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5.4 Arte generativa - programmare ad Arte ……………………… pag
from DO i NUMERI tra Arte e Matematica - Tesi di laurea di Tiziana Pavone in Net Art e Culture Digitali
by poianissima
5.4 ARTE GENERATIVA - PROGRAMMARE ad ARTE
“L'arte generativa si riferisce a qualsiasi pratica artistica in cui l'artista crea un processo, come un insieme di regole del linguaggio naturale, un programma per computer, una macchina o un'altra invenzione procedurale, che viene poi messo in moto con un certo grado di autonomia che contribuisce o risulta in un'opera d'arte compiuta”. (26)
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“L'arte generativa descrive una strategia per la pratica artistica, non uno stile o un genere di lavoro. L'artista descrive un sistema basato su regole esterno a se stesso che produce opere d'arte o è esso stesso un'opera d'arte. Sono d'accordo con Philip Galanter sul fatto che il lavoro con qualità generative può essere trovato nella storia dell'arte, ma di solito uso il termine per descrivere il lavoro basato su computer creato dagli anni '60 a oggi. Considero gran parte del lavoro di pittura e scultura astratta svolto negli anni '60 come essenziale per la comprensione dell'arte generativa. Perché il termine arte generativa abbia un significato quando applicato a una data opera, l'aspetto della generatività deve essere dominante nell'opera. Molti progetti artistici basati su computer hanno elementi generativi, ma non riguardano i sistemi generativi come risultato finale.In questi giorni l'arte generativa è tipicamente connessa con le astrazioni basate su software. Penso che la popolarità del termine sia dovuta a un gruppo emergente di artisti e designer più giovani che si interessano al codice come materiale estetico. Questo porta naturalmente a esplorare i modi in cui il codice influenza sia il processo artistico che il risultato finale, inclusa una materialità di algoritmi.“ (27)
Fig. 26 Marius Watz, ElectroPlastique #1, 2005, realizzazione con Processing
Il nuovo mezzo, la macchina che può fare tutto, ha incorporato tutti i software possibili per poter far svolgere all’artista le attività sue tipiche: permette di dipingere con tinte piatte o pennellate pastose, può far eseguire un quadro in stile impressionista o in quello astratto, può far realizzare un progetto architettonico a tre dimensioni. Permette di scolpire da una tastiera e poi trasformare in una forma concreta le azioni compiute su di essa, può collegarci a sensori e far muovere ciò che si è creato solo al passaggio di una mano o di un suono. L’artista può disegnare paesaggi fatati o da orrore, può fare e disfare e rifare, può creare e suscitare emozioni e riflessioni attraverso il suo computer. E’ un artista digitale che utilizza software “confezionati” sempre più performanti per la realizzazione delle sue opere. Ora urge la considerazione che quasi, e sempre più, tutte le attività che svolgiamo nella vita sottostanno ad algoritmi, a programmi creati per compiere le azioni desiderate. Il codice binario domina le nostre vite considerato che tutti gli strumenti digitali che usiamo sono stati pensati e realizzati da programmatori, maestri del codice. L’arte si è da sempre impossessata dei materiali che venivano pian piano scoperti, inventati, creati per compiere il miracolo della trasformazione di una idea in un oggetto emblematico dell’era in cui veniva realizzato. I colori delle tempere, i colori ad olio, gli inchiostri, le pietre più diverse, la plastica, i metalli, il vetro, il cemento, la luce… ed ora il codice, il materiale immateriale predominante nelle nostre vite.
Fig. 27 Tyler Hobbs, Isohedral III, 2017, unique pigment print
Sono tantissimi in ogni parte del globo gli artisti che operano col computer, ma non così tanti quelli che intervengono direttamente sul cuore della macchina, sul suo sangue: il codice binario. Il sangue, come quello umano, è uguale per tutti, deve far funzionare la nostra macchina fisica, il corpo, ma ha caratteristiche diverse da persona a persona. Pensiamo alle diverse combinazioni di tipologia dei gruppi sanguigni e riportiamo tali diversità nelle sequenze di istruzioni in codice binario che dialogano col nostro computer. Sono linguaggi diversi che arrivano puntuali ad assolvere il compito di dar vita alla macchina e farle fare ciò
che desideriamo. E, come una lingua può essere parlata in molti modi diversi, con una varietà di accenti o inflessioni, anche i linguaggi di programmazione possono assumere diverse caratteristiche. Flussi di sangue come flussi di istruzioni dalla struttura diversa, ma dalla stessa capacità di tradursi in codice binario per instaurare un dialogo con la macchina per farla vivere e..generare opere! L’Arte generativa, il cui significato più profondo è da intendersi come la capacità di generare cose ed eventi da stringhe di codice, coinvolge campi quali l'architettura, il design, la musica, la poesia, l’arte visiva e la web-art, e dove si da più importanza al processo di creazione rispetto al risultato finale. Ed il processo consiste della visione di ciò che l’artista, armato di conoscenze di programmazione e di matematica, vuole rappresentare, sintetizzata in un algoritmo per giungere al risultato consegnato dalla macchina. Quindi, le componenti coinvolte nel processo generativo sono: l'artista, che partendo da una sua idea, crea l'algoritmo e ne giudica l'estetica del risultato; l'algoritmo, che codifica le regole per la generazione dell'opera, ed il computer che esegue l'algoritmo trasformandolo in l'opera. Non sempre l’aspettativa corrisponde al risultato poiché esiste un margine di casualità, spesso ricercata dall’artista, quando questi lascia parte del controllo al sistema autonomo che “esegue” l’opera. "L'imprevedibilità è qualcosa di indesiderato nelle pratiche di programmazione tradizionali, motivo per cui i programmatori più esperti che leggono queste parole potrebbero trovare alcune di queste idee sgradevoli. Ma fidati di me: è per il tuo bene. Gli approcci non lineari al familiare possono essere salutari per il cervello”. (28)
Fig. 28 Matt Pearson,Copertina suo libro divulgativo “Generative Art”, artista con Processing e suo promotore
Con l’arte generativa avviene un incontro tra l’ordine della matematica e la complessità del sistema stesso (oscillante da un punto di estremo ordine ad uno di estremo disordine), evidente nel risultato della sua realizzazione, dove questa al finale ne sarà il frutto dalle caratteristiche complesse ed ordinate che portano in sé la matrice tipica della nostra vita: un caos ordinato. Proprio da ciò se ne deduce che l'artista generativo cerca una integrazione tra queste due forze contrapposte proprie della vita contemporanea di ognuno di noi: il palco
naturale da cui si prende ispirazione ed il mondo della logica e della matematica, che usa come strumenti per realizzare l'opera.
"La gioia sta a metà tra la noia e la confusione. Se la monotonia rende difficile la partecipazione, un eccesso di novità sovraccaricherà il sistema e ci farà desistere; non siamo tentati di analizzare il pavimento pazzo; Ordine e complessità sono poli gemelli dello stesso fenomeno. Nessuno può esistere senza l'altro, e il valore estetico è una misura di entrambi. Proprio come l'ordine ha bisogno della complessità per manifestarsi, la complessità ha bisogno dell'ordine per diventare intelligibile" . (29)
L’arte generativa non è solo quella computazionale, intesa come la creazione di un algoritmo, la scrittura di un programma per computer, ma può operare anche attraverso altri sistemi, soprattutto nella musica.L'artista francese Marcel Duchamp compose due brani tra il 1913 ed il 1915 basati su operazioni casuali; un altro grande sperimentatore in campo musicale fu John Cage (1912–1992), compositore di grande fama, che utilizzava tecniche generative nei suoi lavori di “musica aleatoria”; Brian Eno (1948), che fu il primo ad utilizzare il termine di musica generativa per definire le sue composizioni realizzate tramite delay introdotti in sistemi di registrazione audio. L’Arte Generativa per l’arte visiva nasce a metà degli anni ‘60 e si inserisce nel vasto panorama della computer art, che ha come fertile terreno i principi e gli obiettivi che gli artisti hanno perseguito a partire dall’inizio del ‘900: l’attenzione sulle forme geometriche (cubismo analitico, pop art), l’enfasi sulla tecnologia (futurismo, costruttivismo), l’introduzione dell’autonomia e del caso (dada, surrealismo, espressionismo) e l’estetica razionale di Piet Mondrian. Nel 1968 si tenne a LOndra Cybernetic Serendipity, la prima esposizione artistica dove si introdusse l'algoritmo e alcuni dispositivi analogici per generare musica e poesia; la mostra suscitò grande interesse da essere esportata attraversando l’oceano negli anni successivi. A questa mostra partecipò anche l’inglese Desmond Paul Henry (1921–2004) che realizzò, modificando il mirino di una macchina analogica utilizzata nei bombardieri, tre macchine da disegno, “computer analogici” per la creazione delle sue opere.
Fig. 29 Macchina analogica costruita da Desmond Paul Henry Fig. 30 Desmond Paul Henry, #692, Green, blue, red biro on thin card, Hand embellishments, 1962
Da lì in poi furono curate molte mostre di arte generativa con associato, generalmente, un convegno tra artisti e programmatori, allo scopo di comprendere e confrontare le diverse visioni dallo stesso comune denominatore, l’algoritmo. L'intento era anche quello di farsi portavoce di questa nuova, seppur non dichiarata, corrente artistica, di cui Ars Electronica fin dal suo esordio ne fu un forte propellente. In ogni parte del mondo, dal sud-America all'Europa, dagli Stati Uniti all'Australia, l’arte del codice si fa strada ovunque, soprattutto dove gli artisti, utilizzando la libertà di calcolo e la velocità computazionale del computer, ne iniziano a conoscere le potenzialità insieme alle “virtù creative” della matematica. In Italia il termine "Arte Generativa" è stato utilizzato la prima volta nell’ambito del convegno dal nome "Arte Generativa", (30), tenuto a Milano nel 1998 e che tutt’ora si svolge ogni anno per tre giorni in città sempre diverse, con esposizione di opere, dibattiti con la presenza di ricercatori, programmatori ed artisti internazionali, con l’intento di abbinare il lavoro scientifico a quello creativo. Il progetto partì dall’architetto e professore al Politecnico di Milano Celestino Soddu (1945), (31) che non solo fu il promotore dell’importante incontro annuale, ma anche un artista programmatore, realizzando nel 1986 il suo primo software per la creazione di modelli 3D di infinite varianti di tipiche città medievali italiane, con effettiva materializzazione delle creazioni artistiche. Nel 2012 fonda e dirige la rivista culturale Internazionale GASATHJ, Generative Art and Technology hard Journal, (32) con l’intento di discutere di arte generativa nella civiltà digitale.
Fig. 31 Celestino Soddu, FUTURING PAST Venice more Venice than before, 2015, esibizione alla Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia, Generative Art Conference
Come tutte le opere, anche quelle generative, sono figlie del desiderio di espressione, del desiderio creativo, della necessità di raccontare ciò che siamo e che ci circonda. L’artista, necessariamente, deve avere le conoscenze opportune per una completa padronanza nell’uso del mezzo col quale esegue l’opera, spinto dalla sua idea, con l'intenzione di far “volare alto” e di far vedere e pensare cose del proprio tempo e di quello futuro, altrimenti persistenti nell’oblio al fruitore attratto. Considerando che mai l’algoritmo in pasto al computer permetterà che si abbia lo stesso identico risultato, ed in quest’era di riproducibilità ossessiva è un considerevole traguardo di unicità. L’ artista generativo, quindi, usa le forme ed i colori alla stessa maniera di
una artista tradizionale, ma deve trasformare la sua estetica in codice, ciò che gli piace in istruzioni, ciò che lo stimola in numero. Ogni istruzione, ogni numero, determinerà un colore e/o una forma diversa, un supposto o vero movimento, una concessione di libertà o meno al caos determinando il grado di bellezza e di estetica digitale. La combinazione arte, con la quale si intende di possedere un alto grado di intuizione e fantasia, e programmazione che è all’opposto, in quando tutto è strutturato ed ordinato secondo logiche ben precise, sembra creare un attrito indissolubile. Invece, gli artisti generativi, con tutti i distinguo del caso, sono riusciti a trovare una sintesi dai risultati insoliti, imprevedibili, caotici, ma nel suo profondo, nel suo sangue, ordinati per un’estetica coinvolgente e generatrice di altre. La motivazione che ha spinto tanti artisti recentemente a rivolgersi a questo contemporaneo medium è semplice ed ovvia, in quanto è la nostra vita digitalizzata che “ha imposto” agli artisti la nuova tela ed i nuovi pennelli: 0 e 1 a comporre i tanti linguaggi sono i nuovi strumenti per esprimere l’intento dell’artista generativo, gli stessi che dettano e scandiscono la nostra vita immersa nel codice binario. C’è un'altra spiegazione ancora più “naturale”: gli artisti si occupano di codice perché è divertente! Perché sollecita alla creazione, al mettersi in gioco con un immateriale elemento trasformatore.
Fig. 32 Jared Tarbell, Bubble Chamber, 2003, Processing sketch Fig. 33 Jared Tarbell, Happy Place, 2004, Processing Sketch
Ci sono anche coloro che usano questa strategia per la pratica artistica con l’intenzione di esplorare questioni matematiche e scientifiche in un contesto artistico, altri che cercano di trovare altre soluzioni per l’animazione, per il mondo tridimensionale, per i giochi, per le installazioni, per creare strumenti visivi che abbiano lo stesso potenziale espressivo delle loro controparti musicali. Altri che, non possedendo abilità manuali, creano arte generativa pensando al computer come ad un salvatore che gli permette di poter esprimere comunque le proprie idee estetiche. Un’altra fondamentale motivazione riguarda il futuro, quando le nostre vite saranno sempre di più costruite sulla codifica, per cui creare arte generativa è davvero lavorare con
l'essenza di ciò che modella i nostri nuovi mondi digitali, dove l’esplorazione artistica è fondamentale se desideriamo costruire un'esperienza sana e umana nei paesaggi non fisici a venire. Ma non tutti gli artisti sono programmatori e non tutti i programmi sono adattabili per scopi artistici. Ma, molti programmatori hanno virato verso l’arte e son stati capaci di creare programmi, e o adattare software nati per altri scopi, in grado di facilitare l’approccio degli artisti all’arte del e col codice. Nasce la figura del Creative Coder, artista- programmatore, colui che ha permesso di ridurre le distanze tra chi crea gli strumenti e chi li utilizza, tra informatica e Arte. Sono nati così linguaggi di programmazione specifici per le arti visive. Tra tutti ricordo: ActionScript, Processing, Context Free, Structure Synth, NodeBox, Toolbox, vvvv, p5.js. (33), che si differenziano per essere a pagamento o open source, per il linguaggio di base che adottano (java, java.script, python, c++,..) e per le difficoltà proprie specifiche di ogni software originario. Mi occuperò di Processing e P5.js, che sono i linguaggi che ho conosciuto e che da subito mi hanno sorprendentemente meravigliata! Uau!! L’Arte e la logica matematica strette in una abbraccio amoroso creativo! Cosa potevo chiedere di più!
Fig 34 e 35 Jonathan-McCabe, sue opere traendo ispirazione dalla morfogenesi delle strutture biologiche e dall'algoritmo di Turin