI GLI SONO VALSI LA CONFERMA IN PANCHINA.

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VENEZIA. UNO SCUDETTO CHE MANCAVA DA 75 ANNI. PAN HA CHIUSO UNA STAGIONE DA 34 PARTITE CON 8.5 PUNTI DI MEDIA.


cover story

LA PAN-ACEA SCUDETTO MVP ITALIANA A 23 ANNI: FRANCESCA PLANA SUL TRICOLORE COL FRAGORE DELLA

PREDESTINATA. “EPPURE DA RAGAZZA STAVO PER SMETTERE PER QUALCHE DIFFICOLTÀ PERSONALE. DECISIVA LA FAMIGLIA”. IL LEGAME SPECIALE CON ELISA PENNA E I “GIURAMENTI” CON LE COMPAGNE

DI giulia arturi

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uando le consegnano il premio di Mvp, Francesca Pan, 23

anni sembra non crederci. Un misto di stupore, felicità, e consapevolezza di aver fatto qualcosa di grande. Per trovare una mvp italiana della finale scudetto bisogna scorrere l’albo d’oro fino al 2012, quando lo vinse Giorgia Sottana (alla sua età). Dal 2008 ad oggi solo un’altra giocatrice azzurra ancora: Chicca Macchi. Poi solo grandi straniere, campionesse esperte, come Antibe, Godin, Mahoney, Wambe, Larkins, Hammon, Yacoubou, Quigley. In questa lista di regine, Francesca sembra un’intrusa. Sembra. Chiamatela predestinata, piuttosto. Dopo quattro anni di college a Georgia Tech, Pan è tornata a Venezia, la società in cui è cresciuta. Il primo vero campionato senior in una squadra ambiziosa, costruita per vincere. Si è calata in questa sfida con la naturalezza dei grandi, con la grinta dei vincenti. Quando le chiediamo quale tra i suoi canestri della serie finale le è rimasto impresso, non sa scegliere. Lo facciamo noi, tra i tanti: la tripla del più

uno ad una manciata di secondi dalla fine in gara4. Perché era un tiro pesante e a 23 anni Francesca l’ha preso con la voglia di vincere e la freddezza da veterana. Perché poteva essere il tiro dello scudetto, non lo è stato, ma non c’è stato nessun contraccolpo psicologico. Francesca in gara5 ha ripreso esattamente doveva aveva lasciato, segnando 15 punti e meritandosi definitivamente il titolo di migliore giocatrice. Grande atletismo, istinto da tiratrice, molto presente anche in difesa: per chi ha dimestichezza della storia del nostro basket, sembra la versione femminile di Antonello Riva, ovvero l’uomo dei record di punti della nostra pallacanestro. Una constatazione che suona come augurio, per una carriera appena sbocciata. Prima finale, primo scudetto, mvp della serie a 23 anni. Sei partita con il botto dopo il rientro dagli Stati Uniti. “Sono contentissima, è stato un anno super impegna-


cover story FINALE. UNA SERIE DI PARTITE DA MVP CON IL 44% DA 3 PUNTI E 14.5 PUNTI DI MEDIA.

tivo. Da agosto, quando abbiamo iniziato la preparazione, ad oggi è stato un bel percorso, e giustamente alla fine eravamo tutte un po’ stanche. All’inizio della stagione avevamo fissato degli obiettivi, non li abbiamo raggiunti tutti però ci siamo andate vicine: abbiamo partecipato a 4 finali su 4, anche se ne abbiamo perse due, la Coppa Italia e l’Eurocup. Quest’ultima è stata una sconfitta difficilissima da digerire, ma che allo stesso tempo ci ha insegnato molto: una grande lezione per tutta la squadra. Siamo state brave a non disunirci e a tornare ancora più motivate in campo per conquistare il nostro principale obiettivo: lo scudetto”.

deluse: la finale era già quasi nostra, mancava solo un millimetro. Ma un secondo nel basket è lunghissimo; lo sapevamo, ma non siamo riuscite lo stesso a chiudere la partita. Il ritorno in palestra è stato tosto. Ma un giorno, in spogliatoio, prima di iniziare i play off, ci siamo guardate negli occhi e ci siamo dette che, per quanto fosse difficile andare avanti, la stagione non era finita con quella partita contro Valencia. C’era un altro grande obiettivo davanti a noi. Dovevamo uscirne e crescere insieme. Quella riunione ci è servita tanto per ritrovare l’unità di squadra e la forza di tornare a giocare come a inizio stagione. E così è andata”.

A proposito della finale di Eurocup, che meccanismi avete messo in atto per riprendervi da una sconfitta così assurda? “Non è stato facile, il colpo subìto era veramente pesantissimo. Eravamo tutte molto arrabbiate, tristi e

Tu personalmente come affronti questi momenti di difficoltà? “Innanzitutto conto molto sulle mie compagne, sulla loro vicinanza. Poi per me è importante distrarmi, non essere sempre con il pensiero alla pallacanestro.


Ho la fortuna di vivere vicino a casa e poter tornare dalla mia famiglia. Inoltre, ho molti amici qui a Venezia e anche solo uscire a prendere un caffè con loro per alleggerire la pressione mi aiuta. Così poi nelle ore di allenamento riesco ad avere la testa pronta per concentrarmi al massimo e dare tutto”. La finale scudetto l’avete giocata senza Yvonne Anderson, giocatrice importantissima per voi. Come avete metabolizzato la sua assenza? “Yvonne per noi è stata una giocatrice chiave per tutta la stagione. Purtroppo si è fatta male poco prima delle partite finali e non ha recuperato dall’infortunio. Quando l’abbiamo scoperto eravamo tristi per lei, ma anche per noi. Però eravamo consapevoli di essere un gruppo unito, e che la squadra contava su più talenti, non solo sul suo. Giocatrici come me ed Elisa Penna sono state chiamate a dare un po’ più del solito per riempire il vuoto lasciato da Anderson”. Hai sentito il peso di questa responsabilità? “Appena ho saputo che Anderson purtroppo non poteva far parte della squadra effettivamente mi è salita un po’ l’ansia e mi sono detta: ‘ora veramente tocca a me e a Elisa’. Però per fortuna sono una persona abbastanza spensierata e dalla palla a due non penso più a niente se non a giocare, e quindi già dalla prima partita ho fatto quello che mi chiedeva l’allenatore. Ho cercato di dare il massimo e ho giocato come so fare, nascondendo le emozioni di un momento così importante”. Una finale che sul 2-0 sembrava chiusa l’avete dovuta vincere in gara5. Si è ripresentato qualche fantasma? “Sapevamo che avevamo di fronte una squadra fortissima, con un’esperienza incredibile. Le prime due partite le abbiamo impattate bene da subito, giocando la nostra pallacanestro con un sacco di energia positiva e una grande difesa. Ma eravamo consapevoli che andare a vincere da loro non sarebbe stato per niente facile; entrambe le gare non le abbiamo iniziate bene, abbiamo sempre rincorso e contro una squadra come Schio diventa tutto più difficile. Siamo state bravissime a recuperare in gara3 i 20 punti di svantaggio, ma non siamo riuscite comunque a portarla a casa. Dopo la seconda sconfitta eravamo con il morale a terra e stanchissime, ma di nuovo ci siamo guardate negli occhi e ci siamo dette che avevamo un’opportunità incredibile e non potevamo mollare. Alla fine, è stato di nuovo il gruppo a farci ritrovare la forza che si era persa per strada e condurci alla vittoria”. Sia tu sia Penna che tutte le italiane avete avuto un grande impatto sulla serie, anche rispetto alle straniere. Un bel segnale in chiave Nazionale. Che

ambizioni avete per l’Europeo che si giocherà a breve? “Ambizioni alte! Io e Elisa siamo molto legate, è tutto l’anno che ci aiutiamo a vicenda, e sapevamo che il nostro momento sarebbe arrivato. Ne abbiamo passate parecchie, abbiamo entrambe incontrato molte difficoltà in momenti diversi, e ci siamo sempre sostenute. Continueremo questo nostro rapporto anche in Nazionale. Nelle qualificazioni abbiamo dimostrato che l’Italia c’è: siamo una squadra forte, unita, ci divertiamo insieme e quindi questa volta spostiamo più in alto l’asticella. Le aspettative sono molte”. Facciamo qualche passo indietro. Come sei arrivata alla pallacanestro? “In realtà il mio primo sport è stato la ginnastica artistica. Le mie amiche ai tempi delle elementari facevano questo e io volevo stare con loro. Poi però mi sono resa conto che non era una disciplina molto adatta a me e ho cambiato strada. A scuola distribuivano i volantini di vari sport, tra cui il minibasket. L’ho portato a casa, ed essendo i miei genitori degli ex cestisti, mi hanno spinta a provare. Avevo 7 anni, ho iniziato giocando con i maschietti (a Bassano non esisteva una squadra femminile) e non ho più smesso!”. Quanto è stato importante l’ambiente familiare per la tua affermazione? “Sicuramente tanto. La mia famiglia mi ha sempre seguita, mi ha aiutato in momenti di difficoltà anche quando pensavo di voler smettere. Ero arrivata a un punto in cui non trovavo più la passione che mi aveva spinto a giocare a basket. Attraversavo qualche difficoltà personale che mi influenzava anche nello sport, e non riuscivo più a essere felice e a divertirmi in campo. Se non ci fossero stati i miei genitori a supportarmi non so dove sarei ora. A loro devo tutto. Lo scudetto che ho vinto qualche giorno fa è interamente dedicato a mia mamma, mio papà, e a mio fratello e mia sorella”. Dopo una carriera giovanile in cui hai subito mostrato il tuo talento, la scelta americana: perché? “Se devo essere sincera, inizialmente non avevo tanta voglia di andare in America. Non sapevo l’inglese, ero impaurita. È stato parlando con i miei genitori che ho trovato la spinta giusta: mi hanno incoraggiata a cogliere la possibilità di un’esperienza unica che non si sarebbe più ripresentata. Con il senno di poi ho fatto bene ad ascoltarli e a buttarmi: è stata un’avventura indimenticabile, lo rifarei altre mille volte. Anche se i primi mesi sono stati davvero duri: senza la conoscenza della lingua, mi sentivo un pesce fuor d’acqua. Ma di carattere mi viene difficile mollare qualcosa, non fa parte di me, mi sono fatta forza e sono stati quattro anni meravigliosi. È stata l’espe-

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cover story rienza a 360° ad essere speciale e diversa. L’importanza che ha lo sport negli Stati Uniti si percepisce in tutto: pensa solo che noi viaggiavamo con il jet privato, ho giocato in arene da 9000 posti sold out, sono andata alle Bahamas viaggiando con la squadra. Quattro anni che mi porterò dietro per sempre”. A Georgia Tech hai concluso anche un percorso di studi, di cui vai giustamente orgogliosa. “Ci tengo molto, adesso ovviamente sono concentrata sulla mia carriera, ma sono cosciente del fatto che non potrò giocare a basket fino a 65 anni e quindi è sempre stato importante anche concentrarmi sullo studio, pensando al futuro. La famiglia, la scuola, la salute e poi il resto: questo mi hanno sempre trasmesso i miei genitori. Mi sono laureata in Business Administration a Georgia Tech, che anche dal punto di vista accademico è un’università di grande livello”. In cosa pensi di dover migliorare in campo? “Come dicono negli Stati Uniti, dovrei essere più ‘consistent’. Ho ancora un po’ troppi alti e bassi: gioco

Sei veneta come tantissime giocatrici illustri del passato e di oggi. Cosa c’è di speciale da quelle parti? “Non lo so, so solo che c’è il vino buono! (risata). Non saprei trovare una spiegazione, ma sono orgogliosa di essere veneta. Poi abbiamo la fortuna di avere società come la Reyer e Schio, importantissime per il movimento del basket femminile, e forse questo invoglia un po’ di più le ragazzine a prendere in mano una palla, avendo negli occhi l’esempio di tante campionesse”. Cosa significa vincere lo scudetto a Venezia dopo ben 75 anni? “È stato pazzesco. Significa moltissimo. Questo scudetto è stato cercato e voluto e ora che ce l’abbiamo fatta sono stracontenta sia per noi, sia per la società che ha sempre investito molto sulla squadra femminile e per questo le sarò sempre grata”. Ora ti capiterà un po’ di più di essere una donna copertina del basket femminile. Ti pesa essere al centro dell’attenzione e avere maggiori responsabilità?

È stato pazzesco. Significa moltissimo. Questo scudetto è stato cercato e voluto e ora che ce l’abbiamo fatta sono stracontenta sia per noi, sia per la società. delle partite con percentuali del 50%, altre con lo 0% devo quindi trovare maggiore continuità”. Per una tiratrice come te, quando non riesci a segnare cosa pensi? “Di continuare a tirare: so farlo, so che posso fare canestro, quindi cerco di non tirarmi indietro. A volte è difficile, mi capita di avere dei momenti negativi, di buttarmi giù, ma sono una tiratrice, è il mio ruolo ed è quello che la squadra si aspetta da me, e quindi devo sempre avere la mentalità per pensare: il prossimo tiro va dentro!”. Hai una giocatrice o un giocatore a cui ti sei ispirata? “Il mio giocatore preferito è Steph Curry. È un esempio sia fuori che dentro il campo, sta facendo tante per la comunità di Oakland, per esempio nell’organizzare la distribuzione di pasti alle persone che non se li possono permettere. Ha realizzato anche un’intervista al dottor Fauci (Direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases ndr) per divulgare informazioni sul Covid. Insomma, una persona molto impegnata anche lontano dal basket, ed è questo che mi piace molto di lui”.

“In realtà no, come ho detto prima sono una ragazza spensierata e alla mano, a queste cose non ci penso molto. Quando entro in campo mi dimentico di tutto e penso solo a giocare. Piuttosto, mi fa piacere perché vorrei aiutare il nostro movimento a essere più seguito”. A tal proposito quella finale di Eurocup contro Valencia è stata davvero un grande biglietto da visita per tutto il movimento. “Sì, una partita incredibile, una grande qualità di basket. Poi punto a punto fino alla fine, ogni volta che prendevamo un piccolo parziale tornavamo sotto. E viceversa. Per quanto difendessi al massimo, facevano sempre canestro. Ho marcato giocatrici fenomenali. Dopo la partita eravamo ovviamente arrabbiate, ma percepire la risonanza che ha avuto la partita, leggere i tweet delle giocatrici Wnba e di chi l’ha seguita è stato bello”. Per finire, c’è stata una canzone playoff? “Sì, ‘Tell me I’m pretty’ Icona Pop remix, l’ascoltavamo sempre prima di entrare in campo. Una canzone un po’ ‘tamarra’, ma ci dava energia e ci faceva sorridere”.


AZZURRO. GIÀ PROTAGONISTA ANCHE IN NAZIONALE (11.5 PUNTI DI MEDIA NELLE ULTIME QUALIFICAZIONI). IL 17 GIUGNO INIZIERANNO GLI EUROPEI. L’ITALIA È NEL GIRONE CON MONTENEGRO, SERBIA E GRECIA.

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Playoff shock

FUORI AL PRIMO TURNO LA “NUMERO 2” IN ENTRAMBI I GIRONI (CREMA E BRESCIA) PIÙ ALTRE 3 TESTE DI SERIE. SEMIFINALI: MONCALIERI-ALPO E VICENZA-MILANO AL NORD; FAENZA-PATTI E VALDARNO-SELARGIUS AL SUD. PARLIAMO ANCHE DI PLAYOUT E DEL FENOMENO DELLE DIRETTE STREAMING

di manuel beck

C

i aspettavamo sorprese? Sì. Così tante? Assoluta-

mente no. I playoff di A2 non hanno… avuto rispetto delle gerarchie stabilite in 7 mesi di stagione. Nell’instabilità alimentata dal Covid, s’intuiva che almeno alcune posizioni in classifica non rispecchiassero i valori reali; ma che in ben 5 delle 8 serie del primo turno venisse eliminata (con un brusco 0-2) la squadra meglio piazzata, era difficile da immaginare. L’uscita di scena di Crema è la più clamorosa. C’entra la formula con gara-1 in casa della peggio classificata? Ne discute Silvia Gottardi nella sua rubrica; qui notiamo che nei playoff di A1, lo stesso “format” non ha partorito alcuna sorpresa. Quindi può essere stato uno dei fattori, ma non l’unico e forse non il più importante. Si è notata, anche nelle squadre migliori, una tendenza a oscillare tra minuti di dominio e altri di blackout nella stessa partita, realizzando o subendo rimonte clamorose, come del resto era già successo in Coppa Italia. E in situazioni così imprevedibili, chi è

arrivato a maggio in condizioni migliori, e riesce a mettere in campo qualcosa di più a livello di collettivo nei momenti decisivi, vince a prescindere da quanto avvenuto in stagione regolare. Di sicuro, con l’A2 non ci si annoia mai… Gerarchie ribaltate anche nei playout, dove le meglio piazzate nei due gironi erano Albino e Cus Cagliari, ed entrambe sono costrette al secondo turno senza appello. Nel momento in cui scriviamo (20 maggio), sembra allontanarsi la speranza di avere il pubblico nei palazzetti dal 1° giugno: il via libera è stato concesso, per ora, solo alla serie A maschile. Uno sguardo alle graduatorie individuali di fine stagione regolare. Una Virginia Galbiati in forma spettacolare negli ultimi due mesi ha vinto sia la classifica marcatrici (18,1 di media, prevalendo di strettissima misura su Iannucci, Gianolla e Marta Rossini) sia quella degli assist (3,9). Nei rimbalzi si è imposta Florencia Llorente di Mantova (12,3).


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PLAYOFF & PLAYOUT // Le imprese di Milano, Vicenza e Selargius; le conferme di Alpo e Patti come outsider di lusso; i pronostici rispettati da Faenza, Valdarno e Moncalieri. Salve le due Bolzano, Carugate e Civitanova. Infortuni a Miccio e Striulli GIRONE NORD Terremoto in Lombardia: Milano elimina

Crema, che in entrambe le gare comanda nei primi 3 quarti (nella seconda anche di 15) ma subisce il sorpasso nell’ultimo. Brilla Toffali (18 in G1, 20 in G2), solide le lunghe, ma è soprattutto un gran lavoro di squadra per il Sanga di Pinotti: in G2 la zona limita le lunghe e costringe le avversarie ad affidarsi senza esito alle triple; nei momenti decisivi vengono costruite soluzioni efficaci da dentro l’area, mentre Gatti (21 punti) rimane un po’ troppo sola in fase realizzativa per le regine di Coppa, apparse in calo di condizione al di là delle assenze di Melchiori e Caccialanza. Colpo ad effetto anche per Vicenza su Udine: prepotente +25 in casa per le biancorosse (con 18+11 della sorpresa 2001 Mioni) e rimonta in una pazza G2 (Tibè 22 punti) che vede le friulane esaltarsi con un 25-5 nel 3° quarto ma crollare con un 14-29 nell’ultimo. Tra i fattori anche la costanza realizzativa di Villarruel, i 15 punti di Tagliapietra in G2 e la difesa di squadra su Peresson, che in entrambe le partite si ferma a quota 10 con 3/15 dal campo. Castelnuovo aveva chiuso bene la tornata di recuperi sopravanzando Alpo per il 4° posto. Ma è una sorpresa relativa la doppia vittoria delle veronesi nella serie-playoff, con un +9 in casa (Mancinelli 19) e un +8 in trasferta (Conte 23). Due gare combattute, sì, ma con la squadra di Soave sempre avanti, almeno dall’intervallo in poi, con margini anche in doppia cifra. Leonessa Podrug (16+17 rimbalzi in G1), 18 punti di Madonna in G2, ma pochi altri squilli per le piemontesi, acciaccate in qualche elemento e frenate dalle 42 palle perse complessive. Moncalieri, dopo aver strappato a Crema (caduta nel recupero con Vicenza) il primato in stagione regolare, è sorpresa in G1 da una Sarcedo encomiabile (mancavano Pieropan e Santarelli; ne segna 16 Viviani), ma si riscatta dominando in casa: +51 complessivo, con punteggi quasi identici, nelle due partite in cui la forza e la profondità delle torinesi sono tornate a fare la differenza. Nei playout festeggia Carugate ai danni di Albino, con due “rimontoni” coronati in volata; le giovani lunghe Colognesi e Grassia totalizzano 29 punti e 22 rimbalzi in G1 e 19+19 in una G2 che sembrava salda in mano bergamasca sul +17 di metà 3° quarto. La grande veterana Micovic contribuisce alla salvezza carugatese a 15 anni di distanza dalla prima volta. Emozioni anche nella serie tra BC Bolzano e Ponzano: impresa esterna delle altoatesine in G1 (15 punti e 12

rimbalzi di Nasraoui, vanificando i 23+16 di Costanza Miccoli), risposta delle trevigiane in G2 (Leonardi 25), ma Bolzano si ricompatta e taglia il traguardo-salvezza, trascinata dai 21 punti di Nasraoui e dai 20 di Fall.

GIRONE SUD L’andamento della stagione aveva avvisato

che i valori fra le prime 8 erano molto vicini. Così, i due esiti contro pronostico, con le isolane protagoniste in positivo, stupiscono meno di quelli avvenuti al Nord. In una serie costantemente in equilibrio, Selargius si fa trovare più pronta nei momenti decisivi rispetto a Brescia, due volte trafitta in volata (+6 e +2 per le sarde); in entrambe le gare è Ceccarelli la match-winner: 19+10 rimbalzi in G1, 20 con 4/4 da 3 in una G2 che finisce 5658 con l’errore di Rainis allo scadere. Lavora bene la difesa giallonera su Zanardi, 4/26 complessivo dal campo (pur con uno sprazzo che stava decidendo la seconda sfida) e, alla distanza, anche su Turmel. L’altro ribaltamento del ranking è ancor meno una sorpresa. Patti era apparsa più in forma di Umbertide nel finale di stagione regolare, sorpassando Nico e Selargius per il 5° posto, e lo ha confermato con un 2-0 secco (+13 e +17): Galbiati 28 punti in G1 e 16 (come Verona) in G2. Pompei e Baldi non bastano alle umbre; le siciliane di Mara Buzzanca volano in semifinale da matricole. Non tutto semplice, ma comunque 2-0, per Faenza su Spezia: 19 punti di Policari in G1, 26 di valutazione per Franceschelli nella combattuta G2 (non bastano 16+13 di Sarni). La difesa romagnola ha concesso meno di 50 punti di media alle liguri, che dopo aver conquistato l’ultimo biglietto-playoff ai danni di Firenze, escono di scena dopo una stagione mai decollata del tutto. Nel derby toscano, S. Giovanni Valdarno – che ha perso la sua top scorer Miccio alla vigilia dei playoff per infortunio – domina G1 in casa della Nico (+13 con 23 di Slim contro 22 di Frustaci), mentre G2 regala un finale rocambolesco: Ponte Buggianese, da -16 all’intervallo, rimonta e sorpassa a 2’ dal termine, ma un contropiede di Gregori su palla rubata ridà spinta alle aretine per un 8-0 decisivo. Salvezza in due gare per Civitanova su Livorno: buone prove del collettivo per le marchigiane (in G2 Trobbiani 24 di valutazione). Thrilling a lieto fine per la Pall. Bolzano, che dopo la sconfitta casalinga in G1 confeziona una doppietta a Cagliari: 44-46 in G3 (Chiabotto 17) resistendo alla rimonta del Cus, penalizzato dalla perdita per infortunio di Striulli dopo una G1 giocata da par suo (17 punti e 10 rimbalzi).


IMPRESA QUELLA DEL SANGA MILANO, CAPACE DI ELIMINARE, DA SETTIMA IN CLASSIFICA, CON UN SECCO 2-0 LA FAVORITISSIMA CREMA NEI QUARTI DI FINALE PLAYOFF.

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NOVITÀ IN UN’ANNATA CONTRASSEGNATA DALL’ASSENZA DI PUBBLICO NEI PALAZZETTI, LE DIRETTE STREAMING SONO STATE L’UNICO MODO PER VEDERE LE PROTAGONISTE IN AZIONE. PROMOSSE.


FENOMENO STREAMING // Le partite in diretta-web, nella stagione senza pubblico in presenza, hanno avuto un boom di diffusione. Nostra inchiesta per capire se il rapporto tra seguito e costi è soddisfacente, e se si continuerà anche dopo la pandemia Le dirette streaming delle partite, su Facebook e YouTube, sono il fenomeno mediatico di questa stagione di A2. Non si tratta di una novità assoluta: alcune società le avevano lanciate fin da prima del Covid, così come erano già attive web-tv come la sarda Directa Sport. Ma la pandemia ha accelerato il boom: il divieto di pubblico alle partite ha costretto tutti ad attrezzarsi, per non sprofondare nell’invisibilità. Ognuno fa a modo suo e quindi la qualità del prodotto è eterogenea: c’è chi fornisce immagini ad alta definizione, sovrimpressioni puntuali con tempo e risultato, telecronisti professionali che sanno tutto anche delle avversarie; e chi invece s’arrangia con immagini sfuocate, tempo e punteggio comunicati saltuariamente, telecronisti-tifosi che urlano di gioia ai canestri della squadra di casa e sprofondano in silenzi depressivi per quelli delle avversarie, identificate solo col numero di maglia… Dettagli. L’essenziale è che per lo spettatore è tutto gratis, abbondante, facilissimo da fruire. E molte società non si limitano a fornire la partita, ma producono contenuti per tutta la settimana, tra “highlights”, interviste, brevi video-gag che sui social (compreso Instagram) fanno sempre presa. Un investimento cruciale per mantenere il legame col proprio pubblico e magari allargarlo, in attesa di raccoglierne i frutti a pandemia finita. Abbiamo effettuato un giro d’Italia (virtuale) in quattro tappe per saperne di più dagli operatori del sistema. Partiamo dalla Lombardia con Paolo Gavazzi, g.m. di Carugate, che già prima della pandemia mandava in diretta le proprie partite interne: “I costi sono assolutamente accettabili, tra i 50 e i 100 euro al mese. Dovendo già fare le riprese per il server di Lega, colleghiamo la camera al pc col Cam Link, e a quel punto servono solo un buon cameraman e un telecronista all’altezza. I nostri video su YouTube hanno superato più volte le 1000 visualizzazioni. Siamo soddisfatti, soprattutto per il servizio offerto a sponsor e tifosi. Per il futuro, sarà da valutare se LBF ci fornirà una piattaforma idonea o se dovremo andare avanti solo con le nostre forze”. Siamo ora in Emilia-Romagna con Domenico Bonacorsi, responsabile comunicazione di Faenza, pioniere delle partite in streaming quando era al Progresso Bologna. “Una buona diretta si può fare anche con un tablet o un telefonino: se si vuole una qualità maggiore si investe di più, ma i costi-base sono del tutto sostenibili. Il seguito è soddisfacente: abbiamo circa 300 persone online durante le dirette, siamo saliti da 80 a 500

iscritti al nostro canale YouTube; riusciamo a offrire un servizio anche agli sponsor creando spazi dedicati, come i banner col marchio. Dopo la pandemia? Si può e si deve andare avanti. Non credo che le dirette streaming nuoceranno alle presenze nei palazzetti: anzi, credo che molti che hanno scoperto l’A2 in questo periodo grazie agli streaming saranno invogliati a vedere le partite dal vivo. Sarebbe importante che LBF creasse un contenitore unico per il materiale prodotto dalle società, sia per dare uno standard qualitativo al prodotto, sia per raggiungere un pubblico più ampio”. Scendiamo nel cuore del centro Italia con Pietro Russo, che dalla sua base di Civitavecchia è l’anima di TripTv-0766news, agenzia di stampa comprendente una web-tv che produce telecronache di partite e il magazine settimanale “BasketTiAmo” (un’ora abbondante sull’A2, con immagini, interviste e i commenti tecnici di Franz Pinotti e Angelo Bondi): “I costi per noi sono abbordabili; cerchiamo di tenerli bassi abbinando la produzione di due partite ogni fine settimana. Il nostro raggio d’azione comprende Toscana, Marche, Umbria, Campania. A fine stagione avremo trasmesso circa 50 partite, con un pubblico medio sui 1300 e punte di 3000. Troviamo sponsor tramite i clienti. L’obiettivo per il futuro è continuare; mi auguro che le società, pur avendo i mezzi per fare auto-produzione di contenuti, scelgano di affidarsi a chi fornisce qualità giornalistica”. Atterriamo infine in Sicilia, nella realtà emergente di Patti, dove il team manager Mariana Kramer dà le cifre di un successo: “In media 200 persone hanno seguito le nostre gare in streaming, con un picco di 14.000 visualizzazioni Facebook su singola diretta. Anche grazie allo streaming la nostra pagina FB è stata raggiunta da 21.000 utenti. Questo vuol dire pubblicità e visibilità per i nostri sponsor, che per noi fanno parte della famiglia-Alma Patti”. Continua la responsabile comunicazione, Chiara Borzì: “Lo streaming ha portato la pallacanestro femminile in casa di tutti, e avrà un futuro anche dopo il Covid, se sarà trattato come un format. È come un biglietto da visita: per questo, una regia capace di gestire la messa in onda e gli imprevisti, e un telecronista competente, garantiranno al prodotto di restare un’opportunità di marketing”. Affidiamo la chiusura al presidente Attilio Scarcella, che sottolinea: “Quest’anno non ci sono stati costi pienamente sostenibili. Qualsiasi supporto, da parte di uno sponsor o della Lega, è certamente utile per sostenere il servizio”.

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PUNTO DI FORZA KATSHITSHI È UNA DELLE GIOCATRICI DI RIFERIMENTO DI MONCALIERI, CAPACE DI ELIMINARE SARCEDO AI QUARTI DI FINALE E CANDIDATA AUTOREVOLE ALLA PROMOZIONE IN SERIE A1.


primo piano

La solidità di Lydie COL SUO TALENTO OFFENSIVO, PER CHI DIFENDE, È IL PERICOLO PUBBLICO NUMERO UNO. MA NEL QUOTIDIANO INDOSSA I PANNI DI UNA STUDENTESSA TRANQUILLA,

VICINA ALLA LAUREA, CON IDEE CHIARE E PROGETTI CONCRETI. DA GRANDE FARÀ LA CONTABILE, CERTO; MA PRIMA IL SOGNO DI GIOCARE IN EUROLEGA

DI Simone Fulciniti

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uando Henry Morton Stanley, giornalista britannico,

la raggiunse nel 1877, Kinshasa era soltanto un villaggio. Era tornato a esplorare le terre africane dopo aver ritrovato il dottor David Livingstone del quale si erano perdute da tempo le tracce. Quattro anni più tardi, nel 1881, avvenne la fondazione della città: inizialmente battezzata Leopoldville, prese il nome che oggi conosciamo soltanto nel 1966. Capitale della Repubblica democratica del Congo, è uno dei maggiori centri culturali e intellettuali del centro Africa, e vi opera una fiorente comunità di artisti e musicisti. Ci sono tre grandi università, una scuola d’arte e numerosi impianti sportivi. Qui, il 12 agosto 1998, nasce Lydie Kintala Katshitshi, stella della PMS Moncalieri. Il padre è un medico “senza frontiere”, pertanto un grande viaggiatore. La mamma invece in quegli anni gestisce un negozio di abbigliamento. «Ricordo il contesto familiare, la scuola cattolica che ho frequentato. In particolare il supporto di mia mamma, che per me

c’è sempre stata. Mi ha continuamente incoraggiata a fare nuove esperienze. Mi accompagnava dappertutto, sempre donandomi il massimo sostegno».

L’approccio col basket arriva in maniera piuttosto ca-

suale. «Un pomeriggio stavo tornando a casa da scuola, con la mamma. Passammo nei pressi di un campetto all’aperto, dove alcuni ragazzini stavano giocando. Improvvisamente il pallone sfuggì al loro controllo ed arrivò proprio nella nostra direzione. Il mio istinto fu quello di fermarlo coi piedi. Uno dei ragazzi venne verso di me e mi spiegò che in quel gioco si usavano le mani, e mi fece provare a palleggiare un po’. Ne restai affascinata, al punto che, il giorno dopo a scuola, cercai di capirne di più. Andai a spiare quelli che giocavano a basket e da quel momento me ne sono interessata». La scintilla che porta alla grande avventura. «Il mio primo allenamento è stato a nove anni, a scuola col professore. Ricordo di aver fatto un canestro. Non ero più alta


primo piano delle altre in quel momento. Giocavamo nell’ambito scolastico, scuole contro scuole, non esistevano squadre fuori dal contesto. Ho imparato piano piano. Dopo due anni avevo fatto buoni progressi, e cominciarono a cercarmi anche nelle altre scuole. Le mie due sorelle si allenavano insieme a me, ma poi hanno lasciato». Ed ecco che la vita di Lydie prende una nuova direzione. «I miei genitori vollero farmi cambiare paese, per imparare altre lingue, crescere in un luogo più evoluto. Avevo due possibilità: la Francia e l’Italia. Il cuore mi suggerì di scegliere l’I-

La prima partita la gioca proprio contro la PMS Moncalieri, quella che diventerà la sua squadra in futuro. «In campo ho cercato di gestirmi, visto che si correva molto. Stavo crescendo, ero la più alta. Sul piano sportivo mi sono divertita, e sono migliorata tanto, anche nel tiro. Umanamente mi sono sentita amata». Quattro anni di giovanili, con l’approdo all’interzona. «Siamo arrivate a Porto San Giorgio e abbiamo perso; ma per Cuneo è stata una bella soddisfazione perché era tempo che non riusciva nell’intento». Nel frattempo, tra un viaggio in treno e l’altro (Lydie abita

Vorrei fare un A1 di vertice, avere la possibilità di giocare in Eurolega. Qualcuno mi ha chiesto della Wnba: a quella sinceramente non ho mai pensato. Cerco di agire nel breve termine, più avanti vedremo. talia. Mi accompagnò mio padre. Mio fratello, che si era trasferito qualche tempo prima, mi avrebbe ospitato. Ero impaurita per il viaggio in aereo, non l’avevo mai preso, ma la presenza di mio padre mi confortava; mi addormentai subito e una volta svegliata ero già a Milano. All’inizio avevo paura di scoprire cose nuove. Inoltre, scesa dall’aereo, vidi “tutto bianco” e iniziai a farmi domande: dove fossi, che facevo lì. Mio fratello mi spiegò subito un po’ di cose. Ho trascorso i primi mesi cercando di comprendere la nuova dimensione». Uno dei problemi più evidenti è quello della lingua. Dal francese all’italiano il passo non può essere immediato. «Mi iscrissi ad un corso di lingua italiana. Due mesi di studio per prendere il certificato. Correva il marzo del 2013. E a settembre cominciai la prima superiore. Cercavo di comprendere, parlare mi veniva difficile. Leggevo tanto in italiano per velocizzare i tempi e quando non capivo, scovavo le varie parole su Internet». Lydie è una ragazza simpatica, un anno più piccola rispetto ai compagni di classe. «Mi accolsero molto bene, studenti ed insegnanti. Capirono la situazione, le mie difficoltà nelle materie orali. Allo scritto però ero forte, perché studiavo molto». E il basket?

L’incontro giusto è dietro l’angolo. È l’allenatore Luca Di

Meo a integrarla nella squadra Cuneo Granda. Katshi (questo è il suo soprannome) entra a far parte del settore giovanile, e comincia ad imporsi, vivendo una splendida esperienza con le Under. «Il basket italiano l’ho trovato subito più intenso. Inoltre, quando sono arrivata, il mio allenatore mi ha fatto giocare da lunga. Quindi nuovi movimenti da imparare. Ma ero molto determinata e i risultati sono arrivati presto».

a Fossano, e per allenarsi deve viaggiare una mezz’ora), prende il diploma in ragioneria. È l’anno di grazia 2017: arriva il passaggio tra le senior. Tutto cambia un’altra volta. «Il presidente di Moncalieri mi aveva visto all’opera e sapeva che avevo ampi margini di miglioramento. Allora si è messo d’accordo con Di Meo. Il coach mi ha parlato, ho fatto le mie valutazioni e deciso di provare. E contemporaneamente ho accettato anche la serie A2, a Castelnuovo Scrivia pur sapendo che avrei dovuto galoppare ancora di più». Necessario dunque il trasferimento a Torino. Katshi è in ansia, teme il salto di qualità, il livello alto del campionato. Non sa se è in grado di gestire studio, allenamenti, e partite nel weekend. Ma è determinata, e alla fine riesce nel suo intento. «In A2 all’inizio giocavo poco. Facevo fatica ad accendermi. Poi a metà campionato mi sono lasciata andare e ho cominciato a giocare bene. Il coach era Fabio Pozzi. Ho legato con Licia Corradini di Torino, poi Claire Giacomelli che studiava al Politecnico. Facevamo avanti e indietro tutti giorni, era impresa tosta. Ma mi ha permesso di crescere molto dal lato umano e organizzativo». E basta dare un’occhiata alle cifre di quel periodo, per capire come Lydie avesse già fornito qualche segnale del suo indiscutibile talento. «Quando Moncalieri sale in A2, l’anno successivo, diventa la mia unica squadra». Un primo campionato buonissimo. Un secondo, il 2019/20 che si stoppa causa pandemia. «Eravamo prime, le difese avevano cominciato a conoscermi, preso le contromisure e ho dovuto faticare per farmi valere». Alla frustrazione per aver terminato la stagione in anticipo, si aggiunge il disagio del rinvio degli esami universitari. «Sono iscritta ad economia aziendale; in quel periodo ero


STUDENTESSA LYDIE, OLTRE A GIOCARE A PALLACANESTRO, È IN PROCINTO DI OTTENERE LA LAUREA TRIENNALE IN ECONOMIA AZIENDALE.

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primo piano

molto stressata: un po’ per la paura del Covid, un po’ perché ero a Torino da sola. Nel lockdown sono rimasta a casa a studiare, senza alzare nemmeno un muscolo. Poi ad agosto sono ripartita con la preparazione. Non prima di aver dato gli esami fino a luglio, e sono andati bene».

Nell’anno in corso Moncalieri ha concluso la stagione rego-

lare al comando. «Appreso delle importanti partenze di Grigoleit e Conte ci siamo sentite un po’ sperse. Loro giocavano forte, facevano punti, e per colmare quel vuoto abbiamo deciso tutte di fare qualcosa di più. Personalmente sto cercando di crescere, imparare è una cosa stupenda. Allenarmi contro giocatrici

di livello, mi serve tantissimo. Mi trovo bene col coach Paolo Terzolo e con le ragazze siamo davvero molto unite». Obiettivi assoluti quindi, compresa la laurea triennale che dovrebbe arrivare in estate. Lydie ha ben chiaro quello che desidera avere in futuro, i suoi sogni nel cassetto sono concreti. «Comprarmi una casa, avere una famiglia ed un lavoro stabile. Magari come contabile, una cosa che mi piace, per la quale ho studiato. La mia è una mente matematica». Ma prima ci sono i traguardi sportivi da raggiungere e, anche in questo caso le idee sono chiare. «Vorrei fare un’A1 di vertice, avere la possibilità di giocare in Eurolega. Qualcuno mi ha chiesto della Wnba: a quella sinceramente non ho mai pensato. Cerco di


AL TIRO GIOCATRICE INTERNA, KATSHITSHI È UNA DELLE MIGLIORI PER ABILITÀ DI GUADAGNARSI FALLI E “GITE” IN LUNETTA IN TUTTO IL CAMPIONATO DI SERIE A2.

agire nel breve termine, più avanti vedremo». Tante partite giocate alla grande, ma di una conserva un ricordo speciale. «Quando con la PMS abbiamo affrontato Muggia per salire in serie A2. Mi sono veramente divertita, oltre ad aver giocato bene. Spesso non mi diverto perché la concentrazione mi blocca, ma quella circostanza fu davvero speciale». Italiana di formazione, ma non di nazionalità. Per lei, adesso, la maglia azzurra non è possibile. «Coach Sandro Orlando voleva convocarmi con l’Under 20, ma mi è permesso di giocare da italiana solo in campionato. Spero un giorno di poter indossare la maglia di quel colore». Il suo sportivo di riferimento è Michael Jordan; sta per adottare un gatto perché «il cane è troppo impegnativo» e

sa già il nome: Charlie. Tra un libro e un allenamento ci scappa una serie su Netflix. «La mia preferita? Le regole del delitto perfetto, che affronta il tema del crimine». Prima della partita c’è una canzone speciale, piena di significati. «Lift me from the ground, di San Holo». Per Lydie a famiglia sta sempre al primo posto «Ci sentiamo spesso, in tutti i modi». E il portafortuna lo tiene legato al collo. «Prima di venire in Italia mia madre mi aveva regalato una collanina. Ma un giorno, l’ho perduta. Mentre la stavo cercando ovunque, per strada, ho trovato un ciondolino a forma di uomo. Poi ho spiegato a mia mamma cosa era successo e lei mi ha detto di portarlo sempre con me. Così ho fatto. E da quel momento non ho più perduto nulla».

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PROMESSA CATERINA GILLI (GEAS) È UNA DELLE GIOCATRICI PIÙ PROMETTENTI DELLA NOSTRA PALLACANESTRO: NELL’ESTATE 2021 POTREMMO VEDERLA AI MONDIALI U19.


altri mondi

Giovanili anno zero INTERVISTA A 360 GRADI CON GIOVANNI LUCCHESI, RESPONSABILE DEL SETTORE SQUADRE NAZIONALI GIOVANILI. COME RIPARTIRE DOPO LA TEMPESTA-COVID,

LE NOVITÀ SULL’ESTATE AZZURRA, L’APPREZZAMENTO PER LO SFORZO COMUNE DEL MOVIMENTO PER SUPERARE LE DIFFICOLTÀ. E MOLTO ALTRO

DI manuel beck

H

a guidato l’epoca d’oro delle nostre Nazionali giovanili

nell’ultimo decennio. Oggi, però, Giovanni Lucchesi è impegnato, come tutti, a cercare la luce in fondo al tunnel della pandemia: impresa complicata ma non priva di speranza. Lo abbiamo interpellato, e soprattutto ascoltato, sui temi più attuali per il nostro movimento giovanile. Coach, la buona notizia è che in tutta Italia sono ripartiti almeno gli allenamenti delle squadre giovanili; per molte di loro anche i campionati. La cattiva notizia è che la piena normalità è ancora distante. Come vedi lo scenario? “Noto soprattutto il grande sforzo di tutte le componenti del movimento femminile per portare avanti la stagione, nonostante le incredibili difficoltà. Uno sforzo che è andato di pari passo con l’efficienza: e questo dovremmo riconoscerlo di più. Resta il fatto che l’anno zero sarà il prossimo, quando faremo i conti su chi sarà rimasto e chi invece avremo perso, sia tra

le società sia tra le giocatrici. L’incognita maggiore è nelle fasce di età più basse, in particolare il minibasket che già quest’anno ha sofferto un forte calo di numeri”. Quali rimedi sono più urgenti e soprattutto attuabili? “Alla base serve una sinergia tra Fip, Lega e società: questi ultimi mesi sono stati significativi in tal senso. Con l’unità di intenti si può intervenire a tanti livelli e ovviamente sul minibasket e nelle scuole. Abbiamo in cantiere una riforma della categoria U13. Ma, nel quadro generale, ci sono due ostacoli. Il primo è che ci basiamo su un auspicio, quello che la pandemia finisca a breve, ma non è attualmente una certezza, e quindi è difficile programmare. Pensate a come sono andati stravolti i piani che facevamo a settembre scorso per la ripartenza… Il secondo ostacolo è che, mentre il maschile ha sempre il traino dei modelli che invogliano i ragazzini a giocare (NBA su tutti), per il femminile non ci sono figure di riferimento che vengano proposte


altri mondi

con sufficiente forza, come avviene invece in Spagna con le giocatrici della Nazionale maggiore. È stata ufficializzata la riforma delle categorie, con il ritorno alle annate dispari (U19, U17, U15) dalla prossima stagione e un regolamento particolare per l’U13. Questo aiuterà a recuperare il tempo perduto nella formazione delle giocatrici? “Sì, anche se l’istanza di riforma è partita dal maschile; non potevamo fare diversamente anche se nel femminile la situazione non è identica, perché molte giovani giocano già in prima squadra. Dobbiamo proteggere soprattutto le annate più piccole, che vengono dal lungo periodo di inattività agonistica per la pandemia. Ma ricordiamoci un principio di fondo: ogni regola deve servire a far funzionare meglio la pallacanestro, non viceversa”. Hai citato le tante giovani in prima squadra: Matilde Villa e Carlotta Zanardi sono state la punta più visibile di un iceberg ben profondo. Sembra che la pandemia abbia aumentato le opportunità. “È un risvolto positivo della situazione. Non solo per chi ha trovato minuti d’impiego in A1 e A2, ma anche per le giovani che sono riuscite ad allenarsi aggregandosi al gruppo della prima squadra. Ora che sono ripartiti i campionati regionali, ancora di più. Si percepisce una grande fame di giocare e, sottolineo, anche di veder giocare: questo è coinvolgente. Mi riferisco alla diffusione massiccia dello streaming delle partite:

ormai anche un’amichevole Under 14 va in diretta su Facebook… ma è un’ottima cosa, perché si fa propaganda al basket su piattaforme seguite da tutti. Magari il risultato lo vedremo tra qualche anno, se ci sono ragazze che assistendo alle partite sui social vengono invogliate a giocare. Tutte queste iniziative su internet, non solo le partite, rimarranno anche dopo la pandemia, magari trovando il giusto equilibrio con gli eventi in presenza, che restano fondamentali. ‘Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato’, citando Einstein. È fondamentale non stare fermi a lamentarsi, ma mettersi all’opera, nei limiti che la pandemia consente. E il nostro movimento l’ha fatto”. Una delle storie più belle dell’anno è Costa Masnaga qualificata ai playoff di A1 con una base di giovani del suo vivaio. Ma è un modello replicabile? “Rispondo con una domanda: chi altri potrebbe farlo, oggi come oggi? Forse Brescia, che ha coraggio, ma al momento è una categoria sotto. La Reyer con lo scudetto ha visto ripagata la sua programmazione a lunga scadenza e ha un futuro assicurato dal numero di atlete giovani sotto contratto. Per una società il vivaio è la base che dà sicurezza di rinnovamento alla fine di un ciclo. Costa, con il lavoro guidato da Bicio Ranieri, ha costruito credibilità e rispetto intorno a sé, qualcosa che va oltre il concetto di vittoria. È proprio quello che abbiamo cercato di creare anche nelle nostre Nazionali gio-


vanili nell’ultimo decennio, al di là delle medaglie”. Parliamo allora di Nazionali giovanili. Il Covid ci ha fermati nel momento migliore della nostra storia. Ora, dopo l’estate 2020 senza competizioni, se ne prospetta un’altra quantomeno zoppa. “Il Mondiale U19 è l’unica competizione ufficiale confermata. È un’opportunità che ci siamo guadagnati grazie al ranking, ma sono convinto che l’avremmo ottenuto anche sul campo, se si fosse disputato l’Europeo U18 dello scorso anno. Come ripeto sempre, grande merito va al lavoro svolto sulle giocatrici da parte delle loro società. Al Mondiale vogliamo porta-

niamo risultati, ma fatichiamo a costruire una competitività individuale e rapidamente spendibile su un ventaglio ampio di giocatrici. Questo per due motivi. Il primo: la ristrettezza della base. Se in tutta Italia il volley femminile ha 1200 squadre Under 13 e noi 180, capite che il bacino da cui selezionare i talenti è ben diverso. Il secondo problema è la scarsa esperienza internazionale delle nostre giovani con i club. Avete visto Carrera, la spagnola del 2001 che è stata decisiva in finale di EuroCup tra Valencia e Venezia? In U16 faceva meno della nostra Madera. Però oggi Carrera è più avanti. Ed è solo un esempio. Una Panzera o una Matilde Villa quando giocheranno le coppe con un minutag-

Si percepisce una grande fame di giocare e, sottolineo, anche di veder giocare e questo è coinvolgente. Ormai anche un’amichevole U14 va su Facebook ed è una ottima cosa. re una squadra che sia competitiva ma anche futuribile, utilizzando (giusto per fare due esempi) Gilli da ala piccola o Panzera da play; e portando qualche prospetto fisico importante. Che poi era lo spirito di BasketLab, dove abbiamo cercato di lavorare su giocatrici magari acerbe tecnicamente ma dotate di fisicità proponibile in futuro a livello internazionale”. Gli Europei giovanili, invece, come ha appena annunciato la Fiba, sono sostituiti da tornei a partecipazione facoltativa. “Sì, e al momento non sappiamo se e quante rappresentative vorrà mandare la Fip. Potrebbe essere un’attività limitata alle ragazze maggiorenni, per una questione di responsabilità sanitaria. Se sarà la seconda estate persa di fila per le più giovani, dovremo mettere in conto di subire un calo di competitività rispetto al periodo eccellente che stavamo attraversando. È vero che le più grandi, come abbiamo detto, spesso giocano già nei campionati senior, ma nelle annate che stavano affacciandosi ora al basket vero e proprio pagheremo l’assenza di occasioni per selezionarle. Dalle 2006 alle 2008, senza Trofeo delle Regioni né finali nazionali per due anni di fila, sappiamo pochissimo. L’impegno di tutti sarà quello di recuperare il tempo perduto: consumare le suole delle scarpe per tornare a essere presenti accanto a tutte le società e le atlete”. Vuoi provare a rispondere all’eterna domanda di questi anni? Ovvero, perché collezioniamo medaglie giovanili ma non le abbiamo ancora tradotte in risultati senior? “Perché a livello giovanile riusciamo a raggiungere una competitività di squadra, grazie alla quale otte-

gio ampio come Carrera? Attenzione, non c’è nessuna colpa in questo, ma tutti insieme, per il bene comune, potremmo ragionare su soluzioni al problema”. Andare a giocare in America, una scelta ormai frequente fra le nostre giovani, rimedia a questa mancanza di esperienza internazionale? “L’Ncaa è senza dubbio un’esperienza formativa: cultura del lavoro, maturazione umana, aspetto tecnico e competitivo accentuato. È innegabile però che, rispetto ai nostri numeri già esigui, i trasferimenti negli Usa provocano un’ulteriore erosione del nostro parco-giocatrici, sia pure limitata a 4 anni. Per le ragazze è necessaria una scelta ponderata della destinazione, perché tra un college e l’altro c’è molta differenza in termini di guida tecnica, ‘conference’ di militanza, programma cestistico”. L’ingresso di società maschili in Serie A femminile è un’opportunità anche per il movimento giovanile? “Una grande opportunità. Ma a patto che questi ingressi siano accompagnati da programmi precisi. Se le società maschili vogliono entrare solo per l’attività di vertice, rischia di mancare la sostenibilità, per carenza di giocatrici: cioè, dove possono andare a prenderle, nel breve termine? Qualora la soluzione fosse il via libera totale alle straniere, non so se sarebbe un bene per la base, che va salvaguardata e alimentata perché il movimento continui ad esistere. Se invece, come nel calcio, i club maschili entrano nel femminile anche per il settore giovanile, sarebbe di sicuro un vantaggio enorme: il brand forte di una società maschile farebbe da traino per nuove vocazioni anche tra le ragazze”.

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STELLA RAE D’ALIE È LA GIOCATRICE DI PUNTA DELLA NOSTRA NAZIONALE 3X3. DALLE SUE GIOCATE PASSERANNO BUONA PARTE DELLE SPERANZE DI QUALIFICARCI ALLE OLIMPIADI.


storie

SOGNO OLIMPICO

IL 3X3 SARÀ DISCIPLINA OLIMPICA A TOKYO 2021, PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA. L’ITALIA SI GIOCA UN POSTO TRA LE MIGLIORI OTTO DEL MONDO AL PREOLIMPICO DI GRAZ (26-30 MAGGIO) O, IN SECONDA BATTUTA, A QUELLO DI DEBRECEN (4-6 GIUGNO). IL NOSTRO FOCUS SULLE AMBIZIONI AZZURRE

DI EDUARDO LUBRANO

“E

arl Manigault, chi era costui?” Un Don Abbondio

dei tempi nostri – ma appassionato di basket – non dovrebbe mai porsi questa domanda perché il “Re Buono”, “The GOAT”, “L’uomo che voleva sedersi sul ferro” è colui che ha portato in tutto il mondo il gioco di strada o se preferite il 3vs3. Negli anni ’60 l’uomo venuto dalla Carolina del Sud raccoglieva le monetine sulla parte alta del tabellone nei playground di Manhattan a New York per racimolare qualche soldo, ha giocato – sempre per strada – contro alcuni dei più grandi dell’NBA ed uno di loro, Kareem Abdul Jabbar lo definì il giocatore più forte che avesse mai incontrato. Dalle storie e le leggende dei campetti americani ai giorni nostri, il 3vs3 si affaccia all’Olimpiade per la prima volta nella prossima estate, a Tokyo 2021. Ed Earl non potrà vederlo perché è morto, il 15 maggio del 1998 a New York. Già, quel giorno è morto anche Frank Sinatra dall’altra parte dell’America.

Il 3vs3 insomma approda ai Giochi dopo che negli ultimi 15

anni è esploso in modo esponenziale convincendo Federazioni nazionali e la FIBA ad organizzare campionati interni, Europei e Mondiali ed una miriade di competizioni in ogni angolo del mondo. Nel Vecchio Continente, in campo femminile hanno vinto due volte la Russia con in mezzo l’Ungheria e - le ultime edizioni - la Francia. I Mondiali invece li hanno vinti gli Stati Uniti nelle prime due edizioni, poi la Repubblica Ceca e nel 2018 a Manila, il 12 giugno per essere esatti, la splendida Italia di Rae D’Alie, Giulia Ciavarella, Giulia Rulli, Marcella Filippi allenate da Angela Adamoli. Bello riportare qui quella giornata storica. Prima gli Stati Uniti, 17 a 14, poi la Cina 15 ai 13 nei supplementari con liberi di Marcella Filippi, capitana di quella Nazionale. E la finale con la Russia: 16 a 12 con D’Alie eletta MVP dell’intero torneo. Nel 2019 invece ha vinto la Cina.

Le quattro Campionesse del Mondo del 2018 sono il trait d’union

di questo racconto perché sono tra le otto convocate per il raduno di Roma in corso in questi giorni per pre-


storie

parare il torneo preolimpico di Graz in Austria, dal quale usciranno tre squadre che andranno a Tokyo. Coach di questa Nazionale è Andrea Capobianco, 54 anni, da 11 anni nel Settore Squadre Nazionali Senior e giovanili, da assistente e capo allenatore, dopo una splendida carriera da capo allenatore nella pallacanestro italiana di alto livello. Le altre quattro convocate sono: Chiara Consolini, Sara Madera, Mariella San-

tucci e Valeria Trucco. Sono le più forti e le più adatte al 3vs3? Certamente, almeno secondo le idee di Capobianco ma anche in considerazione del ranking.

Mettiamo ordine. Un allenatore di una Nazionale di 3vs3 non può decidere del tutto autonomamente ed in base alla sua idea di gioco chi portare. Deve comporre una lista di 6 giocatrici delle quali 2 devono essere tra le


NAZIONALE SONO OTTO LE GIOCATRICI CHIAMATE E IMPEGNATE IN QUESTI GIORNI A ROMA, IN PREPARAZIONE AL PREOLIMPICO DI GRAZ IN PROGRAMMA DAL 26 AL 30 MAGGIO.

prime dieci di quella Nazionale all’interno del ranking individuale FIBA, due extra ranking e due riserve sempre tra le prime dieci del ranking. Le due extra di coach Capobianco usciranno tra Santucci, Madera e Consolini che non hanno posizione FIBA, mentre le altre cinque sono tutte dentro. Però per l’Italia la scelta è davvero tra un lotto di giocatrici di altissimo valore. “Abbiamo vinto un Mondiale giocando una bellissi-

ma pallacanestro – dice a Pink Basket proprio Andrea Capobianco – ma negli ultimi due anni le altre nazionali sono cresciute moltissimo. E quando giocano contro di noi, come accade sempre quando si affrontano le più forti, danno qualcosa in più di quello che hanno. Contro le Top Team abbiamo un percorso fatto di 18 sconfitte e 5 vittorie dal 2019 ad oggi. È il momento di cambiare questo dato”.

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storie Dunque il preolimpico. Quattro gironi. Quello dell’Italia, il D, è composto dalla Spagna con cui giocheremo il 26 maggio alle cinque del pomeriggio, da Cina Taipei che sfideremo qualche ora dopo nella stessa giornata e da Svizzera ed Austria che affronteremo il 28. Se saremo tra le prime due del nostro raggruppamento il 30 giocheremo contro le prime due del girone C composto da Iran, Giappone, Ucraina, Thailandia e Australia. Per i quarti di finale. Vincendo si accede alle semifinali e finali. Al termine le prime tre del torneo avranno il pass olimpico e raggiungeranno le già qualificate Romania, Mongo-

tanza. Io come un regista, un direttore d’orchestra e gli allenatori in genere do lo spartito ma le uniche attrici protagoniste del gioco sono le ragazze”. Coach, di cosa è fatto il suo spartito? “Giocare con fiducia ed iniziativa. E con la spina del cervello sempre accesa. Ci serve cuore e forza mentale, entusiasmo ed equilibrio mentale perché a mio modo di vedere il 3vs3 è uno sport di motivazioni, è un gioco emotivamente pazzesco. Emozioni che vanno controllate però che è la parte di quell’iniziativa di cui ho parlato che non deve essere un arrembaggio.

Giocare con fiducia ed iniziativa. E con la spina del cervello sempre accesa. Ci serve cuore e forza mentale, entusiasmo ed equilibrio mentale perché a mio modo di vedere il 3vs3 è uno sport di motivazioni, è un gioco emotivamente pazzesco. lia, Cina e Comitato Olimpico Russo. Altrimenti ulteriore possibilità a giugno, a Debrecen in Ungheria in quello che si chiama “Universality Olympic Qualifying Tournament”, dal 4 al 6 giugno, ma qui c’è solo un posto, l’ultimo per il Giappone perché le squadre che parteciperanno al torneo a cinque cerchi sono otto. E noi vorremmo essere già qualificate. “Certo ma non sarà facile – dice Capobianco – perché il 3vs3 è uno sport dove veramente non c’è nulla di scontato. L’esordio contro la Spagna sarà molto impegnativo e già da quella partita noi dovremo essere pronte mentalmente oltre che tecnicamente. Per questo al raduno ognuna delle convocate dovrà letteralmente conquistarsi la maglia della Nazionale italiana, la più bella che c’è”. Se le dico che Spagna a parte le avversarie più difficili sono Ucraina, Australia, Ungheria? Almeno per la prima parte del preolimpico... “Io le rispondo che se vuol fare dei nomi possono essere quelli ma io sono concentrato su tutte le avversarie allo stesso modo il che vuol dire che chiedo focus soprattutto su di noi. Nei giorni precedenti il raduno le ragazze hanno fatto uno straordinario lavoro individuale basato soprattutto sul tiro e su alcune situazioni individuali che qui stiamo assemblando perché diventi il nostro gioco di squadra. Insieme ci servono anche, per fare un esempio, le spaziature difensive, quando e come cambiare. E sul tiro è importante la fiducia, come costruirlo. Il tiro che nel 5vs5 vale tre punti qui vale due cioè il doppio di un tiro normale (mentre il tiro da tre vale il 33% in più) e questo è un principio mentale – al di là della questione tecnica – di fondamentale impor-

Anche per avere sempre la lucidità di punire ogni errore delle nostre avversarie. Io dico sempre che non dobbiamo insegnare la competizione con gli avversari ma prima di tutto la competizione con se stessi. Questa motivazione deve spingere ogni atleta a superarsi giorno dopo giorno, partita dopo partita. Anche nelle convocazioni per il raduno c’è un po’ di tutto questo: le 4 Campionesse del Mondo che hanno una consolidata esperienza e familiarità con questo gioco. Ma abbiamo voluto portare anche qualcosa di nuovo per capire come possiamo migliorarci. Io sono fiducioso nella qualità della nostra Nazionale, nel lavoro che è stato fatto e che stiamo facendo. Anche se dobbiamo tutti sapere che ogni partita sarà durissima”.

Perché il 3vs3 è diventato disciplina olimpica? Perché come altre discipline o giochi nati per strada, perché qui basta veramente un canestro ed un po’ di spazio per muoversi visto che si gioca sulla metà circa di un campo normale di pallacanestro (le dimensioni ufficiali sono 15x11 metri), è adatto a tutti. La sua popolarità oltre che dalle leggende raccontate e diffuse dagli appassionati si è accresciuta anche grazie al fatto che non esistano film, serie tv, documentario o quasi, realizzato in America (patria del basket) dove non ci sia un’inquadratura di un playground, quando non ci sono proprio scene girate sul campetto urbano. E tutte e tutti i giocatori di ogni categoria e livello hanno giocato qualche partita di 3vs3. Finché non è diventato un fenomeno giovanile che non si poteva ignorare a livello olimpico, come è accaduto anni fa al beach volley. La prima volta del 3vs3 all’Olimpiade sarà spettacolo puro. E l’Italia femminile farà di tutto per esserci.


COACH A GUIDARE LE AZZURRE SARÀ ANDREA CAPOBIANCO, GIÀ CT DELLA NAZIONALE FEMMINILE SENIOR CON CUI HA PARTECIPATO A EUROBASKET 2017.

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pink mix DI Manuel Beck

NAZIONALe A1-A2 La lista delle 16 Quanti rinvii?

EUROPA Zanda vince

Dal 22 maggio, a Roma, inizia il raduno della Nazionale maggiore in vista del grande appuntamento con Eurobasket 2021 in Spagna e Francia. Il c.t. Lino Lardo ha convocato 16 giocatrici, fra le quali selezionerà le 12 per l’evento in programma dal 17 al 27 giugno. Questi i nomi: Andrè, Attura, M. Bestagno, Carangelo, Cinili, Cubaj, De Pretto, Fassina, Keys, Pan, Penna, Romeo, Santucci, Spinelli, Trucco, Zandalasini. Rispetto alle convocate per l’ultimo giro di qualificazioni, in febbraio, rientra Andrè e si inseriscono Santucci, Spinelli, Trucco e le “emigranti di successo” Cubaj e Fassina, mentre escono Crippa, Madera, Verona e Ostarello (le prime tre spostate fra le riserve a casa). Resta fuori Sottana, ma non è una sorpresa. Il programma di avvicinamento all’Europeo prevede una doppia amichevole con la Francia (1-2 giugno) e più avanti altre due con Turchia e Spagna (11-12 giugno).

Prima di chiudere l’esperienza turca e tornare in Italia, Cecilia Zandalasini si è laureata campionessa di Turchia con il Fenerbahce, pur senza scendere in campo nelle 3 gare di finale contro il Galatasaray. Aveva già vinto nel 2019. Le due italiane impegnate nei playoff polacchi, Martina Fassina e Ilaria Milazzo, sono uscite al 1° turno con la loro Lublino (2-3, perdendo gara-5 di un punto). Così nelle altre principali leghe: in Francia, Landes ha battuto nella finale in gara unica Lattes-Montpellier (nelle semifinali, anch’esse in partita secca, erano uscite di strettissima misura le prime due teste di serie, Bourges e Lione); in Spagna, titolo a Salamanca (2-1 su Valencia nel duello tra la finalista di Eurolega e la vincitrice di EuroCup); in Russia, il “dream team” Ekaterinburg ha liquidato 3-0 la Dynamo Kursk completando una stagione senza sconfitte sul fronte domestico come in quello europeo.

MARTINA FASSINA QUI CON LA MAGLIA DI LUBLINO, DOPO I PLAYOFF DISPUTATI IN POLONIA È TRA LE 16 CONVOCATE DA LARDO IN AZZURRO

Sono state 103 le partite rinviate per Covid in A1 e A2, il 19% delle 546 in calendario nei 7 mesi di stagione regolare. Nel dettaglio: 24 in A1, 36 in A2 Nord, 43 in A2 Sud. Novembre è stato un mese pessimo per tutte; poi in A1 è andata meglio, salvo il colpo di coda finale del virus, che ha causato la mancata disputa di 6 gare. In A2 Nord, dopo un inverno relativamente calmo, la situazione è peggiorata in marzo e aprile; l’inverso in A2 Sud, dove da dicembre a febbraio si è sofferto ma in primavera il miglioramento è stato netto.

LUCCA & NICO INSIEME Già vicine geo-

graficamente (poco più di 20 km), Le Mura Lucca di A1 e Nico Ponte Buggianese di A2 sono ora unite da un progetto societario comune, comprendente anche Le Mura Spring e Lucca Academy Basket, e denominato “New Generation”. L’allenatore di Lucca in A1 nella prossima stagione sarà Luca Andreoli, nelle ultime due stagioni coach della Nico.


SERIE B Il punto

WNBA Start 2021

GIOVANILI La riforma

Sono in piena corsa i 7 campionati territoriali di B, che termineranno nel corso di giugno, per poi lasciare spazio, il 4 e l’11 luglio, ai playoff nazionali fra 8 squadre, con 4 promozioni in palio. Così la situazione aggiornata al 20 maggio. In Lombardia a capeggiare i due gironi sono rispettivamente Milano Basket Stars e il trio Varese-Costa Masnaga-Giussano. Nel Triveneto è in testa Rovigo davanti a Treviso. In Emilia-Romagna/Marche in testa ai due gironi sono Fiorenzuola e Ancona. In Toscana è imbattuto il Costone Siena. Nel Lazio/Umbria/Abruzzo guidano le Panthers Roseto. Nel super-competitivo girone campano, comprendente anche le altre regioni del Sud, la coppia Capri-Salerno è inseguita dal duo Battipaglia-Taranto.

Dopo la scorsa stagione completamente “in bolla” per scampare alla pandemia, la WNBA, al suo 25° anno di esistenza, è ripartita il 14 maggio in una situazione più simile alla normalità, col ritorno delle 12 squadre nei propri palazzetti (a limitata ammissione di pubblico) e quello di varie giocatrici importanti che avevano saltato il 2020, tra cui Elena Delle Donne e Liz Cambage. Tra le favorite spicca ancora Seattle detentrice del titolo, con Breanna Stewart e l’eterna Bird. Fra metà luglio e metà agosto il campionato s’interromperà per le Olimpiadi. Scarsa la presenza di europee, almeno fino al termine dei Giochi. Nel roster di Dallas ci sono le due “ragusane” Harrison e Kuier. Ha iniziato col botto Sabrina Ionescu, lo scorso anno attesissima “rookie” ma subito infortunata: ha trascinato New York a 3 vittorie di fila in apertura di stagione, con 21 punti di media e una tripla vincente allo scadere.

Novità per le categorie giovanili dalla stagione 2021/22, che segnerà (speriamo) la piena ripartenza dopo l’anno e mezzo di lotta contro il Covid. Tornano le cosiddette “annate dispari”, ovvero U19U17-U15, per le quali è programmato il ritorno delle finali nazionali dopo due anni di assenza (prevista anche l’U20 ma senza scudetto in palio). Poi le consuete U14 e U13. L’Under 13 avrà un nuovo regolamento per le partite (valido solo per il femminile): non più i canonici 4 tempi da 10 minuti ma 6 tempi da 7’, con punteggio che riparte da zero all’inizio di ogni frazione (3 punti per ogni periodo vinto, 1 per ognuno perso, come nel minibasket); le due squadre disputeranno anche uno “Skill contest” che conterà per il risultato finale; obbligo di quintetti fissi nei primi 4 tempi, schierando tutte le giocatrici a referto. Inoltre, ogni canestro realizzato da fuori area varrà 3 punti.

COPPA U18 La Lega organizza a Udine,

dal 14 al 19 giugno, la “Coppa Italiana Femminile Under 18”, torneo nazionale per 12 squadre a inviti.



DA AVVERSARIE A COMPAGNE DI LINDA MORANZONI - Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport La massima serie si è chiusa col botto: Venezia e Schio hanno giocato dei grandi playoff che ci hanno tenuti col fiato sospeso fino all’ultimo. La Reyer ha conquistato il suo primo scudetto, ma non c’è tempo per rilassarsi: il ritiro della Nazionale è alle porte e ben nove delle ragazze scelte da Lino Lardo sono state coinvolte nella finale. Un giorno avversarie e il giorno dopo squadra, come farà il CT a gestire questa delicata dinamica? Ma come si diventa una Squadra? Il tempo a disposizione non è molto, per accelerare i tempi del passaggio da gruppo a squadra sarà necessario lavorare sulla costruzione del team da un punto di vista non solo tecnico-tattico, ma anche psicologico. Il nostro teorico di riferimento, Tuckman, ha individuato 5 fasi standard, attraverso cui i gruppi si evolvono in team. Il percorso non è necessariamente lineare, anzi, spesso capita che il gruppo retroceda di colpo alla fase precedente o al contrario bruci le tappe. Vediamo i 5 stadi di sviluppo: 1 - Forming. Nel primo stadio le giocatrici si conoscono e si studiano; si delineano i ruoli e si individuano i leader. Si condividono gli obiettivi individuali e di squadra e si pongono le basi per un linguaggio comune condiviso. Molta attenzione andrà riservata alle comunicazioni, che dovranno coinvolgere tutto il gruppo squadra. 2 - Storming. Come dice il nome, questa potrebbe essere una fase burrascosa. La tempesta è in agguato, poiché le atlete potrebbero essere in conflitto tra loro o con le richieste del coach. Potrebbero attuarsi degli atteggiamenti di resistenza al cambiamento o di messa alla prova. Ma questa è anche la fase in cui il team fissa le prime regole di squadra formali, per esempio la puntualità ai ritrovi o il dress-code per gli allenamenti, e informali: dal classico portare le paste come penitenza alla condivisione di piccole abitudini fuori dal campo. In questa fase lo staff tecnico deve porre molta attenzione al clima di squadra e all’ascolto: fondamentale trovare equilibrio in modo tale da entrare nella fase di stabilità. 3 - Norming. Rispetto dei ruoli, capacità di cooperazione, lavoro per obiettivi comuni, coesione sono le cifre distintive di questa fase. Qui le nostre atlete iniziano a lavorare sul serio, muovendosi nella stessa direzione, ad apprezzare i punti di forza delle compagne e dello staff, trovando la quadra che le porterà ad essere coese. Ma attenzione: precipitare di nuovo nella fase di Storming non è un evento raro. La chiave è avere ben chiari gli obiettivi comuni e lavorare al servizio della mission condivisa. 4 - Performing. Lo stadio che ogni coach cerca di raggiungere nel tempo più breve. Definite ormai le regole dello spogliatoio e del gruppo, le ragazze si conoscono e si fidano l’una dell’altra, lo staff vede i frutti del proprio lavoro e si rafforza la qualità della performance. In questa fase, la motivazione è alle stelle e tutti si sentono fortemente coinvolti. Idealmente, nel nostro caso, questa fase coincide con gli Europei. Per quanto tempo la Squadra rimarrà nello stadio di Performing? Molto dipenderà dal lavoro svolto nelle fasi precedenti. Quanto più si sarà lavorato su clima, ascolto, fiducia e obiettivi, tanto più facile sarà far fronte alle fisiologiche criticità di un Europeo. E la quinta fase? È detta Adjourning, letteralmente aggiornamento: qualunque sarà il risultato, al termine della competizione, la squadra si scioglierà. È questo il momento in cui tirare le somme, misurare il rendimento e fissare i nuovi obiettivi per il futuro! Il miglior augurio per la nostra Nazionale è che possa arrivare a questa ultima fase pienamente soddisfatta del proprio percorso, consapevole del lavoro svolto e senza alcun rimpianto! Questa rubrica è tenuta da Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.

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GUARDIA E LADRI

THE COACHING TRANSLATOR

Quando l’inglese degli allenatori vacilla Di Susanna Toffali “Go to the angle!” (“Vai verso il punto di vista!”, lit.) Tipica frase che l’esterna tiratrice dispersa nell’area dei tre secondi si sente puntualmente gridare contro dall’allenatore, infuriato perché con il suo ciondolare senza una meta precisa sta intasando il già ridotto spazio delle lunghe quasi quanto il traffico della domenica mattina nel parcheggio dell’Ikea.

“Pass around the sad” (“Passa attorno al triste”, lit.) Precisissima indicazione da ubicare nel più classico esercizio di tiro corredato da sedie di plastica da circumnavigare. La sfortunata giocatrice a cui viene indirizzato il suggerimento si troverà quasi certamente ad un bivio: afferrare al volo il concetto e smetterla di tagliare perennemente i blocchi oppure cercare la compagna particolarmente giù di morale.

“Take the block” (“Prendi la stoppata”, lit.) Forse la più confusionaria tra tutte le avvertenze che siano mai state cogitate dalle menti dello staff tecnico. La malcapitata destinataria del messaggio sarà in un amen sommersa di domande e dubbi esistenziali in merito al reale scopo dello sport che fino ad un momento prima pensava di conoscere perfettamente.

“Do a basket!” (“Fai un cestino!”, lit.) Attimi di puro bricolage nel corso della seduta del mercoledì sera. Il più classico (e inutile, possiamo anche ammetterlo) tra i consigli dati ad un’atleta che sta tirando, pardon, spaccando i ferri con un promettente 2/25 al tiro. Quindi tanto vale suggerirle di cambiare hobby, no?

“You have to play pivot because you are very high” (“Devi giocare da pivot perché sei molto fatta”, lit.) Spogliatoio semibuio, intervallo lungo di una spassosa partita (ovviamente in trasferta) condita da un perenne e cospicuo svantaggio di circa 27 punti. Come può il coach spiegare alla giocatrice bulgara di un metro e novantasei che sicuramente l’arco dei tre punti non è il suo habitat naturale? Semplice, abbinando l’unica traduzione di “alta” che abbia mai memorizzato. Bene, il significato c’è. O forse no.


INGLESE OSTICO FABIO CAPELLO È RICORDATO PER QUALCHE DIFFICOLTÀ LINGUISTICA NELLA SUA ESPERIENZA DA C.T. DELL’INGHILTERRA DI CALCIO

“Rest! I said rest!” (“Riposo! Ho detto riposo!”, lit.) Ululato di disappunto proveniente dalla bocca dell’allenatore che, in preda allo sconforto, non riesce minimamente a capire perché la sua giocatrice straniera stia andando in tutta tranquillità a sedersi in panchina, visto che le ha appena gridato a gran voce di restare in campo.

“Break the arm” (“Rompi il braccio”, lit.) Delicatissimo invito all’autolesionismo in un vano tentativo di migliorare una non proprio efficace meccanica di tiro. Poco importa se il significato non è pienamente corretto, in questo momento qualunque azione, deleteria e non, sarebbe di grandissimo aiuto. E poi diciamocelo, qualcuno sa davvero come si dica “polso” in inglese?

“Use the pern foot!” (“Usa il piede di falco!”, lit.) Essenziali rudimenti di ornitologia applicata alla pallacanestro. Dopo la trentaseiesima volta che la nuova playmaker americana, faticando a comprendere il metro arbitrale, persevera nel commettere passi, forse l’unica soluzione è davvero quella di mandarla a fare un giretto allo zoo.

“Stay to the gomit” (“Resta al …?”, lit.) L’obiettivo è sempre, inesorabilmente, lo stesso: far capire alla semi-lunga estera qualcosa che sicuramente non capirà. Se il sostantivo “gomit” avesse perlomeno un reale significato anglosassone, la frase potrebbe essere commentata in maniera consona; in questo modo, invece, resta semplicemente una delle peggiori traduzioni mai sentite in ambito cestistico. (Ogni riferimento a persone esistenti o fatti realmente accaduti NON è puramente casuale. Tratto da una storia purtroppo vera.)


BUZZER BEATER

FATTORE CAMPO Di Silvia Gottardi Nel 2000 ho vinto lo scudetto con Priolo. Alla fine della stagione regolare mi pare fossimo arrivate quinte o addirittura seste, comunque non a ridosso delle prime, corazzate con budget e ambizioni molto diverse dalle nostre: Pool Comense, Famila Schio e Rescifina Messina. Grazie però a dei playoff da urlo, arriviamo in finale contro Schio. Sembra impossibile battere quello squadrone, ma la formula alquanto bizzarra ci avvantaggia. Le prime due gare di finale si giocano infatti in casa della peggior classificata. Noi le vinciamo entrambe e voliamo a Schio con l’entusiasmo a mille, in preda a una trance agonistica che ormai si è infilata sotto la pelle. Noi non abbiamo niente da perdere, già giocare la finale è un grandissimo traguardo. Loro invece hanno una enorme pressione sulle spalle, perché la finale è solo il minimo sindacale: se non vincono buttano via la stagione! Finisce 3-1 per noi. Scudetto in bacheca. Un po’ come se quest’anno lo scudetto l’avesse vinto il Geas insomma! Come mai Schio non è riuscito a ribaltare la serie sul suo campo contro di noi, pur essendo una squadra superiore? Quanto conta davvero il fattore campo? Se guardiamo alla finale scudetto appena conclusa possiamo sicuramente dire: “tanto”. Venezia ha vinto le prime due gare in casa, ha perso poi le successive due a Schio per poi portarsi a casa la bella sul suo campo. Il copione è perfettamente rispettato. Se invece diamo un occhio alla A2… La cosa si fa più complessa. Nel campionato cadetto ci sono stati subito dei risultati sorprendenti: ben tre tra le squadre che correvano per la promozione sono state eliminate al primo turno dei playoff con dei secchi 2-0 da squadre che sulla carta sono inferiori. Parlo di Crema (seconda A2 nord con un record di 21 vinte e 5 perse) eliminata dal Sanga Milano (settima, 14W 12L), Brescia (seconda sud, 20W 6L) eliminato da Selargius (settimo, 16W 10L), Udine (terza nord, 21W 5L) eliminata da Vicenza (sesta, 15W 11 L) e anche Moncalieri (prima nord, 22W 4L) ha rischiato grosso perdendo in G1 a Sarcedo (ottava, 12W 14L), passando il turno solo alla “bella”. Come nella mia finale del 2000, la formula prevedeva gara 1 (si gioca al meglio delle 3) sul campo della peggior piazzata dopo la regular season. Considerando che in stagione regolare le vittorie sul proprio campo sono state pari al 53,3% al Nord e 56% al Sud, il fattore campo non sembra aver influito più di tanto. Ma chiariamoci su cosa vuol dire fattore campo. Sappiamo tutti che si tratta del vantaggio di cui gode la squadra che gioca nel proprio palazzetto. È un vantaggio che appare statisticamente in tanti sport, ma le sue cause non sono però del tutto chiare. C’è ovviamente la familiarità con il campo di gioco, la fatica del viaggio per la squadra ospite e ovviamente l’effetto del tifo, che a volte potrebbe anche influire sul metro arbitrale. Ci sono poi diverse teorie, come quella proposta dagli economisti Mark Koyama e J. James Reade: secondo loro, i giocatori sono più motivati a giocare meglio in casa che in trasferta a causa del “monitoraggio” effettuato dai tifosi della propria squadra (che però con l’avvento delle dirette tv e streaming perde un po’di significato). Altre teorie psicologiche, ancora, sono basate sul legame tra i giocatori e il proprio territorio, ecc...


CASA NEI PLAYOFF DIFENDERE IL FATTORE CAMPO È DETERMINANTE PER CONQUISTARE SUCCESSI, SOPRATTUTTO CON LA FORMULA DI QUEST’ANNO. IN FOTO, L’ESULTANZA DI SCHIO DOPO LA VITTORIA IN GARA 4 DI FINALE SCUDETTO.

Ci sono insomma tantissime variabili che influenzano il fattore campo, e non si può liquidare la faccenda dicendo che tanto quest’anno senza pubblico era un fattore ininfluente. Statistiche alla mano abbiamo visto che non è stato così. E allora perché le big di A2 sono state eliminate? C’è la paura di perdere, che alcune volte può cambiare completamente i valori in campo. Io sceglierei sempre, anche per esperienza personale, di giocare la prima gara di una serie dei playoff (soprattutto se gioca al meglio delle 3) in casa mia. Si gioca senza la pressione di una partita da dentro/fuori ed è più facile esprimere il proprio potenziale. Anche se le statistiche dicono che è un vantaggio esiguo, è comunque un vantaggio, e mi sembra più corretto darlo alla squadra che ha fatto meglio durante il campionato. Poi però quando salta tutto, negli ultimi secondi di una partita che vale la stagione, quando la palla pesa come un macigno, quando non ha più senso il fattore campo né si sente più la paura di perdere… È meglio avere una come Kim Mestdagh nella tua squadra!

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