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2.3 I Solidi Platonici ………………………………………………. pag
from DO i NUMERI tra Arte e Matematica - Tesi di laurea di Tiziana Pavone in Net Art e Culture Digitali
by poianissima
2.3 I SOLIDI PLATONICI Un’altra scoperta nata dalla mente di Pitagora furono i solidi, poi detti platonici, di cui il grande “illuminato” si occupò in tempi successivi. Queste forme geometriche a tre dimensioni esistono in Natura, ma all’epoca erano di difficile osservazione, perché quasi microscopiche essendo cristalli di minerali. La pirite, presente nei territori della Magna Grecia del -VI secolo, può cristallizzarsi assumendo le forme di un esaedro, di un ottaedro e di un dodecaedro irregolare. Anche il cloruro di sodio, anch’esso diffuso in Grecia, si dispone in cristalli cubici, mentre il fluoruro di calcio, si presenta in forma di ottaedri regolari. Sono molti i cristalli che si dispongono seguendo composizioni e varianti dei solidi platonici, a significare che i rispettivi reticoli cristallini presentano spiccate proprietà di simmetria. E’ certo che il ritrovamento di tali forme in natura rafforzò la teoria pitagorica sul significato dei Numeri, ovvero della loro doppia natura di principio universale e di entità fisiche, forme costituenti l’Universo. Il filosofo prestato alla Matematica, Platone, si dedicò allo studio di queste forme perfette, che all’epoca risulteranno essere 5, poi ampliate o scoperte da Euclide, quelle regolari, e da Archimede, quelle irregolari. Platone (-428, -348), associò a queste cinque figure i quattro elementi fondamentali, acqua, aria, fuoco, terra, e la quinta al cosmo intero, facendo loro ricoprire un ruolo importante nella sua filosofia e nella sua idea del mondo. La corretta rappresentazione di ciò che i Greci chiamavano "idee", tradotte in forme, che sono la vera essenza di questo mondo visibile come perfetta geometria: le figure geometriche con i numeri sono origine delle cose, del cielo e del tempo, e Platone nel suo “Timeo”, attraverso i suoi poliedri, presenta la sua idea dell’Universo descrivendo le forme che lo compongono. Alla Terra Platone assegna la forma dell’ Esaedro (cubo), al Fuoco il Tetraedro, all’Aria l’ Ottaedro, all’Acqua l’ Icosaedro, ed all'Universo il Dodecaedro.
Fig.6 Solidi platonici
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Sarà un'idea che percorrerà tutta la filosofia, la scienza e l’arte occidentale, soprattutto da quando, a livello sia microscopico che macroscopico, si scopriranno tante strutture che posseggono la forma dei solidi platonici. In verità può sembrare che l’Arte qui c’entri poco, ma avremo modo di smentire il dubbio, in quanto nei secoli, a partire dal Rinascimento, saranno tantissimi, fino ai nostri giorni, gli artisti che nelle loro opere rappresenteranno le figure armoniche dei poliedri, ed i matematici e gli scienziati saranno al loro fianco per
scoprire ulteriori loro proprietà. Vedremo in seguito gli artisti ed i matematici che vi si sono applicati, mentre riecheggiano i pensieri di Platone espressi nel suo Timeo circa le forme dell’Universo: “Non accorderemo a nessuno che vi siano corpi nell’universo più belli di questi”. E ricordiamo, inoltre, colui che Galileo definì il suo Maestro, Archimede (-287/-212), che tra innumerevoli esclamazioni di “eureka”, determinate dalle sue scoperte circa corpi galleggianti, quadrature del cerchio attraverso “numeri magici” come il 3,14159 2653.., leve, macchine belliche, ottica, geometria, spirali, planetari…, si occupò anche di poliedri irregolari, 13, che lui scoprì e che furono valorizzati come pure forme ricche di simmetrie da tanti artisti a partire dal Rinascimento. «In realtà, quando Archimede racchiuse in una sfera i movimenti della luna, del sole e dei cinque pianeti, fece lo stesso che colui che nel Timeo edificò l'universo, il dio di Platone, e cioè che un'unica rivoluzione regolasse movimenti molto diversi per lentezza e velocità. E se questo non può avvenire nel nostro universo senza la divinità, neanche nella sfera Archimede avrebbe potuto imitare i medesimi movimenti senza un'intelligenza divina.» (7) Quasi contemporaneo di Platone, un grande scultore e bronzista, Lisippo (-390/-306), diede nuovi input all’Arte greca nella transizione alla sua fase ellenistica, con ritratti scultorei di Alessandro Magno, e non solo, che rappresentavano il “grande condottiero” in modo originale e innovativo. La figura umana veniva ora da lui proposta con nuove regole e queste, pur riprendendo il canone di Policleto, apportarono alcune modifiche per cui le sculture assunsero maggior realismo perdendo l’aurea idealizzata del bello. I suoi numeri e le proporzioni non cercavano le forme ideali di esseri umani in avvicinamento agli Dei, ma rispettavano ciò che si vedeva, mentre la bellezza classica si scoprì in pose e sguardi dell'uomo comune. Le proporzioni della testa rispetto al corpo erano leggermente inferiori, il corpo era più snello, variavano anche le pose degli arti, i calcoli e il senso della realizzazione dell'opera stessa. Infatti Lisippo affermava di voler rappresentare gli uomini "come appaiono all'occhio", mutevoli a seconda della luce e della visuale, nel variare continuo della realtà. L'idealizzazione classica venne completamente superata, ma i numeri mantennero la loro importanza nella creazione di queste innovative opere. In una di queste sue “Apoxyomenos” (- 330/-320), una statua bronzea andata perduta, ma ancora visibile in copie in marmo realizzate successivamente, Lisippo riprodusse un atleta. Questi, però, non fu rappresentato in una posa gloriosa, ma in un gesto assolutamente comune a tutti gli atleti, vincitori o sconfitti, mentre si detergono il sudore a fine prestazione con uno strumento utilizzato all’epoca; veniva, quindi, rappresentato il corpo di un uomo normale, alle prese con problemi comuni ai mortali. L’amore tra Arte e Matematica sembrò sfumare a cavallo del nuovo millennio, ma a Roma all’epoca dell’imperatore Giulio Cesare prima e Ottaviano Augusto poi, è di memorabile importanza l’opera di Marco Vitruvio Pollione (-80/-15), il primo e più famoso teorico dell'architettura di tutti i tempi che ci lasciò “De Architectura”. E’ un trattato profuso in 10 volumi scritto in latino che costituisce una delle fonti principali sui metodi costruttivi degli antichi romani e sulla progettazione di strutture, sia grandi (acquedotti, edifici, bagni, porti) che piccole (macchine, strumenti di misurazione, utensili) e il fondamento teorico dell'architettura occidentale dal Rinascimento fino alla fine del XIX sec.. Nel libro terzo dedicato ai templi, Vitruvio, oltre a sostenere che questi dovevano essere regolati dai principi di armonia, ordine e proporzione tra le varie parti della costruzione, descrisse anche le