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5.3.2 Pionieri …………………………………………… pag
from DO i NUMERI tra Arte e Matematica - Tesi di laurea di Tiziana Pavone in Net Art e Culture Digitali
by poianissima
Stiamo spostandoci in un’altra dimensione, forse ci siamo già, ma la coscienza è ancora piccola per misurarci con essa e giungere ad una sua comprensione ed accettazione. Ai posteri, alla Storia, di questa Storia che non ha inizio e non avrà fine, l’ardua sentenza.
L’Arte non poteva essere esclusa da questa rivoluzione, anzi. Mentre le prime macchine, lente e voluminose, facevano le prime apparizioni nei laboratori scientifici, già c’era chi vedeva oltre, percependo altre possibilità per esse. La pittura già non era più l’unica connessione tra scienza e arte; l’introduzione di nuovi materiali determinati dal progresso industriale, come acciaio, neon, polimeri, ha agito come propellente affinché gli artisti li iniziassero ad usare nei loro lavori. L’arte pressata dalla civiltà delle macchine non poteva certo esimersi dal contemplare e far sua anche la scoperta che rivoluziona tuttora il nostro panorama, così che i bit ed il codice binario entrarono nel mondo dell’Arte a testimonianza di un ennesimo cambiamento da cui trarre ispirazioni per nuovi tesori artistici.
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5.3.2 PIONIERI Mi piace ricordare i pionieri dell’Arte realizzata con le prime macchine e linguaggi. Adoro I pionieri, chi osa, chi vede possibilità in potenza prima che queste siano sensibili ai nostri sensi. Infatti, colui che seppe vedere oltre lo strumento che utilizzava per il suo lavoro di ingegnere, un oscilloscopio, utilizzato per visualizzare l’andamento temporale dei segnali elettrici su un piano cartesiano lineare, è considerato il padre della computer art. Grazie all’apparecchio che utilizzava per la misurazione ed il calcolo, poteva vedere l’invisibile, e impressionato dall’originale bellezza delle forme che gli apparivano, si mise a rincorrere le onde che le generavano. Modificando i parametri dell’oscilloscopio trasse maggior ispirazione ed iniziò a fotografare le onde altrimenti invisibili a chi non fosse stato presente con lui all’apparizione. Selezionò 57 dei 6000 scatti fotografici realizzati alle onde e decise di esporre le fotografie scelte. Era Ben Francis Laposky (1914 – 2000) statunitense, nato matematico passò ad essere anche artista, lavorando con ciò che non si può vedere. Decise di organizzare una esposizione che fu inaugurata nel 1952 presso il Sanford Museum di Cherokee a cui diede il titolo di Oscillons: Electronic Abstractions, che si apriva con quattro foto di onde altamente matematiche : l’onda sinusoidale, l’onda a dente di sega, l’onda quadra e le figure di Lissajous.
Fig. 11 B. F. Laposky, Oscillons: Electronic Abstractions n.1, 1952
Fig. 12 B. F. Laposky, Oscillons Electronic Abstractions n.10 e n.34 , 1952
Sembra impossibile che le immagini di Laposky siano la rappresentazione di un fenomeno fisico ed ancor di più che siano state realizzate 70 anni fa; sembrano piuttosto il risultato di un'elaborazione digitale che all’epoca non era nelle possibilità di nessuno.
Sono arrivato alla “oscillographic art” attraverso un interesse duraturo nell’arte e nel disegno derivante dalla matematica e dalla fisica. Ho lavorato con il disegno geometrico, le curve algebriche e analitiche e così via. L’oscilloscopio mi sembrò il mezzo con cui ottenere nuove forme artistiche non ottenibili con i mezzi precedenti”. (13)
Importante all’epoca il lavoro di un altro matematico-artista anch’egli proveniente dal mondo della ricerca scientifica che si cimenterà anche nella scrittura di romanzi di fantascienza. Sa bene, lui, di esserci già dentro, di viverla ogni giorno immerso nel futuro e lo mostrerà attraverso le sue opere. E’ l’austriaco Herbert W. Franke (1927) che nel 1951 ha la sorte di esser convocato, con piena libertà, a studiare nuove forme di comunicazione visiva per la Siemens. Siamo nel regno dei componenti elettronici di cui Franke avrà libero, totale....e creativo accesso. Armato, quindi, di ogni componente elettronico in grado di titillare la sua conoscenza e creatività, nel 1953, Franke nel 1953 produce la serie Lightforms.
Fig. 13 H.W Franke, Lightforms 1, 1953-55
“La perfezione raggiunta dalla tecnica di produzione di immagini con il computer, in un periodo di soli cinquant’anni sembra incredibile. Dando uno sguardo a più di mille mie foto dal 1956 al presente, si ha l’impressione non solo di un progresso scientifico ma anche e soprattutto artistico. Ora nessuno dovrebbe dimenticare che lo sviluppo di sistemi informatici non è finito, e questo significa che l’arte del computer è un processo permanente di esplorazione in un universo in espansione come quello dell’arte. Pertanto, le attività di computer grafica rimangono una sfida per la creatività, come nei primi decenni, quando sono state realizzate le prime opere d’arte con il computer”. (14)
Tutta la sua vita sarà dedicata alla ricerca sfrenata di mezzi e strumenti atti a spostare sempre un po' più avanti le possibilità offerte dai cervelli elettronici verso nuove possibilità artistiche. All’inizio utilizza gli oscilloscopi per creare immagini, poi realizza che nella programmazione la configurazione diversificata delle variabili (potenzialmente infinite) può portare a risultanze incredibili ed, appunto, infinite, tante quante sono anche le storie fantascientifiche che escono dalla sua testa. Con un collega scrive il programma Oszillogramm, che elabora la sovrapposizione di più oscillazioni elettroniche. Nel 1971 pubblica Computergraphik - Computerkunst (Computer Graphics - Computer Art), dove approfondisce il medium- computer come strumento rispetto alle sue capacità di produrre opere d’arte. Ciò in ambito artistico non passa inosservato e subito nuovi artisti curiosi sposteranno la loro attenzione dallo stupore per il nuovo strumento-medium al suo utilizzo per, adottando il codice, essere in grado di generare forme nuove ed imprevedibili. Soltanto qualche anno fa sarebbe sembrato ridicolo discutere dell’influenza della computer graphics su arte e società. Comunque, anche se le immagini generate al computer sono utilizzate in importanti aree della ricerca scientifica e tecnologica, la loro influenza sulle arti e la società in generale non si è ancora fatta sentire. I pochi che usano il computer come strumento artistico sono considerati degli outsider: sperimentatori liberi che hanno deviato dal rigido sistema scientifico e che non hanno trovato approvazione nei circoli artistici. Una delle cause della mancata approvazione è che gli sperimentatori con il computer sono restii ai frequenti cambi di gusto che prevalgono nell’arte contemporanea. Anzi, sono in una fase primordiale di ricerca di motivi, guidati da aspetti geometrici e matematici. Il fatto che hanno avuto successo nell’aprire ad un immaginario sconosciuto di forme graficamente attrattive è passato inosservato dai critici. (15)
E’ un momento di incredibile creatività nata, cresciuta e maturata in rapporto alle funzioni combinatorie della Matematica, che da nuovi impulsi ad un’Arte che non ha precedenti e che allarga i suoi confini per accogliere il computer come nuovo generatore di immagini ad alto potere innovativo e di sfida creativa in relazione ai progressi tecnologici. Dalle immagini statiche Franke passerà a quelle in movimento, come un palcoscenico rinnovato quale è da intendersi uno schermo dove vengono proiettate le creazioni digitali che fanno da sfondo alle prime performance artistiche. Nel 1978 scrive Kaskade, un programma che trasforma la musica in grafica, e nel 1979 è co-fondatore dell’Ars Electronica di Linz (Austria), il più importante festival europeo
dedicato alle forme d’arte non convenzionali, quali appunto l’arte elettronica, la computer art, la performance e le installazioni multimediali.
“La scoperta della bellezza in campi fuori dall’arte implica un coinvolgimento attivo con concetti e valori estetici, anche se non direttamente nell’atto creativo perché l’obiettivo dell’immagine scientifica è di ottenere informazioni in un particolare campo di indagine. I confini (tra arte e scienza) iniziano a sfumare quando i ricercatori approcciano uno strumento scientifico per il puro piacere nella sperimentazione grafica, e quando, mettendo da parte i fini professionali, manipolano strutture in conformità con le nozioni estetiche”. (16)
Da vero matematico, Franke non è mai satollo, e, seppur anziano, continua a sperimentare le invenzioni in campo digitale (l’uso di nuovi software) affacciandosi alla grafica tridimensionale, e quelle relative alle più avanzate macchine ad uso e consumo nell’industria, quali, ad esempio i robot. L’input è forte e stridente e non è rimasto inascoltato dagli artisti, ed oggi ne vediamo i risultati nell’elaborazione continua di Arte digitale affiancata dagli strumenti stessi capace di generarla.
Fig. 14 Herbert W. Franke, Oszillogramm, 1961-1962
Come detto, nel 1979 Franke è cofondatore dell’Ars Electronica di Linz (Austria), il Festival per l'Arte, la tecnologia e la società, il più importante meeting culturale europeo dedicato alle forme d’arte che utilizzano i media digitali come strumenti artistici e mezzi di espressione quali appunto l’arte elettronica, la computer art, la performance e le installazioni multimediali. Resiste da quattro decenni, profondamente radicato nella città che lo ospita, Linz, e si consacra il fulcro dell’Arte del 3 millennio. Ebbe inizio come manifestazione dedicata alla musica, per poi definirsi negli anni come festival dedicato all’Arte e alle rivoluzioni introdotte dalla scienza e dalla tecnologia: uno sguardo acuto sul mondo in trasformazione attraverso la digitalizzazione e la tecnologia avanzata. Il Festival, dagli esordi fino ad oggi, volge il suo penetrante sguardo sia al futuro che è già nell’Arte, ma anche sugli effetti sociali prodotti dalle continue immissioni sul mercato di novità tecnologiche. E’ uno sguardo importante, rivolto all’Uomo e non alla macchina; alla sua vita che cambia senza una adeguata consapevolezza circa ciò che veramente lo sta investendo. “C'è così tanto che non vediamo ancora, così tanto che è ancora nascosto; nessuno sa davvero dove ci porterà la rivoluzione digitale”. (17)
La prima Ars Electronica iniziò il 18 settembre 1979 a Linz in Austria con 20 artisti e scienziati provenienti da tutto il mondo che si riunirono per discutere della rivoluzione digitale e delle sue possibili conseguenze. Fu un’iniziativa che raccolse pochi “numeri”, ma fu rivoluzionaria, in quanto a chiare lettere gli ideatori manifestarono la necessità di parlare dell’ Uomo e rivolgersi all’Uomo, alla società. Un Nuovo Umanesimo digitale si prefigura negli intenti degli organizzatori.
Fig. 15 Logo del Festival per l'Arte, la tecnologia e la società
“Le nostre attività sono sempre guidate dalla domanda su cosa significano le nuove tecnologie per le nostre vite. Insieme ad artisti, scienziati, sviluppatori, designer, imprenditori e attivisti, facciamo luce sugli sviluppi attuali nella nostra società digitale e speculano sulle loro manifestazioni in futuro. Non ci chiediamo mai cosa può o potrà fare la tecnologia, ma sempre cosa dovrebbe fare per noi. E non cerchiamo di adattarci alla tecnologia, ma vogliamo che lo sviluppo della tecnologia sia orientato verso di noi. Pertanto, la nostra ricerca artistica si concentra sempre su noi stessi, i nostri bisogni, i nostri desideri, i nostri sentimenti. (18)
"Non siamo entusiasti della tecnologia, siamo entusiasti di ciò che possiamo fare con essa".(19)
Il loro obiettivo fu e rimane, di fronte ai continui cambiamenti tecnologici, dover, come un obbligo morale verso il prossimo, impostare la rotta affinché la società digitale rimanga impegnata nei valori fondamentali come la dignità umana, la libertà, la democrazia,
l'uguaglianza, lo Stato di diritto e i diritti umani. Ars Electronica, insieme ad artisti, scienziati, sviluppatori, designer, imprenditori e attivisti di tutto il mondo, mantiene l’originario sogno di contribuire a questo umanesimo digitale. Il mondo matematico ed artistico insieme per contribuire ad una rivoluzione partecipata, non dimentica dei suoi stessi protagonisti, gli Uomini e le Donne. Ogni anno migliaia di artisti, scienziati ed attivisti giungono a Linz per affrontare le questioni fondamentali per e del nostro futuro. Per cinque giorni la città di Linz è invasa da idee rivoluzionarie e grandi visioni, prototipi insoliti, arte ispiratrice e ricerche innovative, performances straordinarie, suoni scioccanti e concerti travolgenti. Una riflessione investe tutti i partecipanti, collegati anche a tante città nel mondo, sulle promesse di una prosperità globale e di una vita autonoma grazie alla digitalizzazione ed alle tecnologie, per giungere alla constatazione che dalla tecnologia delle macchine siamo giunti ad una tecnologia culturale. Dove prima si parlava di gattini e giochi, ora si tratta di battaglie politiche, dove prima c’era la fame, continua questa a resistere se non ad aumentare. Come possiamo affrontare l’impatto, da molto subito, dei veloci cambiamenti recentemente passati e quelli che ci consegnerà il futuro? Come vediamo il quadro sociale che cambia, pur mantenendo inalterate alcuni suoi tragici risvolti? L’obiettivo è definire la realtà e provare a cambiarne la rotta determinata oggi dalla detenzione del potere da parte di forze politiche ed economiche che stravolgono il senso più profondo di questa rivoluzione. E’ necessario trovare aggiustamenti alla “deriva digitale” e ritagliarsi un ruolo decisivo ed incisivo per una riappropriazione collettiva e partecipata, fuori dalle logiche del potere e del mercato. La parola magica è responsabilità ed è valida per tutti, anche per coloro che non sanno nulla di scienza ed Arte e ne subiscono solo gli impatti che ricevono costantemente. A 40 anni, la sfida di Ars Electronica, ancora con più vigore e determinazione, continua e lo fa aprendo le sue porte e discussioni in molteplici ambiti (sociali, culturali, lavorativi, ludici, di impresa,…) in più di 100 località nel mondo, con sempre più partner che hanno inteso estendere le peculiarità del festival anche in altre sedi. E nella rete globale, aprendo e condividendo i suoi spazi come luoghi di idee, ispirazioni, stimoli e modelli di comportamento dettati dai fondamenti che hanno determinato il desiderio, anche bisogno, della nascita del Festival e della sua persistenza, Ars Electronica ribadisce il suo pensiero circa le tecnologie, intese non come uno sviluppo tecnologico, ma come uno sviluppo sociale con la partecipazione per un mondo sostenibile. Ars Electronica rivendica il suo, e di tutti, diritto di chiedere come società di negoziare e applicare costantemente nuove condizioni e regole per il nostro mondo che cambia. Anche quest’anno si terrà il festival, negli stessi giorni della prima edizione, e sarà un lancio di aquilone nel futuro, con le mani ben salde a dirigerlo e a determinare la direzione del volo.
Fig. 16 Logo del Festival per l'Arte, la tecnologia e la società
Un altro pioniere della computer art fu l’americano John Whitney, (1917/1995), che durante la seconda guerra mondiale lavorò presso una fabbrica di aerei, testando strumenti tecnologicamente innovativi. Qui ebbe l’intuizione di comprendere che tali strumenti, oltre a calcolare, potenzialmente, potevano essere utilizzati per tracciare grafici. Alla fine della guerra fu in grado di acquistare alcuni di questi meccanismi di computer analogici, tra i quali il più adatto alla sua futura invenzione si rivelò essere un mirino antiaereo. Iniziò a costruire la sua macchina che chiamerà "macchina dell’armonia”, un computer primordiale in grado di creare effetti visivi in movimento coordinandoli con la musica. Per farlo Whitney stampò su fogli trasparenti forme geometriche simili a quelle che si disegnano con lo spirografo, li mise su basi girevoli posizionate a diverse altezze e filmò il tutto dall’alto. Il colore venne aggiunto in seguito impressionando nuovamente la pellicola con la stampa ottica. Il risultato fu fantastico e gli aprì le porte della pubblicità e del grande cinema. Questo avvenne quando nel 1958 fu chiamato da Alfred Hitchcock per animare la sequenza dei titoli del film “Vertigo”'. Nel 1960 fondò la Motion Graphics Incorporated, che utilizzava il computer analogico meccanico di sua invenzione per creare sequenze di titoli cinematografici e televisivi e spot pubblicitari. L'anno successivo, raccolse gli effetti visivi che aveva perfezionato usando il suo dispositivo, intitolando il disco-catalogo semplicemente Catalog.
Fig. 17 John Whitney, Catalog, screenshot, 1961
Negli anni '70 Whitney abbandonò il suo computer analogico in favore di macchine dai processi digitali più veloci e creò nel 1975 la sua opera più importante digitale “Arabesque” ,
caratterizzata da forme e calligrafia arabe, dove l'artista riesce a bilanciare perfettamente scienza ed estetica e consacra definitivamente il computer come uno strumento legittimo per produrre Arte. Per produrre le sue opere col computer, Whitney sarà sempre affiancato da un programmatore nelle sue lavorazioni, ma sperimentando, riuscì a dar vita ad un suo programma di composizione audiovisiva chiamato Whitney-Reed RDTD (Radius-Differential Theta Differential), che è un software interattivo che lascia vedere all’utente il modo in cui le immagini sono create e che gli permetterà di realizzare il suo sogno: suonare il computer in tempo reale, come un musicista suona uno strumento.
Fig. 18 John-Whitney, frame da Arabesque, 1975
"Io sto usando il computer come se fosse un nuovo genere di pianoforte. Sto usando il computer con la mente per generare azione visiva periodica e rivelare armonici, contro inarmonici, fenomeni. Per creare tensioni e risoluzioni e formare strutture ritmiche di modelli ripetitivi ed in serie. Per creare armonie in movimento che l’occhio percepisca e con cui giochi”.(20)
Con l'obiettivo di raggiungere un’armonia digitale tra la composizione musicale e l’animazione grafica astratta, l'artista, amante della musica, del movimento e delle invenzioni, con la sua macchina prima e il computer più veloce dopo realizzò film sperimentali, film di animazioni rivoluzionari, e, teorizzando un collegamento diretto su basi matematiche fra la serie armonica e le forme in movimento, scrisse un suo saggio in merito, Digital Harmony, pubblicato nel 1980.
Fig. 19 James Whitney, frame da Lapis, 1962/6
Fig. 20 John-Whitney, frame da Arabesque, 1975
Il pionierismo non ha confini, va oltre i limiti che si è posto l’uomo, anche contro quelli naturali, ed importante è il senso che si associa alla spinta in avanti che ogni singolo uomo
riceve, le cui conseguenze avranno ripercussioni nella vita degli Altri. Se il pioniere è un artista la sua motivazione esplorerà il limite più profondo della vita stessa e porterà a riflessioni la cui profondità determinerà un cambiamento a livello oltre che di pensiero anche di sostanza dell’uomo stesso. Un pioniere senza confini che mi piace prendere in esame è Nam June Paik, artista coreano, ma anche americano, nato a Seul nel 1932 e morto a Miami nel 2006. Lui non si è interessato al cuore del codice per dar vita alla sua Arte, alla sua epoca ancora appannaggio di pochissimi addetti ai lavori, ma agli strumenti tecnologici che da metà degli anni ‘50 dell’altro secolo iniziarono ad essere presenti nelle case di sempre più cittadini del mondo, determinando cambiamenti nella società. Nam June Paik assunse pienamente il suo ruolo di artista e con le sue opere volle contribuire con la sua visione critica-creativa a ciò succedeva all’epoca; con la sua Arte portò un messaggio di unione tra le culture occidentale ed orientale, di unione dell’uomo con la Natura, di unione tra vita e Arte, di valorizzazione dell’aspetto spirituale presente in ogni dove e, sua cifra specifica, di confronto coi cambiamenti “imposti” dalle nuove scoperte scientifiche. Queste erano le tematiche proprie del movimento artistico Fluxus (21), al quale, riconoscendosi, aderì diventando uno dei suoi esponenti più significativi. Nam June Paik fu uno spericolato sperimentatore e le sue opere di video art, di cui è ritenuto un pioniere, furono inglobate in altre opere dove l'oggetto televisione occupa la posizione di star dell’opera stessa: oggetto e soggetto. La televisione, la tecnologia che con virulenza stava entrando in ogni casa, incarnava il nascente villaggio globale dove la trasmissione e la diffusione di cultura insieme alla condivisione di informazioni, poteva portare all’auspicata nascita di una coscienza collettiva atta alla riappropriazione del reale. Ma la coscienza, ancor più se globale, prima urge della necessaria e consapevole destrutturazione per poterla quindi ricreare nel rispetto della sua unicità. Perchè, si sa, che oltre all’uso che di ogni cosa si fa, è bene considerare anche la faccia altra dell’oggetto stesso e le facce di chi lo manipola. La televisione poteva liberare ed acculturare le persone, ma anche, attraverso i messaggi e le immagini che propagava, uniformare e spegnere la vitalità creativa di ognuno davanti al suo schermo ipnotizzante. Quindi Nam June Paik interviene direttamente sull’oggetto, la televisione, modificando l’uso comune per assegnargli nuove possibilità espressive. Infatti alla sua prima mostra personale nel 1963, Nam June Paik espone 13 apparecchi televisivi, 13 distorted TV sets, sottoposti ad interventi di magneti, che ne compromettono la funzionalità e restituiscono immagini distorte, come un monito sugli inganni della società tecnologica in divenire, la società dei mass-media, che ci vuole massa informe e uniformata nella conoscenza piatta che promuove e diffonde. Per tutta la vita continuerà a lavorare con il disturbo, creando installazioni costituite da assemblaggi di televisori, da musica elettronica e classica “disturbata”, e dai suoi video. I miti della cultura e della società dell’immagine devono essere svelati, poi cadere, poi decostruiti ed al finale essere ricreati come nuovi o farne a meno a seconda della coscienza che pian piano si acquisisce ed acuisce. Utilizza una tecnologia sofisticata per le sue installazioni, anche di sua invenzione, in cui viene applicato abbondante uso del codice per far generare alle macchine configurazioni visive nuove e giochi cromatici in combinazioni infinite di forme e colori.
In oltre 40 anni di attività artistica non ha mai smesso di realizzare opere geniali, accattivanti, e stimolanti, mettendo in discussione i confini fra arte tecnologia, fra arte e natura, fra arte e musica, tra arte e vita. Nel 1974 crea l’installazione dove la tecnologia e la Natura si uniscono, basandosi sulla certezza orientale che ogni cosa al mondo sia collegata a ciò che la circonda ed il messaggio proposto è di doppia dubbiosa lettura: il paesaggio naturale ha fiori nuovi, luminosi, tecnologici, ci piace? sarà possibile? ; il paesaggio naturale cambia e propone una convivenza da ricercare fra due mondi così diversi, ma uniti dall’ essenza umana che è natura ed al contempo bisogno di ricerca.
Foto 21 Nam June Paik, TV Garden, 1974
Fig. 22 Nam June Paik, Electronic Superhighway, 1995
Nel 1975 omaggia la rete autostradale americana nata negli anni ‘60, che lui ebbe modo di percorrere e rimanerne stupito appena giunto negli Stati Uniti. Capace di collegare popoli e
oceani distanti e diversi, Nam June Paik ne fa la sua interpretazione riproducendola con neon tipici del paesaggio americano, con schermi che mostrano immagini significative dei luoghi e della cultura americana assegnando colori diversi per ogni Stato per richiamare l’identità culturale di ogni popolazione abitante. La comunicazione totale è qui riprodotta, nel rispetto di ogni diversità, in una rete di strade ieri e di informazioni oggi. Pioniere e visonario! Prima dell’avvento della rete come la conosciamo ora, w.w.w., nata il 6 agosto 1991, giorno in cui l'informatico inglese Tim Berners-Lee pubblicò il primo sito web, esisteva per uso militare una rete sperimentale chiamata Advanced Research Projects Agency Network( Arpanet), che collegava e faceva dialogare tra loro computer militari di tipo differente per evitare la concentrazione di informazioni in un unico computer che, se distrutto dai nemici, poteva causare la perdita di tutti i dati oltre che di vite umane. Poi anche le università e gli istituti di ricerca iniziarono ad usare una rete simile per lo scambio di dati scientifici, per quindi comunicare al meglio e quasi in tempo reale i risultati dei loro esperimenti e processi per poter anche essere elaborati da altri. La diffusione dell’idea della condivisione, della interazione e della partecipazione in una rete di utenti, aveva già aperto una breccia nel mondo dell’Arte: progetti artistici attraverso mails atte a creare un racconto insieme tra tutti i partecipanti connessi, danze effettuate in contemporanea dove i partecipanti, seppur a migliaia di km. di distanza, all’unisono “andavano a tempo”, scioccando il concetto di tempo e spazio,... . Con l’avvento del w.w.w. tali pionieristiche sperimentazioni saranno lo stimolo perfetto per dar vita ad un movimento artistico caratterizzato da un approccio radicale e critico nei confronti delle nuove tecnologie e dei loro effetti sulle persone e sulla società. Come Nam June Paik i primi artisti della Net.Art ritengono che il mondo è un organismo e che tutto ciò che vi si trova è collegato e si condiziona vicendevolmente. Il nuovo mondo interconnesso come mai prima, fatto di schermi attraverso i quali passano le idee e la vita delle persone, ora offre nuove sfide di liberazione o di assoggettamento, a seconda, dell’uso che se ne fa. E i net.artisti a partire dai primi anni ‘90, vivranno, lavoreranno, produrranno, esisteranno solo nella rete, almeno nei primi anni di vita, e il loro tema sarà la connessione, l’arte della connessione: “per la prima volta nella storia dell’arte, il mezzo di distribuzione e quello di produzione vengono a coincidere”. (22) Sono giovani e giovanissimi, conoscitori dei segreti delle macchine che manipolano insieme al codice che le fa funzionare: sono programmatori, informatici, artisti rivoluzionari nella miglior tradizione degli Hackers. Il computer nelle loro mani sarà esplorato nei suoi dettagli hardware e software per estenderlo a nuovi utilizzi: subirà decostruzioni, smontaggi e rimontaggi, verrà utilizzato in modi imprevisti ed imprevedibili allo scopo di tenere in vita una cultura digitale alternativa, contro quella dettata ed imposta dalle grandi multinazionali, sempre più aggressive e omologanti, (23) sorda ai messaggi di eticità invece propri della Net.Art. Il computer inteso come lo strumento atto all’interconnessione, il più democratico e partecipativo che mai sia esistito, al solito rischiava di cadere (è caduto?) nelle mani del “potere” per trasformarsi in strumento di controllo e appiattimento dei contenuti, ma i net.artisti riuscirono, almeno per un periodo, a non essere fagocitati, ma a proporre un’Arte collaborativa, immateriale e libera da intermediari istituzionali e commerciali, proprio secondo lo spirito di uno strumento siffatto.
Fig. 23 Etoy, Digital Hijack, 1996
Infatti molti net.artisti lavoreranno in collettivi e saranno gli artefici di azioni oltre che artistiche anche politiche di contro-cultura per una cultura digitale condivisa e partecipata. I pionieri saranno Vuk Ćosić, Alexei Shulgin, Heath Bunting, Jodi.org, Olia Lialina, gli italiani Eva & Franco Mattes col loro sito 0100101110101101.org, il gruppo Etoy, …, i quali attraverso loro siti, browsers, strutture di ipertesto collegate tra loro come magici alberi dagli imprevedibili frutti, alterazioni di software, destrutturazione di messaggi di altri “poderosi” abitanti della rete, come il governo americano o la Santa Sede, azioni di hacktivism (24), la condivisione della loro vita in rete, ed altre pratiche anarco-rivoluzionarie digitali, sperimenteranno un uso alternativo della rete e dei suoi codici che stravolgerà i canoni tradizionali della comunicazione, dell’Arte e della politica.
Fig. 24 010010111010110, Eva e Franco Mattes, Life Sharing, screenshot di un sito clonato di Jodi del 1998, 2000/2003
Una sperimentazione di pratiche artistiche altamente ibride che viaggiava libera tra i codici binari dell’intero sistema globale e che nel 1999 ebbe come un suo manifesto, Introduzione alla net.art (94-99) (25), diffuso dal sito di Alexei Shulgin, che con un’altra artista, Natalie Bookchin, lo scrisse. E’ un promemoria di cosa si deve intendere per Net.Art, i cui punti sostanziali sono: 1. Formazione di comunità di artisti tra nazioni e discipline. 2. Investimento senza interesse materiale. 3. Collaborazione senza considerare l'appropriazione di idee. 4. Privilegiare la comunicazione rispetto alla rappresentazione. 5. Immediatezza. 6. Immaterialità. 7. Temporalità. 8. Azione basata sui processi. 9. Gioco e prestazioni senza preoccupazione o paura delle conseguenze storiche. 10. Il parassitismo come strategia : 10/a. Movimento dal terreno di coltura iniziale della rete; 10/b. Espansione nelle infrastrutture a rete della vita reale. 11. Confini che svaniscono tra privato e pubblico.
Sono parole e concetti che riportano ai valori, secondo me, più alti espressi nei secoli dall’Uomo di ogni tempo, che tanti artisti non hanno mai dimenticato e che con la net.art son stati riportati in auge da artisti che adottano un medium rivoluzionario per le loro opere rivoluzionarie, dove ciò che più conta è la collaborazione, la condivisione, il processo verso un’Arte che è vita!
Fig. 25 Tiziana Pavone, screenshot di una pagina del sito https://poianissima.wordpress.com/ ottenuta con il plug-in Abstract Browsing offerto dall’artista Rafaël Rozendaal attraverso il browser chrome come sua estensione. Abstract Browsing è soprattutto un’opera dell’artista citato che lavora coi codici per ottenere le sue opere coloratissime ed originali con la destrutturazione del codice di ogni sito.