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2.2 I Greci – il numero aureo ……………………………………… pag
from DO i NUMERI tra Arte e Matematica - Tesi di laurea di Tiziana Pavone in Net Art e Culture Digitali
by poianissima
Fig. 2 Cueva de las manos a Tehuelche in Argentina - Pitture rupestri risalenti a -9.300/-13.000 anni fa
2.2 I GRECI – IL NUMERO AUREO Giungiamo più vicini ai nostri giorni, quando l’Arte e la Matematica lavoravano insieme per costruire grandi opere, riconducibili sempre alla Natura, anche ultraterrena. Grazie alle prime civiltà, quella Sumera, Babilonese ed Egizia (per rimanere vicini ai nostri confini), questi popoli sentivano l’urgenza di esprimersi per attraversare i confini del percepibile: l’aldilà e l’infinito. E per farlo hanno costruito prima le Ziqqurat (collina visibile a distanza) e poi le Piramidi per il culto dei morti, utilizzando, come mai prima, la ruota per il trasporto delle pietre che daranno vita alle creazioni dell’uomo più imponenti della Storia antica. Già queste popolazioni facevano calcoli anche complicati per immaginare prima e realizzare dopo le loro strabilianti costruzioni. Gli egizi tra tutte le divinità del loro “Olimpo” contemplavano anche la dea della Matematica, Maat (5), personificazione della verità, della giustizia, dell'armonia e dell'ordine cosmico, in antitesi con il dio Isfet, personificazione del caos.
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Fig. 3 Dea Maat
La necessità di ordine e metodo per la realizzazione delle piramidi è evidente, e veniva espressa attraverso la piuma che la dea Maat portava sul capo, con cui effettuava le misurazioni per ottenere le corrette misure di ogni singola pietra o altro manufatto contenuto nei colossi piramidali. E chi si è fatto carico degli abbellimenti in essi contenuti, tenendo conto che il termine arte non esisteva nemmeno nella lingua dei faraoni? Non esistevano ancora gli artisti come li intendiamo noi, ma vi erano coloro che erano in grado di materializzare, rendere visibili e tangibili i simboli di cui la cultura egizia si era dotata, attraverso dipinti, sculture, fregi, stele e rilievi. Nei secoli, non solo i faraoni continuarono a costruire le loro monumentali tombe, ma anche i privati cittadini egizi facoltosi e poderosi desiderarono averne una loro privata, per la cui realizzazione necessitarono di teste e braccia di uomini che conoscevano sia i misteri della dea Maat che i colori e gli scalpelli del dio ancora senza nome.
Ed in quella che è la culla della nostra civiltà, la Grecia, la mente sublime di Pitagora potè vedere cose che non tutti gli umani erano e sono in grado di vedere, nonostante la loro esistenza, e le ha rese comprensibili attraverso i numeri che stabiliscono le Leggi del mondo. Individuò in un numero, definito poi aureo, ciò che rende sensibile ai nostri sensi la bellezza e l’armonia nelle proporzioni. Uno dei simboli propri della scuola di Pitagora fu il pentagono stellato, un pentagono regolare i cui 5 vertici vengono uniti attraverso 5 diagonali a formare una stella a 5 punte. Ora, andando a misurare il punto in cui un segmento ne incontra un altro, si scopre magicamente che l'intersezione determina il rapporto aureo dei segmento stesso. E quindi di tutti e 5. E si manifesterà la stessa magia all’infinito, quando creando un cerchio all’interno del pentagono e di seguito disegnando un altro pentagono di dimensioni inferiori, le sue diagonali, incontrandosi, genereranno altri rapporti aurei. E’ da questa constatazione che Pitagora comprese l’esistenza di questo numero che riflette la sua realtà in tutto l’Universo. La magnificenza greca è tutta in questo numero che ha del magico: 1,6180339887….. e che dalla scoperta di Pitagora in avanti ha dato conferma dell’esistenza di un rapporto tra macrocosmo e microcosmo, tra Dio e l’uomo, l'universo e la Natura. Un rapporto tra il tutto e la parte, tra la parte più grande e quella più piccola che si ripete all’infinito e si mostra nelle forme più disparate presenti nell’Universo. 1 : x = x : (1-x) x2 = 1 - x x2 + x - 1 = 0 x = (radice quadrata di 5 – 1) / 2 Φ= 1,6180339887… Ma il fatto di non conoscere il magico numero non significa che non si sia “utilizzato” prima della scoperta di Pitagora. Ci sono studi, per esempio, che hanno dimostrato che la piramide di Cheope, realizzata tra il -2600 ed il -2500, quindi oltre 2000 anni prima di Pitagora, unica delle 7 meraviglie del mondo antico rimasta ai nostri giorni, sia stata costruita rispettando le sue proporzioni in base al numero aureo.
Fig. 4 Maschera funeraria di Tutankhamon
Anche Erodoto (-484/- 430), che ci ha riportato tutti i dettagli dell’immane opera, non ne parla nei suoi testi e non la fa citare nemmeno da chi l’ha progettata. Come dire che inconsapevolmente gli Egizi dell’epoca hanno assegnato dimensioni auree alla grande piramide. Secoli dopo, anche la maschera egizia del faraone Tutankhamon (-XIV) avrà
proporzioni auree: in questo caso la maschera è perfettamente inscrivibile in un pentagono e segue le diagonali che formano il pentagramma di Pitagora. Forse la dea Matt ci mise lo zampino mentre si iniziava ad ideare, progettare e realizzare la più affascinante e misteriosa piramide. Magia egizia, magia dei numeri! Ma ancora più esterrefatti si rimase quando si scoprì che in luoghi lontanissimi, in sud America in Bolivia, vi è un tempio chiamato la Porta del sole, risalente a tempi tuttora incerti (circa dal -1500 al 500), che ha tutte le sue parti “divinamente proporzionate”. Certo che in quella epoca nemmeno poteva essere nei sogni di Pitagora la sezione aurea, figuriamoci nella testa di un popolo, quello di Tiahuanaco, destinato a soccombere per mano degli Inca e di cui si son perse quasi tutte le tracce, tranne quella del loro tempio più importante, che racchiude, inconsapevolmente, le Leggi che regolano il mondo nel segno della bellezza e dell’ armonia. Ma questo accade tuttora, compiendo azioni apparentemente senza significato particolare e, a dimostrazione, si può portare un esempio banalissimo e sperimentabile da tutti. Si è in un parco e c’è una panchina vuota dove si decide di sedersi. Dove ci si siede? La scelta che accomuna tutti è di sedersi vicino al centro, un po' spostati verso uno dei due estremi. È un fatto accertato, un atto inconsapevole, naturale, ed anche evidentemente rispettoso di una armonia che ci vincola a nostra insaputa. Come un meccanismo nascosto e sconosciuto che “ci obbliga” a scegliere una certa cosa, una posizione, una misura nel rispetto di un qualche ordine superiore. E se ci si fa almeno una domanda, perché ci si è seduti lì, piuttosto che là?, in nostro soccorso giunge il numero magico che stabilisce che la perfetta armoniosa collocazione per il nostro sedere corrisponde alla nostra scelta. Ora, se misurassimo la panchina scopriremmo che la seduta armoniosa è misurabile attraverso una semplice equazione che da come risultato 1,61803, che è il numero divino legato misteriosamente al concetto di bellezza e perfezione. Possiamo dire che la Sezione Aurea è una costante numerica universale perfetta per tutti gli oggetti ed i sistemi e che consente lo sviluppo degli esseri viventi e dei processi nel modo più efficiente e, sicuramente non casualmente, stabilisce un legame tra armonia e proporzione. Come voler dire che naturalmente l’Universo poggia su regole basate sulla bellezza e sull’armonia e quando l’uomo non le segue è in disequilibrio con l’universo e se stesso. Le scelte che rispettano queste “regole”, che sono al di là dell'umana comprensione, e sono già e per sempre esisteranno, sono belle e fanno stare bene come se riconoscessero di essere una parte del tutto in una giusta proporzione e collocazione. Quando con i numeri si giunge a queste conclusioni, non si capisce dove la matematica ci può condurre, ma sicuramente in un viaggio tra i misteri, che pronti per essere svelati, illuminano e stimolano il rispetto e l’amore verso la Matematica. E a partire da quel momento, il numero e conseguente rapporto aureo, si manifesterà consapevolmente nell’Arte, e diventerà la “matrice” da cui partire per la creazione di sculture e monumenti che nella bellezza delle proporzioni e delle forme evocano il mito di Apollo. I Greci volevano comprendere se il concetto di “bello” fosse condiviso, oggettivo, universale e se si potesse spiegare e calcolare. Raggiunsero le vette artistiche su cui ancora oggi volteggiano le loro opere classiche, facendo sempre più ricorso alla matematica. La formula stabilisce che la relazione e il rapporto tra la parte più piccola e la parte più grande della forma siano uguali alla relazione e al rapporto tra la sua parte più grande e l’insieme. Questi
dati sono validi anche nell’Arte e definiscono con precisione dove collocare ogni singolo elemento in un dipinto e stabiliscono le corrette proporzioni del corpo umano in una scultura, al fine di rendere l’insieme dell’opera armoniosa e gradevole alla vista, e di non sbagliarsi nella ricerca del bello. Ci sono due grandi artisti greci, due scultori e non solo, Policleto (attivo tra il -460 e il -420) e Fidia (-480/-430), che faranno di questa magia matematica la base di ogni loro opera e che avranno in comune l’intento di ricercare l’equilibrio ed il bello ideale. Quasi contemporanei, -V secolo, furono entrambi gli artefici che resero l’Arte greca classica portatrice di nuovi modelli poi ripresi nel Rinascimento ed in ogni altra epoca che abbia avuto necessità di ricollegarsi alla bellezza ideale nelle creazioni artistiche. Nessuna loro opera è rimasta a noi, ma per comprendere la loro sapienza artistica possiamo ammirare loro copie riprodotte nei secolo successivi. Le loro sculture hanno fatto scuola, da seguire con meticolosa applicazione matematica. Policleto scrisse anche un suo trattato sulle proporzioni del corpo umano, “Il Canone” (anch’esso andato perduto), in cui stabilì le regole fondamentali secondo cui la statua deve essere proporzionata nell’insieme e nelle parti ed anche nella distribuzione delle tensioni. Amava infatti soprattutto scolpire figure umane e solitamente giovani atleti erano i suoi modelli, sulle cui figure applicava i suoi canoni che davano nuova vita alle statue finora concepite. Infatti, prima di lui, le opere scultoree riproducenti figure umane, immortalavano queste sempre rigide, frontali, con le gambe chiuse e le braccia lungo il corpo. Lui assegnò ai suoi corpi le proporzioni ideali secondo i calcoli dei suoi canoni, infondendo naturalezza alla posa eretta. Su una gamba poggia il corpo, mentre l’altra è leggermente flessa e posta poco indietro, e le braccia riprendono la posa delle gambe secondo una precisa simmetria. Le sue opere, per esempio il Discoforo e il Doriforo, incarnano l'ideale classico di bellezza realizzando la perfetta applicazione pratica delle sue teorie nella rappresentazione del corpo umano. Le proporzioni delle parti anatomiche furono studiate attentamente attraverso calcoli matematici e stabilirono che la testa dell’uomo deve corrispondere ad un ottavo della sua altezza, ... e di seguito; contemplò anche le pose che devono reggersi su un perfetto gioco di equilibri, soprattutto estetici, ed il volto ad esprimere calma e serenità in armonia con gli ideali della Cultura greca del momento. Policleto, sempre immerso nei calcoli oltre che dalle sue opere, affermò “l’uso di molti numeri porterebbe la scultura alla perfezione” (6) ed il suo canone persistette nei millenni tra numeri a determinare la bellezza. Di Fidia ci rimangono solo delle copie riprodotte più tardi ed i marmi del Partenone, essendo lui l’ideatore, l'esecutore ed il supervisore del massimo monumento greco quando Pericle, a capo della grande Atene, faceva le prime prove di una possibile democrazia. Mentre Policleto arrivò fino al margine dell’astrazione matematica per le sue opere, manifestazione visibile del bello ideale ed assoluto, Fidia vidi la realtà come un divenire più che un essere immutabile, e pertanto nelle sue opere venne espresso decisamente un dinamismo maggiore. La sua Arte celebrò i valori più alti della cultura classica, che oltre alla bellezza ideale contemplava anche i valori più alti in una perfetta coincidenza tra bellezza e virtù morali, tra etica ed estetica. E l’estetica virtuosa, come detto prima, si fonda sul rapporto aureo, che Fidia fedelmente manifestò in ogni singola dettagliata parte di ogni sua opera, sia scultorea che architettonica. Per tutto ciò Fidia, la sua Arte e la sua persona, furono legate indissolubilmente al magico numero, e furono omaggiate nel 1918 dal matematico Mark
Barr che iniziò, con approvazione e seguito dei colleghi, ad introdurre l’uso della lettera iniziale del nome del grande scultore (phi), in greco Φ, per indicare in simbolo matematico la magica sezione.
Φ
Fig. 5 Policleto, Doriforo, copia antica da un originale in bronzo del 450-445 a.C. Marmo, altezza 2,12 m. Napoli, Museo Archeologico nazionale.