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4.1 Rappresentazione della relazione …………………………….. pag

comprendere quanto e come una nuova idea scientifica sia stata capita e divulgata in un particolare momento storico. Leonardo fece studi straordinari elaborando idee altrettanto potenti, ma certo alla sua epoca nessuno o pochissimi ne erano a conoscenza. Fu il suo amico e matematico Luca Pacioli (1447/1517) ad avere più influenza in campo scientifico avendo avuto la capacità di divulgare il suo e l’altrui pensiero. E attraverso la pittura rinascimentale possiamo capire come e quanto le scoperte che si man mano si avvicendavano, cambiavano la vita delle persone e di conseguenza l’Arte. Le opere erano un richiamo costante a ciò che si sapeva in quel momento circa le Leggi matematiche: ogni artista adottava nella realizzazione di un’opera la proporzioni aurea, reiterata all’infinito nella sua persistenza nel mondo naturale, e si dilettava con le regole della prospettiva; ogni artista studiava prima di approcciarsi ad una tela e l’esecuzione era il frutto del sapere acquisito. Ma non tutti gli artisti erano matematici al pari dei grandi Leonardo da Vinci e Piero della Francesca, le cui vite furono interamente dedicate alla matematica ed alla pittura, come la manifestazione evidente del progresso conoscitivo, la testimonianza tangibile che l’Arte e la Matematica hanno viaggiato insieme nella Storia dell’Uomo per dotarlo di conoscenze a verità.

4.1 RAPPRESENTAZIONE DELLA RELAZIONE Non tutti gli artisti furono matematici, ma indistintamente tutti adottarono per i loro quadri la stessa impostazione radicata nei numeri. Alcuni di essi preferirono cogliere nell’oggetto della nuova idea o scoperta il soggetto della loro opera, rappresentando nei loro dipinti le scoperte matematiche e scientifiche che man mano venivano portate alla luce dai Giganti. Gli artisti non si appoggiavano sulle loro spalle, ma inseriti nel contesto storico culturale del loro tempo, di questo volevano rappresentare i cambiamenti sociali e culturali che le innovazioni producevano.

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Fig. 1 Jacopo de' Barbari, “Doppio ritratto”, 1495

Ritornando a Pacioli, è lui il frate-matematico il soggetto del quadro “Doppio ritratto” di Jacopo de' Barbari, (1460/1516), pittore ed incisore veneziano. Questi, nel suo dipinto eseguito nel 1495, mostra al mondo l’artefice della diffusione delle nuove conoscenze in campo matematico-artistico intento a dimostrare un teorema di Euclide. Inoltre nel dipinto sono raffigurati insieme allo studioso di proporzioni e geometria un suo allievo e molti “attrezzi” del suo lavoro: una lavagna, un gessetto, una quadra, un dodecaedro ed un poliedro irregolare, un compasso, una bussola e un trattato dello stesso Pacioli. Tutti questi oggetti matematici erano gli elementi fondamentali ed indispensabili per promuovere e diffondere la rinascita della rinnovata cultura greca che voleva recuperare i valori dell'uomo classico, inteso nella sua integralità di spirito, intelletto e materia. Il Matematico è al lavoro, la conoscenza è in fermento, l’Arte si rinnova e l’uomo anche! E’importante ricordare l’opera che più di ogni altra è lo specchio dei tempi: l’affresco “La Scuola di Atene” da Raffaello (1483/1520), realizzato tra il 1509 e il 1511 in una sala del Vaticano; da considerare, con grande rammarico, che per volontà del committente Papa Giulio II, fu distrutta l’opera precedentemente assegnata ed in parte eseguita da un altro grandissimo, anche matematico, Piero della Francesca. Immersi in una grandiosa architettura di stile classico, espressa con una perfetta prospettiva, sono rappresentati i pensatori, i filosofi e i matematici più celebri dell'antichità, intenti a dialogare tra loro. Come un manifesto della concezione antropocentrica dell'uomo rinascimentale, Raffaello mette in scena l’uomo classico che, attraverso le sue facoltà intellettive, si arricchisce nel tempo delle conoscenze necessarie per ritenersi, secoli dopo, il centro del mondo, almeno quello occidentale, pronto a nuove sfide intellettuali. Le figure umane sono 58 e ad alcune di queste Raffaello fa assumere i connotati di suoi contemporanei, altrettanto all’altezza dei Giganti dell’antichità. Infatti, Platone al centro con Aristotele, ha le sembianze di Leonardo da Vinci che tiene in mano il “Timeo” e sembra ricercare un dialogo col suo interlocutore tra le conoscenze umanistiche e matematiche, ad indicare la complementarità tra la scuola platonica e quella aristotelica, perché la conoscenza non ammette separazione.

Fig. 2 Raffaello, La Scuola di Atene, 1511

Si possono riconoscere Anche Pitagora, Socrate, Euclide, Claudio Tolomeo,.. .

Importante ricordare anche Giuseppe Arcimboldo, (1526/1593), pittore milanese, che abbandona la frutta e le verdure per rappresentare il nuovo uomo fatto di conoscenza e metodo. Il suo dipinto “Bibliotecario” risale al 1566 quando con la diffusione della stampa i libri divennero il pane accessibile a chiunque volesse conoscere il Mondo e le sue Leggi.

Fig. 3 Arcimboldo, Bibliotecario, 1566

L’eliocentrismo aveva fatto la sua entrata stravolgendo la visione che l’uomo aveva di sé nel mondo e prontamente Niccolò Tornioli, (1598/1651), pittore toscano, dipinse nel 1645 “Gli Astronomi” intenti a studiare e guardare il cielo con gli strumenti inventati da Galileo e Copernico, insieme ad altri Giganti a farne buon uso.

Fig. 4 Niccolò Tornioli, Gli Astronomi, 1645

Sempre in riferimento all’astronomia, interessante è la serie delle “Osservazioni Astronomiche” che un illuminato conte bolognese commissionò nel 1711 al pittore Donato Creti, (1671/1749), con l’intenzione di convincere il Papa dell’importanza degli studi astronomici. Il nobile in seguito fece dono alla Santa Chiesa delle opere e raggiunse il suo scopo, in quanto con il sostegno di Papa Clemente XI venne inaugurato poco dopo a Bologna il primo osservatorio astronomico pubblico d'Italia. Sono otto le tele raffiguranti il sistema planetario allora conosciuto, con il Sole, la Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno e una Cometa, insieme agli strumenti per l’osservazione, telescopi e diversi altri strumenti ottici. Un altra importante testimonianza di come l’Arte fosse attenta e partecipasse all’ evoluzioni dettate dalle scienze è il dipinto “Esperimento su un uccello nella pompa pneumatica” risalente al 1768 e compiuto dal pittore inglese Joseph Wright of Derby (1734/1797). La struttura del dipinto fa pensare alle scene storiche e religiose oggetto nel passato recente della stessa forma di rappresentazione. Ma questa volta il soggetto è la scienza, ed il pittore riuscì, come era sua intenzione, a mettere su tela lo spirito della Rivoluzione industriale e le scoperte scientifiche dell’epoca.

Vi sono rappresentati uno scienziato, che assomiglia più ad uno stregone, nel suo ambiente di studio e lavoro, con collocata su un tavolo la pompa pneumatica che aveva lo scopo di dimostrare l’importanza dell’ossigeno per la vita degli esseri viventi.

Fig. 5 Donato Creti, Osservazioni Astronomiche, Giove, 1711

Fig. 6 Joseph Wright of Derb, Esperimento su un uccello nella pompa pneumatica, 1768

Lo scienziato autodidatta Alessandro Volta (1745/1827) aveva il “pallino” dell’elettricità e sosteneva che questa era legata al contatto tra due metalli diversi. Per dimostrarlo, il fisico mise a punto uno strumento che sarebbe poi stata chiamata “pila di Volta”. Alternativamente sovrappose strati di rame a strati di zinco e a strati di panno inzuppato in una soluzione salina, dimostrando poter produrre corrente elettrica regolare e creando così la prima batteria a fornire quantità regolare e costante di elettricità.

Fig. 7 Giuseppe Bertini, Volta espone la pila a Napoleone, 1891

Era il 1800 e Napoleone, estimatore della ricerca scientifica, fu entusiasta della scoperta, tanto che pochi mesi dopo la volle festeggiare invitando Volta a corte affinché ripetesse l’esperimento per assistervi. Il dipinto “Volta espone la Pila a Napoleone” eseguito dal pittore Giuseppe Bertini, (1825/1898), quasi un secolo dopo, nel 1891, rappresenta quell’esatto momento storico, immortalato con pennelli e colori a testimonianza dell’interesse crescente dell’Arte per le scoperte che presto cambieranno anche i suoi fondamenti.

Come non ricordare il sodalizio creativo tra il pioniere della scienza moderna, Galileo Galilei (1564/1642), e la pioniera dell’Arte al femminile italiana, Artemisia Gentileschi (1593/653). La ragazza ribelle nonché pittrice conobbe Galilei, il promulgatore della nuova visione del mondo, quando questi fu in visita a Roma nel 1611 per promuovere il suo pensiero attraverso l’ultimo suo trattato il “ Sidereus Nuncius”. Il Papa lo accolse con tutti gli onori come anche tutti i matematici religiosi in Roma. (Peccato che nel 1633 lo stesso trattato porterà Galilei, per mano della Chiesa, a processo con l’accusa di contraddire le Sacre Scritture ed alla condanna per eresia e a rinnegare il suo pensiero). Galilei visitò anche l’ Accademia dei Lincei e qui incontrò anche il famoso pittore Orazio Gentileschi (1563/1639) e la sua giovane figlia, Artemisia, all’epoca diciottenne. Nel 1613 Galilei entrò a far parte dell’Accademia fiorentina delle Arti del Disegno, presso cui in gioventù aveva studiato, dove incontrò nuovamente la giovane pittrice che intanto si era trasferita a Firenze. Nacque una amicizia fortificata dall’interesse di Artemisia rivolta ai chiaroscuri lunari che Galileo aveva eseguito per illustrare il suo trattato astronomico “Sidereus Nuncius” (fig. 15, Cap.2). Ci furono scambi di consigli sulla tecnica del disegno ed anche, da parte di Galileo, la volontà di consegnare all’artista nozioni di geometria e astronomia. Artemisia entusiasta delle nuove conoscenze acquisite attraverso colui che stava rivoluzionando il mondo, non si limitò al chiaroscuro, ma nelle sue opere successive desiderò esprimere nelle tele tutto ciò che la aveva interessata delle nuove scoperte. Ne sono la prova gli zampilli di sangue che sgorgano dalla gola di Oloferne, che Artemisia eseguì proprio nel 1613, che sembrano seguire le traiettorie dei moti parabolici calcolati da Galileo e le luci presenti nell’opera “Betsabea al bagno” , (data incerta, dal 1640 al 1650), dove Artemisia sembra spostare sulla tela le diverse fasi lunari sui corpi delle figure femminili ritratte. L’amicizia continuò epistolarmente tra i due, entrambi capaci di spalancare l’Universo ad una nuova visione di se stesso, sia nella scienza che nell’Arte, sia nella vita di ogni uomo che in quella di ogni ragazza desiderosa di diventare pittrice. Pionieri che spostano il mondo!

Fig. 8 Artemisia Gentileschi, Betsabea al bagno, tra 1640/1645

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