LAURA SPREAFICO COPPA ITALIA: SCHIO #13 COPPE EUROPEE COVID E INFORTUNI CREMA DA RECORD IL CASO GRINER REUNION COMENSE
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MAR 2022
MARZO 2022
N.36
in questo numero 1 EDITORIALE Polemica
3 inside A1
La regina è Schio
8 speciale coppe
Venezia, sogno vivo. Schio, treno perso
13 Focus
Covid e infortuni
19 cover story
Sprea on fire
25 inside A2
Succede di tutto
31 Primo piano
Coppa con vista A1
37 ORIZZONTI
Il caso Griner
43 storie
Donne vincenti
47 PALLA E PSICHE
Che abilità mentali possiedi?
REDAZIONE Silvia Gottardi,
Francesco Veluzzi, Manuel Beck, Simone Fulciniti, Laura Fois, Eduardo Lubrano, Alice Buffoni, Guido Corti
PROGETTO GRAFICO Linda Ronzoni/ Meccano Floreal
IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/ Meccano Floreal
FOTO DI Marco Brioschi, Marco Teatini,
WNBA, Virtus Bologna, Reyer Venezia PINK BASKET è un periodico di proprietà di Silvia Gottardi
editoriale
POLEMICA DI silvia gottardi [femm. sostantivato dell’agg. polemico]. Controversia, piuttosto vivace, su argomenti letterari, scientifici, filosofici, politici ecc., sostenuta tra persone che hanno diversità di vedute. Con sign. estens., contrasto, discussione portati avanti per inveterata abitudine a contraddire gli altri; atteggiamento di critica preconcetta. Questo è quello che troverete se cercate la parola polemica sulla Treccani. A me piacciono le polemiche, negli anni ne ho fatte diverse, ma credo che quelle sterili - appunto di critica preconcetta, come scrive la Treccani - non abbiano senso. Contraddire, opporsi, confrontarsi credo invece che abbia molto senso quando porta ad un miglioramento, ad una crescita. Al contrario delle bolle di filtraggio dei social, che ormai ci permettono di leggere solo opinioni in linea con le nostre: in questo modo non si va da nessuna parte. Perciò eccovi tre polemiche che in questo periodo sono molto calde, che per il bene del movimento meriterebbero di non essere accantonate.
Il campionato zoppo. A causa del Covid, in questa stagione, ci sono stati tantissimi rinvii. Troppi. Così tanti che il calendario non sarà mai completato. Non c’è niente di ufficiale, ma con il termine della stagione regolare fissato senza deroghe al 6 aprile, è evidente che le 6 gare della Reyer non ancora recuperate (che diventeranno 7 perché l’ultima giornata coincide con le finali di EuroCup) verranno cancellate. E potrebbero non essere le uniche. D’accordo, è già previsto dal regolamento che in tal caso scatterà il quoziente vittorie/partite giocate come criterio di classificazione; ma è possibile che una squadra finisca con 7 gare in meno? Oppure che una qualificazione ai playoff venga decisa dalle partite non giocate anziché da quelle giocate, come potrebbe succedere tra Costa e Geas?
Il caso Sottana. Finalmente Giorgia, dopo un anno e mezzo, ha tirato fuori in un’intervista (Gazzetta dello Sport del 29/3) il malcontento per l’esclusione dalla Nazionale, finora affidato solo ai social. Lei che a 33 anni ha appena vinto la Coppa Italia da protagonista assoluta, che è decisamente ancora tra le migliori giocatrici italiane del campionato, e senza dubbio quella che a livello di Eurolega tiene meglio il campo, l’unica direi (assieme a Zanda) che fa la differenza in Europa. E noi l’abbiamo lasciata a casa dagli Europei 2021 che assegnavano un posto per il pre-Mondiale? Si vuole svecchiare la Nazionale? Benissimo, ma non sbarazzandosi di una delle poche giocatrici che sanno far canestro, quando il problema che riconoscono tutti è che quando si alza il livello non facciamo canestro! Tra l’altro, secondo me, confrontarsi con una così in allenamento farebbe molto bene alle giovani.
Eurolega. La Comense è l’ultima squadra italiana ad averla vinta nel 1995. Parma, nel 2002, l’ultima ad aver partecipato a una F4. Sono 20 anni esatti che non si vede l’Italia nel basket che conta. Certo, Schio quest’anno è stata eliminata con onore a gara 3 dei quarti, ed è spesso arrivata nelle prime 8. Ma basta? Non basta, ci siamo solo abituati a questa situazione. Torniamo alla questione della visibilità: se non vinci (o almeno ti giochi qualcosa che conta davvero) non vai in tv, non arrivano sponsor, né nuove iscritte. Lo dico dopo una bellissima finale di Coppa Italia tra Schio e Virtus che, purtroppo, non ha trovato spazio sui canali tv di rilievo. Che si fa? Forse è l’ora davvero di sedersi a un tavolo, e restarci seduti per un bel po’, fino a trovare una soluzione che ci possa rilanciare.
LEADER SOTTANA GUIDA SCHIO IN FINALE CON UNA PRESTAZIONE SUPERLATIVA DA 17 PUNTI, 5 ASSIST E 28 DI VALUTAZIONE.
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LA REGINA È SCHIO
LA COPPA ITALIA HA CONFERMATO CHE SCHIO SARÀ LA SQUADRA DA BATTERE. ALLE SPALLE DELLE VENETE CRESCE LA VIRTUS BOLOGNA, CAPACE DI ARRIVARE FINO ALL’ATTO CONCLUSIVO. PER LO SCUDETTO SARÀ UNA CORSA A TRE CON VENEZIA. NON MANCANO PERÒ LE OUTSIDER PER IL QUARTO POSTO
DI MASSIMO MATTACHEO
S
chio, sempre Schio, meravigliosamente Schio. Questa la
fotografia migliore per descrivere la Techfind Coppa Italia – IFP Cup andata in scena dal 24 al 27 marzo a San Martino di Lupari. Il settimo trionfo negli ultimi dieci anni, il tredicesimo in assoluto conferma come la squadra veneta sia una vera e propria habituée, per non dire la regina, della competizione. Una vittoria meritata per la formazione allenata da Georgios Dikaioulakos, ancora imbattuta sul suolo italico in questa stagione. Il ruolino di marcia parla di 25 successi in altrettante gare, un rullo compressore in Serie A – dove lo scarto medio è di quasi 20 punti e la produzione offensiva sfiora i 78 punti a gara – che si è confermato tale anche in Coppa Italia.
Lo Scudetto scucito dal petto delle scledensi dalla grande
Umana Reyer Venezia allenata da Giampiero Ticchi nella passata stagione sembra avere riacceso in casa Schio quel sacro fuoco che ha portato le scledensi a
instaurare un vero e proprio dominio sul suolo italico nell’ultimo decennio. “Dopo la finale Scudetto, Pierre Vincent ci ha comunicato di volere fare ritorno in Francia – esordisce il GM di Schio Paolo De Angelis – così abbiamo puntato su un nuovo corso guidato da un allenatore di grande esperienza come Dikaioulakos. I suoi anni al Fenerbahce e a Orenburg lo rendono un profilo di grande livello con cui siamo in perfetta sintonia. Fin da subito abbiamo lavorato sulla sua idea di ampliare il numero di giocatrici italiane che potranno avere uno spazio in quintetto nei prossimi anni: penso a Verona, ma anche a Keys, diventata titolare e un punto di riferimento negli ultimi mesi”. E se la Final Four di EuroLeague Women è sfuggita per un soffio, forse con qualche rammarico per l’andamento di Gara 1 dei quarti di finale in particolare, i primi due trofei stagionali (Supercoppa e Coppa Italia) messi in bacheca certificano una volta di più la volontà e il desiderio del Famila di tornare a essere cannibale. “Siamo decisamente soddisfatti del nostro
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percorso europeo – prosegue De Angelis – e anche di quanto stiamo facendo in Italia, dove fino a questo momento siamo imbattute. Dico anche che, dal mio punto di vista, la nostra pallacanestro sia davvero godibile e spettacolare. Il progetto che abbiamo intrapreso sarà almeno di durata biennale, con l’obiettivo di migliorare ancora i nostri risultati mantenendo un gruppo di giocatrici che riteniamo essere di grande valore”. Le fa eco Giorgia Sottana, che pure non nasconde un po’ di amarezza per l’eliminazione in EuroLeague Women: “In Italia stiamo facendo bene, rimane il rammarico per come è maturata la sconfitta in gara 3 a Praga in coppa perché volevamo raggiungere la Final Four e non ci siamo riuscite. Credo che la squadra abbia ancora margini di crescita, possa perfezionare alcune cose con l’intento di provare a vincere anche lo Scudetto”.
Entrando nel dettaglio di quanto visto tecnicamente a San
Martino di Lupari, emerge come il Famila abbia con-
dotto i tre incontri disputati per larghi tratti, imponendo il proprio talento, la fisicità e la profondità del roster per sfiancare – con il passare dei minuti – la resistenza delle padrone di casa nei quarti di finale, e di una commovente Lucca – autentica rivelazione in positivo della stagione – in semifinale. La finale contro l’ambiziosa Virtus Segafredo Bologna è stata uno spot importante per il movimento femminile, tra due squadre che potrebbero instaurare un grande duello, con la Reyer, in questa stagione e negli anni a venire. “Credo che la finale di Coppa Italia sia stata una delle partite più belle dell’ultimo decennio – afferma il GM del Famila – ma anche che l’intero torneo abbia confermato la crescita di livello del campionato. Lucca sta facendo grandi cose, Ragusa è una squadra molto interessante, Campobasso è destinata a essere una delle migliori formazioni della Serie A1. Dopo alcuni anni difficili, in cui sono scomparse piazze importanti, è bello vedere che la competitività del campionato sia nuovamente aumentata nell’ultimo decennio”.
ECORD ENNESIMO TROFEO ALZATO AL CIELO PER IL FAMILA. CON QUESTA, LE COPPE ITALIA IN BACHECA SONO BEN 13.
La squadra allenata da Dikaioulakos è partita molto forte, segnando 53 punti in un primo tempo ai limiti della perfezione da un punto di vista offensivo, guidata dal talento di Kitija Laksa (autrice di 26 punti alla sirena), MVP della manifestazione, e dalla classe di Giorgia Sottana e Sandrine Gruda. Ma la Virtus si è confermata squadra vera e forte, rientrando dagli spogliatoi con il piglio di chi vuole interrompere il dominio scledense: Dojkic, Zandalasini, Cinili e Turner (tutte e quattro in doppia cifra) hanno segnato canestri importanti che hanno riportato la squadra allenata da Lardo a contatto (73-68 al 30’, con un parziale di 20-27 nel terzo quarto). Nell’ultima frazione, il Famila ha saputo gestire la veemente rimonta avversaria, appoggiandosi ai suoi punti di riferimento e alzando al cielo la Coppa Italia. “La chiave del nostro successo – prosegue la giocatrice del Famila Wuber – è la consapevolezza del ruolo che ognuna di noi ha all’interno del roster. Saperlo interpretare al meglio, in una grande squadra, è fondamen-
tale: con le dovute proporzioni, è quello che accade a Milano nel maschile. Più alti sono gli obiettivi, maggiore importanza ha il ruolo di ciascuna atleta”.
Conclusa la Final Eight, Schio punta con forza a comple-
tare il triplete sul suolo italico in stagione, lavorando per riportare nella bacheca del Club il tricolore ora indossato sul petto dalla Umana Reyer Venezia. Sono ancora diverse le partite che tutte – o quasi – le squadre devono recuperare per concludere la stagione regolare, ma il primato del Famila sembra essere quasi al sicuro. All’interno del dualismo Schio-Venezia degli ultimi anni, la Techfind Coppa Italia – IFP Cup ha trovato il terzo incomodo. La Virtus Segafredo Bologna, tra le regine del mercato estivo, è in rampa di lancio per giocare un ruolo da grande protagonista nella stagione. Squadra profonda e ricca di talento, con una matrice anche difensiva che sta emergendo gara dopo gara, è arrivata all’atto finale con pieno merito, dopo avere
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inside A1 battuto Campobasso nei quarti di finale e le campionesse d’Italia in semifinale. Due gare simili nel loro andamento, in cui la Virtus ha imposto il proprio ritmo fin dalle battute iniziali, piazzando diverse spallate importanti nel corso delle partite e resistendo poi ai tentativi di rientro delle avversarie. E se la gara con Campobasso, altra squadra rivelazione dell’annata, ha dimostrato che la formazione allenata da Lardo può essere considerata la seconda/terza forza della Serie A1, il vero capolavoro è arrivato in semifinale contro l’Umana Reyer. Un secondo periodo da 5-16, in cui l’attacco della squadra guidata da Andrea Mazzon è andato fuori giri, ha cambiato in modo decisivo il destino e gli equilibri della gara, che la Virtus ha saputo condurre in porto con autorevolezza, guadagnandosi così il diritto di accedere alla finale.
Detto delle due finaliste, un capitolo del nostro racconto lo
meritano anche l’Umana Reyer Venezia e la Gesam Gas e Luce Le Mura Lucca, le due squadre semifinaliste. Le orogranata, capaci di centrare la qualificazione alla Final Four di EuroCup dopo un periodo complesso a causa dei casi di Covid-19 che le hanno colpite, hanno
giocatrici) a disposizione. Budget ridotto per costruire una squadra con tante giocatrici in grado di prendersi responsabilità, ha sorpreso la Passalacqua Ragusa – che negli ultimi anni ha vinto due volte la Coppa Italia – dominando i due periodi pari del quarto di finale. Il 31-43 di quei 20 minuti, e la capacità di rompere gli equilibri nel periodo finale, hanno condotto le toscane a un successo molto prestigioso. Dopo il meraviglioso Scudetto vinto nel 2016/17, capolavoro di Mirco Diamanti e del suo staff, Lucca ha attraversato anni difficili e progressivamente ridotto le proprie ambizioni di competere ai vertici. In questa stagione, la Gesam sta riaccendendo la passione del pubblico e della città. Scendendo nel dettaglio delle altre quattro squadre che hanno partecipato alla Coppa Italia – Ragusa, Campobasso, Geas e San Martino di Lupari – è emerso come si tratti di quattro formazioni che hanno tutte una propria identità. Se quella delle siciliane e delle lombarde è data dalla continuità tecnica in panchina (Gianni Recupido e Cinzia Zanotti sono due degli allenatori più longevi della Serie A1 Femminile), quella delle padrone di casa è legata alla capacità di coach
La finale contro l’ambiziosa Virtus Segafredo Bologna è stata uno spot importante per il movimento femminile, tra due squadre che potrebbero instaurare un grande duello, con la Reyer, in questa stagione e negli anni a venire. disputato una buona Coppa Italia, ribaltando l’Allianz Geas nei quarti di finale con una ripresa da 49-31 che ha cambiato le sorti di una gara controllata dalle lombarde nel primo tempo. In semifinale l’Umana ha patito la maggiore freschezza della Virtus, non riuscendo a rientrare a contatto dal -13 dell’intervallo. Con il rientro a pieno regime di tutte le atlete, però, Venezia sarà pronta a difendere lo Scudetto conquistato lo scorso anno. La formazione allenata da Mazzon si trova in una situazione anomala: ben 8 partite rinviate (compresa quella dell’ultima giornata, per concomitanza con le Final Four di EuroCup), solo un recupero al momento è fissato in calendario. Con ogni probabilità gli altri non si disputeranno, e scatterà quindi il “comma” del regolamento che prevede la classificazione in base al quoziente vittorie-sconfitte.
La più grande sorpresa della Coppa Italia, se di sorpresa si
può parlare visto l’andamento della stagione, è stata la Gesam Gas e Luce Le Mura Lucca. La squadra allenata da Luca Andreoli ha un sistema collaudato, conosce i propri pregi e i propri limiti e gioca una pallacanestro molto efficace con gli ingredienti (o meglio, le
Lorenzo Serventi di fare esprimere al meglio le proprie giocatrici (dettaglio emerso in tutte le sue esperienze da capo allenatore), mentre Campobasso è spinta dalle ambizioni del title sponsor La Molisana. Dopo un anno di assestamento nella massima serie, la squadra è stata molto rinforzata in estate e si propone come una possibile outsider nei playoff.
“A oggi in campionato siamo la squadra da battere – conclude
Sottana – ma sappiamo anche che, a causa di Covid-19 e rinvii, non abbiamo mai giocato con Venezia se non in Supercoppa e una sola volta con la Virtus. Il campionato è equilibrato e il livello delle prime sei-sette squadre si è alzato. Essere la formazione da battere è bello e difficile, perché ogni avversaria darà il meglio di sé contro di noi. Vogliamo però andare a prenderci quello che Venezia ha vinto lo scorso anno, abbiamo lavorato tutta la stagione per questo obiettivo”.
Otto squadre per lo Scudetto, con qualche possibile in-
serimento di chi insegue. La certezza è una: Schio è ancora la regina, per il tricolore sarà la squadra da battere.
VIRTUS CONQUISTA LA PRIMA FINALE DI COPPA ITALIA DELLA SUA STORIA. CONTRO SCHIO OTTIMA PROVA DI CINILI, 16PT.
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speciale coppe
VENEZIA, SOGNO VIVO SCHIO, TRENO PERSO DI manuel beck È nelle mani di Venezia il sogno italiano nelle Coppe europee. Dal 5 al 7 aprile l’Umana Reyer sfida le turche Galatasaray e Mersin e le francesi di Bourges, padrone di casa, nelle Final Four di EuroCup, con l’obiettivo di prendersi il trofeo che nel 2021 le fu strappato all’ultimo secondo della finale contro Valencia. Nella più saporita delle rivincite, le orogranata hanno eliminato le stesse spagnole nei quarti di questa edizione: persa di 4 l’andata (57-61), la squadra di Mazzon ha firmato un’impresa di altissimo livello tecnico e caratteriale, sbancando di 8 il tempio valenciano della “Fonteta” (67-75). Grande approccio per la Reyer, mandando un messaggio immediato (21-29 al 10’); poi il momento più difficile quando dal +11 di metà 2° quarto le veneziane si vedono rosicchiare punto su punto il vantaggio, con l’ex di turno Guelich dominante in area, fino al sorpasso di metà 3° periodo (52-48), col pubblico di casa “in gas” e la frustrazione di dover rifare tutto da capo. Il classico frangente in cui servono campionesse che prendano per mano la squadra e la rimettano sui binari da cui sta deragliando. La Reyer le trova in Thornton (18 punti) ed Anderson (23), che con una serie di magie ribaltano di nuovo il punteggio e ridanno coraggio alle compagne. Le quali poi, in volata, diventano un’armata compatta in difesa e lucida nelle scelte d’attacco, come nell’azione decisiva in cui Bestagno, a pochi secondi dallo scadere dei 24”, non forza la conclusione ma cerca e trova Anderson per il canestro più aggiuntivo che chiude virtualmente i conti. Tra le italiane, oscar all’…attrice non protagonista per Smorto, due triple preziose. Nonostante una Coppa Italia “così così”, la Reyer arriva con le carte in regola all’appuntamento, ma il livello della concorrenza è alto, probabilmente più dello scorso anno. L’avversaria in semifinale è Mersin, che ha appena “rullato” una finalista di Eurolega come il Fenerbahce in Coppa di Turchia. C’è la grande ex (tricolore proprio lo scorso anno con le orogranata) Temi Fagbenle; ci sono americane di livello assoluto come Dewanna Bonner, Tiffany Hayes, Yvonne Turner, Jasmine Thomas. Non da meno l’altro accoppiamento: il Galatasaray ha l’oro olimpico 3x3 Kelsey Plum e Kaela Davis a formare un reparto-guardie super-prolifico; sotto canestro Shante Evans e la serba Kraijsnik; Bourges risponde con un organico a trazione “indigena”: Rupert, Guapo, Michel e due elementi di lunga militanza italiana come Godin e Yacoubou.
EUROLEGA Schio esce in gara-3 dei playoff contro Praga e manca l’appuntamento con la storia. Questa la notizia nuda e cruda, dopo un mese in cui è successo di tutto. Sul numero scorso eravamo rimasti al Famila battuto dal Fenerbahce nella partita che poteva valere la qualificazione, ma salvato dalla vittoria di Landes su Girona nell’ultimo recupero della fase a gironi. In pochi giorni cambia il mondo: scoppia la guerra in Ucraina, fuori le squadre russe dalle Coppe. Spariscono dal tabellone dei playoff di Eurolega sia Kursk sia, soprattutto, la grande favorita Ekaterinburg. Griglia rifatta: a Schio tocca Praga anziché Salamanca, con la sensazione di avere un’opportunità insperata fino a poche settimane prima. Infatti la prova del campo, nelle prime due gare della serie, mostra un Famila per nulla inferiore alle ceche, anzi sostanzialmente al comando per 75 minuti su 80. Il guaio è che il conto delle vittorie dice 1-1: colpa del blackout arancione nel finale di gara-1, dopo una partita giocata benissimo dalle arancioni di Dikaioulakos sul parquet avversario, costruendo un (apparentemente) saldo +12 con 5 minuti da giocare. Diventa invece una grande occasione sciupata,
EUROCUP VENEZIA SFIDA MERSIN IN SEMIFINALE. ASTOU NDOUR (IN FOTO) E COMPAGNE NON AVRANNO VITA FACILE CONTRO LE TURCHE, FRESCHE VINCITRICI DELLA COPPA DI TURCHIA.
soprattutto per una difesa che si disunisce all’improvviso sotto le folate di Praga, spinte dalla spagnola Conde, con la beffa del sorpasso in dirittura d’arrivo (72-70). In gara-2, davanti al suo pubblico, il Famila è bravo a non subire il contraccolpo, e anzi rilanciare con una prestazione della stessa qualità della precedente, ma senza cali (a parte un passaggio a vuoto all’inizio dell’ultimo quarto, da +15 a +5, presto rimediato). Finisce 69-56 con la fiducia di poter, stavolta, espugnare Praga e prendersi la prima Final Four della storia societaria. Nulla di tutto questo. In gara-3 inizio troppo morbido in difesa per Schio, con 16 punti subiti in poco più di 4’ (un problema già capitato contro il Fenerbahce, senza apparenti spiegazioni tecnico-tattiche); poi una faticosa ricucitura dello strappo, con un’ottima Mestdagh (26 punti) e sprazzi di Sottana e DeShields (14 a testa), ma nel terzo quarto un nuovo blackout costa un parziale di 17-2 per Praga. Irriconoscibile il Famila in una sarabanda di tiri mal presi e nuovi buchi difensivi sia sulle accelerazioni a tutto campo della solita Conde (25), sia nelle coperture sulle tiratrici perimetrali. Non si può dire che Schio abbia mollato, perché nel finale ritorna a meno 7, però ecco di nuovo troppi spazi (a zona) per le triple avversarie e stavolta finisce davvero, 90-77. Poco da Laksa e Gruda in questa gara-3, zero punti da André e Keys, ma al di là delle singole l’impressione è che questo Beretta Famila, nella sua versione a 5 straniere, avesse tutto per battere questa Praga buona ma non eccelsa: Vorackova, Alyssa Thomas, Brionna Jones le protagoniste insieme a Conde, non superiori alla dotazione scledense. Le semifinali saranno Salamanca-Sopron e Fenerbahce-Praga. Conclusione? Le Final Four di Eurolega restano tabù per Schio, nonostante un quindicennio abbondante di partecipazioni onorevoli: sempre un gradino sotto la grande impresa. È la sintesi del basket femminile italiano di club degli ultimi 20 anni: tanti sono quelli trascorsi dall’ultima nostra presenza nelle top-4 d’Europa. Era il 2002 con Parma di Ticha Penicheiro e Yolanda Griffith, battuta in semifinale. Venivamo dall’epopea-Comense e ci stava quasi stretto non arrivare alla finalissima. La storia poi ha preso un’altra piega. Oggi non possiamo certo considerare fallimentare una stagione che termina in gara-3 dei quarti; ma il fatto che in vent’anni tondi nessun club italiano sia mai riuscito ad andare alle Final Four (per non parlare del titolo assoluto, che ci manca dal 1995) è davvero difficile digerirlo.
NCAA – Sono uscite al primo turno le tre italiane classe ’99, ormai “senior”, qualificate al torneo nazionale del College Basketball. Elisa Pinzan con la sua South Florida ha perso contro Miami (19 punti per l’ex veneziana), Lorela Cubaj e Georgia Tech hanno ceduto a Kansas (8 punti e 11 rimbalzi per la lunga azzurra), Lucia Decortes e Albany non hanno superato l’ostacolo Louisville (non entrata la bergamasca di scuola Geas). Ora Cubaj ha buone possibilità di essere scelta dalla Wnba: nei vari “mock draft”, le previsioni degli esperti, oscilla tra la decima e la ventesima posizione.
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PRO
CHIARA CONSOLINI LA CAPITANA DI RAGUSA SI È INFORTUNATA A DICEMBRE. OPERATA AL GINOCCHIO SINISTRO IL 20 GENNAIO ORA È IN FASE DI RIABILITAZIONE.
focus
COVID E INFORTUNI
IL CAMPIONATO 2021/22 È STATO CARATTERIZZATO DA TANTI RINVII A CAUSA DEL COVID E DAI RELATIVI RECUPERI. UNA STAGIONE SEGNATA PERÒ ANCHE DAI TANTI INFORTUNI SERI. ESISTE UNA CORRELAZIONE TRA QUELLO CHE HA PROVOCATO IL COVID E QUESTI INFORTUNI? IL NOSTRO APPROFONDIMENTO
Di Eduardo Lubrano
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i sono stagioni che nascono con un marchio ben pre-
ciso. Quella che si avvia alla fine verrà certamente ricordata per l’enorme quantità di partite rinviate a causa dei contagi da Covid che hanno falcidiato le 14 squadre della serie A1. E dei relativi infortuni che hanno tolto dal palcoscenico alcune attrici. Per dare un’idea: dal 19 gennaio al 31 marzo solo le gare da recuperare sono state 30. Da sommare alle 56 delle giornate di campionato, più – relativamente a Schio e Venezia – quelle di Euroleague ed Eurocup poi per le veneziane. Un carico di lavoro che specie nel mese di marzo ha costretto alcune squadre a giocare a ritmi serrati, senza l’organico al completo, cambiando del tutto il modo di allenarsi e la preparazione atletica. Da luglio poi a marzo ci sono stati ben 16 infortuni diversi: 10 crociati, 2 caviglie, 1 menisco, 1 infiammazione al ginocchio, due di cui non abbiamo saputo la natura perché società ed atleta hanno scelto diversamente. Di più: da gennaio a marzo sono stati
6 gli infortuni alle ginocchia ed uno ad una caviglia. Tutti molto seri, nella maggior parte dei casi hanno costretto chi li ha subiti a saltare la stagione o a giocarne spiccioli, con tutta la fatica del rientro in campo dopo mesi e mesi. Ed allora? La domanda che ci siamo posti e che abbiamo posto ad alcuni esperti del settore è questa: esiste una correlazione tra quello che ha provocato il Covid e questi infortuni? Noi di Pink Basket già l’anno scorso ci eravamo fatti questa domanda, avendo a cuore davvero la salute delle giocatrici, ma era caduta nel vuoto.
Facciamo chiarezza. Il Covid ha provocato in quasi tut-
te le squadre un ribaltamento della metodologia di allenamento e da parte dei preparatori atletici un adattamento continuo ad una situazione che è cambiata di giorno in giorno. Perché le atlete costrette anche a brevi periodi di inattività hanno perso il ritmo degli allenamenti - a questo livello - per una settimana o dieci giorni e questo ha comportato un
focus
SARA CRUDO 16 MARZO: SALTA IL CROCIATO DEL GINOCCHIO SX DELL’ALA DEL GEAS. SARA AVEVA GIÀ SUBITO UN GRAVE INFORTUNIO AL GINOCCHIO DX AD OTTOBRE 2020.
loro parziale reinserimento nel gruppo a discapito del lavoro globale della squadra. Ma non basta. Lavorare per una settimana in attesa della gara del sabato o della domenica e poi avere la notizia all’ultimo momento che non si sarebbe giocato, ha comportato continui stop and go che anche a livello psicologico non hanno fatto bene alle atlete. “Il lavoro psicologico è stato uno dei più importanti in questo periodo – dice Maurizio Tripodi, responsabile preparazione atletica e personal trainer che lavora presso Sistemha, un centro di attività fisica e movimento a Saronno in provincia di Varese – perché molti atleti ed atlete sono ancora alle prese con
gli effetti del primo lunghissimo e devastante lockdown del 2020”.
Nel luglio del 2020 Tripodi ha scritto un articolo nel quale
tra le altre cose ha riportato le conclusioni di uno studio pubblicato sul giornale scientifico “Science and Medicine in Football” a firma di Franco Impellizzeri (University of Technology Sydney), Martino Franchi (Università di Padova), Fabio Sarto (Università di Padova), Tim Meyer (Saarland University) e Aaron J. Coutts (University of Technology Sydney) che ci spiega il perché di questo innalzamento degli infortuni nel periodo post lockdown.
In quello studio, fatto sul calcio, ci sono tre affermazioni
che con le dovute cautele e con i dovuti paragoni, si possono accostare a quanto accaduto alla nostra serie A1: “Una riduzione della quantità e della qualità dell’allenamento fa decrescere i parametri fisiologici fondamentali per la performance; non avere a disposizione il tempo necessario per ricondizionare gli atleti può portare a un aumento del rischio di infortuni; le Federazioni Sportive devono avere la consapevolezza che la decisione di quando e come riavviare le attività competitive determina delle conseguenze a livello di salute e di rischio infortuni”. Abbiamo già detto che lo studio si riferisce al calcio,
ma fa riflettere se si pensa alle varie Bashaara Graves, Cinzia Arioli, Francesca Russo, Sydney Wiese e Sara Crudo che nei primi due mesi e mezzo di questo 2022 hanno visto saltare le loro ginocchia (a cui si aggiunge il recentissimo infortunio di Lucas). O a Nina Premasunac che ha dovuto farsi operare alla caviglia. Crediamo però che nelle tre affermazioni riportate qui sopra, ci siano delle “piccole” e magari banali verità, che racchiudono un mondo. Se non ti alleni e giochi soltanto (tre partite a settimana!), soprattutto quando non sei abituato a questo ritmo – cioè 12 squadre tranne Venezia e Schio – il rischio di infortuni sale esponenzialmente.
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focus Avere la rosa incompleta per gli allenamenti, per diverse settimane qualche squadra si è allenata con 4 senior e molte giovanissime, ha voluto dire un carico di lavoro superiore per le 4 grandi mentre aspettavano che le “contagiate” si negativizzassero e ricominciassero la preparazione. Con i preparatori costretti ai salti mortali per cercare di recuperare una “programmazione lineare” come dice sempre Tripodi. Infine la questione delle date. Il campionato è iniziato quasi regolarmente. Ma tranne le infortunate estive, Martina Spinelli e Sara Ronchi, da ottobre in avanti è stato un calvario: Giulia Ianezic, Francesca
dipendente da catene discendenti. Il continuo interrompere ha costantemente alterato la capacità propriocettiva e gestionale del gesto tecnico con conseguente aumento della possibilità di infortunio”. Insomma gli infortuni non vanno valutati solo alla luce di una questione muscolare e questo i preparatori, gli osteopati, gli allenatori lo sanno bene, ma anche alla luce della situazione emotiva e fisica in generale di un’atleta. A parte gli allenatori, i preparatori atletici ed i medici societari, ne è stato tenuto conto da chi ha deciso l’affollamento del calendario di questi mesi? In
Non c’è un’evidenza scientifica che mostra la correlazione tra il Covid e i tanti infortuni di questa stagione, nessuno ha avuto il tempo ancora di fare degli studi approfonditi… Ma il sospetto è forte. Pan, Ruth Hebard, Myisha Hines-Allen, Chiara Consolini. Più Charlie Collier e Samantha Ostarello delle quali però non si conosce la natura dell’infortunio, quindi le riportiamo solo per dovere di cronaca ma non possono entrare in nessun ragionamento. Fino alla decima giornata è andato tutto bene, salvo il fatto che nel fine settimana del 30 ottobre non si è potuto giocare Sassari-Ragusa per il maltempo che ha devastato la città siciliana, impedendo alla squadra di partire per la Sardegna. Dunque fino al 12 dicembre tutto bene. Poi non si è capito più nulla. E si è arrivati a quella “scorpacciata” di partite di 71 giorni che se all’inizio poteva essere un’opportunità per dare visibilità al movimento – ovviamente opportunità persa – poi si è trasformata in una rincorsa dapprima ad avere almeno cinque/sei giocatrici da mettere in campo, poi anche a cercare qualche escamotage per rinviare ulteriormente alcune gare nonostante ci fosse stato un accordo per giocare con 6 giocatrici disponibili tra le società. Infine ad una ripresa degli infortuni in serie che hanno davvero inciso sul campionato.
Un altro esperto che abbiamo sentito, Daniele Procario
- un osteopata che lavora a Roma e che di basket ne sa qualcosa (ed è anche l’osteopata ufficiale del Frosinone calcio) - ci offre un altro quadro della situazione: “Gli stop and go, il dover interrompere e riprendere gli allenamenti non ha soltanto un riflesso sul tono/ trofismo muscolare. Lo stress psico-fisico che hanno vissuto le atlete incide profondamente sul muscolo diaframma e quindi sul sistema lombo / viscero / pelvico creando una serie di alterazioni propriocettive e posturali. Considero il ginocchio una articolazione neurologica strettamente
una intervista al sottoscritto per il sito pianetabasket. com, il presidente della Lega Basket Femminile, Massimo Protani, aveva adombrato l’ipotesi che le Final Eight di Coppa Italia (altre 3 partite per chi è arrivato in finale) si sarebbero potute spostare in un’altra data, magari prima dell’inizio della prossima stagione. Macchè: un bel fine settimana lungo dal 24 al 27 marzo. E con due recuperi messi in campo sabato 26 e domenica 27, ovviamente di squadre non coinvolte nelle F8, almeno questo. Quindi la risposta è no, nessuno dei dirigenti ha tenuto conto che, come dice quell’affermazione dello studio citato all’inizio di questo articolo: “Le Federazioni Sportive devono avere la consapevolezza che la decisione di quando e come riavviare le attività competitive determina delle conseguenze a livello di salute e di rischio infortuni”. Ed anche se è un dolore scriverlo ed annotarlo, c’è quasi da dire meno male che la Nazionale maggiore non dovrà giocare i Mondiali questa estate. Ma le Nazionali giovanili hanno i rispettivi campionati europei. In che condizioni arriveranno ai raduni quelle che hanno giocato così tanto? Perché come sappiamo abbiamo un buon numero di Under 20 che giocano minuti importanti in A1...
Ora però bisogna rispondere alla domanda principale: il Co-
vid, i suoi effetti, gli stop and go, le troppe partite cui le società sono state costrette in un tempo brevissimo hanno una relazione diretta con gli infortuni di cui abbiamo parlato? Non c’è un’evidenza scientifica, nessuno ha avuto il tempo ancora di fare degli studi che sono complessi e che dovrebbero comprendere prima di tutto un’anamnesi individuale di tutte le giocatrici coinvolte. Ma il sospetto è forte. Non solo in chi scrive.
SYDNEY WIESE STAGIONE FINITA PER LA GUARDA USA DI LUCCA (15,2 PT E 2,8 ASSIST A PARTITA), UNA DELLE CHIAVI DELL’OTTIMA STAGIONE DELLE TOSCANE.
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LAURA SPREAFICO CLASSE 1991, È PARTITA DA COMO E HA FATTO IL GIRO D’ITALIA. QUESTA, CON COSTA MASNAGA, È LA SUA SEDICESIMA STAGIONE IN SERIE A1.
cover story
SPREA ON FIRE
FISICO, CLASSE, ESPERIENZA E GENEROSITÀ DA VENDERE. DOPO UN PERIODO COMPLESSO, A COSTA HA RITROVATO L’EQUILIBRIO PERFETTO, INANELLANDO UNA SERIE DI PRESTAZIONI CHE HANNO RIACCESO I RIFLETTORI SU UN PATRIMONIO DEL BASKET FEMMINILE ITALIANO
Di Simone Fulciniti
L
a carriera di Laura Spreafico parla da sola. Sedici
anni di massima serie, tanti alti e qualche basso. Un’esterna potente, dotata di cuore, coraggio e una mano letale dalla lunga distanza. Partendo da Como ha fatto praticamente il giro d’Italia, indossando maglie di squadre di primissima fascia, così come quelle di minore portata, sempre con la medesima classe cristallina. A Costa Masnaga vive un momento di forma straripante e mentre scriviamo sta inseguendo il sogno-playoff. Laura, finalmente sembri tornata quella dei giorni migliori... A Costa ho ritrovato quell’equilibrio che mancava da qualche tempo, ho ritrovato il piacere di stare in campo, divertirmi, giocare con la mente libera e serena. Arrivavo da un momento complesso, e tornare a casa mi ha dato la possibilità di stare vicino alla mia famiglia. Ciò di cui avevo bisogno. Ed ecco spiegate le belle prestazioni in campo. Questa è la
chiave di volta. La serenità ritrovata su entrambi i piatti della bilancia: dentro e fuori dal campo. Arrivata a trent’anni ti senti una giocatrice compiuta o ancora incompiuta? Sono soddisfatta. Tante stagioni nella pallacanestro mi hanno formata come persona e come cestista. Non ho rimpianti. Alcune cose potevano andare diversamente, certo, ma tutte le esperienze che ho fatto sono servite; non butto via niente. Qualsiasi cosa può tornare utile. Se un anno fa volevo tagliare con la pallacanestro, oggi ho imparato che attraverso questo sport posso fare molto anche in altri ambiti. Ricordi il tuo primo allenamento? Piangevo come una disperata. Così come alla prima partita di minibasket. Abbiamo fatto di tutto per incastrarla con quella di mio fratello. Avendo una sola macchina mio padre aveva accompagnato lui,
cover story mentre io andai con mia mamma. Arrivati alla palestra il coach raggiunse mia madre dicendole che tutti erano in campo mentre “Laura è in spogliatoio che piange”: lei arrivò, mi prese per i codini e disse: “o vai a giocare o non ti porto mai più”. Scesi in campo: fu una partita tiratissima vinta 6-4 da noi e feci 4 punti. E quella fu la spinta ad abbracciare questo bellissimo sport. C’è stato un momento “della svolta”? Non c’è stato. Il basket l’ho sempre concepito come un divertimento, la possibilità di instaurare rapporti umani. Un aspetto per me basilare. Un processo compiuto naturalmente: ho avuto la fortuna di fare le giovanili nella Comense ed è stato normale arrivare in serie A1. Un percorso lento che rispetta la mia filosofia. Dopo Como arriva Lucca... Un primo salto importante anche fuori dal campo. A Como ero nella comfort zone. A Lucca sono diventata grande, vivendo l’esperienza lontano da casa. Ho avuto la fortuna di condividere quell’anno con persone ancora oggi amiche. Lo ricordo volentieri. Mantenne alto il mio percorso di crescita. Ti allenava un certo Diamanti... L’avevo avuto come coach nel mio primo europeo con la nazionale Under 18. Fu un motivo che mi spinse nella scelta. Riponeva in me tanta fiducia. Lui non ha bisogno di presentazioni, inutile dire che fu importante. È vero che i suoi allenamenti sono particolarmente faticosi? Non ricordo allenamenti così duri. C’era il piacere di stare in palestra. Ricordo invece gli esercizi sulla difesa, il suo marchio di fabbrica e della Lucca dei tempi. Poi arrivi a Schio... Personalmente non mi sentivo pronta per una società del genere, avevo 21 anni. Mi sarebbe piaciuto arrivarci più esperta. Non ci furono le condizioni. Schio aveva già comprato il mio cartellino. Quei due anni non mi hanno lasciato amaro in bocca: mi hanno formata, dandomi l’impostazione mentale giusta. Imparai cosa significa confrontarsi con giocatrici di grande calibro. Non ho avuto minutaggi importanti, ma solo fare allenamento con quell’intensità ti aiuta a crescere velocemente. Mi è dispiaciuto non avere l’occasione per far vedere qualcosa in più, ma ho capito come si lavora in un certo modo. Successivamente Parma. E quella fu una stagione bomba. Concordi? Certo. Il banco di prova. Poter dimostrare quello che avevo imparato a Schio. Mi sono presa grandi re-
sponsabilità, giocando palloni decisivi: una stagione che mi è servita molto, anche in chiave di autostima. La rinascita e l’occasione per poter dire “Ok, posso prendermi responsabilità”. La frase della quale avevo bisogno. Mi spiace solo per come è finita. Un pezzo di cuore è rimasto in Sicilia? A Ragusa sono arrivata per merito di Gianni Lambruschi, col quale ho un rapporto super. Basti pensare che in estate lavoro costantemente con lui, in individuale. Devo ringraziarlo per avermi fatto giocare partite di grande livello, in Eurocup, nelle semifinali scudetto. Se a Schio mi sentivo ai margini delle rotazioni, per età e come ultima arrivata, a Ragusa ho avuto la possibilità di giocare minuti pesanti… Avevo piani per stare molto tempo, ma il secondo anno una polmonite mi ha tenuta a lungo fuori, e, alla fine, le nostre strade si sono divise. Ogni estate ci torno, ho amicizie che resistono a distanza di anni. Ma non sei la sola ad aver amato quella destinazione... Mia madre quando sentiva parlare di offerte di Ragusa si metteva a piangere per la paura di non vedermi più. Ma è stata quella che mi ha aiutato a fare il trasloco e che ha pianto di nuovo quando ha chiuso definitivamente la porta. Ogni tanto la vedo sui siti immobiliari che cerca casa lì. I ragusani e la società hanno fatto la differenza, ero una di famiglia. Una tifoseria eccezionale... Mi ricordo le sfide quando arrivavo con Schio. Palazzetto sempre pieno, i fischi, una rivalità sentita, qualcosa di bello e sano che fa bene a questo sport e ne alza il livello di competitività. Non senti la fatica di giocare 5 partite in dieci giorni. Anche Broni per te ha significato tanto. Perchè? Sicuramente mi ha ridato la possibilità di giocare, dopo un anno in cui avevo giocato poco ed avevo perso il ritmo. Loro hanno puntato tanto su Spreafico. Avevo due offerte, Napoli e Broni, e il mio istinto mi fece optare per Broni, il pensiero mi dava serenità. Fu la scelta ideale. Lavorare con coach Fontana, che reputo insieme a Barbiero il miglior coach che ho avuto, mi ha dato molto. Ho ripreso ritmo, consapevolezza nei miei mezzi. E poi giocare per i Viking, è una cosa bella. È incredibile vedere quel piccolo palazzetto pieno di tifosi che cantano tutta la partita, e che ti seguono nelle trasferte impossibili. Difficile trovare nel nostro ambiente tante emozioni. Ricordo ad esempio il derby contro il Geas il primo anno: durante il riscaldamento volarono 300 rotoli di carta igienica. Una bella carica. E adesso arriviamo alle dolenti note. Il ritorno a Lucca. Cosa non funzionò?
REALIZZATRICE LAURA È LA MIGLIOR REALIZZATRICE ITALIANA DEL CAMPIONATO CON 16,6 PT A PARTITA, OTTAVA NELLA CLASSIFICA GENERALE.
Motivazioni personali importanti, non mi trovavo bene sul campo con l’allenatore e già a ottobre gli avevo manifestato le mie sensazioni: non mi divertivo, facevo fatica ad andare in palestra. Non sono una che molla, non lascio le cose a metà, volevo portare a termine l’anno in qualunque modo. Ma a novembre c’è stata una mazzata personale importante che mi ha stravolto la vita, andare avanti significava andare incontro ad una possibile depressione. Chi
mi conosce ha avuto il coraggio di chiamarmi al telefono. Ma ad altri è bastato poco per giudicare una persona, senza sapere le cose fino in fondo. E sono tutti bravi a sputare sentenze dietro ad una tastiera, così, come se non ci fosse un domani. Non rimpiango nulla perché era il momento di mettere davanti me stessa. Il basket è solo un capitolo, la vita è ben altro. Ho preso una decisione difficile, ho passato due brutte settimane prima di Natale, ma l’ho do-
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cover story vuta prendere per una questione di sopravvivenza. Chi mi conosce ha capito, gli altri possono pensare quello che vogliono. Non voglio dare spiegazioni. Non ne vale la pena.
La possibilità di migliorarsi subito dopo un errore, di riscattarsi e fare qualcosa di utile nell’immediato. Una filosofia di vita: gli errori accadono ma è importante la velocità con la quale affrontiamo le cose e ripartiamo.
Con la Nazionale che rapporti ci sono? La Nazionale è un sogno. Io e lei viaggiamo su due linee parallele. Negli anni ho sempre fatto qualificazioni, mai un europeo. E questo è un obiettivo da raggiungere prima di finire la carriera. So che la cosa non dipende da me, dalle mie prestazioni, ci sono tanti fattori che non posso controllare. So solo che io posso dare il mio meglio, ed ogni volta che arriva la chiamata azzurra è sempre un motivo di orgoglio che fa piacere. Ma se non arriva continuo a
Una cosa che non hai mai fatto e che vorresti fare? Soffro di vertigini, ma dico lo stesso bungee jumping. Contro natura, superare la paura di buttarsi nel vuoto, potrebbe essere una pazzia, estrema, solo al pensiero muoio. Matilde Villa, la tua compagna di squadra, è davvero così forte? Sì. Ho la fortuna di vederla in allenamento e nonostante abbia solo 17 anni, sfodera un talento in-
La parte migliore del basket è la possibilità di riscattarsi subito dopo un errore. Una filosofia di vita: gli errori accadono, ma è importante la velocità con cui reagiamo e ripartiamo. fare il mio, lavorare sempre più forte senza rimanerci troppo male. Ho imparato negli anni a farlo diventare uno stimolo e non un macigno da tenere sulle spalle. La vivo serenamente. I risultati si trovano e si raccolgono. Vedremo. Una partita che vorresti rigiocare? A Ragusa la finale di Supercoppa del primo anno, rigiocherei l’azione decisiva. Mancammo l’ultimo rimbalzo, e la palla finì a Jolene Anderson che segnò. La prima partita con in palio un trofeo dove ho potuto dare un vero contributo. Uno sportivo di riferimento? Da piccola, in Comense, avevo come idoli Masciadri e Macchi. Arrivare a giocarci insieme a Schio è stato qualcosa di irreale. Le ammiravo i miei primi anni nelle giovanili quando erano in serie A, lontane, inarrivabili. Sette anni dopo trovarle compagne di squadra è stato particolare». L’ avversaria più forte incontrata? Diana Taurasi. Lei giocava ad Ekaterinburg e io a Schio. Difendevo su di lei, un fenomeno. La compagna più forte? Chicca Macchi, per il talento e la creatività che aveva in campo. Basti pensare a quel famoso canestro in gara 5 contro Ragusa, che valse uno scudetto. A rivederlo è poesia in movimento. Sarà stata fortuna? Di sicuro classe. Lei risolveva cose impossibili con una facilità disarmante. Qual è la parte migliore del basket?
credibile. Ogni tanto mi chiedo come fa ad andar dentro con una facilità disarmante, regge i contatti con gente tre volte più grossa. Ha la testa giusta. Umile, e con i piedi per terra. Si impegna e migliora giorno dopo giorno. Quello che riesce a fare alla sua età è difficile da vedere. Le auguro di diventare una giocatrice importante, con la semplicità che la contraddistingue. Com’è il tuo extra-basket? Mi mancano due esami alla fine della triennale in psicologia. Statistica uno e due. Gli ho lasciati per ultimi perché non mi piacciono. Poi inizierò un tirocinio di sei settimane presso una comunità madre-bambino. Una sfida che mi spaventa, ma sono contenta di averla accettata. Penso che ognuno di noi debba conoscere tanti ambiti nella vita. Nel post carriera non so se proseguirò nel mondo del basket. Mi piacerebbe lavorare coi bambini piccoli, dai 5 ai 10 anni. Non si deve mai smettere di imparare ed essere curiosi verso la vita. Concludiamo con la classica domanda: comandassi tu, cosa cambieresti nell’universo basket femminile? La cosa che mi dà più fastidio è non essere considerate uguali ai maschi. Per me è inconcepibile constatare che quando smetterò di giocare, con magari 20 anni di carriera alle spalle, avrò zero anni di lavoro, essendo considerata dilettante. Nel 2022 essere su piani diversi dai maschi è inaccettabile, dato che l’impegno è lo stesso. C’è da lavorare tanto. Io non vedrò i risultati: ma spero che le generazioni future possono raccogliere qualcosa.
PALMARES IN BACHECA DUE SCUDETTI, DUE COPPE ITALIA E DUE SUPERCOPPE.
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Succede di tutto
IL MARZO DELLA CINQUINA DI CREMA IN COPPA ITALIA, MA ANCHE DI PARTITE A RAFFICA TRA TURNI DI CALENDARIO E RECUPERI; DI UN MERCATO CHE SFORNA COLPI SENZA SOSTA; DI SPORADICI MA ANCORA FASTIDIOSI CASI-COVID. LE PROSPETTIVE ALLA VIGILIA DELLL’ULTIMO MESE DI STAGIONE REGOLARE
di manuel beck
S
i entra nell’ultimo mese di stagione regolare di A2: tutto an-
cora da decidere, complici i non pochi recuperi da disputare. È stato un marzo ad altissima densità di eventi, sia sul campo che sul mercato, come dettaglieremo nelle prossime pagine. I prossimi capitoli si svolgeranno in piena presenza di pubblico: dal 1° aprile si torna al 100% di capienza nei palazzetti. La supremazia schiacciante di Crema in Coppa Italia (di cui parliamo nell’articolo dedicato alle penta-campionesse) si è confermata nelle successive settimane di campionato; mentre scriviamo, 28 marzo, la vetta finale non è ancora matematica ma è ormai in tasca per la squadra di Diamanti nel girone Nord. Eppure le inseguitrici, che stanno animando una bella lotta alle sue spalle (salgono le credenziali di Milano, stabili quelle di Udine e Brescia, mentre è virtualmente uscita dalla corsa Castelnuovo, sta rimontando Alpo ma era troppo indietro), credono ancora che nei playoff non si giochi solo per il secondo posto. Mantova, Ponzano e Carugate si conten-
dono gli ultimi due posti-playoff ma sono tutte e tre in frenata, tanto che da dietro risalgono, pur senza correre, le due di Bolzano. Il Covid ha congelato Vicenza; si è sbloccata Torino Teen ma deve recuperare 4 punti su Treviso per non retrocedere direttamente. Il girone Sud non è uscito benissimo dalla Coppa Italia (4 sconfitte su 4 nei quarti, anche se Valdarno e La Spezia hanno perso solo nel finale) ma questo in ottica-playoff conta zero, visto che non c’è incrocio tra i due gruppi. Pur nel perdurante equilibrio si sono finalmente delineate fasce di classifica: le appena nominate Valdarno e Spezia per il primato; Firenze e Umbertide per il terzo e quarto posto; una Vigarano in gran crescita è vicina al biglietto-playoff mentre dietro è bagarre tra Cagliari, Matelica, Battipaglia, Selargius, Savona, con Patti e Capri più attardate ma non ancora fuori gioco. Tre di questo gruppo saranno costrette ai playout. Chiudono Nico e Civitanova che duelleranno per evitare la retrocessione diretta.
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GIRONE NORD // Nessun calo d’intensità per Crema dopo la Coppa. Ma lancia la sfida Milano con 10 vittorie di fila e l’innesto di Zelnyte. Marzo impeccabile per Alpo. Provano la risalita le bolzanine, c’è vita anche in basso per Treviso e Torino Teen Crema - Dopo il trionfo in Coppa (vedi articolo dedicato) non si concede il minimo rilassamento, asfaltando altre 4 avversarie, tra cui due “top” come Udine (+28 all’intervallo; Vente 20 punti) e Castelnuovo (“tripla doppia” per D’Alie). Siamo a 21 su 21 in campionato: chi la ferma? Udine - Arriva lanciata alla “sua” Coppa Italia, dove inizia strapazzando Firenze, ma poi si fa sorprendere in avvio di semifinale da Brescia senza più riuscire a raddrizzarla (73-82) nonostante il tifo di casa. Riprende la corsa al 2° posto dominando Torino, Carugate (con 20 di Blasigh) e Treviso, ma il big match con Crema ribadisce le distanze (meno 28 nel primo tempo; Missanelli 18 punti). Milano - Entra di prepotenza nella lotta per il 2° posto arrivando a 10 vittorie di fila: spicca quella su Castelnuovo, in una battaglia di sorpassi risolta subendo solo 6 punti nell’ultimo quarto. Difesa “enigma” (cioè zona con variazioni) e alternanza di protagoniste in attacco sono fra i fattori dell’ascesa. Taglia Popovic e prende una lunga di primo livello per la categoria come Zelnyte (13 punti all’esordio a Bolzano). Brescia - Solo due partite in campionato: un meno 27 con Castelnuovo (ma mancavano Zanardi e Turmel; esordio per il nuovo torrione Grymek) e una vittoria un po’ a fatica su BC Bolzano. In mezzo però la doppia impresa di Coppa Italia contro la n°1 del Sud, Valdarno, nei quarti (tripla decisiva di De Cristofaro), e le padrone di casa di Udine in semifinale (Turmel 22 punti, Zanardi 15+9 rimbalzi e 5 assist; eletta poi miglior giovane dell’evento) prima della sconfitta in finale con Crema. Alpo - Poker senza sconfitte nel mese; calendario propizio ma, dopo la vittoria sofferta, in rimonta, su Treviso (con 20 di Packovski), quelle su Pall. Bolzano (18 di Mancinelli), Carugate (22 di Marangoni) e Mantova (Marangoni 19) sono state tutte convincenti. Sembra difficile andare oltre il 5° posto ma, come sempre, sarà cliente ostico ai playoff. Castelnuovo - Dopo le dimissioni di Zara (entrata nello staff di Brescia) affida la panchina al d.s. Balduzzi, che parte bene con il +27 su Brescia (Rulli 21 punti) e una semifinale di Coppa raggiunta con una gran rimonta su La Spezia. Poi devastante a Ponzano ma chiude perdendo, in assenza di Bonasia, i big match con Milano (nonostante 19 di D’Angelo) e Crema. Mantova - Non un buon mese, a parte la vittoria a Vicenza (23 punti e 12 rimbalzi di Llorente): l’unico vero rimpianto è con Treviso ma il calo è evidenziato dalle sconfitte con Milano e Alpo, che all’andata aveva battu-
to. Il tutto nonostante l’arrivo di un buon rinforzo come Dettori. A parte Llorente, sempre in doppia cifra, fatica a fare canestro. È ancora in zona-playoff ma deve invertire la freccia. Ponzano - Un paio di sconfitte brutali ma altrettante vittorie preziose: a Treviso di 1 punto con tripla di Giordano allo scadere (22 di Van der Keijl), in volata anche con la Pall. Bolzano. Quanto basta per sorpassare Carugate e insediarsi in zona-playoff. Carugate - Batte Torino (21 di Canova) ma poi si spegne la luce: 5 sconfitte di fila, tra cui quelle costose in casa con le due Bolzano, facendosi anche ribaltare la differenza-canestri dell’andata (contro l’Acciaierie Valbruna non bastano 23 punti, 9 rimbalzi e 6 assist di Diotti). La costante tra un episodio e l’altro sembrano i blackout improvvisi. Deve scuotersi per non rischiare i playout. Pall. Bolzano - Con 3 vittorie in 6 partite, si rimette in corsa per la salvezza diretta: il risultato più importante è il +17 nello scontro diretto a Carugate (85 punti segnati; Santarelli 17). A segno anche con Vicenza e Torino ma soffre ancora di discontinuità: pessima nel derby con l’altra Bolzano, sprecata un’opportunità anche con Ponzano. Ora però c’è un’identità chiara intorno al quartetto Kuijt, Santarelli, Pellegrini, Guilavogui. BC Bolzano - Un mese allo spasimo: 8 partite in 4 settimane, cavandone 3 vittorie che la lasciano ancora sperare nella salvezza diretta. L’impresa più bella è nel derby cittadino, dominato 53-72 pur con assenze (Fall 18 punti, Cremona 17). Prezioso bis a Carugate, +18 con 29 di Ovner; e rimonta su Treviso subendo solo 5 punti nell’ultimo quarto. Le sconfitte sono arrivate tutte contro le “big”, tranne quella con Torino, che non aveva mai vinto: giornata disastrosa in attacco. Vicenza - Dopo due sconfitte di misura con Pall. Bolzano e Mantova, arriva il Covid a metterle le ganasce per 3 turni di fila. Playout ormai quasi sicuri. Treviso - Conferma di aver trovato competitività contro (quasi) tutte, ma si morde le mani per le sconfitte in volata con Alpo, Ponzano e BC Bolzano: vincendo almeno una di queste poteva essere virtualmente ai playout. Mette comunque fieno in cascina con un 6254 su Mantova (Perisa 18, Zagni 12). Torino Teen - Riaccende la “fiammella” con la prima vittoria stagionale, un 50-35 su BC Bolzano (13 di Nasraoui, 12+10 rimbalzi di Bevolo). Per il resto sconfitte nette; resta complicato rimontare 4 punti su Treviso per evitare la retrocessione immediata.
SOFIA MARANGONI CLASSE 1995, ALLA SUA PRIMA STAGIONE AD ALPO VIAGGIA A 17,2 PT DI MEDIA, UNA GARANZIA PER LE VENETE.
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FRANCESCA ROSELLINI IL SUO È UN RITORNO IN SARDEGNA: HA GIÀ VESTITO LA MAGLIA DI SELARGIUS NEL 2014/15 E QUELLA DI ALGHERO PER 3 STAGIONI.
GIRONE SUD // Rimane solo Spezia a inseguire la leader Valdarno. Salgono Vigarano, Matelica e ancora Battipaglia. Duello Nico-Civitanova per evitare l’ultimo posto. “Crazy market”: rinforzi a pioggia, in qualche caso senza preavviso… S.G. Valdarno - Costretta ai box per due turni dal Covid, torna con un convincente +21 su Battipaglia. Salvo sbandamenti il primato in stagione regolare sarà suo. In Coppa Italia si fa sgambettare nei quarti da Brescia con un finale poco lucido. Punta giustamente molto sui recenti innesti Peresson e Cvijanovic, ma questo può voler dire equilibri ancora da rimodellare in vista dei playoff. La Spezia - Rimane l’unica in scia a Valdarno, anche se lascia due punti per strada, a Vigarano, subendo 27 punti nell’ultimo quarto. Per il resto bene contro Capri, Patti e Matelica, alternando le protagoniste (N’Guessan, Templari, Castellani e Colognesi le più frequenti). Rimpianti per la rimonta subita nei quarti di Coppa Italia: da +17 all’intervallo alla sconfitta con Castelnuovo. Firenze - Tiene il ritmo per giocarsi il 3° posto con Umbertide, anche se perde lo scontro diretto nonostante 11 punti e 16 rimbalzi di Poggio. Bene con Battipaglia, Capri (in volata) e Patti, un convincente 82-64 con 27 punti di Marta Rossini. In mezzo una parentesi poco memorabile in Coppa Italia, pagando lo scotto della debuttante: mai entrata in partita con Udine. Umbertide - Continua il duello con Firenze per il 3° posto: proprio la vittoria in casa delle toscane, 55-62 con 14 di Cabrini e Baldi, è la più importante del mese. Intasca il referto rosa anche con Patti (22 di Pompei) e, in volata, Capri (17 di Baldi). Sconfitta contro la lanciata Vigarano in campionato e contro l’inarrivabile Crema in Coppa Italia. Vigarano - Risalita impetuosa fino al 5° posto, grazie a un mese “ventre a terra” da 6 partite, di cui 5 vinte. Spiccano quelle con Umbertide, 66-56 con 18 di Perini, e La Spezia, 72-63 con 27 punti segnati nell’ultimo quarto (Perini 22, Sorrentino 20). Chiude con una vittoria in rimonta a Civitanova con 5 giocatrici in doppia cifra, tra cui il nuovo innesto Bujniak, play polacco. Cus Cagliari - Frenata dal Covid ma è riuscita a prendersi due buone vittorie, un +16 su Savona (Caldaro 12 punti) e un +13 sulla Nico (15 di Prosperi e Striulli). Discreta resistenza contro Valdarno prima di cedere netto. Chiude così il mese in zona-playoff. Matelica - Mese intenso con 4 vittorie e due sconfitte, lottando fino all’ultimo, con Vigarano e La Spezia: le marchigiane sono in corsa-playoff, inatteso a inizio stagione. Rocambolesca la vittoria in doppio overtime su Patti: 94-91 con 36+9 assist di Gonzalez e 26 di Gramaccioni. L’italo-argentina è in forma smagliante: ne ha messi anche 29 contro Vigarano.
Battipaglia - Continua l’ascesa, entrando in zona-playoff grazie a tre colpi d’oro, tutti in rimonta: su Vigarano (39-14 nel 2° tempo; Potolicchio 15 punti), Selargius (7-0 negli ultimi 2’30”) e Savona (21-8 nell’ultimo quarto). Attiva anche sul mercato: inserisce l’ala croata Vojtulek che, senza annunci, arriva in campo contro Savona e si presenta da sola con 22 punti... Selargius - Tre sconfitte che la trascinano nel calderone di metà classifica; ha comunque dei recuperi a disposizione per tornare in zona-playoff. Rimpianti soprattutto per la volata persa con Battipaglia. La novità è l’arrivo del play Konstantinova al posto di Zitkova; la bulgara si presenta con uno 0/11 dal campo a Savona, ma 9/9 ai liberi, 8 rimbalzi e 4 assist. Savona - Mese “50-50%” che la mantiene nel gruppone in lotta per i playoff. Piega Civitanova con 29 di Zanetti, ma è preziosa soprattutto la vittoria su Selargius, un franco +15 con 20 di Zanetti e 13 di Tyutyundzheva e Nezaj. Peccato il calo nel finale a Battipaglia. Patti - Mese frenetico, da 6 partite, ma 4 sconfitte, battendo solo le ultime della classe Civitanova e Nico. Da mordersi le mani il doppio overtime perso a Matelica. Il trio Verona-Miccio-Botteghi è ultra-prolifico ma manca ancora qualcosa per trovare la quadra (specie in difesa, la più perforata del girone): risulta in trattativa per un rinforzo. Capri - Più dolori che gioie in un mese da 6 partite (2 vinte-4 perse) che porta anche il cambio d’allenatore: promosso il vice Dalla Libera. Batte le ultime della classe, Civitanova (con 18 di Dacic) e Nico (16 di Bovenzi e Gallo) ma fallisce d’un soffio le imprese con Firenze (Dacic 29) e Umbertide (Bovenzi 20; allo scadere Dacic manca il pareggio). Al momento sarebbe ai playout ma il potenziale per rimontare c’è. Nico Ponte B. - La nuova gestione-Rastelli subisce 4 sconfitte tutte in doppia cifra di scarto, contro avversarie non tra le primissime (Matelica, Capri, Patti, Cagliari). Così corre ai ripari ingaggiando l’esperta lunga Dzinic, che ha esordito senza annunci contro Cagliari. Due volte di fila in doppia cifra la 2006 Tintori. Civitanova - Altre 5 sconfitte di fila e ultimo posto, nonostante l’impatto del recente innesto Rylichova (3 volte oltre i 20 punti). Contro Patti cede di misura a dispetto del clamoroso “doppio trentello” di Paoletti (34 con 6/14 da 3) e Bocola (30 + 10 rimbalzi). Perde di poco anche con Matelica e Vigarano; in quest’ultima spiccano i 16 punti della 2007 Giacchetti.
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FRANCESCA MELCHIORI MVP DELLA COPPA ITALIA, PER LA TERZA VOLTA DOPO IL 2019 E IL 2020: È TORNATA ALLA GRANDE DOPO L’INFORTUNIO.
primo piano
COPPA CON VISTA A1
CREMA HA CONQUISTATO LA SUA QUINTA COPPA ITALIA DI A2 CONSECUTIVA. È UN RECORD CHE HA RESO TUTTI FELICI, MA CHE NON BASTA ALLA SOCIETÀ LOMBARDA, CHE QUEST’ANNO VUOLE DI PIÙ: VUOLE LA A1. MIRCO DIAMANTI È ARRIVATO PER QUESTO. IL NOSTRO APPROFONDIMENTO CON LE INTERVISTE ALLE PROTAGONISTE.
Di Francesco Velluzzi
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ono cinque. Ed è sempre più bello. Perché a Crema si
gioca col sorriso. Ma da fine Aprile le ragazze di Mirco Diamanti faranno la faccia dura, per fare ancora più paura alle avversarie che si troveranno di fronte nei playoff per salire in A1. Perchè cinque coppe Italia di fila vanno bene, vincere aiuta a vincere, ma ora l’obiettivo è dichiarato: promozione. Non può essere altrimenti per una squadra, la Parking Graf (il main sponsor che opera nell’ambito dei parcheggi e detiene anche quello di Orio al Serio), che in campionato non ha mai perso. E che dal 4 al 6 marzo al Benedetti di Udine, nelle finali di coppa Italia che Leo De Biase, anima del basket femminile locale, ha organizzato con impegno e passione, sono state decisamente superiori a chiunque. Non c’è stata storia, nè partita. Crema ha dominato facilmente, mostrando un’altra mentalità rispetto al passato in cui in primavera festeggiava la coppa Italia, ma poi nei playoff segnava il passo.
SVOLTA Il club di Paolo Manclossi ha svoltato. È pro-
prio il caso di dirlo. Perché se è vero che ha ricostruito il talento di Francesca Melchiori, Mvp nel 2019 e nel 2020 in Coppa e pure lo scorso 6 marzo a Udine, una gran soddisfazione dopo la rottura del crociato, è altrettanto vero che la rivoluzione è stata fatta in panchina e alla scrivania. Chi fa la squadra, nel senso di responsabile del mercato, è Marco Mezzadra che già aveva costruito il miracolo Broni. Lui, dopo essersi separato dolorosamente dalla sua creatura, ha convinto quel genialoide di Mirco Diamanti, 67 anni, di Carrara, a tornare in panchina dopo l’incredibile scudetto vinto a Lucca nel 2017. Diamanti è il valore aggiunto, Mezzadra conosce questo mondo alla perfezione. Ha riportato Alice Nori, dopo l’esperienza di Battipaglia, ha ridato stimoli ed entusiasmo alla lunga lettone Liga Vente che Faenza non aveva riconfermato dopo la promozione, ha, soprattutto, portato a Crema Rae D’Alie più conosciuta per la sua maestria nel 3 contro tre, ma che, da “italiana”
primo piano dà alla squadra quel qualcosa in più per risultare, al momento, imbattibile. D’Alie veniva da Bologna, ma vuole nuovamente la A1 e a Crema sta cercando di andare a riprendersela. Un play tuttofare così non ce l’ha nessuno. E la Società è solida: “Parking Graf è il nostro main sponsor, ma un’altra quindicina di aziende ci stanno una mano importante. Convincere Mirco a tornare in panchina è una grande soddisfazione per me. Lui col suo assistente Giuseppe Piazza. Parliamo di un allenatore, Mirco (promozioni con Spezia, Napoli e Lucca), con capacità tecniche e umane straordinarie”. Un professore vero. Quel che è sempre stato nella vita. Da insegnante scolastico. Le ragazze gli vogliono bene e sopportano i grossi carichi di lavoro in palestra perché, poi, prima o dopo l’allenamento, trovano un padre, un consigliere, una persona capace di ascoltare le problematiche di chi vive questa vita animata dalla passione, ma con le incognite del futuro. Perché i guadagni sono quelli che sono... e se nel calcio una coppa Italia vale migliaia di euro, a Crema la soddisfazione sono due cene tutte insieme. Permetteteci, il bello dello sport. Che poi un regalo se lo meritino è un altro discorso.
LE PROTAGONISTE Se D’Alie è quel che è.... meno sappiamo
di Francesca Melchiori, 29 anni di San Donato Milanese. La guardia da 20 punti e 9 assist nella finale di
forti, ma si decide tutto ai playoff. Dove non si può sbagliare. Il premio di Mvp a Udine mi ha reso felice soprattutto perché venivo dal brutto infortunio”. La squadra è completa, non solo nei nomi citati, ma anche con Conte e Rizzi che sono due ottime soluzioni nei cambi di play e guardia. Importante anche la presenza dell’ala Pappalardo, come le conferme delle storiche Caccialanza (la capitana) e Capoferri, ormai monumenti a Crema, a 33 e 31 anni. Ma l’occhio sulle giovani Mezzadra lo ha sempre. A Crema si pensa pure a costruire. In amicizia e se parliamo di amicizia, ecco che si torna a Melchiori e Nori. Alice, 29 anni, come Melchiori, ha lo spirito romagnolo, la testa da sognatrice. Ama lo yoga. Viene da Cervia, ama una cosa su tutte: il cioccolato. Ma ha in testa un unico obiettivo: la promozione. Lei ha vinto tutte e cinque le coppe Italia con Crema: “Ho girato tanto. Bologna, Ferrara, Spezia, Battipaglia, ma Crema è come fosse casa. E infatti ci sono tornata. La A1 l’ho fatta a Battipaglia, ma spero proprio di rifarla. La vittoria in coppa a Udine è stata bellissima, abbiamo festeggiato lì e a casa, ma ora non possiamo fermarci. Siamo forti, più degli altri anni, ma dobbiamo lottare fino alla fine perché i playoff sono un’altra storia. Abbiamo un vantaggio: l’allenatore. Diamanti è davvero bravo, mai avuto uno così. Chiede ritmo e intensità altissimi. Lavora tantissimo sulla difesa,
“La vittoria della Coppa è stata bellissima, ma ora non possiamo fermarci. Siamo più forti degli altri anni, ma dobbiamo lottare fino alla fine perché i playoff sono un’altra storia. Abbiamo però un vantaggio: l’allenatore”. Nori coppa Italia contro Brescia. Numeri che l’hanno condotta al riconoscimento meritatissimo. Francesca è timida, divide l’appartamento a Crema con Alice Nori. Sono sorelle, non amiche.... Sono due legate dentro da una forza che dà loro la profonda convinzione che nessuno le dividerà, direbbe Adriano Celentano. “Siamo amicissime, da tempo. E Alice ha fatto bene a tornare, ha capito che doveva tornare a Crema dove io sono al quarto anno”, racconta Francesca che è stata anche a Venezia, dove ha assaggiato la A1 e a Lucca dove Diamanti trionfò. “Non sono mai stata al Geas o al Sanga, ho giocato nella Società che fondò mio papà, malato di pallacanestro, a Poasco, frazione di San Donato. A 15 anni sono andata via da casa per provare l’esperienza del college Italia a Roma, ci sono rimasta tre anni, senza mai trascurare gli studi. Infatti ho una laurea magistrale in Scienze Motorie e ho fatto un master a Verona. Al futuro bisogna pensare”. Ma per ora Francesca pensa al presente: “Siamo
che è il suo cavallo di battaglia. È vero, siamo molto fisiche e aggressive, lottiamo su ogni pallone e lui punta su questo… ma più che le mani, credetemi, lavorano gambe e testa. Che sono indispensabili. Io credo che siamo cresciute molto con lui, tutte quante. Si lavora con metodo e parecchio. Per tre giorni a settimana c’è allenamento doppio e anche la parte atletica è molto curata. Ma poi c’è quel qualcosa che il tecnico ti dà oltre. Ci puoi parlare anche fuori dal campo e questo per una giocatrice è un fattore determinante. Io ho la fissa di voler vincere il campionato: abbiamo fallito il colpo gli altri anni, ma adesso non possiamo proprio mollare. Qui c’è un bellissimo ambiente, mi trattano come una figlia”. Pure Alice non ha mai mollato. “Ho preso una laurea in Scienze Motorie, pure io e non ho ancora deciso che cosa farò da grande, ma sono molto attirata dallo yoga. Potrebbe essere una buona strada, non è detto che rimanga nel basket che, comunque, è tutto
LIGA VENTE ALA-PIVOT LETTONE, CLASSE 1991, È ORMAI UNA VETERANA DEI NOSTRI CAMPIONATI. È ALLA PRIMA STAGIONE A CREMA.
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primo piano
al momento. Perché se non c’è la passione vera non puoi andare avanti. Viviamo di passione”.
LA STRANIERA Anche la straniera di Crema, Liga Ven-
te, vive di passione. Sempre supportata da una gran testa.... Mezzadra ci scherza: “Prendo solo giocatrici intelligenti”. E la lettone Vente intelligente lo è eccome. Potrebbe raccontarti un mondo. Lei che ha giocato e studiato negli Stati Uniti. “Dove ho studiato International Business Management, dividendomi tra Kansas e Florida”. In Italia è arrivata la prima volta a Castellammare di Stabia. Ed è stato amore a prima
vista: “Era il 2015. È un luogo del cuore. C’è il mare che adoro, il sole, l’allegria della gente, Capri, Ischia, Amalfi, Pompei vicine. Adoro viaggiare e conoscere, amo i piccoli posti, non le grandi città come Milano”. Dove peraltro è stata perché tra le sue esperienze c’è pure quella al Sanga di Franz Pinotti. Liga ha ottenuto due promozioni, con Costa Masnaga e Faenza. Oggi, forse, è il miglior centro della A2. Con la Nazionale lettone non ha avuto tanta fortuna. “Solo dei raduni”. Ma la A1 ora la vuole davvero. Anche perché è la giocatrice che forse ha avuto la maturazione più significativa: “A Faenza non mi hanno tenuta,
CREMA X5 QUINTA COPPA ITALIA DI A2 CONSECUTIVA PER CREMA: RIZZI, NORI, CACCIALANZA E CAPOFERRI LE GIOCATRICI CHE LE HANNO VINTE TUTTE.
non ci sono rimasta bene. Perché il Presidente mi aveva detto di sì, ma poi l’allenatore (Sguaizer, poi esonerato) ha voluto fare altre scelte”. Liga ha subito questa decisione. Ma si è rimboccata le maniche e si è affidata a Diamanti. Di traslochi ne ha fatti tanti, visto che è stata pure a Udine e tra una piazza italiana e l’altra ad Hannover E, quando è arrivata da noi, veniva dalla Francia: “Ora l’obiettivo è fermarmi. Mi sono abituata a traslocare, ma vorrei rimanere nello stesso Club e nella stessa città. E spero che qui ci sia la possibilità. E soprattutto l’opportunità. Io spero di meritarmelo. Va bene la A2, la faccio da anni, ma
adesso voglio la A1. Diamanti è bravo, è molto impegnativo, ma ha buon senso. Con lui penso di essere cresciuta parecchio e sotto tanti punti di vista.” E poi c’è anche la speranza che nel prossimo campionato, in A1, possano esserci quattro straniere. Se ne parla da un po’…. Liga, che parla perfettamente l’italiano e sta prendendo anche la patente italiana (“Per ora mi muovo in bici e divido l’appartamento con D’Alie”), se lo augura fortemente, ma se dovessero restare tre, lei ha tutto il diritto di poter vivere da protagonista anche l’avventura nel massimo campionato. Lei, come tutta Crema, ora sognano davvero in grande.
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BRITTNEY GRINER LA STELLA DI PHOENIX E DELL’UMMC È STATA ARRESTATA IN RUSSIA AD INIZIO MARZO. ATTUALMENTE NON SI SA DOVE SIA DETENUTA NÉ QUANDO SARÀ RILASCIATA.
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IL CASO GRINER
BRITTNEY GRINER È STATA ARRESTATA IN RUSSIA MENTRE TENTAVA DI TORNARE IN USA PER VIA DELLA GUERRA. SI SA POCHISSIMO SULLA SUA DETENZIONE, LA STRATEGIA SCELTA È STATA QUELLA DEL RISERBO PER PAURA DI RITORSIONI. ECCO CIÒ CHE SAPPIAMO DEL CASO E LA SUA CONNESSIONE CON IL TEMA DEL SALARY GAP
Di Laura Fois
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rapelano ancora poche chiare notizie sul caso Brittney
Griner, una delle atlete e cestiste più forti e influenti del mondo. La sette volte All-Star, vincitrice di due medaglie d’oro olimpiche e di due mondiali, quattro Euroleghe, un campionato WNBA e uno universitario (NCAA), oltre ad avere un elenco sterminato di riconoscimenti individuali, è stata arrestata il 17 febbraio all’aeroporto di Mosca perché trovata in possesso di un vaporizzatore e alcune ricariche per sigaretta elettronica a base di hashish. È accusata, inoltre, di traffico di droga. Un reato punibile, in Russia, fino a dieci anni di carcere. Mentre ancora infervora il conflitto russo-ucraino, fonti russe hanno dichiarato che la stella americana resterà in custodia fino al 19 maggio. Griner stava rientrando in America ma è una habitué della squadra russa dell’Ummc Ekaterinburg, società con la quale gioca da ben sette stagioni l’Eurolega. Per le migliori atlete americane è abbastanza comune, oltre a disputare il campionato WNBA tra fine pri-
mavera e l’estate, giocare durante l’inverno il campionato europeo oppure far tutta la stagione sportiva in Europa, Russia e Turchia. Il motivo? Guadagnare cifre ben più alte rispetto a quelle percepite in patria. In questa stagione sono state settanta le giocatrici WNBA ad aver firmato contratti con società estere. Un esodo alla ricerca di migliori condizioni salariali, anche per garantirsi il futuro fuori dal parquet.
Salary gap Le stelle americane hanno l’opportunità di
guadagnare in Russia cinque volte tanto lo stipendio che percepiscono nella WNBA, per questo sono in molte a varcare l’oceano. Solo Griner ha un contratto di 1 milione di dollari l’anno con l’Ekaterinburg, mentre Diana Taurasi, una delle giocatrici più forti di tutti i tempi, era stata ingaggiata nel 2015 dalla stessa società russa per giocare l’intera stagione alla cifra di 1.5 milioni di dollari. Nella lega americana, invece, ben più blasonata e che riunisce le migliori giocatrici al mondo, il salario
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massimo è di 228.000 dollari l’anno, mentre il minimo è di 60.000$. Qualcosa è cambiato dopo un contratto collettivo firmato nel 2020 e che si estende fino al 2027, secondo il quale le giocatrici della WNBA potrebbero guadagnare fino a 500.000$ in una stagione tra bonus, tornei e accordi di marketing di squadra in aggiunta allo stipendio base. Una cifra ancora lontana rispetto agli standard russi, per non parlare del salario minimo di un giocatore NBA al primo anno, che sfiora il milione di euro. Un divario impressionante, se si considera che il collega maschio più pagato, Steph Curry, guadagna 53.8$ milioni a stagione. Diana Taurasi, invece, solo 228 mila. Ed è quella che riceve gli ingaggi maggiori. Anche facendo un salto nell’NBA store di New York ci
si rende conto di quanto poco si valorizzi la WNBA rispetto alla NBA, relegata in un angolino, all’interno di un negozio di tre piani, con qualche maglietta, divisa da gioco e felpa, con taglie enormi(!), in vendita.
Dalla pallacanestro al calcio Se nel mondo della palla
a spicchi la differenza salariale tra donne e uomini è ancora spropositata, lo scenario si è decisamente ribaltato nel settore calcistico statunitense. Per la prima volta, infatti, nel febbraio 2022 la US Soccer Federation ha annunciato il risarcimento di 24 milioni di dollari alle calciatrici della nazionale. Le atlete hanno infatti vinto la causa di discriminazione retributiva contro la Federazione calcistica americana iniziata nel 2019. Ottenendo, oltre alla parità sa-
SALARY GAP FEBBRAIO 2022, LE CALCIATRICI DELLA NAZIONALE USA HANNO VINTO LA CAUSA PER DISCRIMINAZIONE RETRIBUTIVA CONTRO LA FEDERAZIONE CALCISTICA AMERICANA.
lariale, un fondo di due milioni di dollari rivolto alle giocatrici che arrivano a fine carriera e per attività benefiche mirate a promuovere lo sport femminile. Un traguardo storico e meritato, visto che la selezione USA è la più titolata di sempre, avendo vinto, tra gli altri, quattro titoli mondiali e quattro olimpiadi. “Una vittoria per le nuove generazioni”, era stata la dichiarazione della star americana ed ex capitano della selezione USA Megan Rapinoe, tra l’altro coniuge di Sue Bird, stella delle Seattle Storm, vere e proprie attiviste dei diritti civili. Non sorprenderebbe un loro impegno in politica nei prossimi anni.
Il silenzio sulla detenzione La notizia dell’arresto di Gri-
ner è comparsa per la prima volta il 5 marzo sul New
York Times. Lo stesso giorno sia le Phoenix Mercury, la squadra WNBA dove Griner gioca dal 2013, sia la lega WNBA si sono espresse in un comunicato separato, il solo fino ad oggi e piuttosto striminzito, dichiarandosi al corrente della situazione e augurando all’atleta un pronto ritorno a casa. L’8 marzo è stata la volta del dipartimento di Stato degli Usa che ha richiesto alla Russia il rilascio dei detenuti americani, tra i quali la stella americana. La moglie di Griner, Cherelle, nel mentre invocava il rispetto della privacy: l’arresto è infatti avvenuto in un momento di tensione massima tra gli Usa e la Russia, e per questo, secondo il Washington Post, l’accaduto non ha avuto, soprattutto all’inizio, grande risonanza mediatica. La notizia dell’arresto di Griner è subito
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ORIZZONTI seguita all’avvertimento del dipartimento di Stato americano nei confronti dei cittadini statunitensi residenti in Russia, che li invitata a lasciare il paese quanto prima. Al momento dell’arresto, Griner era il personaggio pubblico più conosciuto. L’inasprimento delle sanzioni USA nei confronti della Russia e la crisi internazionale in corso potrebbero far diventare la vicenda un caso diplomatico. Ma c’è sicuramente dell’altro: il caso Griner ha risollevato la questione salariale prima menzionata, aprendo di fatto il vaso di Pandora nel mondo della WNBA. In più le preoccupazioni aumentano considerando che il paese in cui è detenuta la Griner non è notoriamente LGBT friendly.
Pioniera La trentunenne Griner è stata la prima atleta
dichiaratamente omossesuale a firmare un contratto con la Nike. Diana Taurasi l’ha definita una “pioniera”, in quanto si è sempre espressa a favore della comunità LGBT, sposando cause per i diritti civili ed esponendosi in prima persona. Nel 2013, a 23 anni, è stata la prima cestista americana a dichiararsi omossessuale, seguita poi da Elena Delle Donne. In più,
la Naismith Basketball Hall of Fame e nella Women’s Basketball Hall of Fame nel 2015, ha fatto scalpore, dichiarando in un’intervista che “alle atlete WNBA è stato detto di non fare clamore sulla vicenda, in modo da non usare Griner come pedina di guerra”. Sporadiche, infatti, le dichiarazioni delle sue colleghe WNBA, limitate a delle storie su Instagram, mentre la Nike, il suo sponsor più importante, e ugualmente la WNBA hanno declinato ogni commento. La strategia scelta è stata quella del riserbo e del silenzio, per paura di ritorsioni. Fino a quando durerà? E cosa decideranno le autorità russe? Le indagini sono tuttora in corso e non è stata ancora comunicata la data del processo. Ciò che è certo è che l’atleta americana farà tre mesi di carcere e rischia una dura condanna. Affiora però anche qualche dubbio. Debbie Jackson, ex allenatrice di Griner, ha affermato al New York Times: «È difficile credere che a Brittney, come qualsiasi altra atleta professionista che conosce le leggi e i tratti culturali di un paese che frequenta da tempo, sia passato per la testa di mettere nel bagaglio una sostanza vietata». Seguiranno altri aggiornamenti e magari anche colpi di scena, certo è che quello che
La US Soccer Federation ha annunciato il risarcimento di 24 milioni di dollari alle calciatrici della Nazionale. Megan Rapinoe ha dichiarato che è “Una vittoria per le nuove generazioni”. Griner è una persona di colore lesbica detenuta in Russia, non proprio la patria dei diritti e dell’emancipazione femminile. Ma soprattutto Griner è un simbolo di libertà, un’icona, una delle pochissime cestiste in grado di schiacciare, una giocatrice devastante su entrambi i lati del campo, tanto che il proprietario dei Dallas Mavericks, addirittura prima che sbarcasse nella WNBA, avendola vista giocare solo nel campionato universitario, aveva ipotizzato un suo ingaggio nel palcoscenico della NBA.
Le ultime notizie Il 23 marzo il portavoce del diparti-
mento di Stato americano, Ned Price, ha annunciato che Griner “sta bene” e si sta facendo il possibile per aiutare l’atleta, appena dopo esserle stato riconosciuto l’accesso consolare. Ma Griner di fatto è ancora in carcere e non si sa tuttora dove sia detenuta. Sono circolate pochissime immagini sul suo conto. Su di lei non c’è stata quasi copertura mediatica. La giornalista Tamryn Spruill, che sta scrivendo un libro sulla WNBA e il contributo che la Griner ha dato alla lega, ha detto che se al suo posto ci fosse stato un suo omologo della NBA, la notizia del suo caso sarebbe uscita su tutti i giornali nel mondo. Lisa Leslie, ex stella delle Los Angeles Sparks e inserita nel-
succede in America porta anche a far riflessioni in Italia. Nel nostro paese si parla ancora poco dell’abnorme divario salariale tra giocatrici e colleghi maschi. Basti pensare che perfino le atlete che disputano il campionato di serie A1 sono considerate dilettanti e non professioniste, i contratti sono in realtà accordi privati e non c’è piena tutela sanitaria e pensionistica. La pallacanestro non è un lavoro, eppure impiega full-time donne che nel poco tempo libero devono inventarsi una carriera dopo decenni di attività oppure smettere prima del tempo, appunto per cercarsi un impiego. La pallacanestro femminile in Italia è un hobby, una passione che si pratica per amore all’arte. La strada da percorrere è ancora lunga, in Italia come in America e un po’ dovunque, certo è che la Nazionale di calcio femminile USA ha fatto da apripista. Gli esempi positivi, anche nel contesto della Legabasket femminile, ci sono ma dovrebbero esporsi di più. C’è bisogno di unità e più coraggio, di iniziare percorsi comuni e alzare la voce. Non avere paura di chiedere il giusto riconoscimento per il lavoro e l’impegno di ogni giorno. Come dice Rapinoe, facciamolo anche per le nuove generazioni che adesso ci osservano. E che prenderanno delle decisioni in base alle scelte che noi faremo, o non faremo, oggi.
PIONIERA GRINER È STATA LA PRIMA ATLETA DICHIARATAMENTE OMOSSESUALE A FIRMARE UN CONTRATTO CON LA NIKE. PROMUOVE ABBIGLIAMENTO MASCHILE.
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RAZIJA MUJANOVIC IN MAGLIA COMENSE, CON CUI HA GIOCATO DAL 1992 AL 1996, VINCENDO 4 SCUDETTI E DUE COPPE DEI CAMPIONI.
storie
DONNE VINCENTI
IN OCCASIONE DELLA TRASFERTA LARIANA DELLA BOSNIACA RAZIJA MUJANOVIC, UNA DELLE PIÙ GRANDI GIOCATRICI DI TUTTI I TEMPI, SI È RIUNITO IL DREAM TEAM DELLA POOL COMENSE, CHE HA DOMINATO IN ITALIA E IN EUROPA NEGLI ANNI ’90. L’ELENCO DEI SUCCESSI NEROSTELLATI FA GIRARE LA TESTA, RIVIVIAMOLI ASSIEME
Di Guido Corti
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e volessimo mettere assieme tutti i trofei che si pos-
sono vincere nel basket femminile non basterebbe una singola bacheca, ci vorrebbe un armadio di quelli belli grossi. Eppure, per raggiungere questo incredibile risultato, è bastata una fotografia: quella scattata a Como pochi giorni fa. In quella foto ci sono oltre 60 Scudetti e 30 Coppe dei Campioni, Olimpiadi, Mondiali, Europei, Universiadi, Giochi del Mediterraneo, Scudetti giovanili, Campionati Mondiali per Club, titoli di MVP, Hall of Fame e anelli WNBA.
Il 23 Marzo si sono ritrovate al Palasampietro di Casnate
le ragazze che hanno fatto la storia del basket femminile degli ‘90. Il mitico gruppo della Pool Comense, vincitrice di 9 scudetti consecutivi, 2 coppe dei Campioni, 5 coppe Italia, 3 Supercoppe e 1 Mundialito per Club. Gira la testa ad elencare tutte le vittorie di quel gruppo. L’occasione è stata quella della ripresa di un documentario sulla vita di Razija Mujanovic,
l’immarcabile centro bosniaco di 202 cm, una delle più grandi giocatrici di basket di tutti i tempi: FIBA Hall of Fame e 5 volte MVP Europea, dominatrice anche in WNBA e una collezione infinita di trofei vinti, ora team manager della Federazione Pallacanestro Bosniaca.
Organizzatore della Reunion è stato coach Aldo Corno , l’al-
lenatore più titolato nella storia di tutti gli sport italiani (12 scudetti, 6 Euroleghe, 6 coppe Italia, 6 Supercoppe, 1 mondiale per club e 162 partite come head coach della Nazionale Italiana) che, a insaputa di Mujanovic, ha invitato tutte le sue ex compagne. Oltre alla capitana nerostellata Viviana Ballabio (10 scudetti e 2 Coppe Campioni con la stessa maglia e la partecipazione alle Olimpiadi di Atlanta) erano presenti anche Mara Fullin (15 scudetti come Dino Meneghin e 7 Coppe dei Campioni), Stefania Passario (6 Coppe dei Campioni, 168 partite con la Nazionale), la zarina Catarina Pollini (oltre a 12 scudetti
storie
e 7 Campioni, anche la WNBA vinta nel 1997), Silvia Todeschini (play della Nazionale alle Olimpiadi), Monica Stazzonelli (ex azzurra e oggi allenatrice), Sara Gaspari (la giovane del gruppo, scoperta dal compianto Ciccio Ceruso), Elena Brena e Serenella Bianco, che hanno vissuto tutta la scalata dalla serie B fino alla Coppa dei Campioni. Una formazione che ancora oggi, pur essendo in
gran parte “over 50”, potrebbe dire la sua, se non in serie A, sicuramente in A2 e nelle minors. Un gruppo vincente, in parte trasferitosi dal roster del grande Vicenza, compreso il vice coach Gianluca Piccolo, che ha fatto la storia del basket femminile. Insieme a Bridgette Gordon, Elena Paparazzo, Renata Salvestrini, Angela Arcangeli, alla compianta Laura Gaudenzio e alla giovane Girardin, ha conquistato
Negli anni ‘90 la pallacanestro femminile era trasmessa in TV e gli spettatori nei palazzetti erano circa 2.000 a partita. 5.500 la presenza media per le Final Four di Coppa dei Campioni 1995 a Cantù.
DREAM TEAM UNA FORMAZIONE IMBATTIBILE, CHE HA DOMINATO IN ITALIA E NEL MONDO NEGLI ANNI ‘90
per due volte di fila il “quadriplete” (Scudetto, Coppa Italia, Coppa Campioni, Supercoppa) a cui si è aggiunta la perla del mundialito per Club in Brasile nel 1995. Tempi in cui la pallacanestro femminile era trasmessa su Tele+ (precedessore di Sky), in cui vi erano oltre 2.000 spettatori di media a partita (5.500 la presenza media di spettatori per le Final Four di Coppa dei Campioni 1995 giocatesi al Pianella di Cantu’) ed il cui mito e leggenda rimarrà per sempre nell’albo d’oro della pallacanestro italiana.
“È stata una bellissima sorpresa rivedere le mie compagne di
squadra di allora, Como è nel mio cuore, e lo sarà per sempre”. Queste le parole di Razija Mujanovic prima di partire per Valencia per celebrare il tren-
tennale della sua prima Coppa dei Campioni, vinta con le spagnole a Bari nel 1992, battendo in semifinale proprio la Comense. Comense che però la vinse l’anno dopo, grazie agli investimenti ed alla lungimiranza del presidente Antonio Pennestrì, fautore e mecenate di questa gloriosa epopea, resa possibile dal supporto degli sponsor del Pool. “Gli anni più belli della nostra vita sportiva: non torneranno, ma resteranno indelebili! Giocatrici eccezionali e donne da cui prendere esempio. Uno degli obiettivi della nostra nuova Comense è proprio quello di non dimenticare la storia, di portare avanti la memoria della nostra gloriosa Società con e per le nuove generazioni, continuando a lavorare sul basket femminile a Como”, le parole dell’attuale presidente della Comense Guido Corti.
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palla e psiche
CHE ABILITÀ MENTALI POSSIEDI? DI ALICE BUFFONI - Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport A partire dagli anni ’60 le ricerche in ambito psicologico hanno via via evidenziato che le abilità mentali non sono qualità innate di pochi fortunati atleti, ma sono allenabili al pari di quelle tecniche e fisiche. La capacità di gestire l’ansia in gara o di concentrarsi, ad esempio, non sono talenti, ma sono skills: si possono apprendere da zero e si possono migliorare. Le evidenze scientifiche hanno anche dimostrato che esiste anche una relazione positiva e diretta tra l’allenamento delle abilità mentali e il miglioramento della prestazione. Ma cosa intendiamo per Abilità Mentali? Ci vengono in aiuto due studiosi, Weinberg e Gould, che hanno teorizzato una classificazione in tre categorie: le abilità mentali di base, facilitatorie e di prestazione. Tra le abilità di base abbiamo la Motivazione, l’Auto-consapevolezza, l’Autostima e la Fiducia in se stessi. A queste aggiungiamo le facilitatorie come la Gestione dello stile di vita, che può sembrare ovvia e scontata, ma che non tutti gli atleti sono in grado di gestire fin da subito e in autonomia. La determinazione per seguire uno stile di vita da atleta si apprende con il tempo e l’esperienza, oppure si possono accorciare i tempi affidandosi alle figure professionali giuste (mental trainer, nutrizionisti, fisioterapisti etc), con una buona pianificazione degli obiettivi, con un bilanciamento equilibrato tra vita sportiva e privata. E per farlo si deve sviluppare la seconda delle abilità facilitatorie, la Capacità di relazione interpersonale, per interagire in modo corretto e funzionale con i tecnici, per comunicare con i media, ma anche con la famiglia e gli amici. Ci sono poi le abilità mentali di prestazione, più specifiche e tecniche: la Gestione ottimale dell’attenzione e l’Ottimizzazione del livello di attivazione psicofisica. Pensiamo, ad esempio, a quei giocatori che non riescono a performare allo stesso livello in allenamento e in gara perché bloccati dall’ansia. Imparare a gestire l’attivazione pre-gara può risultare la discriminante tra diventare professionisti o meno. Un caso su tutti: la carriera di Federica Pellegrini ha rischiato di subire una dura battuta d’arresto proprio a causa di attacchi d’ansia. Grazie al lavoro con gli psicologi dello sport Federica ha imparato a gestire la sua attivazione, acquisendo una nuova e fondamentale abilità mentale. Ma può essere anche un singolo gesto tecnico a frenare la crescita sportiva di un atleta, per esempio un tennista che non riesce a perfezionare il servizio o un cestista con una media disastrosa in lunetta. Tuttavia, è possibile imparare a gestire la concentrazione nei momenti topici della gara. Il mental training insegna a sviluppare tutte queste abilità attraverso l’apprendimento di alcune tecniche specifiche, come ad esempio il Self-Talk, la Respirazione, il Goal Setting, le Routine pre-gara o di reazione all’errore e via dicendo. Il tempo di apprendimento delle abilità mentali è estremamente variabile da atleta ad atleta, dipende dal livello di partenza, dagli obiettivi, da quanto si è disposti a mettersi in gioco e anche dalle caratteristiche della disciplina sportiva. I momenti ideali per iniziare sono l’off-season e la pre-season perché non ci sono competizioni e la pressione è minore. Ma moltissimi sportivi iniziano percorsi di preparazione mentale anche a stagione in corso, per avere la possibilità di sperimentare in allenamento sul campo le tecniche che si vanno a imparare. Una volta automatizzate, poi, si potranno trasferire anche in gara. Per concludere, ti lasciamo con una domanda, per invitarti a riflettere su una parte di allenamento che magari non avevi mai preso in considerazione: a che livello sono le tue abilità mentali? Questa rubrica è tenuta da Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport.
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