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4.2.2 Vasilij Kandinskij …………………………………… pag

Melencolia I è certamente una delle opere di Dürer che più è in relazione con i suoi studi matematici ed anche ermetici, a dimostrazione di quanto la vita di Durer per sua volontà fosse intrisa di tutto ciò che era (é) utile all’uomo per la sua evoluzione. Al pari di un artista rinascimentale italiano, avendo come modello il grande Leonardo, Dürer fu, oltre che un ottimo pittore, un formidabile disegnatore e un insuperabile incisore, un artista curioso, in continuo movimento, legato al classico ed alla Natura, ricercatore attraverso queste, delle profonde verità accessibili solo attraverso l’applicazione delle Leggi matematiche. Un rinascimentale del nord Europa, fiero della sua città e contemporaneamente di esser parte di un mondo più vasto legato all’Arte e alla conoscenza delle sue Leggi dettate dai numeri e dalle forme geometriche. Un matematico consegnatosi all’Arte, o un artista in connessione con l’Universo.

4.2.2 VASILIJ KANDINSKIJ Un grandissimo artista che ha fatto della sua Arte l’astrazione più pura, espressione del suo pensiero, meglio dire, della sua anima, fu Vasilij Kandinskij (1866/1944). Moscovita di nascita, studiò Diritto ed iniziò da subito una brillante carriera che lo portò ad ottenere una cattedra universitaria in una provincia del nord della Russia settentrionale. Ma i colori furono la cosa che fin da piccolo lo entusiasmano maggiormente, tanto che quelli vivi delle abitazioni e dei costumi delle popolazioni nordiche furono un’esca formidabile per riportare il giovane Vasilij agli antichi amori giovanili. Un altro fondamentale input gli fu dato dalla sua partecipazione ad una Mostra degli impressionisti tenutasi a Mosca nel 1895, dove dal vivo poté ammirare le opere degli artisti contemporanei parigini. Fu la serie di 25 quadri di Monet, (1840/1926) ,“I covoni”, realizzata tra il 1888 ed il 1891, rappresentante covoni di grano dipinti con piccole pennellate di colore, che variano a seconda dell’ora e del mese della esecuzione, che lo sconvolse, fino alla decisione, nel 1896, di abbandonare la sua promettente carriera di giurista. Kandinskij iniziò a frequentare l’accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera, e da quel momento la sua vita fu solo pittura, colori, geometria e spirito. In un ambiente universitario effervescente teso all’allontanamento dalla tradizione e alla introduzione delle pratiche artistiche tipiche delle avanguardie francesi (impressionismo e neo-espressionismo), Kandinskij ben si introdusse negli ambienti più attenti alle novità e strinse una profonda amicizia col pittore tedesco Franz Marc (1880/1916) col quale nel 1911, dopo aver abbandonato gli studi, fondò il gruppo “Blaue Reiter” (Cavaliere azzurro), il cui nome è preso dal titolo di un’opera in stile impressionista dello stesso Kandinskij realizzata nel 1903. Al gruppo aderirono altri pittori, tra gli altri lo svizzero Paul Klee, (1879/1940), a cui era stata negata la partecipazione ad una mostra svoltasi a Monaco a causa delle loro scelte pittoriche innovative che si rivolgevano alla forza gioiosa dei colori dei Fauves. Gli aderenti al “Blaue Reiter” credevano fermamente che la pittura non fosse un mezzo di rappresentazione ma di conoscenza, non mera visione ma ricerca dell’essenza. Per loro ogni cosa nell’Universo è creata con un involucro, l'apparenza, in cui è racchiuso un nocciolo, l’anima, ed è a questa parte che l’Arte doveva rivolgersi esprimendola. Non a caso il nome ebbe origine dalla passione di Kandinskij per il colore blu, che per lui era quello relativo alla spiritualità, che più è scuro e più risveglia l'umano desiderio per la

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conoscenza e l’eternità. Il gruppo organizzò diverse mostre in Germania ed in Russia dando inizio al successo per ogni singolo aderente. Di importanza vitale per tutta la sua opera fu la conoscenza del compositore austriaco Arnold Schönberg (1874/1951), conosciuto dopo aver assistito ad un suo concerto all’inizio del 1911 ricordato con un dipinto “Impressione III: Concert “, dove sono ancora riconoscibili gli oggetti e i soggetti della scena. Kandinskij rimase profondamente colpito dalla sua musica, tanto da scrivere al musicista manifestando apprezzamento per le composizioni e entusiasmo per la comunanza profonda che egli avvertiva tra le loro diverse modalità di esprimersi per un’Arte che intendeva parlare all’anima.

Fig. 12 V. Kandinskij, Impressione III (concerto), 1911, olio su tela, 77,5 cm × 100 cm, Städtische Galerie im Lenbachhaus, Monaco.

Nel 1912 Kandinskij pubblicò il suo primo saggio “Lo spirituale nell’Arte” dove teorizzò ciò che stava sperimentando attraverso i colori e i pennelli, cioè il rapporto tra la forma ed il colore, alla base di ogni astrazione. Chi approfondisce i segreti tesori interiori della sua arte collabora ammirevolmente a costruire la piramide spirituale che giungerà al cielo. (3)

Nel suo saggio Kandinskij auspica un movimento di artisti ed intellettuali in grado di imprimere una svolta in senso spirituale al mondo, essendo il cambiamento alimentato da un principio di necessità interiore vivo in ciascun Uomo. Scorrendo le riflessioni ed i pensieri di Kandinskij, la nuova epoca di grande spiritualità necessitava del contributo reale di tutti gli artisti di ogni Arte, per imprimere così una accelerazione al processo atto a svelare la bellezza interiore di ognuno, attraverso i colori, le pennellate, le poesie e la musica. Per Kandinskij ciò che ogni artista riporta sulla tela, la sua anima, non ha solo un effetto visivo ma anche uditivo in quanto l’Arte della pittura risveglia nell’intimità soggettiva una impressione che è anche

musicale, generando un rapporto di sinestesia tra le vibrazioni delle note musicali e quelle determinate da ogni colore. Infatti Kandinskij riteneva che un dipinto potesse produrre due distinti effetti sullo spettatore: un “effetto fisico”, basato su sensazioni superficiali determinate dalla retina e un “effetto psichico”, determinato dalla vibrazione dello spirito che il colore stimola quando raggiunge la forza psichica dell’uomo. Secondo la teoria di Kandinskij ad ogni colore è associata una emozione che viene risvegliata alla sua presenza e ad un suono in perfetta sinestesia. Il giallo, colore caldo, vitale e squillante, indica eccitazione ed è associato al suono di una tromba; il rosso è caldo ed avvolgente ed al contempo vitale ed irrequieto, e ben si accosta al giallo; emozionalmente ci accompagna alla consapevolezza interiore e si associa al suono di una tuba; l’azzurro e il blu chiaro, sono colori freddi, come un cielo sgombro da nubi, e stimolano le emozioni di apatia e di indifferenza e si accostano al suono di un flauto; mentre il blu scuro, colore intenso e profondo, vibra al suono di un organo, risvegliando le profondità dell’animo. Ma ci sono tante sfumature di azzurro che vanno al blu che possono portare l’uomo verso la quiete, la riflessione sull’infinito e sullo spirito. Il colore bianco, ottenuto dalla somma di tutti i colori dell’iride, esprime il silenzio dove le emozioni sono sedate e che riprendono energia dipendendo dal colore affiancato. Viene associato alla pausa tra una battuta e l’altra di un’esecuzione musicale, che anticipa altri suoni; il colore nero, indica la mancanza di luce, un non-colore, come la morte delle emozioni e la fine e di un brano musicale. Per Kandinskij, quindi, il colore è una vibrazione che tocca le corde dell’anima attraverso le emozioni e le sensazioni, trasmutate in strumenti musicali capaci di generare una melodia che arriva dritta al cuore di chi lo osserva. Ed anche le forme posseggono una qualità in grado di far suscitare emozioni, pertanto le immagini suggeriscono emozioni specifiche a seconda della combinazione tra colore caldo o freddo e le forme. Possiamo affermare che “Lo spirituale nell’Arte” sarà il punto di partenza per una nuova concezione dell'Arte, in quanto Kandinskij pose le premesse di un’Arte nella quale l’immaginazione dell’artista sarebbe stata sostituita dalla concezione matematica.

L'artista deve cercare di modificare la situazione riconoscendo i doveri che ha verso l'arte e verso se stesso, considerandosi non il padrone, ma il servitore di ideali precisi, grandi e sacri. Deve educarsi e raccogliersi nella sua anima, curandola e arricchendola in modo che essa diventi il manto del suo talento esteriore, e non sia come il guanto perduto di una mano sconosciuta, una vuota e inutile apparenza. L'artista deve avere qualcosa da dire, perché il suo compito non è quello di dominare la forma, ma di adattare la forma al contenuto. (4)

Nel 1913 Kandinskij realizzerà quello che sarà considerata la sua prima opera realmente astratta “Linee Nere” dove il colore e la linea esprimeranno già di per loro tanta autonoma espressività da non ritenere esserci un modello da rappresentare. Infatti l’Astrattismo metterà a fuoco il processo già iniziato dagli Impressionisti ed Espressionisti, di proiettare sulla tela le proprie sensazioni ed emozioni senza alcun riferimento alla realtà circostante. Fu il testo ”Astrazione e Empatia”dello storico dell’Arte Wilhelm Worringer, pubblicato nel 1908, a stimolare Kandinskij verso l'astrazione. L’autore nel saggio dichiarò che per l’Arte del ‘900 non era più da considerare valida la gerarchia dei valori tramandati dal Rinascimento,

in quanto ogni tempo e Cultura riflette la propria Arte. Inoltre riflettè sul fatto che molti artisti contemporanei, pur creando partendo da una immagine della realtà, realizzavano le loro opere assecondando un impulso interiore che sulla tela risultava un segno astratto frutto di un bisogno di spiritualità. Tale necessità umana, secondo Kandinskij, trovava maggiori possibilità di esprimersi nelle società meno materialiste, dove con più facilità si poteva trovare lo spazio e l’apertura necessari per la ricerca di una realtà essenziale nascosta dietro le apparenze di ogni rappresentazione. Ma da lì a breve, la prima guerra mondiale fece irruzione nel mondo, e Kandinskij, dopo aver viaggiato per il nord Europa, tornò a Mosca e fu segnato da una profonda crisi da cui si libererà grazie all’entusiasmo che lo coinvolse per la Rivoluzione Russa (1917) e “per la quale” ebbe un incarico come educatore popolare presso l’Istituto per la Cultura artistica di Mosca. Dopo aver ricevuto critiche per il suo lavoro nel 1921 fece ritorno in Germania per insegnare al Bauhaus dove sognava di poter realizzare i suoi progetti di un mondo nuovo sotto il segno della spiritualità. Fu insegnante di pittura murale sia a Weimar che a Dessau, quando la scuola venne trasferita, ebbe occasione di rinforzare la sua amicizia con Paul Klee, anch’egli docente e pubblicò un suo secondo saggio “Punto e linea e superficie” nel 1926, fondamentale scritto per l’accesso alla comprensione dei simboli e delle forme matematiche nell’Arte.

Fig. 13 V.Kandinskij, Giallo rosso blu, (1925)

Con l’avvento del Nazismo la scuola del Bauhaus fu costretta a chiudere nel 1933 e Vasilij a trasferirsi nei pressi di Parigi (dove morirà nel 1944), mentre 50 dei suoi quadri nel 1937 furono esposti a Monaco alla “Entartete Kunst” (arte degenerata), mostra voluta da Hitler

nel 1937 per annunciare la fine “dell’abbruttimento e dell’annientamento della cultura” del popolo germanico. La Mostra d'Arte degenerata, che di fatto si proponeva di condannare le nuove avanguardie artistiche, in verità fu un volano straordinario per tutta l’Arte astratta perchè permise a oltre tre milioni di persone di conoscere i nuovi pittori che più di altri esprimevano il loro senso di libertà nell'espressione artistica personale. A differenza del suo primo trattato, più mistico che estetico, “Punto e linea e superficie” si presenta come un’opera più fredda e tecnica, con l’intento dichiarato di voler fondare una rigorosa scienza dell’Arte.

Fig. 14 V.Kandinskij, illustrazione per la pagina iniziale di “Punto, linea, superficie”, 1926

Kandinskij analizzò tutti i problemi che un artista deve affrontare che, secondo la sua visione, si sarebbero potuti risolvere matematicamente e tale sarebbe stato il destino dell’Arte futura, affidarsi alla matematizzazione. Così facendo il trattato fu nel medesimo tempo sia di pittura che di geometria. Vasilij nell’esposizione descrisse e commentò ogni singolo suo passaggio allo stesso modo in cui Euclide introdusse, all’inizio degli “Elementi”, gli enti fondamentali della geometria: presentò in forma rigorosa ogni elemento, con la sua descrizione e le specifiche proprietà, individuando anche nuove regole della ricerca compositiva. La base del testo furono le lezioni di Arte che Kandinsky tenne al Bauhaus che vertevano sull’individuazione della natura e delle proprietà degli elementi fondamentali della forma, percui innanzitutto del punto, della linea e della superficie. Pur presentandosi come un trattato di Matematica “Punto, linea, superficie”, in verità è l’espressione più articolata, matura e sorprendente del pensiero di Kandinsky che, abbandonate le macchie di colore, utilizzò le forme primitive per contenere il colore stesso, espressione insieme di un sentimento universale. Lasciata la realtà sensibile per approfondire quella immortale che risiede nelle idee e nelle emozioni di ogni Uomo, Kandinsky tornò al pensiero di Platone, assegnando alle idee ed alle forme il valore assoluto di fonti di verità, utilizzando lo stesso linguaggio della Matematica. Nel testo spiegò questo suo mondo fluttuante fatto di forme regolari colorate (cerchi, triangoli, quadrati), linee, punti su una superficie che assume le sembianze di un cosmo unico e personale, espressione del suo spirito. Introdusse il lettore alla comprensione del fare di un artista che, liberata la propria interiorità con l’aiuto degli elementi necessari per la conoscenza, entra con la sua opera in contatto con l’anima dello spettatore, lasciando che il quadro agisca su di lui allo stesso modo di come è in

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