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IL BASKET FEMMINILE SPIEGATO A MIO FIGLIO

(SA)TIRO SULLA SIRENA di Paolo Seletti

Febbraio 2019 d.c. : È ormai assodato da circa una settimana che le donne non possano parlare di calcio. Il provvedimento, con lo sguardo dritto e aperto nel futuro, ha chiaramente un piede nel passato, e si rifà alle iniziative dei più fini statisti, ad esempio il Tamerlano, quello che sette secoli fa aveva fatto indossare il velo alla moglie perché non costituisse tentazione per l’idraulico, insomma, stiamo facendo passi da gigante, figlio mio. Eppure, a me risulta che alcune dissidenti si ritrovino la sera tra loro negli scantinati, ma mica per togliere le ragnatele o scrostare il water, bensì per praticare una strana attività sociale, che si ostinano a chiamare pallacanestro, come quella dei maschi, evidentemente per scimmiottarli e darsi un tono. Orrore, alcuni spettatori occasionali, pardon, testimoni oculari, gente che sicuramente capita in palestra non di proposito, ma scambiandola per lo studio di TikiTaka, dicono che le sovversive si presentino persino in calzoncini corti. “O tempora, o mores!” diceva Cicerone, parlando di Catilina (Catilina Dotto, credo che fosse una forte cestista dell’epoca).

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Questa vergogna ovviamente presto o tardi finirà, ma nel mentre, mio caro bambino, è giusto farci i conti: cosa succede quando si incontrano dieci ragazze? Se sei fortunato una canzone di Mogol-Battisti, se va male una partita di basket femminile. Intanto se ti capita di assistere a manifestazioni del genere, devi agire con circospezione. Confonditi tra il pubblico. Dannazione, sei da solo... Controlla che nessuno ti riconosca, e se te lo chiedono, tu sei lì per vedere la Vignali. Scoprirai cose incredibili:

C’è quella stranezza che vedi fare alle ragazze anche dieci volte per azione. Si chiama “passaggio”. Una roba radical-chic, un po’ tipica di quella sinistra troppo educata dei film di Nanni Moretti. Io te la do, tu me la rendi, e se te la prestassi, si però non tenerla troppo, guarda che me l’hai data tu, cosa fai me lo rinfacci, no veramente a me non interessa più, puoi tenerla, ma sei arrabbiata, no no non ho niente, e allora perché non me la passi, tutto questo alla ricerca di un tiro da libere. Ti rendi conto? Per tirare “da libere” non serve neanche un doppio step-back*, dov’è l’onore, dov’è la gloria. E queste vanno avanti così per ore, a condividere la palla, ché dico io, se tutti dovessero toccarla, ci avrebbero dato 5 palloni. Se ce n’è uno, è ovviamente per far tirare me e far applaudire voi.

Blocchi lontani dalla palla: si possono ancora fare, e chi lo sapeva? Sarà che l’ultima volta che in una partita maschile ho visto un blocco lontano dalla palla era in un filmato in cui Fred Flintstones portava un cieco per Barney Rubble. E comunque con la palla di granito nessuno ancora sparava bendato da dodici metri senza averla fatta neanche annusare agli altri quattro come fa Harden, se no lo mettevano nella gabbia coi Velociraptor. Noi maschi moderni invece giochiamo un pick and roll direttamente sulla rimessa, a 28 metri dal canestro, e se possibile tiriamo entrambi, anche quello senza la palla. Se per caso non funziona, dopo un attimo arriva un altro bloccante, che a sua volta ha ricevuto un handoff per andare a bloccare, e viene bloccato mentre rolla. L’importante non è giocare, è portare il maggior numero di pick and roll possibili, cercando di creare osteoporosi nelle anche dei difensori e vincere per consunzione. In pratica si fa talmente tanta densità attorno alla palla che possono giocare solo i tassisti di El Cairo. Anche perché non rolla più nessuno. Fa pop anche il tuo lungo di Prima Divisione, quello che ha i piedi montati al posto delle mani, e porta i Camperos. Tranquilli, basta bloccare. Si è registrato il caso di una squadra di serie D che è andata in loop e sta giocando pick and roll ininterrottamente dal 2015, perché si è guastata la sirena dei 24”. Che poi se gli altri cambiano di solito non succede nulla, perché il “mis match” tutti pensano che sia una compagnia di scommesse live sulle partite aquilotti e le “sponde” le usa solo vostro nonno nel pétanque a Viserbella.

I cambi di mano. Quando trova un avversario sulla linea di penetrazione, il giocatore maschio si dà due sberle come Ivan Drago, fa gli occhi alla Trainspotting, prende la rincorsa petto in fuori da triplista e cerca di saltarlo a piedi pari, sentendosi Vince Carter contro la Francia. Normalmente già al primo tentativo non può più procreare, mentre nel caso peggiore delle minors maschili, quando ha l’atletismo di Maurizio Costanzo, penetra nell’ombelico del difensore che prova a prendere sfondamento e va estratto con il forcipe. La giocatrice femmina, dopo aver ovviamente cercato di mediare col difensore la sua posizione, attraverso lo scambio di perline e monili, cambia mano e va da un’altra parte, di solito quella sbagliata, a fare autocanestro.

In difesa le ragazze tendono a scivolare. Ma solo se scivolano anche le altre quattro, se no pensano di dare troppo nell’occhio, si rialzano subito e dissimulano, dedicandosi a schiacciare i punti neri. Viceversa i maschi attuano la strategia della resistenza passiva del Mahatma Ghandi, tipo regular season NBA, oppure ti fanno proditoriamente passare per stopparti contro il tabellone, ma roteano le braccia come scimitarre che neanche Jihadi John e finisce tipo Australia-Filippine, quattro contusi e otto giocatori daspati dopo l’intervento dell’esercito.

Ogni tanto le ragazze chiamano anche time out, e si vede che a una è venuto in mente un gossip, pensi tu. E invece no, prendono la lavagnetta, sì, quella lì di plastica con cui il coach vi percuote di taglio, che voi usate per stilizzarci sopra dei membri maschili col pennarello indelebile o scrivere che la mamma di Ivan fa la pornostar. E loro ci disegnano sopra tipo le azioni, che dopo tutte provano a riprodurre in campo. Solo che poi alla fine non tira nessuna. Fanno l’inchino verso la giuria al tavolo e aspettano un voto sul volteggio nell’imbarazzo generale.

Argomento trash talking: le ragazze non sono veri uomini (cit. Collovati), e quindi non sanno fare trash talking. Le più violente si mettono un dislike su Instagram, si fanno le boccacce e gnègnègnè. E poi dopo i canestri non si possono neanche battere il petto come noi, che si fanno subito male, come quando tu esultavi alla Tafazzi dopo le triple e sei rimasto offeso.

Per queste cose qualcuna vorrebbe anche essere pagata, capito, che poi si sa che le donne sono venali e pensano all’economia domestica e si incazzano se compri la XBox a 40 anni, mica ti comprendono. E allora ogni tanto qualcuno promette loro dei soldi, che però non sempre alla fine dà, tanto non è mica una cosa seria. E allora si scopre che per fare quattro allenamenti al pomeriggio di tre ore e due al mattino, e la seduta video, e gli individuali, e una trasferta di due giorni, prendono come te che giochi in una Promo ambiziosa che vuole salire, e fai due allenamenti a settimana da un’ora e un quarto, più seduta video di squadra su Pornhub. Con la differenza che a te li danno.

Ora sai di cosa si tratta, piccolo mio, e potrai meglio difenderti quando ti diranno che se James Naismith fosse qui adesso, vorrebbe avere inventato solo il basket femminile...

*Per i lettori che guardano i programmi di Red Ronnie e si sono fermati al passo e tiro: il doppio step back non è un refuso, è il movimento più in voga del momento nel basket maschile, in pratica si tratta di fare la Milano-Sanremo all’indietro con la palla in mano prima di tirare, tra ooooh di stupore dello spettatore medio, quello che ha votato Ultimo ed è incazzato perché ha vinto “mammut”, mentre l’arbitro per non fischiare deve fingere la caduta della rètina. Inclusa nel gesto tecnico c’è l’esultanza, ma solo quando si segna, una volta ogni quattro milioni di tiri: si può fare il gesto dello strangolamento al difensore facendosi un selfie con Lapo Elkann seduto in prima fila.

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