PINK BASKET N.37

Page 1

MARTINA FASSINA LORELA CUBAJ EMILIA BOVE PLAYOFF A1 E A2 GEAS CRAS TARANTO

37

APR 2022


APRILE 2022

N.37

in questo numero 1 EDITORIALE

Tocca a lei!

3 inside A1

Danze finali

11 Focus

Tra passato e futuro

17 cover story

Martina’s way

23 inside A2

La corsa all’oro

29 Primo piano

I traslochi di Emilia

35 ORIZZONTI

WNBA Time

41 storie

La grande Taranto

45 PALLA E PSICHE

Seconda chance

REDAZIONE Silvia Gottardi,

Francesco Veluzzi, Manuel Beck, Simone Fulciniti, Laura Fois, Eduardo Lubrano, Alice Buffoni, Massimo Mattacheo

PROGETTO GRAFICO Linda Ronzoni/ Meccano Floreal

IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/ Meccano Floreal

FOTO DI Marco Brioschi, Ciamillo/Castoria, Lublin Basket, Famila Schio, Alma Patti, Vito Massagli, Roberto Liberi, Reyer Venezia PINK BASKET è un periodico di proprietà di Silvia Gottardi


editoriale

Tocca a lei! DI silvia gottardi Ormai lo sapete che non sono una grande fan degli allenatori provenienti dal maschile e messi a dirigere una squadra femminile senza alcuna conoscenza o esperienza del settore. Come se il solo fatto di provenire dal maschile fosse garanzia di successo, come se nel femminile non ci fossero allenatori e allenatrici in gamba, come se la conoscenza di un ambiente non fosse una competenza fondamentale. Esempi ce ne sono parecchi, e purtroppo in molti casi poi è andata a finire maluccio. L’ultimo eclatante esempio è quello di Lino Lardo. Pur non conoscendolo, dal punto di vista umano, mi è dispiaciuto per lui: non credo sia mai bello essere tagliati, men che meno in mezzo ad una semifinale playoff. Ancora meno se vieni già da un esonero la stagione precedente... (San Severo, A2 maschile). Tutto questo per dire che io quando la panchina è stata affidata ad Angela Gianolla me ne sono rallegrata. Quando poi ha ribaltato la serie conquistando la finale, ho esultato. E non è una questione personale di simpatie per un Club o l’altro: se mi fossi basata su questo avrei senza dubbio tifato Reyer, squadra in cui ho giocato (per altro proprio assieme ad Angela). Ho esultato perché questa è la prova che non solo nel nostro mondo ci sono coach competenti, ma che sempre più spesso si tratta di donne, di ex giocatrici. Non più solo Cinzia Zanotti, ma ora anche Simona Ballardini a Faenza, Angela Gianolla a Bologna, e poi in A2 Francesca Zara a Castelnuovo Scrivia (anche se lei purtroppo si è dimessa), Anna Zimerle a Ponzano, Mara Buzzanca a Patti... L’obiezione più comune che mi sono sempre sentita dire quando azzardavo la domanda: “Perché in Italia non ci sono allenatrici?” è sempre stata che “Le donne non hanno voglia di mettersi in gioco, hanno altro da fare, è un ruolo difficile...”. Siamo sicuri? Io credo che le donne ci siano, che abbiano voglia di allenare e di mettersi in gioco. Hanno competenze e personalità. Dipende solo dal fatto che a nessuna, o a pochissime, è mai stata data questa opportunità. Perché siamo tutt* cresciut* con la convinzione totalmente sbagliata, patriarcale, che il coach – cioè la figura che incarna l’autorità massima, il potere, il carisma – non può che essere un uomo, perché solo un uomo può avere quelle caratteristiche. E invece no, anche le donne possono ricoprire ruoli di potere, essere leader. E in più le donne hanno empatia, capiscono le giocatrici, sanno cosa provano in spogliatoio o negli attimi più difficili di una partita, sanno comunicare con loro. Questa convinzione è talmente radicata in tutti noi che addirittura la Virtus in un post scrive: “Dopo 22 anni e per la seconda volta nella storia del basket femminile una donna si giocherà una finale scudetto come capo allenatore.” Non riusciamo nemmeno a declinare il ruolo al femminile. Attenzione, non sto dicendo che le donne allenino meglio degli uomini. La questione è di offrire pari opportunità agli uomini e alle donne. Siamo sempre lì. Diamo le stesse opportunità e poi lasciamo che sia il campo a parlare. E non importa se Angela, con la sua Virtus, vincerà o meno lo Scudetto. Importa che ci sia, che sia un esempio. Importa che finalmente quest’anno nessuno potrà dire, per l’ennesima volta: “In A1 c’è solo una allenatrice”. Importa che il prossimo anno venga confermata su quella panchina, e non rimpiazzata dall’ennesimo allenatore uomo che, sulla carta, dovrebbe essere meglio di lei!


SCHIO LA SQUADRA DA BATTERE: 1 SOLA SCONFITTA IN STAGIONE IN ITALIA, QUELLA IN G1 DI SEMIFINALE PER MANO DI RAGUSA. OTTIMA OLBIS ANDRÈ IN G2 E G3.


inside A1

Danze finali

SCUDETTO IN PALIO TRA SCHIO E VIRTUS BOLOGNA: LA GRANDE DI SEMPRE CONTRO LA NUOVA POTENZA. BATTUTE RAGUSA E VENEZIA IN DUE SEMIFINALI RICCHE DI COLPI DI SCENA, SU TUTTI L’ESONERO DI LARDO E IL TIMONE DELLE “V NERE” AFFIDATO A GIANOLLA. BILANCIO SQUADRA PER SQUADRA E SGUARDO ALLE COPPE EUROPEE

DI MAnuel beck

S

chio-Virtus, secondo episodio. Dopo la Coppa Italia, an-

che l’atto finale del campionato è tra la dominatrice degli ultimi 15 anni (abbondanti), che vuole completare il tris di trofei stagionali, Supercoppa compresa, riconquistando lo scudetto ceduto nel 2021 a Venezia, e il blasonato club bolognese che sogna il suo primo trofeo femminile. Mentre leggete queste righe, la serie al meglio delle 5 gare è già iniziata, quindi non ci soffermiamo su pronostici e presentazioni, parlando invece di quanto è successo finora nel corso di questi playoff in cui la noia e la prevedibilità non hanno decisamente avuto cittadinanza. La storia numero uno è quella di Bologna. Sconfitta secca in gara-1 di semifinale a Venezia; Lino Lardo (reduce da un grave lutto familiare) nel dopopartita ammette che le sue ragazze si sono “inceppate in attacco contro la difesa mista” e hanno faticato ad adeguarsi al metro arbitrale. Difficile immaginare che saranno le sue ultime dichiarazioni da allenatore-Virtus. L’in-

domani infatti arriva l’esonero del coach ligure, con la promozione della vice Angela Gianolla. Non sapremo mai come sarebbe andata senza questa svolta clamorosa; ma i risultati sono stati eclatanti. La Segafredo ha pareggiato la serie in casa (oltre 1500 gli spettatori indicati nello score di Lega) con un travolgente 65-36 e dominato gara-3 a Venezia, tranne una sbandata nel finale da cui però è uscita bene, tenendo a secco la Reyer negli ultimi 3 minuti. Quello diretto da Gianolla è apparso un collettivo compatto, con molta fiducia, e conseguente rendimento, per le varie Barberis, Tassinari, Pasa, Battisodo, così le fuoriclasse Zandalasini, Dojkic e Turner (quest’ultima sempre un muro in difesa) non hanno avuto troppo peso sulle spalle. Citazione a parte per Cinili, fondamentale in gara-3 con 14 punti e il canestro più importante, quando Venezia era risalita a meno 4: l’ala romana è l’elemento in bilico tra protagonista e comprimaria; tra i due ruoli tende a ricoprire il secondo, ma se riesce a interpretare il primo, può essere la chiave per ribaltare


inside A1

la differenza di potenziale che rimane a favore di Schio. Se vincesse la Virtus, sarebbe il primo titolo per una capo-allenatrice donna? La risposta è sì... ma anche no. La “pioniera” Matilde Candiani si aggiudicò infatti 4 campionati nazionali alla guida della Pro Patria Busto Arsizio (fine anni ’20), ma non erano ancora scudetti ufficiali Fip. Il Famila in finale, per l’undicesima volta di fila, fa ovviamente meno notizia. Ma non vorremmo mai darlo per scontato. Non si può dire, però, che le arancioni di Dikaioulakos abbiano incantato, in semifinale con Ragusa. Inopinato il blackout di gara-1, prima sconfitta stagionale in Italia dopo 30 vittorie (contando anche le due coppe); solo Laksa in doppia cifra (27 punti). Poi l’opportuna staffetta tra straniere (dentro Mestdagh, fuori DeShields) e la storica capacità di Schio di reagire quando è spalle al muro; eppure anche in gara-2 ha rischiato (André 16 punti), in gara-3 meno, ma senza trovare quella continuità che ti aspetteresti da un organico di quella caratura (gran primo tempo di Verona).

SEMIFINALISTE Dopo una stagione regolare travagliata da-

gli infortuni, e chiusa con un 5° posto sotto il suo standard, Ragusa ha fatto il suo e anche di più nei playoff. Ha sofferto con Lucca ma non era facile eliminare un

collettivo di granito come quello toscano; memorabile poi l’impresa in gara-1 a Schio, ribaltando un meno 11 in un più 15 con un finale clamoroso di Romeo ma anche Santucci protagonista insieme al trio straniero. Per completare l’opera è mancata a coach Recupido (alla sua ultima partita da allenatore della Passalacqua) una... coperta un po’ meno corta, come sarebbe stata senza le perdite di Consolini e Tagliamento. Ma quella che a lungo era una “stagione-no” è finita con pieno onore per le siciliane. Dobbiamo invece parlare di delusione per Venezia. Non era scontato battere Bologna, anzi; probabile poi che le fatiche europee (di cui parliamo più avanti) abbiano pesato nella testa e nelle gambe; e non era la stessa Reyer del tricolore 2021 perché aveva qualcosa in meno nel pacchetto-straniere (specie dopo la caduta di Petronyte in guai fisici non del tutto risolti) così come nel reparto italiano: l’mvp 2021, Pan, fuori per tutto il campionato tranne 2 partite; Penna con problemi che ne hanno fatto crollare il rendimento; ma anche una Carangelo meno brillante che nella passata stagione. Tutto questo però non basta a spiegare il tracollo delle ragazze di Mazzon in gara-2 di semifinale né la scialba prestazione in gara-3, salvo la tardiva fiammata nell’ultimo quarto.


VIRTUS DOPO LA SCONFITTA NETTA IN G1 LA PANCHINA VIENE AFFIDATA AD ANGELA GIANOLLA CHE RIBALTA LA SERIE E CONQUISTA UNA STORICA FINALE.

USCITE AI QUARTI La formula andata-ritorno, insidio-

sa per le meglio piazzate, ha fatto una vittima tra le “teste di serie”, ma è una sorpresa molto relativa: Ragusa era finita dietro Lucca più per circostanze che per inferiorità. Le toscane sono andate vicine a coronare la loro grande stagione con una semifinale (e con Wiese forse ce l’avrebbero fatta) ma hanno pagato il meno 12 dell’andata, scarto difficile da ribaltare. Ci stavano peraltro riuscendo: a 2’ dalla fine del ritorno, un’entrata di una grande Natali (19 punti con 8/9 al tiro) pareggiava il doppio confronto. Ma poi Lucca non ha più segnato mentre le siciliane sono uscite dai guai capitalizzando il dominio in area delle straniere. Se la squadra di Andreoli (che semifinalista lo è stata in Coppa) è la sorpresa principe della stagione, Costa Masnaga di Seletti è la seconda. Dopo una travolgente risalita (10 vittorie in 12 partite da inizio gennaio), valsa il sesto posto, non è riuscita a impensierire Bologna (meno 36 all’andata con 55 punti in coppia per Zandalasini e Dojkic), ma oltre a fregiarsi del suo miglior risultato di sempre, guarda tutti dall’alto nella classifica dei minuti giocati dalle proprie Under 20, valida per l’accesso alla premialità Fip: ben 2300, quasi il doppio di Lucca, seconda, e quasi il quadruplo del Geas, terzo.

Spreafico e Matilde Villa sono le due migliori realizzatrici italiane della stagione. Campobasso ha offerto una solida resistenza a Venezia, cedendo di misura in entrambe le partite. Considerando che ha perso in volata le sue ultime 5 gare, può stare parzialmente stretto al collettivo di Sabatelli il 7° posto finale, specie dopo l’ottimo inizio di campionato. Ha pagato l’infortunio di Premasunac. Ma rimane una stagione positiva in una piazza entusiasta; la freccia è verso l’alto. Brava anche San Martino, ottava per il meccanismo del quoziente-canestri (e quindi finita nelle fauci di Schio) ma sesta contando solo i risultati del campo. “Tanta roba” se si considera che Serventi ha perso per strada Ianezic, da subito, e poi Russo (tra le migliori quest’anno). Carattere e coesione sono stati quelli di sempre in casa-Lupe; azzeccata la coppia Kelley-Mitchell.

SALVEZZA DIRETTA Si ferma a metà del guado un Geas tar-

tassato dagli infortuni “season-ending” (Arturi alla prima giornata, poi Graves e Crudo) che però non assolvono del tutto la squadra di Zanotti da qualche occasione persa di troppo. Se le cose fossero andate per il verso giusto, l’organico valeva un quinto posto; così non è stato.

5


inside A1 PLAYOUT Sassari era rimasta a lungo in corsa per i playoff, salvo calare dopo gli infortuni di Arioli e Lucas. La squadra di Restivo si è presa la salvezza con un 2-0 secco (+17, +11) su Moncalieri: monumentale Shepard, anche più del solito (44 punti, 16 rimbalzi, 52 di valutazione in G1; 28 punti, 17 rimbalzi e 44 di “val” in G2), preziosa anche la doppia cifra di Orazzo, Moroni e Pertile nella partita decisiva. Salva con un 2-0 (combattuto ma con le romagnole sempre al comando) anche Faenza ai danni di Broni: Simona Ballardini, promossa “head coach” in dicembre, è riuscita a trasmettere il suo temperamento alla squadra, che negli alti come nei bassi ha mostrato un’identità battagliera, in grado di valorizzare una pattu-

giustamente. Ma quando i crociati rotti diventano una litania interminabile, non è più un gioco ma un’ecatombe che grida vendetta. Su questo ha già scritto il nostro Eduardo Lubrano sul numero scorso di Pink Basket. Infine, la mancanza di un’esposizione televisiva “vera”. Il canale 411 lanciato dalla Lega è visibile solo a una parte dei possessori di smart tv, e anche se così non fosse, rimarrebbe insoddisfatta l’esigenza di farsi vedere al di fuori della nicchia di chi è già appassionato (a meno che alle società non interessi, ma ci parrebbe strano).

COPPE EUROPEE Il crollo di Venezia in finale di EuroCup contro Bourges (che giocava in casa ma, vedi sotto,

Sassari e Faenza le prime a salvarsi nei playout. Empoli da rivelazione a retrocessa. I nodi irrisolti dei recuperi, degli infortuni e della tv. Grande Venezia in semifinale di EuroCup ma poi perde la sua terza finale nelle ultime 4 edizioni. glia italiana sottovalutata (Policari, Manzotti, Morsiani, Cupido, Schwienbacher e socie) ma, nel momento della verità, profonda e compatta sotto la guida della piovra Kunaiyi (30 punti e 29 rimbalzi nelle due gare di playout) e della veterana Jori Davis. Mentre scriviamo si sta disputando la serie senza appello fra Broni e Moncalieri, quindi rinviamo il giudizio su entrambe.

RETROCESSA In dodici mesi Empoli passa dal 6° posto,

con 15 vittorie in 25 partite, all’ultimo con 3 successi su 26: da rivelazione a delusione. A volte succede: un anno azzecchi le scelte straniere e la “chimica” funziona alla perfezione, l’anno dopo va tutto storto e lo paghi. La retrocessione è ineccepibile per quanto ha detto il campo.

NOTE DOLENTI Covid, infortuni e (s)copertura televisiva.

Le bordate della pandemia, soprattutto quella che ha virtualmente paralizzato la stagione tra fine dicembre e gennaio, non sono colpa di nessuno. Rimane però lo spiacevole dubbio che non tutte le oltre 30 partite rinviate fossero impossibili da giocare nella data prevista (sospetto peraltro esternato da alcune delle società stesse). Comunque sia, sono rimaste 8 partite non disputate, di cui 7 di Venezia. E il criterio del quoziente-vittorie per stilare la classifica, che immaginiamo nasca dalla volontà di tutelare chi è più sfortunato nel fermarsi per contagi, sembra a volte premiare chi non gioca e penalizzare chi lo fa, magari sottoponendosi a un calendario di recuperi forsennati, con sconfitte per stanchezza e aumento del rischio d’infortuni. E qui arriviamo al secondo punto: “fanno parte del gioco”, si dice

non sempre è un vantaggio) è stato eclatante: 74-38, segnando la miseria di 9 punti nei secondi 20 minuti. Si è spenta la luce per le straniere e non hanno rimediato le italiane (14 punti con 4/25 dal campo) contro una squadra che invece ha fatto la differenza con le francesi: mvp la giovane Rupert, 25 punti; ne hanno segnati altrettanti le connazionali, e mancavano due califfe come Miyem e Yacoubou. Epilogo che però non deve cancellare l’impresa dell’Umana in semifinale contro Mersin, congrega di stelle straniere: rimonta di cuore e di qualità per le ragazze di Mazzon, dal -15 di fine primo quarto alla vittoria 8580 (25 punti di Anderson, 24 di Thornton). Poi la terza finale persa nelle ultime 4 edizioni per la Reyer, indice comunque di grande continuità. Purtroppo s’aggiorna anche il “counter” degli anni senza trionfi europei per i nostri club: diventano 14 (Schio 2008, proprio in EuroCup, l’ultima volta). In Eurolega trionfa Sopron, ed è una sorpresa anche se il team ungherese era già stato finalista nel 2018 ed è presenza abituale nell’élite. In finale approfitta del “crac”, più mentale che tecnico, del favorito Fenerbahce, apparentemente schiacciato dalla pressione di conquistare il primo titolo continentale davanti ai suoi quasi 10mila tifosi. Le turche impiegano più di 6 minuti per sbloccare lo zero sul tabellone; dopo un’affannosa rimonta arrivano nell’ultimo minuto ad avere due volte la tripla del pareggio, ma sbagliano. Senza più le russe, il titolo era alla portata della più brava ad approfittarne: c’è riuscita Sopron (grandi Gabby Williams, la torre Hatar e la veterana Brooks-Milovanovic) ma non era proibitivo per Schio, fermatasi invece al solito scoglio dei quarti di finale.


FAENZA SI SALVA REGOLANDO BRONI 2-0. DECISIVA KUNAIYI CON 30 PUNTI E 29 RIMBALZI NELLE DUE GARE DI PLAYOUT.

7


RACCOLTA PUNTI 2022

RISERVATA AI POSSESSORI DI CARTA FEDELTÀ

PREMIAMO

Dedicato a chi fa della fedeltà una passione. Valido nei punti vendita che espongono questo materiale informativo.

SFOGLIA IL CATALOGO ONLINE O RICHIEDILO NEL TUO PUNTO VENDITA RACCOLTA PUNTI VALIDA FINO AL 12 FEBBRAIO 2023

famila.it

20 22


PRO


BANDIERA GIULIA ARTURI, CLASSE 1987, 21 ANNI IN MAGLIA GEAS: QUEST’ANNO FERMATA DA UN INFORTUNIO AL GINOCCHIO, TORNERÀ IN CAMPO LA PROSSIMA STAGIONE.


focus

TRA PASSATO E FUTURO IL GEAS NON SI ACCONTENTA DEL SUO GLORIOSO PASSATO. LAVORA PER PROIETTARSI

VERSO UNA NUOVA FASE DELLA SUA STORIA: UN NUOVO GENERAL MANAGER, IL RINNOVO CON IL MAIN SPONSOR ALLIANZ E CON LA STELLINA PANZERA, E IL SOLITO LAVORO ATTENTO SUL GIOVANILE SONO LE BASI DEL FUTURO ROSSONERO

Di Eduardo Lubrano

F

rancesco Vescovi è il nuovo General Manager del Grup-

po Escursionistico Atletico Sestese Basket. Per chi non lo sapesse era questo lo scioglimento della sigla GEAS quando nacque la società nel 1955 a Sesto San Giovanni, popoloso Comune all’epoca operaio a nord di Milano, detto anche la “Città delle Fabbriche” o del “Lavoro”. Perché è importante la notizia di Cecco Vescovi che entra nella famiglia GEAS? Primo perché si tratta di una persona di grandi qualità umane e tecniche che ha giocato ad altissimi livelli (eroe del decimo scudetto della mitica Pallacanestro Varese, ha giocato a Pistoia ed alla Fortitudo Bologna, è stato poi dirigente nella stessa Varese prima di allenare in serie B la Robur et Fides sempre di Varese). Poi perché è il segnale che GEAS sta cambiando qualcosa della sua pelle dirigenziale. “Stiamo lavorando da un po’ ad una ristrutturazione e ad un ampliamento della dirigenza – dice Edy Cavallini, General Manager fino all’arrivo di Vescovi

– per proiettarci verso una nuova fase della nostra storia. Quando sono arrivata cinque anni fa la prima cosa della quale mi sono occupata sono stati i conti che erano un po’ in rosso, diciamo così. Il debito era molto alto e non si poteva pensare di andare avanti in quel modo. Oggi grazie al lavoro di tutti in Società, dal presidente Carlo Vignati, del nostro sponsor Allianz, dei partner, ed in primis del nostro Benefattore, chiudiamo quasi in attivo e siamo quasi in pari con i debiti. Allianz ha rinnovato il contratto di sponsorizzazione con la formula di 1+1+1 alla stessa cifra di tre anni fa, circa 500 mila euro, alla quale arriviamo con dei bouns legati a diverse opzioni. Di questo siamo molto orgogliosi cioè del nostro rapporto con le aziende sponsor che ci danno fiducia e che evidentemente vedono tornare indietro qualcosa di questa fiducia”.

Questa è stata una stagione difficilissima anche per voi, come avete fatto a resistere?


focus

CUORE GEAS PRODOTTO DEL VIVAIO SESTESE COME GIOCATRICE, CINZIA ZANOTTI È DAL 2014 HEAD COACH DELLA PRIMA SQUADRA. ORA È ANCHE MANAGER DEL CLUB.

“Ne dobbiamo proprio parlare...? Va bene. Non voglio ripetermi ma la vicinanza delle nostre aziende è stata fondamentale. Il lavoro di chiunque faccia parte della Società a vario titolo è stato fondamentale. E la compattezza del gruppo squadra è stata fondamentale. Perché se all’inizio sembrava mancasse qualcosa per chiudere il cerchio in campo, gli infortuni a catena, la sfortuna, il Covid, le partite perse di due punti o uno all’ultimo tiro, hanno messo un tale carico di pressione su tutte che nel momento di massima difficoltà si sono trovate e si

sono compattate diventando una squadra che ha giocato anche bene. E la volontà del gruppo di voler fare bene s’è vista ancora una volta dopo l’infortunio di Graves che davvero poteva essere la botta finale”.

Ed allora per cronaca ricordiamo che il Geas quest’anno

- chiuso al nono posto - ha subìto gli infortuni di Arturi all’inizio del campionato, Panzera che è arrivata dall’estate con un problema al piede, così come Ronchi col ginocchio rotto, Crudo che aveva un problema al ginocchio poi Gwathmey, Dotto, Graves e


di nuovo Crudo. Se ne abbiamo dimenticato qualcuna, non credo se ne dispiacerà. Fatto sta che ci sono state settimane in cui coach Cinzia Zanotti ha fatto fatica anche a fare allenamento in modo completo. “La squadra sulla carta era buona secondo me. Siamo state una squadra vera quando era più difficile esserlo di quando eravamo tutte, ma tutte lo siamo state per così poco tempo che anche questa è una valutazione che andrebbe rivista. Comunque meno siamo state ad un certo punto e più abbiamo affrontato il cammino con una determinazione stra-

ordinaria. Oggi riflettendo col senno di poi l’idea è quella di fare per l’anno prossimo una squadra più lunga, con una panchina di qualità ancora migliore di quella passata. Il lavoro in questa settimana viaggia su due binari, quello di migliorare la struttura societaria e di mettere insieme la rosa della prossima stagione. Cosa ci serve? Più punti e più rimbalzi. Senza mettere insieme giustificazioni di ogni genere ci sono state partite nelle quali abbiamo davvero segnato troppo poco e nel campionato di A1 non te lo puoi permettere. Specie nel campionato appena

13


focus passato nel quale ci sono state meno certezze, più equilibrio, più risultati che una volta avremmo definito a sorpresa. Stiamo lavorando per confermare la maggior parte del gruppo che ha finito questa stagione, per allungare il contratto di Ilaria Panzera così da avere nella stessa squadra il futuro ed il presente e la certezza di questi anni che è Giulia Arturi e che rientrerà dall’infortunio al ginocchio. Obiettivo? Partiamo dal tornare almeno tra le prime sei, con il sogno delle prime 4 posizioni poi ogni anno vedremo”.

GEAS Basket non è ovviamente solo la squadra in serie A1 nel-

la quale è tornata nel 2018. Certo la serie A ha un palmares ricchissimo: 8 scudetti, 2 Coppa Italia e soprattutto la prima Coppa dei Campioni di una squa-

strare che si può fare e creare una base importante. E questo è stato possibile grazie alla collaborazione con la Posal Basket maschile. Abbiamo dei pulmini per le ragazze che vogliono venire a giocare ma che magari abitano più lontano o hanno difficoltà negli spostamenti. Il lavoro di Giammarco Petitto e di chi lavora con lui al settore giovanile è davvero ottimo. E vogliamo ancora incrementare quello che già di buono stiamo facendo col nostro Social Media Manager, Fabiano Scarani”. A proposito di Sesto: OSVA (Officine Sesto San Giovanni & Valsecchi Abramo), Marelli, Magneti Marelli, Pirelli, Falck, Breda, Campari, e chi più ne ha più ne metta, sono state le grandi aziende che hanno fatto crescere Sesto San Giovanni dai 6.957 abitanti di

“Il Geas è il passato, il presente, la mia casa. Il Geas è il rapporto umano che è alla base di tutto. Sono i valori che ci tengono uniti.” Cinzia Zanotti dra italiana nel 1978: Geas-Sparta Praga 74 a 66. Non solo: il Geas è stata la prima squadra italiana a battere una formazione russa nelle coppe europee, nel 1974, nel ritorno della finale di Coppa Ronchetti. Ma ad aprire la stanza delle vittorie giovanili c’è da rimanere abbagliati dal luccichio delle Coppe: 6 volte Campione d’Italia Juniores, 2 volte Under 17 e due volte Under 15, tre volte Allieve, una volta Ragazze ed una volta Propaganda. Più tre titoli nel Join the Game. Per parlare solo delle vittorie. E con travaso sempre consistente di giocatrici dalle giovanili alla prima squadra. O in serie A. Per chi non lo sapesse hanno vestito la maglia rossonera del Geas - che siano nate nel settore giovanile o siano venute da un’altra società – giocatrici come Mabel Bocchi, Rosi Bozzolo (mamma di Giulia Arturi), Wanda Sandon, Maria Veger, Cristina Tonelli nata e cresciuta proprio a Sesto San Giovanni, Lella Battistella, Cinzia Zanotti, Valerie Still - per citare una delle più forti americane che abbiamo visto in Italia - ed in tempi più recenti la proprietaria di Pink Basket Silvia Gottardi, Martina Crippa, Ilaria Zanoni, Virginia Galbiati, Beatrice Barberis, Cecilia Zandalasini, Martina Kacerik. “È questa la nostra forza e per questo vogliamo sistemare la società in modo diverso – dice ancora Edy Cavallini – per adattarci ai cambiamenti della società fuori della palestra. Sesto San Giovanni è cambiato molto, ormai è quasi un quartiere di Milano. I rapporti sono diversi e per certi versi più difficili. E noi vogliamo fare un lavoro dettagliato. Abbiamo unito il minibasket maschile a quello femminile nella stessa palestra, nello stesso campo, nella stessa ora, con lo stesso allenatore, per dimo-

inizio ‘900 ai circa 80 mila di oggi. Un terzo del territorio, almeno fino agli anni ’80, era occupato dalle fabbriche al punto da far ribattezzare questo Comune “la piccola Manchester”, la città industriale per eccellenza dell’Inghilterra del secolo scorso.

Torniamo da Cinzia Zanotti , l’Ettore Messina della palla-

canestro femminile dice di lei Cavallini. Per Zanotti che cos’è il Geas? “Per me è il passato, il presente, la mia casa, la fortuna che ho avuto di arrivare qui e di confermarmi. Il Geas è il rapporto umano che è alla base di tutto. Sono i valori che ci tengono uniti. Lo sport ma devi andare e possibilmente bene, a scuola. Oggi stiamo ampliando la Società ma la persona è sempre al centro. Noi vogliamo costruire giocatrici ma anche ragazze, donne”. Ed allora proiettandosi in avanti cos’è il Geas? La risposta o una delle tante, la troviamo nel libro “Il mio Geas” di Carlo Vignati, il presidente. “Il Geas mi ha dato tante cose: l’amicizia di molte persone, la voglia e la capacità di sopportare tutto quello che mi capitava durante le ore di lavoro in banca (e vi garantisco che a volte c’erano situazioni da esplosione epatica...). In cambio ho dedicato alla Società tutto il tempo che avevo, grazie al supporto e alla pazienza della mia famiglia. Probabilmente sacrificando anche la mia carriera lavorativa. Cosa mi spinge ad andare avanti? Quello che, appunto, ho ricevuto da questa Società negli anni e che continuo a ricevere. I tempi sono cambiati, questo rapporto è rimasto uguale: mezzo secolo fa come oggi”.


FUTURO IL GEAS PUNTA FORTE SU ILARIA PANZERA, GUARDIA CLASSE 2002, CON CUI CERCA UN ACCORDO PER PROLUNGARE IL CONTRATTO OLTRE ILA SCADENZA DEL 2023.

15


MARTINA FASSINA GUARDIA DI 182CM, CLASSE 1999, È CRESCIUTA NEL SETTORE GIOVANILE DELLE LUPE, DOVE HA GIOCATO FINO AL 2018.


cover story

MARTINA’S WAY

GIOVANE E TALENTUOSA, DA 2 STAGIONI IN POLONIA, MARTINA FASSINA RIESCE A TRASFORMARE I MOMENTI DIFFICILI IN OCCASIONI PER CRESCERE E MIGLIORARE. HA IDEE AD AMPIO RAGGIO E LAVORA SODO PER RAGGIUNGERE I TRAGUARDI CHE HA PIAZZATO NEL CENTRO DEL MIRINO: EUROLEGA E NAZIONALE

Di Simone Fulciniti

S

e c’è una cosa che non le manca è il coraggio. Il co-

raggio di provare, di rischiare, di uscire dalla comfort zone ed esplorare quello che la pallacanestro ha da offrire in giro per l’Europa. E così, Martina Fassina, dopo essersi messa in luce sui palcoscenici italiani, anche importanti, dopo aver vinto uno scudetto, due supercoppe, dopo aver collezionato tre medaglie di diversi metalli con le nazionali giovanili, ha deciso di volare all’estero, seguendo il suo sogno più grande. E negli ultimi giorni, con la sua AZS Lublin, ha raggiunto un traguardo storico per la Società nel campionato polacco. Martina, partiamo dalla fine... Siamo arrivate seconde in campionato. Ed è stata una bella soddisfazione, perché il Club non aveva mai ottenuto un risultato del genere: vincere una medaglia. Rafforzata dall’aver battuto in semifinale la squadra più vincente degli ultimi anni. Bello dav-

vero. La finale l’abbiamo persa 3-0, ma sono state tutte partite tirate contro un’avversaria davvero fortissima. E molto esperta: Polkowice. Parliamo di questa avventura in Polonia... È arrivata in un momento difficile della mia vita. Avevo fatto un anno a Schio senza trovare molto spazio, e sentivo voglia di riscattarmi: per me stessa in primis, per capire se ero in grado di affrontare certe situazioni, e per mostrarlo agli altri. Ho sempre avuto il pallino di andare all’estero: sia come esperienza cestistica, sia personale, e adesso sono molto contenta di averla fatta. Anche se inizialmente è stato un salto indietro di categoria, non essendo Lublin squadra di Eurolega come Schio; ma mi è servito molto per crescere come persona e come giocatrice. Ho vissuto esperienze nuove, visto cose interessanti e costruttive. E quest’anno ho partecipato all’Eurocup, facendo bene. Siamo arrivate tra le prime otto.


cover story Una scelta singolare... Avevo chiesto ai miei agenti di guardare all’estero. Senza troppe pretese sul dove andare; non mi interessavano posti belli, caldi, o cose del genere. L’allenatore di Lublin mi aveva visto agli europei under 20, dove guidava la Nazionale polacca. Mi conosceva e ha mostrato interesse per me. Gli agenti hanno fatto un grande lavoro: un club eccellente, mi hanno accolto benissimo tanto le ragazze quanto lo staff. Insomma sono stata fortunata ad avere un’occasione di questo tipo. I primi tempi, come sono stati? All’inizio ero a mille, contentissima per la nuova esperienza, emozionata. Poi sono arrivati down, dove manca la famiglia, mancano gli amici. Ma se devo essere sincera pensavo di subire l’impatto di più. Sicuramente il clima all’interno della squadra mi ha aiutato. La cosa più difficile è stata cercare di reagire alle partite andate male, ricominciare dagli allenamenti per trovare fiducia in me stessa. Ma si deve andare giù per risalire. Infatti quest’anno sono stata più continua a livello di prestazioni. Il punto più alto dell’ultima stagione? Sono rimasta davvero colpita dal modo in cui abbiamo reagito in Eurocup contro Villeneuve D’ascq, in Francia. Era al meglio delle due partite. Entrambe in trasferta. Arrivavamo dalla quarantena. Io no per fortuna. La prima l’abbiamo persa di 10, ed ero a terra. Avevo giocato male, senza ritmo. Invece il giorno successivo abbiamo giocato di squadra, veramente bene, e loro non se l’aspettavano. Una bella soddisfazione, soprattutto a livello personale. Durante una stagione puoi avere degli alti e bassi, certo, ma riuscire a cambiare mentalità nell’arco di 24 ore è davvero un’impresa che mi ha resa fiera di me stessa. Com’è la pallacanestro polacca? È sempre basket europeo, non sono andata oltreoceano dove la pallacanestro è completamente diversa. Se devo fare un confronto con l’Italia direi che qui tendiamo a giocare un po’ meno di alto-basso, e si punta a tirare molto da tre, anche in transizione veloce. Questa è una differenza. Schio fu un’occasione mancata? In realtà sono contenta di aver fatto quell’esperienza. I dati dicono che forse ho sbagliato ad andare a Schio. Ma io penso di aver imparato tanto, dal punto di vista tattico e tecnico. Pierre Vincent è molto bravo e preparato e mi ha insegnato cose che non sapevo, fatto scoprire piccoli dettagli ai quali anche adesso faccio attenzione quando gioco. È stato molto complicato il secondo anno, da un punto di vista mentale. Ma credo che per riuscire a farsi forza occorra un momento basso. E da lì ho capito che ero forte, dovevo farcela, e credere in me stessa.

Come hai iniziato col basket? Mia sorella, mia cugina e mio papà giocavano tutti. Un affare di famiglia. Andavo a vedere le partite ed ero una di quei bambini che tra un tempo e l’altro vanno a tirare a canestro. Non ho mai pensato di cambiare sport in realtà, mi ha appassionato fin da subito e ancora adesso mi diverto moltissimo alle partite e agli allenamenti. C’è stato un momento in cui hai pensato che potevi fare carriera? Non me lo sarei mai aspettato ai tempi delle under 13, quando il gioco era puro divertimento. È stata una cosa graduale, primi raduni della Nazionale, nel Club osservando le compagne americane che vengono per lavorare. Mi ritengo fortunata, perché di lavoro faccio quello che mi piace; e non è così scontato. La prima vera esperienza? San Martino, a quindici minuti da casa. Un grande settore giovanile: fanno un lavoro super. Ho giocato un anno a Venezia nelle under 17. E poi sono tornata a San Martino dove ho cominciato in serie A e mi sono messa in luce per la prima volta. San Martino lancia tante grandi giocatrici. Qual è il segreto? L’ambiente, accogliente, familiare e positivo. Dove è più facile crescere. Ho lavorato con Larry Abignente, che mi ha aiutata tantissimo: abbiamo fatto un sacco di fondamentali insieme e credo che quelli siano decisivi se vuoi migliorare. Anche Jasmine Keys è partita da San Martino. Hanno investito su una giovane, come hanno fatto con me, e come stanno facendo anche adesso. Danno la possibilità alle giovani di esprimersi e i risultati arrivano. I tuoi punti di forza? Non sono specializzata in qualcosa di particolare, né sul tiro e né sulla penetrazione. Penso di poter fare tutto, anche se non in modo eccellente, devo lavorarci. Forse le letture, sono il mio punto forte. Mi piace leggere e giocare di squadra. Cose da migliorare? Tante. Il tiro da tre, il ball handling. E in difesa dove mi piacerebbe essere in grado di poter abbassare un po’ il baricentro e riuscire a tenere meglio gli uno contro uno, essere più reattiva sui piedi. Il canestro più importante realizzato? A inizio anno, nel corso di una partita di qualificazione per l’Eurocup: eravamo sotto mancavano pochi secondi. Ho segnato. Loro hanno segnato ancora. Ma abbiamo avuto un’ulteriore azione e ci ha pensato la nostra americana. Quel mio canestro lo ricordo con piacere.


NAZIONALE CON LE GIOVANILI HA VINTO IL BRONZO ALL’EUROPEO U16 (2015), L’ARGENTO AL MONDIALE U17 (2016) E L’ORO ALL’EUROPEO UNDER 20 (2019).

19


cover story Il momento più bello in carriera? Il secondo posto ai mondiali, e il primo agli europei con la nazionale giovanile. Che fu anche un pezzo importante per la storia del basket femminile italiano. Non era mai successo che si vincesse l’oro nelle under 20. In Repubblica Ceca. Un oro che arrivò dopo un bronzo e un argento. Cosa ti ricordi di quella vittoria? Eravamo partite malissimo arrivando terze nel girone. Con gli accoppiamenti peggiori. Anche se la strada per arrivare in finale era durissima, ci siamo riunite, abbiamo parlato, ci siamo aiutate, è stata

Gusti musicali? “When I’m gone” di Eminem è la mia canzone preferita. L’ascolto di continuo, in macchina quando vado agli allenamenti, mi carica molto. Un viaggio da fare? In Asia, tra Giappone e Vietnam. Mi piacerebbe scoprire una cultura molto diversa da tutte le altre. Il tuo extra basket? Ho appena finito la triennale e sto valutando se fare una magistrale o meno. Scienze motorie. Poi leggo. Faccio passeggiate. Cucino.

Credo che divertirsi sia una cosa fondamentale per tutti. Anche quando ci sono giornate storte, cercare sempre qualcosa che ti faccia capire che sei comunque fortunato. una grande prova di gruppo. E vincemmo contro la Spagna che era favorita. Un cambiamento di rotta decisivo. Con coach Sandro Orlando.

L’ultimo libro letto? “Memorie di una geisha” di Arthur Golden; siamo sempre in Giappone.

Il grande obiettivo? Giocare da straniera in Eurolega. Questo è un pallino che ho sempre avuto. Penso alle differenze di responsabilità del ruolo, e l’esperienza all’estero vorrei ripeterla, a livello più alto. Questo è il mio sogno.

Il basket femminile italiano lo segui? Più che altro i risultati. Ho molte colleghe amiche che sento regolarmente, tra le quali Alice Milani che adesso gioca in A2 a San Giovanni Valdarno.

La situazione attuale? Il contratto si è concluso. Preparo le valigie e torno in Italia in attesa di sapere cosa mi riserva il futuro. Piatto preferito? MI piace tanto l’antipasto coi frutti di mare; e la pizza. In Polonia col cibo è stata dura, ancora oggi rimango scioccata per le abitudini diverse. Quando mi sono trovata l’insalata cruda nella pasta con il pollo, ho chiamato subito per ordinare altro cibo. Ho comunque cucinato cose europee con mia mamma che ogni tanto mi mandava i pacchi, con chicche italiane. Lublino si trova vicino al confine con l’Ucraina. Hai vissuto sensazioni particolari a guerra in corso? La situazione qui è tranquilla. Stanno facendo un grande lavoro di accoglienza, la palestra in cui giocavamo è stata adibita completamente per i profughi, ci hanno piazzato i lettini: il mio secondo allenatore faceva allenamento per i bambini e ragazzi ucraini, per dare loro una piccola valvola di sfogo. Ai supermercati ci sono box nei quali puoi mettere cibo. Ci sono circa 2 milioni e mezzo di Ucraini in Polonia.

Come lo giudichi da fuori? Penso che il campionato italiano sia di alto livello. Con due squadre in Eurolega e quattro squadre che hanno fatto l’Eurocup. Tanta roba. Ci mettiamo a fianco della Spagna, Francia e Russia. Anche fisicamente è bello, con gli arbitri che permettono certi contatti. Dovremmo avere una maggiore possibilità di allenarci durante l’estate, una cosa difficilissima. Anche i Comuni potrebbero dare possibilità maggiori per utilizzare le palestre. E continuare a lavorare forte sulle giovanili. La parola preferita? Divertimento. Credo che divertirsi sia una cosa fondamentale per tutti. Anche quando ci sono giornate storte, cercare sempre qualcosa che ti faccia capire che sei comunque fortunato. Avere sempre una nota positiva. E con la Nazionale maggiore? Ho fatto un raduno l’estate scorsa, mi sono divertita e sono stata bene con tutte. Mi è dispiaciuto non poter andare agli Europei. Ma spero di avere altre possibilità e di poter indossare la maglia azzurra in partite ufficiali. Soddisfazioni difficili da spiegare: rappresenti il tuo paese, e hai una ricompensa emozionante per il duro lavoro che fai durante l’anno.


POLONIA PRIMA ESPERIENZA ALL’ESTERO PER MARTINA. CON LUBLIN, QUEST’ANNO, HA DISPUTATO L’EUROCUP E CONQUISTATO IL SECONDO POSTO IN CAMPIONATO.

21


girlz just wanna hoop seguiteci sui nostri canali social @pinkbasketofficial


inside A2

La corsa all’oro

DOPO AVER DOMINATO LA STAGIONE REGOLARE, CREMA E VALDARNO PARTONO FAVORITE NEI PLAYOFF: IN OGNI GIRONE 8 SQUADRE, 3 TURNI DA SUPERARE PER SALIRE IN A1. È ANCHE L’ORA DEI PLAYOUT: DUE RETROCESSIONI DA SCAMPARE PER NON FARE COMPAGNIA A TORINO TEEN E CIVITANOVA

di manuel beck

E

ccoci, finalmente, al mese più intenso dell’anno, quello

dei playoff e playout. Prima di tutto, “chapeau” a Crema, 26 vittorie su 26 in stagione regolare: eguagliata Broni 2015/16, ma con una differenza-canestri migliore: +27 a partita contro +21. Vediamo ora le sfide. Al Nord, il primo turno di playoff ne offre due a pronostico sbilanciato (soprattutto Crema-Mantova; leggermente meno Udine-Ponzano) e due invece molto incerte (Milano-Alpo e Brescia-Castelnuovo). Nei playout si parte con Pall. Bolzano-Vicenza (favorite le altoatesine) e un BC Bolzano-Treviso in cui quest’ultima sembra più in forma. Salvezza diretta per Carugate, retrocessione per Torino Teen. Al Sud, nei quarti-playoff è largamente favorita Valdarno su Cagliari; accoppiamento di ferro tra La Spezia, brillante seconda, e una Patti in crescita verticale dopo l’innesto di Touré; non semplice, ma coi favori del pronostico, per Umbertide contro Selargius. Apertissima Firenze-Vigarano, con le emiliane che sembrano arriva-

re in condizione migliore. Il primo round del purgatorio (playout) vede Battipaglia contro una Nico scampata in extremis all’ultimo posto, e Savona contro Capri, entrambe giunte all’appuntamento in fase calante. Salvezza diretta per Matelica; a lasciare la categoria verso il basso è Civitanova. Rocambolesca, in questo girone, la maxi-volata per i piazzamenti tra sesto e decimo, decisi – secondo regolamento – dal quoziente-vittorie in quanto non sono state recuperate 2 gare (circa 50 in totale quelle rinviate per Covid, sommando Nord e Sud): recrimina soprattutto Battipaglia, il cui presidente Rossini ha criticato la Lega per non aver imposto la disputa di tutte le partite. Prima del riassunto di aprile nelle prossime pagine, ecco le leader individuali di fine stagione regolare. Marta Rossini è la miglior marcatrice (18,7 di media) davanti a Verona e Marangoni. Nei rimbalzi svetta Turmel (12,2) seguita da Dacic e Llorente. Prima negli assist è Zanardi (5,5) davanti a D’Alie e Iuliano.


inside A2

GIRONE NORD // Crema è battibile? Ci credono Udine (nonostante l’infortunio di Turel), Brescia (che ha perso Turmel ma preso Trehub) e la rivale di sempre, Milano. Outsider pericolose: Alpo e Castelnuovo. Primi playoff per Ponzano e Mantova 1) Crema (26-0). Supera anche i big match finali: rischio vero con Alpo, salvandosi con un break di 15-0 dal meno 10 di inizio 4° periodo (Melchiori 19 punti); demolisce Brescia, 93-41, nel rematch della finale di Coppa (Vente 20 + 17 rimbalzi), infine tiene a bada la rimonta di Milano, da +18 a +6. Nei primi due casi era senza Nori. Vediamo come gestirà la pressione di avere un solo esito accettabile: la promozione. 2) Udine (22-4). Brutta tegola il crociato rotto di Turel, ma nei risultati è un mese perfetto, 5 su 5 di cui tre big match in trasferta. Vince a Milano, 61-70, con 22 di Blasigh; bissa in casa di Castelnuovo, 69-74, con 19 di Missanelli; completa l’opera con Alpo, 80-84 (Molnar 21). La pronosticavamo da playoff, a inizio stagione, ma non così bene. 3) Brescia (20-6). Luci e ombre in un mese finale frenetico: 5 vittorie, compresa quella su Castelnuovo, 7573 con 50 (!) di valutazione per Zanardi (28 punti, 15 rimbalzi, 9 assist), ma perde netto con Milano e Crema, e soprattutto perde Turmel, lunga principe del girone, rescindendo il contratto appena rinnovato. Al suo posto ingaggia Trehub, una garanzia, che però dovrà inserirsi in fretta. 4) Milano (19-7). Piazzamento che sta stretto rispetto al suo valore attuale (12 vittorie nelle ultime 14 gare): dovrà scalare un tabellone difficile. Nel ciclo di big match conclusivi ha vinto a Brescia concedendo solo 4 punti nell’ultimo quarto (Novati 14) mentre non sono bastate le rimonte con Udine e Crema. In crescita Penz e sempre meglio inserita Zelnyte. 5) Alpo (17-9). Le sconfitte interne in volata con Crema (26 punti di una Marangoni “on fire” per tutto il mese) e Udine danno la sensazione che manchi qualcosa, ma non molto, per essere al livello delle primissime. Le vittorie su Vicenza e BC Bolzano valgono un 5° posto che fotografa correttamente la sua stagione regolare. 6) Castelnuovo (17-9). Come Alpo manca di poco il bersaglio nei due big match del mese, contro Udine (meno 5; Gatti 20 punti) e Brescia (meno 2 con furiosa rimonta finale; 24 di una Ravelli che ha ritrovato la mira dopo averne avuta poca nei primi due mesi dal suo arrivo). Puntuale nelle partite più abbordabili, contro le due bolzanine e Vicenza (Rulli sugli scudi), ora vediamo se riesce ad alzare l’asticella. 7) Ponzano (11-15). Con le vittorie su Vicenza (Van der Keijl 24) e soprattutto su Mantova nello scontro diretto (78-63 con un 27-9 nell’ultimo quarto; Rescifina 22) conquista i primi playoff di A2 della sua storia; ininfluen-

ti per le ragazze di Zimerle le sconfitte con le ultime due della classe, Treviso e Torino Teen. 8) Mantova (11-15). Prima volta assoluta anche per le virgiliane, nonostante un periodo da 9 sconfitte in 10 partite, comprese quelle negli scontri diretti con Ponzano e Carugate (in quest’ultimo però salva la differenza-canestri). Chiude battendo Torino Teen ma sarebbe passata comunque. In crescita Bernardoni ma qualche elemento-cardine sembra in riserva d’energie. 9) Carugate (10-16). Con una situazione inusuale in panchina (passo indietro di coach Cesari, promozione del vice Colombo, il tutto però non formalizzato) porta a casa la salvezza diretta con le vittorie su Vicenza (18 punti di Diotti) e a Mantova, 45-52, nella partita cruciale della stagione. Un monumento a chi ha scelto Tulonen (17,4 punti e 10 rimbalzi di media), cresciuta la 2002 Nespoli. 10) Pall. Bolzano (9-17). Dominando il derby cittadino, +15 da -9 all’intervallo (Guilavogui 13 punti), guadagna la posizione di testa nella griglia-playout. Resta la sensazione che, sia prima sia dopo il “restyling” dell’organico, avesse i mezzi per arrivare, se non ai playoff (dove la pronosticavamo), almeno alla salvezza diretta; troppa però l’incostanza. 11) BC Bolzano (7-19). La vittoria in volata a Vicenza (Cremona 19 punti) è l’unico sorriso del mese, ma ormai contava solo affilare le armi per i playout. Non è una buona notizia il calo di Ovner dopo mesi eccellenti, solo in parte compensato dalla crescita di Egwoh. 12) Treviso (7-19). Arriva ai playout con la freccia verso l’alto: 7-6 il bilancio dopo lo 0-13 iniziale. Perisa tre volte sopra i 20 punti e non a caso sono stati tre successi, soprattutto quelli su Carugate (+18) e a Ponzano. In evidenza anche Beraldo. Non è bastato per strappare il fattore-campo al BC Bolzano ma se la gioca. 13) Vicenza (4-22). Un mese tanto pesante quanto deprimente nei risultati: 7 partite, 7 sconfitte. La prestazione migliore è con Udine, impresa sfiorata (21 punti + 7 assist per Tagliapietra). Può ancora dare una sterzata e salvarsi, ma deve almeno smettere di litigare col ferro: a parte la retrocessa Torino, è l’unica squadra del girone ad avere meno del 40% da 2 e del 30% da 3 in stagione. 14) Torino Teen (2-24). La bella vittoria su Ponzano (Jamsa 20 punti) rimane l’unica del mese e non evita la retrocessione anticipata, del resto nell’aria da tempo, nonostante l’innesto di Nasraoui. Proprio all’ultima giornata arriva la miglior prestazione della veterana Giauro (15 punti e 8 rimbalzi).


VIVIANA GIORDANO LA PLAY CLASSE ‘89, AL SECONDO ANNO A PONZANO, E COMPAGNE AFFRONTERANNO UDINE AL PRIMO TURNO DI PLAY-OFF.

25


inside A2

OUMOU TOURÉ ARRIVATA A PATTI A FINE MARZO, STA LETTERALMENTE DOMINANDO. IN 6 GARE 25,8 PT, 10 RIMB E 30 DI VALUTAZIONE A PARTITA.


GIRONE SUD // Valdarno e La Spezia non solo teste di serie, ma anche in striscia vincente. In ascesa Vigarano e Patti, le due sarde strappano il posto-playoff in volata su Matelica e Battipaglia. La Nico all’ultimo turno agguanta i playout 1) S.G. Valdarno (23-3). Serie aperta di 10 vittorie per la padrona del girone, anche se nelle ultime due ha avuto bisogno di una tripla di Peresson allo scadere (+2 sia a Umbertide sia a Matelica). Comprensibile un po’ di fatica dopo un mese da 7 partite, in cui Bove è stata la più assidua in doppia cifra, 6 volte. Ha tutto per arrivare fino in fondo. 2) La Spezia (20-5). Arriva lanciata ai playoff, con 5 vittorie nel mese, sia dominando (3 volte sopra il +20) sia in volata (come nel secondo dei due derby di fila con Savona: rimonta da -15 nell’ultimo quarto). Tante giocatrici da doppia cifra, cui si è aggiunto il rinforzo Stoichkova da Empoli. Non è fortunata nel trovare Patti, altrettanto in forma, al 1° turno. 3) Umbertide (16-10). Ottiene il miglior piazzamento possibile nonostante un mese con più sconfitte che vittorie. Peccato soprattutto per l’impresa sfumata con Valdarno allo scadere e il blackout finale a Savona; in compenso piega in rimonta Matelica con 28 punti di Kotnis, 15 di Stroscio e tripla-chiave di Giudice, e prende il largo nella ripresa con Battipaglia. 4) Firenze (16-10). Battuta a Valdarno, Matelica e Vigarano (nonostante 30 di Marta Rossini), ma grazie all’abbondante fieno messo in cascina nei mesi scorsi, le basta un successo su Cagliari per confermarsi tra le prime 4 come all’andata. 5) Vigarano (15-11). Un finale con la freccia verso l’alto la porta a ridosso delle “top 4”: solo lo stop con Patti le impedisce l’aggancio. Buon segnale in vista dei playoff è la vittoria su Firenze che ritroverà immediatamente al primo turno. In costante evidenza Sorrentino, Perini e Coser; utile il recente innesto Bujniak. 6) Selargius (12-12). Colpaccio finale su Umbertide (70-63 con 5 in doppia cifra) per strappare il 6° posto al fotofinish. In precedenza anche la soddisfazione del derby dominato a Cagliari, con 21 di El Habbab e 12 + 14 rimbalzi di Cutrupi. A Patti non le bastano 85 punti (21 di Konstantinova) con un 13/29 da 3. 7) Patti (13-13). Pesca l’asso inserendo la franco-senegalese Touré: 25,8 punti e 10 rimbalzi di media in 6 partite giocate, tutte vinte dalle siciliane tranne l’ultima, una beffa al supplementare a Battipaglia (nonostante 39 punti di Touré) che costa una posizione persa e l’accoppiamento difficile con La Spezia. Tra le “W” che sono valse i playoff, spiccano quelle su Selargius (94-85 con 6/7 da 3 per Miccio) e Vigarano (18+18 rimbalzi di Verona). 8) Cus Cagliari (12-14). Un mese da 4 sconfitte in 6 partite, ma le due vittorie, a Civitanova con rimonta

finale, e all’ultimo turno su Capri (Striulli e Ljubenovic 14), valgono la qualificazione ai playoff superando Matelica e Battipaglia per classifica avulsa. Grasso che cola, ma premiata la resistenza nel periodo più difficile tra Covid e lunga assenza di Striulli. 9) Matelica (12-14). Sfortunata nel mancare i playoff per la sconfitta allo scadere con Valdarno (nonostante 24 di Gramaccioni e il record personale di 21 per Albanelli), e anche con Umbertide aveva mancato di pochissimo l’impresa. Ma il bicchiere è più che mezzo pieno per la matricola trascinata dalla super-coppia Gramaccioni-Gonzalez; belle vittorie su Firenze e Capri nel mese. 10) Battipaglia (12-14). A relegarla ai playout è la sorte più che i demeriti. Contro Spezia perde subito per infortunio Vojtulek e Milani. Nell’ultima giornata fa l’impresa su Patti (76-75 al supplementare) con un 4-0 di Logoh e Potolicchio (22 punti) nei secondi finali, ma la classifica avulsa con Cagliari e Matelica le nega sia i playoff sia la salvezza diretta. 11) Savona (10-16). Mese frenetico e amaro, con 7 partite che si traducono in 6 sconfitte; gli infortuni contemporanei di Paleari e Tyutyundzheva, quest’ultima sostituita dalla polacca Pobozy che si presenta bene ma non evita la beffa nel secondo derby con Spezia né i successivi stop. Bene solo il colpo con Umbertide (21 di Zanetti). 12) Capri (8-18). Periodo di sole sconfitte, tra cui un crollo in casa con Matelica e un blackout finale con Civitanova che non vinceva da mesi Non bastano le cifre eclatanti di Dacic (oltre 18 punti e quasi 15 rimbalzi di media nel periodo considerato) né la doppia cifra costante di Bovenzi. L’avevamo pronosticata da playoff, dovrà invece sudarsi la salvezza ai playout. 13) Nico Ponte B. (6-20). Resta viva con le unghie e con i denti. Dopo aver perso 4 partite nel mese, di cui 3 con scarti fra i 21 e i 43 punti, si trova a un passo dalla retrocessione diretta, ma la scampa andando a vincere a Savona (49-56) all’ultima giornata, con 22 di Bacchini. Rimanda così il verdetto ai playout, dove l’esperienza di Dzinic può aiutare molto. 14) Civitanova (5-20). Dal sogno all’incubo. Riemersa da uno stop per Covid, si fa rimontare nel finale contro Cagliari, ma con la stessa moneta brucia in volata Capri (Paoletti 22 punti e canestro decisivo, Bocola 20) e scala al penultimo posto. Ma all’ultima giornata è travolta da Spezia e subisce il controsorpasso della Nico, anche per il recupero non disputato dalle marchigiane con Selargius.

27


EMILIA BOVE CASERTANA, CLASSE 1988, È UNA GIOCATRICE CARISMATICA CHE SPESSO DIVENTA L’IDOLO DEL PUBBLICO DI CASA.


primo piano

I TRASLOCHI DI EMILIA

EMILIA BOVE È UNA VETERANA CON UNA LUNGA CARRIERA TRA A1 E A2 ALLE SPALLE. PARTITA DA ARIENZO (CASERTA), NON HA MAI AVUTO PAURA DI CAMBIARE CLUB E CITTÀ PER INSEGUIRE I SUOI SOGNI. QUEST’ANNO HA TRASLOCATO A SAN GIOVANNI VALDARNO. OBIETTIVO: LA PROMOZIONE!

Di Francesco Velluzzi

L

a sua casa è ad Arienzo nel casertano dove ha gli af-

fetti più cari. La seconda casa è la sua Hyundai X 35. Ed Emilia Bove, quasi ogni anno, la sua macchina, spaziosa e confortevole, la riempie tutta, volentieri, di scatole, scatoloni, pacchi e pacchetti. Perché trasloca con i ricordi, con tutto quel che resta, anche materialmente, di un’intera e intensa stagione sportiva. Senza problemi, viaggia da sola, on the road, da una parte all’altra dell’Italia tenendo come base fissa sempre la sua Arienzo. “Dove un giorno, quando smetterò di giocare a pallacanestro, forse imposterò il mio futuro”. Emilia, nata sotto il segno dei pesci il 17 marzo 1988, a 34 anni ha già, con intelligenza, programmato anche qualcosa per il post basket: “Ho preso una laurea in Scienze Motorie. Università Telematica Pegaso e mi piacerebbe tanto interessarmi alla parte fisica e atletica. Fare la preparatrice, anche in una squadra di basket, mi alletta. Un po’ quello che ha cominciato a fare e poi costruito Francesca Zara”.

SOGNO Ma per il momento Emilia Bove, che gioca da

4, e all’occorrenza pure da 5, è concentrata su unico obiettivo: la promozione in A1 con il suo club, Bruschi Galli San Giovanni Valdarno. L’ultimo scelto dopo un’esperienza lunga e particolarmente appassionante: tre anni alla Molisana Campobasso. Altri tre anni Emilia li aveva fatti soltanto a Orvieto, dove ha lasciato un pezzo di cuore. Una vita in altalena tra A1 e A2, sempre inseguendo progetti concreti e piazze in cui si sente particolarmente amata. Valdarno è stata l’ultima tentazione. E d’accordo col suo agente Marco Florio, ha deciso di scendere un’altra volta al gradino di sotto. Ma in Toscana l’hanno fatta anche capitana ed è lei la guida del gruppo diretto dal coach Alberto Matassini che dalla buona esperienza di Udine è riuscito a portarsi la forza e il sapere cestistico di Antonia Peresson e Tina Cvijanovic, slovena. Una coppia di fatto fortissima che rende ancora più competitiva una squadra in cui brillano anche il fosforo di Sofia Vespignani,


primo piano il talento di Elena Ramò, la concretezza della pivot Angelica Tibè e la vena offensiva di Alice Milani. La giovane Olajide, classe 2000, 183 centimetri, è un prospetto che fa gola a tanti. E, sinceramente, con un organico di questo tipo, la promozione non dovrebbe sfuggire alla truppa di Matassini. Anche se alle finali di Ccoppa Italia a Udine le ragazze di Toscana hanno buttato via la partita contro Brescia perdendo la possibilità di sfidare la corazzata Crema che, dopo anni di tentativi, la promozione non può proprio fallirla. “Anche qui a San Giovanni Valdarno l’obiettivo è dichiarato. Vogliamo e vogliono la promozione. Le ambizioni sono serie, come la Società”, spiega Bove. “La squadra è buona e per questo motivo l’ho scelta, tralasciando le possibilità che avevo in A1 la scorsa estate. Ci alleniamo bene e tanto, con l’allenatore la chimica è ottima. Antonia Peresson è una fuoriclasse, si vede che le esperienze fatte all’estero le sono servite. Crema è fortissima, direi illegale, ma noi ci siamo. Udine è stato un grosso dispiacere. Ma non

che non aveva niente a che fare con la mitica Juve maschile. Noi non giocavamo al Palamaggiò, ma nell’impianto dello stadio di calcio. Al Pinto. È stato Mauro Cavaliere a farmi appassionare al basket. E da Caserta ho scelto di fare il passo verso Napoli. Sono rimasta fino alla A2. Poi sono andata a Orvieto. La gestione di Gabriele D’Annunzio non è stata esemplare, e così ho fatto il primo vero trasferimento. Bello. Città storica, piena di cose da vedere, cucina ottima. Orvieto è stata un’esperienza triennale bellissima. Ho giocato in A1. Poi a un certo punto sono finiti i soldi e ho dovuto cambiare”. Emilia non è andata lontanissima, ha scelto l’Umbria, Umbertide dove il dottor Betti era riuscito a portare la sua creatura ai massimi livelli. “Ho avuto un allenatore come Lollo Serventi che pretende tanto, ma ti dà tanto. Sono migliorata, facevo gli allenamenti individuali e lì ho dato una svolta. L’unica mazzata è stata l’infortunio al tendine d’Achille che mi ha tenuta fuori a lungo. Quella economica c’è stata anche a Umberti-

In A1 nel mio ruolo ci sono le straniere, il minutaggio non può essere particolarmente elevato. Così se fai la scelta di andare a giocare al piano inferiore, in un Club ben strutturato che ha forti ambizioni, sei felice ugualmente e vivi una bella esperienza. stavamo bene, infatti ci siamo beccate quasi tutte il Covid. C’era qualcosa che non andava, anche se abbiamo sprecato l’occasione con Brescia buttando una partita già vinta. Ci rifaremo. Siamo cariche per i playoff che partono in un modo strano perché non tutto è stato chiaro nella composizione della griglia con squadre che avevano ancora partite da recuperare. Io voglio soltanto guadagnarmi questa promozione. Ho tanti stimoli e un obiettivo fisso in testa. Non mi pesa giocare in A2. Nel campionato superiore i ruoli che occupo io vengono quasi sempre destinati alle straniere. Così, il minutaggio non può essere particolarmente elevato. Così se fai la scelta di andare a giocare al piano inferiore, ma in un Club ben strutturato che ha forti ambizioni, sei felice ugualmente e vivi una bella esperienza. Noi stiamo bene, viviamo quasi tutte in un agriturismo, praticamente tutto per noi. L’unico vero problema è la connessione, la linea telefonica. Solo Antonia e Tina vivono dentro il paese. Abbiamo creato una bella situazione, ci vediamo tutti i giorni e alla fine non ne potremo più... ma stiamo molto bene tra noi”, ride Emilia che fuori di casa ci è andata molto giovane.

RIMPIANTI E POCHI SOLDI “Ho cominciato da bambina per-

ché ero alta. Alle Pantere di Caserta, una società

de. Perché pure lì sono finiti i soldi e si è dovuto ridimensionare il progetto (ora la squadra veleggia con un nucleo giovane in A2, ma resiste). Così ho ripreso la macchina e ho traslocato nuovamente. In direzione Vigarano”. Anche in Emilia, Emilia... ha fatto l’A1. “Con Luca Andreoli, l’attuale tecnico di Lucca. È stata una buona annata”. Poi, però, a fine stagione, l’auto era già accesa con gli scatoloni dentro...

Campobasso “Dopo Vigarano, ho deciso di accettare

il progetto di Campobasso, targato Molisana. Scendevo nuovamente di categoria, ma l’esperienza mi incuriosiva. Andai a vedere una loro partita a Bologna con la mia amica Erika Reggiani. Poi capii che loro mi volevano. Era anche un’occasione per avvicinarsi un pochino verso casa. Volevano fare un campionato competitivo e svegliare l’interesse per il basket femminile con una Società mandata avanti da donne manager in carriera. Rossella Ferro e le sue dirigenti ci sono riuscite in pieno. Il primo anno a Campobasso resta per me indimenticabile. Eravamo diventate più famose dei calciatori. Ci fermavano per strada e tanti avevano mille attenzioni per noi. I tifosi al palazzetto ci tiravano le forme di caciocavallo in campo. È stata fatta una grande promozione, una bella campagna che ha premiato.


VALDARNO PRIMO ANNO IN TOSCANA PER EMILIA, CHE VIAGGIA A 11,9 PT E 6,1 RIMBALZI A PARTITA. L’OBIETTIVO È LA PROMOZIONE IN A1.

31


primo piano

CARRIERA DOPO LA PROMOZIONE CON CAMPOBASSO, EMILIA TORNA IN A2. IN A1 HA VESTITO LE MAGLIE ANCHE DI ORVIETO, UMBERTIDE E VIGARANO.

Indimenticabile il terzo tempo dopo le partite. Ci si trovava in un locale anche con le avversarie e il capo tifoso Mauro Moffa cucinava divinamente per tutti. Naturalmente la Pasta Molisana non poteva mai mancare. Neppure a casa nostra. Dividevo l’appartamento con Roberta Di Gregorio, tuttora mia cara amica, e Giulia Ciavarella. La stagione cestistica ha vissuto un po’ di alti e bassi anche per l’infortunio della straniera. Ma Campobasso è stata una vera famiglia per me. Poi siamo arrivate a giocare la A1 sempre con Mimmo Sabatelli come allenatore. Il progetto è andato avanti forte, la Società ha dato una svolta a tutto il movimento. Perché uno sponsor così è importante. E tante sono

state e sono tuttora le iniziative per creare sempre più appeal attorno alla squadra”. Poi il Club ha fatto un’altra scelta ed Emilia ha dovuto nuovamente riempire la macchina di scatoloni. “Hanno voluto dare un taglio a tutto e hanno deciso di cambiare, facendo praticamente piazza pulita. Cambiando quasi tutte le giocatrici. Mi è dispiaciuto perché ero stata bene e a pensarci ancora adesso mi vengono i brividi per quel che è stata quell’esperienza di tre stagioni in un posto piccolo come il Molise, che il basket femminile ha fatto diventare grande in tante occasioni. Devo ammettere che è stata una città dalla quale sono andata via davvero a malincuore”. È tor-


nata nel casertano e si è poi diretta verso la Toscana. Con una carriera così lunga, viene da capire quanti ricordi ha lasciato. “Tanti, troppi”. Quali cibi restano indimenticabili. “Il caciocavallo me lo sogno, ma la pizza di mio cugino dalle mie parti e la parmigiana di melanzane per me restano sempre il top. Mi è difficile mangiare una pizza in altre parti d’Italia, vista quella che ho a casa mia. Mio cugino ha proprio un locale. Vi porterò...Insieme alla mia cara amica Madalene Ntumba e suo figlio Noah, di cui ormai sono zia”. Tanti cambi e tanti traslochi non hanno permesso a Emilia di farsi ancora una vita sentimentale, di pensare a una famiglia. “Non è semplice. Vivi così,

allenandoti tutti i giorni, non hai un weekend libero. Non siamo persone normali, è tutto al contrario rispetto alla quotidianità di molti altri e di un uomo che, magari, vorrebbe godersi certi spazi con te. Ci ho pensato spesso a questo perchè mi rendo conto che è difficile. Ma a 34 anni ogni tanto dico che forse la stagione che faccio è l’ultima, ma poi prevale la passione. E ricomincio. Giocare a pallacanestro mi piace ancora tantissimo. Ora sono concentrata solamente sulla promozione da centrare qui a Valdarno. Con le Società faccio sempre e solo contratti annuali. Ma una nuova avventura in A1 non mi dispiacerebbe affatto. Anzi...”

33


LORELA CUBAJ (1999 TERNI) IN UNA DELLE PRIME IMMAGINI DAL TRAINING CAMP DELLE LIBERTY. LA STAGIONE WNBA COMINCERÀ IL 7 MAGGIO.


ORIZZONTI

WNBA TIME

DOPO LA BRILLANTE ESPERIENZA DI COLLEGE CON GEORGIA TECH, LORELA CUBAJ È STATA SCELTA CON IL NUMERO 18 AL DRAFT WNBA 2022. VESTIRÀ LA MAGLIA DELLE NEW YORK LIBERTY E SARÀ L’OTTAVA ITALIANA DI SEMPRE A CALCARE I PARQUET DELLA WNBA, AL VIA IL 7 MAGGIO. LA NOSTRA INTERVISTA ESCLUSIVA ALL’AZZURRA.

Di Laura Fois

L’

apripista è stata Catarina Pollini nel lontano 1997, poi

è stato il turno di Susanna Bonfiglio (2002), Laura Macchi (2004), Raffaella Masciadri (2004), Francesca Zara (2005), Kathrin Ress (2007) e Cecilia Zandalasini (2017). Lorela Cubaj, selezionata al Draft 2022 al 18° round dalle Seattle Storm (che l’hanno subito scambiata con le New York Liberty), è l’ottava italiana di sempre ad entrare nel club della WNBA. Con Sabrina Ionescu e compagne, esordirà in casa, al Barclays Center di Brooklyn, il 7 maggio contro le Connecticut Sun. Un motivo in più, quest’anno, per vedere le partite della più importante lega di basket americana.

Cubaj, classe 1999 e 192 centimetri di atletismo e versatilità,

dopo aver iniziato il percorso delle giovanili in Umbria è passata alla Reyer Venezia. In Nazionale italiana ha già in bacheca un bronzo agli europei under 16 e l’argento ai mondiali under 17. Con la Nazionale maggiore ha collezionato ad oggi 18 presenze. A 23 anni, dopo un’importante esperienza al college vestendo la maglia

della Georgia Tech, e laureata in Business Administration, approda nel palcoscenico cestistico femminile più importante al mondo. “È il mio sogno che si avvera”, ha commentato a caldo appena appresa la notizia che potrebbe dare una svolta significativa alla sua carriera. E di sogni e molto altro abbiamo parlato con lei mentre era in procinto di trasferirsi nella grande mela, all’alba della sua nuova avventura americana. Lorela, grazie di dedicarci un po’ del tuo tempo! Iniziamo: cosa ti porti dall’esperienza del college, sia a livello sportivo sia umano? Decisamente sono cresciuta molto come persona e come giocatrice. Certamente la disciplina che mi ci è voluta per affrontare il college è qualcosa che mi porterò sempre con me. Ho imparato tanto anche perché mi hanno seguita con grande cura e attenzione. Si doveva migliorare sempre, su ogni aspetto. Grazie anche a quest’esperienza, ad oggi sono meno impulsiva, per esempio.


ORIZZONTI NAZIONALE BRONZO AGLI EUROPEI U16 E ARGENTO AI MONDIALI U 17. HA 18 PRESENZE CON LA NAZIONALE MAGGIORE CON CUI HA DISPUTATO EUROBASKET 2021.

Tra il college e la WNBA, cosa ti aspetti di diverso o di simile? Anche a livello di marketing e di attenzione allo sport... Mi aspetto un livello più alto e un gioco più veloce, anche perché in college avevamo a disposizione 30 secondi d’azione e adesso sono 24. Tecnicamente, l’approccio alla gara cambia notevolmente. Per quanto riguarda il marketing, l’attenzione che hanno negli Stati Uniti, in generale, è molta di più di quella che si ha in Italia, e al momento penso che questo sia anche il motivo per cui qui il basket femminile stia diventando poco a poco sempre più famoso e rispettato, mentre in Italia c’è ancora molto lavoro da fare. Ci sono voluti anche molti anni per

raggiungere questo livello qui e ancora non è abbastanza. La verità è che di lavoro da fare ce n’è ovunque, quando sei un’atleta donna. Quali idee porteresti in Italia? Non saprei onestamente come rispondere a questa domanda, perché per avere più visibilità serve anche più possibilità di esser viste, e se non siamo mai in TV non c’è tanto che io possa portare come idea. Secondo me la visibilità è qualcosa che manca molto in Italia. Si potrebbe partire da qui per rivendicare più attenzione. Come ci si sente ad essere una delle poche cestiste italiane, ad oggi, elette a far parte del mondo WNBA?


È un onore, onestamente. Spero che più giocatrici italiane possano avere la possibilità di essere draftate. È un’esperienza incredibile! Cecilia Zandalasini, l’italiana che più di recente ha giocato in WNBA, ti ha dato qualche consiglio? Cecilia mi ha dato un po’ di “insights” su come funziona la WNBA, più che altro perché sono sempre stata curiosa. Ho fatto queste domande molto prima di avere l’opportunità di essere chiamata. Quali sono le giocatrici WNBA che hai più curiosità di affrontare e marcare? Una delle mie giocatrici preferite è Sylvia Fowles e

mi piacerebbe avere la possibilità di marcarla. È una leggenda a parer mio. C’è differenza tra la pallacanestro che giochi in America e quella che pratichi in maglia azzurra? La pallacanestro americana è più fisica, invece per quanto riguarda le letture del campo quella europea è simile, anche per quanto riguarda la velocità del gioco. Negli USA sempre più atleti stanno prendendo posizione sulle problematiche sociali e civili. Il movimento Black Matters, per esempio, ha avuto un grosso eco nel mondo sportivo. Quali sono le cause che più appoggi?

37


ORIZZONTI Decisamente la tematica del Black Lives Matter è qualcosa che ho sempre appoggiato, soprattutto quando vivi in America da un po’ di anni capisci il motivo e vedi come le persone più volte vengono trattate diversamente. È molto importante, quando si ha una piattaforma, parlare delle tematiche attuali. Grazie allo sport possiamo farlo ed è una cosa molto importante. Che idea ti sei fatta del caso Brittney Griner, una delle cestiste più vincenti e dominanti di sempre, detenuta in Russia dal 17 febbraio? È davvero triste vedere cosa sta succedendo alla Griner. Non sono dentro al mondo WNBA da molto, però so che molte giocatrici parlano del fatto che tutto ciò è successo perché c’è la necessità per tutte le giocatrici di andare in altri paesi per guadagnare di più. Si sta criticando prevalentemente il salario in WNBA, perché non è abbastanza alto. In America è molto comune avere dei mentor, il tuo o la tua chi è? Decisamente la mia assistente allenatrice a Georgia Tech, Murriel Page. Lei ha giocato nella lega per un-

ben precisa. Il tempo libero è dopo allenamento oppure quando abbiamo la giornata libera. Una cosa positiva è quella di avere la libertà di fare ciò che vuoi, per cui spero, in primis, di riuscire a visitare New York il più possibile! Hai iniziato il lavoro col nuovo team e coach Brondello, quali sono le prime sensazioni e che ruolo e spazi pensi di poterti ritagliare in questa stagione? Il team e i coach mi hanno accolta subito, mi sono subito sentita parte del team. Questa squadra ha persone che sono molto competitive e questo mi piace molto, essendo anche io molto competitiva. Non so bene ancora quale ruolo possa avere in questa stagione, decisamente vorrei essere una giocatrice che puoi utilizzare quando hai bisogno di uno stop in difesa o comunque una persona che fa ciò che gli viene chiesto di fare, in qualsiasi momento. Voglio essere una delle giocatrici più versatili, e ogni giorno sto lavorando per raggiungere questo obiettivo. Lorela, perché ce l’hai fatta? Come sei riuscita a realizzare il sogno di mettere il piede in WNBA? Penso che la mia storia non debba necessariamente

Penso che alla fine ciò che conta davvero sia credere sempre in te stessa ed avere una cerchia di persone che tiene veramente a te e che ti aiuta nel momento del bisogno. dici anni credo e ha fatto parte del primissimo draft. Una persona stupenda che mi ha aiutata tantissimo in campo e fuori. La considero come una mamma americana! A 23 anni, come hai intenzione di affrontare la tua prima stagione WNBA? Parlo a livello di gestione di pressione, nutrizione e salute mentale. Vorrei dare il meglio tutti i giorni e migliorare come persona e come giocatrice. L’organizzazione delle New York Liberty ha molte risorse per quanto riguarda la nutrizione e la salute mentale. Ho intenzione di utilizzarle. Sono due cose che sono molto importanti per un’atleta. Penso che mi aiuteranno molto in questa nuova avventura. Come sarà la tua routine con le New York Liberty? Practice, tempo libero, viaggi... Per il momento siamo in training camp, Praticamente dalle 7:30 di mattina fino alle quattro di pomeriggio sono in palestra. È il motivo per cui sono qui, e sono carica. Per quanto riguarda i viaggi, ancora non ho un’idea

essere uguale a quelle di altre ragazze. Credo che la mia scelta di venire negli Stati Uniti abbia comunque aiutato un po’. La disciplina e il lavoro che fanno qui al college sono dei punti di partenza importanti, soprattutto perché ti indirizzano verso una scelta nel mondo del professionismo. Ti aiutano a capire se vuoi proseguire a fare il lavoro che ami o prendere altre strade. All’inizio è stato molto difficile per me adattarmi, mi ci sono voluti un po’ d’anni in realtà. Ho iniziato a far bene dal mio terzo anno. È un percorso che riconosco non sia per tutti, ma che ho comunque voluto fare, anche per essere più vicina alla realtà americana. Penso che alla fine, ciò che conta davvero sia credere sempre in te stessa ed avere una cerchia di persone che tiene veramente a te e che ti aiuta nel momento del bisogno. Per me è stata la mia famiglia, la mia assistente allenatrice, e alcune mie amiche del college. Decisamente non ho raggiunto questo obiettivo da sola, queste persone mi hanno aiutata tanto, e anche grazie a loro adesso possono iniziare a vivere e scrivere capitoli importanti della mia nuova esperienza americana.


COLLEGE 5 ANNI A GEORGIA TECH, DI CUI DETIENE IL RECORD ASSOLUTO DI RIMBALZI. ACC DEFENSIVE PLAYER OF THE YEAR 2021 E 2022.

39


VALENTINA SICCARDI BRINDISINA CLASSE ’82. CON IL CRAS, DI CUI È STATA ANCHE CAPITANA, HA VINTO TRE SCUDETTI, UNA COPPA ITALIA E DUE SUPERCOPPE TRA IL 2008 E IL 2013.


storie

LA GRANDE TARANTO ALL’INIZIO DEGLI ANNI DUEMILA EMERGE PREPOTENTEMENTE IL CRAS TARANTO, CHE PER OLTRE UN DECENNIO CORRE PER VINCERE TUTTE LE COMPETIZIONI.

UNA STORIA DI SUCCESSO, INTERROTTA NEL 2013 CON LA DECISIONE DI NON ISCRIVERSI AL CAMPIONATO. IL NOSTRO VIAGGIO ALL’INTERNO DI QUEL DECENNIO MAGICO

DI MASSIMO MATTACHEO

C

’era una volta... Taranto. Il Cras, storia di vittorie

e di emozioni. Di grandi giocatrici, allenatori e passione. Di tifosi e di una piazza che ha sognato in grande per oltre un decennio, prima di terminare una storia gloriosa. Come tante altre piazze che hanno scritto pagine indelebili di storia della pallacanestro femminile, anche la formazione pugliese verrà ricordata per sempre per la capacità di emergere e di rappresentare una alternativa ai grandi monopoli che hanno contraddistinto la Serie A1 Femminile.

L’ascesa di Taranto è repentina, all’inizio del Duemila:

sono gli ultimi anni della grande dinastia della Comense, il campionato è in cerca di una valida alternativa alla squadra che ha dominato il decennio precedente e la trova nel Cras. Il 2003 è un anno indimenticabile e forse irripetibile per le pugliesi, che con la sapiente guida di Nino Molino in panchina realizzano il ‘Triplete’ (Supercoppa, Coppa Italia e Scu-

detto) su suolo italico, mai riuscito a nessuna squadra fino a quel momento nello stesso anno solare. Vicky Bullett, Nieves Anula e Tari Phillips sono le tre stelle straniere di una formazione ambiziosa, che ha un nucleo di italiane di alto livello (Maria Cristina Correnti, Teresa Palmisano, Simona Tassara tra le altre) e la voglia di rompere l’egemonia di Como. E così accade: il primo atto di questa nuova rivalità sportiva, in quella stagione, si consuma nella Final Eight di Coppa Italia disputata dal 3 al 5 aprile 2003 al PalaTaliercio: lombarde e pugliesi – prime e terze al termine del girone di andata e, successivamente, della regular season – si trovano di fronte in finale al termine di due semifinali al cardiopalma rispettivamente contro Rovereto e Spezia.

La finale non tradisce le attese: il pathos e le emozio-

ni non mancano, la gara è equilibrata e risolta solo nelle battute finali in favore di Taranto, che si impone per 58-54. Una città è in festa, è il primo trofeo di


storie SCUDETTO 2010 IL TERZO SCUDETTO, IL SECONDO CONSECUTIVO, ARRIVA DOPO AVER BATTUTO SCHIO IN GARA 5 AL PALAMAZZOLA. IN FOTO L’MVP DELLE FINALS MEGAN MAHONEY CON IL TROFEO IN MANO.

questa importanza nella bacheca del Club. Il duello tra le due squadre prosegue anche nei playoff Scudetto, che scattano venti giorni dopo: il desiderio di rivalsa di Como contro la voglia di continuare a vincere della formazione allenata da Molino è il leitmotiv con cui si disputa la serie finale.

Gara 1 è un monologo delle nerostellate, guidate dalla

classe e dalla leadership di Francesca Zara che ammutoliscono un TurSport ribollente di passione. Tre giorni dopo, il 27 aprile, il Cras si impone con un nettissimo 91-63 che non ammette repliche: la serie è in parità. La Comense sfrutta il fattore campo per riportarsi in vantaggio nel terzo atto, ma in Gara 4 il Cras dà fondo a tutte le energie residue e forza la bella. La

serie è epica, leggendaria, tutto è apparecchiato per la sorpresa che infatti si manifesta nella quinta gara, a punteggio bassissimo. La tensione regna sovrana, Taranto spezza l’equilibrio, si impone 53-44 e festeggia il primo tricolore della propria storia. È l’apoteosi di un successo nato, sognato e inseguito per tutto l’anno e centrato nella casa della squadra più titolata della storia della pallacanestro italiana.

A completare l’anno magico della squadra, arriva poi il

successo in Supercoppa, al termine di una finale – l’ennesima – contro la Comense, tirata e bellissima, risolta solo negli istanti finali. Il 69-68 della sirena chiude un cerchio vincente, cui la squadra non riuscirà a dare immediata continuità negli anni seguenti.


Nel 2003/04, infatti, la formula a gironi del campionato – diversa rispetto al passato – vede il Cras concludere al quinto posto il Girone B, senza così avere la possibilità di difendere lo Scudetto conquistato l’anno precedente. Dopo una ulteriore annata di transizione, nel 2005/06 viene scelto Aldo Corno – uno degli allenatori più vincenti della storia della pallacanestro femminile italiana – a guidare la squadra. In un torneo di livello molto alto, i 38 punti conquistati al termine della stagione regolare collocano il Cras al quinto posto in classifica. Dopo avere superato il primo turno playoff, la squadra si arrende per 2-0 in semifinale a Schio – che sta aprendo in quegli anni un grande ciclo vincente – ponendo termine alla propria stagione.

Al termine di quell’annata l’appassionato Presidente Cosimo D’Antona, autentico deus ex machina del sogno tarantino, lascia il proprio ruolo ad Angelo Basile, rimanendo in società con il ruolo di Vice Presidente.

La squadra è protagonista di una buona stagione, raggiun-

gendo la Final Four di Coppa Italia, i quarti di finale di EuroCup Women e i playoff Scudetto, da cui viene eliminata ai quarti di finale dall’Acer Priolo dopo avere concluso la regular season al quinto posto. Dopo alcuni anni più complessi, Taranto nel 2007/08 decide di rinforzare notevolmente il proprio roster ingaggiando tre nuove straniere: Audrey Sauret, Linda Frohlich e Rebekkah Brunson, che si

43


STORIE impone come migliore giocatrice del campionato con un rendimento stellare per punti e rimbalzi. Guidata da Aldo Corno, la formazione pugliese è un rullo compressore che patisce tre sole sconfitte in tutta la stagione regolare e si candida, conseguentemente, a un ruolo di primo piano nei playoff Scudetto. I sogni di tornare nuovamente a cucirsi il tricolore sulle maglie svanisce però in Gara 3 di semifinale contro la Phard Napoli, al termine di una gara largamente condotta in doppia cifra e persa solo nelle battute conclusive. Il Cras però è pronto e deciso a tornare a vincere, saluta Corno dopo tre stagioni e decide di puntare su Roberto Ricchini per aprire un ciclo di successi. La conferma di Brunson e di un nucleo di giocatrici importanti è una delle chiavi di quell’annata, che vede Taranto nuovamente chiudere la regular season al primo posto, davanti a una Schio che si con-

riorità rispetto a tutte le avversarie. Solo il Famila sembra essere in grado di scalfire questo dominio assoluto, e così accade in parte, tanto che il Cras ha bisogno di Gara 5 per conquistare uno Scudetto meritato, il primo vinto davanti al proprio pubblico. Nel 2009/10 Taranto fa anche il proprio debutto in EuroLeague Women, superando il girone di qualificazione e venendo estromessa dalla competizione per mano del Fenerbahce agli ottavi di finale.

Il 2010/11 vede nuovamente il Cras presentarsi ai na-

stri di partenza come una delle squadre da battere, nonostante l’addio di Brunson dopo anni sfavillanti per rendimento. Le tarantine, però, si trovano fin da subito a dovere inseguire il Famila Schio, autentico rullo compressore di quella annata. In Serie A1, in quegli anni, è questo il duello da vivere e da seguire, a colpi di grandi acquisti e di giocatrici di talento.

Una storia di vittorie e di emozioni. Di grandi giocatrici, allenatori e passione. Di tifosi e di una piazza che ha sognato in grande per oltre un decennio, prima di terminare una storia gloriosa. ferma come la vera e propria squadra da battere per la continuità di rendimento ad alti livelli. A fermare la corsa del Famila è però la Reyer Venezia, che da terza in classifica sorprende i pronostici e centra la prima finale della propria storia in epoca moderna. Le lagunari fanno valere il fattore campo nel primo atto della finale, ma la forza e la determinazione di Taranto sono così elevate che il Cras chiude la serie in quattro gare, tornando a vincere lo Scudetto a sei anni di distanza dalla prima volta. Questo successo corona un quadriennio di ascesa e di crescita, di grandi investimenti economici e di passione di una società che si conferma ambiziosa. Nel 2008/09 la squadra arriva anche in finale di EuroCup, perdendola contro il Galatasaray. Questi risultati, però, sono solo il preludio all’apertura di un ciclo vincente che rende Taranto, insieme a Schio, il centro del mondo della pallacanestro femminile italiana negli anni seguenti. Il gruppo di straniere – Mahoney, Godin, Brunson – è confermato, la partenza è sprint con undici vittorie nel girone di andata e sedici consecutive (che eguagliano il record di Napoli del 2004/05) rendono l’idea della forza di un roster che in regular season si arrende solo al Famila Schio, chiude al primo posto con otto punti di vantaggio in classifica sulla seconda (Faenza, contro cui aveva conquistato la Supercoppa). Il cammino nei playoff è immacolato fino alla finale (2-0 su Umbertide ai quarti, 3-0 su Venezia in semifinale), grazie a dimostrazioni di grande supe-

Le venete chiudono la regular season in testa, la formazione allenata da Ricchini al secondo posto. I playoff confermano i rapporti di forza, si assiste così a un nuovo capitolo della saga: a vincere questa volta è Schio, al termine di cinque gare belle ed emozionanti.

Sono questi gli ultimi anni della grande Taranto, che nel

momento del massimo splendore sportivo, sarà costretta a fare progressivamente dei passi indietro fino alla scomparsa. Arrivano un altro Scudetto, il quarto della storia, e una Coppa Italia, la seconda, nel 2011/12 ma l’anno seguente il Presidente Basile annuncia la rinuncia a partecipare a EuroLeague Women per le difficoltà economiche che hanno colpito la società. Il 2012/13 è così l’ultimo anno del Cras, che chiude la regular season al quarto posto e viene eliminato da Umbertide ai quarti di finale playoff.

Si è chiusa così la storia di una delle società più vincen-

ti degli ultimi vent’anni, capace di portare in Puglia alcune delle migliori giocatrici che il nostro campionato abbia ammirato. Taranto ha ottenuto risultati eccellenti, figli di una programmazione oculata e attenta, di una proprietà e di una dirigenza appassionate e di un calore e di una passione uniche. Grandi allenatori hanno legato il proprio nome ai successi e a una storia che è stata bellissima, fino a quando è durata. Come quella di tante altre, troppe, piazze di prestigio della nostra pallacanestro.


ULTIMO BALLO NELLA STAGIONE 2011-12 IL CRAS VINCE LA COPPA ITALIA E IL SUO QUARTO ED ULTIMO SCUDETTO, BATTENDO FAMILA SCHIO PER 3-0 IN FINALE, SOTTANA MVP.

45



palla e psiche

SECONDA CHANCE DI ALICE BUFFONI - Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport Nello sport siamo destinati a ricominciare sempre. I record si battono, vincere lo scudetto non garantisce di potersi ripetere l’anno successivo, così come retrocedere non costituisce una condanna senza appello. Lo sport ci dà sempre una seconda possibilità: per riconfermare il nostro valore o per affermarlo nonostante le più recenti sconfitte, dimostrando quello che valiamo. Ma se ogni volta dobbiamo ripartire da zero, come possiamo migliorare? Se ci fermiamo a riflettere, ricominciare sempre è un vantaggio sia per chi è stato sconfitto che per chi ha vinto. Perché l’esperienza e le skills guadagnate non si perdono: si consolidano e formano il gradino per compiere il passo successivo, ed è questa la base per il miglioramento continuo della performance! Nella pratica, quale metodo dobbiamo applicare per metterci sulla strada del miglioramento continuo? Possiamo prendere in prestito dal mondo aziendale il Ciclo di Deming o PDCA, una metodologia in 4 fasi utilizzata per la prima volta in Giappone per il controllo e il miglioramento continuo dei prodotti e dei processi. Vediamolo nel dettaglio.

PLAN - Fase 1: è il momento dell’analisi, in cui si fotografa la situazione attuale. Si stabiliscono gli obiettivi da raggiungere e la strategia per farlo.

DO - Fase 2: è il momento dell’azione, in cui si ottimizza e mette in atto ciò che abbiamo pianificato. Costituisce il nucleo del lavoro ed è utile anche per raccogliere dati per il passo successivo.

check - Fase 3: qui verifichiamo il percorso e valutiamo i progressi in base ai risultati attesi nella fase di Plan, per capire se siamo sulla strada giusta per raggiungere l’obiettivo.

ACT - Fase 4: il passaggio finale, in cui si aggiornano, correggono, e migliorano i processi. Se il miglioramento atteso si è verificato, è questa la fase in cui lo si riconosce e lo si rende uno standard... il famoso gradino da cui muove il prossimo passo. Questo ciclo si ripete all’infinito e permette di mettere in atto tutte le azioni correttive che garantiscono il miglioramento continuo della performance. Possiamo applicarlo a tutte le componenti del gioco, dal miglioramento individuale di un gesto tecnico, all’esecuzione collettiva del sistema di gioco, ma anche a livello di staff, per esempio per migliorare e consolidare la catena di comunicazione tra i membri del team o, a lungo termine, per costruire una squadra migliore nel corso di più stagioni. Questa rubrica è tenuta da Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport.

47


http://www.pinkbasket.it


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.