Press Italia Regioni 07-08/2007

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n o i i g e R Addio “Big Luciano”

La sua missione fu quella di diffondere la musica tra la gente

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Numero SETTE - OTTO | anno 2007

Supplemento al N. 490 di pressitalia.net Registrazione Tribunale di Perugia n. 33 del 5 maggio 2006

Direttore Editoriale Mauro Piergentili Direttore Responsabile Alberto Cappannelli Progetto Grafico Mauro Piergentili Redazione Giulio Rosi, Paola Pacifici, Gian Giacomo Bei, Maria Annunzia Selvelli, Arturo Fabra, Matteo Scandolin Foto Copertina Filippo Ciappi (Creative Commons) Stampa Centro Servizi “Le Colibrì” Gubbio (PG)

L’EDITORIALE di Giulio Rosi

Il dopovacanze è sempre accompagnato da quello strano malessere fatto di tensione e di ansia indefinita. Secondo alcuni sociologi, che per mestiere devono dire la loro anche se nessuno glielo chiede, si tratta di un normale processo di riadattamento esistenziale alla quotidianità. In altre parole “cavatevela da soli, tanto prima o poi passerà”. Ma la realtà, è un’altra. Da qualche tempo, soprattutto in questi ultimi anni, i signori governanti, con una raffinatezza intellettuale degna di un elefante, ci hanno abituati ad accettare le devastanti stangate messe in atto mentre eravamo lontani, distratti dal clima, , e frastornati dal sole. Al nostro rientro ci accoglie una pioggia di aumenti, che crollano sul nostro bilancio come l’infame Muro di Berlino. La benzina costa di più, colpa del famigerato barile mica delle vergognose imposte governative; le verdure sono diventate pìù preziose dei gioielli, colpa della grandine; il pane si è trasformato in un bene di lusso e le innumerevoli “case del pane” sono diventate luoghi di culto, dove la povera rosetta fa la figura di Cenerentola; i libri scolastici sono diventati più cari della Bibbia illustrata da Borso d’Este, tasse e balzelli dappertutto. Qualche mugugno, alcune proteste, poi la cinghia si stringe e tutto ritorna “normale”. Nel frattempo - e qui vi consiglio di dare una letta al libro di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, intitolato “La Casta” le spese per mantenere la classe politica e le faraoniche architetture istituzionali crescono a dismisura, si restaurano e si affittano interi palazzi nel centro storico, aumenta vertiginosamente la quantità di enti pubblici secondari, pletorici ed inutili, la debordante macchina per la fabbrica dei consensi cresce alla faccia dei contribuenti. Il malessere del dopovacanze? È nausea allo stato puro, signori sociologi. Altro che riadattamento esistenziale!

VOLETE PARTECIPARE A FIERE TEMATICHE ED EVENTI INTERNAZIONALI IN SPAGNA: A MALAGA, TORREMOLINOS, FUENGIROLA E MARBELLA, SULLA COSTA DEL SOL? Assessorati al turismo e alla cultura, gruppi folcloristici e proloco, associazioni di artigiani, produttori alimentari, aziende vinicole, pittori, scultori, agriturismi, bande musicali Chiamate l’Associazione Italiani in Spagna allo +34 670.030.227 eMail: info@italianinspagna.org Web: www.italianinspagna.org


Personaggi “BIG LUCIANO” RICORDATO IN AMERICA LA SUA MISSIONE FU QUELLA DI DIFFONDERE LA MUSICA TRA LA GENTE

Luciano Pavarotti aveva cantato l’ultima volta in pubblico in occasione della cerimonia inaugurale dei giochi Olimpici invernali di Torino, nel febbraio 2006. Così lo ricorda da Houston il giornalista italo-americano Ro Pucci. Il grande tenore italiano era nato a Modena il 12 ottobre 1935, aveva visto la sua carriera proiettata in avanti vertiginosamente nel 1963 per effetto del suo successo al Covent Garden, di Londra. Oltre alle caratteristiche fisiche da gigante era dotato di una dizione impeccabile e da un timbro vocale

caldo ed unico che lo faceva riconoscere subito e che fu senza dubbio uno dei fattori più importanti della sua fama e del suo successo. Nel corso della sua carriera Luciano Pavarotti brillò per le sue interpretazioni dei grandi compositori italiani come Verdi, Bellini, Puccini, Rossini, e Donizetti. Respinse l’idea che la musica colta dovesse essere confinata all’arena angusta dei templi consacrati alla lirica ed il suo vero, grande merito fu, in effetti, quello di diffondere ovunque la musica tra le gente. Per fare ciò,

partecipo a turne’ molto seguite dai media con concerti che erano proposti negli stadi ed in altre strutture non strettamente legate al canto venendo a far parte di quel triunvirato lirico eccezionale che includeva oltre a lui i suoi due colleghi e grandi amici personali Placido Domingo e José Carreras. Pavarotti partecipò senza superbia e senza idee preconcette a concerti con grandi artisti della musica pop come gli U2, Sting ed Elton John e, come conseguenza di questa sua scelta di missionario e di grande divulgatore della lirica fra le masse, si può affermare senza paura d’essere smentiti che divenne forse il tenore italiano più universalmente conosciuto ed ammirato. Nonostante fosse di casa negli Stati Uniti, dove era specialmente caro alla comunità italo americana, “Big Luciano”, com’era chiamato con affetto, rimase fedele al Belpaese ed in modo particolare a Modena, la sua città natale che oggi e’ colpita dalla scomparsa di uno dei suoi figli più devoti e più grandi. George W. Bush, Presidente degli Stati Uniti ammirava specialmente “la perfezione” della sua voce e “il carisma” delle sue interpretazioni. Placido Domingo, stella spagnola dell’opera ed uno dei “Tre Tenori” giovedì ha tributato il suo onore personale alla bellissima voce del cantante estinto affermando: “Ho ammirato sempre la gloria divina della sua voce – il timbro speciale e riconoscibile tra mille, che spaziava dalla totalità più bassa a quella più acuta dell’estensione vocale tipica dei tenori”. Il regista Franco Zeffirelli, giovedì mattina dopo aver appreso l’annuncio della scomparsa del cantante ha dichiarato: “Il suo merito più grande fu quello d’accostarsi alla musica nella sua totalità.”ed ha anche aggiunto, “Ci sono stati dei tenori e c’e’ stato Pavarotti”. ■ Mauro Piergentili TRE | Regioni


Personaggi INCONTRI: L’ATTORE CLAUDIO PACIFICI DAL CARTELLONE

Al termine della via Flaminia, che unisce Roma al mare Adriatico, sorge l’antica città di Fano, da sempre fra le mete preferite dai romani per le loro vacanze estive. Il suo nome originale è “Fanum Fortunae” e in epoca romana era un importante centro sacro. In questa accogliente città, famosa anche per il suo carnevale e per la squisita gastronomia marchigiana, risiede e lavora Claudio Pacifici, uno dei più apprezzati attori contemporanei del teatro fanese, tanto dialettale quanto in lingua italiana. Ed è a Fano che lo incontriamo, emozionato per il successo, al termine di una rappresentazione che lo vede in veste di primo attore. Quando e come nasce il Claudio Pacifici attore? Nel periodo 1972/73. Con tre spettacoli di cabaret che riscossero un enorme successo!Sei mesi di repliche tutte le sere in due cantine-ristoranti.Eravamo in quattro e ci chiamavamo “Luccioli e Lanterni”. Come si chiama oggi la tua compagnia? Attualmente si chiama “La Bugia”, ma prima si chiamava “Fabula” e prima ancora “La Polena”, la compagnia dialettale fanese numero uno per nascita e successi. “La Bugia” funziona ormai da una decina di anni e debbo dirti che francamente ci ha dato molte soddisfazioni. Da chi è composta? Flora Giammarioli ne è la regista. Poi abbiamo Carla Fucci, madre di Flora: ha 74 anni ed è un’attrice bravissima; Paola Magi, attrice e sceneggiatrice ed io. Questa è la base fissa, ma ogni volta ruotano nel cast vari attori, individuati e scelti anche a seconda dei personaggi da interpretare. Questa volta è toccato a Simone Orciari, Daniele Cecconi ed Elisa Pattis, tre validi colleghi ricchi di talento e ben affiatati col resto della compagnia. Paola Magi ed io scriviamo la riduzione dei testi. Fino ad oggi quante rappresentazioni avete totalizzato? Molte, non farmi dire il numero altrimenti mi sento più maturo di quanto non sia, pertanto limitandoci solo alle repliche delle ultime due “pìeRegioni | QUATTRO

DEL TEATRO

FANESE

ces”, di quella attuale - che si intitola “La cena dei cretini” ed è di Francis Veber - ne abbiamo già date otto e dell’ “Anatra all’arancio” a suo tempo ne demmo trentadue. Quale è stata l’opera di maggior successo di pubblico e di critica? Prevediamo che lo sarà senz’altro quest’ultima. In genere si dice sempre così, ma nel mio caso ne sono veramente convinto. Personalmente quale ti piace di più fra quelle già rappresentate? Fino ad oggi con “La Bugia” ho messo in scena solo due opere e fra queste, a livello personale, preferisco senz’altro “L’anatra all’arancia”. Un classico pieno di verve che immancabilmente, specie se ben interpretato come modestamente nel nostro caso, diverte sia pubblico che attori. Di che cosa tratta “La cena dei cretini”? Premetto che si tratta di un pezzo pieno di arguzia e ben articolato. L’argomento è questo: chi trova un cretino più cretino dei cretini se lo porta ad una cena organizzata da alcune amiche per ricevere un premio, ovviamente proporzionato alla cretinaggine dell’invitato. Quel mercoledì però lei si fa male e non è in grado di portare il cretino che aveva previsto per quella cena. Lui comunque le si pianta in casa combinandole guai

“DELLA FORTUNA”

a non finire. Tutto per ingenuità, per la semplice voglia di aiutarla non per cattiveria. Da notare che una delle principali passioni del cretino è quella di costruire i grandi monumenti mondiali, come la Torre Eiffel, utilizzando dei fiammiferi. E di questo, essendo un cretino, parla a sfinimento. Ma d’improvviso la situazione si capovolge e le cose si ribaltano: da vittima che era inizialmente, il cretino si converte in inconsapevole carnefice. A questo punto uno si domanda: “Chi è il vero cretino?”. La morale, anche se implicita ed oggettiva, la lasciamo comunque decidere al pubblico. Tu hai sempre assunto il ruolo di primo attore: una grande responsabilità, ma anche molta soddisfazione.Che significa per te essere primo attore? La risposta è compresa nel ruolo stesso: essere sempre un puntino sopra gli altri. Se non lo sei non puoi essere primo attore. Cosa provi quando si apre il sipario? Un gran “cagone”, anche dopo cento repliche!! E quando si chiude alla fine dello spettacolo? Una enorme soddisfazione, ma anche un senso di svuotamento, come aver riversato sul pubblico i problemi di quel personaggio. E forse anche i tuoi... Da bravo attore ricevi tantissimi applausi, cosa provi in quei momenti?


Personaggi Emozione!!!Tanta emozione. Sei superstizioso? Scrivilo a lettere cubitali: NO Cosa ti rilassa di più prima dello spettacolo? Dieci minuti di vero isolamento, che mi distendono e mi danno la carica necessaria per affrontare il palcoscenico e calarmi completamente nel personaggio. Nel recitare c’è più fatica o più divertimento? È un gran misto, difficile dare una definizione. Ovviamente la componente emozionale è fortissima e la scarica di adrenalina che ne deriva fa superare la inevitabile fatica. Al termine di ogni opera, cosa ti resta del personaggio? Per un pò di giorni continuo a parlare come lui, forse anche a pensare come lui, poi piano piano tutto sfuma....e ritorna normale. Hai mai provato la sensazione che un personaggio da te interpretato in effetti “eri tu”, ma con un nome di un altro? Sí, l’ho provata molti anni fa, recitando “L’Anfitrione” di Plauto. Come si concilia la passione per il teatro con gli impegni di lavoro? Studiando e facendo le prove serali dopo cena. In altri termini, togliendo tempo al riposo vero e proprio. Ma l’hai detto tu, si tratta di una passione e quindi ne vale la pena. Come nasce l’idea di un’opera teatrale nuova o già esistente? Si leggono molti copioni e quello che risulta essere più efficace, che ti stimola di più e nel quale si possono ottenere buoni risultati, anche considerando gli attori che abbiamo a disposizione, ebbene, quello è sicuramente un testo da rappresentare! Ogni nostra decisione ha seguito questo procedimento e i risultati sono sempre stati eccellenti. Attraverso quali fasi avviene la preparazione di uno spettacolo? Si procede per gradi: si comincia con una lettura stando seduti, quindi si effettua uno studio psicologico dei personaggi, necessario per una immedesimazione perfetta con le loro personalità, poi vengono le prove in piedi con copione ed infine le prove definitive senza copione. Quanto tempo intercorre fra le prove e la “prima”? Sui quattro o cinque mesi. Ma questo periodo può variare in relazione alla complessità del testo. Una volta avviato il progetto il tempo vola e

in un “attimo” ci troviamo di fronte al pubblico. Ed è per questo “attimo” che vale la pena di “fare l’attore”. O sarebbe meglio dire “di essere attore”. Come è cambiato nel tempo il modo di recitare? Non penso ci siano grandi differenze con il passato, a parte il fatto che l’insegnamento americano ha cambiato qualcosa, nel senso che è tutto meno recitato e più parlato. In questo senso prevalgono il testo e il dialogo sulla mimica e sulla dinamica recitativa. C’è un desiderio che vorresti realizzare, ma che fin’ora non hai potuto fare? Uno ce n’è di sicuro ed è un testo ancora più impegnativo in italiano di quelli finora interpretati, o magari una rilettura della Divina Commedia in dialetto fanese

Quale sono gli attori e le attrici di teatro che ami di più? Fra le donne sicuramente la Melato, fra gli uomini non so, forse Lavia C’è un attore o un ruolo di cinema o di teatro nel quale ti senti identificato? Kevin Spacey americano vedi American Beauty Qual’è il tuo autore preferito? Tra i classici, sicuramente Pirandello. Fra gli altri avrei diverse preferenze che non ti dico per non fare torto a nessuno. In realtà in ognuno c’è qualcosa di buono. Per concludere, se te lo chiedessero, faresti del cinema? Sì e non ti nascondo che mi piacerebbe molto!!! Per caso... hai già qualche proposta nel cassetto? ■ Giulio Rosi

CINQUE | Regioni


Eventi ABRUZZO: FORTE, GENTILE E SUGGESTIVO ITINERARI CULTURALI, SPIRITUALI ED AMBIENTALI AD USO TURISTICO

L’approccio di carattere culturale, non disgiunto dagli aspetti diversivi nei confronti del patrimonio naturale, architettonico e ambientale, quale elemento trainante di un turismo qualificato con riflessi altamente produttivi per l’economia locale, è una delle forme di incentivazione svolte dall’associazione Abruzzo Live, un sodalizio che ogni anno pianifica un calendario di eventi ed iniziative che attraggono sul territorio abruzzese un numero sempre più elevato di visitatori. Un impegno che merita qualche approfondimento attraverso l’incontro con la sua presidente Nicoletta Polisena. Allora, dottoressa Polisena, che cos’è Abruzzo Live? L’associazione Abruzzo Live si presta quale organizzatrice di percorsi culturali-ambientali unendo esperti nelle diverse tematiche di programmazioni secondo le diverse esigenze e specificità, Incontri-Studio di crescita umana a contatto con la natura. È promotrice delle realtà esistenti nel territorio attraverso le proprie iniziative e attraverso l’omonimo portale www.abruzzolive.com . Le attività sociali hanno l’operatività nella “Biblioteca F. Di Giampaolo” della Regione Abruzzo. L’associazione è stata costituita con lo scopo di promuovere la cultura abruzzese in Italia e all’Estero nelle sue peculiarità e senRegioni | SEI

sibilizzare alla valorizzazione del territorio nei suoi aspetti storici, culturali, ambientali quali: arte, artigianato, enogastronomia, turismo e tutto quanto forma il patrimonio del territorio, promuovendo altresì l’incontro e l’interazione tra le diverse culture. Quali servizi offre? Oltre ad essere guida di itinerari culturali, spirituali e ambientali che l’organizzazione confeziona turisticamente durante l’anno sociale per gli abruzzesi , per le altre regioni e per i Paesi esteri, l’associazione è promotrice di un proprio progetto culturale-ambientale, a cui tiene moltissimo, “Uomo e Natura”, la cui finalità è formare l’essere umano all’interazione con la natura ambientale e propria personale. Il progetto ha esordito nel Convegno internazionale itinerante svoltosi nelle quattro province della regione nel giugno 2006 “Uomo e Natura binomio vincente” (vedasi nel portale “le nostre attività) è progetto universalmente valido e poliedrico e accompagna tutte le iniziative che perseguono un benessere di salute fisica e mentale. La progettazione e la conduzione è a cura della dottoressa Bernadette Ucci, responsabile alla Cultura dell’Associazione Abruzzo Live, giornalista, scrittrice accreditata in Vaticano e impegnata da oltre venti anni nella Formazione Umana. Tale progetto nasce da lunghi e profondi studi sulla rivalorizzazione etico-morale-

spirituale dell’uomo in un eco-psicosistema valido per un percorso di vita qualitativamente salutare in supporto al disagio umano che impera nel tempo odierno. Il percorso formativo o disciplina formativa di “Interattività tra Uomo e Natura” ripercorre la storia dell’uomo e la sua interazione con l’ambiente naturale sin dalle origini e si propone quale strumento cognitivo e rieducativo dei valori basilari della vita umana. L’attuale dissesto ecologico, umano e sociale ci ha proiettati su un piano di emergenza generale. Tutti siamo d’accordo sul fatto che bisogna correre ai ripari. Come? Con un impegno generale sostenuto dalla ricerca e dall’umile e operosa cooperazione. Noi siamo a servizio di tutti coloro che vorranno affiancare alle loro attività la nostra disciplina di formazione umana e ambientale. Esiste attualmente un impegno educativo distribuito tra le famiglie, le scuole, gli altri Enti e Istituzione addetti all’educazione, ma è assente un’attività di formazione umana strutturata nelle varie ramificazioni dei cicli della vita, dalle scuole primarie alle Università Gli incontri si sviluppano con studi formativi diretti a formatori e non, sia nel nostro territorio che in quello internazionale. Inoltre l’associazione accetta inviti anche a livello internazionale per poter meglio diffondere questa attività formativa fondamentale. Avete qualche sostegno da parte di istituzioni ed enti pubblici? In Italia le associazioni vivono per lo più di risorse proprie e private. Le Istituzioni intervengono nelle mega iniziative a carattere sociale - vedasi Green Day - comunque con una partecipazione onerosa limitata. Cosa proponete a chi si avvicina a voi per la prima volta? Turisticamente offriamo un’Abruzzo che esprima una sintesi del patrimonio territoriale. L’itinerario turistico-culturale principe è dalla costa adriatica ai Parchi. Un percorso che oltre alle vedute panoramiche raccoglie e offre le diverse realtà tipiche quali: artigianato, enogastronomia, monumenti storici, musei, luoghi della fede, aziende agricole e paesi natali


Eventi degli illustri personaggi della cultura e dell’arte abruzzese. Per esempio, partendo da Pescara si consiglia l’itinerario della cultura: da D’Annunzio a Ovidio (Sulmona) le radici romane dell’Abruzzo, con soste salutari e ricreative nei luoghi più suggestivi e di maggior richiamo turistico.Ma le proposte sono molte e diversificate. Quali sono le località più richieste? Sono numerosissime. Se vogliamo monitorare i luoghi più visitati, si può partire dai Parchi, oltre che dal noto litorale, dalle zone montuose, meta anche degli sport invernali, fino a quelle suggestive della Valle dell’Orfento nel Parco Nazionale della Macella, al Parco Nazionale d’Abruzzo,Molise e Lazio, al Parco Nazionale Monti della Laga e al Parco Nazionale Sirente Velino; poi eremi famosi fra cui S. Celestino V Papa, santuari rupestri e santuari tradizionali, quali quelli del Volto Santo di Manoppello, visitato di recente da Sua Santità Benedetto XVI, San Camillo De Lellis, San Gabriele dell’Addolorata ai piedi del Gran Sasso d’Italia; e infine ivari Musei archeologici e degli illustri della cultura e dell’arte, quali quelli di Gabriele D’Annunzio, di Cascella e altri ancora. Non mancano interessanti visite alla industrie del confetto , del liquore d’erbe, alle aziende vinicole e della pastorizia. Chi sono i normali fruitori dei vostri servizi? Associazioni su scala nazionale che organizzano gite in Abruzzo, scuole e privati che partecipano alle gite tematiche organizzate dall’associazione e agli incontri studio. Quali sono i pregi di una vacanza in Abruzzo? In Abruzzo, partendo dalla costa, è facile raggiungere con brevi spostamenti le località montane estive e invernali; durante il percorso si incontrano i vari aspetti della tipicità abruzzese che sono contraddistinti come “Oro d’Abruzzo”, assieme alla generosità e alla ospitalità degli abitanti. Quali i prodotti tipici di questa terra? Ce ne sono tanti e basta citarne alcuni più rinomati, anche se tutti gli altri sono da meno: vini, olio, carni insaccate, porchetta camplese dop, arrosticini, formaggi di pecora, mozzarelle, parrozzo D’Amico firmato dal Vate D’Annunzio, pasta De Cecco e Delverde e tanto di più… Sono molti gli stranieri che visitano questa regione? Dalla Costa teramana fino al Chietino, moltissimi turisti provengono da Germania, Inghilterra, Francia, Stati Uniti e Canada. Certamente non visitano solo le

realtà che offre la costa, si addentrano nel territorio ricco di storia e cultura per delle puntatine ai luoghi del ferro battuto dove operano i maestri di Guardiagrele, alle ceramiche dei maestri di Castelli e di Rapino e ai meravigliosi spettacoli che la natura gli offre e li accompagna con panorami emozionanti. Di conseguenza numerosi sono i gemellaggi con i paesi europei e degli altri continenti. Sono molti a scegliere l’Abruzzo per venirci a vivere? L’Abruzzo è in continua evoluzione e l’attrattiva di venirci a vivere è tanta. Oggi anche i paeselli abbandonati per l’emigrazione all’estero, sono tornati a vivere con il turismo, gli eventi folkloristici e gastronomici. Ogni paese promuove la propria caratteristica. C’è da dire che dall’estero molti hanno acquistato case rurali per le proprie vacanze. Si trovano ancora soluzioni abitative a prezzo ragionevole? Se si dà una sbirciatina sui siti delle Agenzie immobiliari, si potrà constatare quanto l’edilizia è in fermento. I prezzi sono buoni e si trovano anche delle ottime occasioni. Come si vive in Abruzzo, rispetto ai continui aumenti del costo della vita? In rapporto agli aumenti del costo della vita, c’è da dire che l’Abruzzo si difende ancora. E’ una regione che riesce ad offrire commercialmente un prodotto genuino alla portata di tutti. Si riesce a vivere e anche a divertirsi senza spendere molto. L’Abruzzo è paragonabile ad un cerchio che racchiude in modo ottimale le realtà per il vivere bene!

Quali sono gli avvenimenti culturali e folcloristici più importanti in Abruzzo? Sono talmente tanti che non possiamo riassumerli tutti in poche righe. A puro titolo di esempio posso citare la Giostra cavalleresca che si tiene a Sulmona; l’ultima domenica di Luglio a Pescara la festa di San Andrea con processione in mare, fuochi d’artificio e sagra del pesce fritto; il 16 Agosto la festa di San Franco a Francavilla al Mare, con fuochi pirotecnici spettacolari per la chiusura dell’estate e tanti ancora. Per avere una visione completa basta vedere gli avvenimenti del folklore sul portale www.abruzzolive.com). Tenga presente che anche nella stagione invernale ci sono tante inziative folkloristiche. Sono ancora utili i gemellaggi ai fini del turismo? Certamente. Lo scambio turistico-culturale nel gemellaggio è importante per allargare e diffondere le rispettive culture, stimolando la partecipazione dei luoghi gemellati agli eventi organizzati nel nostro territorio. E viceversa. In questo senso sono sempre molto utili e interessanti. Fra i gemellaggi effettuati figurano ad esempio Marsiglia e Pescara, Toronto e Pescara, ma tutte le città sono proponibili. Con quale slogan inviterebbe i nostri lettori a visitare l’Abruzzo? Il sorridente Abruzzo ti aspetta fra mari e monti. ■ Paola Pacifici Associazione Abruzzo Live Tel/Fax 085 52632 Cell. 329 1574514 www.abruzzolive.com

SETTE | Regioni


L’inserto

Grandi speranze «YOU OUGHTA KNOW», DODICI ANNI DOPO

Nel 1995 usciva JAGGED LITTLE PILL, successo internazionale e duraturo di Alanis Morissette. La ventenne canadese si fece allora una fama di cantantessa (per usare la parola coniata da Carmen Consoli) incazzata, col mondo intero prima ancora che con qualcuno in particolare. Ascolti JAGGED LITTLE PILL e Regioni | OTTO

l’unica cosa che puoi dire è: cristo, questa è davvero incazzata! La ragazza si era trasferita da poco a Los Angeles, dopo una gavetta in patria che le aveva valso qualche promettente premio come miglior voce esordiente e miglior album dance (per il suo ALANIS, pubblicato a diciassette anni). Spolpò la grande metropoli in

RUBRICA LETTERARIA di Matteo Scandolin http://www.grandisperanze.net

ogni modo, contattando tanti compositori e suonando con quanta più gente le fosse possibile, finché un giorno non incontrò Glen Ballard. Poco tempo dopo pubblicò il disco e fece il botto con You Oughta Know, una canzone incazzata dura (ma va?). In questo brano, il mito della canadese pronta a prendere a pugni in faccia chiunque (metaforicamente parlando) è letterale. You Oughta Know divenne famosa come pezzo d’abbandono, in cui una lei alquanto risentita sputa addosso all’ex un paio di sassolini che le erano rimasti nella scarpa. JAGGED LITTLE PILL è sapientemente miscelato, trovi canzoni più intimiste (come Hands In My Pocket o You Learn) e pezzi più problematici (come appunto You Oughta Know o All I Really Want), che risparmiano ben poco all’ascoltatore. E in quattro minuti di canzone ecco il romanzo di tutta una storia d’amore: una storia d’amore, appunto, finita. Romanzo che esplode catartico nel ritornello: «Sono qui per ricordarti del casino che hai lasciato quando te ne sei andato | Non è bello che ti dimentichi di avermi lasciato qui con una croce sulle spalle da portare». Ché a parlare di abbandoni, di storie che finiscono, di storie che non sono più storie, be’ sono capaci tutti. La bravura è farlo in maniera originale, e che sia vero. «Pensi mai a me mentre la scopi?» è quanto di più vero si possa trovare in una persona incazzata per la fine di una storia d’amore. Le responsabilità, le negazioni, le aspettative frantumate: quattro minuti e nove secondi di canzone, eppure c’è tutto. Questo cantava Alanis Morissette. Dodici anni dopo, guardati attorno: la sincerità, l’onestà sono merce ancora più rari, rincoglioniti come siamo. Avremmo di nuovo bisogno di una You Oughta Know, di qualcuno che c’inchiodi alle nostre responsabilità mostrandoci (gridandoci) la croce che gli abbiamo lasciato sulle spalle.


L’inserto

LUCIDA FOLLIA DEGLI OSSIMORI Ah, gli ossimori. Accostare due parole che c’entran poco o niente tra loro, spremere fino in fondo quel che si ha e tirar fuori qualcosa che prima non c’era. A quello che ha scoperto “dolceamaro” dev’esser venuto un infarto: per la novità, la scoperta, mica per altro. Oh sì, forse anche per aver sfiorato la definizione della vita. Quello di cui ti voglio parlare è un ossimoro. Si chiama inutile, e non lo è. Pretende di volare basso, con quel nome da “maddài, non starai guardando proprio me?”, e invece ha così tante cose da dire, talmente tanti cassetti da aprire che, oh, c’è una voglia matta di scardinarli tutti assieme e subito, questi cassetti. Meglio dirlo subito: in inutile c’entro anch’io. Peggio: comando la baracca. Oddìo, diciamo: faccio finta. Meglio, sì. Perché qui la gente è grande abbastanza da non farsi comandare.

Così han deciso che andavo bene come “responsabile editoriale” (l’abbiam chiamato così, ‘sto ruolo). Sarà che son grosso, mah. Ho le spalle larghe: così se c’è da prender botte mandano avanti me. Sì, sarà quello. Ah, gli ossimori, si diceva. Allora: inutile (ch’è l’opuscolo letterario di cui ti voglio parlare) è un ossimoro. Prima c’era niente: e poi inutile. Ch’è un po’ come dire Omero con Ulisse. Dio con la Bibbia. Shakespeare con Amleto. Come dire, la redazione di inutile con inutile. Prima c’erano otto persone: poi c’è inutile. All’inizio non eravamo neanche in otto. Be’, all’inizio non c’era neanche inutile. Questa è la magia dell’ossimoro: pum!, è venuto dopo. Ché abbiam pensato, accipicchia diavoletto, magari siamo buoni anche di fare una rivista. Siamo buoni di leggere. Siamo buoni di suonare. Di metter due parole in croce. Uno di

noi è buono anche di far nascere i bambini!, una rivista verrà fuori no, porcomondo? Volevamo farla d’ostetricia, poi quello che lo fa per mestiere ha detto “fatemi svagare guagliò, mica posso lavorare tutto il giorno!”, e allora abbiamo ripiegato sulla rivista letteraria. Sì, rivista, ma se facciamo solo 4 paginette!, e allora chiamalo opuscolo e che nessuno più rompa. Eh. Opuscolo letterario. Bon, andata. Sappilo però: inutile doveva essere una rivista d’ostetricia. Ma magari qualcosa è rimasto: se nei nostri pezzi trovi un’idea, prendila e falla tua. Falla crescere. E falla nascere, al di fuori della televisione-mondo, lontano dal libro-psicologia-da-sgabuzzino (ché da salotto sarebbe troppo). Facci sapere che nipoti abbiamo. Fai nascere quest’idea e vanne orgoglioso, perché Thoreau dice che molti uomini vivono vite di quieta disperazione, e un’idea è già un investimento sul futuro, allora. Basta avere le spalle larghe, e un po’ di voglia, e un po’ di speranza da perdere, per qualche idea in più nel mondo. Oh, detta così sembra importante: e invece è solo inutile.

iCON: STEVE JOBS di Jeffrey Young e William Simon (2007) Wiley, 360 pagine, £ 9.99. Arrivi alla fine di questa edizione e vorresti leggere di più sull’oggetto tecnologico che pare destinato a rivoluzionare il mercato dei cellulari (oltre che il futuro di Apple). Ma dell’iPhone nessuna traccia, in questa biografia aggiornata agli ultimi mesi del 2006, così come non c’è traccia della decisione di mettere su iTunes il catalogo Emi senza DRM: peccato, sarebbe stato interessante leggere i dietro le quinte di simili avvenimenti. Ma per il resto il libro ti illustra in molti dettagli numerosi avvenimenti accaduti nella Silicon Valley dai primi anni ‘70 ad oggi. Il sottotitolo di questo volume è The Greatest Second Act In The History Of Business. Pare che il diretto interessato non abbia gradito molto, ed effettivamente i due autori non risparmiano di riportare, con tono distaccato e scientifico, alcuni brutti tiri giocati dall’iCeo a concorrenti, ma anche ad amici. Nelle sue 300 e più pagine ti portano nelle stanze dove furono immaginati e creati i primi esemplari della Apple, ti mostra come fu costruita l’azienda, e descrivono senza mezzi termini Jobs come un ragazzino viziato, arrogante, presuntuoso e collerico: però un uomo che è stato capace di sopravvivere al quasi annientamento di due sogni, e al quale riconoscono l’onore e i meriti di aver fondato due società d’informatica d’alto livello, Apple e NeXT, di aver comprato una futura miniera d’idee, innovazione (e oro), Pixar, nonché di aver condotto la sua prima creatura fuori da un impasse piuttosto grave. La cosa più bella è che il libro si fa leggere come un romanzo, scritto bene e a ritmo serrato: persino le pallosissime beghe della Disney riescono a scorrer via bene. Complimenti vivissimi agli autori. ALLA GRANDE di Cristiano Cavina (2003) MarcosYMarcos, 207 pagine, €. 13,00. Alla grande davvero, questo romanzo d’esordio di Cavina. Classe ‘74, nato in provincia di Ravenna (dove ambienta il libro), ha una fantasia viva e scoppiettante, e uno stile sciolto, libero e informale. E ti credo: il romanzo ha per protagonista Bla, un bambino capace d’inventarsene una più del diavolo, nel tentativo (assieme ad alcuni amici) di costruire un sommergibile. Un sommergibile! A Casola Valsenio! Prendi Cavlin & Hobbes, togli la tigre e mettici una bicicletta, sbattili nella bassa padana e aggiungici uno zio espatriato per scappare alla legge, una madre che fa i miracoli per arrivare alla fine del mese, dei nonni da manuale e un padre Disoccupato (nonché mai conosciuto), e poi amici dagli impossibili nomignoli, nemici da evitare o da combattere, solitamente ragazzi più grandi del paese, mescola bene e aggiungici uno stile frizzante e lieve. Stile frizzante e lieve però capace di spaccare il cuore quando parla dell’affetto di Bla per la madre, dolcissima, che per campare stira per mezzo paese e deve pagare i danni delle avventure del figlio, mentre tiene a bada i nonni e cerca di non pensare al fratello fuggiasco. E la bassa: l’ultima volta che, personalmente, l’avevo sentita così viva era stato con Guareschi. Un libro “giovane” nella scrittura, nei protagonisti e nell’età dell’autore, che però merita più di molti classici. Assolutamente.

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GENIALE

SCRITTORE

inevitabili descrizioni retrospettive, necessarie per attualizzare il presente storico, oppure di carattere squisitamente culturale. Nonostante le vistose escursioni cronologiche e l’intreccio di situazioni volutamente contrastanti - che l’autore propone ripetutamente per realizzare una trama ambigua, ma intessuta su un ordìto di misteriose certezze - un impercettibile filo conduttore, stimolando di continuo la curiosità di chi legge, riconduce puntualmente tutte le vicende nell’alveo di un’agilità narrativa che, anche quando la struttura del romanzo tende a complicarsi, interviene, giustifica, spiega, chiarisce, riaggancia l’attenzione ed elimina ogni eventuale rischio di cadute di tono. Più che riassumere ed anticipare gli Se è vero che molti autori, per puro argomenti, come avviene spesso nelle spirito di compiacimento nei confronti prefazioni, questa nota ha lo scopo di del lettore, o per arricchire dei conte- fornire una nuova chiave di lettura, in nuti aridi e favorire gli aspetti com- grado di ottimizzare l’assorbimento merciali, si servono abbondantemente delle innumerevoli sfumature che cadella fantasia per rendere credibili del- ratterizzano lo stile letterario di Pierle realtà altrimenti inconciliabili con il carlo Maria Savini. Si vuole, quindi, raziocinio, nel libro di Savini, attraver- lasciare al lettore il gusto e la soddiso una coraggiosa e alquanto originale sfazione di scoprire, studiare e fare propri i lati più inversione dei suggestivi di vecchi meccaniun intreccio di smi narrativi, le Gli avvenimenti inspiegabili accavicende indubdue dimensioni dono realmente, perché le cose avvenbiamente inso- quella della gono indipendentemente da ogni umalite, che se viste fantasia e quelna volontà. Esiste sempre una precisa con il semplice la della realtà, ragione, perché essi si manifestano. aiuto del ragio- vengono abilNiente capita per caso, né esistono le namento, oltremente alternate, coincidenze. Tutti gli eventi, apparenpassano i fragisvincolandosi temente slegati tra loro, sono uniti da li confini della da qualsiasi riun unico filo conduttore. I personaggi concretezza e ferimento ricoe i fatti di questo libro, puramente imsi perdono nei noscibile e danmaginari, sono legati da quel filo. meandri deldo luogo ad una l’inconscio rennuova forma di espressione letteraria senza tempo dendo impossibile ogni raccordo con il né luogo, che superando i limiti del- pensiero dell’autore. l’immaginazione permette di accettare Con queste premesse, che agiscono in senso preparatorio, e non come invacome naturale perfino l’inaccettabile. Questo semplice, ma geniale artificio, dente anticipazione di quanto il libro ben calibrato, conferisce alla narrazio- potrà offrire, è facile, e in parte dovene un ritmo incalzante anche quando roso, abbandonarsi all’immedesimala stesura tende ad appiattirsi nelle zione, anche quando l’autore ci pro-

Regioni | DIECI

MARCHIGIANO

pone l’improbabile, quando ci impone l’impossibile e quando, con apparente supponenza, afferma l’incredibile. Questo perchè tutti i personaggi, rappresentati come concreti o virtuali, a seconda delle esigenze di scena, in fondo sono le diverse facce di una stessa realtà esistenziale in cerca della verità, le versioni figurate dell’eterno conflitto fra cosciente e subcosciente, le speculazioni ipotetiche e mai provate sulla lotta fra libero arbitrio e destino assegnato. In tutto questo complesso quadro psicologico, che mette a nudo l’intimità e le debolezze dei protagonisti, l’autore non abbandona mai il senso della discrezione, che - pur divertendo e agganciando il lettore - gli permette di coinvolgerlo facendo ricadere esclusivamente sui personaggi i lati meno accettabili della vita. Ma nello stesso tempo di offrire, senza imporle, valide alternative di pensiero. ■ Giulio Rosi Come scrive giustamente l’Autore, nella sua breve ma efficace introduzione, gli eventi della vita, spiegabili o misteriosi, succedono “indipendentemente da ogni volontà umana” e sembrano collegati tra loro da una sottile ragione che spesso possiamo valutare solo con il passare del tempo. Il destino gioca un ruolo fondamentale e “niente capita per caso” come ai protagonisti di questo romanzo di Piercarlo Maria Savini... ...Ecco allora che l’attraversamento della vita, il senso dell’esistenza, la necessità di ascoltare il proprio cuore non sono altro che la faccia visibile del dispiegarsi del percorso: la vita e la morte, la felicità e il dolore, la consapevolezza che tutto ciò che accade è unito da un filo invisibile, il destino... Massimo Barile critico letterario casa editrice Montedit


Musica 1971: LE “IMPRESSIONI DI SETTEMBRE” LA

STORIA

“LIRICO

Siamo nell’anno del Signore 1971, negli anni del post-Woodstock. Un uomo “lirico” affronta e prende coscienza della sua realtà “bucolico-esistenziale” con la profondità di un seguace della meditazione, interpretando le variazioni “cromaticoemotive” del colore verde. La campagna è l’humus della vita, nella quale i 4 elementi “presocratici” si rincorrono dall’acqua, vaporizzata in aria, immersa nella terra, in attesa di vivere il fuoco che scalda ed illumina, diradando le nebbie, in un mare di spighe di grano, accarezzate dal vento. All’improvviso, si svela la presenza di un cavallo, novello “Pegaso alato”. Il nobile destriero sta aprendo la strada al “mistico homo faber” su quale direzione scegliere oltre le nebbie della confusa conoscenza degli anni Settanta, sugli svariati dubbi esistenziali. il nuovo mondo è al di là delle colonne d’Ercole del sapere da esplorare con la consapevolezza di oltrepassare le “porte della percezione” . Siamo di fronte ad un uomo in cerca di se stesso, del nuovo mondo che l’autunno sta facendo nascere, dopo i fuochi della estate: l’autunno della vita è solo la crescita del novello Ulisse, alla ricerca delle nuove frontiere dell’uomo del XXIesimo secolo… (interpretazione del pensiero della Premiata Forneria Marconi? ). Nel 1971, ispirata dai King Crimson di Robert Fripp (The 21th schizoid man) e di Greg Lake ( I talk to the wind), la P.F.M. registra quello che diventerà il suo grande cavallo di battaglia: “Impressioni di settembre”, una suggestiva ballad con un testo scritto da Mogol (padrone con Lucio Battisti della casa discografica Numero Uno). Non mancano gli spunti progressive (vedi impiego del moog, strumento introdotto per la prima volta, in Italia, da poco tempo). Una chitarra acustica semplice e melodica, creano una atmosfera coinvolgente, ma esistenziale. Il ritornello, invece, è più intenso e incisivo, con l’apporto vivido dell’incredibile arrangiamento del sintetizzatore. La poesia “epica” del maestro Mogol disegna lo zenith del pensiero dell’Homo Faber. Trentasei anni dopo, il capolavoro firmato Mussida-Pagani-Mogol resta a tutt’oggi un

-

MELODICO

-

BAROCK”

“evergreen”, ineliminabile, del rock italiano. “Impressioni di settembre” trascina al successo Storia di un minuto, primo album della P.F.M., pubblicato nei primi mesi del 1972. Le sette tracce, scritte tutte dal duo Mussida-Pagani, sono costruite su “strutture progressive-rock”, con la presenza necessaria di una composizione classica. Il risultato è “progressive baRock”, a volte medievale, e che rivisita i Genesis di “Nursery Crime”, con una vena melodica italiche in “salsa mediterranea”. Il successo dell’album, comunque, è eccezionale. Il 20 dicembre del 1972, lo stesso Greg Lake assiste alla presentazione dal vivo del disco al PalaEur di Roma, e ne rimane esterrefatto. A questo punto, la band si trasferisce a Londra e firma un contratto con la Manticore, la casa discografica di Emerson, Lake & Palmer. All’apice del successo, la P.F.M. riesce a togliersi un’altra soddisfazione quando Pete Sinfield, magico paroliere dei King Crimson, scrive i testi dell’album Photos Of Ghosts, che racchiude pezzi in inglese tratti dai primi due lavori. Anche grazie a questa mossa, la band si affaccia sul mercato internazionale, ottenendo considerevoli riconoscimenti di critica e di pubblico. Nella caleidoscopica evoluzione dell’infinito percorso musicale, la P.F.M. ha saputo mettere in uno shaker il “pop italico

DELLA

PFM

“, improvvisazioni di stampo jazzistico e “liriche” di sonorità classicheggiante, con riferimenti a gruppi come i King Crimson, i Genesis, i Jethro Tull, gli Yes, Emerson Lake & Palmer (gruppi dei quali sono stati “spalla” nelle tournee, dal 1969 al 1974): insomma, il vero rock progressivo in salsa mediterranea, con dolcezze melodiche e asprezze lirico-romantiche, che hanno contribuito a rendere la sua formula originale rispetto ai modelli di “progressive-rock” d’oltre Manica. P.F.M., ovvero la sigla della rock band per eccellenza degli anni Settanta nella penisola italica, insieme con gli Area di Demetrio Stratos, il Banco Mutuo Soccorso, il Perigeo, le Orme, I New Trolls, Il Rovescio della Medaglia, ovvero gli apostoli dello “Spaghetti Rock”!!!. Negli Ottanta, con la meravigliosa collaborazione con il “poeta-trovatore” Fabrizio De Andrè, hanno santificato la musica d’autore con la poesia del rock. L’ultimo recente disco è stato accolto bene, sia dai vecchi fan che dal pubblico più giovane (anche se c’è chi obbietta che il genere tende più al pop che al progressive della P.F.M. vecchio stile). Sono tutti d’accordo su una cosa , sicuramente : la riunione della P.F.M. non è (o perlomeno, non solo) una operazione commerciale, i “ragazzi” hanno ancora molto da dire… ■ Mauro Boschi UNDICI | Regioni


Cinema INCONTRO

CON

TULLIO

PINELLI

HA PRESENZIATO ALLA RETROSPETTIVA DEDICATAGLI A ROMA

Conosciamo bene i nomi dei principali attori e registi del nostro cinema, ma troppo spesso non conosciamo i nomi di altri grandi protagonisti della settima arte del nostro Paese. È questo il caso di un grandissimo sceneggiatore come Tullio Pinelli, un ragazzo di novantanove anni al quale il Centro Sperimentale di Cinematografia e la Cineteca Nazionale hanno dedicato una retrospettiva ed un incontro, nei mesi scorsi a Roma. All’incontro, al quale noi di Press Italia abbiamo avuto la fortuna di partecipare, ha presenziato lo stesso Pinelli, accompagnato dal figlio Carlo Alberto, stimato Regioni | DODICI

documentarista. Tullio Pinelli è nato a Torino nel marzo 1908, e fino al 1942 ha svolto la professione di avvocato, abbandonata per il suo grande amore per il cinema, in particolare a causa del felice incontro con Federico Fellini. Pinelli ha scritto molto con e per Fellini, ma anche per altri registi (Germi, Lattuada, Rossellini, Monicelli, Soldati, etc.), ed è stato anche autore di testi per il teatro. La breve rassegna ha permesso di rivedere alcuni tra i films co-sceneggiati da Pinelli. Ricordiamoli insieme, brevemente.

”Le miserie del signor Travet” (1946), di Mario Soldati, scritto da Pinelli insieme con Aldo De Benedetti e Carlo Musso, ed interpretato da Carlo Campanini, Vera Carmi, Alberto Sordi e Gianni Agus. A Torino Ignazio Travet, solerte funzionario dell’amministrazione règia, subisce al lavoro l’ostilità del capo, che gli nega ogni possibilità di carriera, mentre a casa è costretto a subire le vessazioni della moglie. Quasi una veggenza: sul lavoro si anticipa Fantozzi, mentre a casa si prevede quello che sarà il rapporto uomo-donna di questi ultimi decenni! “Senza pietà” (1948), di Alberto Lattuada, scritto dallo stesso regista insieme con Pinelli e Fellini, partendo da un’idea di Ettore M. Margadonna. Il film, interpretato da Carla Del Poggio, John Kitzmiller e Giulietta Masina, è ambientato a Livorno, alla fine della guerra. Una ragazza, cerca disperatamente il fratello, aiutata da un soldato americano, ma finisce in un giro di droga e prostituzione. Girato nella pineta di Tombolo, trovo che il film sia ben rappresentato dalle parole di Paolo Mereghetti, che lo descrive come “un viaggio infernale compiuto da Lattuada nell’Italia disintegrata dell’immediato dopoguerra. Il regista ritrae un universo livido e senza vie d’uscita”. “In nome della legge” (1949), di Pietro Germi, sceneggiato da Monicelli, Fellini, Pinelli, Mangone e Germi, con Massimo Girotti, Charles Vanel e Saro Urzì, narra di un giovane pretore, inviato in un paese della Sicilia, che combatte la mafia, ma si scontra con l’omertà della popolazione. La morte di un ragazzo con il quale ha stretto amicizia lo spinge ad andare avanti. In un colpo solo Germi anticipa il cinema di impegno civile ed il western all’italiana. “La strada” (1954) è uno dei films più noti di Federico Fellini, scritto dallo stesso maestro riminese insieme con Tullio Pinelli ed Ennio Flaiano. Interpretato da Giulietta Masina ed Anthony Quinn, il filma narra di Gelsomina, ingenua piccola donna che gira per l’Italia insieme al duro Zampanò, che si esibisce nei paesi con giochi di forza. Gelsomina stringe amicizia con un funambolo, ma Zampanò lo uccide. Oscar per il miglior film straniero nel 1956. Dell’ampia e fortunata collaborazione tra Fellini e Pinelli, la rassegna romana ha riproposto anche “Il bidone” (1955), “Le not-


Cinema ti di Cabiria” (1957) ed il celeberrimo “La dolce vita” (1960). “Amore mio aiutami” (1969), diretto da Alberto Sordi, è stato scritto dallo stesso Sordi insieme con Rodolfo Sonego e Tullio Pinelli. Sordi e la Vitti danno vita ad una valida commedia amara sul sempre più difficile rapporto di coppia, sul finire degli anni Sessanta, tra nuovi comportamenti e vecchi tabù. “Alfredo Alfredo” (1972), di Pietro Germi, scritto dallo stesso regista con Tullio Pinelli, Piero De Bernardi ed il mio indimenticato maestro Leo Benvenuti, si avvale dell’interpretazione di un giovane ed efficace Dustin Hoffman al fianco di Stefania Sandrelli. Il timido impiegato Alfredo s’innamora di una ragazza possessiva. Riesce a sposarla, ma ben presto ne diviene succube. Conosce un’altra ragazza, più comprensiva, ma la libertà resta un sogno. “Amore e ginnastica” (1973), di Luigi Filippo d’Amico, è stato sceneggiato da Suso Cecchi d’Amico, Tullio Pinelli e dallo stesso regista, da un racconto di Edmondo De Amicis. Il film, interpretato da Senta Berger e Lino Capolicchio, è ambientato a Torino, nel 1892, e narra dell’ex seminarista Simone che s’innamora di un’insegnante di ginnastica che vive nel suo palazzo, la quale si dedica anima e corpo all’educazione fisica, senza pensare alla vita privata ed al matrimonio. Pinelli e soci danno vita ad un eccellente ritratto della Torino di fine Ottocento. La retrospettiva si è conclusa con “Speriamo che sia femmina” (1986), film diretto da Mario Monicelli, scritto da Pinelli, Benvenuti, De Bernardi, Cecchi d’Amico e Monicelli. Cast internazionale, composto da Liv Ullmann, Catherine Deneuve, Philippe Noiret e Bernard Blier. Il film racconta di una famiglia al femminile che gestisce un’azienda agricola. Morando Morandini ha scritto: “Grande film borghese che arricchisce il povero panorama del cinema italiano degli anni ‘80 per il sapiente impasto di toni drammatici, umoristici e grotteschi, la splendida galleria di ritratti femminili”. Nella rassegna su Pinelli, per la quale è doveroso ringraziare Luca Pallanch del Centro Sperimentale di Cinematografia, sono stati presentati al pubblico anche un incontro di Tullio Pinelli con Tullio Kezich, girato da Franco Giraldi, in cui Pinelli racconta la propria vita e le amicizie con Pavese e con Fellini, e “89 e mezzo - Un incontro con Tullio Pinelli”, girato dal figlio Carlo Alberto, il quale mette in luce il percorso artistico del padre Tullio. ■ Franco Baccarini TREDICI | Regioni


Estero LA SINDACHESSA AMATA DAGLI ITALIANI

IN MOLTI COMUNI SPAGNOLI TRIONFA LA POLITICA AL FEMMINILE

Sulla Costa del Sol, la lunga fascia litoranea dell’Andalusia che va da Malaga a Gibilterra, passando per le località turistiche di Torremolinos, Fuengirola, Marbella ed Estepona, esiste una delle più elevate concentrazioni di italiani. Una delle curiosità di questa zona è rappresentata dal consenso politico riscosso dalle due “sindachesse” di Marbella, Angeles Muñoz e di Fuengirola, Esperanza Oña, entrambe giovani e laureate in medicina con un qualificato passato professionale. Donne impegnate con esperienza politica ed elevati incarichi parlamentari nel Partito Popolare. A volerle alla guida della città, secondo un’inchiesta svolta dal giornale telematico “Mondoitaliano”, sono stati anche i residenti italiani censiti nei due comuni. Abbiamo intervistato Esperanza Oña. Per la quinta volta eletta sindachessa. I cittadini ti hanno ringraziato per il tuo lavoro. Perchè? È indubbio che esiste una buona sintonia fra i cittadini e il nostro progetto, le nostre idee e il Regioni | QUATTORDICI

nostro modo di lavorare. I risultati ci confermano che comunichiamo bene con i desideri di questa città e che stiamo lavorando insieme alla gente per raggiungere i migliori obbiettivi. Quale è la tipologia degli stranieri? Sostanzialmente si dividono i due categorie. Alla prima appartengono gli emigranti che vengono a lavorare per problemi economici, alla seconda i residenti stranieri che vengono per lavorare o per riposare, ma con una situazione economica molto più tranquilla. Per andare incontro alle esigenze di entrambi i collettivi abbiamo creato due nuovi assessorati: quello dell’Immigrazione, per quanto riguarda il primo gruppo e quello di Attenzione al Residente Straniero per il secondo collettivo, costituito per la maggioranza da italiani. Cosa ti piace dell’Italia? Tutto, mi piace tutto. Sono stata in Italia diverse volte ed ho notato che è un Paese totalmente turistico e che sa trarre molto vantaggio dal turismo. Tutto in Italia è gradevole, comin-

ciando ovviamente dall’impressionante patrimonio culturale e dalla bellezza delle sue città e dei suoi paesi. Per esempio un luogo che mi incantò è Assisi, così piccola e così preziosa, con la sua gente gentile e la sua squisita cucina. Quando iniziasti la carriera? Sono medico, però studiando medicina a Siviglia già mi interessavo di politica, e iniziai a collaborare con il Partito Popolare, perchè sono sempre stata di idee politiche moderate. Non mi piacciono il radicalismo e gli estremismi. Cosa fai nel tempo libero? Mi piace leggere e viaggiare, il mangiare è un autentico piacere. Mi piace una pizza o “un huevo frito con patatas y chorizo”, che è un piatto tipico spagnolo, o un carpàccio, così come un “guisado con crema”. Quando viaggio amo conoscere i cibi del Paese dove mi trovo. Fra i miei hobbies c’è anche quello montare a cavallo. Qual’è il maggiore difetto dei socialisti? Il concetto che hanno della vita pubblica, essi credono che gli appartenga e che solo loro devono gestirla come gli fa comodo. Non credono nell’alternanza politica sulla quale è basata la democrazia. Quanto e perchè è negativa la politica socialista di Chaves per l’Andalusia e per gli imprenditori spagnoli e stranieri? Quali conseguenze comporta per l’economia e il progresso? È tanto più negativa in quanto l’Andalusia è la Comunità Autonoma più popolata, fra le più estese e con maggiori ricchezze naturali della Spagna. Appare chiaro come il Presidente Chaves voglia schiacciare tutte le iniziative imprenditoriali, perseguitandole fino a distruggerle, di conseguenza non può creare impiego, non può creare ricchezza e non può creare progresso. Ecco, in sintesi, quello che sta succedendo in Andalusia. ■ Paola Pacifici


Notiziario PRESENTATO L’INNO DELLE MARCHE COMPOSTO DA GIOVANNI ALLEVI

II^ MARGUTTIANA D’ARTE CITTÀ DI SAN SEVERINO MARCHE (MC) L’Associazione Artistica Le Nove Muse di Matelica (MC), in concomitanza alla 17° Mostra di Attività Produttive organizzata in collaborazione della Confartigianato Col diretti e con il patrocinio del Comune di San Severino Marche, organizza dal 20 al 23 settembre la II^ MARGUTTIANA d’ARTE. In Piazza del Popolo a San Severino Marche, nelle serate del 20 e 21 settembre e nelle giornate di sabato 22 e domenica 23 settembre, fino alla sera, si terranno le seguenti esposizioni: la marguttiana d’arte e la tradizionale Mostra delle Attività Produttive ad ingresso gratuito. Le serate saranno allietate da spettacoli organizzati dal Comune e dalle attività commerciali. La Marguttiana d’Arte si svolgerà, come la precedente edizione, sotto il loggiato antistante la Piazza del Popolo. E’ un momento di incontro di pittori e scultori di tutta Italia, che hanno la possibilità di farsi conoscere da migliaia di visitatori. Infatti la mostra delle Attività Produttive da anni richiama persone e visitatori da tutta Italia. L’inaugurazione si terrà giorno 20 settembre 2007 alle ore 18:00 in cui saranno presenti le principali autorità della regione Marche, radio, giornali e tv locali.

Le Marche, prima regione in Italia, hanno il loro Inno. E’ stato composto da Giovanni Allevi, il noto musicista ascolano e testimonial della Regione. Oggi pomeriggio, è stato presentato agli organi d’informazione nella sede istituzionale dal presidente Gian Mario Spacca e dal maestro Allevi. Un’anticipazione alla prima assoluta di sabato 1° settembre, a Loreto, in occasione dell’Agorà dei giovani per la visita del Papa. “L’Inno delle Marche - ha detto il presidente Spacca – ci mette in sintonia con le corde della nostra comunità. Consolida il senso di appartenenza e aiuta a rafforzare la consapevolezza di appartenere a una regione unica. Evocherà nel mondo le suggestioni di un territorio che ha raggiunto primati in ogni settore oltre ad aver dato i natali a tanti personaggi illustri”. “Perché - ha aggiunto Spacca - per consolidare il senso di appartenenza non basta una buona amministrazione ma occorre tener conto dei valori di riferimento della comunità. L’opera di Allevi è una bella pagina della nostra storia, per la suggestione del pezzo, composto da un giovane autore che affonda le sue radici nella storia, anche musicale, delle Marche”. Il celebre musicista ha detto di sentirsi onorato per la grande opportunità artistica che gli è stata data e il fatto che sia venuta proprio dalle istituzioni della sua regione è motivo di grande orgoglio. Allevi ha composto l’opera negli Stati Uniti durante il tour per il suo ultimo successo “Joy”, pensando alle sue Marche “con la nostalgia e l’affetto di chi deve lasciarle per lavoro o per seguire le proprie passioni e i propri sogni, e immaginandomi per questo accomunato, nella mia avventura, a tutti i marchigiani nel mondo che volessero ricordare, attraverso quelle note, la propria terra d’origine”. “La melodia portante - ha continuato - è più volte ripetuta sempre con maggiore intensità, a significare la dolce determinazione del carattere marchigiano, che raggiunge i propri obiettivi senza prevaricazione, ma con convinzione; e accenni ad atmosfere rinascimentali riportano la mente ad antica fierezza. Domina in tutto l’Inno un pathos struggente e nostalgico, unito alla consapevolezza di un futuro limpido e sereno”. L’Inno sarà il passaporto della comunità marchigiana e, d’ora in avanti, veicolerà in note musicali, le celebrazioni e gli eventi della Regione. A partire, naturalmente, dalla Giornata delle Marche, quest’anno dedicata ai giovani e, non a caso, un giovane talento marchigiano è stato scelto per comporre l’Inno della regione. La melodia entrerà a far parte del repertorio delle tante bande musicali disseminate sul territorio marchigiano e non è esclusa l’ipotesi di arrangiare il brano per le corali. L’11 settembre prossimo, a Serra San Quirico, presso l’Abbazia di Sant’Elena, la Regione Marche presenterà l’Inno a tutte le istituzioni, ecclesiastiche, civili e militari, nel corso di un concerto dove il maestro Allevi lo eseguirà con l’accompagnamento dell’Orchestra filarmonica marchigiana.

Per ulteriori informazioni: Associazione Artistica “LE NOVE MUSE” - www.lenovemuse.org QUINDICI | Regioni



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