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La parola ai pizzaioli Il “segnalato”

Nome: Roberto

Cognome: Spinelli Pizzaiolo presso: Funnaco Pizzalab Indirizzo: Largo Cavalieri di Malta,

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Dimmi di te e della tua storia professionale

Non vengo da generazioni di pizzaioli, i miei parenti sono tutti impiegati. Ho intrapreso questo percorso per esigenze lavorative, a ventisei anni. Ciò che mi ha spinto in questa direzione è un bel ricordo, da piccolo con la nonna preparavamo il vulcano di farina con il lievito che mi faceva sciogliere rigorosamente nel latte tiepido e poi mescolavamo con le mani. Alla fine, ho fatto di un gioco una passione. Ho fatto lo scientifico perché i miei genitori speravano nell’università, ma in realtà avrei voluto fare l’alberghiero. In fondo, però, li ringrazio. Se non fosse stato per questi studi, non avrei potuto approcciarmi a determinati testi un po’ più complessi. Comunque, sono una persona molto testarda: se mi pongo un obiettivo non guardo in faccia nessuno. Ho iniziato grazie a Daniele Vaccarella, con il quale ho seguito un primo corso di tre mesi. All’epoca non sapevo nulla del mondo pizza. Lui è il mio mentore, molti ancora mi chiamano “vaccarellino”. Poi ho fatto un tirocinio gratuito in provincia di Palermo. Dopo cinque mesi ho fatto la mia prima esperienza come primo pizzaiolo. Ho iniziato a fare formazione in tutta Italia, era Daniele a indirizzarmi. Poi ho incontrato Ezio Marinato, maestro panificatore, che mi ha trasmesso tanta passione. Ho avuto un’esperienza di tre anni in provincia di Palermo, partecipando nel frattempo anche a gare e ottenendo grandi risultati. Sono arrivato anche ottavo su 840 pizzaioli nella categoria di pizza classica a Parma. Dopo tre anni in quella pizzeria ho capito che i miei interessi non si allineavano con quelli dei titolari, io volevo investire, sai, per “fare” servono i mezzi. Non bastano tavoli e sedie per fare i coperti, serve qualità. Ho cercato qualcuno che credesse nelle mie idee pazze e ho incontrato due giovani che hanno creduto in me. Mi sono innamorato di Funnaco Pizzalab, in centro a Palermo. Avevo creato un piccolo laboratorio, con i titolari ci incontravamo la sera per sviluppare le prime idee sul menu. Devo tanto ai miei titolari, Francesco Riina e Umberto Giglia, entrambi hanno cambiato la mia visione di lavoro del pizzaiolo. Ho fatto anche uno stage con lo Chef stellato Tony Lo Coco che mi ha aperto all’idea secondo la quale sul “disco di pasta” può esserci tanta innovazione. Alla fine, dopo tanta sperimentazione, sono giunto al mio prodotto, il Crunch Funnaco. Un impasto molto idratato, alveolato e ricco di consistenze in termini di croccantezza e scioglievolezza. Un insieme capace di evocare un ricordo nel cliente.

Cos’è per te la pizza?

È emozione. Deve ricordarti di me, mi emoziono anche nel dirlo. Chi esce dal locale deve ricordarsi di me. Il mondo della comunicazione ci sta un po’ distruggendo, nel senso che sembriamo tutti uguali, che facciamo tutti le stesse cose. Non è così. Dietro c’è tanta fatica, tante rinunce, tanti sacrifici e penso che chi esce dal locale debba ricordarsi della mia pizza, dei sapori e del contesto. La pizza è dello staff. Concordo con Matteo nel dire che la pizza è “condivisione” e questo è possibile grazie all’armonia. I miei titolari lo sanno bene, siamo come una famiglia, loro ci sono anche extra-lavoro e questo mi porta anche la voglia di far ottenere risultati ad un’attività che di fatto non è mia.

I clienti non devono dire “wow” o “che bello”, ma “che buono”. Non apparenza, ma sostanza. Questa è la mia priorità e per far si che accada, come dice Matteo, dev’essere un lavoro di squadra.

Scegli una sola pizza da propormi e spiegami com’è fatta.

Il Crunch Funnaco Baaria. Richiama un po’ lo sfincione bagherese, un piatto povero che anticamente veniva fatto con rimanenze e alimenti a basso costo.

È fatto con la ricotta, la tuma, le alici e la mollica condita con pecorino e cipolla stufata. Un piatto che se fatto bene regala sapori molto particolari.

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