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TUTTI I COLORI DI CECILIA
from PINK BASKET N.19
by Pink Basket
COVER STORY di Giulia Arturi
VIAGGIO NELLA ZANDALASINI CHE NON CONOSCETE: LE FOTO IN ANALOGICO, LA SUA ISTANBUL, LA CONQUISTA DELLA CONTINUITÀ IN CAMPO. “MERITO DELLA FIDUCIA DEL MIO ALLENATORE: ORA DEVO IMPARARE A PARLARE DI PIÙ”. E LA SCOPERTA DI UN’ARTISTA...
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"A Istanbul c’è uno studio al terzo piano di un edificio un po’ malmesso, pieno di macchinari per le stampe fotografiche. È li che porto i miei rullini. Ci lavora un ragazzo eccentrico, con la barba lunghissima. È efficientissimo, in un giorno e mezzo mi manda tutto. Un bel personaggio”.
Cecilia Zandalasini non è solo pallacanestro. “Mi è sempre piaciuto fare foto, guardarmi intorno. Fino a qualche anno fa il mio strumento era il telefono, non mi ero mai veramente avventurata alla scoperta di altro. Ogni volta che vedevo una macchina fotografica pensavo ‘oddio, ma io questa cosa non la so usare’. Era più immediato prendere il telefono e schiacciare il tasto in mezzo. Poi ho comprato una piccola macchina fotografica compatta e da lì ho iniziato a capire: il diaframma, la luce e via così. L’anno scorso mi sono innamorata del mondo delle macchine analogiche e dei rullini. In pratica sono passata dal fare foto con il telefono a scattare in analogico”.
Il rullino richiede un certo rispetto e più riflessione. Bisogna scordarsi i click illimitati, non ci sono scatti da sprecare distrattamente. Il rullino è soffermarsi ad osservare piuttosto che vedere e passare oltre. “È quello il bello. Quando scattavo con il digitale, potevo fermarmi davanti ad un soggetto e provare qualsiasi cosa: una modifica, uno scatto da un angolo diverso, un tentativo in orizzontale, uno in verticale. Ora, per ogni cosa che vedo, ho solo una, massimo due foto per catturarla. Il rullino ne ha 36, bisogna farne buon uso, guardare veramente le cose, dedicarci un’attenzione diversa. Mi piace davvero molto”. Zanda ha un occhio speciale, un po’ da artista. “I soggetti che scelgo variano a seconda di quello che ho intorno. Mi piacciono i palazzi, le forme, l’architettura, ma quando mia mamma mi viene a trovare la uso sempre come modella, le viene bene e mi asseconda nei vari esperimenti. Ma non ho le idee già chiare, quando qualcosa mi ruba l’occhio, scatto”.

EUROLEGA ZANDA È STATA NOMINATA NEL MIGLIOR QUINTETTO DELLA STAGIONE CHE HA CHIUSO CON 15.9 PUNTI DI MEDIA, TIRANDO IL 51.1 % DA 2 E IL 40.7% DA 3.
#33cccc. È il codice hex di una speciale tonalità di turchese. Se avete fatto un giro sul profilo Instagram di Cecilia sicuramente avrete notato una macchia di colore ricorrente. “In tanti mi chiedono cosa significhi, ma è solo un colore in cui mi sono imbattuta, che mi ha colpito. Quando intorno a me le cose sono sempre uguali tendono a stufarmi; cerco di uscire dagli schemi, la monotonia mi dà un po’ fastidio. Ma ogni volta che guardo quel colore mi piace, non mi stanca, una cosa molto strana per me. Finché continua a piacermi lo tengo lì”. Ciò che davvero non la annoia mai è la pallacanestro. “Amo quello che faccio. Non mi ha mai pesato a livello di pressione in campo. Il momento più difficile al di fuori è stato dopo l’estate del 2017: quella degli Europei, della prima esperienza in Wnba, del titolo. È successo tutto talmente in fretta che mi ha scombussolato, non c’era stato il tempo di elaborare niente. Adesso vivo tutto molto serenamente, sono contenta di quello che faccio, mi piace il mio sport, mi piace sempre con la stessa intensità, e se c’è un momento un po’ difficile lo affronto andando in palestra ed allenandomi. È un modo per non pensare a niente altro”.
“Istanbul l’ho vissuta molto meglio dell’anno scorso, quando il cambio era stato davvero traumatico: è una città veramente immensa tanto che i primi mesi ne ho subìto l’impatto e facevo quasi fatica a uscire di casa. Ora mi muovo molto meglio: conosco le strade, so dove andare. È una città bellissima, ci sono una miriade di posti speciali, oltre a quelli turistici più conosciuti, che le mie compagne mi hanno fatto scoprire. Certo servirebbe avere un’intera giornata libera per potersi muovere agevolmente: avendo poco tempo a disposizione era meglio stare nei dintorni senza avventurarsi in un traffico davvero terribile, il punto debole della città, ma che fa parte della sua identità”.
Zanda ha occhio per ciò che ruba l’occhio. E quante volte il nostro sguardo è stato rapito dalle sue giocate? Magia dopo magia, il suo Fener ha chiuso la stagione regolare di Eurolega al primo posto ed era avanti uno a zero nei quarti di finale contro Bourges, prima che il coronavirus paralizzasse il mondo lasciando sospesi i sogni di tanti atleti. “È stata una stagione speciale: eravamo una squadra quasi interamente nuova e da subito si è creato un grandissimo gruppo, andavamo d’accordo. Filava tutto liscio, qualcosa di molto raro, ed è stata la nostra forza. Grande merito è del coach, Víctor Lapeña. Mi sono trovata subito molto bene con lui, mi ha dato tantissima fiducia, cosa che, per il tipo di giocatrice che sono, è fondamentale. È importante essere consapevoli che la fiducia è una base solida e che quanto riesco a dare alla squadra viene apprezzato. Toglie quel minimo di pressione che si può avere giocando ad alti livelli. Nei momenti più importanti sapere di avere sempre dalla tua compagne e allenatore alleggerisce il compito”.
La palla dalle sue mani ha volato leggera: 15.9 punti di media con il 40.7% da 3 punti e il 51.1% da 2. Numeri, consistenza e vittorie di squadra le sono valse la nomina nel miglior quintetto della stagione di Eurolega. Un punto di arrivo, o di partenza? “È stato un gran bel riconoscimento, ne sono davvero contenta, non posso nasconderlo. L’Eurolega è una competizione difficile: ogni partita è importante, basta perderne un paio per scivolare in fondo. Quindi ogni settimana la sfida è massima; essermi mantenuta a un buon livello di continuità è anche frutto del gran lavoro di squadra che abbiamo fatto”.
Dunque, parola chiave: continuità. “Nelle passate stagioni ho sempre avuto un andamento un po’ discontinuo: alternavo ottime partite a prestazioni meno brillanti, non riuscivo a mantenere sempre lo stesso livello, non parlo solo di punti segnati, ma anche di presenza nella partita. Con Victor ci siamo concentrati molto su questo aspetto, sull’essere consistente. Da subito abbiamo iniziato a lavorare bene e il coach è stato sempre molto tranquillo e diretto nel dirmi cosa voleva da me. Non lasciava mai dubbi o perplessità soprattutto sul ruolo che ognuno aveva in campo”.
Un grande gruppo e le migliori individualità: accanto a Cecilia, in maglia gialloblu, tra le altre, c’era Alina Iagupova. Classe 1992, star assoluta, MVP della stagione regolare. “La conoscevo solo come avversaria. Averla in squadra è stata una grandissima rivelazione, soprattutto come persona: super tranquilla, sempre disponibile con le compagne, molto partecipe durante gli allenamenti. Quindi sicuramente un valore aggiunto: inevitabilmente giocare con lei rende tutto più facile. Quando la difesa raddoppiava, riusciva sempre a passare la palla al momento giusto, ha una grande visione di gioco. Per noi è stata certamente il punto di svolta”.
A febbraio l’Europa si rende conto della diffusione del coronavirus: da quel momento iniziano le prime interruzioni della vita di tutti i giorni e dello sport, poi si riaccende la speranza di ripartire e infine arriva l’inevitabile lockdown. Una stagione che per Cecilia e compagne sembrava poter essere memorabile è finita da un giorno all’altro: all’improvviso si è passati dalle palpitazioni del momento più caldo dell’anno sportivo, i playoff, a trascorrere mesi a casa, nel silenzio, senza competizioni. Un inedito per tanti, Zanda compresa. “Abbiamo giocato l’ultima partita il 14 marzo poi è finito tutto. Durante questa lunga quarantena mi sono sempre tenuta in allenamento. Certo, non tutti i giorni è facile trovare la motivazione: senza la squadra, senza sapere che prospettiva c’è di riprendere a giocare e quando. Non so neanche da quanto non passavo così tanto tempo a casa, sicuramente da prima che iniziassero le estati con le nazionali giovanili. Nella drammatica situazione generale, essere a casa, vicino alla famiglia è stata una fortuna grande. Se avessi dovuto immaginarmi di trascorrere la quarantena da sola in Turchia sarebbe stata dura”.

LA WNBA? SI STA VALUTANDO DI GIOCARLA UN PO’ RIDOTTA, TUTTA NELLA STESSA LOCATION”. SE LA STAGIONE DOVESSE PARTIRE CECILIA VOLERÀ IN MINNESOTA, PER LA SUA TERZA STAGIONE IN MAGLIA LYNX.
Frustrazione, rimpianto, rassegnazione. Cosa passa nella testa di un’atleta che sa di aver lasciato incompiuto un percorso iniziato mesi prima? Il momento sportivo non torna indietro: la forma fisica, mentale, le emozioni, l’inerzia sono tutte condizioni legate alla specificità di un frangente. Da una stagione all’altra cambia tutto. “La preparazione è iniziata a metà agosto: mesi di lavoro passati a costruire la squadra, per tuffarsi nei playoff, la parte più bella, per provare a vincere qualcosa. Arrivare a quel punto in Eurolega ci aveva dato una grandissima carica e veder sfumare tutto ha provocato un misto di emozioni, anche perché l’anno prossimo ogni cosa sarà inevitabilmente diversa. Tutto sommato penso di averla presa bene. Ho avuto modo di mettere mano a ricordi, oggetti, fotografie che non avevo più guardato da secoli. Tante cose che non avevo mai il tempo di mettere in ordine e che mi hanno riempito le giornate. Sono fortunata ad avere il giardino: tra quello, i cani, la famiglia, le giornate sono andate piuttosto bene considerata la situazione. Ho ritrovato anche una foto che mi ha divertita: ero all’aria aperta, col cappellino e il cane al guinzaglio: ero proprio nel giardino di casa”.
I primi rullini di Cecilia non erano perfetti. Ma poi si osserva il lavoro e la volta dopo si aggiusta l’apertura, il tempo, la composizione. Un processo di miglioramento che Zanda è già solita fare sul campo. “Riguardare le mie partite mi aiuta, ed è qualcosa che sto imparando a fare sempre di più. Inizialmente mi dava quasi fastidio, sono autocritica e non è facile: ogni secondo trovavo qualcosa di sbagliato. Ora lo faccio con più criterio: grazie ai miei allenatori ho fatto tante ore di video specifici sulle situazioni di gioco. È sicuramente utilissimo. Bisogna saper accettare di sbagliare e farlo il meno possibile, ma soprattutto non ripetersi. ‘Vi prego fatemi vedere degli errori nuovi’, ci diceva sempre Victor. Ha perfettamente senso”.
Nel futuro prossimo? Sicuramente il Fenerbahce (con cui ha appena rinnovato) e la Nazionale. E la Wnba, emergenza sanitaria permettendo. “Vivo molto anno per anno. Anche quando ero più piccola non mi ricordo di aver mai pensato ‘tra tre anni voglio arrivare lì’. Ogni stagione è diversa e bisogna sempre un po’ adattarsi e cercare di migliorarsi: su questo mi concentro. Penso di essere sempre stata coerente nel mio percorso di crescita e così voglio continuare. Per quanto riguarda la Nazionale spero davvero in un grande futuro. Ce n’è bisogno, per tutte noi, dalle più piccole alle più grandi. Un giorno vedere la Nazionale vincere sarà qualcosa di bellissimo”. Si procede spediti, con le idee chiare, anche su cosa bisogna migliorare. “Mi riesce ancora difficile parlare in campo, quasi mi sentissi ancora quella ‘giovane’. Dovrei cercare di essere un po’ più estroversa. Sono sempre pronta ad incoraggiare e partecipare emotivamente alla partita, ma farsi sentire in maniera costruttiva è importante e sto cercando di farlo con più continuità”.
Il basket di Cecilia è figlio della sensibilità personale: gesti di eleganza superiore sul campo scaturiscono da un modo di essere, che fa capolino nelle foto, nei suoi colori, nelle parole che verranno ma che ha già chiare in testa. Tutte cose da artista.