N.01 SETTEMBRE 2018
IN QUESTO NUMERO // ZANDALASINI RACCONTA LA SUA PRIMA STAGIONE COMPLETA IN WNBA // SERIE A1: PREVIEW DELL’ANNO CHE VERRÀ // 3X3: LE RAGAZZE DI ADAMOLI CAMPIONESSE DEL MONDO // SERIE A2 AL VIA CON SIMONA BALLARDINI // COACH CRESPI E IL FUTURO DELLA NAZIONALE
SETTEMBRE 2018
N.01
in questo numero 1 EDITORIALE
Pink Power
3 inside a1
L’anno che verrà
9 primo piano
Il futuro è adesso
15 cover story
Zanda, e adesso?
21 inside a2
Pronte al via
27 focus
Simona tuttofare
33 altri mondi
Sulla cima del mondo
39 storie
Tu vuò fà l’americana
42 il basket visto da un marziano
Space Jam
43 mara risponde
Dove sono le donne?
44 flash news
46 palla e psiche
Ansia da tiro libero?
47 la foto del mese
DIRETTO DA Silvia Gottardi REDAZIONE Silvia Gottardi,
Alice Pedrazzi, Giuseppe Errico, Giulia Arturi, Marco Taminelli, Lucia Montanari, Manuel Beck, Daniele Tagliabue, Giulia Cicchinè, Mara Invernizzi, Linda Ronzoni, Alice Buffoni, Clara Capucci.
PROGETTO GRAFICO: Linda Ronzoni/ Meccano Floreal
IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/ Meccano Floreal
FOTO DI: Marco Brioschi, Ceretti
Ciamillo/Castoria, Ciolli Ciamillo/ Castoria, Fiba3x3, Archivio Fip, Francesco Cimmino, NBAE/Getty Images, Alessandro Romagnoli/ Double Clutch, Matteo Romanelli, Valentino Orsini, Toti Clemente, Alessandro Amato.
editoriale
pink power di silvia gottardi
Da piccola odiavo la mia cameretta con i cassetti e le vetrinette rosa. Odiavo la gonna rosa, quella elegante della domenica. Odiavo la Barbie e i suoi vestitini a cuoricini rosa. Odiavo il diario rosa delle cartolerie, per le femmine tutto rosa e principesse, per i maschi tutto azzurro e sport. Adoravo invece gli allenamenti di basket, stare in giardino a giocare a palla, lo skate, scalare gli alberi, rotolarmi nel prato con il mio cane Charly. Per tanti anni ho detestato il rosa perché mi ricordava quel periodo nel quale venivo etichettata come un maschiaccio. Tutto quello che facevo sembrava non fosse adatto ad una ragazzina, perché ci sono cose da femmine e cose da maschi. Io semplicemente non capivo quella netta separazione, quella divisione di ruoli: rosa di qui e azzurro di là; volevo semplicemente fare quello che mi faceva stare bene: volevo giocare a basket! Sono passati tanti anni, e ora, ironia della sorte, mi trovo a gestire un progetto che ha addirittura nel nome la parola rosa. In questi anni ho investito molte energie nel combattere stereotipi e luoghi comuni, soprattutto per quanto riguarda lo sport femminile. Non ne potevo davvero più di sentire le signore perbene dirmi: ma il basket è uno sport da uomini! Per questo ho deciso di non cambiare il nome Pink Basket rispetto al precedente progetto che ho ereditato, lo trovo molto ironico per un progetto che mira proprio a sbarazzarsi di cliché e pregiudizi. Con Pink Basket voglio raccontare tutto il mio amore per questo sport, dando più visibilità a un movimento che troppe volte è stato sottovalutato e bistrattato, che invece è ricchissimo e in grado di trasmettere tante emozioni. L’obiettivo è parlare di basket, scrivere della mia passione ma anche di quella di tutte le ragazze che ogni giorno faticano sui parquet; dare voce alle protagoniste, far innamorare le persone. In questo progetto ho coinvolto tante donne, molte ex giocatrici, perché è importante che sia prima di tutto chi ha vissuto questo mondo a doverlo raccontare, perché credo che lo sguardo delle donne meriti più spazio, perché lo sport non deve più essere solo una cosa da uomini. La mia passione è rimasta immutata da quando ero una ragazzina di quindici anni che passava le ore nel giardino di casa a provare le virate. Vorrei giocare per sempre, ma mi accorgo che c’è un tempo per tutto. Ora è il tempo per restituire qualcosa a questo sport bellissimo che mi ha dato tanto. Ora è il tempo per tifare per tutte quelle ragazzine che vedo allenarsi in palestra con la mia stessa passione, che vedo faticare, esultare, soffrire proprio come facevo io, fregandosene di cosa è da maschi e cosa è da femmine, semplicemente innamorate del gioco. Io tifo per loro, tifo per il basket femminile italiano!
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CHIARA PASTORE DOPO UN MERCATO ESALTANTE, SI RESPIRA ENTUSIASMO AI PIEDI DEL VESUVIO. CAPITAN PASTORE E COMPAGNE CERCHERANNO DI RIPERCORRERE I FASTI DELLA GLORIOSA PHARD.
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l’anno che verrà
SCHIO VERSIONE 4.0 CERCHERÀ DI TENERE A BADA LE ASPIRAZIONI DI VITTORIA DI UNA DIKE NAPOLI CHE HA PESCATO A MANI BASSE IN CASA ORANGE. VENEZIA E RAGUSA IN RAMPA DI LANCIO DOPO UN BUON MERCATO, ATTESA E CURIOSITÀ PER LUCCA E SAN MARTINO
di giuseppe errico
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l mondo della pallacanestro femminile si ritrova all’om-
bra dell’imponente Mole Antoneliana: è proprio Torino ad alzare il sipario sull’ottantottesimo campionato nazionale di A1. Con la formula ormai consolidata nel tempo dell’Opening Day arrivato alla sua edizione numero 17: nel 2002 Como e poi a seguire Chieti, La Spezia, Taranto, Cagliari, Venezia, Roma, Napoli, Cinisello Balsamo, Cervia, Pescara, Cagliari, San Martino di Lupari, Napoli, Lucca, Ragusa. Dodici regioni coinvolte per questa formula di successo che negli anni è stata copiata ed adottata dalla Federazione Francese che la ospita ogni anno nella capitale Parigi e da quella turca che è itinerante. Due giorni intensi nei quali giocatrici, dirigenti, allenatori, addetti ai lavori si ritrovano e si confrontano tutti insieme, due giorni che racchiudono in sé tutto lo spirito del movimento femminile italiano. Quello che succede durante le gare dell’Opening Day non può essere certamente preso come indicazione sicura per l’andamento della stagione, possiamo dire che sono gare a sé, capita spesso che qualche squadra è in-
completa in attesa di giocatrici impegnate in America, altre si stanno assemblando e il giudizio potrà essere dato solo dopo qualche settimana. Non sono mancate però nel corso degli anni clamorose sorprese: a Lucca ad esempio la matricola Broni sconfisse Napoli causando l’esonero di coach Roberto Ricchini. Dopo l’esperienza del “Super 10” della scorsa stagione si ritorna ad un formato più consono con dodici squadre al via a contendere lo scettro di regina al Famila Basket Schio. Oltre alle pluriscudettate scledensi ai nastri di partenza ci sono la Passalacqua Ragusa, l’Umana Reyer Venezia, la Dike Saces Givova Napoli, il Fila San Martino di Lupari, la Gesam Gas&Luce Lucca, la Meccanica Nova Vigarano, l’Iren Fixi Torino, la Pallacanestro Femminile Elcos Broni, la Treofan Battipaglia e le neo promosse Allianz Geas Sesto S. Giovanni (che sotto la sapiente guida del presidente Penati ha ripianato i problemi economici) e l’Use Basket Rosa Empoli che per la prima volta nella sua storia parteciperà all’A1. Le prime 10 vanno ai playoff, le ultime 2 ai playout.
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La prima giornata Non mancano in questa edizione par-
tite interessanti: tra tutte c’è sicuramente Dike Napoli – San Martino (sabato 6 ottobre alle ore 18:00), due squadre di vertice con le campane che non si possono nascondere vista l’imponente campagna acquisti estiva. Sempre nella giornata di sabato si comincia alle 14:00 con Sesto San Giovanni – Ragusa, a seguire Reyer Venezia – Broni. Il programma di domenica 7 ottobre si apre alle 14:00 con il derby toscano tra Lucca e Empoli per poi proseguire alle 16:00 con quella che è ormai diventata la sfida della prima giornata: Schio contro Battipaglia che si incrociano per il quarto anno consecutivo in un Opening Day. A chiudere la kermesse piemontese le padrone di casa di Torino contro Vi-
garano alle ore 18:00.
Le pretendenti al trono Schio è in cerca della decima con-
quista tricolore: sarebbe un traguardo importantissimo per una società che ha cannibalizzato l’ultimo decennio cedendo il passo solo alla Lucca delle meraviglie due stagioni fa. Un Famila New Generation quello che troveremo in avvio di questo campionato, sono partite delle colonne importanti del roster degli ultimi anni a cominciare dall’eterna Chicca Macchi (Dike Napoli) per arrivare a Kathrin Ress (Dike Napoli), Jolene Anderson (Reyer Venezia), Giulia Gatti (Lucca) e Marzia Tagliamento (Dike Napoli). L’assenza di Cecilia Zandalasini era scontata: per lei si prospetta un campionato
FAMILA SCHIO LA RIVOLUZIONE IN CASA SCLEDENSE CI CONSEGNA UN MIX DI GIOVANI ED ESPERTE. IL DECIMO TITOLO È ALLA PORTATA MA NON CERTO SCONTATO, LE AVVERSARIE SONO AGGUERRITE.
da protagonista nel Fenerbahce insieme ad un’altra ex orange, Giorgia Sottana. Una Schio 4.0 che scommette sulle giovani promettenti italiane come Olbis Futo André e Martina Fassina e irrobustisce il roster con giocatrici di esperienza come Martina Crippa, Valeria Battisodo, Marcella Filippi, Milica Micovic e Jacky Gemelos uniti al ritorno del totem Jantel Lavender. L’assenza di Isa Yacoubou out, per maternità, sarà coperta egregiamente dalla sua compagna in nazionale francese Sandrine Gruda. Con Francesca Dotto che studia da leader sotto la guida di Raffaella Masciadri. Questa squadra proiettata al futuro sembra essere un ottimo mix tra giovani promettenti e giocatrici esperte: basterà per tenere a bada le aspirazioni di vittoria delle altre sorelle
in campionato? Al sesto anno nella massima serie la Passalacqua Ragusa cerca di migliorare i già grandi risultati ottenuti in questi anni. Le manca solo il cucirsi sul petto il tricolore per rendere immortale nel ricordo dei tifosi queste stagioni. Le finali non bastano più, il grazie lo stesso comincia a stare stretto ed ecco che la società conferma le due straniere Hamby e Kuster, tra le protagoniste assolute dello scorso campionato, conferma anche le tre italiane Alessandra Formica, Agnese Soli e la neo capitana Chiara Consolini che avrà il dente avvelenato per la mancata convocazione in azzurro al raduno di agosto. Su questi tasselli si vanno ad inserire gli arrivi importanti di giocatrici navigate come Jillian Harmon (miglior realizzatrice nella scor-
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inside A1 sa stagione), Angela Gianolla ed il ritorno sull’isola di Sabrina Cinili insieme alla rumena Alina Craciun. Nel presentare la nuova stagione coach Gianni Recupido ha detto: “Abbiamo tanta pressione ma le ambizioni sono tante...” ecco, la pressione è stata probabilmente nel corso di questi anni un ostacolo difficile da superare per le aquile bianco verdi. Hamby e Kuster con un anno di esperienza in più, la gestione magistrale di Angela Gianolla e la classe di Jillian Harmon riusciranno a non far sentire la pressione nei momenti decisivi? In laguna la Reyer Venezia conferma in blocco il quartetto italiano De Pretto, Bestagno, Kacerik e Carangelo; affianca alla capitana in cabina di regia Gaia Gorini
momento di osare di più, sarà lei la prima sfidante al titolo?
Un posto al sole Una Lucca rivoluzionata con a capo
sempre coach Lorenzo Serventi cerca un posto al sole dei play off: la nuova coppia Marida Orazzo ed Erica Reggiani dà freschezza al roster e con l’esperienza di Giulia Gatti ci sarà un ottimo riflesso in cabina di regia. Da Broni arriva Ashley Ravelli, centimetri e muscoli sono assicurati da Bashaara Graves mentre è da tenere d’occhio l’ala piccola molto atipica Krystal Vaughn che potrebbe rivelarsi la sorpresa positiva tra le Mura. Dal Veneto sponda San Martino di Lupari sono arriva-
Il nuovo mix di Schio basterà a confermarsi? Riuscirà Ragusa a non sentire la pressione di vincere? Venezia è pronta ad andare oltre i propri limiti? A questa e altre domande la risposta dal 6 ottobre. che avrà voglia di riscattare le ultime due stagioni a Ragusa non certo all’altezza delle aspettative. Arriva da Schio l’esperienza e la classe cristallina di Jolene Anderson insieme al vento dell’Est portato dalla lettone Anete Steinberga e al pivot tedesco Marie Gulich. A completare il reparto straniere è giunta Cyesha Goree, statunitense con passaporto ungherese, che nelle ultime tre stagioni ha vestito la canotta del Gyor. Venezia è attesa al salto di qualità, riuscirà in questa stagione ad andare oltre i propri limiti? Un simile entusiasmo in terra campana non si viveva probabilmente da molti anni: la Dike Napoli è stata senza ombra di dubbio la regina di questo mercato. È riuscita nel difficile compito di portare ai piedi del Vesuvio due giocatrici italiane del calibro di Chicca Macchi e Kathrin Ress: non stiamo qui a spiegare chi sono ma c’è la certezza che per motivi diversi avranno una carica fenomenale di dimostrare ancora qualcosa. Chicca fa ancora notevolmente la differenza e Ress dopo la stagione del recupero dall’infortunio avrà la possibilità di cominciare dall’inizio la stagione. La strada Schio-Napoli è stata talmente calda che dalle scledensi è arrivata anche Marzia Tagliamento: pure per lei sarà la stagione del riscatto. Questo gruppo di italiane va a compattarsi con la conferma in cabina di regia della capitana Chiara Pastore, quella dell’ala Nene Diene e quella, fondamentale nello scacchiere napoletano, di Debora Gonzalez. Tutto nuovo, e di lusso, il reparto straniere, con il centro Isabelle Harrison, (dal campionato coreano) e due Williams, entrambe giovani stelle Wnba: la guardia Courtney (dalle Connecticut Sun) e l’ala grande Gabby (dalle Chicago Sky). Tante frecce all’arco di coach Molino. Dopo due semifinali nella giovane storia della Dike, è arrivato il
te ottime indicazioni durante la pre-season: il ritorno di Caterina Dotto, l’arrivo di Martina Sandri e Tognalini vanno a coprire le partenze di Filippi, Gianolla e Fassina con Monica Tonello che rileva i gradi di capitano. Le straniere sono di peso: Adrienne Webb, Tayunna Marshall e Zenta Melnika non faranno rimpiangere le partenti. Lucca e San Martino sono pronte per essere le mine vaganti di questa stagione? Torino non ha vissuto un’estate facile: c’è stato il rischio concreto di vedere un Opening Day senza le padrone di casa. La tenacia del presidente Giovanni Garrone che aveva lanciato il grido dall’allarme è stato raccolto dalla città. Crisi economica risolta e squadra al via con con le giovani Giulia Togliani, Ilaria Milazzo, Alessia Cabrini, Valeria Trucco e Aleksandra Petrova a coprire le quote italiane. Lawrence, Jasnowska e Reimer le straniere per centrare l’ennesima salvezza? Vigarano, Geas, Broni, Battipaglia ed Empoli hanno come obiettivo la salvezza cercando di non passare dalla roulette russa dello scontro con la vincente dello spareggio di A2 che nella scorsa stagione ha riservato a Vigarano una sfida non proprio agevole contro Faenza. Vigarano riparte dalle meravigliose ragazze d’oro Gilli, Nativi e Natali. Geas Sesto San Giovanni consolida lo zoccolo duro di questi anni con il rientro in Italia di Brooque Williams. Broni di coach Fontana con quattro conferme della scorsa stagione cerca con Spreafico e Milic di arrivare più in alto possibile. Battipaglia presenta al via coach Alberto Matassini il più giovane allenatore di questa stagione un gruppo giovane che cerca una salvezza che sulla carta non sembra scontata, ma il cuore delle Lady spesso ha detto altro in campo. Per la Use Empoli al suo primo anno in massima serie una salvezza sarebbe uno scudetto.
GIULIA ARTURI IL GEAS DI CAPITAN ARTURI TORNA IN SERIE A1. LA GLORIOSA FORMAZIONE LOMBARDA STRINGE UN ACCORDO CON ALLIANZ PER UN FUTURO PIÙ ROSEO CON OTTIME ASPETTATIVE.
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CECILIA ZANDALASINI FERUPTA TUREPE NOSSINU LPARUM VERIO MA DOLUPTAE EST FUGIT AUT DI DELESTIO CULPARCHIL MOLOR MINUSA VOLESEQUIANT DOLORRO VITAES DOLECTUR SI BLANTORIAEPE ARCI QUE NONSEN
primo piano
il futuro è adesso
LA TELEFONATA DI PETRUCCI – LE GIOCATRICI, VERA RICCHEZZA DEL MOVIMENTO – LA GRANDE BELLEZZA DEL TIRO – I SUCCESSI DELLE GIOVANILI E LA VOGLIA DI NON DISPERDERLI – CONTAGIO AZZURRO – LE GARE DI QUALIFICAZIONE AGLI EUROPEI ED UN SOGNO CHIAMATO OLIMPIADE
di alice pedrazzi
T
utto in una telefonata durata 180 secondi: una do-
menica mattina di fine luglio 2017, Marco Crespi, rispondendo ad una chiamata del Presidente federale Gianni Petrucci, diventa Commissario Tecnico della Nazionale femminile ancor prima di dire “sì” ufficialmente, semplicemente ascoltando la proposta del numero 1 della Fip e “sentendo dentro – come lo stesso cittì racconta – una sensazione positiva ed un unico pensiero: sarebbe bello!”. 56 anni, nato a Varese, una carriera brillante tra le società più blasonate del panorama della pallacanestro nazionale ed internazionale, tra cui Milano, Siena e Pesaro, Siviglia e Vitoria, Crespi sfodera con una passione non comune nel discorrere di basket, una cultura cestistica ampia, profonda e radicata, che lascia spazio, e forse parte, dalle emozioni più genuine. “Essere l’allenatore della Nazionale femminile – spiega Crespi – è stata per me una grande sorpresa, vissuta portandomi dentro, sin dall’inizio, quella piccola grande sensazione di piacevolezza che mi ha colto appena il Presidente
Petrucci mi ha proposto l’incarico: una vibrazione che mi ha accompagnato per tutto questo primo anno di attività. Perché non mi sento solo il Commissario Tecnico della Nazionale A, ma sento forte il piacere di poter dare il mio contributo ad un movimento che può esprimere molto”. Coach Crespi, cos’ha trovato dentro lo scrigno del basket femminile? Una ricchezza immensa, una ricchezza forse un po’ impolverata ma anche sconfinata. Partendo, prima di tutto, dalle giocatrici: non soltanto quelle che vestono la maglia azzurra, ma tutte le atlete che danno vita al movimento. Il loro impegno e la loro dedizione sono il tesoro più prezioso: un tesoro che merita passione. Ed ho trovato dei margini di miglioramento molto ampi: il basket femminile può crescere tanto, tantissimo. A condizione che...? Che non si faccia ciò che si è sempre fatto. Questo è il prerequisito di base. Ma non perché in passato si sbagliava, molto più semplicemente perché ora siamo nel
primo piano 2018 e quello che dobbiamo dare è un messaggio che sia contemporaneo, attuale. Un messaggio tecnico? Anche, certamente. Ma non solo: un messaggio che estenda il proprio raggio d’azione e diventi il tipo di comunicazione che il movimento fa di sé all’esterno. Da dove partire? Dal piacere di tirare, senza dubbio. Già nel primo raduno mi sono accorto che questo piacere, immenso per chi gioca a pallacanestro, mancava un po’. O forse era sopito. A confronto con altre nazionali, tiriamo meno? Abbiamo fatto uno studio, paragonando i nostri dati a
nea guida tecnica che come atteggiamento. Nelle giovanili abbiamo una grande partecipazione e le nostre selezioni ottengono ottimi risultati nelle varie competizioni di categoria, ma poi tutto questo, effettivamente, si disperde un po’ nel passaggio alle categorie seniores. E la questione ha radici profonde: si pensi, ad esempio, che il 30% delle bambine, alla fine del minibasket, non si tessera. Forse perché il “sistema pallacanestro” per le ragazze non è poi così accattivante? Questo può essere un aspetto che incide, certamente. Perché la perdita di appeal è proporzionale all’aumento della percentuale di abbandono e, di conseguenza,
Nel basket femminile ho trovato una grande ricchezza, forse un po’ impolverata ma immensa. Non dobbiamo permettere che il livello dei sogni delle ragazze si abbassi quelli di Spagna, Francia, Svezia e Croazia e sì, tiriamo di meno. Così siamo partiti proprio da qui, per veicolare un’idea differente: la pallacanestro femminile non è e non deve essere “un gioco di passaggi”. Ecco perché abbiamo da subito pensato e realizzato il progetto “Ragazze in tiro”, per costruire una nuova visione tecnica (e non solo). Una visione che partisse dalla riscoperta del piacere di tirare, dalla bellezza di un gesto tecnico che tende al cielo e dalla gioia di esultare. Un gruppo di professionisti, composto da un preparatore atletico, da uno specialista del tiro, da una nutrizionista e da una psicologa, lavora in staff per questo obiettivo, affinché davvero si possa diffondere questa nuova prospettiva. Parte da questa considerazione tecnica la squadra azzurra targata Marco Crespi? Parte senza ombra di dubbio dal fatto che tirare negli ultimi 8 secondi dell’azione è molto più difficile, non soltanto nel basket femminile, ma a tutti i livelli, dal maschile all’Nba, perché le difese si adattano, cambiano e rendono difficoltosa la costruzione del tiro. Ecco, il nostro cammino tecnico è iniziato con l’idea, forte, di non voler andare a tirare quando sul cronometro dei 24” mancano meno di 8 secondi. “La grande bellezza del tiro”, dunque, come parola d’ordine per l’intero movimento? Certamente sì, dobbiamo proporre la bellezza del gesto come uno strumento che conquisti sempre di più le ragazze e l’interesse della gente, appassionata di lungo o nuovo corso che sia. Parola d’ordine valida anche per le giovani azzurrine, molto brave a riempire le estati azzurre di successi e medaglie, ma non altrettanto – poi – a confermarsi a livello senior? Senza dubbio, il messaggio deve essere trasversale e capace di contagiare l’intero movimento, sia come li-
all’abbassamento del livello della competizione. Per garantire che il passaggio da giovane a senior avvenga con la minor dispersione possibile di ragazze, dobbiamo lavorare sulla passione e sull’immagine del movimento. Come ha fatto con un’altra idea innovativa proposta sotto la sua guida, “Contagio Azzurro”? Proprio così. La volontà è quella di rendere le ragazze protagoniste. Quando sono andato sui territori con questo progetto (grazie all’appoggio ed alla condivisione della Fip), l’ho fatto perché – da un lato – mi interessava ovviamente poter conoscere da vicino tutte le realtà regionali, ma – dall’altro – perché volevo fortemente raccontare le storie delle ragazze. E non sempre ho scelto quelle delle ragazze più forti, anzi. Ho scelto storie che potessero trasmettere qualcosa di significativo alle più giovani, storie che potessero nutrire la loro passione ed i loro sogni. Ecco una cosa importantissima: non dobbiamo mai abbassare il livello dei sogni delle ragazze. Così non le perderemo. Per fare questo, però, bisogna raccontare, raccontare, raccontare, raccontare di basket ed il basket, raccontare storie che facciano innamorare le giovani. La comunicazione: un altro aspetto chiave, anche se non tecnico, per lo sviluppo della pallacanestro femminile? Dobbiamo conquistare uno spazio di comunicazione serio, anche attraverso i social. Questo deve essere – e di fatto è - per noi un obiettivo importante. Penso, per esempio, ad Instagram: quante ragazzine passano parte del loro tempo guardando le immagini che lo popolano? Riempirle di basket, di bel basket e di esempi da imitare, come i successi di atlete del calibro di Zandalasini, Sottana o delle gemelle Dotto, potrebbe es-
COACH CRESPI AL LAVORO DURANTE UN ALLENAMENTO: “BISOGNA LAVORARE SEMPRE CON AMBIZIONE: COSÌ NON SENTIREMO LA STANCHEZZA E SAPREMO COME AFFRONTARE LE PICCOLE E GRANDI DIFFICOLTÀ CHE INCONTREREMO”
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primo piano
sere dunque una mossa vincente. Ma le risorse per fare tutto questo? I “ma” dipendono da noi e dobbiamo abbatterli. Quando programmiamo, quando progettiamo, quando immaginiamo strategie, demoliamo i “ma”. In questo modo potremo provare ad attivare un circolo virtuoso che sia moltiplicatore di risorse. Anche perché la risorsa più importante la possediamo: è la passione sognante delle nostre ragazze. Coltiviamola, illuminiamola, raccontiamola ed anche le risorse economiche cresceranno. Ecco: dobbiamo essere a servizio della loro passione, questo è un traguardo importantissimo. Da solo non posso raggiungerlo, ma con l’aiuto di tutti sì.
Coach Crespi, la “passione sognante” delle ragazze del basket, comprende anche una parola che oggi manca da 22 lunghissimi anni: Olimpiade? Io la sogno in ogni secondo e percepisco che questo sogno è condiviso da tutte le ragazze. Dobbiamo lavorare con l’ambizione, senza mai fermarsi davanti alle piccole o grandi difficoltà. Detto questo, prima, dobbiamo pensare alla Qualificazione all’Europeo, perché da lì si deve passare. Necessariamente. Quali sono i prossimi impegni? Ad inizio ottobre abbiamo due appuntamenti di “Ragazze in tiro”: a Verona e Bologna, con 28 ragazze già selezionate. Poi, l’11 novembre la Nazionale A si radunerà per preparare le due gare di Qualificazione per
UN TIME OUT DI COACH CRESPI: “IL MIO COMPITO E QUELLO DI TUTTO LO STAFF TECNICO È ESSERE AL SERVIZIO DELLA PASSIONE DELLE RAGAZZE, FACENDO CAPIRE AD OGNUNA DI LORO QUALE RUOLO HA ALL’INTERNO DELLA SQUADRA”.
l’Europeo, che giocheremo contro la Croazia (il 17 novembre, ndr) e la Svezia (21 novembre, ndr). Sensazioni? Sento che quella che all’inizio era vista come una certa mia irruenza nel portare passione dentro il movimento, oggi è percepita da tutti - collaboratori ed atlete - come energia. E sento che insieme stiamo bene come squadra, che è cosa ben diversa dall’essere un bel gruppo: quest’ultimo funziona quando si sta bene per andare a mangiare una pizza in allegria, per la squadra, invece, star bene significa essere in grado di andare in campo a risolvere tutti i problemi che le avversarie ci creano. La Nazionale A, oggi, è una squadra?
È un luogo dove si lavora di squadra. Ed il mio compito è dare ad ogni ragazza un ruolo ben preciso, ma – al tempo stesso - far capire che le porte azzurre sono sempre aperte, per nuovi ingressi. Anche perché la Nazionale non è la lista delle 12 migliori giocatrici in senso stretto, ma quella delle 12 persone più adatte a far funzionare il meccanismo-squadra. E com’è, oggi, l’allenatore di questa squadra? Carico, concentrato, determinato. Con quella sensazione positiva che provai alla prima telefonata di Petrucci, sempre lì, presente. In bocca al lupo, coach. Anche noi proviamo a non abbassare il livello dei nostri sogni: quello chiamato Olimpiade, ce lo teniamo ben stretto.
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CECILIA ZANDALASINI 22 ANNI, NATA A BRONI, HA VINTO TRE SCUDETTI E QUATTRO COPPE ITALIA CON IL FAMILA SCHIO, DOVE HA GIOCATO LE ULTIME QUATTRO STAGIONI.
cover story
ZANDA, E ADESSO? “ADESSO, DOPO 30 BATTAGLIE IN 90 GIORNI, MI SENTO UNA GIOCATRICE DA WNBA: HO CAPITO COME GIRA, IN CAMPO E FUORI”. INTERVISTA CON LA NUMERO UNO DEL NOSTRO BASKET FEMMINILE ALLA VIGILIA DELLA NUOVA AVVENTURA IN TURCHIA: “UN PO’ IN ANSIA, MA FELICE”
di giulia arturi
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giugno 2018. Con un tweet infelice, le Phoe-
nix Mercury definiscono Cecilia Zandalasini “random Minnesota Lynx’s player”, una sconosciuta giocatrice delle Minnesota Lynx. Si accende un intenso scambio di battute tra le due franchigie, ma la replica più convincente è di Zanda, qualche ora più tardi: 7 punti, 4 rimbalzi, 2 assist, 21 minuti, nella vittoria delle Lynx a Phoenix. No, non una giocatrice qualsiasi. Una ragazza di 22 anni, alla sua seconda stagione americana, la prima giocata per intero, che è riuscita a conquistarsi minuti, fiducia, fino a diventare una pedina importante nelle rotazioni di coach Reeve. La pressione di certo non era poca. Nell’estate 2017 Cecilia vola in America per uno scampolo di stagione: pochi minuti in campo, subito un titolo Wnba. Tante interviste, valanga di attenzioni. Un entusiasmo contagioso, la speranza di un movimento intero. Immancabile, ecco anche qualche coraggioso detrattore: “Sì, ma quell’anello non vale niente, non ha quasi giocato, così
sono bravi tutti”. Come se guadagnarsi la chiamata di una squadra da titolo della Wnba fosse alla portata di chiunque. Come se fosse un privilegio, non la conseguenza di un percorso solido, di eccellenza. 24 agosto 2018: “La mia prima stagione intera. Hey, mamma e papà, sono una giocatrice della Wnba. Grazie Minny, ci vediamo l’anno prossimo”. Cecilia saluta gli Stati Uniti con questo post, e riparte con la consapevolezza di appartenere a quel mondo.
“Nell’estate 2017 ho vissuto un’esperienza bellissima, ma
ancora a livello personale non mi sentivo di appartenere alla Lega. Non avevo incontrato la maggior parte delle squadre, e quasi non avevo avuto il tempo di capire esattamente come girassero le cose. L’ho fatto quest’anno: ho compreso come funzionano i meccanismi della Wnba, le dinamiche di squadra dentro e fuori dal campo. E poi ho giocato. Ho avuto minuti e sono stata molto più concreta della
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scorsa estate. Sì, ci sto dentro in questa Lega”. Tanti campioni iniziano a condividere anche le loro difficoltà. Persino Cristiano Ronaldo ha ammesso di essere stato un po’ in ansia per il primo gol in bianconero che tardava ad arrivare. “È impensabile essere sempre sereni e imperturbabili. Ed io sono una persona che tende a farsi qualche paranoia. Ma penso che la chiave sia capire perché stai facendo quello che stai facendo. Cambia la prospettiva, cambia il modo in cui vedi le cose. Ci sono stati momenti duri, è giusto che sia così. Ma dover affrontare delle difficoltà ti costringe a trovare un modo di fronteggiare e superare gli ostacoli. Quando poi ti giri e ti guardi alle
spalle, realizzi che in qualche modo ti hanno reso migliore”. Durante un’intervista di qualche mese fa, ti chiesi un aspetto del tuo gioco su cui stavi lavorando in particolare. “Rendere più solido il tiro da 3 punti” fu la risposta. Detto fatto: 38.3% dall’arco, seconda giocatrice più precisa tra le Lynx. “Quando ho lasciato Minnesota l’anno scorso ho parlato con l’allenatrice, Cheryl Reeve, e il suo staff: il tiro da 3 punti è stato uno degli argomenti. Nel mio percorso di crescita, se avessi ampliato il mio range di tiro diventando affidabile dall’arco, per loro sarebbe stato più semplice. E così ho fatto. Ma è una parte del mio gioco
CECILIA RITROVERÀ LA MAGLIA AZZURRA PER L’ULTIMO ROUND DELLE QUALIFICAZIONI A EUROBASKET 2019: IL 17 NOVEMBRE CROAZIA-ITALIA, IL 21 NOVEMBRE A LA SPEZIA ITALIA-SVEZIA.
che ho sempre voluto migliorare, anche se non ci fosse stata l’America di mezzo”. Dal punto di vista atletico hai dovuto fare un salto di qualità? “Più che altro si tratta di farlo nella velocità di gioco. Sia in attacco che in difesa, il ritmo è altissimo. È fondamentale adeguarsi alla rapidità di pensiero e di scelte. Certo, ho incontrato alcune avversarie di fisicità difficilmente contenibile: ho capito che non ero la più veloce atleticamente, ma neanche la più lenta. La svolta è stata proprio familiarizzare con il timing di quella pallacanestro”. Nello spogliatoio di Minnesota c’è qualcuna tra le tue
compagne con cui ti confronti di più, che ti riserva consigli e incoraggiamenti speciali? “È un gruppo in cui mi sono trovata bene, sono delle professioniste di alto livello, va da sé che delle dritte le ho ricevute un po’ da tutte. In particolare, da Lindsay Whalen: ce l’ha già nel sangue il ruolo di leader e consigliera, tant’è che proseguirà la sua carriera come allenatrice. Spesso aveva qualche suggerimento in più, cercava sempre di aiutarmi a migliorare”. Avete vissuto una stagione complessa, al di sotto delle aspettative. C’è rammarico? “Sicuramente. Da campionesse in carica, concludere
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cover story la regular season ottave e uscire al primo turno non era quello che volevamo. Tuttavia la squadra non ha mai vissuto dei problemi nel gruppo. Era il mio primo campionato completo, mi sono resa conto di quanto sia competitivo. Non esiste la partita facile, quella che sai di poter vincere anche senza ingranare la sesta. È stata una stagione di novanta giorni e trenta partite. E sono state trenta battaglie. Qualcosa non è andato, ma dopo tanti anni al vertice è normale trovarsi a dover ricalibrare e sistemare alcune cose. Un anno di transizione”. Come si viveva la sconfitta? “Con quei ritmi non c’è il tempo di guardarsi indietro e
“Sì, mi hanno scritto appena uscita la notizia che sarei andata a Istanbul. Io mi sono fatta sentire in questi giorni (al momento dell’intervista l’Italia era impegnata nelle qualificazioni mondiali, ndr). Sono stati molto disponibili e gentili, gli impegni saranno tantissimi, ma sicuramente troveremo il tempo di vederci”. Gli atleti si espongono sempre di più sulle questioni sociali. LeBron James è un social activist, lo ritiene quasi un suo dovere. In Italia in pochi lo fanno, in America è più frequente: cosa ne pensi? “In questo caso parliamo di Lebron e degli Stati Uniti. È uno degli atleti più riconosciuti e forti al mondo, che può parlare ad un pubblico amplissimo, trasversale al
I consigli speciali di Lindsay Whalen, i momenti duri, il tiro da tre, l’importanza di adeguarsi alla velocità di gioco. E di segnare in faccia a Delle Donne… piangersi addosso. Un attimo dopo una sconfitta sei già sull’aereo, in viaggio verso la sfida seguente. Per forza di cosa serve rapidità a voltare pagina: a partire dall’allenatrice, che subito dopo la fine del match dà l’input per la nuova via. Si analizza cosa non ha funzionato, quali miglioramenti bisogna mettere in atto, poi la testa va subito all’impegno che verrà. È positivo”. Nuovo capitolo, la Turchia, il Fenerbahce. Un altro grande salto e cambio di prospettiva. “Sono molto contenta. Non nego un po’ di ansia e agitazione, è normale. Ma è un’opportunità che mi rende felice. Era da qualche anno che avevo in mente di fare un’esperienza all’estero ed è arrivato ora il Fener. La squadra è ambiziosa: si punta in alto sia nel campionato turco che in Eurolega. Ci sono delle aspettative, ma nel mio approccio sarò concentrata nell’adattarmi e inserirmi il più in fretta possibile, per essere a mio agio e potermi esprimere al meglio in campo. Senza mettermi ulteriore pressione addosso”. Per la prima volta sarai tu ad essere la straniera. “Esatto. Ma non solo: sarò quella che arriva per ultima (risata). Una novità che mi fa molto strano; fino ad oggi sono sempre stata in Italia, ad “aspettare” le ultime straniere che si univano al gruppo. Ed ora quella straniera sono io!”. Dopo un’estate in America, sei di nuovo in partenza. Di cosa avrai più nostalgia dell’Italia? “Già nei miei mesi americani la cosa che più mi è mancata è stato il nostro stile di vita. Nonostante spesso ci lamentiamo del nostro paese, quando ti allontani da casa, è evidente come il nostro modo di vivere abbia qualcosa di speciale, di difficile da ritrovare altrove”. A Istanbul però avrai modo di sentirti un po’ a casa. Troverai oltre a Giorgia Sottana, anche Nicolò Melli e Gigi Datome. Ti hanno già dato il benvenuto?
mondo del basket. Ha una voce e un carisma speciale. In Italia è sicuramente più difficile che ci sia uno sportivo che ha questo tipo di impatto. Se devo guardare a noi, penso a Gigi Datome: è una persona che cerca sempre di farsi sentire”. La Wnba sta lavorando per rilanciarsi. Ancora però il mondo, il web in particolare, è pieno di critiche basate su pregiudizi. Parecchie atlete si sono esposte direttamente: è un tema molto sentito quello della parità di genere? “Quest’anno, ancora di più dello scorso, se n’è parlato. È un tema caldo, ma la questione penso sia molto ampia e complessa. È certamente fondamentale che le giocatrici prendano posizione, ma serve che il processo parta anche dall’alto, non solo dal basso. Tutto il movimento è sulla giusta strada, quest’anno ho visto molti più fan e tanto sostegno da parte dei giocatori Nba. Sono molto razionale nell’analizzare la questione: devono arrivare degli input anche dalla Nba. Certo i tweet dei giocatori fanno piacere, ma non è sufficiente”. Una fotografia che racconti la tua estate? “È stata nuova, speciale, ma molto impegnativa. Difficile concentrarla in un frame. Oltre alla pallacanestro, mi sono ritagliata i miei momenti anche fuori dal campo: sono riuscita a fare diversi giri per le città in cui ho giocato, esplorando. Mi sono potuta godere la vita americana. Durante la pausa dell’All Star Game ho trascorso qualche giorno in relax a Las Vegas: che posto!” Allora lo sceglierò io per lei un fermo immagine. È un canestro in palleggio arresto e tiro, marchio di fabbrica. Costruito dal nulla, cadendo indietro, con la mano dell’avversaria in faccia. Quell’avversaria aveva la maglia numero 11 di Washington: Elena Delle Donne.
CECILIA HA CHIUSO LA SUA SECONDA STAGIONE CON LE MINNESOTA LYNX CON 5.7 PUNTI E 1.9 RIMBALZI IN 16.5 MINUTI GIOCATI A PARTITA, TIRANDO CON IL 40.9% DAL CAMPO (38.3% 3PT.).
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LILIANA MICCIO EVVIVA, RIPARTE LA A2! 32 SQUADRE (DI 14 REGIONI DIVERSE) DIVISE IN DUE GIRONI; STAGIONE REGOLARE DI 30 GIORNATE DAL 29 SETTEMBRE A FINE APRILE. E PALERMO DI MICCIO È TRA LE FAVORITE NEL GIRONE SUD.
inside A2
pronte al via
GIOVANI TALENTI E GRANDI VETERANE, SOCIETÀ BLASONATE E NUOVE POTENZE... QUESTO E MOLTO ALTRO NELLA STAGIONE DI A2 CHE RIPARTE CON 32 SQUADRE, 2 PROMOZIONI (+1) IN PALIO E BEN 6 RETROCESSIONI DA EVITARE. LA NOSTRA PANORAMICA CON I PRONOSTICI E I NOMI DA SEGUIRE
di manuel beck
l’
A2 è la porta dell’eccellenza: per le società che lottano
per entrare nella ristretta élite dell’A1; per giocatrici e allenatori, che trovano nella seconda serie la palestra ideale per costruirsi una carriera di vertice. Pensate a quante azzurre di Crespi si sono affermate qui prima di salire al piano di sopra; o a quanto hanno attinto da questo grande serbatoio, nell’estate appena trascorsa, le rappresentative giovanili e l’Italia iridata 3 contro 3.
Ma l’A2 è anche, e soprattutto, un campionato che brilla di
luce propria, con veterane di lusso, giovani e giovanissime in ascesa, straniere già note o al debutto nel nostro paese, italiane che hanno speso la carriera nelle serie minori ma non regalano niente alle più blasonate. E con coach campioni d’Europa come Aldo Corno e Santino Coppa sfidati da nuovi colleghi emergenti o esperti navigatori della categoria. Non ci si annoia mai. Le emozioni della scorsa stagione sono ancora ben vive nella memoria: la Coppa Italia vinta da Crema all’ulti-
mo respiro, le promozioni dirette di Geas ed Empoli, poi i playoff con la clamorosa rimonta di Alpo su Costa in finale Nord e la scalata di Faenza dal 7° posto a un centimetro dall’A1. Dalla nuova stagione ci attendiamo altrettanto, se non di più.
La formula: 32 squadre (di 14 regioni diverse) divise in
due gironi; stagione regolare di 30 giornate dal 29 settembre a fine aprile. Stavolta niente promozioni dirette: le prime 8 vanno ai playoff del rispettivo gruppo; le vincenti dei due tabelloni salgono. Le perdenti delle due finali si affrontano in spareggio per poi sfidare la perdente dei playout di A1: in palio un biglietto per la massima serie. Salgono a 6 le retrocessioni: ultima e penultima di entrambi i gironi scendono in B; dall’11° al 14° posto si va ai playout, che condannano un’altra squadra per parte. Nelle prossime pagine parliamo di protagoniste e di pronostici. Chi si sente sottovalutato tenga pure il rinfaccio in serbo per fine stagione. Non ci spiacerà: vorrà dire che l’A2 avrà offerto sorprese, come sempre.
inside A2 Nel girone Nord per la promozione vediamo una lotta a tre.
Alpo, vincitrice degli scorsi playoff Nord, ha conservato quasi intatto il gruppo (Vespignani, Zampieri, Ramò, Dell’Olio e compagne) rimpiazzando Mancinelli con Pertile dall’A1 di Torino; rispetto alle dirette rivali non ha la straniera, in compenso ha trovato un’alternativa in regia a Vespignani con l’azzurra U20 Cecili. Motori già caldi in precampionato per Costa Masnaga, che in Coppa Lombardia ha messo in fila le 5 rivali della regione. D’eccellenza l’asse Rulli (iridata del 3 contro 3)-Baldelli; la lettone Vente, già apprezzata a Stabia e Milano, e la versatile Picotti sostituiscono Mahlknecht
pia ex-milanese Canova-Martelliano, c’è ottimo materiale da assemblare. In ascesa Carugate, che ha colpito forte sul mercato con due talenti di prim’ordine come Maffenini e Gambarini (da Milano e Geas); la lunga croata Molnar è in grado di non far rimpiangere Zelnyte; le confermate Diotti e Albano completano un bel quintetto, dietro il quale servirà linfa dalle giovani. Ai margini della zona-playoff, con possibilità di entrarci da outsider, vediamo tre squadre. Moncalieri, neopromossa, si è rinforzata con Cordola, Landi e la tedesca Grigoleit, su un’ossatura già interessante con l’azzurina Conte e l’italo-congolese Katshitshi che, in doppio tes-
L’A2 è la porta dell’eccellenza per entrare nella ristretta élite dell’A1, ma è anche, soprattutto, un campionato che brilla di luce propria con veterane di lusso, giovani in ascesa, straniere già note o al debutto: non ci si annoia mai! e Visconti. Spazio per le 2002 Balossi, Colognesi e Spinelli, fresche d’oro europeo, e per altri prodotti del vivaio pluriscudettato negli ultimi due anni. Crema viene da una stagione di acuti (Coppa Italia) e di blackout; maggior continuità è alla portata di un organico che con Blazevic (da Udine) al posto di Benic guadagna in stazza e con l’altro neo-arrivo Melchiori, da Lucca, forma con Caccialanza e Capoferri un gran trio perimetrale, senza scordare altri elementi di pregio come Nori, Rizzi, Parmesani. Pronostichiamo le altre 5 da playoff. Molte conferme per Vicenza (tra cui Stoppa, Ferri, Santarelli, le gemelle Destro) dove torna il sommo timoniere Corno; di pregio l’innesto della giovane Chicchisiola da Battipaglia; Matic prende il posto di Brcaninovic: meno talento ma più difesa e adattabilità al collettivo. È un lutto per l’intero movimento la scomparsa del presidentissimo Concato. Anche per Udine un cambio in panchina (Iurlaro) ma continuità nel gruppo, da Vicenzotti alle giovani già affermate (Da Pozzo, Rainis, Sturma, Romano); se funziona la miscela con le nuove – la garanzia slovena Ljubenovic e le nazionali 2000 Ianezic e Vella – attenzione perché pochi organici sono così completi.
seramento con Castelnuovo, fu rivelazione della scorsa A2.
Altre hanno cambiato molto. Milano, alla decima stagione di fila in A2 (record fra le attuali 32 squadre), inaugura un nuovo ciclo, ripartendo da Guarneri e da varie giovani, guidate da Toffali; organico accorciato ma ben assortito con gli arrivi del pivot bulgaro Kostova, delle ali Zagni e Gombac (ex Geas e Carugate) e del play romagnolo Capucci. Castelnuovo ha confermato solo Corradini e Colli fra gli elementi di rotazione; ma tra la romena Stoiedin, Salvini (un ritorno, dall’A1 di Torino), Pieropan e la cop-
Delle matricole Varese, Ponzano e Pall. Bolzano apprezziamo l’aver mantenuto i rispettivi nuclei di elementi del territorio, puntellandoli con innesti d’esperienza, come Visconti per le lombarde (che hanno anche Francesca Mistò, Cassani, Beretta), Vian per le venete (con Schiavon, Brotto, il neo-arrivo Zecchin), Chiara Rossi per le altoatesine (con Consorti e la lussemburghese Mossong; prese le giovani Egwoh e Mingardo). Anche al Sud mettiamo davanti le finaliste uscenti.
Il B.C. Bolzano ha cambiato manico con Sacchi, dall’A1 di Broni; ha sostituito Matic con la lituana Bungaite (già a Palermo e Cus Cagliari) e ha aggiunto Mancabelli alle confermate Fall, Servillo, Villarini. Può dire la sua anche Albino, che ha salutato le veterane, tenendo solo Bonvecchio e Valente oltre alle giovani locali, ma ha preso la super-realizzatrice Iannucci e la lunga Usa-britannica Pressley. Per le altre cinque, obiettivo salvezza con licenza di sorprendere. Marghera viene da buone annate di playoff, ma non ha più le veterane Granzotto, Pieropan, Llorente, affidandosi al suo eccellente vivaio capeggiato dalle azzurre ‘00-01 Toffolo e Pastrello, con i rinforzi Armari, Mandelli, Vanin. Linea altrettanto verde (se non di più) a S. Martino, dove troviamo altre due nazionali U18, Profaiser e Baldi, che insieme ad Amabiglia guidano il “farm team” delle luparensi di A1.
ARIANNA ZAMPIERI ALPO, VINCITRICE DEGLI SCORSI PLAYOFF NORD, È TRA LE FAVORITE PER LA PROMOZIONE. ARIANNA ZAMPIERI, REDUCE DAGLI EUROPEI 3X3, È ALLA GUIDA DI UN GRUPPO BEN AFFIATATO CHE FA A MENO DELLA STRANIERA.
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focus A2 inside
ALESSANDRA TAVA BOLOGNA PUNTA IN ALTO CON IL SUO NUCLEO COLLAUDATO E L’ABITUDINE AL VERTICE. HA NEL MOTORE UNA TAVA IN PIÙ, CHE RIENTRA DALL’INFORTUNIO AL TENDINE D’ACHILLE SUBITO NEL DICEMBRE SCORSO.
ARIANNA ZAMPIERI ALPO, VINCITRICE DEGLI SCORSI PLAYOFF NORD, È TRA LE FAVORITE PER LA PROMOZIONE. ARIANNA ZAMPIERI, REDUCE DAGLI EUROPEI 3X3 È ALLA GUIDA DI UN GRUPPO BEN AFFIATATO CHE FA A MENO DELLA STRANIERA.
Per Faenza le protagoniste del miracolo sfiorato (Ballardini, Morsiani, Franceschelli, Schwienbacher, l’azzurra U18 Soglia) accolgono innesti di spessore come il centro lituano Preskienyte (da Palermo), e le giovani Zanetti e Meschi. A Palermo, coach Coppa, che l’anno scorso subentrò a stagione iniziata, stavolta può impostare il lavoro fin dall’inizio, cercando l’alchimia ottimale tra le confermate Miccio, Russo, Verona, la nuova straniera Vandenberg e gli inserimenti in più ruoli: Cupido, Manzotti, le giovani lunghe Cutrupi e Novati. Le prime alternative. C’è Bologna, promossa in A1 due
diretta nella scorsa primavera, e da una coppia ex-A1 come Striulli (da Lucca) e Favento (di rientro dalla Svezia); la nuova straniera è la polacca Kotnis; Selargius ha rimpolpato il reparto ali-lunghe con Brunetti (ultimi due anni in A1 fra Ragusa e Lucca), Manfrè (un ritorno), la croata Cicic (lo scorso anno in B a Scafati), rimettendo la freccia verso l’alto per Arioli, Gagliano e compagne dopo la salvezza ai playout. Completiamo questa fascia con Civitanova, che ha cambiato timoniere (Scalabroni) e straniera (l’inglese Gaskin), prendendo anche due esterne da quintetto (Ortolani e De Pasquale) e confermando una coppia in
Le emozioni della scorsa stagione sono ancora ben vive nella memoria: la Coppa Italia vinta da Crema all’ultimo respiro, le promozioni dirette di Geas ed Empoli, poi i playoff con la clamorosa rimonta di Alpo su Costa in finale Nord e la scalata di Faenza dal 7° posto a un centimetro dall’A1. stagioni fa (salvo dover rinunciare) e finalista delle ultime due Coppe Italia: abitudine al vertice e nucleo collaudato, con la regina del 3 vs 3 D’Alie, Tassinari, Storer, Nannucci, Marta Meroni, Dall’Aglio più Tava che rientra da infortunio come il neo-acquisto Rosier. E c’è la regina del mercato Campobasso, che dopo i playoff raggiunti l’anno scorso al debutto, ha messo a fianco di Ciavarella (oro 3 vs 3) e socie un ventaglio di novità importanti come Marangoni, Porcu e Smorto (tutte ex-vivaio Venezia; la prima viene da 5 anni di A1) sul perimetro, Bove e la lituana Zelnyte vicino a canestro. Dopo un quarto posto da neopromossa, S.G. Valdarno ha cambiato molto, ma sulla carta bene: l’italo-argentina Rosset, già protagonista a Ferrara e Marghera; Missanelli, Di Costanzo, Dettori, Orsini (tutte reduci da una buona stagione) a supporto della regista Innocenti e delle altre confermate. Vediamo altre 5 squadre in lotta per i 3 posti-playoff rimanenti. Le due liguri: La Spezia dà continuità al gruppo del 6° posto dell’anno passato (con garanzie come Templari, Linguaglossa, Cadoni) inserendo il play croato Packovski (già in evidenza ad Albino due stagioni fa) e l’esperta lunga ex-A1 Sarni; più cambiamenti per Savona, che ha preso l’ala francese Eduardo, la lunga Vitari, la rientrante Alesiani; persa la top-scorer Zanetti, sono rimaste le giovani Penz e Guilavogui. Le due sarde, trasferite dal girone Nord: il Cus Cagliari riparte dal finale in crescendo che valse la salvezza
azzurro agli Europei U18: Bocola e Orsili, quest’ultima apprezzata anche ai Mondiali U17. Alle spalle di queste, mettiamo una coppia da salvezza diretta, in grado però di inserirsi nella bassa zona-playoff se tutto girerà bene. La matricola Elite Roma s’è mossa con energia sul mercato, prendendo la fisicata esterna Masic (da Selargius), la greca di formazione italiana Chrysanthidou e l’emergente realizzatrice Moretti (però infortunata in precampionato) a rinforzare il gruppo della promozione (Di Stazio, Grattarola e socie); Umbertide deve vincere le sue tante scommesse estive, dalla croata Cvitkovic alla giovane ex-forlivese Olajide e la coppia Pompei-Prosperi dal S. Raffaele Roma. Per le prossime quattro, infine, vediamo la salvezza ai playout come obiettivo. Orvieto viene da due playoff ma sconta partenze importanti, anche se tra i nuovi arrivi figurano nomi d’interesse (la torre bulgara Yancheva, le giovani De Cassan, Laura Meroni, Cantone che ha fatto l’Europeo U18). Forlì punta tutto sul suo vivaio, lo scorso anno finalista scudetto U20, e anche i rinforzi estivi vanno dal ‘99 al 2001 (Puggioni, Martines, Boni, la torre di 1.96 croata Juric). Le matricole Nico Pistoia e Athena Roma si affidano rispettivamente all’esperienza di coach Tommei (oltre che al centro croato Tomasovic, ex-Cus Cagliari) e dell’ancor validissima 39enne lunga Gelfusa a sostegno dei confermati nuclei della passata stagione.
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simona tuttofare PIÙ FORTE DELLA SFORTUNA, UNO SPIRITO INDOMABILE, INFERNO (SPORTIVO)
E RITORNO. ALCUNE DELLE ISTANTANEE CHE POSSONO RACCONTARE ASCESA, CADUTA E RIENTRO IN AZIONE DI UNA DELLE PIÙ TALENTUOSE GIOCATRICI DEL BASKET ITALIANO DEL NUOVO MILLENNIO, SIMONA BALLARDINI
di marco taminelli
U
N “CALCIO” AL PALLONE. Faenza è il centro del suo
mondo. Come tutti i grandi amori c’è estasi, tormento ed un, altrettanto sospirato, lieto fine. Si parla di passioni ma la prima non è affatto la palla a spicchi ma quello da calcio. Simona vuole seguire le orme del fratello maggiore, giovane calciatore. La voglia c’è, manca però l’adesione dei genitori degli altri giocatori: “Cosa vuol fare questa ragazzina- racconta Ballardini - giocare con i maschi a pallone? Stereotipi e battute ebbero la meglio. Io amo dare tutto, ma non sono affatto un “crazy horse”, rispetto sempre le regole e mi adeguo”.
BASKET, AMORE A PRIMA VISTA. La prima sliding door di Simona è l’incontro con Cristina Bassi. E’ la sua insegnante di educazione fisica che la fa entrare nel magico mondo del basket. È un colpo di fulmine: “Cristina conosce il basket alla perfezione, me lo racconta, e li sento che scatta qualcosa di unico. E con lei nasce un rapporto di stima e
simbiosi, pressoché perfetto e che dura sino ad oggi”.
FAENZA ED IL GRANDE SOGNO. Faenza respira già aria di basket,
anche di alto livello, da decenni. Il Club Atletico inanella molte partecipazioni all’attuale A1 (ben 53), il calore dei tifosi non manca mai. Ballardini fa il suo esordio in serie A a soli 15 anni, contro Schio, dove arriva anche il primo canestro: “ Lo segno in backdoor sfruttando un assist di una straordinaria giocatrice come Valentina Gardellin. Ero al settimo cielo”.
“BRONTOLO” MA NON MOLLO. Sono gli anni forse più belli
(1995-2000) e spensierati. Non ci sono trionfi ma la gioia di poter dare tutto alla sua gente: “Ebbi l’onore e l’orgoglio di vestire la maglia della mia città. Ci sono attorno a me la famiglia, le migliori amiche sul campo, un gruppo straordinario. C’è un tale feeling che ci tatuiamo i protagonisti dei sette nani. Ovviamente io ero Brontolo. Ma una lamentosa che non si ferma, che lotta sempre, che non molla mai”.
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IL GRANDE SALTO. Arriva il momento del grande salto, la
cessione a Schio. Ci sono i successi (Ronchetti e coppe nazionali) ma non l’entusiasmo: “È stato un periodo complesso, il roster era forte e la competizione interna tra giocatrici ancora di più. Ero un pesce fuor d’acqua, e il mio carattere schietto non mi agevolò”.
FAENZA, IL TRIONFO. Conclusa la parentesi di Schio c’è il
rientro alla base, la città celebra il ritorno del proprio idolo con cui festeggerà la Coppa Italia del 2007. A Taranto (che sarà nel suo futuro) Faenza trionfa battendo Napoli, Ballardini è l’MVP dell’evento. L’entusiasmo è incontenibile: “E’ la consacrazione – racconta con pal-
pabile emozione – sento ancora i brividi. Così come ricordo anche la finale playoff del 2005 con Schio: Perdiamo ma ho negli occhi le persone che riempiono il PalaBubani sino all’inverosimile aggrappati quasi alle finestre dell’impianto. Cose che porterò sempre nel cuore, come gli insegnamenti di un grande come coach Paolo Rossi”.
IL DESTINO IN AGGUATO (PARTE I). Vertice di emozioni che su-
bisce uno scossone durissimo poco prima della fine della stessa stagione. Le chiamate della WNBA, L.A. e Phoenix, la portano ad un passo dal sogno. A fare da guastafeste il crac del ginocchio destro che devasta Si-
SIMONA BALLARDINI NEL 2015 C’È IL RIENTRO UFFICIALE CON LA MAGLIA DELLA SUA AMATA FAENZA, CHE CON LEI CONQUISTA LA SERIE A2 NELLA STAGIONE 2016/17 E POI SFIORA LA PROMOZIONE IN A1 L’ANNO SUCCESSIVO.
mona: “Ero all’apice, ci sono le chiamate della WNBA (ironia della sorte avrei optato per Phoenix che vincerà il titolo), che mi mettono però in conflitto con la Nazionale (avrei dovuto rinunciare ai Pro per partecipare ad un torneo a Chieti ritenuto passo obbligatorio per gli Europei). L’infortunio azzera tutto, da li inizia un periodo durissimo”.
è forte, la società eccellente. Do il mio contributo ma non riesco a ritrovare l’entusiasmo di prima”. Due anni in laguna poi una stagione a Umbertide, anche qui belle soddisfazioni ma la ricerca degli stimoli veri continua: “A Umbertide mi sono trovata molto bene, otteniamo i migliori risultati della storia della società (semifinale scudetto nel 2011) ma sento che manca qualcosa”.
THE LONG WINDING ROAD. La rieducazione è lenta, a tratti
TARANTO E LO SCUDETTO. La corazzata Taranto nell’estate del
interminabile. Due interventi ed il recupero a Venezia, squadra forte ed ambiziosa. Anche qui si arricchisce il palmares ma non il sacro fuoco della passione: “Vinciamo una Coppa Italia – spiega Ballardini – la squadra
2011 vuole Ballardini per completare un roster già stellare, la campionessa faentina si unisce a Mahoney, Godin, Greco e Sottana. Trionfo atteso e previsto che non intacca però la gioia: “Sapevamo di essere le favorite
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focus naturali del torneo ma questo non significa che vinci in automatico, anzi. Squadra straordinaria, degna di un pubblico magnifico di cui ho un ricordo bellissimo”.
IL DESTINO IN AGGUATO (PARTE II). Nell’estate del 2012 il Cras
inizia la discesa che lo porterà fuori dal basket che conta, per Ballardini inizia una lunga attesa per una chiamata giusta che sembra non arrivare. Approda a Bourges per sostituire una giocatrice infortunata, contratto breve poi si vedrà: “Accetto la proposta di Bourges perché è ai vertici del basket europeo, ebbi il privilegio di giocare con campionesse del calibro di Celine Dumerc. La richiesta di rinnovo arriva ma il mio crociato decide di saltare ancora, e con lui le mie ambizioni”.
SIMOTUTTOFARE. L’opzione del ritiro è più di un semplice
pensiero: “Ero ai minimi termini per quanto riguardava
aveva bisogno dei rimedi giusti per sanarsi”.
that’s what friends are for. Il miglior balsamo sono le
amiche di sempre, che sono al timone della squadra che sta ripartendo dalla B. Il 2015 c’è il rientro ufficiale con la maglia della sua amata Faenza: “All’inizio ero solo una consulente/amica – sorride Ballardini – che dà una mano. Un passo alla volta cresce la voglia ed il coinvolgimento di progettare insieme. Ricomincio giocando, eppoi nel 2016 mi chiedono “e magari se l’allenatrice la facessi tu in questa stagione?” Oltre a loro devo ringraziare il presidente Mario Fermi che sta ricostruendo con pazienza, partendo dal giovanile sia maschile che femminile”. Il passato è definitivamente alle spalle, il rapporto con pubblico torna alle armonie di un tempo. Il doppio ruolo di allenatrice/giocatrice esalta Ballar-
I medici erano unanimi nel consigliarmi di arrendermi. Da quel preciso istante decisi che non sarebbe mai stato un maledetto ginocchio a dirmi quando avrei dovuto smettere di giocare. la fiducia. I medici erano unanimi nel consigliarmi di arrendermi. Mi aiutò tantissimo, oltre alla mia meravigliosa famiglia, anche il cominciare piccole attività di falegnameria, riparare e restaurare mobili. Cosa che faccio tuttora nei ritagli di tempo. Da li decisi che non sarebbe mai stato un maledetto ginocchio a dirmi quando avrei dovuto smettere di giocare”.
SANT..INO SUBITO. Il rilancio ha il nome di Santino Coppa.
Il leggendario coach di Priolo la porta in Sicilia, nel 2014, regalandole nuove motivazioni. Ballardini lo ripaga trascinando l’allora Bricocenter (ultima in classifica) ad una comoda salvezza: “Santino fu straordinario, lo ringrazio ancora per quella opportunità”.
BACK TO THE FUTURE. Il lungo viaggio lontano da casa però
sta per terminare. Castel San Pietro vuole tentare la scalata per l’A1, che si arresta solo nella finale con il GEAS: “Un bel gruppo giovane, mi aiutò tantissimo a rivivere il basket come gioco e felicità”. Il profumo della via Emilia rende ancora più intensa la voglia di tornare a casa: “Continuavo a guardare con interesse a Faenza, che aveva attraversato tanti guai, un po’ come me”. Il rientro si presenta complesso. Sono ancora aperte le ferite dell’ultima partenza. I dissapori con la dirigenza precedente, oltre a delle voci infondate, fecero diventare l’antico idolo un vero nemico: “Ricordo con dolore tutti gli insulti ricevuti quando mi capitò di tornare da avversario. Una lacerazione che
dini, la sua carica e la sua energia, oltre all’esempio in campo, sono tra gli ingredienti principali della cavalcata che vale il ritorno in A2: “Non puoi immaginare – spiega Ballardini – che immensa gioia ridare una speranza prima ed un trionfo poi alla mia gente ed alle mie ragazze. Non ci fermiamo più, ottenendo una promozione fantastica”. E l’anno da matricola è letteralmente magico. Dopo una buona regular season arriva l’esplosione nei playoff, la straordinaria cavalcata si ferma solo nel drammatico overtime nello spareggio con Vigarano: “Durante i playoff eravamo in un autentico stato di grazia. Avevamo fiducia nei nostri mezzi, consapevolezza che cerco di insegnare tutti i giorni in palestra alle mie ragazze. Allenare ti costringe ad un approccio diverso, ad essere più “psicologa”. Ripeto sempre alla squadra che il nostro torneo di A2 l’abbiamo vinto sul campo, ci ha sconfitto solo la formula”.
LA FINE è IL MIO INIZIO. La prossima sfida è il futuro, parten-
do dalle basi consolidate di rapporti duraturi. Accanto a Simona in panchina c’è l’amica di sempre, Cristina Bassi: “Specifichiamo subito – sorride scherzosa Ballardini – che Cristina è la co-allenatrice. Senza i suoi consigli, la sua visione il mio lavoro sarebbe assai più difficile. Ora ci aspettano tutti al varco, dovremo essere pronte ad alzare l’asticella ed io sono qui per questo, la vita mi ha insegnato a farlo da tanto tempo no?”.
IL DOPPIO RUOLO DI ALLENATRICE/GIOCATRICE ESALTA BALLARDINI, LA SUA CARICA E LA SUA ENERGIA, OLTRE ALL’ESEMPIO IN CAMPO, SONO TRA GLI INGREDIENTI PRINCIPALI DELLA RINASCITA DI FAENZA.
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LE AZZURRE D’ORO DA SINISTRA MARCELLA FILIPPI, CAPITANA DELLA NAZIONALE 3X3, RAE LIN D’ALIE, MVP DEL MONDIALE DI MANILA, COACH ANGELA ADAMOLI, GIULIA CIAVARELLA E GIULIA RULLI.
altri mondi
sulla cima DEL MONDO RIVIVIAMO L’ESTATE AZZURRA DI 3X3: DALL’ORO AL MONDIALE DI MANILA, ALLE QUALIFICAZIONI EUROPEE ED INFINE IL CAMPIONATO EUROPEO DI
DEBRECEN, RACCONTATI ANCHE DALLE PAROLE DI COACH ANGELA ADAMOLI, SULL’ESPERIENZA IRIDATA E SULL’IMPORTANZA DEL 3X3.
di lucia montanari
I
l 12 giugno 2018 per la pallacanestro italiana è stato si-
curamente un giorno storico: una nazionale azzurra è riuscita a conquistare la prima medaglia d’oro mondiale assoluta nella storia del nostro basket. La cosa davvero speciale è che a scrivere questo pezzo di storia è stata una nazionale femminile in una competizione molto recente, ovvero il Mondiale 3x3. Questa nuova disciplina, che ha preso piede nel 2007, diventerà sport olimpico dal 2020, in occasione dei Giochi di Tokyo. Le protagoniste di questo successo sono state: Marcella Filippi, Giulia Ciavarella, Rae Lin D’Alie e Giulia Rulli, guidate da coach Angela Adamoli. L’avventura azzurra a Manila inizia il 9 giugno con il primo turno, ovvero il girone, che comprendeva Malesia, Turkmenistan e Indonesia, tutte battute con facilità dall’Italia, e Repubblica Ceca, unica squadra contro la quale le azzurre hanno perso per 20-21 in tutta la spedizione mondiale. Con 3 vittorie e una sconfitta, l’Italia si qualifica per la
fase ad eliminazione diretta, che prevede nella stessa giornata quarti di finale, semifinale e finale. Il primo scoglio per le azzurre è enorme e si chiama Stati Uniti, ma grazie ad una prestazione di qualità le azzurre riescono ad eliminare le statunitensi, battendole con il punteggio di 17-14 e ad accedere alle semifinali, nelle quali l’avversario si chiama Cina. Contro le cinesi le azzurre giocano una gara molto difficile, stando sotto per la maggior parte dei 10’ di gioco e faticando a trovare il canestro, ma a portare le azzurre al successo ci pensano prima D’Alie con il guizzo finale che permette alle azzurre di impattare a quota 15 e poi Marcella Filippi con il canestro decisivo nel supplementare che regala all’Italia il primo sogno: la finale mondiale contro la Russia.
La finale è bella e combattuta colpo su colpo con l’Italia
che riesce a conquistare il primo vero vantaggio consistente a 2 minuti dalla fine, scarto che poi riuscirà a mantenere fino alla sirena finale che decreterà il vero
altri mondi sogno azzurro: Italia campione del mondo! A condire ulteriormente il successo italiano il meritatissimo premio di MVP per Rae Lin D’Alie, un vero e proprio portento nel 3x3. Per farci raccontare le emozioni di quell’avventura e qualche informazione sul 3x3 abbiamo fatto una chiacchierata con Angela Adamoli, attuale coach della nazionale femminile di 3x3 e protagonista dell’ultimo grande traguardo senior di una nazionale femminile, la medaglia d’argento a Brno nel 1995, prima del successo mondiale di quest’estate.
3x3 perfetta. Raccontaci qualcosa su di lei… “Rae è sicuramente una buonissima giocatrice che interpreta al meglio la filosofia del 3x3. È stata una scelta che ho fatto due anni fa perché ho intravisto in lei delle doti di leadership, tecniche e caratteriali importanti. È una persona piena di energia, un motore che sta sempre acceso. In tanti mi hanno chiesto come si potesse controllare tutta questa energia, io penso che non sia da controllare, ma da vivere e godere. Avendo anche questo carattere molto generoso è veramente un collante importante per tutto il gruppo.”
Che cos’hai provato al suono della sirena che vi ha
Com’è nata la tua esperienza nel 3x3 e cosa ti ha
La sera prima della giornata finale dissi alle ragazze: “Domani battiamo Stati Uniti, Cina e Russia”. Mi guardarono incredule, poi anche loro credettero in ciò che gli avevo detto. decretato campionesse del mondo? “Il fischio finale è stata un’emozione unica, ma in generale è stata tutta una giornata con delle emozioni che mi hanno riempito la pelle, il cuore e la testa. Il momento più bello in assoluto è stato in semifinale quando dopo il tempo supplementare Marcella Filippi ha messo la bomba che ci ha mandato in finale, in quanto, in quel momento, abbiamo capito che avevamo già una medaglia al collo, a prescindere dal fatto che sarebbe stata argento o oro. Da quell’episodio cruciale abbiamo preso una tale fiducia di quello che stavamo facendo che ci ha fatto sentire invincibili. Quando si è conclusa la finale volavamo, molto più di tre metri sopra il cielo! È stata una felicità che ancora faccio fatica a descrivere e tuttora se ripenso a quegli attimi e ne parlo mi vengono i brividi e la pelle d’oca”. Raccontaci un aneddoto dell’avventura mondiale... “Ce ne sono tantissimi di carini. La cosa che ricordo con più piacere è la faccia delle ragazze la sera prima della giornata che ci avrebbe visto affrontare gli Stati Uniti nei quarti, la Cina in semifinale e la Russia in finale. Quella sera abbiamo fatto video in camera mia: io usavo lo specchio della camera come lavagna. Quando le ragazze sono entrate gli ho detto “Allora ragazze ho deciso che domani battiamo gli Stati Uniti, vinciamo contro la Cina in semifinale e poi in finale non ci resta che battere la Russia”: lo sguardo che ho visto nei loro occhi inizialmente era incredulo, ma alla fine, quando le ho viste uscire dalla camera era totalmente cambiato, era diventato sicuro di ciò che avevo appena detto loro. Questa cosa mi rimarrà impressa nei ricordi per tutta la vita”. D’Alie si è dimostrata sicuramente una giocatrice di
spinto ad accettare questa sfida? “Io ho sempre giocato al campetto, che però comunque è tutta un’altra cosa. La mia prima vera esperienza di 3x3 è stata nel 2012 in cui abbiamo giocato i mondiali universitari a Kragujevac e anche in quell’occasione abbiamo vinto la medaglia d’oro: in quel momento ho avuto un colpo di fulmine e ho capito e realizzato che era un’esperienza e uno sport divertente che poteva avere un futuro e mi sono detta che questa era una strada da seguire. Dopo tre anni, mi è stato proposto di fare l’allenatrice della nazionale italiana di 3x3 e non ci ho pensato un attimo. La sfida era quella di creare un movimento completamente nuovo sotto tutti i punti di vista: allenamenti, metodologie di allenamento, ma anche dal punto di vista tecnico, tattico, fisico e psicologico e devo dire che sin dal primo momento ho sposato in pieno questo progetto”. Com’è stato preso il movimento del 3x3 da parte degli addetti ai lavori (società, allenatori, ecc..)? Inizialmente è stato preso come un gioco da campetto, con un po’ di superficialità e pensando che fosse una cosa semplice. Io che lo conosco e ci sto dietro ormai da 6 anni, penso che questo movimento stia diventando sempre più professionale e abbia sempre più bisogno di professionismo. È uno sport dove tutto è enfatizzato: già la definizione che dà FIBA di questo sport è “ten minutes sprint” la dice lunga e sembra un paradosso, perché solitamente uno “scatto” dura dagli 8 ai 12 secondi, mentre questo è uno sprint molto lungo. Quando comincia una partita non hai tempo per abituarti, capire o scaldarti: devi solo cominciare, giocare e tutto ciò che si fa dal primo secondo, serve per il risultato finale. Mi sembra di aver visto che dopo questa medaglia mondiale ci sia stato un grandissimo boom del 3x3 e abbia-
RAE LIN D’ALIE L’MVP DEL MONDIALE, CHE HA CHIUSO LA COMPETIZIONE DA TOP SCORER CON 52 PUNTI TOTALI E TANTISSIME GIOCATE CRUCIALI PER IL SUCCESSO FINALE DELLE AZZURRE.
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altri mondi
mo sentito quante persone ci hanno seguito durante la competizione di Manila. Penso che ciò che abbiamo fatto al mondiale possa essere stato un grande traino per il 3x3. Ci siamo allenate forte e tanto per quella medaglia e abbiamo fatto tutto in modo altamente professionale, per cui i risultati si possono raggiungere se si lavora bene. Io ho plasmato la mia definizione di 3x3, alla luce anche di ciò che è successo anche a Bucarest negli ultimi europei. Ci sono tre modi per affrontare il 3x3: in questo sport si può giocare, competere o vincere e questi sono 3 step completamente diversi l’uno dall’altro in quanto, tutti possono giocare e divertirsi, si può competere con il rischio di perdere le partite agli ultimi secondi, mentre per vincere bisogna andare oltre perché ci vuole qualcosa di più. Quando uno si approccia al 3x3 deve decidere fin da subito su che livello stare: giocare, competere o vincere.
LA FESTA AZZURRA IMMEDIATAMENTE DOPO IL SUONO DELLA SIRENA FINALE DELLA VITTORIA CONTRO LA RUSSIA CON IL PUNTEGGIO DI 16-12 CHE HA DECRETATO L’ITALIA CAMPIONE DEL MONDO.
Per come la penso io, vincere è la scelta migliore.” Che cosa può dare, secondo te, il 3x3 in più ad una giocatrice? “Il 3x3 può andare di pari passo con il 5 contro 5 e può essere anche un’alternativa a quest’ultimo, non solo per una giocatrice, ma per tante figure professionali, in quanto ha creato e sta creando nuove posizioni che possono regalare tantissime opportunità sotto tutti i punti di vista a chi ha il coraggio di intraprendere questo nuovo percorso. Per una giocatrice, a parte il fatto che secondo me il 3vs3 è propedeutico al 5vs5 per la crescita, ma anche l’affermazione, perché ti dà sicurezza, capacità decisionali, carattere, autonomia e indipendenza, che, a mio parere, oltre ad essere utili all’interno di un campo da basket potrebbero rivelarsi cruciali anche all’esterno. La sicurezza e il senso di responsabilità che c’è nel 3x3 sono molto più alti rispetto al 5 contro 5.”
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SUSANNA BONFIGLIO IN MAGLIA AZZURRA SUSY È STATA IN GRADO DI COMPIERE UNA STORICA DOPPIETTA CON L’ARGENTO EUROPEO E L’ORO ALLE UNIVERSIADI DEL 1995.
storie
tu vuò fà l’americana SUSANNA BONFIGLIO, CLASSE 1974. CLASSE TANTA. IN UN COLLEGAMENTO
STRATEGICO TRA LA LIGURIA, SICILIA E ARIZONA, ATTRAVERSO IL RACCONTO DI SUSY, PER RICORDARE QUEL BASKET. QUELLA PRIOLO DEI SOGNI. QUELLA NAZIONALE DEL 1995. QUELLE PHOENIX MERCURY DEL 2002. QUESTA È LA NOSTRA SUSY.
di giulia Cicchinè
L
a chiamo, lei risponde subito, dopo nemmeno uno
squillo. Mi viene subito da pensare alla sua reattività e prontezza, se lo era a rispondere alla mia chiamata, chissà come poteva essere rapida, veloce, scattante in penetrazione in campo. E che movimento energico avrebbe fatto il suo braccio per un canestro assicurato. Dall’altro capo del telefono, a rispondermi, c’è Susanna Bonfiglio e quando si parla di esplosività, non si può non pensare a lei.
Ma tempo al tempo. Susanna Bonfiglio è una ragazzina di
Savona che piano piano si avvicina al basket, attratta dal rimbombo del pallone e del suono della retina. Già, perché Susanna sente tutti i giorni quella che non è nient’altro che musica, proveniente dalla palestra sotto casa. E pensare che da piccola voleva fare nuoto, ma gli amori destinati ad essere grandi si sa, fanno giri e giri ma poi si trovano sempre. E quella di Susanna con la palla a spicchi è una storia d’amore proposta semplicemente ad essere. Proposta a
volare alto, da Savona a Priolo, poi sempre più su. “Un viaggio al contrario” l’ha definito lei, quello dalla Liguria alla Sicilia, da nord a sud. Un viaggio non così scontato per una ragazzina che lascia casa per rincorrere i suoi sogni. Ci vuole una borsa piena di coraggio e una valigia di passione. Le gambe forti? Susy le aveva già e su quelle è rimasta salda dopo i saluti all’aeroporto e all’arrivo in Sicilia. “Devo ringraziare i miei perché mi hanno permesso di fare qualcosa che a quei tempi non era così prevedibile. Voler acchiappare i propri sogni e dover lasciar casa per farlo”.
Già i genitori e la famiglia. Perché per quanto il tuo cuore
possa essere leggero e spensierato per volare, sai benissimo che i cuori dei tuoi genitori perdono pezzi ad ogni chilometro che ti allontani da loro. E fa male, e a volte sembra che nemmeno quelle gambe forti siano davvero così resistenti. Poi ti asciughi le lacrime, ti leghi i capelli e ri-parti.
storie
AVVENTURA OLTREOCEANO NEL 2002 SUSANNA BONFIGLIO VOLA IN WNBA PER VESTIRE LA MAGLIA DELLE PHOENIX MERCURY. PER LEI 105 PUNTI IN 22 PRESENZE.
“All’inizio non vedevo mai i miei genitori, se non durante le festività. E non era comunque facile, ai tempi non c’erano voli come adesso. È stata dura. Adesso che sono mamma me ne rendo conto ancora di più: non è facile lasciar andare la propria figlia, sono scelte importanti e difficili”. I pensieri scorrono attraverso i cavi del telefono che ci legano in questa chiacchierata, io me la immagino sorridente Susanna, nel raccontarmi la sua prima volta in Sicilia, con il sole che le baciava il viso anni fa e come allora, quella luce che non ha smesso di brillare sulla Bonfiglio. “Io non ero normale. Sono scesa in Sicilia per un camp, poco prima dell’inizio della stagione e mi ricordo di aver chiamato mia mamma dicendole: spediscimi la roba, io non torno più.” La sua ruota aveva appena iniziato a girare, e Susanna da Savona stava per spiccare il volo. Un salto verso il cielo, verso l’azzurro, l’azzurro nazionale. Spinta da una Sicilia che è diventata anche sua, con l’affetto e calore di una terra che probabilmente solo il Sud è in grado di dare, Susanna Bonfiglio si è conquistata anche la maglia dell’Italia, di quell’Italia ca-
pace di compiere una storica doppietta con l’argento Europeo e l’oro alle Universiadi del 1995. C’è una ricetta, testata e approvata dalla Bonfiglio, per costruire successi in maglia azzurra. Quindi, mi sono messa le cuffie, carta e penna alla mano perché di questa ricetta, non mi sarei persa nemmeno un passaggio.
“Avevamo un enorme attaccamento alla maglia, e il nostro
gioco fluido deriva da una serie di anni di giovanili trascorsi insieme. Un pizzico di fortuna, un altro di lucida follia. Impazzivamo all’idea di andare in Nazionale, anche da infortunate”. Ci vuole coraggio e ci vuole passione, ricordate? Lo dicevamo di una giovane Susanna in volo verso Priolo e il concetto si rafforza su uno sfondo tricolore: “La maglia azzurra è la maglia azzurra. Quando sei convocata in Nazionale è un orgoglio, perché la Nazionale ...è tanta roba!”. Talento, audacia, forza e grinta. Il tutto sommato al fato, ad un mix di donne vincenti e caparbie ed ecco la ricetta. Ready-set-go. L’Italia chiamò. Con Susanna Bonfiglio è tutta una questione di telefonate, di linee che si intrecciano, coincidenze che non
vengono perse e che capitano nel momento in cui tutti gli astri si allineano perfettamente. E così anche il tratto telefonico Lombardia-Sicilia che lega me e Susanna, resiste e anzi, ci porta oltreoceano, verso Phoenix. Sfido chiunque, uomo o donna, che al primo palleggio, al primo terzo tempo e al primo canestro, non si sia immaginato in America. Il sogno a stelle e strisce è parte del patrimonio globale, di tutte quelle persone che immaginano la vita nella terra “of the free and home of the brave”, ed è stata la realtà di Susanna Bonfiglio nel 2002. Immaginate voi stessi a 28 anni, nell’Italia di 16 anni fa. Cosa facevate? Ora, pensate che la WNBA è nata solamente nel 1997 e che in quel primo draft (che non era uguale al draft come lo conosciamo oggi), c’era un’
ti-partite-media, non c’è il tempo di fermarsi, prendere fiato e realizzare che tutto quello per cui si è lavorato una carriera, è proprio sotto il nostro naso. “Adesso guardo la WNBA e penso - Ma io ero lì? Incrocio in tv una partita NBA e mi dico - Ma io ero in quello spogliatoio?” Yes, Susy. You were there. ...And there you will always be. Mi verrebbe da dire. Perché le immagini, le foto, i video e i biglietti di qualche aereo saranno sempre parte di Susanna Bonfiglio che non vedo, ma sento. E anche a chilometri di distanza riesco a captarne l’orgoglio e l’emozione. “Claudia, la mamma è stata qui”. Perché tutto quello che facciamo non è solo per noi. Noi viviamo il momento, ma non percepiamo l’effetto che la nostra azione può e potrà avere sugli altri, almeno non subito. E Susanna,
“Dal pullman che ti viene a prendere sotto casa e ti porta nella pancia del Madison Square Garden, tu scendi e pensi - Ma veramente io sono qui?”. italiana, Catarina Pollini accasatasi a Houston. Pochi anni dopo, in America, si parlava ancora italiano con Susanna Bonfiglio.
Al telefono, Susy mi racconta. Cerca di farmi immaginare
che cosa voglia dire vedere con i suoi occhi lo splendore di un sogno limpido che è lì, già preso, già realtà. Così diventa un fiume di parole e mi fa ridere perché ogni tanto si blocca incapace di descrivere una meraviglia come la WNBA. Dopo tutto, sarebbe difficile per chiunque descrivere l’entusiasmo. Intanto io immagino i suoi occhi sorridenti, e le sue labbra che si incurvano formando un sorriso al solo pensiero di quel numero 53 stampato su una maglia arancio-viola. “Dal pullman che ti viene a prendere sotto casa e ti porta nella pancia del Madison Square Garden, tu scendi e pensi - Ma veramente io sono qui?”. È per questo che a 28 anni, 16 anni fa. La realtà era più bella del sogno. “Per non parlare di quella volta che, sbagliando uscita, mi sono ritrovata nel bel mezzo di un concerto al Garden!”. E non è così strano, nemmeno così fuori logica. Quando ci si innamora, in the USA, si dice “fall in love”, cadere nell’amore. Come se il tutto, fosse così sconvolgente, da renderci sbadati, poco lucidi sul momento. E non credete che un’esperienza come la WNBA sia così totalizzante? Ci rende spensierati. Senza dare un peso a tempo e luogo.
E con Susanna, anche al telefono il tempo vola. Tempo al tempo. Perché il tempo nelle grandi città scorre più veloce e a Phoenix con una tabella di marcia e una schedule tutta definita meticolosamente tra allenamen-
che di quel periodo negli States ha tenuto tutto, adesso guarda quei biglietti e quegli album delle figurine con occhi diversi, quelli di Claudia, la sua bimba. “Quando mostro le mie foto a Claudia, lei mette subito il dito su di me, ed è bellissimo”. Poi Susanna si perde in una risata emozionata. Dopo Priolo, Schio, Catania, Phoenix e Nazionale; Susanna si scioglie nel descrivere Claudia che tanto le somiglia, perché forse con lei, le viene in mente la piccola Susy di Savona che giocava nella palestra sotto casa e che sgattaiolava via dalla porta posteriore del catechismo, per tornare in palestra, a tentare di volare a canestro.
“A quella piccola Susanna direi che è stata brava a inse-
guire il suo sogno, non si è mai fatta condizionare, ha fatto quello che le piaceva. Ha inseguito i suoi desideri con costanza e grinta, volendolo fortemente. Quando finisci e dici - Ho fatto tutto quello che potevo. E con quella pace e serenità, mi congratulerei con quella Susy. Nessuno avrebbe puntato mille lire su di me, ma io ci ho sempre creduto. Non pensavo di esser la più forte, ma volevo farlo con tutta me stessa. E spero che anche Claudia faccia tutto con quella passione”. Per fare una campionessa, bisogna ricostruire il suo passato. Poi bisogna tuffarsi nel presente e pensare a quello che potrebbe essere il futuro. E se Susanna Bonfiglio è stata un vero fenomeno in campo negli anni di Priolo, Schio e Phoenix, adesso è mamma Susy. E chissà cosa potrà ancora essere Susanna nel futuro, perché quelle come lei la strada verso il canestro riescono a liberarla facilmente. E non importa quanti centri troverà nella sua cavalcata a canestro, sarà sicuramente un +2.
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il basket visto da un marziano
SPACE JAM di linda ronzoni
Passiiiii! urla la mamma di una giocatrice dietro di me. Passiiiii, urlo io, fidandomi ciecamente della capacità della mamma alle mie spalle di capire esattamente quando sono passi. No, perché io, in teoria, la storia dei passi l’ho capita ma poi… Il piede perno, i passi di partenza, le virate. Mettetevi nei miei panni. Io una partita intera di basket l’ho vista per la prima volta cinque anni fa e prima conoscevo al massimo le Nike Jordan, Meneghin e quel film coi Looney Tunes, come si intitolava? Se avessi accettato l’invito della mia compagna delle elementari a seguire le partite del campionato giovanile di Melzo mi sarei appassionata al gioco, domenica dopo domenica, forse avrei capito tutto del terzo tempo, del pick ’n roll, della palla accompagnata e ora non starei sugli spalti a farmi domande fondamentali per il mondo cestistico come: perché nei bagni del palazzetto non ci sono mai gli specchi? Falloooo! Urla la mamma dietro di me. Falloooo! Urlo io, mentre una giocatrice si aggrappa al braccio della sua avversaria trascinandola giù. Perché il basket, ti dicono alle prime obiezioni su quanto siano aggressive le giocatrici in campo, è uno sport di contatto. Contatto, nel mio dizionario prima di incontrare il basket, significava accostamento della superficie di due corpi. Superficie. Non braccia strappate dal corpo dell’avversaria. Superficie. Io sono una che in metropolitana se il vicino mi sbircia nel giornale comincio a irritarmi e piego il foglio per impedirgli di leggere. E spesso la metropolitana non la prendo proprio, così mi evito il problema del giornale e della gente che straborda dal proprio sedile invadendo il mio .Edward Hall, che ha coniato il termine prossemica, dice che ogni animale ha una distanza detta ‘distanza di fuga’. Per un antilope è mezzo chilometro, per una lucertola un metro e mezzo. Per gli esseri umani la distanza di fuga è detta anche spazio vitale e varia da cultura a cultura. Per un africano è di pochi centimetri per un inglese è di due metri. Per un giocatore di basket meno quindici centimetri. Per un giocatore di basket africano sono in corso studi di approfondimento. Bastaaaa! Urla di nuovo la mamma ormai quasi senza voce all’ennesimo fallo delle avversarie. Bastaaaa! Urlo io che dopo cinque anni ancora questa storia dello sport di contatto non mi va giù. Sarà mica un caso che io da piccola giocavo a tennis, uno di qua e uno di là, una bella rete in mezzo a delimitare il mio spazio e l’unico contatto possibile quello visivo, sguardo di sfida da lanciare prima del servizio, occhi negli occhi e 23 metri di uovo prossemico.
mara risponde
dove sono le donne? di mara invernizzi Come mai ci sono così poche donne che occupano ruoli che contano nel basket femminile? Sei l’unica dirigente, ed anche come allenatrici non siamo messe molto meglio, solo una donna è capo allenatrice in A1. (Chiara Mariani, Milano). Più volte da quando è incominciata la mia avventura in ambito federale mi è stato chiesto come mai ci fossero così poche donne a ricoprire incarichi dirigenziali nel mondo sportivo e nella fattispecie nel mondo della pallacanestro cosi come accade del resto per incarichi più tecnici. Ammetto che non è facile rispondere a questa domanda da parte di chi si trova aldilà della staccionata, perché credo che oltre a motivazioni abbastanza ovvie legate a ragioni che provengono da una condizione femminile atavica che per anni ci ha portato a soccombere, volenti o nolenti, di fronte a uno status quo maschile di certo più affermato rispetto al nostro, ci siano in realtà situazioni molto legate all’autostima e alla voglia di affermazione che molte donne solo recentemente stanno esternando anche in quegli ambiti per anni non considerati di nostra competenza. Parte del merito va dato anche al genere maschile che probabilmente sta riscoprendo nel genere femminile una nuova fonte di ispirazione, competenze, capacità che bene completano le possibili proposte e risorse da portare in un mondo che per anni è stato principalmente virile, e che forse ha cominciato a cambiare opinione anche grazie all’introduzione, per alcuni ambiti un po’ forzata, delle cosiddette quote rosa. Ciò che però più mi preme oggi, grazie anche all’entusiasmo che deriva dal mio ruolo attuale e a quello occupato da tante altre donne in diversi incarichi sportivi di natura tecnica o dirigenziale, è di far sìi che più donne, ex atlete, sportive o semplicemente appassionate di sport, si chiedano cosa le frena dal provare a mettersi in gioco, con la consapevolezza di poter trovare qualche strada in salita, ma con la altrettanta certezza di poter ottenere grandi soddisfazioni personali e non solo, magari sfatando anche quei luoghi comuni che iniziano a non rappresentarci più, fortunatamente!
flash news di daniele tagliabue
U17 E U14 UNDER 16 U20 E U18 Altre note liete TRIONFO AZZURRO ALTI E BASSI Si è chiusa su una nota altissima l’estate delle Nazionali giovanili azzurre, salite a quota 11 medaglie negli ultimi 11 anni. Le Under 16 di coach Giovanni Lucchesi hanno conquistato a fine agosto l’oro europeo a Kaunas, il primo per l’Italia in questa categoria. Due fantastiche volate ci hanno permesso di stendere Francia e Spagna (grandi favorite) nei quarti e in semifinale; nell’atto conclusivo azzurre sempre avanti sulla Repubblica Ceca (6052). Caterina Gilli è Mvp del torneo; la rivelazione Nasraoui è la nostra top scorer con 12,2 di media.
Cammini differenti in ambito europeo per le due compagini Under 20 e Under 18. Le prime, allenate da coach Orlando, chiudono al quarto posto la kermesse di Sopron. Dopo aver fatto percorso netto nel girone con Slovacchia e Svezia e Francia, hanno poi piegato Slovenia e Portogallo prima di fermarsi in semifinale contro la Serbia perdendo poi la finalina contro l’Olanda. Deludente invece l’Europeo della formazione di Iurlaro, che davanti al pubblico amico di Udine complice anche l’assenza di Sara Madera, non è andata oltre il decimo posto finale.
Buon piazzamento per l’Italia di coach Riccardi ai Mondiali U17 in Bielorussia. Dopo la sconfitta nei quarti con l’Australia, le azzurre hanno superato Lettonia e Spagna concludendo quinte (oro agli Usa). Brillano anche le U4, vittoriose nel classico torneo di Slovenj Gradec. Le ragazze di coach Gebbia hanno compiuto percorso netto contro Bulgaria, Serbia, Ucraina, Ungheria, Israele e Slovenia, quest’ultima battuta in finale per 68-55. Top scorer dell’incontro Eleonora Villa, 16 punti. MVP della manifestazione a Vittoria Blasigh; nel miglior quintetto anche Matilde Villa.
flash news di daniele tagliabue
ROMA HIGH SCHOOL LAB
SPAGNA wnba FIBA WORLD CUP 2018 VINCONO LE STORM
Ha preso il via presso il centro di preparazione Olimpica di Roma la seconda stagione di High School Basketlab, il raduno collegiale permanente riservato alle cestiste nate nel 2003 e 2004. Quindici le giocatrici a disposizione dello staff tecnico coordinato da Giovanni Lucchesi. Ecco i loro nomi: Arianna Arado, Valentina Braida, Noemi Celani, Ashley Egwoh (unica 2002), Martina Iagulli, Promise Keshi, Vittoria Lavinia Lanzilotti, Caterina Logoh, Laura Medeot, Anna Daria Rescifina, Sara Ronchi, Linda Setti, Stefania Susca, Sofia Varaldi e Sara Volpe.
Dal 22 al 30 settembre, a Tenerife, 16 nazionali si sfidano per decretare chi si aggiudicherà la medaglia d’oro. Favorita d’obbligo Team Usa, che va a caccia del tris dopo aver vinto l’edizione 2010 a Brno e 2014 a Istanbul, ma attenzione alle padrone di casa guidate da Alba Torrens. Formula particolare, con le prime direttamente ai quarti di finale, mentre seconde e terze di ogni girone si sfideranno in uno spareggio a incrocio tra gironi A e B da un lato e C e D dall’altro. Tre le giocatrici impegnate del nostro campionato: Gonzalez e Rosset per l’Argentina, Steinberga per la Lettonia.
EUROLEGA I SORTEGGI Sorteggiati lo scorso 5 luglio i gironi relativi alla massima competizione europea Femminile. Si partirà il prossimo 9 ottobre (rit. 12/10) con i preliminari che vedranno impegnata la Reyer Venezia. Per le lagunari ci sarà di fronte il TT Riga. Stagione regolare al via il 24 ottobre, con Schio che se la dovrà vedere con Ekaterinburg, Polkowice, Bourges, Praga e Castors Braine oltre a due squadre dai preliminari. Non di meno valore l’altro gruppo che vedrà il Fenerbahce fronteggiare CB Avenida, Kursk, Flammes Carolo, Sopron, Hatay e due formazioni dai preliminari. Con la Reyer Venezia impegnata nei preliminari di Euroleague, l’Eurocup al momento resta per ora priva di club italiani vista la non iscrizione di Ragusa
serie b SI RIPARTE Parte per primo il girone lombardo, quello con più squadre (ben 16), che dopo il successo dello scorso anno ripete ancora l’Opening Day, in programma a Carugate (MI) nel week-end del 29-30 settembre. Sei promozioni in totale, due dirette riservate ai gironi di Lombardia e Veneto/Friuli/Trentino. Ancora da definire la formula per le altre quattro promozioni.
Dopo otto anni di digiuno, Seattle Storm è tornata a incidere il proprio nome nel palmares per la terza volta nella storia. Successo che fa da seguito a quelli datati 2004 e 2010 in una serie che non è mai stata in discussione. A Washington non è bastato il talento di Elena Delle Donne per raddrizzare una serie in cui Breanna Stewart ha dimostrato di meritare pienamente il titolo di Mvp mettendo il sigillo in una gara tre da ben 30 punti all’attivo. 89-76, 75-73 e 82-98 i punteggi finali delle tre partite.
3x3 FIBA EUROPE CUP Finisce con l’amaro in bocca la Fiba Europe Cup delle azzurre che cadono nella finale per il terzo posto non riuscendo così a replicare l’ottima performance del Mondiale. D’Alie, Ciavarella, Filippi e Zampieri dopo aver vinto con il Belgio e perso in volata con l’Ungheria, stendono nei quarti la Repubblica Ceca ma si fermano in semifinale contro l’Olanda nonostante la prova magistrale di D’Alie (11 punti su 12 totali). Nello spareggio per la medaglia di Bronzo la festa è tutta ungherese, con il 16-17 finale maturato nel supplementare.
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palla e psiche
ANSIA DA TIRO LIBERO? di Alice Buffoni, Staff Psicosport Il Basket è uno sport di contatto, e ci alleniamo tutta la settimana per assorbire le spinte, le botte. “Tieni il contatto!” è l’urlo che si alza dalla panca ogni volta che in contropiede non arriviamo a canestro, perché l’avversaria ci ha letteralmente falciato via. Ci alleniamo anche a evitarlo, il contatto: ci chiamiamo i blocchi, ci aiutiamo in difesa mentre la compagna recupera. E’ un meraviglioso lavoro di squadra, le diamo e le prendiamo, tutte insieme. Poi, inderogabile, arriva il fischio dell’arbitro sul tiro e ci troviamo completamente sole, a 4,6 metri dal canestro: il tiro libero. Non ci può aiutare nessuno. Perché alla fine il tiro libero vale uno, che come scriveva Daniele Labanti, è un numero primo, ha la stessa solitudine, l’identica inquietudine, la medesima ansia. Fare dieci su dieci in allenamento non ti rende immune dal temuto zero su due quando la partita conta. Perché ora tutti gli occhi del palazzetto non guardano più quella meravigliosa macchia di divise uguali che corre per il campo, ma sono fissi su di te. E spesso trattengono il fiato, augurandoti tutto il bene o tutto il male del mondo. Come si rimedia a una percentuale disastrosa ai liberi? Lavorando duro in palestra ovviamente. Ma non basta tirare liberi allo sfinimento. A parità di efficacia e di correttezza della meccanica di tiro, otterrà la percentuale più alta la giocatrice con una routine pre-shot ben allenata e ben collaudata. Di cosa stiamo parlando? Di una delle più efficaci strategie di concentrazione dei grandi giocatori; le routine preparatorie al gesto tecnico sono una sorta di interruttore della nostra concentrazione e consentono di raggiungere a comando l’attivazione ottimale delle nostre risorse emotive e cognitive, migliorando notevolmente la prestazione. Con l’aiuto di un mental trainer possiamo costruire una sequenza pre-tiro personalizzata, costituita da immagini mentali, respiri e dialogo interno che andrà a integrarsi con i passaggi tecnici dell’esecuzione del tiro. Se ben allenata, ed eseguita sempre ad ogni tiro libero, col tempo diventerà automatizzata e sarà una risorsa importante per gestire le emozioni nei momenti importanti della partita. Ma attenzione a non confondere Routine e Scaramanzia! Infatti i gesti, la respirazione, il dialogo interno che compongono la routine pre-tiro sono tutti funzionali al gesto tecnico, diventano parte integrante dell’azione di tiro. I gesti scaramantici, invece, come ad esempio riallacciarsi le scarpe, ci allontanano dalla linea di tiro, facendoci concentrare sul doppio nodo e non sul primo ferro. Oppure ci portano ad affidare l’esito del tiro a qualcosa che non possiamo sempre controllare, per esempio lo scambio di sguardi portafortuna con quella compagna che magari quel giorno non c’è o in quel momento non ci sta guardando.
Questa rubrica è tenuta da Psicosport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.
la foto del mese
FEDERICA BRONDONI
IL CAMPETTO DIETRO CASA. MILANO, ZONA RUBATTINO I PREMI PER I VINCITORI SONO OFFERTI DA RUCKER PARK MILANO. WWW.RUCKERPARKMILANO.COM
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