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MARIANNA D'ITALIA

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DIETRO LE QUINTE

DIETRO LE QUINTE

STORIE di Marco Taminelli

L’ULTIMA MEDAGLIA AD UN EUROPEO RISALE AL 1995, QUANDO LE AZZURRE GUIDATE DALCOMPIANTO RICCARDO SALES SI MISERO AL COLLO L’ARGENTO. DI QUEL GRUPPO FACEVA PARTE MARIANNA BALLEGGI, STELLA DI PRIMA GRANDEZZA DEL NOSTRO MOVIMENTO. RIVIVIAMO CON LEI LA SUA CARRIERA E L’ESPERIENZA AZZURRA

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La maggior parte dei grandi amori nasce per caso Classe, eleganza e grinta, la sintesi di un personaggio che ha arricchito il panorama del basket femminile per oltre tre lustri. Parliamo di Marianna Balleggi, stella di prima grandezza con Parma e Taranto, con una parentesi nella WNBA e, soprattutto, medaglia d’argento a Brno con la nazionale. L’esperienza azzurra, i successi con i club, l’avventura americana ed il basket in rosa a 360 gradi, con l’abituale schiettezza di una fiorentina purosangue.

Partiamo proprio dalla tua amata città: il rapporto con Firenze e la scoperta della passione per il basket.

“Il basket è sempre stato parte della cultura sportiva della nostra famiglia. Lo zio Alessandro Balleggi è stato un giocatore di A2, mio fratello Bernardo ha giocato a lungo fino alla B2 e la mia gemella Carlotta in A2. Per quanto mi riguarda, dopo una breve parentesi tra ginnastica artistica e pattinaggio a rotelle, non sono riuscita a sottrarmi al destino dei Balleggi ed ho cominciato a giocare a 7 anni all’Olimpia Legnaia. Dopo un anno sono passata alla Florence dove solo grazie alla costanza della mia mamma, e di Piero Venturini, mi sono convinta che il basket faceva davvero per me”.

Le prime stagioni con Ferrara e poi Pavia, la consacrazione con il titolo di MVP nel 1996. Le tue emozioni di allora, quali le persone chiave della tua crescita esponenziale.

“Il 1996 è stato un anno fondamentale prima la gioia del titolo di MVP, poi il periodo di preparazione olimpica con la Nazionale ad Atlanta in occasione delle Olimpiadi. Da cui fui esclusa inaspettatamente all’ultimo momento, il tutto dopo l’oro alle Universiadi di Fukuoka e l’argento ai Campionati Europei di Brno del 1995. Devo ringraziare Riccardo Sales, un grande allenatore perché da quell’esclusione, dovuta ad una serie di fattori probabilmente non del tutto legati ai valori in campo, trassi nuova forza e grandi stimoli. Fattori che mi portarono a migliorare ancora”.

Crescita confermata dalle stagioni a seguire. Sale l’asticella e l’ambizione, arrivano a Parma i trionfi con Coppa Ronchetti e scudetto di una Cariparma stellare e pigliatutto.

“Gli anni di Parma furono fantastici. Vincemmo tutto, la Supercoppa nel 1997, la Coppa Italia nel 1998, 2001 e 2002, lo scudetto nel 2001 e la Coppa Ronchetti del 2000. Ricordo le compagne Marta Rezoagli, Yolanda Griffith, Anna Costalunga e Valentina Gardellin grandi persone, amiche prima ancora che grandi giocatrici. Un grande coach come Paolo Rossi, severo ma vincente. Con lui ebbi confronti anche duri ma da cui trassi sempre importanti insegnamenti. Ma Parma non sarebbe riuscita ad essere quella che è stata senza l’entusiasmo, l’impegno, la competenza e gli sforzi di Gianni Bertolazzi e Romana Tarroni. Raramente ho incontrato persone che abbiano amato altrettanto il basket femminile, e tanto hanno fatto per lo sviluppo di questo nostro sport”.

C’è il capitolo, profondamente importante, della Nazionale. Emozioni infinite, 1995 l’argento di Brno che ancora brilla come migliore risultato azzurro da oltre venti anni. Il tuo rapporto con quel gruppo, con le grandi veterane Ballabio e Pollini. I ricordi di quell’indelebile esperienza e quanto ha inciso nel tuo prosieguo, fino a farti diventare capitana della squadra azzurra.

“Incontrai Cata Pollini quando avevo 19 anni, al primo raduno con la Nazionale maggiore di Novarina. Una grande giocatrice ed una grande professionista, una persona davvero eccellente. Mi ha insegnato tanto con continui consigli e correzioni, mi ha preso sotto l’ala protettrice e mi ha fatta crescere come giocatrice. Oltre a Ballabio ricordo con grande affetto Mara Fullin, una leader in campo e fuori, una vera numero uno. Salire sul podio europeo è stata un’iniezione di fiducia ed una gioia incredibile. C’eravamo anche noi ed eravamo tra le migliori quindi nessun traguardo sembrava irraggiungibile”.

Le gare chiave di quella spedizione, i momenti che a tuo parere hanno cambiato il destino di quell’Europeo per l’Italia.

“Tanti sono stati i momenti ma in realtà è andato tutto per il verso giusto. Sicuramente perchè eravamo forti, preparate, molto coese e ben allenate. Alla fine però non riuscimmo nella più grande impresa, l’Ucraina credo si sia meritata l’oro in finale”.

Il 1995 anche d’oro con le Universiadi di Fukuoka, sempre con coach Riccardo Sales sul ponte di comando. I tuoi ricordi del “Barone”, quanto fu importante per l’argento. Oltre alle tue istantanee della straordinaria avventura giapponese.

“Sales è stato un ottimo allenatore, che ci ha guidato molto bene sino alla vittoria finale contro gli USA. Statunitensi che all’inizio della partita facevano un po’ i fenomeni, prendendoci anche in giro. Alla fine della partita credo abbiano riso molto meno. Salire sul gradino più alto del podio, facendo scansare gente come Katie Smith e Tina Thompson, è stata una soddisfazione grandissima. Abbiamo giocato in palazzetti ultramoderni, con aria condizionata mentre fuori si moriva dal caldo. Ricordo delle lamentele continue di Susy Bonfiglio, che poi andava sul parquet e giocava partite perfette. Mi faceva sorridere Elena Paparazzo, che mi prendeva in giro perché anche in quell’occasione tenevo al look. Poi però in campo eravamo due macchine da guerra”.

La vostra è stata l’ultima nazionale medagliata. Consigli ed auspici per le azzurre prima della loro avventura europea. E come vedi il cammino della nostra squadra.

“I tempi sono cambiati, è diverso il livello internazionale e obiettivamente ci sono meno superstar. Oggi le squadre si affidano più al collettivo che ai grandi talenti. L’intero movimento ha subito un forte ridimensionamento sia a livello nazionale che Europeo, una squadra italiana da Final Four di quindici anni fa oggi si giocherebbe le coppe europee. L’unica soluzione è quella di privilegiare il gioco di squadra, mettendosi a disposizione del collettivo”.

Carriera lunghissima e tanta passione per il gioco,. Come è cambiato in questi anni rispetto ai tuoi esordi. Segui sempre basket di alto livello: WNBA, coppe europee e campionato italiano?

“Il cambiamento è stato enorme, pensate ad Andrea Lloyd, Cynthia Cooper, Lisa Leslie e Yolanda Griffith oppure alle più giovani Penny Taylor, Diana Taurasi, Sue Bird. Era onestamente un altro sport. Fatto di più tecnica, più fisicità e più talento. Una velocità di esecuzione e una forza che non sarebbero gestibili al livello attuale. Non seguo più il basket femminile, se non saltuariamente e ripensando ai miei scontri con Tari Phillips e Ruth Riley vedere le ragazze di oggi mi fa tenerezza. Era anche più difficile, un anno durante la prima partita di campionato andai in doppia cifra con 24 punti e 15 rimbalzi contro Tari Phillips. Da quel momento in poi le guardie straniere non mi passarono più un pallone giocabile per il resto del campionato. Costringendomi ad andare a cercare le occasioni da sola. Questo era il basket per un quattro italiano”.

Basket femminile ed immagine. Argomenti visti anche dall’angolazione di chi è stata importante testimonial del nostro movimento, e non solo. La recente esplosione mediatica del calcio pone il prblema di come comunicare e far crescere il basket in rosa. Problemi e possibili soluzioni per il rilancio del movimento.

“Durante la mia carriera sono stata testimonial Nike e AND1. Con le altre top players eravamo spesso protagoniste su Superbasket, Sportweek e sulla Gazzetta dello Sport. Gli sponsor delle singole società ci usavano per promuovere la loro immagine, oggi succede molto meno. Forse eravamo forti e ce lo meritavamo, forse il movimento non era ancora stato superato dalla pallavolo. E su questi argomenti il volley ha fatto un lavoro di immagine pazzesco. Per vendere un prodotto, che sia basket o prosciutto, prima di tutto devi avere un buon prodotto. Direi di provare a ripartire da quello. Un forte movimento, cura nella crescita delle giocatrici, allenatori che non siano solo titolari di patentino ma maestri veri. Come Aldo Corno, Paolo Rossi, Santino Coppa, Marco Rota, Stefano Tommei, Nino Molino ed altri ancora. Allenatori veri che, oltre a strategie e tattiche di gioco, non si dimenticavano mai di insegnarti anche la pallacanestro”.

I tuoi programmi attuali, l’esperienza con la Laurenziana, ed i prossimi obbiettivi di Marianna Balleggi.

“Per me oggi la pallacanestro si divide in due aspetti distinti. Quella televisiva, dove guardo soprattutto l’Euroleague maschile dove si gioca pallacanestro vera e non il circo dell’NBA. Lega ormai riservata, secondo me, soprattutto a giocolieri e saltatori. E poi quella importantissima del mio bimbo, che gioca nelle giovanili della ASD Laurenziana Basket Firenze. Laurenziana guidata da Tommaso Paoletti ed Enrica Niccolai, persone eccezionali ed allenatori con una visione ed una cura della formazione che è veramente raro ritrovare nelle società giovanili. Con loro Lapo è cresciuto molto e con buoni risultati, e di questo sono ovviamente molto felice. Per lui l’asticella è comunque alta, perché mamma Marianna non fa sconti, neanche al suo bambino”.

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