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MAKE IT HAPPEN
from PINK BASKET N.32
by Pink Basket
Primo piano di Laura Fois
DA PARMA ALLA HIGH SCHOOL IN USA, FINO A MANTOVA. GIULIA MONICA È UNA GRANDE REALIZZATRICE CHE FA DELLA PROFESSIONALITÀ, DELLA CONCENTRAZIONE E DELLA COMPETITIVITÀ LE SUE ARMI VINCENTI. FUORI DAL CAMPO DUE LAUREE, UN LAVORO A TEMPO PIENO E UN GRANDE AMORE. VI RACCONTIAMO LA SUA STORIA
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Il fuoco dentro non si spegne e mai si spegnerà nelle giocatrici che hanno la mentalità competitiva e l’attenzione ai dettagli. Neanche quando il basket giocato finirà. Perché è linfa vitale, adrenalina necessaria, motore del quotidiano. Giulia Monica ha il fuoco dentro. Bastano degli audio via Whatsapp per capirlo. «Continuo ad arrivare per prima in palestra. Il giorno della partita mi alzo presto, ho la mia routine. Ho tatuata una frase di Michael Jordan: make it happen. Quella che dice: alcuni aspettano che le cose accadano, altri le fanno accadere».
GLI INIZI, L'AMERICA E LA A1 Giulia inizia a giocare a otto anni in una squadra di Parma, seguendo le orme del fratello, e si appassiona fin da subito. In quarta superiore parte in America per il programma Intercultura. La prima svolta, nella sua vita, avviene in un piccolo paesino dello stato di New York, vicino a Buffalo. L’America è davvero come nei film, e all’high school Giulia non gioca solo a basket ma proprio con la squadra della scuola vince il campionato. Da lì il destino giocherà a ripetersi. L’anno successivo, al rientro in Italia, è una giocatrice di serie B e durante un’amichevole con il Basket Cavezzo viene notata. Avviene il grande salto in serie A1 proprio con Cavezzo, che sigilla la sua prima esperienza in ambito professionistico. «Ho sempre gestito la pallacanestro nel modo più professionale possibile, ma questo non mi ha impedito di laurearmi in economia e marketing prima e in civiltà, lingue straniere e moderne dopo. Mentre studiavo facevo anche dei lavoretti. Conciliare basket e lavoro non è sempre facile ma la passione è sempre stata così tanta che ha reso la stanchezza e la frenesia di tutti i giorni meno pesanti. La cosa più bella è che il basket è sempre stato un divertimento. Ho sempre espresso la felicità di giocare, dentro e fuori dal campo».
IL TERREMOTO A Cavezzo resta diversi anni, altalenando l’A1, l’A2 e la serie B, guadagnando sul campo le promozioni, fino a quando l’attività sportiva si interrompe per via del terremoto, nel maggio del 2012. «Le scosse sono state forti, ricordo ancora che mi trovavo a casa di un’amica. Sono stata testimone di come da un giorno all’altro sia cambiata la vita delle persone. Anche se lì non c’era niente che mi appartenesse, per sei anni Cavezzo è stata la mia casa e ci sarei rimasta ma il terremoto aveva distrutto il palazzetto».
ALPO E MANTOVA Le sue convivenze con la pallacanestro sono sempre durature. Ad Alpo resta quattro anni e si conferma ‘miss promozione’: anche qui vince il campionato e dall’A3 fa il salto in A2. A Mantova, dove tuttora risiede, festeggia il sesto anno. Quest’ultima è stata «una scelta di vita, decisa col mio compagno, allenatore di basket. La pallacanestro è un argomento quotidiano». Il primo anno deve finire gli studi e si accontenta di giocare in serie minori, ma dice: «Il modo di affrontare la serie C è uguale a quello di affrontare una squadra di A2». Questa è la mentalità che fa la differenza. Ma nel basket non basta, deve esserci un atteggiamento di gruppo. «E noi lo siamo ancora. Con molte di quelle che hanno iniziato con me in serie C non immaginavamo che saremmo state subito promosse in A2. I playoff di B regionale restano tra i miei ricordi più belli. Partendo dalla semifinale: eravamo in svantaggio contro Lodi, una delle favorite, ma siamo riuscite a ribaltare lo svantaggio fino a vincere in casa loro la partita decisiva. La finale contro Milano ineguagliabile: la prima va a loro, la seconda, vinta da noi in casa, è stata la più emozionante perché il palazzetto era pieno e c’era un tifo incredibile. Gara 3, a Milano, viene decisa da noi. Che dire di questo gruppo ancora? Fa la differenza anche fuori dal campo. Parte del nucleo storico, quello della cavalcata per la promozione, è ancora qua».
SUPPLEMENTARI Il basket è imprevedibile, come la vita. Ti può portare a giocare fino a quattro supplementari. Succede nella partita contro il Sanga Milano del 13 novembre. «Non avevo mai giocato quattro supplementari! La stanchezza era parecchia ma non ci pensavo. Ho invece sempre creduto che avessimo più risorse. Sai quando guardi in faccia le avversarie e hai certe sensazioni? È andata esattamente così e abbiamo avuto la meglio contro una squadra più avanti di noi in classifica».
Chi è Giulia Monica «Una realizzatrice a cui piace far canestro, e che fa di tutto perché questo avvenga. Mi è sempre piaciuto tirare, ma anche far segnare le compagne. Andare a rimbalzo è un’altra delle mie caratteristiche. Negli anni, poi, ho notato di aver imparato a fare cose, giocando, che non facevo quando ero più giovane. È come avere qualcosa in più rispetto a prima. Sembra assurdo ma è così». Si chiama esperienza, e voglia di mettersi a disposizione sempre della pallacanestro. Soprattutto se si è «una persona molto competitiva e concentrata. Vivo le cose al massimo. Voglio vincere anche se gioco a carte». Ma non si vive solo di questo sport, se ci sono altre passioni. «Adoro cucinare e seguire un’alimentazione sana. Faccio una dieta bilanciata e sto attenta a ciò che mangio, ma senza grandi rinunce. Il giorno della partita mangio in un determinato modo e in generale mi sveglio presto la mattina».
E poi? «La pallacanestro è una delle mie passioni più grandi, oltre a viaggiare e prendermi cura degli animali. Non ho mai pensato di focalizzarmi esclusivamente sulla palla a spicchi, ho tanti altri interessi. In tanti mi hanno chiesto di dare una mano in palestra con le ragazzine, ma non è una cosa che mi appartiene. La passione è per il basket giocato, mi piace concentrarmi sugli allenamenti, andare in palestra, vivere per questo finché dura. Per quanto posso, sono una persona tranquilla e disponibile, sicuramente non quella che consola tutti, ma che cerca sempre di dare una motivazione». La stessa che trovava naturale quando da piccola, prima di ogni partita, guardava una videocassetta che le avevano regalato: Come fly with me, con protagonista Michael Jordan.