Pizzapress Agosto 2011

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QUALITY

ANNO XXIX - N° 8 - 9 - 2011 DAL 1982, LA PRIMA PUBBLICAZIONE PROFESSIONALE - SETTORE RISTORAZIONE - PIZZERIA

Pizza Italiana

Prodotti Italiani

Dal 1981 l’A.P.E.S. fa scuola, nella Comunicazione e nella Formazione

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IL PUNTO

della situazione

La Finanziaria, i Bilanci e le tasche degli Italiani Senza fare tanti sondaggi sono sicuro che il 90% degli Italiani non capisce molto quando i telegiornali finiscono con le notizie di Borsa e i vari indici nazionali ed esteri. e cronache dei telegiornali, in particolare quelli della RAI, sono identiche pur con redazioni diverse, i servizi sono uguali, terminando con notizie di Borsa e con indici economici e finanziari incomprensibili. Possibile che in Italia e nel mondo accadono solo quelle quattro cose serviteci con servizi identici? L'unico telegiornale che si distingue fra tutti è il regionale RAI. In questo periodo l'occhio è sulla "finanziaria", siamo una Repubblica Democratica da oltre 65 anni, stipendiamo lautamente politici e consulenti, con benefit intoccabili e stipendi da capogiro e siamo sempre in rosso? Chissà perché! Ora, dopo le scandalose rivelazioni sulla "casta", che peraltro se non note erano sicuramente immaginabili da sempre, si parla di ridurre i costi della politica. E quali? Ci credete? Secondo me che, da buon commerciante, ho sempre e solo fatto i conti della serva, entrate e uscite: anche e qualora approvassero le riduzioni vi immaginate come saranno attuate? Tolgono da una parte, mettono dall'altra. Se qualcuno andrà a casa, immaginatevi la pensione che riceverà, quindi comunque altri costi per la società. Non ho mai capito quando e quanto lavorino i nostri politici, mi sembra sia di notte che ci riescono meglio, capaci anche di dichiarare che rinunciano alle vacanze (perché non le chiamano ferie come tutti i lavoratori?). Comunque trovo veramente vergognoso che parlino di "non mettere le mani nelle tasche degli italiani" (questa frase mi ha nauseato!), che parlino degli italiani che non arrivano a fine mese (se guardate i vecchi film di Sordi e Manfredi vi assicuro che sentirete le stesse medesime parole!!!), di pensioni minime che non vanno toccate. Ricordate quando si parlava delle auto blu? Guardate quelle che trasportano oggi i nostri parlamentari e governanti, sempre più grandi, sempre più straniere.

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Solo noi dobbiamo comprare Fiat che per di più costa molto ma molto di più delle auto estere? E non mi vengano a dire che BMW e Audi gliele regalano per promozione! Non è che ce l'ho solo con i nostri governanti, destra sinistra centro, me la prendo anche quando vedo uno sperpero economico nella Chiesa: non ho mai capito perché questa si debba ricoprire di oro gemme e argento, mentre altre religioni, per non dire della stessa religione mussulmana, sono decisamente più dimesse e hanno molto più seguito. Parlo di costi, spese inutili, sproporzionate e anche non giustificate: di tagli se ne possono fare a iosa, senza toccare le tasche degli Italiani, senza tante sceneggiate e polemiche, indirizzando nel modo giusto fondi e disponibilità economiche: avete presente l'espressione "operare come un buon padre di famiglia"? I governanti dovrebbero essere per noi dei padri e non sprecare il loro tempo (pagato) a polemizzare e a insultarsi pubblicamente. Sempre di più sono le associazioni e le fondazioni onlus che chiedono soldi per la ricerca medica, per i bambini abusati, per gli animali abbandonati, per ospedali e missioni nel mondo. Questo non è mettere le mani nelle tasche degli italiani approfittandosene della bontà e buona fede di tanti cittadini? La raccolta di questi fondi sappiamo bene che troppe volte (tutte?) coprono innanzitutto i costi dell'organizzare e pagano gli stipendi di quelli che vengono definiti, non sò come mai, "volontari". Madre Teresa di Calcutta è stata fatta santa per scaricarci la coscienza? A San Giovanni Rotondo i soldi raccolti per Padre Pio sono divenuti un mausoleo di ricchezza come lo sono state le tombe egizie: è giusto così? Ma a che scopo? Mi risulta che i fedeli siano diminuiti. Per favore, smettetela di dire "non mettiamo le mani nelle tasche degli italiani": lo state facendo tutti.

Antonio Primiceri Direttore Editoriale - Presidente Apes

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PIZZAPRESS QUALITY N° 8-9 Agosto-Settembre 2011

www.pizzapress.it DIREZIONE E REDAZIONE Via G.B. Bertini, 25 - 20154 Milano Tel. 02.33.10.48.92 - Fax 02.33.19.131 e.mail: redazione@pizzapress.it

Sommario

EDIZIONE Futura International S.r.l. DIRETTORE EDITORIALE Antonio Primiceri DIRETTORE RESPONSABILE Maria Teresa Bandera IN REDAZIONE Monica Gradilone COLLABORATORI Alessia Carrer Brigitte Gobert Paolo Magni Rosanna Ojetti Giada Panzeri Lina Pastori Maria Concetta Perna Enrico Pezza Davide Primiceri Giacomo Pueroni Attilio Scotti GRAFICA Poolgrafica - Milano AREA TEST - SERVIZI SPECIALI Salvatore Longo PUBBLICITÀ ED EVENTI Futura International S.r.l. COORDINAMENTO CORSI PROFESSIONALI Monica Gradilone STAMPA Cantelli Rotoweb - Castel Maggiore (BO) Registrazione Tribunale di Milano N. 354 del 25/09/1982. Iscrizione al Registro Nazionale della Stampa, N. 4392 del 13/10/93 - legge 5/8/1981 N. 416 art. 11. Manoscritti, fotografie e disegni anche se non pubblicati, non si restituiscono. PizzaPress Quality lascia agli autori degli articoli l’intera responsabilità delle loro opinioni. L’editore garantisce la riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiedere gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo o telefonando a Futura International Srl. Le informazioni verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati testata e allegati, anche pubblicitari, legge N. 196/03 - tutela dati personali. Si dichiara che lo spazio pubblicitario relativo a questo numero è inferiore al 45%.

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Il Punto della situazione

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Senza questa storia non ci sarebbe Storia

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A volte i sogni si avverano

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Cultura & Ricerca negli impasti

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Cultura nell’Arte Bianca “Cristoforo Munari”

10 Dehor: croce e delizia 11

Ramzy e il forno Alfa Refrattari

12 Quando la Pizza vola: pizza e prodotti da forno per il catering aereo

FUTURA INTERNATIONAL S.r.l. è associata:

14 Raboso, l’interprete di un territorio 17 La vera storia dei grani, raccontata da Andrea Ottolina, Molino Colombo 18 Luca Mantovani pizzaiolo e istruttore, innanzitutto 20 La mosca nella... Ristorazione 21 Arte e Talento in Pizzeria 24 Pizzaglobal


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Storia recente di un piatto antico: continuano gli incontri con i primi grandi personaggi della pizza e dell’A.P.E.S. 3

Giorgio Agugiaro Dedicato a chi ha la memoria corta, o è nato dopo

Senza questa non ci sarebbe

STORIA

Nello sviluppo recente del settore pizzeria, molto merito va dato anche alla realizzazione di prodotti creati per questo segmento di mercato. In primo piano la farina. e vicende umane sono sempre state seguite dalla cultura del cibo, dagli infiniti perfezionamenti e aggiustamenti che l’intelligenza dell’uomo ha ritenuto di apportare in cucina, qui intesa come metodo di preparazione e cottura. Da che mondo è mondo, le ricette sono nate e cresciute sui fornelli, nei camini e nei forni. Tra le focacce degli egiziani e la pizza c’è un abisso pieno di storia, una storia che ci ha portato lentamente e naturalmente a cuocere i cibi crudi, dalla caccia all’allevamento, dalla raccolta alla coltivazione. La tecnica ha sempre aiutato la cucina, non dimentichiamo il sottovuoto o le scatolette, ma tecnica è anche la realizzazione di materie prime perfezionate e ottimizzate per un mirato utilizzo. Inevitabile pensare fra le materie prime proprio alla farina, non che la farina per pizza esista, precisa il dottor Agugiaro, esistono piuttosto miscele per pizza realizzate con speciali sistemi di produzione. Incontriamo il dottor Giorgio Agugiaro nel suo ufficio di Curtarolo, vicino a Padova, per rivivere con lui i momenti più salienti ed importanti, momenti che in un certo modo hanno dato una decisiva spinta all’evoluzione e diffusione della pizza in Italia e nel mondo. Un incontro piace-

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vole durante il quale si sono scorsi molti anni vissuti insieme ad altri momenti professionali e di valutazione del mercato, passato e futuro. Mentre l’A.P.E.S. si costituiva e andava individuando il suo raggio d’azione coinvolgendo la stampa e la comunicazione con eventi nuovi nel settore ristorativo, Giorgio Agugiaro, titolare dello storico Molino Agugiaro a Curtarolo di Padova, studiava il mercato che la Cattel di Jesolo gli sottoponeva, la pizzeria, come sbocco importante per la distribuzione delle farine del molino. Il pizzaiolo, come più volte ricordato, non era una professione particolarmente ambita, anzi il pizzaiolo addirittura si arrabattava per il recupero delle sue materie prime, ingegnandosi fra l’acquistarle dal fornaio vicino a casa, o andando dal molino dello stesso panettiere o nei supermercati. I sacchi preparati per i fornai pesavano 50 kg e non erano molto comodi da utilizzare, ma poi il pizzaiolo aveva anche una sorta di diffidenza verso i molini, termine che non gli era particolarmente gradito. Giorgio Agugiaro studiò il problema a fondo, approcciandolo con molta umiltà, soprattutto nei rapporti diretti con i professionisti della pala, atteggiamento che sempre mantenne nei contatti con questi operatori, incontrandoli in

tutta italia. Prese atto del fatto che il pizzaiolo di suo già realizzava delle miscele con le farine che si procurava, senza sapere cosa faceva o che cosa questo comportava, e vi aggiungeva un 10% di Manitoba. Dopo un’attenta analisi, importanti e significative le modifiche commerciali che Agugiaro attuò per ottenere una significativa penetrazione nel settore: ✸ Realizzò i primi sacchi di farina di 25 kg, più maneggevoli ✸ Ideò un marchio di prodotti mirati, eliminando il termine molino. ✸ Raggiunse un importante legame grossista/pizzaiolo, considerato che la rete di distribuzione non aveva una grande resa economica ad occuparsi di farina. ✸ Puntò sulla ricerca e le prove di laboratorio presso l’azienda ma non si occupò volutamente di scuole, alle quali lascio la sperimentazione empirica. ✸ Ideò concorsi a premi che allettassero questi professionisti del forno. ✸ Scelse come testimonial delle campagne pubblicitarie i migliori pizzaioli.


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Rivoluzione non da poco per il settore pizzeria che si stava in quegli anni abbozzando. L’incontro poi con Gabriele Marchesin e la soja nel 1985 fece il resto: nacquero le miscele PizzaSoja e PizzaLight 5 Stagioni. Abbiamo incontrato Giorgio Agugiaro per ricordare questo e molto altro ancora, nella ricostruzione di un mercato in continua espansione come la pizzeria. Un’espansione che difficilmente potrà portare in Italia ad avere dei gusti omologati come in altre parte del mondo, l’artigianalità della pizza italiana sarà sempre e comunque una inimitabile prerogativa del nostro Paese. Sul costo del grano poi, Agugiaro esprime il suo disappunto nel considerare come i costi di produzione, nei vari indispensabili passaggi per la semina, la concimazione, la raccolta, la lavorazione e infine la distribuzione e commercializzazione della farina, o delle farine che dir si voglia, porta ad un costo che viene in generale assolutamente sottostimato dal consumatore. Mentre sovrastimato è il lavoro del panettiere considerato altamente redditizio. Una professione quest’ultima dove risulta sempre più difficile trovare mano d’opera a causa degli orari penalizzanti per i giovani, che a quella A Napoli, Antonio Pace e Antonio Primiceri rinstessa ora preferigraziano la presenza e la sponsorizzazione del scono trovarsi in dott. Giorgio Agugiaro discoteca e con gli

Ai primi del ‘900 il Mulino, di proprietà della famiglia Agugiaro, con i carri trainati da buoi e da cavalli con i contadini in attesa.

amici piuttosto che di fronte ad un forno per il pane. Ma non solo, la stessa concorrenza dei supermercati, dei discount, ha notevolmente ridotto le entrate nei negozi artigianali dei fornai. Il discorso cade anche sul costo del pane, del pane comune (che è quello della tradizione locale) e del pane speciale, quando questo pane viene fatto in altre città. A gennaio presso il SIGEP di Rimini, ci annuncia infine il dottor Agugiaro, si conosceranno i risultati del “Premio 5 Stagioni”, indirizzato agli architetti, in sinergia con il Politecnico di Milano, nella ricerca di soluzioni ed ipotesi nuove nell’arredamenti e nell’architettura delle future pizzerie.

Un invito per tutti a conoscere e incontrare altre nuove idee.

Innumerevoli i momenti e le partecipazioni del Mulino Agugiaro a favore dello sviluppo e della diffusione della Pizza in Italia e all’estero: convegni, ricerche, seminari e scuole.


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sogni avverano

A volte i si

Grazia Caccia, assistente per tanti anni del Presidente Primiceri durante i Congressi A.P.E.S., ci ricorda affettuosamente così uona la sveglia. Guardo l'ora, è presto ma mi alzo perchè devo prepararmi per la partenza e decido per il tailleur blu e camicia bianca. La mia meta è Alghero in Sardegna. Sono emozionata perchè sono stata scelta a far parte di un folto gruppo per una spedizione a Capo Caccia dove si terrà un concorso per il miglior pizzaiolo d'Italia organizzato dall'APES con Antonio Primiceri e Maria teresa Bandera. Arrivo all'aereoporto dove mi viene consegnata la targhetta di riconoscimento: il mio nome è Grazia Caccia, sono la capo gruppo per Capo Caccia! Parto sotto i migliori auspici. Il volo è breve e arriviamo presto a destinazione. L'albergo è bellisssimo e l'accoglienza calorosa. Ci sistemiamo nelle nostre camere e subito al lavoro per preparare al meglio il concorso e la serata conclusiva dove verra' premiato il vincitore e verranno distribuite a tutto il pubblico presente pizze a volontà. Io nel mio piccolo cerco di fare bella figura e quindi do il meglio di me collaborando con entusiasmo affinchè tutto riesca bene (per fortuna c'è Maria Teresa che è il perno dell'organizzazione!). Sono giorni impegnativi per tutti ma il giorno del concorso tutto e' pronto. I Pizzaioli sono molto bravi e con tanta professionalità ed esperienza uno dopo l'altro sfornano pizze bellissime e buonissime. La giuria con

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competenza assaggia e da i voti, le schede si aggiungono ad altre schede e si arriva allo spoglio e ai nomi dei primi tre classificati che verranno premiati a fine serata. Tutti i partecipanti al concorso generosamente preparano pizze in grande quantità. La folla è numerosa e si accalca vicino ai forni per ritirare i tranci di pizza; da tutti noi collaboratori viene formato un cordone umano e veniamo quasi calpestati dalle persone accorse numerose, il clima della serata diventa elettrizzante io sono felice di vedere tante persone liete intorno a me. La serata volge al termine, è il momento di proclamare il vincitore. Sul palco c'è grande festa e anche un pò di delusione da parte di chi non ha vinto, ma sono tutti amici e, come diceva Fornasari, “collega”. A poco a poco la folla se ne è andata, io sono stanca ma molto contenta e mi ritiro nella mia camera. Suona la sveglia, sono a casa a Milano e ho fatto un sogno meraviglioso: era il 1987 ed io ero ad Alghero a Capo Caccia con l'APES, Maria Teresa e Antonio Primiceri e tanti amici. Ma tutto questo non l'ho sognato è la realtà. Grazie A.P.E.S.!

e note bollicine del territorio bresciano sono state festeggite anche quest’anno durante la riunione delle Confraternite Enogastronomiche in una manifestazione ottimamente organizzata e diretta da Ada Castellani, che con perizia e dedizione dirige il sodalizio fin dalla sua istituzione avvenuta nel 1989 a Rovato, cuore della Franciacorta. Una cinquantina gli associati presenti, ben noti per i sontuosi “paludamenti”, che si sono ritrovati in una spumeggiante atmosfera, secondo il nutrito programma proposto. Le attività del Circolo e la presentazione dei rappresentanti, nonché le attività svolte, hanno lo scopo di valorizzare le potenzialità del territorio. Dimostrazione chiara dello scopo la stessa scelta del Convegno avvenuto presso il Monastero di San Pietro in Lamosa a Provaglio d’Iseo, in via Sebina, un tuffo in un passato unico.. L’inizio di questa costruzione risale al 1098, costruzione peraltro originale che abbraccio diversi secoli di storia del-

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Grazia in due momenti significativi: in alto a Verona con Fabio Testi, in basso a Ragusa con Ruggeri.

Grazia Caccia

l’architettura: ogni secolo ha lasciato nel Monastero una sua impronta con ampie possibilità di confronti da parte di esperti ed appassionati di “percorsi architettonici”. Non meno ricco di fascino il paesaggio che circonda questo storico Monastero. La sosta gastronomica, ovviamente di gran classe, è in località Pilone d’Iseo con piatti e vini ottimamente serviti nel ristorante/hotel Araba Fenice. Fra i i vini proposti abbiamo memorizzato e apprezzato la singolarità di un bianco dal nome già indicativo di provenienza: “muffito”. Omaggio graditissimo una bottiglia di DOCG a tutti i partecipanti da parte dei produttori di Franciacorta, per ricordare anche a casa una giornata speciale. Lina Pastori


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Forno Alfa, voglio il meglio per il mio locale! NovitĂ

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CULTURA&RICERCA NEGLI IMPASTI A cura della redazione di Pizzapress Quality

La linea “PRIMITIVA”: torniamo al futuro ell’ ottica di ampliare la propria gamma per rispondere alle più esigenti domande del mercato, Molino Pasini ha creato la sua nuova linea di farine tipo “1” PRIMITIVA per pizzeria: “300” e “400”. Realizzate a partire dalle migliori materie prime, per far riscoprire il gusto ed il profumo “di una volta”. Ecco la nuova linea PRIMITIVA di Molino Pasini, 2 farine di tipo 1 per pizzeria dal gusto inconfondibile e dall’aroma insuperabile grazie a una macinazione a tutto corpo del chicco di grano. Nessuna come PRIMITIVA è ricca di fibre, di proteine e di minerali che conferiscono ai prodotti realizzati un sapore ed un aroma unico nel suo genere. La nuova linea di Farina Tipo “1” Molino Pasini PRIMITIVA, con il suo gusto inconfondibile, l’ eccezionale Le ricette di Enrico Pezza elasticità e la sua elevata digeribilità è consigliata per la realizzazione di pizze fragranti, leggere e digeribili. .

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Primitiva: l’evoluzione della specie. L’evoluzione delle farine

PRIMITIVA “300” – W 250-300 Farina consigliata per le medio-lunghe lievitazioni PRIMITIVA “400” – W 350-400 Farina consigliata per le lunghe-lunghissime lievitazioni.

MOLINO PASINI OTTIENE LE CERTIFICAZIONI BRC/IFS Da Giugno 2011 Molino Pasini si fregia di queste importanti certificazioni, ottenute con il massimo punteggio possibile( HIGHER LEVEL). Questo riconoscimento giunge al termine di un percorso che ha visto Molino Pasini conquistarsi nel tempo un ruolo di leadership di qualità. Già nel 1997, tra i primi molini in Italia, Molino Pasini ha conseguito la certificazione UNI EN ISO 9001, ora adeguata alle norme Vision 2000 che comportano fra l'altro un rigido controllo e rispetto delle condizioni igieniche, in applicazione alle severe regole dettate dall'HACCP. L'azienda è inoltre certificata dal Consorzio di Controllo dei Prodotti Biologici di Bologna per la produzione di farine ottenute dalla macinazione di grani da agricoltura biologica. Ora, ancora tra i primi molini in Italia, il raggiungimento congiunto di questi elevatissimi standard, che non sono solo un punto di arrivo, ma una tappa fondamentale per offrire ai propri clienti la massima affidabilità possibile sulla sicurezza dei propri prodotti. Contatti: Sito: www.molinopasini.com E-mail: info@molinopasini.com

Lavorazione “Primitiva” Molino Pasini

Relazione sulla prova Farina Primitiva “400” Molino Pasini Con la Farina tipo 1 “400” predispongo un impasto indiretto partendo da: • 1 l acqua • 1kg farina tipo 1 primitiva “400” • 5g lievito Questo impasto indiretto ha avuto una prima fase di riposo di 15 ore per la fermentazione. Dopo questo periodo ho aggiunto: • 2 l di acqua • 4,200 di Primitiva “400” • 150 gr sale In questa seconda fase ho lasciato riposare ancora l’impasto circa 40 minuti, dopo di ché ho realizzato delle pezzature da 200 gr La maturazione in frigo è durata 72 ore. Ho tolto l ‘impasto dal frigo circa 4 ore prima del suo utilizzo. il risultato è stato a dir poco eccellente, ottima la tenuta della lievitazione, come ottimo il sapore e la friabilità, bellissima la colorazione morbida, il gusto equilibrato ha espresso tutto il profondo e caratteristico sapore del buon cereale. Rigenerate ancora le palline nella seconda lievitazione, i risultati sono stati decisamente superiori all’aspettativa. Ottima la plasticità e la tenuta della maglia glutinica, migliorati il profumo la friabilità, pizza ancora più leggera e fragrante. Valutazione finale: prodotto veramente eccezionale in tutti i suoi aspetti sia visivi che olfattivi, non che durante le ripetute degustazioni. Il nome scelto di Primitiva 1 “400” raccoglie in pieno il senso del prodotto, avvicinandolo sicuramente nell’immaginario a quello che poteva essere la pizza nei secoli scorsi..


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SEZIONE PROFESSIONALE AL SERVIZIO DELLA PANIFICAZIONE & PASTICCERIA - ANNO V - N° 5/6 - 2011

A cura del Maestro Bruno Tosi, pittore iperrealista e mosaicista, insignito a Milano dell’Ambrogino d’oro (www.brunotosi.com)

Cristoforo Munari ristoforo Munari nasce il 21 luglio 1667 a Reggio Emilia e muore a Pisa nel 1720. L’artista è considerato uno dei più grandi protagonisti della pittura di natura morta italiana tra ’600 e ’700, un vero e proprio “artista di culto”, presente in prestigiose raccolte e musei di tutto il mondo. Formatosi in Emilia, Munari realizza eleganti composizioni con strumenti musicali e le cosiddette “cucine rustiche” (dove, accanto agli utensili, al pane, alla selvaggina morta e alle verdure, compaiono alcuni dei prodotti tipici della zona, dalle “punte “di formaggio Parmigiano-Reggiano ai salumi). Alla fine del ’600 l’artista si trasferisce a Roma, dove può contare sulla committenza di Cardinali e nobili famiglie gravitanti intorno al Papato; così è che il soggiorno romano, durato quasi dieci anni, sarà fondamentale per l’evoluzione del suo stile. Cominciano a comparire, nei suoi dipinti, sempre più raffinati e ricchi nella composizione, le ciotole e le brocche di porcellana cinese, una vera e propria “sigla” dell’artista. È nella “Firenze degli ultimi Medici”, dove Munari soggiorna tra il 1706 e il 1715, che la pittura dell’artista raggiunge gli esiti più alti. Munari si cimenta con nuovi motivi compositivi (trofei di guerra e trompel’oeil), oltre a riprendere le “tele da salotto” e gli ultimi oggetti delle cucine del tempo. Nel 1715 Munari si trasferisce a Pisa, dove si dedica in particolare all’attività di restauro, e dove muore nel 1720. Colorista vivace e raffinatissimo, Munari si segnala per il gusto, razionale e raffinato, che esprime nel-

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la distribuzione spaziale del suo seducente repertorio; le sue produzioni, tuttavia, mai sono del tutto “bloccate”, statiche, ma sempre percorse da un sottile fremito di inquietudine. Dopo le notizie su di lui dateci da un contemporaneo di Munari, il Gabburri, scende per secoli l’oblio sull’artista che si firmava “Cristoforo Munari da Reggio”. All’inizio del ’900 il silenzio viene interrotto da Matteo Marangoni, che sbrigativamente lo inquadra come “pittore assai superficiale”. Sarà solo nel 1954 che Giuliano Briganti, in un saggio sul “Paragone”, lo rivaluta com-

pletamente, definendo le sue nature morte “una via di mezzo fra il trompe-l’oeil e le vanitas stilleben”. Giuseppe De Logu riesamina il problema della valutazione critica su Munari nel 1962, alla vigilia di alcune importanti esposizioni in cui compaiono opere appunto di Munari, che la città Parma gli dedica nel 1964. Tra le recensioni pubblicate nell’occasione va segnalata quella di Piero Bigongiari, che accuratamente parla di un piccolo “Leibniz padano”, conteso tra sensi e intelletto. Nell’autunno del 1998 la Fondazione M. Manodori, di Reggio Emilia, promuove la pubblicazione della prima monografia su Cristoforo Munari, che ricostruisce il catalogo generale dell’artista in 117 opere. Si tratta, ovviamente, di un elenco non definitivo: per la recente scoperta di nuove opere attribuite al Maestro. In questa natura morta appaiono diversi elementi da tenersi in considerazione, come per esempio uno spartito musicale sul fondo dell’opera con pagine stropicciate, un violino, una brocca di peltro, alzata con bicchieri di trasparenza lieve e poetica, appoggiati su un piatto di peltro; a metà composizione ci sono un piatto con anguria tagliata, una ciotola cinese piegata, uva nera, con fogliame secco, e in primo piano biscottini e dolciumi, una mela e un raffinatissimo coltello, la cui lama si perde sotto le foglie dell’uva. Questa splendida e impagabile natura morta, le cui dimensioni sono di 95x74 cm, è stata dipinta da Munari nel 1707.

Natura Morta


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DEHOR: croce e delizia Durante i mesi estivi parecchie pizzerie diventano preda di una metamorfosi del tutto particolare. molti locali, per colpa di un inspiegabile prodigio, spunta una voluminosa protuberanza, quasi come se fossero appena stati morsicati da un misterioso e gigantesco insetto. La vistosa escrescenza, che poi si sgonfia e scompare all’avanzare dell’autunno, si protende in genere sul davanti della pizzeria inglobando un’area più o meno estesa. Impiegando un’immagine complessa, la denominazione e il fine potrebbero essere “spazio aggiunto e riparato ai fini di incrementare il normale volume dei coperti e offrire ai clienti l’ebbrezza di un’alimentazione all’aria aperta”. Sintetizzando in una sola parola: dehors!

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Vantaggi Il primo vantaggio dei dehors sta proprio nell’opportunità di uscire dagli ambienti chiusi e, soprattutto nelle sere estive, quando la morsa della canicola diurna comincia a cedere la presa lasciando il posto alle corroboranti brezze notturne, diventa estremamente piacevole sedersi sotto un pergolato a gustarsi il fresco della temperatura accoppiato alla fragranza di una buona pizza. In effetti, se la maggior parte dei dehors è solida e ben costruita, ne esistono di fattura più scadente e quindi capita che un banale temporaluccio d’agosto basti, con la complicità di una tettoia malandata, a far gocciolare la pioggia tra i tavoli con conseguenze facilmente immaginabili. Svantaggi Altre volte questi esterni non sono sufficienti a proteggere da insidiosi colpi di vento giungendo questi a minacciare addirittura la buona digestione. Non solo, un dehors sistemato lungo un’ampia via di scorrimento di una metropoli si trasforma facilmente in un calvario, a causa della puzza di smog e dell’inquinamento sonoro: non è piacevole ordinare una “capricciosa” al biossido di azoto o gustare una “quattro stagioni” con i timpani che ballano la rumba a causa di un ingorgo al semaforo. Tacciamo per opportunità i pareri che potrebbero esprimere chi ha le finestre che si affacciano su di un dehors. In genere questi tapini, fratelli minori di sventura di quelli che abitano sopra i bar, gradirebbero magari andare a letto prestissimo mentre talvolta chi sta divorando una splendida “margherita” non riesce a trattenere tutto il suo entusiasmo e sente la necessità di gridare

al mondo intero la sua gioia (e così qualcuno arriva anche ad odiare la pizza!). Tutto sommato il vantaggio di mangiare fuori da quattro mura può essere anche questo: se la nostra compagnia del tavolo non è un granché ci si può sempre distrarre guardando le belle figliole, o figlioli, che passano sul marciapiede. Un’altra gradevole occupazione è pure quella di fissare le lampade antizanzare presenti in tutti i dehors degni di questo nome. Disagi La soppressione degli insetti perniciosi mediante una piccola vampata seguita da un caratteristico sibilo di “frittura”, induce ponderate meditazioni sulla caducità delle cose: queste filosofiche riflessioni rendono la pizza che stiamo consumando più gustosa e senza dubbio più ricca di contenuti spirituali. Tutte queste elucubrazioni si scontano con qualche pic-

colo sacrificio: una delle cose che si perdono nei dehors è il controllo delle proprie ordinazioni. Infatti, la lontananza dalla sala, accoppiata a leggeri ritardi nella consegna delle pizze, ci causa talvolta ingiustificati timori e risveglia l’atavica “paura dell’abbandono”. Superato questo scoglio si affaccia un’altra problematica: il pasto all’aria aperta ci nasconde la vista del pizzaiolo e ciò rappresenta un piccolo danno assolutamente non riparabile. Trovo, infatti, i che in questi locali una componente importantissima sia la visione del pizza-

iolo che fa volteggiare il disco di pasta e lo guarnisce con gli ingredienti canonici: volete mettere la soddisfazione di immaginare che la pizza nascente sotto i nostri occhi affamati sarà proprio quella che, dopo qualche minuto, ci verrà sfornata calda calda sotto il naso? Limiti I dehors per grandi che siano presentano spesso un altro inconveniente: in genere lo spazio coperto a disposizione non è ampio e la tentazione di “parcheggiarvi” il maggior numero possibile di persone porta a sistemazioni un po’ affollate. Senza arrivare ad estremi effetti tipo “scatola di sardine”, soventi ci si trova a contatto di gomito con il tavolo vicino e quindi senza averne l’intenzione si possono riscontrare difficoltà oggettive nel proseguire un’amabile conversazione con i propri amici e commensali. Visioni Poca cosa in realtà se si tiene presente che da questi prolungamenti dei locali si possono ammirare le falene che volano sbattendo ogni due minuti la capoccia contro i lampioni cittadini, i cani che portano a spasso i loro padroni e i motorini che con grande fracasso evitano all’ultimo istante le fioriere dei dehors con funambolismi così temerari da far apparire le manovre del nostro centauro come un tramviere alle prime armi! Insomma, volendo trarre un bilancio da questa consuetudine edilizio-gastronomica tipica dei paesi a clima temperato, si può ben affermare che, nonostante i difettucci evidenziati, vale davvero la pena festeggiare il bel tempo estivo frequentando i dehors che i nostri bravi pizzaioli allestiscono. I più fanatici, addirittura, dedicano intere serate a questa pratica in quanto consumata la regolare pizza all’aperto, cercano una buona gelateria e, sempre possibilmente all’aperto. Veleggiando con il vento in poppa di un giudizio senz’altro positivo concludiamo con la solita, partigiana perorazione: servitele al chiuso o all’aperto, o metà dentro e metà fuori dal locale, non fa nulla. L’importante è che continuiate a fare delle incomparabili pizze, e sarete perdonati!


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“LA CAMICIA” a Fiumicino

Ramzy coniuga l’arte egizia della pizza al gusto italiano enuto dall’Egitto… è in Italia ormai da molti anni. A differenza di tanti suoi connazionali, già conosceva il mestiere di pizzaiolo avendolo praticato in un villaggio del suo paese d’origine. Certo molte cose sono risultate diverse, ma la base c’era e il nostro non ha potuto che migliorare. Ha così rilevato un locale a Fiumicino che da sempre era una pizzeria. Vivendo in un posto di mare con molti ristoranti famosi per il pesce fresco, ho voluto puntare sul business della pizza, per aver maggiore opportunità di lavorare soprattutto in questo momento. I clienti sono la maggior parte “habitué” che nella pausa pranzo vengono a gustarsi una pizza. ….non ha una specialità in particolare ma i suoi clienti affermano che la sua pizza margherita è la più buona della zona. Una delle prime cose sulle quali ha voluto intervenire è stato il forno, e su questo gli abbiamo posto alcune domande.

V

Perché hai cambiato il forno? Il forno che avevo prima disperdeva calore nel bagno con cui confinava, d’estate neanche si poteva utilizzare tanto era il calore che riversava nei servizi. Inoltre, il piano era troppo alto, pensate che l’ho dovuto cambiare dopo soli 6 mesi. Com’è arrivato ad essere cliente Alfa? Tramite amici che avevano già installato un forno Alfa in una pizzeria. Loro si sono trovati benissimo ed ho voluto scommettere su Alfa. In effetti non posso dar loro torto, sono soddisfatto del prodotto e di come mi sta facendo risparmiare soldi e tempo. Ma soprattutto, da buon egiziano, posso dire che è un forno vero, costruito in argilla refrattaria, non in cemento, tiene molto bene la temperatura e i clienti si sono subito accorti che la pizza è più buona, pur essendo lo stesso impasto di prima. Come ti trovi? Benissimo! I clienti hanno capito subito che avevo cambiato il forno e mi hanno fatto i complimenti perché la temperatura dell'ambiente era naturale e uniforme ovunque. Come ci lavori? Adesso trovo che l’altezza sia perfetta, la temperatura del forno la mattina si aggira sui 250°C e riesco così a risparmiare di legna quasi il 50%. Ringrazio Alfa per questo ottimo lavoro e per la soluzione immediata al mio problema. In quanto te l’hanno montato? Il lunedì sono venuti, hanno smantellato il vecchio, montato il nuovo e giovedì già facevo le pizze. Ho avuto solo l'accortezza nei giorni precedenti alle prime accensioni e alle temperature: lo stesso lunedì dell'installazione l’ho portato fino ad 80°C, il martedì a 120°C, mercoledì a 180°C e giovedì sono arrivato a 250°C. Spiegaci come si è svolta la scelta. Ho chiamato Alfa per un preventivo e mi hanno inviato in breve tempo un tecnico per un sopralluogo gratuito. Gli ho spiegato quali erano i miei problemi e come volevo realizzare il mio forno ideale e loro mi hanno presentato un progetto su misura che rispondeva in modo chiaro alle mie esigenze.


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12 A cura della dottoressa

Maria Concetta Perna Nutrizionista Università degli Studi di Perugia

Quando la Pizza vola:

pizza e prodotti da forno per il catering aereo “La pizza che vola” non rappresenta solo uno slogan pubblicitario ma anche una realtà i tratta di un alimento trasversale e compatibile con le esigenze del catering aereonautico. Ad oggi è possibile assaporarla anche in volo grazie all’attività di ricerca industriale e relativa produzione svolta dall’A-R Alimentare, di cui il dott Diego Bonini è il Responsabile Qualità e Nutrizionista. L’A-R Alimentare, con sede a Marsciano, è un’azienda italiana dinamica e moderna che progetta e produce soluzioni innovative e alternative per il settore alimentare: fondata nel 2002, è nata per sviluppare prodotti da forno surgelati in monoporzione per il catering aeronautico. Il dott. Bonini, ha iniziato il suo intervento chiarendo un aspetto peculiare del mondo delle produzioni alimentari: il concetto di qualità, che secondo la normativa vigente rappresenta “l’insieme delle caratteristiche di un prodotto o di un servizio che conferiscono ad esso la capacità di soddisfare esigenze espresse o implicite”. Nel settore agro-alimentare questo concetto viene applicato a tutte le fasi del processo industriale di produzione, partendo dall’approvvigionamento delle materie prime fino alla distribuzione passando per la gestione del personale addetto. Il fine ultimo è quello di offrire e garantire al consumatore finale prodotti appetibili la cui rintracciabilità è garantita ad ogni livello della produzione. Le certificazioni nell’industria alimentare sono l’ International Food Standard (IFS), Food BRC, ISO 22000, e non in ultimo per importan-

S

Diego Bonini, dottore magistrale in Scienze dell’Alimentazione e Nutrizione Umana, iscritto all’albo dei biologi sezione A, attualmente ricopre il ruolo di Responsabile Assicurazione Qualità e Nutrizionista nell’azienda A.R. Alimentare S.p.A. di Marsciano. Svolge inoltre attività di consulenza presso terzi per lo sviluppo, la realizzazione e la verifica di processi e procedure per l’industria alimentare ed enti di certificazione. L’integrazione della formazione accademica con l’esperienza professionale lo ha portato a conoscenze approfondite sia in ambito nutrizionale, analitico che gestionale, tecnologico e legale.

za tutto il pacchetto che fa riferimento alla ISO 9000. Ulteriore misura di controllo imprescindibile è l’HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points). Tale sistema di autocontrollo deriva dall’obbligo di tutelare la salute dei consumatori finali attraverso il rispetto delle norme igienico sanitarie mediante un’attenta valutazione dei rischi insiti ai processi industriali e alla successiva elaborazione delle misure più idonee per garantirne il controllo. Le principali misure di certificazione volontaria e le regole cogenti di sicurezza alimentare dovrebbero essere note anche al pizzaiolo poiché i suoi interlocutori sono la grande distribuzione da una parte, e il consumatore finale dall’altra. La pizza per il catering aereo, in quanto prodotto industriale, subisce il sistema di controllo applicabile mediante le norme in ambito agroalimentare. Il punto centrale della relazione del dott. Bonini ha riguardato la possibilità di rendere la “pizza che vola” del tutto simile a quella consumata in pizzeria, oltre che dal punto di vista organolettico, anche da quello nutrizionale, poiché entrambe sono accomunate dalle stesse materie prime. Una pizzetta di 120 g, destinata al catering aereo, possiede infatti tutte le caratteristiche nutrizionali per essere considerata un valido snack. Si tratta di un alimento equilibrato e compatibile con “la filosofia del benessere”, ipotesi validata dall’analisi comparativa con i valori di riferimento della GDA’s (Valori giornalieri di riferimento).

Riferito a 100 g di prodotto

EVERYTHING ABOUT GDA’s Web Link: http://gda.ciaa.eu

1 Pizza – 120g Calories

Calories

218

250

11%

13% FARINA “00”

FARINA INTEGRALE

Of an adult’s Guideline Daily

Una maggiore qualità nutrizionale della pizza in oggetto si potrebbe ottenere migliorando le materie prime utilizzate. In particolar modo il dott. Bonini ha paragonato (Tabella) due pizzette ottenute con farine differenti illustrando come un maggiore apporto di fibra ottenuto dalla scelta di una farina integrale, rispetto ad una raffinata, possa rendere questo alimento meglio inseribile in un piano alimentare razionale. Risulta perciò evidente che un programma di ricerca industriale volto al miglioramento delle materie prime di base dell’alimento pizza, in particolar modo delle farine, risulta essenziale per garantire al consumatore finale una scelta alimentare sempre più volta al benessere.

Proteine (g)

Carboidrati (g)

Fibra totale (g)

Kcal

Pizza ottenuta con farina 00

7,88

34,51

0,74

209,36

Pizza ottenuta con farina Integrale

9,05

25,50

4,83

181,55

Tabella 1. Valore nutrizionale di una pizza margherita ottenuta con farina 00 vs una pizza margherita ottenuta con farina integrale. Riferimento schede tecniche MP Fornitori, tabelle nutrizionali INRAN – www.inran.it.

La pizza, amata in tutto il mondo da grandi e piccini, rappresenta un alimento globale e trasversale: la relazione del dott. Bonini, ha illustrato appieno questa possibilità offerta da un prodotto industriale. In realtà si tratta di un alimento appetibile e fragrante che si propone “veicolo” di comunicazione del “made in Italy” in tutto il mondo. Attraverso un importante progetto di ricerca, impiegando un team di lavoro con conoscenze multidisciplinari, ponendo particolare attenzione alla soddisfazione del cliente, e avvalendosi di un complesso sistema di gestione integrato della qualità, è stato possibile per AR Alimentare offrire a milioni di passeggeri ogni anno un ottimo snack totalmente compatibile con un piano alimentare nutrizionalmente corretto.


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Raboso,

l’interprete di un t Deriva da un vitigno coltivato nel Nord-Est del Paese fin dall’epoca preromana, come si deduce da Plinio il Vecchio che nella ‘Naturalis Historia’ descrive un vino “più nero della pece”. opo la caduta dell’Impero Romano seguì l’oblio della vitivinicoltura che fu salvata dall’opera degli ordini monastici: sembra fosse Raboso il vitigno coltivato nel XII secolo dai monaci del Monastero di Sant’Andrea di Busco (Ponte Piave). Una curiosità: documenti del XIV secolo denunciano una sofisticazione per l’aggiunta di melassa e ruchetta. La Repubblica Veneta ne incrementò la coltivazione e ne esportò il vino fino in Oriente, da cui il nome vin da viajo (vino da viaggio). Il Raboso è un vitigno ricco di tannini e acidità, resistente a muffe e peronospora (come ha dimostrato l’aver superato quasi indenne la grande tragedia di fine Ottocento), al freddo e alla siccità. Ha un ciclo vegetativo molto lungo: germoglia per primo ed è una delle ultime uve a essere raccolta.

D

Raboso Piave e Raboso Veronese In realtà sono due i vitigni con tale nome: il Raboso Piave e il Raboso Veronese i quali, pur avendo notevoli similitudini, sono sostanzialmente differenti come dimostra il confronto dei dna.Incerte le origini sia della provenienza sia del nome del vitigno, anche se le altre denominazioni con cui è conosciuto il Raboso Piave (Friulara o Rabosa Friulara) potrebbero far pensare al Friuli (occorre però tener presente che in passato erano definiti ‘Friuli’ tutti i territori fino al Piave). Le testimonianze più antiche sono contenute in documenti della Repubblica Veneta da cui risulta che il ‘Friularo’ sarebbe stato introdotto a Bagnoli di Sopra (piccolo comune del padovano) intorno al 17° secolo e da allora vi è rimasto costantemente presente. Due studiosi fondamentali per l’ampelografia italiana come Carpené e Di Rovasenda attestano che il Friularo (in alcune aree declinato al femminile) era presente da epoca molto antica nella zona compresa tra l’Istria e il Piave. Secondo alcuni studi dell’Istituto Geisenheim in Germania le origini del Raboso sarebbero nella zona a sud di Mainz e in quella di Treviri come indicherebbero il lungo ciclo di maturazione tipico dei vitigni di queste zone e le similari caratteristiche organolettiche dei vini. Il nome invece potrebbe avere due origini: o geografica (dall’omonimo affluente del Piave) o dalle caratteristiche molto acide e tanniche del vino al suo primo contatto con il palato: ‘rabiosa’ in dialetto è chiamata la frutta ancora acerba e quindi ‘astringente’.

Un vitigno dal lungo ciclo di maturazione Ancora più incerte le origini del Raboso Veronese di cui, nonostante il nome, non vi sono testimonianze di una coltivazione - nemmeno remota - nelle terre veronesi. In tale situazione la fantasia popolare si è sbizzarrita e la versione più accreditata (e simpatica) fa derivare il nome da quello di un certo signor Veronesi cui spetterebbe il merito della diffusione del vitigno. Anche l’epoca della sua introduzione in Veneto è sconosciuta. Le zone di diffusione dei due vitigni in parte coincidono: il Raboso Piave è presente soprattutto nella provincia di Treviso, e in misura minore in quelle di Vicenza, Venezia e Padova, mentre il Raboso Veronese si trova anche nelle provincie di Rovigo, Ferrara e Ravenna. La maggiore delicatezza delle sue sensazioni gustative - decisamente più in linea con l’attuale richiesta del mercato - sta determinando una progressiva sostituzione del Raboso Piave con il Veronese. Per quanto attiene al vino per entrambi i vitigni si ha un bel colore rosso rubino molto profondo, mentre al naso i profumi inizialmente vinosi esprimono successivamente un bouquet di note floreali (violetta), frutta rossa (marasche) e frutti di bosco (lamponi e mora selvatica). È in bocca che si evidenziano le maggiori differenze, non tanto a livello struttura (la sua corposità è buona, ma non eccezionale) quanto per tannicità e acidità molto meno accentuate nei vini da Raboso Veronese caratterizzati inoltre da notevole eleganza, contrariamente a quelli ottenuti dal Raboso Piave che sono un po’ rustici. In ogni caso è secco, austero, sapido e leggermente acidulo. Per le sue caratteristiche il Raboso Veronese può essere bevuto più giovane. L’affinamento avviene in genere in grandi botti di rovere e dona al Raboso toni granati e profumi intensi con note da frutta secca, speziate e tostate. Per ottenere la Doc deve invecchiare almeno tre anni, di cui uno in botte. La sua propensio-

ne all’invecchiamento aveva originato una simpatica usanza: quando nasceva un bambino se ne conservavano alcune bottiglie per le sue nozze. Nell’area storica di Bagnoli di Sopra vi è il Friularo (un biotipo particolare di Raboso Piave) il cui nome potrebbe derivare dal termine dialettale ‘frio’ a indicare una vendemmia che avviene ai primi freddi (la festa del Friulano è tradizionalmente nella terza domenica di novembre). È un vino strutturato di grande personalità dal colore rubino con riflessi granati e con un bouquet speziato con sentori di confetture di frutta. In bocca è caldo e molto equilibrato, secco e austero. Ottime anche le tipologie ‘Riserva’ e ‘Vendemmia Tardiva’ I giusti abbinamenti Il Raboso è ideale con piatti di pasta e riso con sughi di carne, con la carne rossa e la selvaggina, il goulash e gli umidi come la lepre in salmì. Ovviamente eccezionale l’abbinamento con il ‘formaggio ubriaco’ del Piave (un Montasio maturato nelle vinacce fermentate di Raboso). È inoltre ingrediente importante per molti piatti tradizionali trevigiani e dell’entroterra veneziano, specialmente a base di animali da cortile. Il Friularo è particolarmente adatto a piatti elaborati come brasati, spezzatini e arrosti importanti. Il Raboso oltre a una grappa molto asciutta origina (con erbe, frutta e grappa di Raboso) l’Elisir Gambrinus, un liquore nato nel 1847 e servito in brocche nelle osterie come ‘specialità della casa’ e l’Agricanto (liquore a base di Raboso) splendido da solo a fine pasto e con gelati o dolci al cucchiaio.


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A cura di

Salvatore Longo

n territorio

i t i v i r c s I all’

ASSOCIAZIONE PIZZAIOLI E SIMILARI

Perché iscriversi ? Per ricevere il Diploma di Appartenenza in pergamena Per ricevere le nostre newsletter Perché pubblichiamo le tue ricette e le tue foto sul nostro organo di stampa Perché dal 1981 l’APES fa scuola, nella comunicazione e nella formazione

Un vino, un’azienda Raboso Fiore Paladin compie 30 anni

Per ricevere un anno di Pizzapress Quality

Festeggia quest’anno il suo 30° anniversario questo speciale Raboso, perfetto interprete di una terra tenace e generosa, della sua storia e dei suoi sapori e profumi. È un vino piacevole grazie alle sue rosse e allegre bollicine che ne esaltano i profumi avvolgenti e in bocca i sentori vivaci e persistenti. Le uve raccolte in autunno inoltrato sono vinificate senza pressatura dell’acino per consentire al vino di essere gradevolmente amabile, fresco e ricco di profumi. La presa di spuma dà una vivace briosità. Il suo successo (3 milioni di bottiglie vendute) è dovuto soprattutto alla piacevolezza della sua bevibilità.

Per diventare un istruttore serio, se lo desideri e se hai tempo da dedicare all’attività

Per ricevere inviti e partecipazioni ad eventi Per accedere ai corsi di una scuola certificata e ricevere un attestato qualificato

Per ricevere la maglietta dell'APES Per realizzare un evento nella tua zona e con i prodotti della tua terra Per diventare Referente di territorio A.P.E.S. Per tanto altro …. Contattaci, si può fare Desidero iscrivermi all’Associazione Pizzaioli e Similari Prego di inviarmi la rivista presso abitazione locale Cognome e nome

..................................................................................................

Indirizzo Abitazione

..................................................................................................

Cap..................................Città ........................................................

La scheda Alla vista: rosso rubino intenso con riflessi violacei Al naso: persistente, fragrante e con sentori di violetta e marasca In bocca: vivace, fruttato, sapido, asciutto e di delicata tannicità. Lunga la persistenza Grado alcolometrico: 11% vol. Tipologia: frizzante per fermentazione naturale Temperatura di servizio: 8 - 10° Abbinamenti: ottimo come aperitivo con sfiziosi spuntini. Ideale con grigliate e arrosti di carne, piatti di pesce in umido. Per le sue caratteristiche può essere bevuto anche a tutto pasto Produttore: Paladin Spa Via Postumia, 12 - Annone Veneto (VE) Tel. +39 0422 768167, Fax. +39 0422 768590 www.paladin.it

Provincia

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Modalità di pagamento, quota “una tantum” € 126,00 Allego assegno bancario non trasferibile intestato a A.P.E.S. - via G.B. Bertini, 25 - 20154 Milano Vaglia postale intestato a A.P.E.S. via G.B. Bertini, 25 - 20154 Milano Bonifico bancario: Intesa SanPaolo IBAN: IT25 E030 6909 5100 6192 3150 164 Data ........................Firma ........................................................ Coupon da ritagliare e spedire in busta chiusa a A.P.E.S. - via G.B. Bertini, 25 - 20154 Milano oppure via fax allo 02 3319131


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La vera storia dei grani, raccontata da ANDREA OTTOLINA, MOLINO COLOMBO Tutto quello che avreste voluto sapere sui grani utilizzati nell’arte bianca ottor Ottolina, ci parla dei sistemi che gestiscono la vostra macinazione? Molino Colombo è la coniugazione perfetta tra un'altissima tecnologia e i più alti valori della cultura artigianale. Da un lato abbiamo un molino altamente automatizzato e tecnologicamente avanzato, questo ci dà la possibilità di viaggiare di notte a "luci spente", senza la presenza di personale in azienda. L'operatore può monitorare l'impianto anche in remoto (da casa). Un sistema di password ci consente di sapere sempre quale operatore abbia fatto qualsiasi intervento sull'impianto. Ma qui abbiamo anche preservato anche i più alti valori artigianali mantenendo, quando abbiamo rifatto il molino nel 2001, il medesimo diagramma di macinazione del vecchio storico molino. Oggi nei molini moderni si è orientati alla spasmodica ricerca della produttività a scapito della qualità, in altre parole macinare tanto grano con poche macchine e molto in fretta. Molino Colombo ha fatto la scelta opposta: abbiamo un diagramma di macinazione molto lungo, la macinazione è molto lenta , il grano viene accarezzato in fase di macinazione non si surriscalda, ciò permette di mantenere inalterate le qualità proteiche dei grani che utilizziamo. Inoltre abbiamo una ridotta quantità di amidi danneggiati che permettono di fare impasti molto lunghi in grado di sviluppare al meglio tutti gli aromi del pane. Macinare lentamente significa anche avere la possibilità di non dover inserire alcun tipo di coadiuvante nella farina mantenendone l’assoluta genuinità. Certo questo significa anche ridurre considerevolmente la produttività dell'impianto che non viene sfruttata appieno: infatti noi potremmo macinare fino a 2.500 qli al giorno contro 1.200 qli che in realtà realizziamo.

D

Da dove arriva il grano che utilizzate? Dal Canada, dagli Stati Uniti, dall'Australia perché questi paesi sono i migliori produttori mondiali di grano, poiché in questi paesi la coltura del grano e' estensiva e non intensiva quindi la spiga ha più spazio per crescere e ha un contenuto medio di proteine maggior rispetto a chi deve praticare una coltura intensiva. Inoltre in questi paesi le strutture

della filiera agricola sono più moderne, la maggioranza dei silos è verticale e c'e' la possibilità di omogeneizzare meglio il grano classificandolo secondo qualità e tenore proteico: questo valorizza il lavoro dell'agricoltore e garantisce una miglior standardizzazione della qualità generale. Questo non significa che in Italia non vi siano grani buoni, ma la struttura orografica del nostro paese (lungo e stretto ), la parcellizzazione dei terreni e strutture di stoccaggio nella generalità obsolete, rendono difficile la valorizzazione del prodotto. A ciò si aggiunga che l'Italia e' importatrice di più del 60% del prodotto macinato. Che caratteristiche deve avere il grano migliore? I grani devono avere caratteristiche diverse in funzione della destinazione d'uso finale (biscotto piuttosto che panettone), in generale dal punto di vista del mugnaio deve avere poco scarto (polvere, sassi, cereali diversi) e deve darci la possibilità di avere una buona resa in farina (chicco ricco di parte amidacea). Quali sono le farine migliori per la panificazione? In Italia abbiamo moltissimi tipi di pane con lavorazioni molto diverse tra loro ed in funzione della lavorazione utilizzata dal fornaio il molino deve fornire la farina adatta. Per esempio, le lavorazioni lunghe con biga fatte con un impasto di farina, acqua e lievito lievitate per 24 ore necessitano di farine con un buon contenuto di proteine cioè l'elemento che consente di mantenere all'interno dell'impasto i gas prodotti durante la fermentazione consentendo di avere un pane leggero digeribile con un alveolatura soffice . Se dovessimo fare un pane con una lavorazione diretta, la farina dovrà avere caratteristiche molto diverse, un minor contenuto proteico (glutine) e delle capacità fermentative maggiori. E' vero che il diffusissimo pane tartaruga è nato grazie alle caratteristiche della vostra farina? La forma nasce da un intuizione del presidente dei fornai di Bergamo stampo una pastella

di pasta con il materiale che si usa per controsoffitature, la nostra farina risultò particolarmente adatta alla produzione di questo meraviglioso tipo di pane . Alla farina di frumento si possono aggiungere anche altri cereali o ingredienti? Certamente possiamo fare pane al farro, pane al kamut, pane al riso, pane alle patate, pane agli 8 cereali. Il farro è il cereale più antico, tanto che la parola farina deriva dalla radice "far" termine latino "farro": è un cereale particolarmente resistente alle malattie e quindi ha bisogno di minori trattamenti in campo, dal punto di vista nutrizionale il farro favorisce i processi digestivi . La farina di kamut è un seme trovato nella tomba di un faraone ed esportato in America. Il nome di kamut deriva dal termine “grano” in egiziano, ha qualità nutrizionali molto interessanti, è molto ricco vitamine E (+30%), sali oligominerali e di selenio, un antiossidante che riduce la formazione dei radicali liberi, inoltre è molto ricco di proteine . Questi due farine di cereali vengono anche consigliate come alternativa per chi ha intolleranze al glutine di frumento, ma tengo a specificare non a chi è affetto da celiachia . La farina di riso dona al pane una sofficità eccezionale e una fragranza della crosta unica e il suo gusto risulta essere piuttosto neutro, in generale viene incontro alle nuove tendenze dei consumatori che prediligono pani morbidi. Per il pane si usano le farine di grano tenere, ma anche di grano duro ..qual è la differenza? La differenza tra la farina di grano tenero e quella di grano duro e' nella durezza della mandorla esterna del chicco e nella granulonometria diversa che si ottiene in macinazione . La semola ha granuli piu' grossi e spigolosi che permettono in panificazione un assorbimento dell'acqua lento e progressivo: ricordiamoci che l'acqua è elemento fondamentale per una miglior conservazione del pane, più ce n’è all'interno dell'impasto meglio si conserva, mentre la farina di grano tenero ha granuli più sottili e tondi che assorbono l'acqua più velocemente. fine 1° parte


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presenta

GRAN GUSTO La nuova farina tipo 1 con germe di grano e fibra di frumento

“peccato non possiate sentirne il sapore...�

MOLINO COLOMBO


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Luca Mantovani pizzaiolo e istruttore innanzitutto Una passione irrefrenabile: la farina

na storia curiosa quella di Luca Mantovani, dotato di un grande amore per la farina, per gli impasti, per la ricerca nel settore alimentare e della nutrizione e poi la scoperta, a sorpresa, di un problema che avrebbe potuto limitarlo ma che invece gli è stato di stimolo e di nuovo maggior interesse per la sua attività. Andiamo con ordine, dall’inizio. A Luca è sempre piaciuto sin da piccolo avere le mani in pasta. Terminate le scuole dell’obbligo, con non poca fatica, ha fatto un anno di CAPAC, e non lo ha superato. A quel punto ha ricevuto una proposta di collaborazione dal panettiere pasticcere del paese, dove poi di fatto ha lavorato per 8 anni imparando molto del settore, compreso il contatto con i clien-

U

ti, un elemento nella comunicazione e nel rapporto umano che tuttora lo contraddistingue. Nel frattempo ha svolto il servizio di leva obbligatorio, dove h avuto modo di conoscere Rino Francavilla junior, per intenderci uno dei pizzaioli del Ristorante Garden di via Lopez a Milano. Dopo quasi un anno in caserma insieme, Luca e Rino si erano scambiati notizie ed esperienze in questo mondo, e per Luca fu una ulteriore conferma della sua scelta di lavoro. Anzi, da panettiere cominciò a sognare di fare il pizzaiolo e di avere una pizzeria tutta sua. Alla fine del servizio militare, Luca conosce anche il fratello di Rino, Marco, anche lui esperto professionista ed insegnante di pizzeria al Capac di Milano. A quel punto Luca voleva fare altre esperienze nel settore ristorazione, quindi lavorò in un servizio catering per 5 anni passando da apprendista a responsabile, e nel frattempo frequentava un corso di specializzazione pizzaiolo al CAPAC. Dopodiché sono seguite due stagioni estive come pizzaiolo e altri lavoretti, sempre in pizzerie e sempre per fare maggiore esperienza e non trovarsi impreparato negli obbiettivi professionali a cui stava puntando. Nel 1994 decide, insieme alla famiglia, di aprire un’attività e nel mese di aprile 1996 ha inaugurato la Pizzeria “Le Coccinelle”.

Pizza dolce all’amaretto

Ultimo sole

Speciale

• Sulla base di pizza. Bagnare un attimo con amaretto di Saronno, stendere uno strato di crema pasticcera e su questa disporre il mascarpone. Una spolverata di zucchero a velo e via in forno per 1 minuto e mezzo. A fine cottura decorare con amaretti di Saronno e altro zucchero a velo

• Sul disco di pasta disporre una cucchiaiata abbondante di pomodoro, poi mozzarella a cubetti, fiori di zucca, taleggio a dadolini, fettine di pancetta arrotolata, zucchine alla julienne, formaggio grattugiato. Tutto a crudo, infornare e cuocere con particolare attenzione.

• Stendere su disco di pasta della crema funghi porcini tartufati, la mozzarella a dadini, foglie di radicchio e di rucola tritate grossolanamente Spolverare il tutto con formaggio grattugiato. Infornare e cuocere. A fine cottura stendere crema ai 4 formaggi


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19

i

e In quel medesimo periodo Luca lamentava una serie di brutti malesseri e dopo molti esami e ricerche gli veniva diagnosticata la celiachia: la presa di coscienza di questo problema lo ha portato a documentarsi ad oltranza, a provare prodotti realizzati con farine prive di glutine e, giunto ad un buon livello, ha iniziato a produrle anche per i suoi clienti. L’alternativa per Luca era tristissima: cambiare lavoro, era come annullare tutti i suoi sogni, buttare via il grande lavoro di esperienza e di studio che aveva realizzato. Impensabile! Alcuni accorgimenti tecnici come guanti e mascherine monouso lo aiutano nei momenti di crisi sul lavoro. Ma in tutto questo tranbusto professionale ha anche

altre cose nei suoi programmi, da docente teorico pratico di pizzeria pasticceria a consulente di varie aziende alimentari, con delle esperienze anche all’estero, Stati Uniti e Inghilterra, principalmente. Attualmente è uno dei formatori teorico pratico di un ente di formazione professionale milanese, dove insegna cucina e pasticceria (scuola superiore) e per l’A.P.E.S. svolge test di prodotto e segue i corsi di aggiornamento per i professionisti interessati all’inserimento di prodotti per i celiaci nella ristorazione.


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?

LA MOSCA NELLA...

RISTORAZIONE

Ci stanno invadendo i gamberi rossi della Louisiana on cercate questa notizia sui quotidiani nazionali, forse è apparsa su qualche foglio locale. Lo scorso anno il lago di Varese ed i suoi torrenti furono invasi da migliaia e migliaia di questi gamberi di acqua dolce molto apprezzati per la prelibatezza delle carni. Quest’anno hanno invaso Moglia di Sermide (Mantova) e addirittura hanno fatto crollare un argine di un canale a causa del loro attivismo a scavare tane ed hanno aperto una enorme falla, tanto che sono stati necessari sette camion di terra per arginare il danno. Se ne segnalano anche in grande quantità sui torrenti del parmense e in altre località della pianura lombarda. Non si capisce come riescano ad arrivare in località molto distanti tra loro, furono importati in Italia da una azienda di Massarosa vicina al lago di Massaciuccoli e poi sfuggiti al controllo degli allevamenti. Sono voracissimi, mangiano uova di pesci, di anfibi (rane e salamandre), insetti acquatici, distruggono distese di erba e specie vegetali, soprattutto intorno a torrenti e laghi, rischiando di annullare la biodiversità. E’ un segno del cambiamento epocale del nostro ecosistema e nessuno, o pochi, se ne rendono conto: ci trastulliamo con l’euro in caduta libera, i giocatori di calcio che vogliono scioperare e guidatori che falciano vite umane andando in contromano sulle autostrade.

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A cura di

Attilio Scotti attilioscotti@bluewin.ch

Amarcord: carni bovine, oggi ome cambia il consumo e il mercato delle carni bovine: scompare il macellaio tradizionale (oggi diventato banconiere) ed insieme all’ignoranza delle massaie di oggi, dai vari pezzi da cucinare si dipanano anche bufale, tarocchi o imbrogli di ogni genere. Una volta le nostre nonne e mamme avevano una competenza in materia da far impallidire tutti coloro che oggi operano nel settore. Un tempo i macellai erano abilissimi a sporzionare le mezzene (ciascuna delle due parti del bovino macellato che formano la carcassa): oggi nei supermercati le carni arrivano tutte in mini o maxi porzioni, già incelofanate e pronte, si pesa, si paga e via. Le carni sui banchi erano del loro colore originale, oggi le carni in vendita nei banchi dei supermercati sono rosse e vive, esaltate da luci speciali ed effetti ottici. Una volta tra gli utensili di cucina c’era la “schiumarola”, serviva a schiumare (togliere) i residui nella bollitura delle carni (immenso il biancostato di vitello o manzo) e consegnare un brodo chiaro e forte; adesso si bolle tutto e abbiano brodi torbidi e dal sapore strano (da dado). Una volta le osse con il midollo andavano a ruba (il risotto milanese con il midollo era una gioia del gusto). Adesso le svendono, nessuno le compra più. Adesso si comprano solo fettine di vitello, filetti di manzo, carne macinata, roast beef già pronto e cotto. Tutto certamente più veloce ed igienico (salvo mucche pazze o avvelenamenti vari) ma sono finiti per sempre i sapori & saperi che ci consegnavano le nostre nonne e che ci hanno cresciuto. Gusto e sapore che se non assaggi non lo conosci, e non lo ricosci.

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PIZZA

GLOBAL

Curiosità, notizie, pettegolezzi, iniziative, incontri nel mondo e dal mondo della pizza a cura di Monica Gradilone

DEL PROSECCO BRASILIANO NE VOGLIAMO PARLARE?! a denuncia della casa vinicolaBattistella (di cui riportiamo il testo integrale) segue a quella di Loris Zava per la “Strada del Prosecco australiano” “La segnalazione alle autorità dell'esistenza di una “Strada del Prosecco” tarocca in Australia, denunciata da noi della Battistella, comincia a sortire i primi effetti. Siamo soddisfatti di aver innescato questo tamtam, partito da Internet (ringrazio blogger e siti che ci hanno fatto da megafono) e che ha poi contagiato i produttori di spumante di tutto il distretto del Prosecco, scopertisi indignados. Le ultime dichiarazioni di Zava, presidente dell'Associazione Strada del Prosecco, ci trasmettono fiducia, speriamo solo non si tramutino nel solito pannicello caldo incapace di risolvere il problema. Ma del Prosecco Brasiliano ne vogliamo parlare?! Proprio oggi amici in Brasile ci segnalano come stia spopolando nei locali alla moda di Rio de Jeneiro il Prosecco Garibaldi “Made in Brazil”. Scandaloso. Alla faccia della contraffazione alimentare. Da Cortina d'Ampezzo, dove oggi sono presenti a “Una Montagna di Libri” in qualità di partner dell'incontro con Giovanni Sabbatucci, tra i più autorevoli storici italiani contemporanei, gli imprenditori veneti Battistella, produttori Prosecco brasiliano Vino Prosecco doc di vero Prosecco doc, che per “Garibaldi” “Battistella, il Prosecco” primi hanno denunciato sette giorni fa l'esistenza della Strada del Prosecco nella King Valley, in Australia, commentano così quanto dichiarato ieri da Loris Zava, che chiede un intervento legale da parte di Bruxelles, del Mipaaf, della Regione e della Provincia per “bloccare questo vero e proprio plagio in Australia”. Suggeriamo a Zava di collegarsi al sito http://www.vinicolagaribaldi.com.br/pt/produtos/garibaldi-esp mantes/espumante-garibaldi-brut-prosecco/ e gli chiediamo cosa ne pensa del Prosecco Garibaldi “Made in Brazil” e della “Rota dos Espumantes”. Estendiamo l'invito a tutti i policy maker curiosi e volenterosi a darci una risposta - continuano i produttori trevigiani

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Battistella, di Pianzano. Che farebbero i produttori del Chianti se ci fosse una “Strada del Chianti” nel bel mezzo della California? Oppure un Chianti prodotto a Rio Grande do Sul? Siamo stanchi di dover denunciare queste situazioni. Come già abbiamo detto più volte, la concorrenza non ci fa paura; quella sana, anzi, è uno stimolo per farci lavorare bene. Noi siamo una casa spumantistica-boutique specializzata nella produzione di Prosecco doc di alta qualità: produciamo circa 20.000 bottiglie, nel cuore del distretto del Prosecco, destinate a hotel e a ristoranti di alta gamma. Quella che fa paura a Battistella è la concorrenza sleale. Questi sono “pirati della tavola” e basta! Politici, fate qualcosa, subito!” Concludono i vigneron trevigiani in una nota pubblicata anche in www.proseccobattistella.com.

PIZZA CON LA FARINA DI CANNABIS La sperimentazione in un locale di Conversano izze con farina di canapa. Ora si può. Da domani un locale di Conversano sperimenterà questo innovativo e forse troppo poco conosciuto prodotto. Tutto è nato dall’esperienza di una realtà associativa creatasi nello stesso paese, «Progetto CanaPuglia». Nel mese di aprile l’associazione ha inaugurato la propria sede, presentando il progetto nello specifico. L’associazione CanaPuglia nasce con l’intento di incentivare la coltivazione della canapa in Puglia informando i possibili fruitori dell’utilità e delle potenzialità che la coltura della canapa fornisce e ha fornito nel tempo passato. Con la canapa può essere prodotto molto, dai tessuti, ai farmaci. Fino al combustibile, alla carta, all’energia, e appunto agli alimenti. La Cannabis è una pianta a fiore appartiene alla famiglia delle Cannabinacee, ma nel caso in questione ci si trova in presenza della cosiddetta «cannabis sativa», ovvero canapa utile. La farina di canapa deriva da sementi di canapa alimentare ed è indicata per dolci e prodotti da forno in generale, oltre che essere utile per gli altri usi classici della farina. Fonte: Corriere del Mezzogiorno

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le avventure di APESino


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