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FATTORE ZETA
from PINK BASKET N.26
by Pink Basket
EDITORIALE - DI ALICE PEDRAZZI
Fattore Zeta. È ciò che, da 19 anni unisce, a dirla tutta un po’ (troppo) flebilmente, il basket nostrano alla Final 4 di Eurolega.
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Fattore Zeta. Zandalasini e Zara. L’azzurra di Broni il 16 aprile tornerà, vestendo la maglia del suo Fenerbahce, a piantare una bandierina tricolore sul parquet della Final 4 di Eurolega, che si disputerà ad Istanbul. Per ricordarsi un’altra azzurra disputare (ed in quel caso vincere) la massima competizione continentale per club, occorre ripercorrere il Fattore Z a ritroso per 14 lunghi, lunghissimi anni, fino ad arrivare a Francesca Zara, che nel 2007, vestendo la maglia dello Spartak Mosca, insieme ad un dream team forse senza precedenti in Europa (Sue Bird, Tina Thompson, Ticha Penicheiro, Diana Taurasi, Irina Osipova, Marina Karpunina, Yekaterina Lisina, Tamika Whitmore, Ivanka Matic, Sveltana Abrosimova, Agnieszka Bibrzycka) l’Eurolega la vinse.
La F4 di Francesca Zara diede inizio all’egemonia russa sulla Coppa più prestigiosa dell’Europa del basket, quella di Cecilia Zandalasini potrebbe segnare invece la fine della maledizione turca: il Fenerbahce dal 2012 al 2017 ha raggiunto le Final Four senza soluzione di continuità (6 volte di fila), disputando 3 finali. Perse, tutte. Contro Ekaterinburg, sempre. Corsi e ricorsi storici, che rendono lo sport dolce e a volte amaro.
Numeri, che per la nostra metà del cielo dei canestri, sono d’astinenza. Tra Zara e Zandalasini corrono 20 anni netti di differenza. 14 sono quelli che l’Italia del basket femminile ha dovuto attendere per rivedere una azzurra giocarsi l’atto finale dell’Eurolega. Da 19 anni aspettiamo e preghiamo che un club italiano torni al tavolo delle grandissime d’Europa (l’ultima squadra a riuscirci fu Parma, nel 2002) e da 26 anni, non vediamo una squadra italiana vincerla, quell’Eurolega che una volta si chiamava Coppa dei Campioni (dalla notte magica del Pianella di Cantù, in cui la Comense di Pollini e Fullin trionfò battendo Valencia). Troppo. Un tempo infinito, soprattutto nello sport, dove l’aspettativa di vita agonistica è breve. E così intere generazioni di giocatrici sono nate e si sono spente, senza aver mai potuto raggiungere quell’obiettivo.
Pensando al bicchiere mezzo pieno. Alla Final Four di Istanbul faremo il tifo per Cecilia, che dopo averci portato l’anello Wnba (nel 2017 con le Minnesota Lynx), proverà a riportare un po’ di tricolore sul tetto d’Europa e, sulle rive del Bosforo, potremo andare anche orgogliosi di un altro protagonista azzurro: Manuel Attard, fischietto siciliano per vocazione e passione (di lui parliamo anche nel pezzo a pagina 10), chiamato a dirigere le gare della Final 4. Pensando al bicchiere mezzo vuoto. La sensazione amara di non poter - per il 19° anno consecutivo – sognare con e per nessuna squadra italiana, non si cancella.
Pensando al futuro. Dobbiamo fare presto. Urge riportare una squadra italiana sui parquet dell’Europa che conta. Lo dobbiamo a tutte le bambine dei nostri centri minibasket, perché possano sognare in grande. 19 anni senza sogni, sono un fardello troppo pesante.