Arrampicata e disabilità

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ARRAMPICATA

E DISABILITA’ UN MOVIMENTO DI PURO SPORT

di Maria Letizia Grasso e Marco Iacono

Secondo

le stime delle Nazioni Unite e dell’INAIL, il numero delle persone disabili nel mondo è tale che, mettendole insieme, andrebbero a costituire la terza nazione al mondo per numero di abitanti, dopo Cina e India e che ogni anno si verificano in Italia tra 20.000 e 30.000 infortuni sul lavoro. Al secondo posto per cause di invalidità ci sono gli incidenti stradali, seguono poi le disabilità che si manifestano alla nascita e quelle che si sviluppano successivamente a causa di malattie, eventi traumatici domestici, incidenti durante attività ludiche ed infine per casi di aggressioni. L’handicap rappresenta una presenza importante e “ingombrante” sia per l’individuo che ne è affetto, sia per la sua famiglia e impone una delicata costruzione del rapporto con se stessi, con il proprio corpo, con il tempo, lo spazio e soprattutto le relazioni con gli altri. Grande importanza quindi riveste l’attività sportiva nella costruzione o ricostruzione del proprio sche-

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ma corporeo e l’integrazione del soggetto disabile con i “normodotati”. Il primo caso di inserimento di individui disabili in un contesto sportivo risale alla seconda guerra mondiale, presso il centro di unità spinale dello “Stoke Mandeville Hospital” nei pressi di Londra, per iniziativa del neurochirurgo tedesco Sir Ludwig Guttmann. Il dottor Guttmann studiò e realizzò programmi di allenamento per i reduci di guerra disabili, facendo partecipare tutti i pazienti che si presentavano al suo centro. Il 29 luglio 1948 si tennero i primi Giochi di Stoke Mandeville, cui parteciparono atleti disabili ex membri delle Forze Armate britanniche. Grazie all’attività sportiva, che sviluppava la muscolatura di braccia e spalle questi pazienti raggiungevano risultati macroscopicamente superiori rispetto alla normale chinesiterapia. Tale particolare attività riabilitativa destò tale scalpore che l’esempio fu seguito anche all’estero: nel 1952 i Giochi di Stoke Mandeville divennero internazionali. Nel 1960 si svolsero nel contesto delle Olimpiadi di Roma: le gare si svolsero immediatamente dopo la conclusione della 17 Olimpiade e vi presero parte 400 atleti provenienti da 23 Paesi, nel

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1964 fu coniato il nome Paralympics. In Italia il pioniere dello sport come riabilitazione è stato negli anni 50 Antonio Maglio, direttore del Centro Paraplegici dell’Inail. Per quanto riguarda invece la disabilità visiva, le prime attività riconosciute iniziano a Marburg, in Germania dopo il 1946 per iniziativa dell’austriaco Hans Lorenzen ed il tedesco Sepp Reindle. Questi, nell’ambito delle attività finalizzate ad agevolare il reinserimento sociale di veterani videolesi, introdussero un nuovo gioco sportivo praticato con una palla di latta, che diventerà conosciuto come Goalball. Le categorie di atleti con disabilità visiva presero parte per la prima volta ai giochi paralimpici nel 1976. Per quanto riguarda l’arrampicata, o meglio l’“arrampicare”, il primo ad utilizzarla come attività riabilitativa è stato il medico Rudolf Klapp già nel 1920: questi individuò una serie di esercizi consistenti in movimenti di arrampicamento e andature

in quadrupedia per proporli in particolare a bambini affetti da scoliosi. Più recentemente, è stato il fisiatra tedesco dott. Dirk Scharler a partire dagli anni ‘90 che ha proposto un protocollo di riabilitazione utilizzando esercizi su parete di arrampicata, rivolta in particolare a giovani pazienti affetti da scoliosi ed altri dimorfismi e paramorfismi, ma anche come riabilitazione per pazienti colpiti da ictus o cerebrolesioni in seguito ad incidenti. In Italia l’arrampicata è ora riconosciuta tra gli sport riabilitativi presso il Centro di Unità Spinale di Montecatone (BO) ed il Centro protesi Inail di Vigorso (BO). La prima gara di arrampicata sportiva con una categoria “speciale”, sia pure solo promozionale, è stata una gara studentesca svolta nel 2004 a Chioggia (VE). Solo nel 2008, sempre in ambito di Giochi Sportivi Studenteschi, il Para e lo Specialclimb è stato ufficialmente riconosciuto e da allora gli atleti partecipanti hanno disputato fasi provinciali,

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A sinistra, Tiziana Paolini ph Sytse Van Slooten. A destra, Lucia Capovilla ph Sytse Van Slooten. Qui sopra, Mondiali a Parigi nel 2016.

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Tabella categorie

- SPECIALCLIMB (per atleti con disabilità cognitiva- relazionale) - PARACLIMB (per atleti con disabilità motoria e visiva)

regionali e nazionali. Il primo Campionato Italiano di Para e Specialclimb si è disputato a Casalecchio di Reno (BO) il 14 novembre 2010 con una trentina di partecipanti. L’Italia è stato il Paese che ha ospitato il primo Campionato del Mondo Paraclimb inserendo la categoria nel cuore della settimana di gare ad Arco di Trento nel 2011. L’arrampicata privilegia il tatto per “conoscere” le prese e di conseguenza per avere un’idea di come impostare il movimento per arrivare alla presa successiva. Nel 2016 ben 386 atleti provenienti da 53 paesi hanno gareggiato durante i campionati del mondo di arrampicata paraclimbing e speciaclimb a Parigi davanti all’Arena gremita di spettatori emozionati dalle lacrime di gioia, le grida di sforzi e i sorrisi dei migliori atleti del mondo alla conquista del prestigioso podio. A Bologna invece lo scorso 5 marzo durante l’outdoor expo è partito, come ogni anno, il circuito di Coppa Italia Paraclimb e Specialclimb. Sulle pareti del padiglione 25 della fiera di bologna, tante medaglie sono state assegnate per una competizione all’insegna dell’emozione. Tra gli uomini, Matteo Stefani della Four Climbers Bologna si è aggiudicato la categoria B1 superando Gabriele Scorsolini, mentre a Simone Salvagnin

della El Maneton Schio è andata la categoria B2 ai danni di Giulio Cevenini. La categoria AL1+RP1 ha visto vincere Gian Matteo Ramini della P.G.S. Welcome Bologna, che ha avuto la meglio su Lorenzo Major e Antonio Trevisani. Medaglie anche per Yuri Prezzi della Four Climbers Bologna (AL2) e Alessandro Neri della Climband a.s.d. (RP2). In ambito femminile, è Sabrina Marino della P.G.S. Welcome Bologna a vincere la categoria B1 mentre la B3 è andata alla sua compagna di team Martina Pellandra, che ha superato Alessandra Mammi e Serena Sacco. Hanno messo la medaglia al collo, infine, anche Lucia Capovilla della Venezia Verticale (AU2) e Tiziana Paolini della Gruppo Lasco Castelfiorentino (RP3). L’arrampicata si può considerare contemporaneamente sport individuale (ed è possibile quindi porsi obiettivi di prestazione) e sport di squadra: tra gli arrampicatori che si allenano insieme c’è un’alternanza di ruoli: arrampicatore e assicuratore. Questo è uno degli aspetti che spesso “conquistano” gli atleti disabili, spesso considerati come persone che hanno bisogno: nel momento in cui arrampicano hanno “bisogno” del compagno che assicura, ma quando si avvicendano e diventano assicuratori è il compagno ad avere bisogno di loro.

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Le disabilità motorie vengono a loro volta distinte in: NEUROLOGICHE - Rp1, i più gravi - Rp2 - Rp3 - AL1, paraplegici (sitting) AMPUTAZIONI Arto superiore - AU1, amputati sopra il gomito - AU2, amputati sotto il gomito Arto inferiore - AL1, amputati di entrambe le gambe - AL2, amputati di una gamba DISABILITÀ VISIVE - B1, ciechi. - B2, ipovedenti con acuità residua di 1/20 e campo visivo fino al 5% - B3, ipovedenti con acuità residua di 2/20 e campo visivo fino al 20% A sinistra, Coppa Italia 2018 Fiera Bologna ph FASI. A destra e in questa foto, Simone Salvagnin bronzo sul podio dei Mondiali a Parigi.

ph Sytse Van Slooten

L’unica specialità riconosciuta a livello internazionale per le categorie Paraclimb è la Lead, ed è questa quindi che prenderemo in considerazione. Le fasi statiche sono in genere brevi per gli atleti più esperti, che già in fase di ricognizione dal basso, prima ancora di iniziare l’arrampicata, sono già in grado di stabilire il programma motorio più adatto alle loro caratteristiche e a memorizzare la sequenza di movimenti; mentre sono necessariamente più lunghe per gli atleti con disabilità visiva che prima di effettuare ogni passaggio devono sentire ed elaborare il messaggio della propria “guida” (in genere l’allenatore) che comunica con l’atleta mediante un apparecchio ricetrasmittente.

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