PINK BASKET N.33

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MARIELLA SANTUCCI UN SECOLO DI SUPERDONNE DUBRAVKA DACIC ARBITRE FOCUS TIRO 3PT BILANCIO CAMPIONATI SPECIALE COPPE

DIC 2021

33


DICEMBRE 2021

N.33

in questo numero 1 EDITORIALE

Caro Babbo Natale

3 inside A1

Ci stiamo divertendo

8 speciale coppe

Schio in piena corsa Venezia di rincorsa

11 best ita 13 Focus

L’evoluzione delle triple

19 cover story

Santucci on fire

25 inside A2

L’autunno di Crema

31 Primo piano

Il mondo di Dubi

37 ORIZZONTI

Brave e basta

41 storie

Un secolo di superdonne

46 Infografica 49 PALLA E PSICHE

How to survive Christmas

REDAZIONE Silvia Gottardi, Franco Arturi, Francesco Velluzzi, Simone Fulciniti, Massimo Mattacheo, Laura Fois, Manuel Beck, Eduardo Lubrano, Alice Buffoni

INFOGRAFICA Federica Pozzecco PROGETTO GRAFICO Linda Ronzoni/ Meccano Floreal

IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/ Meccano Floreal

FOTO DI Marco Brioschi, Roberto Liberi, Maurizio Silla, Reyer Venezia, Luigi Canu, Federica Senes/Dinamo Basket, Archivio FIP, Carlo Silvestri PINK BASKET è un periodico di proprietà di Silvia Gottardi


editoriale

CARO BABBO NATALE DI silvia gottardi Nel mio editoriale per Pink Basket N.4, ormai 3 anni fa, avevo scritto una letterina di Natale a Gesù Bambino, perché sono di origini austriache e da noi funziona così. Da noi si scrive al Liebes Christkind, non a Babbo Natale, e si festeggia il 24 sera non il 25 a pranzo. Ma insomma, tradizioni a parte, non è andata benissimo per quanto riguarda i desideri che avevo espresso allora: la mia caviglia continua a peggiorare, non mi è tornato il primo passo dei 25 anni, ma soprattutto non abbiamo vinto gli Europei (né 2019, né 2021) nè ci siamo qualificate per il pre-olimpico e le seguenti Olimpiadi. Anche se poi, in effetti, hanno introdotto il 3x3 come nuova disciplina olimpica e noi a Tokyo ci siamo andate. Vale come desiderio avverato? Quest’anno provo quindi a scrivere a Babbo Natale, che forse l’italiano lo capisce di più del Christkind, nella speranza che vada un po’ meglio con le mie richieste. Caro Babbo Natale, visto che da sempre sogno un mondo più giusto e meritocratico, in cui le pari opportunità siano un dato di fatto e non un miraggio sfuocato, quest’anno vorrei chiederti più opportunità per noi donne. Non voglio esagerare, le vorrei solo per quanto riguarda il mondo sportivo. No, no, non in generale, sei matto? Mi riferisco solo al piccolo mondo dello sport femminile. Come? Ti sembra assurdo ci siano poche opportunità per le ex atlete nel loro mondo? Anche a me, ma le cose nel 2021 stanno ahimè ancora così. Per quanto riguarda il basket femminile, ad esempio, nelle massime serie si contano sulle dita delle mani le allenatrici, le team manager, le addette stampa, le commentatrici TV, figuriamoci poi le general manager e le presidentesse. E nelle istituzioni le cose non vanno meglio, anzi. Insomma: lo sport femminile è una cosa da uomini! Ma no, no, non voglio tutto e subito, non voglio ci sia regalato niente. Vorrei solo che le donne con competenze e voglia di fare avessero un’opportunità, anche piccola. Per questo, anche se non mi piacciono, sono a favore delle quote rosa, perché so che è difficile togliere dei privilegi a chi li ha sempre avuti. Perciò eccoti le mie richieste nello specifico: - L’obbligo per le Società di avere una donna nel Consiglio d’amministrazione. - L’obbligo di avere il Dirigente Accompagnatore donna. - Maggiori quote rosa nel Consiglio Federale della FIP, con maggioranza femminile nelle decisioni che riguardano esclusivamente lo specifico comparto femminile. - Il direttivo di Lega basket formato almeno per il 50% da componenti femminili. Babbo, io ci conto, perché è arrivato il momento di cambiare davvero le cose. Buon Natale.


JESSICA SHEPARD NUMERI DA FAVOLA PER LA LUNGA USA: È LA TOP SCORER DEL CAMPIONATO CON 28,2 PT A PARTITA, E LA MIGLIOR RIMBALZISTA CON BEN 18. SASSARI VEDE LA ZONA PLAYOFF.


inside A1

Ci stiamo divertendo IL CAMPIONATO NON SI FERMA DURANTE LE VACANZE DI NATALE, MA INTANTO NOI FACCIAMO UN BILANCIO DI QUANTO È SUCCESSO FINO AD ORA.

LA SQUADRA DA BATTERE È SICURAMENTE SCHIO, MENTRE VENEZIA ASPETTA IL RIENTRO DI PAN E BOLOGNA CHE BRILLI ZANDALASINI. LA SORPRESA È LUCCA

Di Francesco Velluzzi

I

n vacanza non si va. Si sta a casa, tra amiche, qualche

cena intima, ma soprattutto partite perché il campionato di basket femminile quest’anno non ha pause. Se la Lega era stata tra le prime componenti a fermare il torneo e non assegnare il titolo nel 2020 quando la pandemia imperversò e paralizzò il mondo, ora avviene il contrario. Si gioca (Covid permettendo) alla vigilia di Natale, a Santo Stefano, alla vigilia di Capodanno, il primo dell’anno e il 2. Ogni squadra ha dei giorni fissati.

C’è da chiudere il girone d’andata che una indicazione preci-

sa l’ha già data. La squadra da battere è il Famila Schio che viaggia col vento in poppa pure in Eurolega dove in questa stagione punta ad arrivare in fondo. La nuova impronta data dal club veneto che per anni ha dominato la scena, conquistando la stella dei dieci scudetti e solo nella passata stagione ha ceduto lo scettro alla Reyer Umana Venezia, dice che Schio ha decisamente una marcia in più. In Europa gioca alla pari

con le super big perché ha cinque straniere di qualità, capeggiate da quella Sandrine Gruda, la francese che ancora fa la differenza. Le italiane, da Dotto a Keys, da Crippa a Verona, continuando con l’eterna Giorgia Sottana danno un ulteriore contributo di qualità, soprattutto in campionato dove il Famila non ha mai perso. Sarebbe stato bello assistere al derby veneto, che in realtà sarebbe la finale tricolore, tra Schio e Venezia che ha lo scudetto cucito sulla maglia, ma ha perso qualche colpo rispetto alle orange rivali. Il Covid ha frenato tutto e stoppato la disputa di una sfida che probabilmente rivedremo al meglio delle cinque partite anche a maggio. Oggi la squadra affidata alle cure del tecnico greco Georgios Dikaioulakos, dopo la lunga gestione di Pierre Vincent, va come un treno, rulla le avversarie senza alcuna pietà.

Sarà ancora Venezia a rivaleggiare con Schio? Tutto fa pensare che sarà così. Ma le orogranata hanno, fin qui, patito diversi guai. Non solo legati al Covid. La stagione


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finita in gloria è ricominciata male perché il tecnico dello scudetto Giampiero Ticchi non è stato confermato. Divergenze con la squadra? Forse. Ma il suo assistente Massimo Romano, che conosceva la macchina alla perfezione, non è partito col piede giusto e dopo qualche mese ha dovuto abbandonare la panchina che fino alla scorsa stagione aveva occupato da assistente. Al suo posto è arrivato Andrea Mazzon, che il sindaco-presidente Luigi Brugnaro ha già avuto a lungo alle sue dipendenze con la maschile. Mazzon non ha esperienza nel campionato femminile, sta cer-

cando di sfruttare tutto il suo bagaglio per trasferirlo alla squadra che ha dovuto fare a meno a lungo della migliore italiana dello scorso campionato: Francesca Pan. La tiratrice di scuola americana si è infortunata male, ma ci sarà, e si sentirà, per il rush finale. Nel frattempo è arrivata anche Astou Ndour che il suo peso lo ha in tutti i sensi. Perché è giocatrice di grande esperienza internazionale e quindi utilissima anche nella tonnara dell’Eurolega.

OUTSIDERS Chi doveva inserirsi nel duopolio Vene-


BLANCA QUINONEZ CLASSE 2006, ORIGINARIA DELL’ECUADOR, 16 PT IN 23 MINUTI NELLA GARA CONTRO FAENZA. È CONSIDERATA UNO DEI PROSPETTI PIÙ FUTURIBILI A LIVELLO MONDIALE.

zia-Schio era la Virtus Segafredo Bologna, forte degli investimenti di patron Zanetti, che ha voluto rafforzare anche la squadra femminile affidata alla guida del commissario tecnico della Nazionale Lino Lardo che, fino alla chiamata di Gianni Petrucci, aveva allenato soltanto i maschi. L’impatto azzurro non è stato dei migliori e neppure quello con le V nere. A dar prestigio all’importante progetto bolognese è arrivata, anzi è tornata da Istanbul, la stella del movimento: Cecilia Zandalasini. Un contratto importante, a cifre che le altre giocatrici si sognano, ma finora Zanda

non è stata devastante come ci si aspettava. Viaggia a 13 punti di media a partita. Ma raramente ha fatto la differenza. Accanto a lei c’è anche una giocatrice esperta come Sabrina Cinili, che prima ha combattuto contro qualche acciacco, poi non ha brillato come avrebbe dovuto. Così la miglior Virtussina è spesso Dojkic, soprattutto in fase offensiva. Mentre Bibi Barberis, che si è guadagnata la chiamata in l’azzurro, fa sempre la sua parte con orgoglio e dignità. Bologna è lì a inseguire con Venezia; probabilmente saranno loro ad andare allo scontro finale col Famila. Perché è

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inside A1 impensabile che una squadra del genere non carburi e abbia delle pause con squadre che dovrebbe asfaltare. Il pacchetto italiano, dove spiccano anche Battisodo e Ciavarella, è di primo livello. Da gennaio vedremo se Bologna metterà il turbo e farà davvero paura a tutti. Poi ai playoff potrebbe emergere tutto il potenziale e soprattutto la classe di Zandalasini e Cinili, entrambe abituate a vincere con Schio. Ai piani alti abita da sempre la Passalacqua Ragusa che vive innanzitutto sulla passione e l’impegno del proprietario Stefano Passalacqua. Uno di quelli che il movimento lo tengono in piedi. Ma a Ragusa va pure l’oscar della sfortuna. Che nella passata stagione si era accanita su Marzia Tagliamento, ancora infortunata al crociato. Ora che Marzia è tornata e ha ripreso a scaldare la sua splendida mano, ecco che il crociato se lo rompe la leader del gruppo, Chiara Consolini. Insomma, Ragusa non può certo sorridere. E, peraltro, deve pure inserire Williams che ha preso, per ora temporaneamente, il posto di He-

a 15 anni gioca con disinvoltura e come una veterana. Peccato che la Nazionale italiana non ne possa usufruire. Ma Campobasso dovrà resistere all’assalto dei grandi club che già le hanno messo gli occhi addosso. Mentre Sabatelli fa proseguire anche il processo di maturazione della giovane argentina Chagas che Schio valuta, segue, osserva per capire se sarà da Eurolega.

LE ALTRE La prima parte di campionato dice che le big

sono queste. Ma chi c’è dietro? Chi ha la certezza di finire tra le prime otto? L’Allianz Geas Sesto San Giovanni che ha perso per il crociato la storica capitana Giulia Arturi, sicuramente ce la farà. Zanotti è brava a plasmare il gruppo in cui Sara Crudo è l’italiana di qualità, le straniere sono fidelizzate, e Fietta è stata chiamata in tutta fretta per dare una mano a Caterina Dotto in regia. Il colpo di Bologna ha restituito autostima al Geas. Che se la gioca con un’altra storica realtà che non tradisce mai: San Martino di Lupari. Passata

Stanno facendo bene Ragusa (che perde però Consolini), Campobasso e Lucca. Da playoff Geas e S. Martino, alternativa Sassari e le sue straniere da urlo. Per ora sono cinque in lotta-salvezza. bard il cui rientro però sembra certo. È vero che passare sul campo della Passalacqua non è semplice per nessuno, ma quest’anno le biancoverdi siciliane sembrano comunque un gradino sotto le tre squadre citate. Anche se si sta rivedendo la miglior Tagliamento, tornata con pieno merito nel giro della Nazionale.

SORPRESE Ma i complimenti veri li merita la Gesam Gas

e Luce Le Mura Lucca. Questo club non finisce mai di stupire. Non ha budget da primato, ma fa quel che può. Ha pure intrapreso una strada nuova dopo la separazione dal monumento Lidia Gorlin, ma la banda di Andreoli fin qui le ha suonate a tante. Straniere azzeccate, in particolare Dietrick che segna tanto (oltre 17 di media), un gruppo italiano coeso, la riscoperta di Gilli e Natali che si erano un po’ smarrite dopo essere uscite dal guscio di Vigarano e una società che è sempre vicina alle sue ragazze. Lucca non sarà da scudetto, ma chiunque ci deve fare i conti. Come con la Molisana Campobasso di Mimmo Sabatelli e la preziosa regia di Rossella Ferro. Campobasso è il futuro. Siamo certi che forse già dal prossimo torneo i “Fioridacciaio” andranno a lottare per il titolo. Il colpo iniziale con la Virtus Bologna ha certificato il valore della banda di Sabatelli che ha anche un impianto proprio e una passione in città che un nucleo dirigenziale tutto al femminile ha saputo trasmettere con iniziative azzeccate e il gran lavoro sul settore giovanile. Proprio la base ha prodotto la vera rivelazione del campionato, l’ecuadoregna Quinonez che

dalla lunga guida di Larry Abignente a quella di Lollo Serventi. L’esperienza la garantisce l’eterna Marcella Filippi. San Martino e il presidente Giuriati sarebbero ben felici di centrare il traguardo playoff. Possono farcela. Ma dietro di loro preme il Banco di Sardegna Sassari di Antonello Restivo che le straniere difficilmente le sbaglia. E le sue due stelle Shepard e Lucas sono sempre ai vertici della classifica delle realizzatrici, imprendibili per chiunque. Shepard segna più di 28 punti a partita, Lucas 25, Sassari è nelle loro mani. Ma il gruppo italiano è migliorato perché a Pertile e Arioli si sono aggiunte Orazzo e Moroni. La salvezza dovrebbe essere più semplice della passata stagione e un plauso al club di Sardara va fatto anche per la partecipazione europea. La lotta salvezza per ora vede impegnate cinque squadre: Moncalieri, Costa Masnaga, Broni, Faenza ed Empoli, drammaticamente ultima. Che Empoli si fosse indebolita si era capito, Bocchetti segna ma non fa vincere. Mentre Matilde Villa è travolgente per la sua Costa. Moncalieri è corsa ai ripari ingaggiando per prima Ruzickova, importante per l’esperienza che può garantire. A Broni è rimasto il calore del pubblico, ma occorrerebbe un po’ di qualità in più, perché così diventa dura. Faenza da qualche settimana ha esonerato coach Sguaizer affidando la panchina alla grande Simona Ballardini. La sensazione è che chi in questi prossimi mesi opererà sul mercato spendendo qualcosina (vedi Moncalieri) avrà più possibilità di restare in paradiso.


YVONNE ANDERSON HA LA MANO CALDA SIA IN EUROLEGA CHE IN CAMPIONATO. VENEZIA INSEGUE SCHIO, IN ATTESA DEL BIG MATCH RIMANDATO.

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speciale coppe

Schio in piena corsa Venezia di rincorsa DI manuel beck Dall’incubo di collezionare solo eliminazioni nella prima fase delle coppe (quando a inizio autunno il bollettino settimanale recitava una sconfitta dopo l’altra) al sogno di passare il turno in Eurolega con entrambe le nostre portacolori, che si sono rimesse in carreggiata dopo una partenza sofferta. Realisticamente, per Venezia la qualificazione è difficile e Schio dovrà sudarsela fino all’ultimo, mentre in Eurocup sono uscite al primo turno Sassari e Virtus Bologna, riuscendo almeno a non lasciare in bianco la casella dei successi. Alla sosta di fine dicembre possiamo tracciare un bilancio della stagione di coppe per le italiane, ovviamente provvisorio per l’Eurolega.

Eurolega Lo scorso anno Schio mancò i playoff per un punto di differenza-canestri; stavolta per un punto potrebbe raggiungerli, anche se è presto per dirlo, a 4 giornate dalla fine della stagione regolare. Certo, però, la vittoria 71-70 sulla diretta avversaria Sopron (canestro di Gruda sul finire del supplementare dopo una rimonta da meno 12) nell’ultimo turno prima della sosta può fare la differenza. Il girone delle arancioni è una lotta senza quartiere e senza padroni: il Fenerbahce di Iagupova, Sabally, McBride (eccetera) è in testa con 7 vinte-3 perse ma è tallonato da un quartetto a 6-4, tra cui appunto le scledensi insieme alle ungheresi, a Kursk e alla “bestia nera” di Sottana e compagne, Girona. Ha perso terreno il Galatasaray (4-6) ma non è ancora fuori. Da queste sei usciranno le quattro per i playoff, senza dimenticare che la quinta e la sesta hanno il “paracadute” del ripescaggio nei playoff di Eurocup. Ci sarà insomma, con ogni probabilità, ancora Europa nella primavera di Schio: vedremo quale. Intanto, dopo gli arrivi di Collier e DeShields a stagione in corso, una volta smaltite le assenze dell’ultimo periodo la potenza dell’arsenale di coach Dikaioulakos, contando Gruda (quasi 15 punti e oltre 10 rimbalzi di media finora), Laksa, Mestdagh e le italiane, sarà tale da alimentare legittime speranze di fare strada. Fino a riportare l’Italia alle Final Four dopo 19 anni (Parma 2002 di Ticha Penicheiro)? Un passo per volta. Intanto Venezia, che ha dovuto rinviare per Covid l’ultima partita del 2021, è sesta con 3 vinte-6 perse, in ritardo ma non tagliata fuori dalla zona-playoff. La sconfitta che pesa è quella di un punto in casa con l’MBA Mosca, la vittoria di spessore quella su Lattes-Montpellier che è quarta. Anche i due k.o. onorevoli contro l’inarrivabile Ekaterinburg di Jonquel Jones, Meesseman, Vadeeva e stelle varie (imbattuta in 10 gare) danno dignità alla campagna europea delle ragazze di Mazzon. Che potrebbero poi ripartire dal “piano di sotto” inseguendo quel titolo di Eurocup svanito all’ultimo secondo nella primavera scorsa. Peccato aver avuto Ndour solo dalla quinta giornata (11,6 punti di media per lei), e finora mai Pan; in compenso caldissima Anderson con 16,3 di media e il 52% dal campo.

Eurocup Per la Virtus Segafredo il rimpianto sta nell’aver avuto Brianna Turner solo in 3 partite su 6 e Cinili in appena due. Dopo lo 0-3 nel girone d’andata serviva un mezzo miracolo per passare, eppure con due vittorie nel ritorno ha chiuso ad appena una gara di distanza dal secondo posto; il che aumenta forse il rammarico. Da ricordare i 34 punti con 16 rimbalzi per Hines-Allen nella vittoria sulle basche di Gernika. Tra le italiane, solo Zandalasini ha messo insieme numeri di rilievo, anche se non eclatanti (10,8 punti di media col 32% dal campo, condizionato dal 14% da 3).


SANDRINE GRUDA LA CLASSE 1987 DI CANNES STA GIOCANDO L’ENNESIMA EUROLEGA AD ALTISSIMI LIVELLI: 14,9PT E 10,1 RIMB A PARTITA. MATCH WINNER VS SOPRON.

Per Sassari, sarebbe stata una missione complicata anche al completo; è divenuta una parete del decimo grado dovendo fronteggiare la concorrenza europea con due sole straniere e un gruppo italiano tutto da sperimentare a quel livello. Ne sono scaturite 5 sconfitte in 6 gare, con due “scoppole” contro Bourges (-61 e -51), mentre la soddisfazione è arrivata battendo Friburgo con un irreale 52 di valutazione di Shepard (42 punti e 20 rimbalzi). Le due americane hanno chiuso con oltre 27 punti di media entrambe, prima e seconda assoluta in Eurocup; Shepard anche con più di 13 rimbalzi. Una partecipazione poco esaltante nell’immediato, per il Banco di Sardegna, ma di cui la squadra potrà raccogliere i frutti a medio-lungo termine in campionato. Per l’Italia è stato comunque importante raddoppiare il suo contingente nelle coppe (e ricordiamo che Campobasso si è cimentata nei preliminari di Eurocup); averlo fatto grazie a due società abituate a calcare le scene europee nel maschile lascia sperare che diventi un’abitudine nei prossimi anni, con crescente competitività.

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Ogni gesto di solidarietà è il frutto di un impegno quotidiano, che nasce nel carrello della spesa per trasformarsi in progetti a sostegno del nostro territorio e delle persone che lo vivono. AMBIENTE

Ad oggi abbiamo evitato l’emissione in atmosfera di circa 600 tonnellate di CO2 equivalente grazie all’utilizzo di impianti fotovoltaici e più di 500 tCO2eq dal rinnovamento di impianti frigoriferi e di climatizzazione. Altre 1.000 tonnellate di Co2 sono state risparmiate grazie all’utilizzo di imballaggi RPC consentendo una riduzione di oltre 523 tonnellate di rifiuti.

PREMIO CONAI PER IMBALLAGGI ECOLOGICI

Rientriamo tra le 92 imprese selezionate nell’ambito del “Bando CONAI per l’Ecodesign 2020 degli imballaggi nell’economia circolare”, che premia i packaging più innovativi ed ecosostenibili. Abbiamo partecipato con la confezione in carta riciclabile per i prodotti di pescheria.

RISPARMIO ENERGETICO

Favoriamo il risparmio energetico con accorgimenti e costante monitoraggio, ad esempio riducendo i consumi di oltre il 40% grazie all’installazione di porte sui banchi frigo, e del 50% attraverso l’utilizzo d’illuminazione a LED.

ECCEDENZE ALIMENTARI ALLE ONLUS

Alla storica raccolta delle eccedenze alimentari arrivata a 600.000 kg l’anno, abbiamo aggiunto “Eccedenze sotto zero”, primo progetto nella GDO italiana che recupera prodotti freschissimi come la carne ed il pesce in collaborazione con la Cooperativa Verlata e con il riconoscimento del MIPAAF. Iniziative che coinvolgono i punti vendita di Unicomm

CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE

Ci impegniamo a contrastare lo spreco alimentare grazie alla vendita a fine giornata di prodotti prossimi alla scadenza a prezzi scontati del 50%.

AUTISMO

Aderiamo all’Ora Blu: con Famila e Emisfero ogni ultimo martedì del mese accogliamo le persone autistiche in un ambiente adatto alle loro esigenze.

A FIANCO DELLE DONNE

Avvalendoci di Fondazione U. Veronesi, ad ottobre abbiamo promosso l’informazione per la prevenzione del tumore al seno contribuendo anche con una donazione di 65.000€ a sostegno della ricerca medica. A tutela delle donne abbiamo ripetuto il regalo solidale con una donazione a Telefono Rosa in occasione dell’8 marzo e in collaborazione con Selex stiamo sostenendo Doppia Difesa.

OCCUPAZIONE

Sosteniamo l’occupazione femminile e giovanile: degli oltre 7.000 dipendenti del Gruppo il 65% sono donne e il 26% sono giovani con meno di 35 anni.

SPORT GIOVANILE

Con donazioni e sponsorizzazioni incentiviamo la pratica dello sport tra i giovani, per promuovere uno stile di vita sano in un contesto positivo.

Scopri tutte le iniziative su unicomm.it



ANTICIPATRICE CHICCA MACCHI È STATA UNA DELLE MIGLIORI GIOCATRICI DELLA STORIA DELLA PALLACANESTRO ITALIANA E UNA DELLE PRIME ‘LUNGHE’ CON UNA SPICCATA ABILITÀ NEL TIRO DA FUORI.


focus

L’EVOLUZIONE delle triple LA PALLACANESTRO FEMMINILE E MASCHILE SI STA TRASFORMANDO NEL CORSO DEGLI ULTIMI ANNI, GRAZIE ALLA PRESENZA DI GIOCATRICI E GIOCATORI

SEMPRE PIÙ CAPACI DI TIRARE DA TRE PUNTI. IL NOSTRO VIAGGIO NEL CAMBIAMENTO DELLO STILE DI GIOCO DEL NOSTRO SPORT

DI MASSIMO MATTACHEO

I

l tiro da tre punti, una soluzione sempre più uti-

lizzata nella pallacanestro moderna. Imprescindibile e indispensabile per provare a vincere, o quantomeno a competere ai massimi livelli. Dalla NBA ai campionati minors maschili, e altrettanto nel mondo femminile, lo stile di gioco delle squadre si è evoluto rapidamente nel corso degli ultimi anni, con una sempre maggiore propensione a ricorrere al tiro da fuori come soluzione preferita a giochi rotti o a conclusione di uno schema. Ma come si è arrivati a questo? Sicuramente per l’evoluzione dei giocatori e delle giocatrici. Oltre alle specialiste o specialisti, che da sempre rappresentano elementi importanti all’interno del roster di una squadra, indubbiamente un dato da tenere in considerazione è la capacità delle ‘lunghe’ e dei ‘lunghi’ moderni di avere una doppia dimensione perimetrale e interna che ne aumenta il valore anche a livello di mercato. Il tiro da tre punti nel campionato di pallacanestro

maschile è stato introdotto a partire dalla stagione 1984/85: negli anni successivi sono cambiate la distanza della linea, ma soprattutto il numero di conclusioni tentate di media. Analizzando le statistiche presenti sul sito di Legabasket a partire dalla stagione 1987/88, con il supporto dello studio realizzato da www.hackastat.eu, si può notare in maniera immediata come il gioco si sia evoluto.

Se nei primi anni dall’introduzione del tiro da tre punti, le

squadre ne facevano un uso limitato preferendo appoggiarsi sotto canestro per conclusioni a più alta percentuale, all’inizio degli anni Duemila si è avuta una prima grande e significativa crescita delle conclusioni da oltre l’arco, che sono passate da 15 (nel 1987/88) a 25 (2003/04) ogni 100 possessi. Un dato sicuramente interessante, cui fa da contraltare – inevitabilmente – la diminuzione dei tiri da due punti tentati. La crescita graduale e rapida si è avuta, nella Serie


focus

A maschile, grazie all’aumento in percentuale di conclusioni tentate dai centri: l’arrivo, negli anni Duemila, di specialisti come Garbajosa, Tusek e Smodis tra gli altri ha sicuramente influenzato la curva di crescita, salita inesorabilmente fino a oggi in cui sono oltre 35 i tiri da tre punti tentati su 100 possessi dalle squadre del massimo campionato maschile. Analizzando rapidamente anche l’evoluzione del tiro da tre punti in NBA, il livello più alto di pallacanestro al mondo, si nota come dalla sua introduzione (avvenuta nel 1979/80, anno dell’ingresso nella Lega di Magic Johnson e Larry Bird) la crescita del numero di conclusioni da oltre l’arco sia stata

costante, soprattutto a partire dalla fine degli anni Novanta. Dopo anni in cui il tiro da tre punti non aveva avuto un impatto significativo sul gioco, la progressiva scomparsa di uomini esclusivamente d’area ha portato all’aumento di cui parliamo qui sopra.

La NBA ha prestato molta attenzione a questa evoluzione del

gioco, avvicinando addirittura la linea del tiro da tre punti (a 6,71 metri) tra il 1994 e il 1997, per contrastare il calo dei punteggi medi delle partite che preoccupava in particolare modo per una questione televisiva più che prettamente tecnica. Dopo il ripristino


PROPENSIONE RAGUSA, NEGLI ULTIMI ANNI, È STATA UNA DELLE SQUADRE CHE MAGGIORMENTE HA FATTO RICORSO AL TIRO DA TRE PUNTI: IN FOTO, MARZIA TAGLIAMENTO, GRANDE INTERPRETE DI QUESTA SPECALITÀ.

della naturale distanza di 7,25 metri, l’aumento degli specialisti delle conclusioni da oltre l’arco in tutti i ruoli (basti pensare a tiratori di 2.10 metri come per esempio Dirk Nowitzki o Andrea Bargnani) ha portato a una significativa crescita delle conclusioni da tre punti.

Dallo studio condotto da Il Sole 24 Ore si evidenzia come,

a partire dal 2015/16, il numero di tiri a partita da tre punti abbia superato quello di tiri liberi, e che la forbice tra i due dati sia progressivamente aumentata nelle stagioni successive. Oggi, i canestri da tre punti incidono per oltre il 30% del fatturato medio,

in termini di punti, di ogni squadra NBA. Un dato inimmaginabile, trent’anni fa.

E NEL FEMMINILE? Il processo è avvenuto più lentamente,

ma ormai l’utilizzo sistematico delle triple è una realtà anche qui. Facciamo parlare i dati. Nell’ultimo turno di A1 disputato al completo (11-12 dicembre), la media di tentativi da 3 per squadra è stata di 21,7, con un massimo di 31 (Schio e S. Martino) e un minimo di 14 (Campobasso). Andiamo indietro di 10 anni esatti, per scoprire che nel turno di campionato dell’11/12/2011 le triple tentate furono appena 14,7 per squadra. Addirittura, 3 su 12 ne effettuarono meno di 10: Priolo,

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focus Comense e Taranto che poi vinse lo scudetto. Pozzuoli e Umbertide le uniche sopra i 20 siluri scoccati. Torniamo al 2021/22. Le medie stagionali (al 23 dicembre) parlano di 21,6 triple a partita per le 14 squadre di A1, dato in linea con la “giornata campione” che abbiamo scelto. Curiosamente, nelle tre che tirano di più da dietro l’arco troviamo sia la prima in classifica (Schio: 24,9) sia l’ultima (Empoli: 27) insieme a una di fascia medio-alta (Lucca: 25,3). Morale: non conta quante triple tiri, ma come. E infatti Lucca ha un ottimo 36%, Schio il 33%, Empoli solo il 25%, con un disastroso 4/33 nel recente scontro diretto perso con Costa.

volte da tre che da due punti di media. Quasi sempre oltre il 30% di realizzazioni, in alcune stagioni vicina al 40%, la fuoriclasse varesina ha inciso – con la sua doppia dimensione e la sua classe – sui successi delle squadre di cui ha fatto parte. Correndo rapidamente come la crescita del tiro da tre punti, nel nostro viaggio arriviamo all’analisi degli ultimi anni del massimo campionato femminile, contraddistinti da una sempre maggiore ricerca del tiro da tre punti. Scelta messa in atto soprattutto da squadre che, non avendo la profondità di roster e il talento di corazzate come Schio e Venezia, punta-

Dai primi fenomeni capaci di colpire da 3, come Pollard, a chi ha esteso l’utilizzo delle triple alle giocatrici di alta statura, come Macchi, l’evoluzione è giunta oggi ad oltre 20 tentativi a partita per squadra. MA ANDIAMO alle radici dell’evoluzione che ci ha por-

tati fino a oggi. Con l’introduzione delle conclusioni del tiro da tre punti, negli anni Ottanta iniziano a sbarcare nel massimo campionato alcune grandi specialiste di questo fondamentale. Impossibile non citare LaTaunya Pollard, una extraterrestre per il nostro campionato. Arrivata a Trieste all’inizio degli anni Ottanta, grazie al lavoro del suo agente di allora (Federico Buffa, diventato poi una delle voci e degli storyteller sportivi più famosi), la giocatrice americana è semplicemente immarcabile e viaggia anche oltre i 40 punti di media in stagione. Numeri impressionanti e irripetibili. Suo il record impareggiabile di punti in una singola gara del campionato italiano (99, mandati a referto in una gara tra il suo Lanerossi Schio e Gragnano, entrambe retrocesse a fine stagione). A Schio segna 48 punti di media, è una autentica iradiddio nella metà campo offensiva come in tutte le stagioni in cui calca il suolo italico. Chiuderà la sua avventura nel nostro paese con 7092 punti segnati, vincendo per tre volte il titolo di capocannoniera del campionato. Se Pollard è stata sicuramente un’aliena per il nostro campionato, tra le prime specialiste nel tiro da tre punti nella pallacanestro femminile moderna, impossibile non citare Laura Macchi. Giocatrice tra le più vincenti di sempre, con un palmarès infinito e una leadership non comune, ha rivoluzionato il modo di giocare delle ali grazie a una spiccata propensione al tiro da tre punti. Chicca, nel corso della sua carriera e dall’alto dei suoi 188 cm che la hanno resa una giocatrice difficile da stoppare o contrastare al momento del tiro, ha sempre bilanciato le conclusioni tentate da due e tre punti. In alcune competizioni, come la Coppa Italia, ha tirato più

no su specialiste del tiro da fuori per proporre uno stile di pallacanestro diverso rispetto alla ricerca continua del pitturato. È il caso, tra le altre, della Passalacqua Ragusa, straordinaria protagonista dell’ultimo decennio di Serie A1 femminile in cui ha raggiunto per quattro volte la finale Scudetto e per due volte si è imposta in Coppa Italia. Nelle ultime stagioni, sotto la gestione di coach Gianni Recupido, la formazione siciliana ha spesso e volentieri primeggiato per numero di conclusioni da oltre l’arco tentate a gara. Una scelta dettata per provare a competere con i mostri sacri della A1 femminile che ha pagato i dividendi sperati nel corso delle ultime stagioni. L’arrivo di specialiste del calibro di Marzia Tagliamento ha ulteriormente accentuato questa spiccata propensione di Ragusa alle conclusioni da oltre l’arco. Negli ultimi anni, nel nostro campionato, si è anche assistito a cambi di assetto in corsa con inserimento in roster di giocatrici capaci di colpire con puntualità da tre punti. Il caso più recente è quello del Famila Wuber Schio che, lo scorso anno, dopo la rinuncia a Natasha Cloud, ha deciso di puntare molto su Kim Mestdagh, confermata anche nel 2021/22, autentica macchina da canestri da oltre l’arco. Specialista nel senso letterale del termine, grande tiratrice, la guardia belga ha segnato il canestro decisivo in Gara 4 di finale Scudetto contro la Reyer Venezia, capace poi di resistere al ritorno delle orange e di imporsi nella decisiva gara 5. Mestdagh, nell’anno e mezzo trascorso finora in Veneto, viaggia con percentuali di assoluta eccellenza (40%) su oltre 5 tentativi di media a partita, a riprova di quanto riesca ad essere impattante con le sue qualità balistiche.


SPECIALISTA KIM MESTDAGH È PROBABILMENTE LA TIRATRICE PURA MIGLIORE DELLA A1 FEMMINILE. CON IL SUO ARRIVO, NELLA PASSATA STAGIONE, SCHIO HA AMPLIATO IL PROPRIO ARSENALE DI SOLUZIONI.

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MARIELLA SANTUCCI CLASSE 1997, BOLOGNESE, DAL 2020 INDOSSA LA MAGLIA DELLA PASSALACQUA RAGUSA.


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Santucci on fire

VISIONE DI GIOCO, PERSONALITÀ ED ALTA INTENSITÀ. COME LA SUA GIOCATRICE DI RIFERIMENTO, SUE BIRD. DOPO L’ESPERIENZA AMERICANA È APPRODATA A RAGUSA CON OBIETTIVI IMPORTANTI. ED È DECISA A MANTENERE SALDO IL POSTO IN NAZIONALE IN VISTA DEI PROSSIMI EUROPEI

Di Simone Fulciniti

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opo quattro anni trascorsi negli Stati Uniti, Mariella

Santucci nel 2020 torna a giocare in Italia. Arrivano diverse proposte, ma lei non ha dubbi e sceglie Ragusa. La convince il progetto, lo stile, la freschezza di una Società che ogni anno propone squadre di alto livello. E poi la bellezza della città e della zona circostante, un valore aggiunto, incommensurabile. Specie per chi arriva dal grigiore di Toledo, un comune adagiato sulle rive del Lago Erie, nell’Ohio. «Mi trovo molto bene, città piccola, comoda, si gira bene in macchina. C’è una parte vecchia bellissima, e poi Marina di Ragusa, vicinissima, sul mare. Io sono cresciuta a Bologna, città molto diversa, con tanti giovani dell’Università. A Ragusa invece di giovani ce ne sono meno, e di conseguenza c’è meno “movida”. E da un punto di vista professionale questa è cosa positiva, ci sono poche distrazioni. Inoltre si mangia benissimo, c’è tanta bella gente, fortemente appassionata alla squadra: ovunque vai ti riconoscono, ti fanno in complimenti

per la partita, insomma ti senti bene, ti senti accolto». Una pennellata di verde in tutti i sensi, che colora i palazzetti italiani, dando del filo da torcere a qualsiasi avversaria. «Negli ultimi anni Ragusa ha avuto squadre eccellenti, composte da straniere e italiane molto forti. Oggi le straniere sono giovani, ma ci sono tutti gli ingredienti perché possano in futuro diventare delle big: due, per esempio, sono già protagoniste in Wnba. E le italiane, che sono qui da più tempo, si conoscono bene. Formano lo zoccolo duro. La mia opinione è che possiamo puntare molto in alto».

Mariella è una giocatrice di grande spessore, vede il gioco

come poche, ha personalità e lavora con grande intensità. Non a caso il suo punto di riferimento è una delle più grandi playmaker di sempre. «Sue Bird, una fuoriclasse alla quale posso paragonarmi dal punto di vista fisico. In grado di fare sempre la scelta giusta, intelligente, fa canestro quando conta e trascina le sue compagne nei momenti complicati».


cover story

AMERICA QUATTRO ANNI ALLA UNIVERSITY OF TOLEDO, L’ULTIMO CHIUSO DA MVP CON 11 PT, 5 ASSIST E 6 RIMBALZI A PARTITA.

Tre sorelle e una madre che non voleva sentire parlare

di pallacanestro (sport che invece praticava il padre a livello professionistico, vestendo anche la gloriosa casacca della Fortitudo Bologna). «Voleva farci fare ginnastica artistica o pallavolo, perché erano sport che lei praticava da giovane. Ma la mia esperienza a pallavolo durò poco: infatti durante gli allenamenti tiravo apposta il pallone nel campo da pallacanestro adiacente per andare a recuperarlo e poi mi fermavo a tirare. Finché un giorno l’istruttrice fece chiamare mia madre e le disse “Signora, forse è meglio se iscrive sua figlia a basket. Non mi sembra portata per il volley”». Emozioni e soddisfazioni nel settore giovanile della

Magika Castel San Pietro, che la spingono diretta in prima squadra. «Avevamo una squadra molto forte, e abbiamo deciso di fare la serie B, inserendo successivamente giocatrici del calibro di Simona Ballardini, e Ana Suarez, che adesso gioca in Francia. Abbiamo vinto la B, abbiamo disputato due finali perse in serie A2 contro squadre fortissime come Broni e Geas Sesto San Giovanni. Tuttavia prima di andare in America, non pensavo al basket come una professione, era più un momento di svago. Oltreoceano ho cambiato mentalità: laggiù le cose sono serie, allenamento tutti i giorni, con sveglia alle 5 del mattino. Ti impostano nel mood studio e basket».


L’esperienza americana appunto, che arriva come uno

squarcio di luce improvviso. «Avevo disputato i mondiali Under 17 con la Nazionale e mi stavano arrivando un sacco di email dai vari college, anche molto importanti, ma io non conoscendo l’inglese non rispondevo mai». Poi la svolta. «Mi scrive, in italiano, l’ex giocatrice (con un passato tra i parquet della penisola) Vicky Hall, dicendomi che aveva visto i miei video della Nazionale ed era interessata a portarmi a Toledo. Decisi di andare per diversi motivi: poteva essere finalmente l’occasione per imparare la lingua. E quella di poter giocare e studiare nello stesso momento, cosa che dalle nostre parti è mol-

to difficile. Così, dopo qualche mese, sono partita». Come accade nelle favole, anche le più affascinanti, l’inizio non è dei migliori. Mariella è spesso assalita dalla nostalgia della famiglia, di Bologna e dei tortellini in brodo (il suo piatto preferito). E poi ci sono le difficoltà della lingua, che sembrano insormontabili. «Il primo giorno conobbi le compagne di squadra e con una di loro andai fuori a pranzo. Per dire qualsiasi cosa utilizzavo Google, perchè senza era impossibile. Lei fu molto gentile, a spiegarmi il significato di alcune parole. Due mesi difficilissimi i primi. Per fortuna a scuola, con le materie scientifiche la lingua non era necessaria, essendo pre-

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cover story dominanti i calcoli e le cose scritte. Altrimenti mi sarei persa. Ho pensato spesso di mollare tutto e rientrare. Nell’università non c’erano italiani, l’unica capace di dire qualche parola era la coach. Col senno di poi posso dire che fu una fortuna. Costretta a parlare sempre inglese, per vivere, alla fine sono riuscita ad impararlo. E il mio carattere aperto, di una che non si fa problemi a sbagliare, mi ha aiutato nel processo di apprendimento. Avevo lasciato un posto confortevole, dove avevo la famiglia, il buon cibo, il divertimento, per approdare in una cittadina brutta, composta da vie deserte». Ma col tempo c’è anche

co. Non potevo perdere quel volo. Senza nemmeno pensarci cominciai a correre. Avevo due valige e non posso raccontare la fatica. Arrivai giusto in tempo per la partenza. Insomma tredici ore di volo, sudata fradicia, senza riuscire nemmeno a parlare». Nei quattro anni a stelle e strisce nessun incrocio con le altre italiane impegnate nei vari college. Solo una volta, durante una breve vacanza nella grande mela, incontra Carlotta Gianolla. E mantiene un contatto virtuale con Francesca Pan. «Purtroppo, a causa della pandemia, la laurea in economia internazionale l’ho presa da casa. Miseramente online,

La mia esperienza con il volley è durata poco: durante gli allenamenti tiravo apposta il pallone nel campo da basket adiacente per andare a recuperarlo e fermarmi a tirare. spazio un po’ di turismo. Grande mela compresa. «A New York sono stata a dicembre, quando è arrivata la mia famiglia. Nel corso dei mesi ho visitato vari stati, raggiungendo anche Cancun in Messico. Ho conosciuto un sacco di persone; conoscenze che ancora adesso porto avanti, che mi hanno fatto diventare molto più responsabile di quella che ero in Italia».

Modi di vivere completamente differenti dallo stile italiano,

anche a livello di squadra: nessuna cena insieme dopo le partite. E la sera a letto presto, stremati dalla fatica. Ma a livello sportivo i risultati spesso regalano belle soddisfazioni. «Il primo anno abbiamo vinto il campionato nella nostra conference. Il momento più bello giocare la finale all’Arena di Cleveland; c’era anche Lebron James sugli spalti, ma ovviamente è stato inavvicinabile. Abbiamo viaggiato per partecipare al NCAA Tournament, come Vip, con tanto di aereo privato, hotel di lusso, conferenze stampa. Un’esperienza così bella che mi ha convinto a fare questo nella vita». Due le istantanee indimenticabili. «Quella finale è stato il frangente più bello; poi la sfida a Notre Dame, una squadra fortissima che annoverava tra le altre Brianna Turner adesso alla Virtus, davanti a quasi 8.000 persone. Indescrivibile». Ma ci sono anche disavventure piene di adrenalina. «L’ultimo anno dovevo tornare a casa per Natale, in quattro anni non l’avevo mai fatto. Arrivata a New York, in aeroporto mi sedetti al gate, tranquilla e beata. Avevo un buon anticipo e mi misi a guardare un po’ di cose sullo smartphone. Quando mancavano 20 minuti all’imbarco mi accorsi che il volo non era ancora segnalato. E capii immediatamente di aver sbagliato ingresso. Chiesi informazioni e mi dissero che il mio imbarco era a mezz’ora da lì. Il pani-

saltando la parte più bella, quella delle celebrazioni e dei festeggiamenti. Che slittarono a dicembre, quando ormai ero a Ragusa in pieno campionato. Un grosso rimpianto». Mariella Santucci punta senza mezzi termini a confermarsi in maglia azzurra e ha nel mirino i prossimi europei. «In Nazionale maggiore ho debuttato contro la Francia, giocando bene. Così come mi sono sentita a mio agio nella prima partita ufficiale contro il Lussemburgo. E il 3 contro 3 è stata un’altra bella avventura: anche in questo caso punto a proseguire il percorso in azzurro».

La cosa fondamentale è intercettare la felicità. «Essere in

armonia col mondo e con gli altri, facendo scelte che non danneggino le persone». La scaramanzia, sostiene, non fa parte del suo bagaglio culturale, ma non è esattamente così. «Diciamo che ho i miei riti: ad esempio se una volta giochiamo bene e vinciamo la volta successiva uso lo stesso elastico per i capelli. Abbiamo perso due partite di fila ed avevo lo stesso smalto sulle unghie, me lo sono tolto e abbiamo cominciato a vincere». Attualmente Mariella, mentre si impegna per migliorare «i black out difensivi, il palleggio arresto e tiro, e le percentuali in attacco», sta facendo un master con una celebre università inglese. Se non avesse fatto la cestista, probabilmente sarebbe impegnata nell’ambito della green economy. Ma il basket c’è sempre stato, a costo di dire bugie. «Una volta, con la febbre alta, dissi a mia madre che sarei andata a riposare, invece mi recai a giocare una partita». La Spagna è il paese da visitare assolutamente. «Se mi chiedono la giocatrice più forte che ho incontrato, non ho dubbi: Sandrine Gruda. Guardandola in azione rimani a bocca aperta».


AZZURRA HA ESORDITO CON LA NAZIONALE SENIOR IL 2 GIUGNO 2021 A MULHOUSE, CONTRO LA FRANCIA (7 PT).

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L’autunno di Crema

D’ALIE E COMPAGNE CHIUDONO IL 2021 COME UNICHE IMBATTUTE IN TUTTA L’A2, CON PRESTAZIONI STELLARI; SONO ANCHE GIÀ QUALIFICATE ALLA COPPA ITALIA. AL SUD CONTINUA A DOMINARE L’EQUILIBRIO, CON VALDARNO DAVANTI. MOVIMENTI INTERESSANTI DI MERCATO. COVID (PER ORA) LIMITATO

di manuel beck

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a vera gloria si raggiunge in primavera, ma quanto fatto

finora da Crema merita comunque un applauso. La squadra di Diamanti e Piazza chiude il 2021 con 10 vittorie su 10 e tutti gli scontri diretti vinti, la maggior parte dominati, uno dopo l’altro nell’ultimo mese. Ha già guadagnato il biglietto per la Coppa Italia, il suo feudo da 4 edizioni. A farle compagnia al Nord ci sarà, al 99%, Castelnuovo (solo un’alchimia di classifica avulsa potrebbe impedirglielo) e probabilmente Brescia e Udine anche se Alpo e Milano sperano ancora. Da dietro emergono Ponzano e Carugate; leggera frenata per Mantova, hanno ingranato sia pur lentamente le due di Bolzano, stenta ancora Vicenza. Il girone Sud continua a proporre un equilibrio pazzesco. Sembra un GP di Formula 1 quando entra la safety car e appiattisce i distacchi tra una macchina e l’altra. C’è solo una piccola spaccatura (colmabile) tra le prime 7 e le altre 7, ma la distanza tra ottava e ultima è di appena due punti, mentre tra la vetta e la settima piaz-

za ce ne sono solo quattro. Non sorprende il primato solitario per Valdarno, ma se lo è dovuto sudare; le toscane sono qualificate alla Coppa, tranne nel caso di una combinazione ai limiti dell’impossibile. La Spezia e Firenze sono la coppia di inseguitrici più dirette; hanno entrambe battuto la capolista e mostrato qualcosa in più delle altre, tra le cui fila nessuna sta impressionando né demeritando. Si riparte dopo le feste con gli ultimi due turni d’andata più recuperi. Finora sono state 5, da inizio stagione, le partite rinviate per Covid, di cui una per girone nell’ultimo turno del 2021. Il mercato ha mosso nomi importanti come Toffali, Guilavogui, Miccio, Perisa. Nelle classifiche individuali, Marta Verona (Patti) capeggia le marcatrici, poco sopra i 20 di media, davanti a M. Rossini, Ovner, Tulonen e Villarruel. La milanese Vida arraffa 13 rimbalzi a gara, davanti a Dacic, Cerino, Turmel e Cutrupi. La bresciana Zanardi smista più assist di tutte (6,7 di media) precedendo D’Alie.


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GIRONE NORD // Dietro Crema, ottimo mese per Udine. Il ritorno di Toffali rilancia Milano. In ascesa Ponzano e Carugate. Le difficoltà di Vicenza che cambia coach. Sfortunate Torino e Treviso Crema - Marziana. Rischia (grosso) solo a Brescia, facendosi rimontare il +17 a metà gara, ma se la cava al 2° overtime, 75-81 (Conte 20, D’Alie 19 con tripla del pari a fine 1° supplementare). Poi, prendendo il largo nella ripresa con Castelnuovo (75-57, ancora Conte al top con 21) e demolendo un’incompleta Alpo, 105-65, completa la tornata trionfale di big match. Non sono solo i numeri a impressionare (10 vittorie su 10 con 28,5 punti di scarto medio) ma anche la qualità del gioco, e non è scontato pur con le migliori interpreti: intensità che non cala mai nei 40’, voglia di passarsi la palla. Castelnuovo - Ha perso un paio di giri, complici un calendario difficile e l’assenza di Bonvecchio. Autorevole con Milano, 66-56 (20 per Bonasia); regge solo per due quarti a Crema (17 per Colli) ed è fatale la seconda metà anche a Udine, nonostante 22 di Rulli. Resta comunque seconda. Brescia - È l’unica a mettere alle corde Crema, con una rimonta da -17, ma non riesce a completare l’opera e cede dopo 2 overtime (super Turmel, 26 punti e 17 rimbalzi con 46 di valutazione; Zanardi 17 punti tutti dopo l’intervallo). Andamento opposto ma stesso esito a Milano, dove non basta lo show balistico da 15/34 nelle triple, né il +13 all’intervallo (Zanardi 27 con 7/12 da 3). Nell’altro derby, con Mantova, rimonta con un 18-1 all’inizio dell’ultimo quarto. Prezioso il rientro di Bonomi da infortunio. Udine - Esce forte dallo stop per Covid, inanellando 4 vittorie, di cui due di lusso su Milano (66-61 rimontando da -9 nell’ultimo quarto) e Castelnuovo (60-52 con break nel 3° periodo; 20 punti di Turel), con le quali ha agganciato il 3° posto. Protagoniste con sempre più continuità le giovani Blasigh e Turel insieme a Molnar. Alpo - Tocca le 6 vittorie di fila dominando a Carugate (18 di Rosignoli e Marangoni), poi però paga le assenze, soprattutto di Mancinelli, con un passo falso in casa contro Mantova, mentre il -40 a Crema è pesante nello scarto ma sposta poco in classifica. Al ritorno di Mancinelli poi piega BC Bolzano (23 di Packovski) e resta quinta. Milano – L’esplosivo ritorno di Toffali da Costa (19 punti, 9 rimbalzi e 10 assist) trascina alla vittoria in rimonta su Brescia, riportando quella carica degli scorsi playoff che si era un po’ spenta dopo aver perso tutti i “big match” precedenti: in dicembre quelli con Castelnuovo e Udine, quest’ultimo sciupando nel finale un +9. Vida sempre in “doppia doppia”, due volte con 17 rimbalzi. Ponzano - Una delle “squadre del mese”, visto il percorso netto che la proietta al 7° posto. Van der Keijl è il totem intorno al quale ruota un quintetto ben bilanciato, dalle triple di Brunelli alle incursione di Bianchi e

alla gestione di Giordano, senza dimenticare la concretezza di Gobbo e gli spunti delle giovani Camporeale e Rescifina. Importante soprattutto il colpo a Mantova, 62-65 con tripla cruciale di Giordano. Mantova - Il grande acuto è il blitz in casa di Alpo (un derby a cavallo del confine lombardo-veneto), 57-67 con 15 punti e 16 rimbalzi di Llorente e un break decisivo nel 3° quarto. Per il resto, il solito abbonamento ai finali in volata: salva la pelle con Treviso da -16 al 30’ ma viene a sua volta rimontata da Brescia, mentre con Ponzano parte male, insegue per tutta la partita fino a sbagliare la tripla dell’overtime. Carugate - Lontano dai riflettori sta facendo ampiamente il suo. Con 3 vittorie di fila, su Pall. Bolzano (15 punti e 15 rimbalzi di Tulonen), Treviso (canestro decisivo di Tulonen su assist di Diotti) e Vicenza (accelerata nell’ultimo quarto con 21 e 5 assist di Diotti), ha staccato la zona-playout fino ad agganciare l’8° posto. Il prossimo “step” è sorprendere qualcuna di quelle davanti. Pall. Bolzano - Cantiere in corso. Dopo Botteghi ha salutato anche Miccio, inserendo la lunga Guilavogui (che dopo l’A1 a Vigarano stava giocando in seconda lega francese), con la quale ricava una vittoria su Vicenza importante per uscire da un periodo critico, culminato nel -15 in casa con Carugate. Emerge la 2002 Pellegrini con 4 gare di fila in doppia cifra, di cui 23 punti con 8 rimbalzi a Vicenza. BC Bolzano - Le buone notizie sono le vittorie su Torino e Vicenza (in entrambe dominante Ovner, 31+16 e 26+14) e il rientro stabile di Fall, pur non ancora al meglio. Anche Assentato ed Egwoh tra le più in evidenza. Le sconfitte con Milano e Alpo ci stanno; resta una classifica da aggiustare ma c’è tempo. Vicenza - Un mese nero. Perde nettamente 4 partite che erano tutte quantomeno “giocabili” (Ponzano, le due Bolzano, Carugate) e si dimette coach Sinigaglia, con panchina affidata al vice Zordan. Non sembra tanto una questione di singole, ma di gruppo: la scorsa stagione il collettivo rendeva oltre i valori individuali, quest’anno al contrario la somma di buone giocatrici non sta partorendo il risultato. Torino Teen e Treviso - Entrambe ancora a zero. Con vittorie sfumate in modo bruciante: per le venete (che intanto hanno sostituito Moravcikova con Perisa, in uscita da Broni) contro Mantova e Carugate, per le piemontesi (presa Bolognini) a Ponzano. Si sfideranno alla ripresa post-festività e sarà uno spareggio dal peso notevole per evitare la retrocessione diretta.


RAE D’ALIE DOPO MOLTE STAGIONI A BOLOGNA, L’IMPATTO CON UNA NUOVA REALTÀ È STATO OTTIMO: 13,4PT E 5,4 ASSIST A PARTITA. CREMA IN TESTA ALLA CLASSIFICA.

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ANGELICA CASTELLANI 21ENNE PLAY GUARDIA PORTORECANATESE, LA SCORSA STAGIONE A CIVITANOVA. IN MAGLIA CESTISTICA SPEZZINA STA ULTERIORMENTE CRESCENDO: 11,1 PT E 3 ASSIST DI MEDIA.


GIRONE SUD // Vittorie e sconfitte si alternano per tutte, anche se Il vantaggio in classifica per Valdarno, La Spezia e Firenze è meritato. Le novità di Patti. Colpo di coda di Battipaglia S.G. Valdarno - Esce da un periodo intenso con il primato solitario anche se non la fuga. Vince 62-55 il big match con Umbertide (12 di Alice Milani, 8+11 rimbalzi Tibè) ma s’infortuna Ramò che resta fuori per tutto dicembre. Senza lei e Vespignani stringe i denti con successo nelle trasferte a Cagliari e Battipaglia ma poi si ferma a Firenze, nonostante il ritorno della regista (16 punti). Chiude bene il 2021 con un +16 su Selargius (17 di Pulk e Bove). Milani sempre in doppia cifra. La Spezia - Dopo 3 vittorie, compreso un tonante +21 su Vigarano (19 di Templari), si arena sul campo di Battipaglia, ultima in classifica, fallendo due tiri allo scadere sul meno 2. Così perde la vetta agganciata la settimana prima. La squadra comunque piace, con tante protagoniste diverse, fra cui sta crescendo la 2003 N’Guessan. Firenze - A parte la giornataccia con Capri (13 punti nei primi 20’) confeziona un ottimo mese, con la perla del successo su Valdarno (72-65) grazie al parziale di 25-4 nel 3° quarto e ai 22 punti + 12 rimbalzi di Poggio, che si ripete con Matelica (17+15) spalleggiando le folate di M. Rossini (27 punti). Di pregio anche la vittoria di misura a Patti. Ha inserito Speziali da Umbertide; in uscita Scarpato. Umbertide - Dopo la sconfitta con Valdarno, già la quarta in 8 giornate, reagisce con una tripletta che la riporta in zona-Coppa Italia. Dominante su Capri e Savona, +60 totale; contro le liguri ben 36 punti dalla panchina, comprese le giovani Gambelunghe e Cassetta. Non ha giocatrici sopra i 10 punti di media stagionale ma ben 8 oltre i 5. Selargius - Prezioso il rientro di Zitkova, con cui vince il derby con Cagliari e travolge Savona e Civitanova (+68 in due gare; oltre alla ceca in evidenza El Habbab), ma non riesce a mettere in difficoltà Valdarno, nonostante 17+15 rimbalzi di El Habbab e 14 di Ceccarelli. Probabilmente si giocherà con Umbertide l’ultimo biglietto-Coppa. Savona - Dopo il primo mese da sogno, si è stabilizzata a un 6° posto che ne fa comunque la migliore delle “matricole” in ambo i gironi. Un paio di batoste ma pesa solo la sconfitta a Battipaglia; in compenso arrivano i successi di pregio su Matelica (26 per Paleari) e soprattutto Vigarano nello scontro diretto (68-62 con 19 di Zanetti e un 56% da 2 di squadra). Vigarano - È in zona-playoff ma con “escursioni termiche” tali che non si è ancora capito quanto vale davvero. Oscilla tra prestazioni brillanti come quella in casa della Nico, 90 punti con 12/23 da 3 (Cicic 21 e altre 4 in doppia cifra), e giornatacce come il -21 a Spezia, nonostan-

te 20 dell’ex Sarni, e lo scontro diretto perso a Savona. Civitanova - Dopo aver salutato Gonçalves (top scorer e rimbalzista, è andata in Spagna), arrivano 3 sconfitte nette, tranne quella con Vigarano (Bocola 19+11 rimbalzi), ma, nel calderone generale, non perde troppo terreno in classifica, restando per ora a chiudere la zona-playoff. Adesso però non ha più margine. Patti - Con il doppio inserimento di Botteghi e Miccio ha cambiato assetto (quintetto molto perimetrale) e sta ancora carburando; dopo aver perso con Nico e Firenze ridà spinta alla sua classifica con un blitz in volata sul campo di Capri, 81-82 (Verona 31 punti), bissato in casa con Cagliari (18+14 rimbalzi per Botteghi). Spunti interessanti dalla 2001 Iuliano: 14 punti con Firenze, 10 assist con Cagliari. Cus Cagliari - In un mese intenso, con 5 partite, ne porta a casa solo una, molto ben giocata con la Nico (+16 con 16 di Ljubenovic). Impegna Selargius e Valdarno, un po’ meno Spezia e Patti (nonostante 19 di Prosperi; mancava Ljubenovic). Resta, come tante altre, in bilico tra candidarsi alla salvezza diretta, o persino ai playoff, e venire risucchiata in zona-pericolo. Nico P.B. - Niente mezze misure. Passa da 85 scintillanti punti contro Patti (col 64% da 2; Giglio Tos 24 punti) a miseri 44 contro Cagliari; poi da una rimonta di carattere da -12 con Battipaglia (Giangrasso 20) a incassare 90 punti da Vigarano (notevole però Bacchini con 30 e 6/11 da 3). Ci sembra avere più margine di crescita rispetto ad altre. Capri - L’acuto è a Firenze, dove vince concedendo appena 13 punti nei primi 20’ (13+13 rimbalzi per Dacic); il rimpianto è contro Patti, quando va a un passo da completare una rimonta da -11 nell’ultimo quarto (23 di Rios e 22 di Dacic). È nel terzetto delle ultime ma con una gara in meno; ancora da decifrare le sue prospettive. Matelica - Dopo un novembre interessante, chiuso vincendo a Civitanova (Gonzalez 19), ha avuto un dicembre in frenata, complici le assenze di Gramaccioni e Ardito, e nell’ultima partita anche di Gonzalez che peraltro aveva tirato 10/49 nelle tre precedenti. Ha comunque opposto buona resistenza a Spezia e Umbertide. Tra le emergenti stanno facendo discrete cose Pallotta e Takrou. Battipaglia - Rischiava un Natale all’ultimo posto solitario, invece confeziona un’impresa su La Spezia, 5452 da meno 8 a 3’45” dalla fine: break firmato soprattutto da Seka che affianca una scatenata Potolicchio (29 punti dopo averne segnati 28 contro la Nico). In carniere anche una vittoria netta a Savona: importanti il pressing e 3 triple di J. Milani nel finale.

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DUBRAVKA DACIC NATA NEL 1985 IN SLOVENIA, A CAPODISTRIA, È NATURALIZZATA ITALIANA DA BAMBINA. NAPOLI È IL LUOGO DOVE SI SENTE A CASA.


primo piano

Il mondo di Dubi

DUBRAVKA DACIC HA AVUTO UNA CARRIERA INCREDIBILE, FATTA DI TANTE ESPERIENZE ALL’ESTERO. PARLA SEI LINGUE, FA L’ODONTOTECNICA E HA SCRITTO UN LIBRO. È TORNATA IN ITALIA DOPO UN CAMBIO DI VITA PERCHÉ AMA NAPOLI. POI HA INCONTRATO IL BLUE LIZARD CAPRI E HA DECISO DI RIMETTERSI IN GIOCO

Di Laura Fois

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efinirla intervista è riduttivo. Quella con Dubravka

“Dubi” Dacic è stata piuttosto una corrispondenza. E la sua vita un romanzo che ha toccato un’infinità di paesi e culture diverse, un melting pot che l’ha resa un’atleta vincente e una scrittrice che ama districarsi tra il lavoro e tante passioni. Dacic non ha risposto a delle domande. Ha piuttosto scritto una lettera. Con tanto di citazioni ed emozioni messe a nudo di suo pugno. È stato come ricevere una lettera che nessuno trova più nelle cassette della posta sotto casa…

Sono Dubravka Dacic , ma tutti mi chiamano Dubi.

Tutto comincia in un attimo, in un giorno qualunque della vita, quando meno te lo aspetti (Romano Battaglia). Tante cose sono iniziate così nella mia vita, e quando pensavo di essere sicura di avere ben delineato il mio sentiero, ecco che la vita, con impertinenza, ha cambiato le mie chimere. Le mie origini spesso con-

fondono, ormai è quasi un rituale srotolare il nastro della consequenzialità degli eventi. Sono nata nel 1985 in Slovenia, a Capodistria, ma sono cresciuta e ho sempre vissuto nella mia Istria, a Umago. Naturalizzata poi italiana mentre ero ancora bambina.

La scoperta della pallacanestro Inizio molto tardi con

la palla a spicchi. Il basket è probabilmente l’unico sport che non ho mai praticato da giovane. Invece a 17 anni ho già in bacheca uno scudetto cadette e uno juniores, una promozione in A2 con la Valtarese e mi alleno in pianta stabile con la serie A1 di Parma, dove nel 2004 vengo premiata come miglior giocatrice giovane del campionato.

L’esperienza all’estero Raggiunti molti obiettivi, dopo il

diploma decido di mettermi alla prova andando via dall’Italia, il che significa iniziare tutto da capo, perché non giochi più in casa, sei una straniera. Inoltre, la responsabilità e la competizione sono ad un altro


primo piano livello, soprattutto se parliamo di quei tempi, in cui il basket femminile in Europa contava nomi imponenti e le straniere americane provenivano tutte dalla Wnba o dalla nazionale americana. Atterro a Mosca a 21 anni, poi Valencia dove arriva il triplete spagnolo con la Coppa della Reina, la Supercoppa spagnola e il campionato. L’anno dopo vado a giocare in Turchia, al Besiktas, e mi innamoro subito della splendida Istanbul. Tornerò altre tre volte in questi paesi, tutte esperienze magnifiche e atroci. Rientrerò a intermittenza in Italia, dove incontrando il panorama di Napoli vi troverò un luogo che da quel giorno in poi chiamerò casa.

Napulè’… Sì ‘o core mio! Nel capoluogo campano ho tro-

vato l’unico posto dove non mi stanco mai di esistere, dove ogni volta è come se fosse la prima, dove il caos e l’ordine si mescolano in armonia: la stessa miscela che è continuo carburante del mio essere.

Gli anni d’argento e d’azzurro Per quanto concerne la

Nazionale, è una parentesi che ho lasciato da tempo per motivi e ragioni che ho smesso di ricordare e rivangare. Ho fatto le scelte che ho ritenuto opportune per il mio benessere e tranquillità mentale. È sta-

nuova che impari ne esci con una ulteriore quantità di domande e cose da scoprire. Se ho mai usato qualche citazione per motivare me stessa o le mie compagne di squadra? Spesso e volentieri. A livello personale è una cosa che faccio molto frequentemente e che nei vari momenti di necessità vado a ricercare quasi automaticamente, perché nei libri ho sempre trovato le risposte che cercavo, e in molte occasioni parlando con le mie compagne sia a livello personale che di squadra ho spesso ricorso all’aiuto della letteratura.

Il primo libro Insieme alla lettura ho sempre coltivato

un’altra immensa passione che è la scrittura, dalla quale nasce il mio primo libro: “Memorie di un divenire”, edito da BKC, uscito a marzo 2021. Una cosa curiosa è questa: non è stato concepito come un libro, è nato semmai dalle necessità di fare un resoconto della vita, di mettere sulla bilancia gli eventi, non tanto per dargli un peso specifico né per vedere da che parte la bilancia avrebbe oscillato, ma per cercare semmai una parvenza di equilibrio. Ero arrivata da poco in Svezia dopo la decisione di smettere con il basket e intraprendere un nuovo percorso, quello del lavoro. Ho scelto il mestiere di odontotec-

“Siate coraggiosi, perché l’amore ha bisogno di coraggio”. Dubi Dacic. ta croce e delizia. Nel 2003 abbiamo vinto l’argento alle Universiadi di Seul, ma come tutte le cose che entrano nella nostra vita hanno un inizio e una fine. Non rimpiango nulla, semplicemente ho preferito non vivere certi ambienti, in Nazionale così come in qualsiasi ambito della mia vita. Il tempo per leggere come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere (Daniel Pennac). Una passione che mi ha sempre accompagnata ovunque è la lettura. Nei libri ho sempre trovato tutto quel spettro di emozioni, pensieri e sentimenti che servono per poter comprendere la diversità, la bellezza e la malvagità di questo mondo, nozioni senza le quali spesso ci troviamo impreparati, con troppe domande e con risposte che non possono arrivare se non coltiviamo e non curiamo la nostra crescita personale, se non ampliamo lo spazio dei nostri pensieri e ne miglioriamo costantemente la qualità. Ho la tendenza a sottolineare tutti i libri che leggo. Evidenzio frasi, concetti e nozioni che mi colpiscono, che mi ispirano e che applicati nel mondo e nella mia esistenza personale mi fanno riflettere, comprendere, scoprire l’immensità e il lavoro senza fine che è il crescere e l’imparare, dove da ogni cosa

nico a 10 anni, e non ha mai smesso di affascinarmi. Creare qualcosa con le mani è una soddisfazione bellissima, così come vedere e assaporare il processo di creazione, il suo utilizzo e il raggiungimento dell’obiettivo per il quale è stato creato. Si trattava di un cambiamento importante anche perché lasciavo un mondo che non mi rappresentava più e nel quale ho trovato sempre più meccanismi che esulavano dal puro piacere dello sport e di quello che dovrebbe insegnare e rappresentare. Quindi mi sedetti, quaderno e penna in mano e iniziai a buttar giù un percorso di crescita, di divenire, che avevo bisogno di rivivere e dal quale ho sempre cercato di distillare la parte luminosa. Dopo un anno il manoscritto era lì sul tavolo, dove rimase per un pò, prima che mi decidessi a inviarlo a svariate case editrici. In pochi mesi avevo ricevuto diverse offerte di pubblicazione ma fu per una casualità che non potevo ignorare, l’incontro con Enrico Petrucci e la sua casa editrice, conoscenza della quale devo ringraziare Antonio D’Albero, un’altra conoscenza inattesa. Le cose succedono a caso, ma mai per caso.

Multiculturalità Mi chiedi, viste le varie tappe, quante

lingue parlo e quante prelibatezze culinarie sappia


BLUE LIZARD CAPRI L’OBIETTIVO NON È SOLO RIPORTARE IL BASKET AD ALTI LIVELLI, MA ANCHE SVILUPPARE PROGETTI SOCIALI SUL TERRITORIO.

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primo piano

ESTERO TANTA ESPERIENZA FUORI DALL’ITALIA PER DUBI: MOSCA, VALENCIA E LA TURCHIA, SPONDA BESIKTAS.

cucinare. Parlo sei lingue compreso il dialetto istriano, parlato maggiormente a casa. Sto studiando altre due lingue, ma il percorso è ancora lungo, ahimè! Per quanto riguarda le prelibatezze incontrate in giro per il mondo la lista supererebbe di gran lunga lo spazio che abbiamo a disposizione se non l’ho già superato, come ti dicevo quando distribuivano la sintesi io ero nella fila dei logorroici! Scegliere un piatto preferito è come chiedermi il libro preferito. Ho l’ansia solo di approcciarmi all’idea di una scelta, ma amo molto cucinare e ho provato a replicare quasi tutte le prelibatezze che ho incontrato nei miei pellegrinaggi. Nei giorni liberi amo deliziarmi con qualche piatto che in settimana non ho il tempo di cucinare. Il buon cibo richiede tempo e passione. Ammetto che la cucina turca sia decisamente spet-

tacolare, ma non ne ho una preferita, amo i cibi tradizionali con i quali sono cresciuta. Ogni giorno mi diverto a portarmi su latitudini e longitudini diverse.

Capri Dopo un cambio di vita così drastico e deciso

potevo tornare in Italia solo per la mia Napoli. Come ho detto prima, le cose succedono a caso ma mai per caso. Negli anni ho creato, insieme ad amici appassionati e ancora sconvolti dalla fine miserabile della Dike, un progetto che andasse oltre lo sport. L’ho chiamato Sport through culture for future. É un progetto molto ambizioso, immenso e su larga scala. L’incontro inaspettato con la società delle Blue Lizard Basket Capri ha portato all’interesse reciproco di unire due progetti di sviluppo sul territorio campano, non solo riportando il basket femminile ad


alti livelli ma anche realizzando un progetto sociale volto ad accomunare sport e cultura. L’incontro con la presidentessa Marina Lomoriello e la vice Margherita Cacace ha accomunato intenti e programmi comuni, trainati soprattutto dalla forza delle donne. Sono arrivata nel 2020, abbiamo centrato la promozione in A2 ma i successi vanno, o dovrebbero andare, oltre la pallacanestro.

Cosa stiamo facendo? Credo che ci sia carenza di edu-

cazione, gli ambiti scolastici e culturali oggi tendono più a istruire, volti a insegnare un mestiere, inserendo i ragazzi in compartimenti stagni per renderli parte di un sistema produttivo e consumistico. Non educhiamo più e questo è un dato di fatto, evidente nei più svariati ambienti della nostra vita. Lo sport

che amo deve essere sinonimo di inclusione, condivisione, bellezza, appoggiato saldamente su fondamenta di cultura ed educazione. A Capri stiamo muovendo piccoli primi passi, con una società creata dal nulla e con tanta voglia e sacrificio. Il percorso è lungo e tutto in divenire, ma se c’è un sogno nel cassetto, è quello di lasciare un ambiente migliore e la possibilità di sognare alle future generazioni. E poi magari, fra un ritaglio di sogno e l’altro, aprire una piccola libreria/bistrot, un luogo dove far scoprire gli infiniti mondi della letteratura e del buon cibo. Approfitto per augurare a tutti, cestisti e non, un Felice Natale e un sorprendente Anno Nuovo. Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni. (Eleanor Roosevelt)

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CLAUDIA FERRARA 29 ANNI, NAPOLETANA. ARBITRA IN A1 FEMMINILE, C GOLD MASCHILE E DA QUEST’ANNO ANCHE NELLE COMPETIZIONI INTERNAZIONALI.


ORIZZONTI

BRAVE E BASTA

LE DONNE CHE ARBITRANO NELLE MASSIME SERIE ITALIANE, SIA FEMMINILI CHE MASCHILI, SONO IN AUMENTO. SILVIA MARZIALI HA DA POCO ESORDITO, SECONDA DI SEMPRE, IN A1 MASCHILE. IL PROGETTO DONNA DI FIP CERCA DI INCENTIVARE QUESTO TREND. NE ABBIAMO PARLATO CON CLAUDIA FERRARA E BARBARA LA ROCCA

Di Eduardo Lubrano

“L

a biondina col fischietto tra i giganti del basket.

Si chiama Antonella Frabetti ed ha 33 anni, è bionda e carina, mette un filo di rossetto sulle labbra, prima di entrare in campo. Misurando intorno al metro e sessanta, fa una certa impressione, quando alza la palla che avvia una partita di basket, fra due giganti alti due metri e dieci. Eppure, fischiando guardandoli negli occhi, punendo senza paura gomitate e colpi proibiti, s’è fatta rispettare, nella sua prima stagione in serie A. Lo scorso anno ha diretto 17 partite del massimo campionato, e per tecnici, giocatori e stampa specializzata è stata un buon acquisto, un arbitro capace. Antonella è sposata con un collega arbitro molto meno bravo di lei.” Ecco come la Repubblica, il 29 agosto del 1990, dava la notizia dell’esordio della prima arbitra nel nostro massimo campionato. Che veniva da Pozzuoli, pur essendo nata a Basket city - da sempre soprannome di Bologna - e che quel giorno fischiò, a proposito di unicità femminile, la

gara fra Teorematour Arese ed Annabella Pavia, che all’epoca era l’unico sodalizio con una presidente-proprietaria donna, Barbara Bandiera.

A distanza di 31 anni, almeno in questo, la nostra pal-

lacanestro non è cambiata, anzi è andata avanti nel cercare sempre più donne con la voglia di dirigere le partite, maschili o femminili che siano. E non sono cambiati nemmeno certi jingles divertenti che sembrano fatti apposta per la pubblicità. Sentite questo: “Mi chiamo Claudia Ferrara, ho 30 anni, sono di Napoli ma vivo a Ferrara ed arbitro la serie A femminile, la C Gold maschile e da quest’anno sono anche internazionale”. Ferrara perché l’arbitra? E soprattutto perché siete tutte mediamente così brave? “Perché giocava mio fratello ed allora ho iniziato anche io, all’età di dieci anni. Negli ultimi due anni ho fatto anche l’ufficiale di campo. Mi piaceva ed ho deciso di iniziare anche ad arbitrare, 22 anni, trovandomi subito benissimo e arrivando anche a fischiare 100


ORIZZONTI SILVIA MARZIALI HA ESORDITO IN SERIE A1 MASCHILE NEL MATCH DI SUPERCOPPA TRA TRENTO E TRIESTE, È LA SECONDA DI SEMPRE AD ARBITRARE NELLA MASSIMA SERIE MASCHILE.

partite l’anno. Oggi la mia è una professione a tempo pieno, perché tra le partite che arbitro e il ruolo di istruttrice di mini arbitri il tempo per un’altra occupazione è poco, ma me lo ritaglio comunque. La risposta alla seconda domanda, che mi riempie di orgoglio, la conosco in parte perché è il frutto del lavoro che facciamo con la Fip, i nostri istruttori, i nostri referenti ed evidentemente di ognuna di noi per la sua parte”.

Una parte che ha già portato Silvia Marziali ad essere la

seconda arbitra di sempre in Serie A1 maschile, dopo Antonella Fabretti. Ha esordito a settembre nel match di Supercoppa tra Trento e Trieste. La 33enne di Fermo è già stata la prima italiana ad arbitrare una partita internazionale: il 19 ottobre 2017 ha arbitrato a Girona (Spagna) la gara di FIBA Eurocup Women tra Spar Citylift e Basket Landes. Non bastasse questo, la Dr.ssa Marziali - laureata in medicina con un master in Medicina d’urgenza - ha ricevuto la Stella d’Oro al Merito Sportivo del CONI per il suo impegno nel combattere la pandemia. “Quando diventi un medico, fai una promessa e la onori ogni volta che lavori e soprattutto quando c’è un’emergenza. Fai un giuramento per aiutare gli altri” ha detto Marziali al sito della Fiba, che l’ha omaggiata per questa sua grande voglia di vivere e l’impegno civile insieme ad un altro collega italiano, Guido Giovannetti, arbitro Fiba dal 2017.

Torniamo da Claudia. È vero che nel basket ci sono meno episodi di discriminazione rispetto a quelli a cui assistiamo nella vita di tutti i giorni? “Vero. Non parlerei di questione di genere nella pallacanestro, però

qualche sacca di resistenza c’è ancora, ma stanno diminuendo di quantità e qualità e si è sempre meno prevenuti. Al di là del carattere di ognuna di noi, la Federazione ci aiuta moltissimo, ci da la fiducia per credere in noi stesse. Io sono della scuola dell’arbitraggio preventivo, che dialoga con la giocatrice/ giocatore, facendo capire che un certo modo di fare è stato visto e che alla prossima potrebbe essere sanzionato. Fatto così è tutto più facile, spiegare un fallo poi è più semplice e costruttivo, questo mi ha insegnato tra le altre cose il mio grande mentore, Ninì Ardito, una persona speciale per me.” Qual è la cosa più difficile da far capire a giocatrici/giocatori in campo? “La responsabilità personale nei contatti. La dinamica che porta un giocatore in campo a trovarsi lì in quel momento, durante quel contatto, e che lo genera. In questo senso la C Gold maschile alternata con la A femminile è una grande opportunità, anche perché io mi diverto ad arbitrare e a vedere tante situazioni diverse”.

Oggi le donne in divisa da arbitro di basket sono tra la A1 maschile, la A2 maschile e femminile e la serie B maschile circa una quarantina. E, udite, udite, guadagnano come gli uomini!

Claudia Ferrara è stata un’allieva del Progetto Donna del-

la Federazione Italiana Pallacanestro, che da dieci anni circa si sta dedicando a formare arbitri e uniformare il livello di arbitraggio di tutte le Regioni. Messaggio chiarissimo che funziona benissimo, del quale una delle istruttrici – lo è stata anche di Claudia Ferrara – è Barbara La Rocca, classe ’74, da Ostia. “Stelle Marine per l’esattezza che è la società


BARBARA LA ROCCA ROMANA, È ARRIVATA AD ARBITRARE FINO ALLA SERIE A2 MASCHILE. OGGI È UNA DELLE FORMATRICI DEL PROGETTO DONNA DI FIP.

dove ho iniziato a giocare – precisa Barbara – prima di approdare al San Raffaele di Amedeo D’Antoni. Anche per me Ninì Ardito è stato un maestro di sport e di vita, ma con lui anche Enrico Zeppilli, Gianno De Simone. Io ho fatto la mini arbitra già dai 13 anni, mentre giocavo. Erano anni diversi, nei quali si viveva la diffidenza, e il percorso di crescita era più duro, serviva una predisposizione maggiore da parte di tutti verso un’apertura culturale che non

Cosa mette prima di tutto nel suo trolley? “In realtà cosa dico alle ragazze di mettere nei loro: rispetto, professionalità, umiltà. Parole e concetti chiave senza i quali in nessuna professione si può andare avanti. Io ho sempre cercato di mettere tra me ed il momento partita una certa distanza, con le giocatrici, i giocatori, le società. per arrivare ad una sorta di ascetismo che mi era necessario per far bene il mio lavoro. Ciò non toglie che un sorriso, una parola

Credo davvero di essermi meritata e guadagnata sul campo le stesso opportunità dei miei colleghi maschi” Barbara La Rocca c’era. In Lega 2 maschile ho sentito ancora un po’ di resistenza, ma nulla di così grave paragonato a quello che accade a noi donne in altri settori lavorativi. Credo davvero di essermi meritata e guadagnata le stesso opportunità dei miei colleghi maschi”. Vuol dirmi che quanto accaduto a Faenza nel gennaio del 2018 è stato contro l’arbitro e basta, non c’entrava il fatto che fosse donna? “Certo che sì. La partita era agli sgoccioli, con le ospiti tarantine che hanno lanciato una preghiera verso il canestro di Faenza, la palla è entrata ed hanno vinto di 1. Non mi piace dirlo ma quei tifosi che hanno aggredito me e la cronometrista non se la sono presa con due donne, ma con le due persone colpevoli secondo loro di aver fatto perdere la partita alla loro squadra”. Si trattava di Club Atletico Faenza- Levoni Taranto, serie A1.

gentile, un saluto cordiale non possano far parte di questa distanza, perché dimostrano apertura al dialogo e prontezza allo scambio di idee”.

La chiusura a Silvia Marziali che in una intervista a Fa-

brizio Fabbri per il Corriere dello sport ha riassunto così il suo – e forse non solo – modo di concentrarsi per una partita: “Io in campo ormai ho imparato ad isolarmi, quasi avessi un casco che mi insonorizza. È un lavoro che devi costruire su te stessa nel corso degli anni. Passando dai primi campetti di provincia, dove giocano in promozione amatori o cestisti che sono avanti con l’età, salendo poi di gradino in gradino. Anche l’esperienza internazionale, con i club e qualche mese fa agli Europei femminili, sono serviti a corazzarmi ancora di più”.

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IDA NOMI PESCIOLINI NOBILDONNA SENESE NATA NEL 1873, INSEGNANTE DI GINNASTICA ALLA MENS SANA. A LEI SI DEVE L’INTRODUZIONE E LA DIFFUSIONE DEL BASKET IN ITALIA.


storie

Un secolo di superdonne

UN TUFFO NELLA STORIA DEL BASKET FEMMINILE IN OCCASIONE DEL CENTENARIO DELLA FEDERBASKET. DALLE PIONIERE CON I GONNELLONI ALLA SPINTA DEL FEMMINISMO, DALL’ETÀ DELL’ORO ALLE DIFFICOLTÀ DI OGGI. IL TUTTO DA UN ANGOLO VISUALE PRIVILEGIATO

di FRANCO ARTURI

T

utti noi siamo la nostra storia, che quindi è indispensa-

bile conoscere. Le ricorrenze forti e le celebrazioni servono soprattutto a fermarsi un secondo e guardare indietro, anche con un po’ di tenerezza e malinconia, perché no. Solo un attimo, prima di riprendere la corsa verso il futuro e divorare il campo. Vale anche per i cento anni della Federbasket, nata nel 1921, e quindi della versione femminile dello sport, che qui ci interessa ripercorrere in un lampo. Chi erano le antenate, le prime che hanno cominciato a “buttarla dentro”, imbragate in gonnelloni da paura, ma finalmente felici di poter scatenarsi e divertirsi come gli uomini? Quelle ragazze tiravano a canestro in un’Italia che correva verso vent’anni di fascismo e una seconda guerra mondiale, a poca distanza dal cataclisma della prima. Cinque contro cinque all’aperto, nei cortili di qualche scuola, in un mondo che teneva le donne a casa, senza diritto al voto, ad aspettare un marito e dei figli, unica missione loro richiesta. Dunque delle pioniere e anche rivoluzionarie. Un seme

gettato per lo sport, per loro stesse e per chi sarebbe venuto dopo, cioè l’esercito di ragazze di oggi, infinitamente più libere nel gioco e nella vita. Segnatevi i nomi di questa squadra: Banzi, Radice, Piantanida, Ferrè, Travaini. È la Pro Patria di Busto Arsizio che batte 8-0 l’Unione Sportiva Milanese, con De Simoni, Gualdi, Pagani, Sappini, Mangiarotti. È il primo “meeting nazionale femminile”, torneo misto di atletica e basket, che allora si chiamava ancora palla al cesto. Gli altri due club partecipanti sono il Ricreatorio Laico Garibaldi (un nome che è un’epoca) e l’O.P.A.L. di Olgiate Olona. Si giocò in un campo su Viale Sondrio, a un passo dalla stazione centrale di Milano, quella più piccola, attiva dal 1864, non la gigantesca struttura in stile “assiro milanese” che sarebbe stata edificata solo 10 anni dopo. La storia, per la verità, era cominciata ancora prima, sempre all’insegna delle donne. Già, perché il basket-pallacanestro-palla al cesto è l’unico dei grandi sport ad essere stato introdotto e diffuso in Italia proprio


storie da una donna. Si chiamava Ida Nomi Pesciolini, era una benestante nobildonna senese, viaggiatrice e poliglotta, nata nel 1873. Ad inizio Novecento insegnava ginnastica alla Mens Sana ed italiano agli stranieri. Venne a conoscenza di quel nuovo gioco inventato da James Naismith nel 1891, si procurò il regolamento in inglese, lo tradusse nella nostra lingua e già nel 1907 organizzava le prime dimostrazioni in giro per l’Italia. Il seme era gettato, anche per i maschi. Erano tempi in cui l’attività fisica delle donne, fra mille pregiudizi e limitazioni, era poco differenziata: atletica, ginnastica e quel nuovo gioco erano spesso un tutt’uno, anche organizzativamente. I primi cinque campionati in qualche modo riconosciuti, dal ‘24 al ‘28, si mossero nell’ambito di sigle generaliste. Le prime grandi cestiste erano anche eccellenti atlete. Il livello tecnico era ancora un po’ così da questa parte dell’Atlantico, Italia compresa, come si deduce dai risultati di una rappresentativa canadese in tournée in Europa nel ‘24: 39-9 all’Alsazia, 64-4 al Roubaix, 60-0 alle parigine. Un anno dopo, nel ‘29, altra tournée delle canadesi, stavolta di Edmonton, stesse legnate per tutte, compreso il 68-2 ad una selezione italiana. L’esecuzione, pardon la partita, si tenne alla Forza e Coraggio di Milano. L’attuale Fip

quello sport di squadra era di fatto il primo e allora unico aperto alle donne, stante i divieti e i pregiudizi sul calcio. Un primato di cui andare orgogliose. A proposito di quei tempi turbinosi, un moto di solidarietà offriamolo alla reyerina Bonato che, nelle fasi finali del campionato del ‘43, si beccò un’ombrellata da uno spettatore di Trento, mentre una compagna fu colpita da una pallonata, sempre dagli spalti: il basket non è mai stato uno sport per signorine… O forse sì: proprio in quella fase di lancio del basket fra le nostre donne cade la gemma del titolo europeo vinto dalla nostra nazionale a Roma nel 1938: maglia azzurra e gonna (sì, ancora) bianca, le italiane primeggiano su 4 squadre avversarie. Prima di confinare quel successo in un’era lontana, troppo arcaica per essere vero, andiamoci piano: mai siamo tornati a svettare a quelle quote nella “modernità”. Insomma, teniamocela stretta la medaglia d’oro delle pioniere. Per tornare ai miei collegamenti personali con il basket-donne, torno agli anni 60, alla mia adolescenza. Ero tifoso del mitico Simmenthal, Brumatti e Iellini i miei idoli. Abitavo molto vicino al Palalido, dove arrivavo domenica mattina, di buon’ora. Verso le 11 gli addetti alle

Il modello femminile proposto dal basket è quanto di più moderno ci possa essere: una donna sicura di sé, non bamboleggiante, aggressiva quanto serve, mai intimorita dal contatto fisico, ricca di autostima e intraprendenza, energica, resiliente. e la sua precursora Fipac entrarono in gioco nel 1930, da dove si fa cominciare l’albo d’oro del campionato italiano, con due successi della Ginnastica Triestina, seguite da un decennio di dominio milanese, con varie società. A questo punto devo per forza di cose inserire qualche nota personale, però aderente al tema: ho “seguito” direttamente o indirettamente molto da vicino questo secolo di basket donne, anche se cent’anni non li ho ancora compiuti… Il primo legame sta nell’attività di due miei illuminati predecessori alla Gazzetta dello Sport, il giornale che ha assorbito molti decenni della mia vita professionale e che mi vede tuttora attivo: Luigi Ferrario e Martino Voghi furono decisivi negli anni eroici nella veste di dirigenti-organizzatori, che affiancarono al loro lavoro alla Rosea. Il secondo riguarda mia madre, Clelia, dalla quale, ormai adulto, appresi, non senza un certo stupore, che all’Istituto Magistrale (oggi parleremmo di liceo psico-pedagogico) milanese di via Tabacchi giocava in cortile con le sue compagne a pallacanestro fra un bombardamento alleato e l’altro: erano gli ultimi, pesantissimi, anni della seconda guerra mondiale. Dunque

pulizie spalancavano tutte le porte di accesso per fare il loro lavoro. E per me era un gioco da ragazzi sgattaiolare dentro non visto, e soprattutto non pagante. A quel punto cominciava la lunga attesa delle 18, per la partita dei miei beniamini. Gran fortuna che la giornata comprendesse almeno una partita giovanile e a seguire spesso quella delle ragazze della Standa Milano, che mi hanno aperto gli occhi cestistici sull’altra metà del cielo. Le fughe in contropiede a velocità doppia di Fiorella Alderighi (che si sarebbe poi sposata con Fabio Guidoni, coach del Geas europeo del ‘78) le ho ancora negli occhi. Entrato nell’età adulta e nella mitica Gazzetta dello Sport, caso e mio caposervizio, Marco Cassani, vollero che mi dedicassi stavolta professionalmente al basket femminile. Il grande Geas era mia responsabilità in redazione. E a questo punto svelerò gli altri due motivi personali della mia full immersion nell’ambiente: proprio in quegli anni conobbi Rosi Bozzolo, che di quel Geas e della nazionale era una straordinaria playmaker. Ne scaturì il nostro matrimonio e per me un corso di aggiornamento professionale quotidiano. Non bastasse, insieme abbiamo dato vita a Giulia Arturi, di cui sto seguendo una quasi ven-


MABEL BOCCHI TAGLIA LA RETINA DOPO LA STORICA VITTORIA IN FINALE DI COPPA DEI CAMPIONI 1978 CONTRO LO SPARTA PRAGA.

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storie tennale carriera in Serie A e in nazionali varie, che mi porta da addetto ai lavori fino ai giorni nostri. Insomma, me ne sono perse poche da diversi decenni a questa parte. Forte di questo lungo corso, mi sono piuttosto chiari i punti di svolta, tecnici e di costume, di questo straordinario sport. Non potrò qui certamente proporre elenchi esaustivi (e noiosi), ma certo mettere in primo piano il big bang del basket donne come credibilità nazionale e internazionale. Avvenne proprio negli anni 70 col gruppo Geas (Bocchi, Bozzolo, Sandon in particolare) cui in azzurro si unì presto un altro fenomeno, Gorlin. Che cosa accadde, a parte la congiunzione astrale di tante superdonne in una-due generazioni? In primo luogo la spinta poderosa del femminismo che in tutto il mondo rimetteva, almeno nella dialettica filosofica, la donna sullo stesso piano dell’uomo, dopo millenni di patriarcato implacabile. Non è un caso che proprio dai primi anni 70 alcune ben individuate atlete in Italia diventassero trascinanti. Parlo di Paola Pigni, Sara Simeoni, Novella Calligaris e appunto del gruppo delle cestiste che arrivarono sul tetto continentale col bronzo europeo di Cagliari ‘74 e la conquista della coppa dei Campioni del ‘78, primo trofeo di quel livello non soltanto nel basket, ma dell’intero sport italiano. Queste grandi campionesse aprirono l’era dello sport femminile moderno, dove ci si allenava a tempo pieno, come gli uomini, in un nascente professionismo di fatto. Il pionierismo e lo spontaneismo erano superati per sempre. Sfioro appena il ridicolo argomento riassumibile nello slogan “quello femminile non ha niente a che fare col basket (maschile): è un altro sport”. Si tratta di espressioni di sottocultura maschilista che si qualificano da sole. Il basket è sempre lo stesso, che lo si declini al maschile o al femminile.

ma di fatto il basket femminile italiano cessò progressivamente di essere la prima disciplina di richiamo nel panorama nazionale ed ancora oggi ha seri problemi di reclutamento. Fattori economici e geopolitici e di costume hanno accelerato la crisi: altri Paesi europei hanno cominciato a sovrastare dal punto di vista economico i nostri club. Con l’effetto evidente di marginalizzare il nostro movimento. La crisi è tutta italiana perché Paesi vicini e mediterranei, come Francia e Spagna, hanno continuato la loro ascesa, opponendosi con successo agli incredibili budget di russi e turchi. Niente è irreversibile: il risvolto positivo di questa situazione è che si può solo migliorare, vedremo come. Uno sport che è stato guida e traino delle donne italiane lo merita e non può aver perso la sua carica vitale. Fra l’altro, il modello femminile proposto dal basket è quanto di più moderno: una donna sicura di sé, non bamboleggiante, aggressiva quanto serve, mai intimorita dal contatto fisico, ricca di autostima e intraprendenza, energica, resiliente. Le cestiste sono tutto questo e anche in Italia, ne sono convinto, riprenderanno il posto che meritano al centro del panorama sportivo.

L’onda lunga di quella conquista, tecnica e culturale, ha poi sostenuto almeno altri 15-20 anni di nuovi successi. Il basket confermava, anche col numero delle tesserate, il suo ruolo centrale nell’ambito del movimento sportivo nazionale. Il campionato attirava le migliori straniere del mondo, e altri due club fecero la storia, in Italia e all’estero: il Vicenza di Antonio Concato, che è stato il più grande dirigente italiano, e poi la Comense, entrambe guidate dalla mano salda di Aldo Corno. I nomi di Gorlin e Sandon, le esperte reduci del decennio precedente, e quelli delle magnifiche Pollini e Fullin sono state al centro di epopee vincenti ineguagliabili. Vi rimando agli albi d’oro per quantificare questa età da favola. Con la nazionale, la spinta ci portò prima all’importante approdo all’Olimpiade di Mosca ‘80 e infine allo straordinario argento europeo del ‘95.

Per chiudere in leggerezza, ne ho viste e sentite molte in decenni di basket femminile. Ve ne dico un paio fra le più sorprendenti. Una con nome e cognome: protagonista Vittorio Tracuzzi (fosse ancora fra noi si divertirebbe dell’episodio, e confermerebbe tutto senza sentirsi in discussione), uno degli immortali del nostro basket, allenatore influente come pochi, dopo un eccellente percorso da giocatore. Verso fine carriera passò anche dalla femminile, c.t. della nazionale fra il 1981 e il 1985. Tipo anticonvenzionale, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. Nel corso di un lungo colloquio mi disse, con tanto di dimostrazione gestuale: “Vedi, ho scoperto che la posizione difensiva di base delle donne dev’essere diversa perché loro devono controbilanciare il peso del seno”. Giuro, era serio, come quando aggiunse: “Pollini? Bravissima, ma in Italia c’è ne sono decine come lei, adesso vado a scoprirle”. Sì, amava spararle grosse, anche se resta un genio del basket. Di un altro dialogo non dirò il responsabile, che è ancora felicemente fra noi, e che è stato peraltro uno dei migliori tecnici mai passati dal basket donne. Un giorno commentavo con lui la prova di una giovane play che stava lanciando, una ragazza dal gran fisico, che sapeva fare tutto molto bene, tranne il tiro dalla distanza. La classica mano quadra. “Però ha appena 17 anni - gli faccio io -, può migliorare molto. Che lavoro specifico gli fai fare?”. Lui mi gela: “Sono l’allenatore della prima squadra, non ho tempo per queste cose”. A proposito della cura dei fondamentali…

Raggiunto l’apogeo della parabola, cominciò purtroppo un declino che continua tuttora. Motivi chiari: il primo fu la perdita del primato dei numeri. Altri sport, in particolare il volley, aprirono una fase espansiva di straordinaria portata. Non è questa la sede per indagarne i motivi,

P.s.: sono debitore a Massimiliano Mascolo e al suo “Almanacco del basket femminile” di molte notizie, in particolare sui tempi lontani. Come telecronista Rai e appassionato storico e statistico, ha dato davvero tanto a questo sport.


CATARINA POLLINI NON È SOLO LA GIOCATRICE CON PIÙ PRESENZE IN MAGLIA AZZURRA (252), MA È ANCHE LA MIGLIOR REALIZZATRICE DI TUTTI I TEMPI CON 3.903 PT (SECONDA BIANCA ROSSI CON 2.438).

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1ª partita della Nazionale (Francia-Italia) e 1° campionato federale

1932-39

8 scudetti di fila per le squadre milanesi (4 per l’Inter)

La Nazionale vince l’oro agli Europei

1938

1930

100 anni DI FIP

Un'infografica che racconta 20 momenti significativi della storia della pallacanestro femminile.

start

1975

1974

L’Italia arriva quarta ai Mondiali in Colombia e Mabel Bocchi (in foto) viene premiata come MVP

1990-95

2004

2018

Vicenza vince la 5ª Coppa Campioni in 6 anni e il 7° scudetto di fila

15° scudetto per la Comense (9 di fila tra il 1991 e il 1999)

Dominio italiano nelle 2 coppe europee (9 vittorie su 12)

L’Italia 3x3 è campione del mondo

Nazionale: argento europeo e oro alle Universiadi

1995

1988

La Nazionale vince il bronzo all’Europeo di Cagliari


LEGENDA Un omaggio alle donne che coi loro risultati hanno fatto grande la pallacanestro italiana.

Nazionale

Olimpiadi

Campionati Europei

Scudetti

WNBA

Campionati Mondiali

1953

5° scudetto di fila per Vicenza (in foto)

4° scudetto di fila per la Comense

1980

1ª qualificazione alle Olimpiadi per la Nazionale

1996

Catarina Pollini (in foto) è la prima italiana in Wnba / vince anche il titolo

Prima partita vinta dall’Italia alle Olimpiadi (Atlanta)

2018-19

1997 2019

Tre ori europei di fila per le Nazionali giovanili

Prima vittoria italiana in Coppa Ronchetti (Roma)

1984

1978

Il Geas è campione d’Europa (1° italiana) e vince il suo 8° scudetto in 9 anni

1969

10° scudetto per Schio

2021 L’Italia 3x3 va alle Olimpiadi di Tokyo



HOW TO SURVIVE CHRISTMAS DI ALICE BUFFONI - Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport Consigli psicosportivi per arrivare in ottima forma al Panettone: ecco come applicare alcune tra le più note tecniche di mental training al periodo natalizio. Se ti saranno di aiuto, nulla ti vieterà poi di applicarli anche alla tua vita da Atleta. Garantiamo sicuri miglioramenti della performance!

1 - KEEP CALM & RESPIRA L’ossigeno è fondamentale per schiarire le idee, soprattutto in questi giorni di traffico totale e obbligo mascherine. Come tutti i grandi atleti sanno, una buona e controllata respirazione è alla base degli esercizi di rilassamento e di attivazione, siano essi in vista di una finale playoff, che degli ultimi acquisti natalizi. Se ti senti sopraffatta dagli impegni, prova a inspirare per 3 secondi ed espirare per 6. Ripeti l’esercizio più volte e ti accorgerai di avere recuperato la calma. Se invece hai bisogno di energia e lucidità, inspira per 2 secondi e butta fuori di colpo e velocemente tutta l’aria. Questo tipo di respirazione serve ad attivarsi, prova a ripeterlo tre o quattro di fila.

2 - TO DO LIST, FATTI UN PIANO! Non si raggiunge nessuno obiettivo navigando a vista. Ogni particolare è importante per costruire una stagione perfetta, gli allenatori e i preparatori lo sanno bene. Quindi, stila una lista circostanziata di tutti gli ingredienti che servono per la tua celebre Crema al Mascarpone. Eviterai di affrontare la jungla dei supermercati un’ora prima della chiusura.

3- IMPARA A VISUALIZZARE Mentre nascondi i regali nei luoghi più impenetrabili della casa, memorizza mentalmente la sequenza dei tuoi gesti. La Visualizzazione o Imagery, è una tecnica di allenamento mentale utilizzata da tutti i grandi atleti per allenare più efficacemente un gesto tecnico o anche per preparare il piano gara, in modo da fronteggiare ogni imprevisto. A te l’Imagery salverà la vita quando ti accorgerai che sotto l’albero manca proprio il regalo per il coach: l’hai avvolto nella double e poi l’hai messo nel borsone, sotto l’accappatoio, prima di uscire per l’allenamento.

4- PENSA POSTIVO! È NATALE! Ti manca un regalo? Succede sempre di dimenticare qualcuno, di solito una vecchia zia o il collega pesante. Non c’è problema. La Positive Psychology è una branca della psicologia che si concentra sul potenziamento delle abilità che già possediamo, per sostenerci in quelle dove siamo più carenti. Dunque, applichiamola in tutti i campi del nostro quotidiano: possediamo un set di tazzine da caffè che non sappiamo dove mettere, e siamo carenti in regali imprevisti? Facile: ricicliamo. Questa rubrica è tenuta da Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.

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