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LA BATTAGLIA DI ERIKA

PRIMO PIANO di Francesco Velluzzi

UNA PAROLA PER DESCRIVERE ERIKA STRIULLI? RESILIENZA.TRE INTERVENTI CHIRURGICI AI PIEDI E 4 CICATRICI. I MEDICI DICEVANO CHE AVREBBE DOVUTO MOLLARE IL BASKET, LEI NON L’HA FATTO E HA CONTINUATO PER LA SUA STRADA, HA GIOCATO E HA VINTO

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L’ha aiutata l’essere veneziana vera, di Cannaregio. “Essere veneziani significa essere abituati alle difficoltà”. Erika Striulli, 30 anni dacompiere il prossimo 20 ottobre, una laurea in Economia e Commercio alla Ca’ Foscari, l’attestato di educatore cinofilo, ma soprattutto uno straordinario talento cestistico, la riassume così. Di difficoltà Erika, play dallo spiccato talento offensivo, di 170 centimetri, ne ha avute tante. Una in particolare che ne ha segnato una carriera che continua a essere buona, per le fortune del Cus Cagliari in A2, ma poteva essere eccezionale. Perché quella ragazzina di Venezia che un padre dirigente di banca e una mamma funzionaria alle Poste, ma entrambi col pallino della pallacanestro, avevano seguito con attenzione (il papà è allenatore), a 19 anni era stata votata come MVP nelle finali nazionali di categoria vinte con la maglia di Udine.

Il secondo scudettino per Erika che il primo l’aveva vinto a 15 anni con la Reyer dove è cresciuta prima di effettuare il primo trasloco in Friuli. Striulli andava a mille, playmaker, guardia, macchina da punti, leader con le varie maglie azzurre delle giovanili. Andava talmente forte che a un certo punto i suoi avampiedi hanno ceduto. Entrambi. È stato l’inizio delle difficoltà di una ragazza che solo con una testa immensa e un carattere particolare, non ha ceduto ed è riuscita a rialzarsi. “Tre interventi chirurgici, mi hanno tenuta fuori dai campi per 18 mesi. Tantissimo. Potrei pensare a un plantare sbagliato, ma è più plausibile la tesi del sovraccarico. A quei tempi non mi fermavo mai. Forse ho subito questo. Andai da quattro chirurghi. Desolazione. L’unica cosa che mi dicevano è che avrei dovuto smettere di giocare a pallacanestro, la cosa che amavo e amo ancora di più. Finché a Treviso non ho trovato Massimo Toffolo. Tre interventi, due al piede destro, uno al sinistro. Se mi guardi i piedi vedi le cicatrici, quattro. Grazie a lui sono tornata in campo. Gli infortuni mi hanno tolto un po’ di esplosività. Ma questa esperienza umanamente mi è servita. Ho vinto una battaglia da sola, ho recuperato da sola, mi sono pure pagata le operazioni”. Erika era stata ingaggiata da Lucca. Ma quella maglia la indosserà molto più tardi, sette anni dopo e senza tante soddisfazioni. Non poteva che ripartire da casa, Marghera. Per poi, nell’autunno del 2012 finire a Cagliari, in Sardegna dove aveva un grande estimatore, Federico Xaxa, il tecnico che lei definisce “un po’ alla Phil Jackson” che ancora oggi è il faro della sua vita cestistica. E infatti tornato lui al Cus, ecco Erika al Cus. A Cagliari, dove, forse, resterà per sempre.

CARRIERA

Striulli era un fenomeno da bambina all’oratorio a Venezia. Nella sua crescita l’avevano forgiata Stefano Michelini e Guido Novello, due maestri, per lei. “Guido è uno che manca al movimento. Un tecnico completo”. Erika, appena maggiorenne, in Nazionale Under stupiva. Giocava contro Torrens e Xargay senza sfigurare. Anzi. Le affrontava con faccia tosta e attaccando sempre e comunque il canestro. Chi l’ha conosciuta, da piccola, dice che era molto più forte e talentuosa dell’attuale play azzurro Francesca Dotto, più giovane di lei di tre anni. Solo che quei tre interventi le hanno creato non pochi problemi. La A1 l’ha scoperta davvero nel 2012, in quella prima stagione a Cagliari. Dove, a un certo punto, Xaxa fu esonerato. “Andai via pure io, e andai a Orvieto”. Mantenendo la categoria superiore. Ma quella situazione non le andò a genio. Troppo sensibile per sopportare ciò che non le era piaciuto. “Gli esoneri partono dal malumore delle giocatrici e arrivano all’incompetenza dei dirigenti”. Capito la tipa? Con Erika parleresti ore, gioca alla pari in qualsiasi campo, in alcuni ti insegna. Perché ha passato mille esperienze e sembra davvero più forte di tutto che di tutti. “Ho subito tre esoneri, oltre a quello di Cagliari, quello di Orlando (con Ricchini ndr) a Napoli e quello di Barbiero a Lucca”. Barbiero per Erika è stato come Xaxa. “Lui è più Popovich... Ma sono due allenatori che hanno principi simili, ai quali mi sento naturalmente molto legata. Orlando l’ho vissuto troppo poco”. Con Barbiero, Erika è stata la prima volta a Spezia, prima di Napoli. Da dove, poi, è risalita verso nord. “Scelsi di nuovo Marghera perché sentivo l’esigenza di completare il mio corso di studi. Volevo laurearmi, l’ho fatto a Ca’ Foscari a Venezia in Economia e Commercio. Andai di nuovo in A-2 per quel motivo”.

SALTO IN ALTO

Ma in A2 questo talento era di fatto sprecato. Ecco di nuovo La Spezia. Che, però, nonostante la stagione mostruosa di Valeria De Pretto, esplosa in Liguria, retrocede. Riazzerare. Altro giro, altra corsa... Lucca, scudettata, stava risistemando tutto. La squadra dei miracoli di Diamanti era stata smantellata, non avrebbe fatto le coppe. Ma doveva ripartire. Tra i vari prospetti, fu scelta lei, quando ancora con il mago delle difese Mirko non si era arrivati alla rottura totale. Erika tornava dove non era riuscita a giocare nel 2010 per colpa di quei piedi distrutti... E, peraltro, alla fine la scelta di Lidia Gorlin, anima del club e i suoi sodali, cadde proprio su Loris Barbiero, una garanzia per Striulli. Che con lui ha condiviso tanto. “Cominciamo bene, partiamo a bomba, siamo prime. Eravamo quasi tutte nuove. Le mie aspettative verso una società che la stagione precedente aveva vinto il titolo erano completamente diverse. Invece, si era chiuso un ciclo. Alle prime difficoltà, la squadra ha ceduto, Barbiero è stato esonerato.

Un’escalation verso il basso. Una situazione gestita in modo opinabile. Io entrai in difficoltà, soprattutto psicologica. Perdevo il controllo mentale e fisico, non riuscivo quasi a giocare, erano come degli attacchi di panico. Una situazione devastante. Dovetti ricorrere a una psicoterapeuta. Mi è servita. Non dormivo e non mangiavo”. Erika è onesta, vera, leale, non ama compromessi e falsità. Non ama neppure tanto questo mondo, questo ambiente. Ama esclusivamente giocare. E continua a farlo benissimo. Ha imparato a soffrire attraverso le esperienze e le tante difficoltà. E qui torna il suo essere veneziana. “Siamo persone con una marcia in più”. Abituate alle difficoltà. “L’acqua alta di novembre e dicembre è stata eccezionale, mai vista così”. Conoscere Erika significa avere forza, volontà, capacità di immergersi in una persona sicuramente non facile, ma con la quale, se dialoghi a cuore aperto, puoi avere soddisfazioni. Erika va oltre il basket. Sarà una risorsa nel campo che sceglierà. Perché ci mette sempre il massimo impegno.

CAGLIARI

E a Cagliari continuerà il suo percorso che non può non portarla lontano. Legge tre quotidiani al giorno, legge libri, si aggiorna, conosce la politica e ha capito che il giornalismo non le dispiace affatto. Viaggia, gira la Sardegna tutta. Sempre con l’inseparabile Bacco, che ha otto anni ed è il suo cane. Una ragione di vita. “Perché qualunque club entri in contatto con me deve sapere che io vivo con Bacco. Lo presi ad Alghero otto anni fa, dalla famiglia di Arianna Puggioni con la quale quest’anno mi sono ritrovata a vivere in casa da playmaker del Cus”. Lì l’hanno riportata il solito coach Federico Xaxa e Mauro Mannoni. “Il dirigente che oggi più apprezzo. Ne ho visti in questi anni e non ho grande considerazione”. Sempre per la serie... “Dico solo quello che penso”. Ma Striulli pensa bene fuori e in campo dove la sua facilità di attaccare il canestro è rimasta.

La partita con Valdarno di fine novembre è stata memorabile. Ma, dopo ben quattro tempi supplementari, il Cus l’ha vinta grazie a 38 punti di Erika. “Una partita da rivedere su Youtube, una partita per me indimenticabile”. In questo secondo campionato di fila col Cus Erika è tornata quella di sempre, una che in A1 ci starebbe ancora benissimo. “Ma ormai la scelta l’ho fatta e non è detto che quelle sfide non le rigiochi con questa maglia. Io voglio salire. Di Federico mi sono sempre fidata. Mi ha fatto ancora credere in questo mestiere dopo la ferita di Lucca”. E a Cagliari Erika comincia a sondare il futuro. “Ho una terza via che è quella di trovare un’attività consona al titolo di studio conseguito. Quella che dovrà sostituire un giorno il basket. Ma per ora mi dedico al centro cinofilo di Quartu in cui lavoro. Sono educatrice cinofila e ho ottenuto una specializzazione nella preparazione psico-fisica del cane. Ognuno ha i suoi clienti. Per i cani ho una grande passione, l’ho sempre avuta. Dopo gli infortuni, dissi che se avessi ripreso a giocare, avrei preso un cane. Da Bacco, dio del vino, che mi piace, oltre al cibo messicano, al pesce e ai culurgiones, non mi separo. Il cane va capito, non comandato. Mi si è aperto un mondo”.

Erika non la vedrete mai in uno stabilimento balneare affollato, lei è già pronta per la “Fase 2”. Con Striulli nessun pericolo di assembramento.... Ama stare per conto proprio. Il mare sì, ma isolato. La montagna la adora. “Ho bisogno della natura”. Le passioni dei giovani di oggi non sono le sue: “Niente computer, telefono e serie tv”. Ma rapporti veri, importanti. Bisogna entrare nella sua testa. Barbiero e Xaxa ci sono riusciti, esaltando il suo talento: “Per creare vantaggi occorrono giocatrici che li sappiano creare”. Lei, fisico smilzo, capelli corti, testa eccezionale, è sempre capace di crearli. L’importante è riuscire a starle dietro. Non è facile, ma è una sfida affascinante.

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