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seitan Quorn
Alcuni dei maggiori surrogati della carne sono i legumi, i quali contengono diverse proteine vegetali e con i quali è possibile preparare, per esempio, hamburger di lenticchie o polpette di ceci. Il più gettonato tra i sostituti però, è il seitan: si dice (e ci credo sulla parola, non me ne vogliate, ma non credo lo proverei) abbia lo stesso gusto e consistenza della carne.
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C’è comunque un problema: per quanto sia infatti veicolo di un elevato apporto proteico, derivando dalla lavorazione del glutine del frumento, non è assolutamente adatto ai celiaci.
Impossibile non nominare il tofu, poco calorico, ricco di proteine, povero di grassi e del tutto privo di colesterolo. Si ottiene dalla cagliatura del latte di soia, viene annoverato tra i formaggi vegetali, è usato come base per altri piatti, per preparare insalate o come portata principale.
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Poi c’è il monpur, un altro alimento derivante dalla fermentazione del grano che ricorda la bresaola, il più delle volte viene usato per preparare dei panini e viene farcito con sale e limone. Ancora, il muscolo di grano, simile al seitan ma ancora più ricco di proteine, è usato per preparare arrosti, spezzatini
Per l’assunzione di potassio, magnesio, calcio, fosforo e vitamina C – chi più ne ha più ne metta – c’è il Giaco o Jackfruit (come definito negli Stati Uniti); è molto simile al tofu, è un frutto originario dell’Asia, assomiglia ad un grosso melone spinoso dal quale vengono estratti grandi semi carnosi che si consumano previa cottura. Se questo non bastasse, in sostituzione al pesce, per “assaporare il mare” e assumere Omega-3, basta mangiare le alghe: nori, wakame, arame, dulse e kombu, una scelta ampia e variegata insomma.
Queste ultime vengono usate per preparare insalate, sushi o consumate fritte. In ultimo, ma non certo per importanza, c’è il tempeh, ossia la “carne di soia”, un elemento avente origini indonesiane e che si ottiene attraverso il processo di fermentazione dei fagioli di soia gialli. Dicono essere particolarmente digeribile e il più delle volte viene usato per preparare lo spezzatino vegetale.
Ciò detto, io penso sia giusto che ognuno mangi ciò che gli pare, ciò che più ritiene opportuno in base al proprio bisogno; che sia per una scelta etica, morale, di salute, religiosa, filosofica o per il desiderio di preservare l’ambiente. La produzione e la distribuzione di cibo, per la maggior parte legata alla produzione di carne e latticini, contribuiscono all’inquinamento, certo, ma, ai “non carnivori” spinti dalla salvaguardia ambientale e climatica si potrebbe rispondere che anche l’avocado – per esempio - crea non pochi problemi. Basti pensare che nei luoghi ove viene prodotto – paesi tropicali o sub-tropicali – è causa di deforestazioni e perdita di biodiversità, ma non finisce qui. Per raggiungere i nostri supermercati, l’avocado, il cui consumo è esponenzialmente aumentato nell’ultimo decennio, percorre tantissimi chilometri e questo trasporto ha un impatto decisamente negativo sull’ambiente e la sostenibilità a causa della forte emissione di CO2.
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Contemporaneo Vuol Dire Ricerca
di Tiz iano De Filippis, Direttore Tecnico Scuola Italiana Pizzaioli
In un’era come quella che stiamo attraversando da ormai 4 anni, tra i blocchi dovuti alla pandemia e i rincari collegati al conflitto russo-ucraino che ha fatto irruzione sulla scena internazionale, le scelte, le abitudini e le mode degli Italiani sono profondamente mutate, selezionando con grande cura i luoghi per le proprie uscite in compagnia.
Anche nel mondo della pizzeria, come nella cucina, i pizzaioli sono chiamati a studiare nuovi abbinamenti, confrontandosi quotidianamente con le esigenze imposte dalla ricerca del giusto equilibrio tra tradizione e innovazione.
Fermo restando che ognuno è libero di fare le proprie scelte, mi chiedo in ogni caso, perché affibbiare dei nominativi poco consoni a determinati alimenti? Cioè, per quale ragione chiamare il tempeh “carne di soia”? Diciamocelo, non ha nulla a che fare con la carne, siamo onesti e consapevoli. È da ammirare chi, che sia per un motivo o per un altro, riesce a mantenere un proprio regime restando ben ancorato alla propria volontà. Cos’è in fondo che sorregge il mondo se non la volontà? Ecco, proprio a tal proposito, nulla vieta ad ognuno di non condividere ideali altrui – della serie “accetto ma non condivido” – e tutti abbiamo la responsabilità di non interferire con l’altrui pensiero. Come in tutte le cose, anche nella questione alimentazione ci sono pro e contro, la verità sta nel mezzo. Personalmente credo che seguire una dieta sana ed equilibrata, attenendosi dunque al “di tutto un po’, sia una soluzione ottimale. Non tutti però credono nelle stesse cose (e in generale direi menomale), sta di fatto che il cibo è condivisione, è convivialità e niente dovrebbe scalfire questa idea, cosa che invece accade nel momento in cui un vegetariano denigra pesantemente un carnivoro o viceversa. “Vivi e lascia vivere”, no? Dopotutto, inneggiando all’odio e alle critiche rischiamo tutti di “mangiarci il fegato” … onnivori e non! (scusate, ma non ho resistito).
Il pizzaiolo contemporaneo deve infatti prestare attenzione alla ricerca di tutti gli elementi che compongono il piatto e ragionare da vero chef. Il livello richiesto al professionista oggi richiede un importante passo in avanti rispetto a un glorioso tempo passato che pure ha scritto la storicità del mestiere. Bisogna conoscere le nuove tecniche e forse ancor di più approfondire la conoscenza dei prodotti tipici che il territorio circostante riesce a dare. Se già parlando di pomodoro, mozzarella ed olio possiamo avere mille differenze di consistenza e sapore, figuriamoci se facciamo riferimento a tutti gli altri ingredienti come verdure, legumi e proteine: c’è bisogno di rendersi conto quanto ci sia da studiare per rispettarne le caratteristiche organolettiche che essi ci danno.
Grazie alle nuove tecniche di cottura, riusciamo a valorizzare di più la materia prima e questo ci permette di renderla più gustosa ed accattivante, pur nella sua semplicità. Altro elemento fondamentale è l’impasto: la tipologia di cereale che si intende abbinare alla ricetta finale ovverosia al topping impone di studiare le farine, le tecniche di macinazione e tutti quei fattori che conferiscono al nostro prodotto un gusto particolare.
La conoscenza di questi elementi permette di realizzare una pizza che costruisce e racconta la nostra identità riesce, con pochi ingredienti, a soddisfare appieno il commensale.