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BAR SPORT 2.0
from PINK BASKET N.19
by Pink Basket
PALLA E PSICHE di Alice Buffoni
Quante volte prendete in mano lo smartphone per fare qualcosa di preciso e poi vi ritrovate dopo mezzora a vagare su instagram senza ricordarvi perché siete li? I social, e il telefono in generale, sono dei vampiri che si nutrono della nostra concentrazione. Eppure non è più possibile farne a meno: lo smartphone è uno strumento di lavoro e di studio, siamo iper-connessi e sempre reperibili, le informazioni ci arrivano veloci e lasciano poche tracce. Quali sono le conseguenze sul rendimento sportivo?
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Smartphone e Social Networks incidono in modo importante su diversi aspetti della vita degli atleti; saperli usare in modo consapevole non è scontato, e sta diventando una skill fondamentale anche per il buon rendimento in campo. L’aspetto più evidente è l’abbattimento delle barriere tra tifosi e atleti. Fino a pochi anni fa, per seguire i nostri idoli sportivi avevamo tre possibilità: andare al palazzetto, leggere la Gazzetta, aspettare le uscite delle riviste specializzate. Oggi i social hanno avvicinato mondi prima distanti: possiamo sapere in tempo reale cosa succede durante gli allenamenti, come si vestono, cosa mangiano, dove vivono le nostre giocatrici preferite.
Il vantaggio è anche per le atlete, che possono impostare una collaborazione diversa con gli sponsor o far sentire la propria voce su questioni importanti. Se prima reperire i tabellini delle partite era un’impresa, oggi basta un giro su facebook per sapere quanto ha segnato quella 2004 fortissima che gioca in uno sperduto paesino abruzzese. È più facile per le ragazze giovani essere notate e per le “professioniste” crearsi un seguito di followers, un proprio brand, anche se non sono mai finite sulla stampa nazionale.
Lo svantaggio è che il punto di rottura tra tifosi e giocatori è dietro l’angolo: la facilità con cui si confonde persona e atleta porta spesso i followers a giudizi affrettati o a un controllo ossessivo dei comportamenti dentro e fuori dal campo. Le atlete oggi devono sapere che qualsiasi dichiarazione o materiale postato in rete può incidere significativamente sulla propria immagine e persino sulla propria carriera. Questo vale anche per chi gioca nei campionati minori.
Le reazioni del pubblico possono fragilizzare in modo importante atlete che si trovano in fasi delicate del loro percorso di crescita o di carriera, per esempio al rientro da un infortunio. Per questo motivo la maggior parte degli atleti più noti sono seguiti da agenzie specializzate e utilizzano i social applicando piani editoriali che tutelano la loro privacy. L’utilizzo dei social per chi non è “famoso”, ma ha comunque una visibilità pubblica al di fuori di un sistema di relazioni familiare o amicale, non può più essere spontaneo e ingenuo. Occorre sempre domandarsi cosa vogliamo comunicare, chi vogliamo coinvolgere, se quello che diciamo può creare danni o sofferenza a qualcuno. Soprattutto dobbiamo essere consapevoli di quello che vogliamo rivelare di noi.
I social sono insomma diventati un lavoro e hanno aggiunto nuove pressioni a quelle che prima venivano solo dal campo. La pretesa di continua reperibilità è una delle nuove cause di ansia degli sportivi, per esempio. Chi non ha una vita da atleta difficilmente riesce a capire che spegnere o silenziare il cellulare è una necessità reale. La partita, per esempio, non impegna le giocatrici solo per i quattro quarti dichiarati, ma esiste il tempo del riscaldamento e prima ancora quello importante della trasferta, durante il quale lo smartphone può essere un buon compagno contro la noia, ma più spesso anche un veicolo di informazioni disfunzionali che possono distrarre o angosciare.
In questo caso è meglio utilizzare il telefono per ascoltare musica, lasciandolo off line in modo da mantenere il focus sulla gara e sulla dimensione-squadra. Agli atleti del nostro team consigliamo anche di stabilire uno slot di tempo da dedicare al rapporto con i followers: un’ora al giorno, concentrando tutta l’attività di relationship in un solo momento è molto funzionale, così da non sottrarre nessuna risorsa mentale e fisica al proprio lavoro di sportivi.
Questa rubrica è tenuta da Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori,dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, permigliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.