Progress febbraio 2020

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MENSILE DI APPROFONDIMENTO DI ATTUALITÀ, ECONOMIA, CULTURA E LIFESTYLE

IDENTITÀ DIGITALI

2020: Quarta Rivoluzione Industriale MAURO COLAGRECO

Simply “The Best”

NUMERO 137 - ANNO 2020

EURO 5,00

ACCADEMIA DELLA CRUSCA

SU AL NORD

OSCAR 2020

OGGETTI ICONICI

Il più bel fiore della lingua italiana La notte delle lunghe polemiche

Tutti in Riga L’Italia ha Fattobene


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DEL MADE IN ITALY


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EDITORIALE

GIANNI RODARI, QUANTO CI MANCHI! Era il 14 aprile 1980 quando, ad appena 60 anni, moriva Gianni Rodari. Era entrato in ospedale per un’operazione facile all’apparenza, ma purtroppo le cose andarono diversamente. Quest’anno, a 100 anni dalla sua nascita, grazie alle iniziative in programma in suo onore, forse ancora più persone si renderanno conto di quanto fosse un autore di cui avevamo bisogno, anzi: di cui ci sarebbe un gran bisogno tutt’oggi. Rodari non era solo colui che scriveva tra le più poetiche filastrocche e storie per bambini, ma era anche un autore per i “grandi”: attraverso i suoi racconti e i suoi versi, ogni adulto era capace di comprendere e, per un attimo, di tornare indietro verso quel mondo lontano che è l’infanzia. E non sempre si trattava di un mondo bellissimo, no: Rodari lo sapeva bene, lui che aveva perso il padre a soli 9 anni e che ha vissuto sulla sua pelle gli orrori della Seconda guerra mondiale, così come tanti bambini. Perché anche quando si è piccoli succedono le cose brutte, e Rodari riusciva a raccontare tutto ciò con quella delicatezza e quella sensibilità che lo hanno contraddistinto per tutta la sua carriera, portandolo a ricevere, unico tra gli italiani, il prestigioso Premio Hans Christian Andersen. Una produzione letteraria, la sua, che dovrebbe trovare posto nelle librerie di ogni casa, e di cui noi di Progress abbiamo provato a raccontarvene un pezzo nello speciale di questo numero. Franco Del Panta


Il Terzo Pilastro su scala internazionale per un nuovo sviluppo sociale, economico e culturale.

La Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, è la naturale evoluzione della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo, in quanto si fa portatrice e sintesi, su più ampia scala e senza alcun vincolo territoriale, delle due strategiche direzioni di intervento originarie: il Terzo Settore (o Terzo Pilastro, il non profit) e le tematiche urgenti ispirate dall’osservazione di ciò che accade al di fuori del mondo Occidentale, con uno sguardo che va oltre l’area mediterranea per approdare nei Paesi emergenti in Medio ed Estremo Oriente, futuri protagonisti della nostra Storia. Essa, infatti, opera nei campi sanitario, della ricerca scientifica, sociale e del Welfare, educativo e formativo, culturale ed artistico e svolge la funzione di ponte tra le diverse culture fra Oriente ed Occidente, fra Nord e Sud del mondo. www.fondazioneterzopilastrointernazionale.it


MENSILE DI APPROFONDIMENTO DI ATTUALITÀ, ECONOMIA, CULTURA E LIFESTYLE

NUMERO 143 ANNO 2020

26

50

70

SCENARI CONTEMPORANEI

RISORSE (DIS)UMANE

SERIE TV

2020, DA MILANO A ROMA, L’ITALIA DELLE DONNE

COSA CI INSEGNA LA SAGA DI STAR WARS SULLE RISORSE UMANE

EURO 5,00

C’È ANCORA DEL MARCIO A GUADALAJARA

74 VITE DA CHEF

SIMPLY “THE BEST”

34 A TUTTA BIRRA

BIRRA MESSINA UNA STORIA DI IMPEGNO E PASSIONE

38 OGGE TTI ICONICI

L’ITALIA HA “FATTOBENE”

46 IDENTITÀ DIGITALI

IL 2020 E LA CONSACRAZIONE DELLA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

54 100 GIANNI RODARI

BUON COMPLEANNO, FANTASIA!

60 LINGUA ITALIANA

IL PIÙ BEL FIORE DELLA LINGUA ITALIANA

82 F U G A D ’ AU T O R E

PALAZZO BONTADOSI UN SOGGIORNO NELLA STORIA

66 IN SALA

LA NOTTE DELLE LUNGHE POLEMICHE

88 SU AL NORD

TUTTI IN... RIGA!


Questo periodico è associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione totale o parziale della pubblicazione. Testi e fotografie non possono essere riprodotti senza l’autorizzazione della Casa Editrice. I manoscritti, anche se non pubblicati, non vengono restituiti.

108 GIOIELLI DEL MARE

IL LUSSO PRENDE IL LARGO

Progress è una pubblicazione curata da La6 Group s.r.l. Largo della Primavera, 40 00171 Roma Rivista mensile registrata presso il Tribunale di Roma 17/09/2010 N° 356/2010

Progress n°143/ febbraio 2020 Uffici Commerciali Roma, Via Giovanni Devoti, 28 - 00167 Roma Editor in Chief Leonardo Garcia de Vincentiis Direttore Editoriale Franco Del Panta direzione@edizionisei.com

94 FASHION IN PROGRESS

AVVENTURA IN RIVIERA PER L’UOMO RALPH LAUREN

100 P A S S I O N E AU T O

A 99 CENTIMETRI DALL’ASFALTO

114 A CANESTRO

L’IMPORTANZA DI ESSERE GIGI

Direttore Pubblicità Paolo Del Panta advertising@edizionisei.com Redazione e Collaboratori Editoriali redazione@la6group.com A. Creta, E. Pasca, M. Morelli, E. Rodi, S. Riva, L. Mancini, Y. Leone, S. Valentini, M. Baffigi, F. Bruni, R. Bernardo, M. Pituano, M. Bertollini, R. Cavrioli, B. Vecchiarelli, J. Daporto, E. Zucca, D. Battaglia , M.Tiberi, G.Migliore, E. Rauco, G.Collina, R. Giasi, Ricerca Iconografica e Servizi A cura della redazione Art Direction Francesco Sciarrone www.francescosciarrone.it Stampa, Allestimento e Distribuzione La6 Group s.r.l. Informazioni e Abbonamenti info@la6group.com www.progressonline.it

104 ON THE ROAD

LA MOBILITÀ DEL DOMANI

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Le Marche sono tra i “Best in travel 2020”

Lonely Planet, la guida turistica più famosa al mondo, ha pubblicato la sua classifica dei migliori luoghi da visitare nel 2020. Il “Best in Travel 2020” elenca tutte le destinazioni più belle e interessanti da non perdere per il nuovo anno, e nella top 10 dedicata alle regioni del mondo (“Best in travel 2020 – Top ten regions” appunto) al secondo posto c’è la regione Marche, considerata un must per i piani di viaggio per il 2020 e, su scala globale, seconda solo alla Via della seta dell’Asia centrale. “Probabilmente una delle ragioni del suo grande fascino è proprio la possibilità di esplorare con calma e in relativa solitudine maestose rovine romane, svettanti architetture gotiche, massicci castelli medievali e sublimi palazzi rinascimentali che custodiscono collezioni d’arte tra le più ricche d’Italia – si legge su Lonely Planet – il tutto racchiuso tra alte montagne boscose e la placida costa dell’Adriatico e condito da golosi festival gastronomici”. Margherita Pituano

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PARIGI UNITA PER IL VINO Wine Paris e Vinexpo Paris, le due fiere del vino hanno deciso di unire le forze per organizzare insieme un grande evento a Parigi dal 10 al 12 febbraio 2020. Scelta quasi d’obbligo per le due iniziative. In realtà già a soli tre mesi dalla sua prima edizione Wine Paris - nata dalla fusione di Vinisud e Vinovision – aveva deciso di unirsi a Vinexpo Paris e anticipare sul calendario le “competizioni” dei giganti stranieri: Prowein a Düsseldorf, in programma dal 15 al 17 marzo, e Vinitaly a Verona dal 19 al 22 aprile. I saloni francesi uniscono dunque le forze con un accordo che è un segnale forte e dimostra la piena condivisione di un comune obiettivo: quello di favorire le scoperte, facilitare gli incontri e sviluppare il business di settore. Le date sono state anticipate e pensate appositamente per adattarsi alle esigenze dei buyers, così come il luogo: vista la perdita di entusiasmo per la ventesima edizione dell’appuntamento Vinexpo a Bordeaux (tenutasi a maggio 2019), la scelta di Parigi rappresenta un passaggio importante determinato dal fatto che la capitale francese, come noto, è un mercato strategico per il vino, ha una maggiore concentrazione di turisti ed è anche più accessibile ai visitatori internazionali. Inevitabilmente, ad oggi, l’unione dei due saloni costituisce un’offerta allettante, ricca e rappresentativa delle aree francesi ma anche delle produzioni d’élite internazionali, attirando l’attenzione di differenti tipologie di acquirenti: importatori, ristoratori, sommelier, responsabili di centrali d’acquisto, grossisti, distributori, agenti

by Stefano Valentini

di commercio. Dall’altra parte anche gli espositori potranno ottimizzare le proprie risorse e beneficiare al massimo dell’appuntamento parigino, rappresentando Wine Paris e Vinexpo Paris un’offerta comune e diversificata di vini internazionali raccolti nel medesimo luogo. Lo spazio comune, suddiviso secondo una logica geografica, è quello del Paris Expo Porte de Versaille. All’interno della Hall 7, sarà poi possibile deliziarsi con l’offerta di 20 paesi rappresentativi di 60 regioni vinicole: Argentina, Grecia, Germania, Nuova Zelanda, Portogallo, Spagna, Sudafrica solo per citarne alcuni. E naturalmente il Belpaese. www.wineparis.com www.vinexpoparis.com | 8 |


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IL VERDE FA TENDENZA ALLA LONDON FASHION WEEK Tra New York e Milano si inserisce la settimana della moda londinese, dove accanto alle creazioni dei fashion designer sfilano anche l’attivismo politico e ambientale. La London Fashion Week è comunemente considerata come la più folle e all’avanguardia delle quattro principali maratone modaiole al mondo. È un appuntamento organizzato dal British Fashion Council, allo scopo di valorizzare e promuovere la moda britannica a livello internazionale. Va in scena dal 1983 - anno in cui l’evento si tenne per la prima volta nel parcheggio del Commonwealth Institute di Kensington - e, da allora, ha aumentato la sua fama attirando l’interesse della stampa e di compratori di tutto il mondo. Riaccenderà i riflettori il 14 febbraio e, in questa edizione, a condividere la passerella con le collezioni autunno/inverno degli stilisti ci sarà il tema della sostenibilità ambientale. Una questione che ha sempre trovato terreno fertile nella capitale britannica, basti pensare che la LFW è stata la prima delle Big Four ad abbandonare le pellicce nel settembre 2018 dopo le proteste dei movimenti anti-fur. Ma che quest’anno, dopo una stagione in cui ha visto crescere il senso di responsabilità su questo fronte di quasi tutti i settori, sarà ancora più protagonista. Tra gli stilisti presenti allo show compare infatti Jiri Kalfar, designer di origine

by Beatrice Vecchiarelli

Victoria Beckham | 10 |

ceca che ha fatto del matrimonio tra alta moda e attenzione per l’ambiente la sua cifra stilistica, l’immancabile e britannicissima Victoria Beckham, impegnata sul fronte ecologista sia con la sua linea d’abbigliamento che con la linea di trucco. L’ex spice girl ha creato per l’appunto una collezione beauty, totalmente priva di ingredienti nocivi, cruelty free e con imballaggi al 100% riciclabili. E ancora il fashion designer taiwanese Simon Mo, debuttante alla LFW 2018, in prima fila nella battaglia in difesa degli animali, e altrettanto il brand Shrimps. Altro tema presente è quello della Brexit. Quella di febbraio dovrebbe essere la prima settimana della moda dopo l’uscita effettiva del Regno Unito dall’Unione europea (non tenendo conto dei negoziati commerciali). Il che potrebbe comportare un’ingente perdita in termini di ricavi economici per l’industria della moda, nonché di talenti stranieri, pur restando un’incognita. Riconfermata invece,dopo l’esperimento dello scorso settembre, l’apertura di alcuni show a un pubblico più ampio come le sfilate di De La Vali e Temperly London. Per consultare il programma basta visitare il sito londonfashionweek.co.uk. 14-18 febbraio 2020


La vacanza inizia dove finiscono i pensieri DIVERTITI IN SICILIA AL VERDURA RESORT

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I 70 ANNI DI UN ORSO CHE CONTINUA A STUPIRE Quest’anno l’Orso d’oro bruirà per la 70esima volta: sono infatti 70 le candeline che, nel 2020, spegnerà la Berlinale, tra i più importanti appuntamenti festivalieri del panorama cinematografico internazionale.

by Lucia Mancini

Dal 20 febbraio al 1° marzo, Berlino sarà dunque il capoluogo che catalizzerà l’attenzione di cinefili e appassionati della settima arte, ospitando alcuni dei più importanti protagonisti del cinema mondiale. Questa edizione sarà anche la prima sotto la nuova direzione di Carlo Chatrian e Mariette Rissenbeek. «È un onore molto speciale per noi come nuovi direttori iniziare direttamente con un così grande anniversario – hanno detto Chatrian e Rissenbeek – Ci piacerebbe mantenere la Berlinale come un festival per il pubblico e per Berlino e non vediamo l’ora di confrontarci con nuovi incontri e nuove prospettive. La 70esima Berlinale potrebbe essere l’inizio di un maggiore scambio con altre sedi e istituzioni culturali». Istituzioni culturali come ad esempio il Maxim Gorki Theater, l’Akademie der Künste, la Philharmonie Berlin e la German Film Academy. Centro di tutto, però, sarà come sempre il Berlinale Palast, il tempio dove si svolgeranno i principali eventi della manifestazione. Come il conferimento dell’Orso d’oro alla carriera a Helen Mirren, attrice premio Oscar. La cerimonia di premiazione si | 12 |

terrà il 27 febbraio proprio al Berlinale Palast e includerà la proiezione del film “The Queen” di Stephen Frears, ma durante la kermesse saranno proiettati anche “Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante”, “The Last Station”, “Un venerdì maledetto” e “L’inganno perfetto”. L’importante anniversario della Berlinale sarà inoltre celebrato con la sezione “On Transmission”, in cui sette noti registi saranno invitati a parlare della storia del festival e di un film che ha segnato questo importante traguardo. Ognuno di loro sarà accompagnato da un ospite speciale con cui condividere l’incontro: Ang Lee con Hirokazu Kore-eda, Claire Denis con Olivier Assayas, Ildikó Enyedi con Zsófia Szilágyi, Jia Zhang-ke con Huo Meng, Margarethe von Trotta con Ina Weisse, Paolo Taviani con Carlo Sironi, Roy Andersson con Niki Lindroth von Bahr. L’Italia sarà poi al centro dell’attenzione con un’altra occasione speciale: quella che vede protagonista il “Pinocchio” di Matteo Garrone. Grazie a una proiezione dedicata, la pellicola di produzione italofrancese trova dunque nel festival berlinese un importante palcoscenico internazionale dopo l’uscita nelle sale italiane. Come sempre, però, i più attesi saranno gli attori, i registi e i titoli che si contenderanno l’Orso d’oro al miglior film e l’Orso d’argento per le altre categorie, in un evento che, nonostante i 70 anni compiuti, continua a regalare al pubblico emozioni che solo il grande cinema è capace di donare. www.berlinale.de


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TU VUO’ FA’ L’ITALIANO Con i peperoni, i funghi o l’ananas, napoletana o alla maniera di Chicago: gli americani vanno matti per la pizza tanto da averle intitolato un giorno di festa nazionale.

by Beatrice Vecchiarelli

Torna puntuale domenica 9 febbraio l’appuntamento col National Pizza Day, una festività istituita negli Usa per celebrare la regina della nostra tavola, la pizza. Seconda solo all’hamburger, ha visto crescere negli anni - dopo l’apertura a New York nel 1897 della prima pizzeria da parte di un immigrato italiano - l’amore degli statunitensi, con un’impressionante accelerazione nel secondo dopo guerra fino a toccare i livelli odierni. Secondo le stime infatti il consumo per persona di pizza (intera, al taglio, surgelata) negli States raggiunge in media i 13 kg, doppiando quello degli italiani. In questo giorno speciale nella Grande Mela vengono organizzati dei “pizza tour” nelle più note pizzerie della città, sfide in cucina per la realizzazione della pizza più originale ma anche gare volte a incoronare coloro che riescono a mangiarne la maggiore quantità possibile. C’è chi invece si dedica al volontariato e trascorre la giornata con i più bisognosi donando loro un sorriso accompagnato da un trancio di pizza. www.nyc.com

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senior director esperta di privacy, e sul tema della sicurezza dei dati personali. Profetica dunque la vicenda che vedeva lo scorso anno protagonista (da outsider) sempre la multinazionale di Cupertino, la quale fece installare a Las Vegas Il Consumer Electronics Show, la un cartellone pubblicitario diretto più grande fiera della tecnologia ai propri rivali in tema privacy, americana e la più importante affermando la cura e la riservatezza al mondo, punto di partenza e di del proprio sistema: “What happens riferimento per tutto quello che by Stefano Valentini on yuor IPhone, stays on your IPhone”. riguarda l’innovazione, ha aperto Schermaglie a parte, moltissime le le porte del nuovo anno con l’ormai consueto clamore. novità. A partire dalla moto elettrica “più intelligente oggi disponibile” - la Damon Halo Hypersport con 200 cavalli Il gotha della tecnologia si è dato appuntamento a di potenza ecofriendly - i cui sensori le permettono di Las Vegas per parlare di 5G, Internet of Things, città reagire alle condizioni circostanti, passando per i Norm intelligenti, criptovalute e blockchain. Grande attenzione Glasses, gli occhiali da sole con realtà aumentata, e dedicata anche alla manifattura digitale con le nuove approdando a Leica BLK2GO, uno scanner laser che può proposte nel campo della stampa 3D, mentre nel settore digitalizzare qualsiasi ambiente o oggetto. Innovation Robotics & Machine Intelligence hanno trovato spazio Awards anche per il gruppo Bosch con il suo Virtual Visor, le tematiche relative all’AI (Artificial Intelligence) e alla un vetro parasole per automobili che oscura solo la zona Robotica e automazione. Estremamente interessanti degli occhi del guidatore grazie ad un algoritmo e a una le novità relative alle tecnologie di infotainment che microcamera in grado di riconoscere il viso delle persone vantano un terreno di sviluppo teorico-pratico smisurato e di oscurare automaticamente solo la zona necessaria. e sempre nuove soluzioni in ambito realtà virtuale e 50 le start up italiane presenti, tre premiate con il CES realtà aumentata. Tra i grandi ospiti come non citare il 2020 Innovation Awards Honoree e appartenenti a desiderato ritorno di Apple, che mancava dal CES dal e-Novia, la “fabbrica di imprese” milanese che oggi ha in lontano 1992. Rientro che, nonostante il tanto rumore portafoglio 40 brevetti internazionali e che è stata inserita mediatico, si è svolto in uno stile inatteso, ovvero senza dal «Financial Times» tra le mille aziende europee a più che venisse presentato alcun nuovo prodotto. Una rapida crescita. www.ces.tech presenza orientata tutta sull’intervento di Jane Horvath,

CES 2020: LA STELLA POLARE DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA

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IL MARMO È DONNA NELLA SCULTURA IDEALE DI CANOVA Milano omaggia il Maestro della scultura Antonio Canova con una mostra alla Galleria d’Arte Moderna. Tra prestiti internazionali e opere mai esposte prima in Italia, a farla da protagonista è la bellezza femminile in tutte le sue declinazioni.

by Beatrice Vecchiarelli

“La forma plastica non rappresenta la figura, ma la sublima, ne trasforma l’essenza, la cala e la isola nello spazio reale e, isolandola, la idealizza”. Così interpretava la scultura Antonio Canova, sommo esponente dello stile neoclassico, come un’arte in grado di esaltare il soggetto ritratto fino a fargli raggiungere la sfera dell’ideale. E al centro della mostra milanese “Canova. Le teste ideali” è proprio il concetto di “bellezza ideale” a essere indagato, in un percorso a cura di Omar Cucciniello e Paola Zatti. Il processo canoviano d’idealizzazione passa dall’associazione di personaggi reali a quelli mitologici e quindi dall’ars scultoria romana e greca. Non a caso l’artista veneto venne soprannominato “il nuovo Fidia”, lo scultore di Atene vissuto nel V secolo a.C. dal quale fu profondamente influenzato. Ne è una prova la musa Clio, realizzata per la contessa d’Albany, in prestito dal Musée Fabre di Montpellier, che apre la prima della cinque sezioni in cui si articola la mostra. Si prosegue poi con Elena, un busto finemente lavorato, in cui

Canova raggiunge l’equilibrio perfetto tra naturalezza e astrazione. A metà percorso si colloca invece la Vestale, simbolo di purezza, che replicò in tre marmi esposti insieme per la prima volta. E così via con una serie di teste della maturità, ispirate dall’arte rinascimentale ma che aprono al romanticismo ottocentesco, e a quelle dell’età napoleonica, come l’erma della Filosofia e il busto della Pace. Delle 37 opere, 24 appartengono a Canova e sono tutte donne diverse: idee personificate, figure della mitologia e della letteratura. Le restanti fungono da confronto prezioso per la ricostruzione di un genere, quello appunto delle “teste ideali”. Di queste, 5 sculture sono nuove al pubblico italiano, quale ad esempio l’erma della poetessa greca Corinna, mentre altri raffinati prestiti provengono dall’Ermitage di San Pietroburgo e dal J. Paul Getty Museum di Los Angeles. All’esposizione si affiancano inoltre una serie di eventi collaterali, i cosiddetti mercoledì canoviani, con conferenze concerti e visite guidate in compagnia dei curatori. Ma la celebrazione milanese del Maestro non si esaurisce qui e raddoppia l’omaggio alle Gallerie d’Italia con la mostra “Canova/ Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna”. www.gam-milano.com Fino al 15 marzo 2020

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SANREMO 2020, DIRIGE L’ORCHESTRA AMADEUS Febbraio è il mese in cui in Italia tutto si ferma e l’attenzione popolare si concentra prepotente sull’ultimo rito collettivo pagano ancora irrinunciabile, da consumare di fronte alla tv o al computer, ossia la visione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo.

by Elisabetta Pasca

Ci si allena per un anno intero, in modo da essere ben pronti e ricettivi al momento della messa in onda, per potersi lasciare andare ai commenti più arguti e ficcanti sulla conduzione, la scenografia, i fiori, i vestiti delle vallette, i testi delle canzoni, gli interventi degli ospiti speciali e tutto il carrozzone luccicante che per una settimana colora la città dei fiori. Dal 4 all’8 di febbraio, per la settantesima edizione del Festival più amato, il pubblico italiano non potrà certo resistere alla tentazione di vivere l’esperienza della kermesse canora in maniera immersiva, intasando i social network di battute, critiche feroci, meme impietosi e divertenti. Per il 2020, conclusasi la fortunata direzione artistica e conduzione di Claudio Baglioni, il ruolo di gran sacerdote e cerimoniere della manifestazione spetta a un uomo di mestiere come Amadeus, volto di Raiuno con il game show “I Soliti Ignoti” e un passato radiofonico che lo rende pienamente affine al mondo della competizione musicale. E per la sua edizione, Amadeus ha deciso di imprimere in maniera piuttosto evidente un cambio di passo e il suo registro personale, selezionando un cast che può incontrare il gusto dei più giovani, occhieggiando però anche agli ascoltatori più maturi. Ecco allora che al Teatro Ariston troveremo esordienti assoluti come Anastasio (Rosso di rabbia), Elettra Lamborghini (Musica (e il resto scompare)), Alberto Urso (Il sole ad est), Levante (Tiki Bom Bom), Junior Cally (No Grazie), Paolo Jannacci (Voglio parlarti adesso), Piero Pelù (Gigante), Pinguini Tattici Nucleari (Ringo Starr) e Riki (Lo sappiamo entrambi), accanto a chi su quel palco c’è già stato almeno una volta. Cinque giornate che vedranno anche la gara dei Giovani e la presenza costante del Tiziano Ferro Nazionale, mentre tra gli ospiti annunciati spiccano Fiorello, Roberto Benigni e il cantautore scozzese Lewis Capaldi. Le polemiche hanno già infiammato la fase pre-festivaliera, in relazione alla discussa partecipazione della giornalista di origine palestinese Rula Jebreal: di certo quando partirà ufficialmente il circo sanremese ne sentiremo di nuovo ancora delle belle. Sperando che siano soprattutto canzoni. www.rai.it | 20 |



LA CASA DI HARRY POTTER È ORA SU AIRBNB

tutti sanno, però, che questa casa esiste davvero. Si chiama De Vere House e sorge nel piccolo villaggio medievale di Lavenham, nel Suffolk (Inghilterra). Nel cuore dell’Inghilterra (e dove Ebbene sì, Godric’s Hollow ha un riferialtrimenti?) un’esperienza da sogno mento geografico ben preciso, un luogo per tutti gli appassionati delle che la scrittrice conosceva molto bene avventure del maghetto perché vi abitava una sua cara amica. L’abitazione De Vere House risale al Uno dei sogni di ogni fan di Harry ‘400 ed è un edificio da sempre di Potter che si rispetti è il poter visitare i interesse storico e architettonico. Oggi luoghi dove J. K. Rowling, l’autrice della by Lucia Mancini la casa è di proprietà dei coniugi Jane saga sul celebre mago, ha ambientato la e Tony Ranzetta, che hanno deciso di storia. Meta obbligatoria sono il Regno metterla a disposizione dei turisti che vogliono vivere Unito e l’Irlanda, dunque, dove Harry è cresciuto “accuun’avventura decisamente “potteriana”. Tramite Airbnb dito” dagli zii, è andato a scuola a Hogwarts e ha vissuto è infatti possibile prenotare un soggiorno nell’ala degli le sue incredibili avventure. Ora, però, c’è un’altra attraospiti, godendo di uno stile sobrio e decisamente rustizione che ogni appassionato può aggiungere alla proco ma con ogni confort. Ogni appassionato della saga, pria lista dei luoghi da non perdere: la casa dove Harry ora, potrà dunque soggiornare (per un minimo di due è nato. Godric’s Hollow è il paesino immaginario in cui notti) nella casa dove Harry è nato, a un costo di circa tutto ha avuto inizio: qui, in una casetta nel pieno centro 128 euro a notte per persona, con inclusa la colazione della cittadina, Lily e James Potter misero al mondo il continentale. piccolo mago, che vi trascorse i primi mesi di vita fin a www.airbnb.it quando Lord Voldemort non uccise i suoi genitori. Non

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LA ROMA CHE BRILLA A TAVOLA

Tordomatto: lo chef Andrea Baldassare celebra la conferma della stella Michelin con una cucina a base classica, di materia e di territorio. Una cucina che parte dalla romanità, ma che subisce un processo interpretativo che la filtra fino a renderla più attuale e personale, contaminandola con influenze esotiche. Via Pietro Giannone, 4 www.tordomattoroma.com

Una mini guida dei migliori ristoranti romani insigniti della stella Michelin. Alla scoperta dei locali in cui poter gustare la tradizione della Capitale con una spolverata di innovazione e interpretazioni.

D’accordo, poco più di 30 giorni fa abbiamo iniziato il nuovo anno, by Alessandro Creta concludendo le feste promettendoci Metamorfosi: nel cuore di Roma, di non peccare più di gola dopo a due passi da Villa Borghese, un le abbondanti abbuffate natalizie. Chi a casa chi ristorante guidato da uno chef … colombiano. Le al ristorante in molti abbiamo sgarrato col cibo, cucine di questo ristorante sono orchestrate da Roy annegando i sensi di colpa magari in qualche calice Salomon Caceres, originario di Bogota, che proprio di vino o di spumante. Se, ora che il 2020 inizia a in Italia è riuscito ad affermarsi come cuoco. Chef ingranare, state pensando a come poter perdere gli Caceres, dopo una gavetta nelle brigate di molti etti (o i chili) di troppo girate pagina, perché in questo ristoranti del Bel paese non ha mai smesso di credere pezzo non parleremo di come poter smaltire le nostre nel progetto di una cucina tanto semplice quanto ingozzate pantagrueliche, bensì di come continuare elegante, trasformando la tradizione e interpretandola a dedicarci al caro vecchio cibo. Se siete di Roma, o attraverso costanti e continue riletture innovative. siete a Roma anche solo di passaggio, in questa piccola Via Giovanni Antonelli, 30 guida vi illustriamo i ristoranti gourmet magari meno www.metamorfosiroma.it conosciuti al grande pubblico ma meritevoli comunque di una tappa golosa. Pronti? Andiamo: The Corner Townhouse: locale da una stella Michelin situato all’interno di un luxury hotel della capitale. Lo chef Marco Martini vi accoglierà con la sua cucina tradizionale ma non povera di rivisitazioni e tocchi personali che richiamano anche tecniche e sapori dell’estremo oriente. www.thecornerrome.com - Viale Aventino 121 Idylio: tra i locali che per il 2020 festeggiano l’ingresso nella Guida Michelin c’è Idylio di Francesco Apreda. Ristorante anch’esso situato all’interno di un luxury hotel, il The Pantheon, e che con Apreda (trasferitosi qui dopo 16 anni di “reggenza” all’Imago) ha innalzato ulteriormente il suo livello. Da Idylio sapori mediterranei si fondono alla perfezione con lo spirito internazionale tipico di una metropoli storicamente al centro del mondo. Via di S. Chiara, 4/A www.thepantheonhotel.com/idylio | 24 |



| SCENARI CONTEMPORANEI

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2020, DA MILANO A ROMA, L’ITALIA DELLE DONNE Forse sì. La donna della speranza e dell’uguaglianza sociale, la donna del riscatto e della competenza. La donna che, ovunque nel mondo, si batte per la dignità della vita. I messaggi di fiducia non mancano da ogni parte e da ogni settore, cultura, comunicazione, arte compresa. Il 2020 sarà l’anno delle donne? Papa Francesco, strenuo sostenitore del ruolo della donna nella società, nella vita professionale e nella Chiesa, ha nominato Francesca Di Giovanni, già officiale della Segreteria di Stato, Sottosegretario della Sezione per i Rapporti con gli Stati, con incarico per il nuovo e delicato settore del multilaterale. Curerà, in Vaticano, il coordinamento su temi concernenti il bene comune internazionale: sviluppo, ambiente, protezione delle vittime dei conflitti, condizione della donna, ed altro. Con l’obiettivo di promuovere l’interdipendenza tra gli uomini e le nazioni in una dimensione morale ed etica. A lei i nostri auguri! La Di Giovanni dice: ‘È la prima volta che una donna ha un compito dirigenziale in Segreteria di Stato… Una decisione innovativa, certamente, che, al di là della mia persona, rappresenta un segno di attenzione nei confronti delle donne. Ma la responsabilità è legata al compito, più che al fatto di essere donna’. Come ha detto il Pontefice durante la messa di apertura del 2020: ‘La donna | 26 |


| SCENARI CONTEMPORANEI

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è donatrice e mediatrice di pace e va pienamente associata ai processi decisionali. Perché quando le donne possono trasmettere i loro doni, il mondo si ritrova più unito e più in pace. Perciò, una conquista per la donna è una conquista per l’umanità intera... Da Maria, donna, è sorta la salvezza e dunque non c’è salvezza senza la donna. Se vogliamo tessere di umanità le trame dei nostri giorni, dobbiamo ripartire dalla donna’. E ancora la Di Giovanni afferma: ‘Una donna può avere determinate attitudini per trovare punti comuni, curare i rapporti avendo a cuore l’unità. Spero che il mio essere donna possa riflettersi positivamente in questo compito anche se sono doni che riscontro certamente anche nell’atteggiamento dei miei colleghi di lavoro uomini’. Una riforma di buon auspicio sul ruolo della donna e sul rispetto della condizione femminile. E anche dalle nostre Istituzioni un inno comune. ‘Sminuire il valore di una donna e non riconoscerne i meriti nella vita pubblica e privata - attraverso linguaggi non appropriati e atti di deliberata discriminazione - rappresentano fattori in grado di alimentare un clima di violenza’. Così il Presidente della Repubblica Mattarella, nel novembre 2019, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. E il Presidente del Consiglio Conte: ‘La violenza contro le donne rimane un’emergenza. Lavoriamo per una svolta culturale, che parta dai giovani’. Sulla stessa linea la Presidente del Senato Elisabetta Casellati: ‘Una violenza che va fermata con la formazione, la prevenzione, il contrasto e senza concedere sconti a nessun atteggiamento di sopraffazione, da quello fisico a quello psicologico. Nessuna misura penale, processuale o amministrativa potrà mai avere piena efficacia se non vi sarà un impegno altrettanto incisivo sul piano dell’educazione. Le leggi non bastano se le menti non cambiano’. Sono messaggi che premiano voci e volti di tante donne. Non solo di quelle chiamate a svolgere ruoli decisionali in ambito istituzionale.

Donne manager, politiche, imprenditrici, sportive. Donne delle Istituzioni, in Italia e nel mondo, soprattutto negli ultimi mesi del 2019. Nell’anno che è iniziato, la presenza di tante donne in ruoli in passato ricoperti da uomini può essere di buon auspicio per cambiare il volto del nostro Paese?

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La donna che, nella quotidianità, opera con buon senso per il bene e che lotta in un mondo spesso difficile. Un forte monito viene da tante donne. Dalla giovanissima Greta Thunberg, simbolo dell’emergenza climatica del nostro Pianeta, ‘persona dell’anno’ secondo The Times e dalla Senatrice Liliana Segre che dice: ‘L’odio sta dalla parte sbagliata della storia’. Daniela Fatarella, neo Direttrice generale di ‘Save the Children’ in Italia, augura che nel 2020 ‘il mondo decida di puntare sull’educazione, che può permettere a milioni di bambini, nel mondo e in Italia,

‘Sminuire il valore di una donna e non riconoscerne i meriti nella vita pubblica e privata - attraverso linguaggi non appropriati e atti di deliberata discriminazione - rappresentano fattori in grado di alimentare un clima di violenza’. Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica Italiana

di avere i giusti strumenti per costruire il proprio futuro e quello del loro Paese’. E l’arte promuove, in tutta Italia, manifestazioni e rassegne che ruotano intorno alla figura di donne di oggi e di ieri. Per citarne qualcuna, a Vicenza, la Basilica Palladiana ospita, fino al 13 aprile 2020, l’esposizione ‘Ritratto di donna. Il sogno degli anni Venti e lo sguardo di Ubaldo Oppi’. Cambiamenti e rappresentazioni delle donne, in un’Europa dopo la prima guerra mondiale, e il graduale mutamento del ruolo femminile nella società. Tra look che cambiano con Coco Chanel,

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La Senatrice Liliana Segre.

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In questa pagina. A sinistra: la fotografa Margaret Bourke-White; sotto: una delle sue foto che raccontano il Sudafrica dell’apartheid. Nella pagina accanto: due celebri scatti di Letizia Battaglia.

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Amelia Earhart e Josephine Baker, l’arte descrive una donna nuova rispetto al periodo anteguerra. Dipinti, abiti, gioielli e amori riempiono lo spazio espositivo della basilica palladiana, in un’atmosfera che rievoca gli Anni Venti in cui, come disse la prima critica d’arte donna Margherita Sarfatti, ‘la pittura appare tra tutte l’arte magica per eccellenza’. A Brescia, invece, a Palazzo Martinengo, fino al 7 giugno 2020, la mostra ‘Donne nell’arte. Da Tiziano a Boldini’ documenta il ruolo determinante dell’universo femminile nella storia dell’arte italiana lungo un periodo di quattro secoli, dagli albori del Rinascimento al Barocco, fino alla Belle Époque. A Milano, Palazzo Reale, dal 18 marzo al 28 giugno 2020, ‘Prima Donna. Margaret Bourke-White fotografa’ celebrerà una delle figure più rappresentative ed emblematiche del fotogiornalismo, attraverso una selezione inedita delle immagini più iconiche (provenienti all’archivio Life di New York) realizzate nel corso della sua lunga carriera. Sempre a Milano, il 2020 è l’anno dedicato ai ‘Talenti delle donne’. Il palinsesto, promosso dal Comune di Milano, propone un calendario di iniziative multidisciplinari, dalle arti visive allo spettacolo dal vivo, dalle lettere ai media, dalla moda alle scienze del mondo femminile. Tanti i progetti, tra i quali: le ‘Storie di strada’ fotografate da Letizia Battaglia, l’antologica di Grazia Varisco, ‘Divine avanguardie’ sulla rappresentazione della donna in Russia dal Quattrocento al Novecento, e le ‘Donne del Barocco’: Artemisia Gentileschi, Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana, Elisabetta Sirani e Fede Galizia. E a Roma? Il tributo è iniziato a gennaio con ‘Rita Levi Montalcini il cuore Nobel delle Donne’. La mostra fotografica, allestita nello Spazio 5 di via Crescenzio 99, dedicata ad una delle più grandi scienziate del XX secolo. L’unica italiana a essere stata insignita, nel 1986, del Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia. La prima donna a essere stata ammessa all’Accademia Pontificia. Un’icona. Sempre a Roma, prosegue, inoltre, fino al 29 marzo 2020, presso lo Spazio Eventi Tirso, la mostra dedicata alla grande artista messicana Frida Kahlo dal titolo ‘Il caos dentro’. Un viaggio alla scoperta della vita e delle opere di Frida tra esposizione multi-

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“NO TIME TO DIE”: HEINEKEN PRESENTA IL NUOVO SPOT CON DANIEL CRAIG

otto film – ha commentato Gianluca Di Tondo, Senior Director Global, Heineken Brand – In vista dell’uscita di “No Time To Die’, volevamo dare un tocco diverso a un personaggio iconico, mostrando come Bond viva Heineken presenta il nuovo spot anche oltre il film: come diciamo televisivo dedicato a James Bond con protagonista Daniel Craig: il noi, ‘once James Bond, always James lancio anticipa l’uscita nelle sale Bond’. Come facciamo anche nelle il prossimo aprile di “No Time To partnership come quella con la UEFA Die”, venticinquesima pellicola Champions League e la Formula Uno, by Margherita Pituano della serie sull’agente segreto più abbiamo inoltre sviluppato per quefamoso al mondo, di cui Heineken è sta campagna un contenuto dedicato partner da otto film. a Heineken 0.0. Oltre a presentare la disponibilità di questa scelta nel nostro portfolio, questo elemento della Lanciato a livello mondiale, lo spot verrà trasmesso in campagna ha già suscitato un significativo dibattito nei oltre 75 Paesi. Partendo dalla premessa che agli occhi media”. No Time To Die è il venticinquesimo film di Jadei fan di tutto il mondo Daniel Craig sarà sempre James mes Bond realizzato da EON Productions e sarà lanciato Bond, lo spot ridefinisce in un’ottica ironica l’ormai in tutto il mondo a partire dal 2 aprile nel Regno Unito, classica interpretazione dell’attore britannico. A partire tramite Universal Pictures International, e dal 10 aprile da una sequenza su un taxi in corsa a tutta negli Stati Uniti da Metro velocità, Craig viene riconosciuto Goldwyn Mayer Studios in continuazione come James tramite il suo marchio Bond dagli stupiti abitanti del di distribuzione United luogo mentre va alla ricerca Artists. Insieme allo spot, del passaporto smarrito, che sarà trasmesso in per poi finalmente conTV, online e sui social cedersi una rinfrescante media in base alle Heineken. specificità dei singoli “Quello che da oltre Paesi, Heineken sta vent’anni unisce Heianche preparando neken con la serie di Janumerose promozioni mes Bond è un proficuo dedicate ai consumarapporto di lunga data, tori. che ormai copre ben

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BIRRA MESSINA UNA STORIA DI IMPEGNO E PASSIONE Alfredo Pratolongo, Direttore Comunicazione e Affari Istituzionali Heineken, racconta il recupero, la rinascita e il successo del marchio siciliano Birra Messina Cristalli di Sale è stata una delle sina. La produzione continua e cresce per oltre 10 anni principali protagoniste dell’estate 2019: uno spot fino al 1999 quando diventa imprescindibile spostare il evocativo e denso di emozioni legate al territorio sito produttivo fuori dal centro cittadino, che nel fratdi appartenenza del prodotto, la Sicilia, ha funziotempo si era allargato. Dopo anni di tentativi infruttuosi nato da efficace amplificatore per una bevanda che per ottenere concessioni e trasferire la produzione in in poco tempo ha conquistato l’apprezzamento e zone limitrofe, viene deciso di spostare la produzione il gusto dei consumatori. La storia di Birra Messinel birrificio di Massafra, in Puglia. na è un racconto lungo e complesso che si dipana nel L’imbottigliamento viene mantenuto a Messina fino tempo, incrociando variabili geografiche, commerciali e al 2007, quando a causa dell’obsolescenza delle linee e produttive diverse, trovando nell’incontro con il gruppo l’impossibilità di investire in loco è stato necessario traHeineken il punto di svolta decisivo. Per raccontare il sferire anche l’imbottigliamento a Massafra, dove Birra percorso e l’evoluzione di un brand di valore e impatMessina viene tutt’ora prodotta e imbottigliata. Nel tante sulle abitudini di consu2013, grazie alla caparbietà mo, tanto da diventare subito imprenditoriale e al coraggio La storia di Birra Messina è un racconto icona e oggetto del desiderio, di 15 ex dipendenti viene fonlungo e complesso che si dipana nel tempo, abbiamo intervistato Alfredo data la “Cooperativa Birrificio Pratolongo, Direttore ComuMessina”, che dal 2016 inizia incrociando variabili geografiche, nicazione e Affari Istituzionali a produrre nuove ricette di commerciali e produttive diverse, Heineken. birra in proprio. Nel corso del trovando nell’incontro con il gruppo 2018 la storia di Birra Messina Heineken il punto di svolta decisivo La storia di Birra Messina si intreccia con quella della inizia nel 1923, si intreccia nuova Cooperativa grazie poi con quella di Heineken ad un accordo che prevede Italia nel 1988 fino a vivere oggi una seconda la produzione di una parte di Birra Messina Cristalli di giovinezza: quali sono le tappe fondamentali di Sale una nuova referenza lanciata dal nostro gruppo. questo racconto e cosa rappresenta l’evoluzione del Si tratta di quantitativi aggiuntivi che permettono alla marchio in termini di business, immagine e valori? Cooperativa di raddoppiare la produzione. La partnerBirra Messina nasce nel 1923 e nel tempo riscuote ship è di lunga durata, cinque anni, e prevede anche la successo in tutta la Sicilia. Nel 1988 il gruppo Heineken commercializzazione di due loro referenze (Birra dello Italia acquisisce, dalla famiglia Faranda, lo stabilimento Stretto e Birra dello Stretto non Filtrata) tramite la rete di via Bonino a Messina e lo storico marchio Birra Mescommerciale del Gruppo Heineken. | 34 |


| A TUTTA BIRRA

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perativa Birrificio Messina, con il quale i contatti non si Cosa ha spinto il gruppo Heineken a scommettere sono mai interrotti negli anni. Con lui è emersa l’opportunel tempo sul futuro di un marchio italiano così nità di produrre una parte della nuova birra direttamente ricco di tradizione? in Sicilia presso la Cooperativa. Le birre sono storicamente dei prodotti locali, legati alla storia del birrificio che li produce e delle persone. Birra Messina torna ad essere oggi un prodotto Il successo di Heineken in Italia è basato sulla scelta di iconico, non solo nella regione siciliana, ma in tutta valorizzare marchi locali, che nel tempo e con grandi l’Italia: quali sono i valori investimenti sono diventati imprescindibili su cui si marchi nazionali e anche interfonda questa rinascita? nazionali. Lo lo dimostrano i “Birra Messina si è rivestita di una nuova Birra Messina e Birra Messicasi di Birra Moretti e Ichnusa, immagine che si ispira al barocco siciliano na Cristalli di Sale sono un due marchi storici sui quali e si colora del giallo del sole, del blu omaggio alla Sicilia, alla sua abbiamo deciso di investire. e del cobalto del cielo e del mare” identità elegante, generosa Nel 2018 eravamo alla ricerca e ricca di tradizioni. Oltre di un’altra eccellenza birraria all’immagine rinnovata di da promuovere che avesse una Birra Messina ricetta classica, che vede l’uso di un’etichetstoria affascinante, legata al territorio, ci siamo accorti di ta a forma di rombo che si ispira alle maioliche dell’isola, averla già in casa: Birra Messina. abbiamo creato anche la nuova Birra Messina Cristalli di Sale con una bottiglia iconica e una ricetta unica. Per Come si è sviluppato il progetto Birra Messina favorire la qualificazione di questa operazione in comuniCristalli di Sale, partendo dall’accordo con i 15 birrai cazione, oltre alla nuova immagine e ricetta abbiamo decoraggiosi della Cooperativa Birrificio Messina? ciso di riportare in auge un termine reso noto da Sciascia Quando è stato deciso di rilanciare Birra Messina e di negli anni 60: Sicilitudine, che la Treccani definisce come aggiungere anche Birra Messina Cristalli di Sale, cioè una “L’insieme delle consuetudini e degli atteggiamenti tradinuova referenza con una ricetta speciale, è stato naturale zionalmente attribuiti ai siciliani”. È un tratto distintivo, parlarne con Domenico Sorrenti, presidente della Coo-

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| A TUTTA BIRRA

la metafora di una condizione esistenziale dei siciliani che, dal suo esordio ad oggi, ha subito numerose evoluzioni ed accezioni fino a divenire uno status e una connotazione identitaria. Ci siamo interrogati su quali fossero i tratti caratteristici della Sicilitudine oggi e abbiamo commissionato alla Doxa una ricerca per identificarli. I risultati sono stati sorprendenti e utili per favorire un racconto che andasse al di là del prodotto, integrando contenuti valoriali e identitari, come ad esempio l’uso dialetto o la tradizione del pranzo della domenica in famiglia. È stato davvero un motivo di orgoglio essere stati i primi a riaprire un dialogo costruttivo intorno a questo tema.

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ha lavorato in maniera capillare per fare in modo che Birra Messina fosse disponibile in tutta Italia, nei più importanti punti di consumo del canale Ho.Re.Ca. e nelle più grandi insegne di supermercati della grande distribuzione. Qual è stata la reazione dei consumatori di fronte al ritorno di una birra al tempo stesso storica e innovativa? Birra Messina e la nuova nata Birra Messina Cristalli di Sale sono state accolte molto favorevolmente dai consumatori di tutta Italia. Il lancio è ancora in corso ed è presto per fare bilanci, ma le aspettative per ora sono più che soddisfatte.

Che tipo di progetto di comunicazione e di distribuzione ha accompagnato negli ultimi mesi il rilancio di Birra Messina? Per il lancio nazionale, Birra Messina si è rivestita di una nuova immagine che si ispira al barocco siciliano e si colora del giallo del sole, del blu e del cobalto del cielo e del mare. Il veliero, al centro dell’etichetta, è metafora di arrivi e partenze, di commerci e scambi, d’incroci di popoli e culture. I decori ispirati al barocco rendono questa etichetta iconica, a forma di rombo che sembra quasi intagliata a mano, un’etichetta unica e distintiva. L’immagine della nuova Birra Messina Cristalli di Sale evoca invece la luce abbagliante delle saline dell’isola. Anche qui, i colori predominanti, il blu e il celeste, richiamano l’eleganza del mare. Anche la bottiglia, originale e innovativa, con una forma iconica, è un omaggio al barocco siciliano, da cui trae ispirazione. Secondo elemento fondamentale del rilancio è stato raccontare Birra Messina Cristalli di Sale, per la prima volta, a livello nazionale e in televisione con uno grande spot nazionale, attraverso volti autentici e paesaggi della sua terra. Lo spot è stato diretto dal regista e sceneggiatore siciliano doc Piero Messina e ha visto la musica originale del maestro Ennio Morricone. La Sicilia è così ricca, intensa e coinvolgente che non si può raccontare, si può solo sentire con tutti i sensi: la Sicilia è pura poesia. Da qui nasce l’idea della campagna “La Sicilia si sente”. Oltre alla parte iconografica, il terzo elemento della comunicazione è stato l’autenticità del racconto della storia imprenditoriale. Ci siamo confrontati con i media e le istituzioni locali e nazionali a viso aperto, convinti della bontà del progetto e insieme a Domenico Sorrenti abbiamo raccontato i dettagli di una partnership unica, di una storia a lieto fine e molto positiva. Avere la possibilità di aiutare il business della Cooperativa dei 15 a crescere, conferendo una produzione aggiuntiva e commercializzando le loro birre, per noi è stata una sorta di rivincita. In ultimo, ma fondamentale per il successo, la distribuzione

Birra Messina Cristalli di Sale, prodotta tra il capoluogo siciliano e la cittadina di Massafra in Puglia, porta avanti i sapori e i saperi di Sicilia in tutta Italia: quale sarà la prossima sfida da affrontare per il marchio? Lanciare un marchio a livello nazionale richiede investimenti, focalizzazione e costanza, e siamo solo all’inizio. Il prossimo anno dovremo continuare a lavorare nella direzione intrapresa per continuare a far conoscere e apprezzare Birra Messina e Birra Messina Cristalli di Sale. Elisabetta Pasca

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| OGGETTI ICONICI |

L’ITALIA HA “FATTOBENE” Un’inedita descrizione dell’Italia attraverso i suoi prodotti iconici. Fattobene è un progetto italiano ma dall’apertura internazionale, che con un linguaggio contemporaneo racconta una selezione di oggetti che hanno arricchito l’industria, facendo grande la storia del design, del gusto e del lifestyle made in Italy.

ad arricchirle. Omaggiare la cucitrice Zenith 548 è Se c’è una cosa che è un pregio avere, questa anche raccontare l’Italia del boom economico che è di sicuro una storia da raccontare. Ci sono segue alla seconda guerra mondiale, in cui il paese oggetti che quella storia la custodiscono e è in fermento e gli impiegati aumentano vertiginotramandano, oggetti che si inseriscono nel samente; così come ricordare la nascita delle Pastiquotidiano a tal punto da essere in grado glie Leone riporta all’ ‘800 e a quando le caramelle di descrivere noi e il paese in cui viviamo. erano un lusso per pochi, ma reso comune da Lo sanno bene Anna Lagorio e Alex Carnevali, Luigi Leone con la creazione di pastiglie digestive ufficialmente giornalista e fotografo, ma - fuori per concludere il pranzo con dalle etichette – amanti del bello una nota di dolcezza; o ancora e dell’Italia. Dalle loro menti è riprendere in mano l’Orologio nato Fattobene, un progetto che “Dovevamo raccontare l’Italia raccoglie gli oggetti italiani che a partire dai prodotti unici, iconici, Cifra 3 è tornare al tempo in cui - con il brevetto dell’orolohanno attraversato generazioni, quelli che nell’attraversare gio a rullo di palette – si diede diventando iconici. La loro storia le epoche riescono anche vita a un’invenzione destinanasce con un sito, ma si evolve e ta a rivoluzionare il modo di si arricchisce in forme ed espresa raccontare la storia visualizzare il tempo, tanto da sioni che passano dal libro ai dei territori italiani, diversi applicare la nuova tecnologia Saloni, dallo shop online al popma così ricchi di storia.” ai tabelloni orari di stazioni e up store a New York. Ogni nuova aeroporti. Fattobene riapre quel avventura non è stato un camcassetto per far fuoriuscire un caldo orgoglio per biamento, ma una perfetta prosecuzione di un’idea dall’identità salda, quella di continuare a tramanquella creatività Made in Italy che ha attraversato storie imprenditoriali di successo, in cui la qualità dare la storia delle aziende e dei loro prodotti, del e la cura del design erano i punti saldi della proloro passato e dell’importanza di renderlo sempre pria identità. Come quel cassetto è stato costruito attuale. Fattobene è in qualche modo un cassetto ce lo ha raccontato Anna Lagorio, con la passione dei ricordi, che con garbo e dedizione riporta alla e la curiosità di chi per lavoro colleziona il bello, il mente un archivio di oggetti comuni che hanno Fattobene. attraversato storie quotidiane e che continuano | 38 |


| OGGETTI | DUE RUOTE | | ICONICI

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| OGGETTI ICONICI |

Tanto per iniziare: cos’è Fattobene? Una vetrina, una collezione, una raccolta di storie… Fattobene è nato nel 2015, con l’intento di essere prima di tutto una raccolta di storie. Io all’epoca facevo la giornalista ed eravamo in un periodo in cui si parlava dell’Italia sempre in una maniera negativa, anche per via della chiusura di molte aziende. Sì, il periodo non era semplice, ma il nostro Paese aveva anche bisogno di una narrazione diversa, più risoluta e contemporanea. Ci piaceva molto l’idea di raccontare storie italiane, ma percorrendo un filone poco battuto, quello delle aziende storiche. Quell’idea ha trovato una conferma in un viaggio che io e Alex - socio nel lavoro e compagno nella vita privata - abbiamo fatto nel sud Italia, un viaggio di scoperta in cui – tra le altre cose – ci siamo imbattuti in una bevanda al caffè molto particolare, ma che si trova solo in Calabria, la Brasilena. Ci era piaciuta moltissimo, anche e soprattutto da un punto di vista estetico e grafico. Da lì abbiamo iniziato a farci delle domande, chiedendoci come mai un prodotto così bello non avesse vita al di fuori della Calabria. A quel quesito noi potevamo dare una risposta: dovevamo raccontare l’Italia a partire da quello, dai prodotti unici, iconici, quelli che nell’attraversare le epoche riescono anche a raccontare la storia dei territori italiani, diversi ma così ricchi di storia.

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| OGGETTI ICONICI |

Così una giornalista, un fotografo e tanta passione per la vita “all’italiana” danno vita a Fattobene... Siamo partiti dai prodotti storici che sono ancora in produzione, con una selezione di oggetti che è presto finita in un sito in cui raccontavamo l’unicità che li contraddistingueva. Il lancio del sito è stato molto fortunato: oltre all’interesse della stampa, anche le persone hanno iniziato a scriverci, chiedendoci dove potevano comprare quegli oggetti. Era tutto così inatteso, ma volevamo far continuare la nostra narrazione, così abbiamo deciso di aprire per Natale lo shop online, ideando per l’occasione una prima scatola speciale che conteneva 5 oggetti iconici, in grado di ricostruire una sorta di viaggio ideale in Italia. Abbiamo registrato subito sold out, ancor prima di Natale. Questo ci ha fatto capire che c’era effettivamente un interesse, che le persone che acquistavano quegli oggetti li amavano, amavano quella grafica antica che parlava al mondo contemporaneo in una maniera forte. È stato inevitabile ampliare lo shop online, così da permetterci di radicare il progetto e far circolare la nostra idea. Con quella visibilità e quegli acquisti ognuno stava contribuendo a continuare a far sopravvivere la storia delle aziende italiane e dei loro prodotti. Il passo successivo è stato il pop-up al Salone del Mobile di Milano, ripetuto in più edizioni: anche quell’occasione ci è servita molto, per farci rendere conto che l’interesse non coinvolgeva solo gli italiani ma anche il pubblico internazionale. È stato il nostro battesimo. | 41 |


| OGGETTI ICONICI |

Quanto ha giocato il design nella scelta dei prodotti? Molto. La nostra è stata una selezione sulla base di criteri precisi: ogni prodotto doveva essere in produzione da almeno 40 anni, avere una storia interessante e anche un design particolare o una grafica unica che non fosse stata modificata nel corso del tempo. In questa coerenza ogni oggetto diventava il perfetto rappresentante del saper fare italiano. E il viaggio poi ha avuto un’ulteriore evoluzione con il pop-up store nel MoMa Design Store di New York. Cosa ha significato far entrare la vostra idea in un luogo come il MoMA? Il passaparola che c’è stato tra le persone, la grande risonanza del progetto ha portato il MoMa ad interessarsi a noi, chiedendoci così di aprire a New York un pop-up store, che è stato l’apice dell’esperienza fino ad oggi. Non appena è arrivata la proposta abbiamo iniziato subito a fare squadra con le aziende, era un’occasione per noi e per loro e dovevamo essere tutti pronti ad affrontare questa magnifica esperienza. Il MoMa ha supportato, anche umanamente, l’idea: hanno riconosciuto in Fattobene il voler valorizzare l’Italia e il suo buon design senza tempo. Per noi è stata una grande crescita professionale, in cui abbiamo avuto l’opportunità di coinvolgere le aziende e far capir loro quanto sia importante il racconto della propria storia. Non è stata necessaria alcuna operazione di marketing, i prodotti avevano già una loro forza, bisognava solo trovare il modo giusto per comunicarla. Questo nostro obiettivo è risultato chiaro sin da subito, ne abbiamo avuto la riprova quando il Console Italiano a New York ci ha voluto incontrare: ha riconosciuto nella nostra avventura la grande capacità di andare oltre il classico racconto del Made in Italy, che coinvolge per lo più grandi marchi, ha apprezzato il saperci soffermare sulle realtà più nascoste, eppure così ricche di storia, utilizzando un linguaggio fresco e contemporaneo, adatto ad una città come New York. Fattobene è sicuramente un racconto dell’Italia fuori dagli stereotipi. Un’Italia dell’ingegno, della creatività, sopravvissuta a secoli di storia…. L’Italia è soprattutto questo. Alle persone è piaciuto il modo in cui gli oggetti sono stati raccontati: al MoMa abbiamo portato una selezione di 150 prodotti che tutti insieme raccontano un paese, in una maniera molto semplice. Il quaderno Pigna, le Pastiglie Leone, la Coccoina sono anche racconti di regioni, di competenze, di piccoli distretti industriali. Ognuno è testimone di un passato che è sopravvissuto e arrivato alla contemporaneità. | 42 |


| OGGETTI ICONICI |

Il ritorno al passato è sempre più frequente, nella moda, nella musica, nel design. Nel vostro caso è stata più nostalgia o voglia di non lasciar smarrire un’identità? Sicuramente non c’è un elemento nostalgico. Mi sono approcciata a questo tipo di ricerca come un archeologo che va in un paese e ne scopre quelli che sono gli elementi caratteristici e li mette in luce. È un atteggiamento che ci permette di guardare con rispetto al passato che ancora oggi esiste. Basti pensare alla Liquirizia Amarelli, presente sul mercato dal 1700. Oggi, nel periodo della globalizzazione, dell’uniformità dei prodotti, a spiccare è ancora la storia, la differenza. La Coccoina, le Pastiglie Leone, l’Amarena Fabbri, le Crystal Ball o il gioco dei Chiodini. Come risponderesti a un giovane americano che ti chiede “cosa sono?” Sì, effettivamente è successo. Al MoMa le persone si avvicinavano con grande curiosità, anche perché non avevano mai visto prima di allora quegli oggetti. Trovarsi davanti ad un prodotto come la Coccoina, una colla dal profumo intenso di mandorla, ha generato un po’ di confusione. Molte persone pensavano che fosse una crema e non sono stati pochi i casi di persone che se la spalmavano sulle mani. Non riuscivano a capacitarsi del fatto che una colla potesse stare in una scatola così bella, così diversa dalle confezioni stereotipate. I giovani che abbiamo incontrato, soprattutto le nuove leve del design, guardano questi oggetti con curiosità, li studiano, perché vogliono comprendere appieno l’appeal che ancora oggi hanno prodotti così “antichi”. Sono per loro una sorta di reperti, ma con una storia ancora così forte da raccontare e una bellezza da preservare. Il sogno di Fattobene è quello di diventare un luogo fisico meno temporaneo, un negozio che venda e racconti la storia del made in Italy. Partendo dal presupposto che tutte le città meriterebbero un Fattobene, c’è un luogo preciso adatto a questa avventura? Sì, questo è il nostro prossimo passo, creare un luogo fisico in Italia, perché è il paese da dove tutto è nato. Vogliamo creare uno spazio che possa essere di vendita, ma in cui possa sempre avere spazio l’arte del racconto, una casa della cultura materiale italiana. Nel posto che ci immaginiamo ciascuno può comprare questi oggetti, economici ma iconici, e avere la sensazione di portare a casa un pezzettino del paese, ma anche un’esperienza. Ci immaginiamo uno spazio con oggetti che cambiano, esposizioni temporanee: uno spazio vivo insomma. A voler scegliere una città adatta, in ballo ci sono Milano e Firenze: la prima è la perfetta cornice del design, la seconda è l’emblema della bellezza italiana. Lo store di Fattobene vuole essere un luogo in cui trovare il vero souvenir d’Italia, quello che conserva la vera storia, molto più di una calamita. Elisa Rodi | 43 |


SAP ANNUNCIA LA NOMINA DI EMMANOUEL RAPTOPOULOS AD AMMINISTRATORE DELEGATO DI SAP ITALIA

BASTIEN SCHUPP NOMINATO DIRETTORE MARKETING E COMUNICAZIONE DS AUTOMOBILES

Emmanouel Raptopoulos – in precedenza SAP Regional Chief Operating Officer per EMEA South Europe Middle East e Africa – si trasferirà in Italia per succedere a Luisa Arienti che ha coperto funzioni di elevato profilo per tutta la sua carriera nella multinazionale.

Bastien Schupp è stato nominato Direttore Marketing e Comunicazione DS Automobiles a partire dal 1 gennaio 2020. Riporta direttamente a Yves Bonnefont, Chief Executive Officer del Brand.

by Margherita Pituano

Bastien Schupp ha 23 anni di esperienza nel settore automotive presso numerosi brand inclusi Audi, Renault, Nissan e Infiniti. A partire dal 1 gennaio 2020, ha assunto la carica di Direttore Marketing e Comunicazione per il brand DS Automobiles a livello mondiale. Riporta direttamente a Yves Bonnefont, Chief Executive Officer del brand. Bastien Schupp sostituisce Arnaud Ribault, che entra nella divisione Latin America di Groupe PSA con il ruolo di Direttore Vendite e Marketing. “Bastien Schupp raggiunge e rafforza il team di managers di DS Automobiles in un momento durante il quale il brand sta entrando in una nuova fase della propria crescita. Voglio ringraziare Arnaud Ribault per il suo eccezionale contributo nella costruzione del brand DS Automobiles” ha affermato Yves Bonnefont, Chief Executive Officer di DS Automobiles.

Mettendo a disposizione la vasta esperienza nella gestione aziendale e il proprio know how nel settore dell’innovazione, Raptopoulos avrà la responsabilità di accelerare l’adozione delle soluzioni SAP, rafforzare la posizione di leadership di SAP nel mercato cloud e contribuire allo sviluppo e alla crescita dei clienti. “Sono entusiasta dell’opportunità di guidare un team forte, esperto e appassionato e di collaborare con un vivace ecosistema di oltre 400 partner che aiutano SAP a portare innovazione e crescita a ognuno dei nostri clienti in Italia. Il mercato a cui ci rivolgiamo è molto esteso: dalle grandi organizzazioni alla pubblica amministrazione, dalle piccole e medie imprese, al mondo della scuola e dei giovani, a quello delle organizzazioni no-profit” ha commentato Raptopoulos.

Emmanouel Raptopoulos | 44 |


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Nel suo libro del 2016 “The Fourth Industrial Revolution”, l’economista tedesco e fondatore del World Economic Forum, Klaus Schwab, descrisse gli anni che stiamo vivendo come quelli della “Quarta Rivoluzione Industriale”, ovvero come una nuova fase dell’era dello sviluppo economico e industriale della nostra società, scaturita dalla compenetrazione del mondo fisico e digitale. E, del resto, c’è sempre stata una tendenza piuttosto diffusa nel mondo filosofico e scientifico nel considerare le rivoluzioni industriali come un punto d’arrivo ideale nello sviluppo dei diversi cambiamenti culturali e scientifici innescatisi nel corso dello sviluppo della nostra società, e non semplicemente come “meri” momenti di sviluppo dell’industria per motivi strettamente legati all’economia e, più biecamente, al fatturato.

IL 2020 E LA CONSACRAZIONE DELLA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Quali saranno le tendenze tecnologiche del nuovo anno? A cosa andremo incontro con lo sviluppo del rapporto tra uomo e IA?

E dunque, dando ragione a Schwab, diremo che questa degli anni ’10 è stata davvero l’epoca del cambiamento, caratterizzata da innumerevoli progressi, in gran parte scaturiti da una più complessa e performante robotica, passando poi alla creazione di IA sempre più raffinate (e miniaturizzate), sino allo sviluppo del cosiddetto “Internet delle Cose” o IoT (Internet of Things) in cui le potenzialità della rete sono state estrapolate dal contesto intangibile del web e sono state amplificate dal collegamento delle cose di tutti i giorni con internet. Partendo dallo smartphone, passando per le automobili, e poi le suppellettili di arredamento, gli oggetti di casa sino alle stesse abitazioni, sempre più intelligenti e smart.

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La risultante di questa moderna versione del mondo, re una propria IA, che potranno quindi utilizzare servizi in cui il confine tra fisico e digitale sembra impalpabia base di intelligenza artificiale per i propri scopi privati le, è dunque una vera e propria rivoluzione, con tanti o commerciali, pagando ovviamente un piano di utilizzo. e numerosi settori aziendali che – certamente – si Banalmente penseremo poi all’introduzione della quinta trovano ad affannarsi alla ricerca di uno spazio perfetto generazione di connettività internet, ovvero il cosiddetto in un mercato quanto mai rapido, esteso e competitivo. 5G che, al netto di molte perplessità da parte di chi teme Siamo oltre la globalizzazione, e sempre più spesso ci si un qualche impatto sulla salute, permetterà connessioni rende conto di non riuscire a tenere il passo con la tecnoancora più veloci, stabili e performanti. Avviata già nel logia e i trend che stanno cambiando noi e il mondo che 2019, la rete 5G è oggi molto esosa, ma il mercato sta lavoci circonda. Da futuristico siamo passati al futuribile, fino rando alacremente per renderla alla portata di tutti (nella al realizzabile e benché siamo ancora lontani dall’immastessa misura in cui è successo per il 4G), ed i vantaggi ginare di vivere una vita sulla Luna, oggi quelle idee che non possono che essere innumerevoli in un mondo come animavano un’idea romantica del futuro, con macchine il nostro che, come detto, è oggi completamente basato volanti alimentate ad energie alternative e robot in ogni sulla connessione tra fisico, biologico e digitale. Non è abitazione si è fatta più concreta, realizzabile e raggiununa mera questione di quanto bene funzionerà il vostro gibile. Con questa rapidità, e con l’inizio di un nuovo Netflix mentre siete in viaggio: è una questione di come la capitolo degli anni 2000, è plausibile chiedersi “quale velocità delle informazioni impatta su tutti quei business sarà il prossimo passo?”. Quali sono, cioè, i trend che che possono fiorire o crescere grazie ad una connessione influenzeranno il nostro immediato più veloce o, semplicemente, più futuro? Ad essere onesti è difficile stabile e pulita anche nei luoghi rispondere nei limiti di un piccolo più remoti del pianeta. OvviaSiamo oltre la globalizzazione, articolo su carta, in quanto occormente, anche in questo caso, rerebbe una conoscenza immensa, l’Internet of Things sarà il primo e sempre più spesso ci si rende se non enciclopedica, non solo macrocosmo a ricevere la spinta conto di non riuscire a tenere dell’attuale panorama scientifico maggiore dallo sviluppo della rete il passo con la tecnologia mondiale ma, soprattutto, di quello 5G, con conseguenze che, per ora, e i trend che stanno cambiando economico e sociale poiché senza possiamo solo immaginare. Tra noi e il mondo che ci circonda. la spinta del mercato e l’interesse queste, ad esempio, c’è il probadell’acquisto (sfuggendo per un atbile miglioramento della guida timo al limite mentale di ciò che si autonoma, il cui funzionamento può acquistare in un supermercato, dipende fortemente dalla connesovviamente) è difficile azzeccare una previsione concreta. sione ad internet, e che dopo i timidi avanzamenti degli Eppure qualche idea si può comunque buttare giù, laultimi anni si appresta a compiere un passo deciso verso sciando che siano i posteri (o i noi del domani) a stabilire la maturità. Tesla, ovviamente, è in testa alla classifica dei se ci abbiamo azzeccato o meno. Se dovessimo comunque promotori dei sistemi di “Autonomous Driving”, ma sono scommettere su di un cavallo vincente, diremmo che il tante le compagnie che potranno beneficiare dai due punti trend più importante dell’anno 2020 sarà la definitiva precedenti (IA e 5G), dimostrandoci come la Quarta Rivoconsacrazione del concetto delle IA come servizio, ovvero luzione Industriale non sia un concetto d’alta filosofia ecoquella che è allo stato attuale una delle tecnologie più nomica, ma un cambiamento concreto in atto nel nostro duttili e performanti del pianeta messa al servizio di tutti. sistema sociale ed economico. Ma siamo solo all’inizio: Sono già numerose le compagnie che stanno investendo medicina predittiva, visione artificiale, blockchain, sono nello sviluppo di questo tipo di intelligenze e, se il biennio solo alcuni degli aspetti di uno sviluppo che ben presto 2017-2019 è stato il momento della nascita del trend trascenderà del tutto da ciò che è organico e ciò che è commerciale (pensiamo ad esempio ad Alexa di Amazon), digitale nella costruzione (in corso almeno da 40 anni) è logico supporre che l’applicazione delle IA raggiungerà di una “realtà estesa”, figlia dello sviluppo simbiotico ben presto risultati ancora più eccitanti ed importanti. di una visione del mondo che è data dal rapporto tra L’idea? Quella di sviluppare delle IA che fungano da l’uomo e la sua più grande invenzione: la macchina. strumenti di supporto per quegli attori del mercato che non hanno i fondi o le capacità economiche per sviluppaRaffaele Giasi | 48 |


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COSA CI INSEGNA LA SAGA DI STAR WARS SULLE RISORSE UMANE Tanto tempo fa, in una galassia molto, molto lontana, l’Impero Galattico decise di governare l’intero universo. ATTENZIONE SPOILER: la cosa non ha funzionato, perché?

Certo, potremmo dire che Luke Skywalker ha fermato l’Impero convincendo Darth Vader a lasciare il Lato Oscuro o che l’Alleanza Ribelle ha posto fine alla guerra facendo esplodere la Morte Nera, ma il vero motivo è che l’Impero fallì a causa di una cosa sola: cattive risorse umane. Di seguito gli errori più gravi commessi dalla gerarchia dell’Impero Galattico. 1. Non chiedere ai dipendenti di sacrificare la propria famiglia Darth Vader rimane piuttosto fedele all’Imperatore per quasi tutta la trilogia originale, ma quando gli viene ordinato di uccidere suo figlio, Vader lascia il Lato Oscuro e butta giù l’Imperatore nel reattore della Morte Nera, uccidendolo. Naturalmente questo è solo un esempio (oltretutto piuttosto estremo…), ma ci insegna una lezione importante: i valori della famiglia sono fondamentali. Se sappiamo che un determinato dipendente ha degli impegni familiari importanti, potrebbe essere un piccolo gesto evitare di inserirlo proprio in quello specifico turno lavorativo. Il datore di lavoro che fa richieste non necessarie ai dipendenti mette a dura prova la loro vita familiare, ed alcuni potrebbero scegliere di gettare il capo dentro un reattore nuclear… ehm, intendevo di cercare un altro lavoro.

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2. Il terrore non è proprio una motivazione così efficace Minacciare il proprio team di venditori di licenziamento per mancato raggiungimento degli obiettivi, non è una grande idea. Quante volte Darth Vader ha usato il Force Choke sui suoi scagnozzi perché non stavano eseguendo esattamente gli ordini come erano stati impartiti? E quante volte questa azione ha portato a migliori risultati? La risposta è: nemmeno una volta. Ed è stata probabilmente la paura di fare una brutta fine a impedire alla propria squadra di concentrarsi sul proprio lavoro e raggiungere risultati soddisfacenti! Se Darth Vader avesse trascorso meno tempo a intimidire i suoi sottoposti e più tempo ad istruirli, ispirarli e supportarli, i Ribelli non avrebbero avuto alcuna possibilità di ribaltare le sorti dell’Impero.

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3. I soldi non sono l’unico incentivo che esiste Han Solo è stato pagato profumatamente per aver consegnato Luke e Leia sani e salvi alla Rebel Alliance. Luke cerca anche di convincerlo ad aiutarli nella battaglia contro l’Impero, ma a quel punto Han rifiuta. Allora perché più in là decide di tornare per salvare Luke da Darth Vader col suo Tie Fighter? Ormai non era più una questione di soldi, ma il rapporto che aveva costruito con i Ribelli lo aveva convinto a cambiare idea, così come ci si aiuta fra colleghi in ufficio, senza dover per forza richiedere una paga per il lavoro extra. Anche le aziende possono aiutare i propri dipendenti a fare di più e dare il meglio senza aspettarsi una retribuzione ulteriore, costruendo una grande cultura aziendale in cui le persone possono davvero sviluppare la solidarietà fra colleghi e capire che c’è differenza fra “solo un lavoro” ed “una missione aziendale”.

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L’AUTORE: ALESSIA CASONATO Group HR Operations Director presso SKS365 Malta Ltd, ha lavorato negli uffici del personale di Q8 Petroleum, Procter & Gamble, BNL, BNP Paribas, Philip Morris, Bristol-Myers Squibb, Ministero dei Beni Culturali e Scuderie del Quirinale, potendo avere esperienza diretta del meglio e del peggio delle risorse umane. È una dei pochissimi italiani a poter dire di essersi dimessa da un posto pubblico per ritornare nel settore privato e crede che la più letale arma di distruzione di massa siano i dipendenti scontenti.

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4. Fidati dei tuoi dipendenti e della loro voglia di iniziativa Ricordate quando Luke decide di spegnere il proprio computer di bordo per poter invece utilizzare la forza? Luke stava andando contro le normali procedure standard perché sapeva che i suoi compagni di squadra erano ormai morti. Individuò un problema e decise di adottare un approccio diverso – salvando in questo modo la vita dei superstiti e vincendo la battaglia! Non ha senso insistere sul fatto che i dipendenti debbano necessariamente seguire le procedure se queste alla fine non sono efficaci. Se qualcuno agisce diversamente bisogna indagare il perché – è probabile che si possa scoprire un nuovo modo di gestire i processi che funziona meglio delle indicazioni che si sono sempre seguite in azienda. 5. La diversità della forza lavoro è vitale Da quello che vediamo nella saga, la forza lavoro dell’Impero Galattico è in gran parte bianca, maschile, di razza umana al quale è stato fatto un bel lavaggio del cervello. In effetti, per qualche tempo l’intero esercito dell’Impero era composto da copie della stessa persona! Un esercito di cloni è l’esatto contrario di una forza lavoro variegata. D’altra parte, l’Impero non si preoccupava di rispettare la diversity o di promuovere razze aliene svantaggiate. Volevano creare la forza lavoro più efficiente possibile in cui tutti avrebbero obbedito agli ordini senza discutere, in modo da accelerare il processo decisionale e di approvazione. Tuttavia, la mancanza di diversità ha danneggiato l’Impero sul lato dell’innovazione e dell’adattamento al nuovo. Quando la forza lavoro è composta da persone simili con idee simili, l’azienda può rimanere paralizzata: mancano nuove prospettive e la maggior parte del personale ha le stesse carenze. D’altra parte, le forze ribelli includevano invece specie aliene di tutti i colori, forme e dimensioni. Avevano accesso a una più ampia varietà di talenti, abilità, esperienza e prospettive. La diversità della forza lavoro li ha resi più agili. Forse se l’Impero avesse guardato al di fuori della sua normale serie di candidati ideali (o al di fuori della propria fabbrica di cloni), la loro storia sarebbe andata diversamente. 6. Investire in tecnologia Quante volte R2-D2 e C-3PO hanno risolto svariati problemi nel corso della saga di Star Wars? La tecnologia può salvare piccole e grandi aziende: investire in sistemi e software all’avanguardia può salvare un intero business e trasformare radicalmente i processi aziendali in modo che diventino più efficienti per il business. Intendiamoci: “la forza” dei propri dipendenti sarà sempre il fondamento del business, ma riuscire ad avere l’aiuto di una spada laser è ancora meglio. | 52 |


FIERA DI ROMA SOSTENIBILITÀ E CRESCITA: la nuova roadmap per le imprese sostenibili nella cooperazione allo sviluppo.

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, O N N A N ! E L O A I P U B OM AS T C N A F

ri, a d d Ro ta a le i n a ar . an dic a d ndi i C’era due volte, e forse G e a anche di più, Gianni di ita d ini e gr io b ta Rodari. C’è stato di sicuro ar na v am en n v una prima volta, quando nei i e nt ro. U ei b si d suoi 60 anni di vita ha arricchito e c st e d e l la cultura italiana con l’intelligenza h e de ma zion o c eclettica che gli ha permesso di essere no e ina and n maestro, pedagogista, giornalista e poeta. l’a eta ag ioc C’è stato una seconda volta quando, dopo la sua è o 0 e, p ’imm è g morte, ha lasciato a più di una generazione una lista 2 0 or e l hé 2 interminabile di libri, scritti, racconti, filastrocche, t r c Il rit lta er parole, suggerimenti e una libertà di immagini e visc co a, p s sioni che tutto hanno fuorché limiti. E Gianni Rodari a rm o c’è tutte le volte che la nostra fantasia vuole perdersi f per inventare. Quella di Rodari è una biografia che segna e oltrepassa il Novecento. Il 1920 è l’anno della sua nascita ad Omegna, in Piemonte, su quel Lago d’Orta che sarà presente – oltre che nella sua vita – anche nelle sue storie. Dopo le scuole elementari si trasferisce nella provincia di Varese, per poi arrivare in quella di Milano in età un po’ più adulta. Vive con la madre vedova perché il padre, fornaio, muore quando lui è bambino per salvare un gatto durante un temporale. Inutile chiedersi quindi perché il pane e i gatti si ritroveranno spesso in moltissime sue storie. Quando l’Italia entrò in guerra, il giovane Rodari aveva vent’anni, ma lo si dichiarò rivedibile e questo gli permise di non partire per il fronte. Nel 1941 fu costretto a iscriversi al partito fascista, perché questo era l’unico modo per poter lavorare come maestro e riuscire a guadagnare il necessario. La guerra ebbe comunque delle ripercussioni nella sua vita, portandogli numerosi lutti, tra cui la morte di due cari amici e il dolore di sapere il fratello Cesare internato in un campo di

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concentramento in Germania. A quel punto Gianni Rodari si avvicinò al Partito Comunista, a cui si iscrisse nel 1944 e partecipando alla lotta della Resistenza tra le montagne della Lombardia. È con la fine della guerra che intraprende la sua carriera giornalistica, curando – per il suo essere maestro – anche rubriche per bambini. E sarà quello dei più piccoli e dei ragazzi l’ambiente che mai lo annoierà, cogliendo in quella giovanissima età la vera risorsa per un mondo a colori. Gianni Rodari è stato maestro non solo all’interno di un’aula, perché a lui va il merito di aver insegnato – senza salire in cattedra – che è possibile prendere alla sprovvista le parole, senza ingabbiarle, ma facendole diventare un gioco di creazione. La scrittura per Rodari non ha mai risposto a delle regole, ma lascia spazio alla libertà e all’inventiva, perché anche da questo approccio passa l’esplorazione e la comprensione del mondo più curioso che ci sia, quello quotidiano. Nelle sue storie non entrano mai figure fiabesche ma solo personaggi comuni

Nel 1970 Gianni Rodari ha ricevuto il Premio Hans Christian Andersen, il “Piccolo Premio Nobel” della narrativa per l’infanzia, il più prestigioso riconoscimento internazionale che premia la qualità letteraria ed estetica degli scritti prodotti nel corso della carriera. che mai rinunciano alla loro stravaganza. A popolare “Favole al telefono” sono, per esempio, Alice Cascherina o la donnina che contava gli starnuti, gli abitanti del paese con la S davanti, gli uomini di burro, l’Apollonia della marmellata o Giovannino Perdigiorno: ognuno portatore di un insegnamento, semplice e divertente nella forma, arguto nella sostanza. Da questa visione si comprende bene quello che è il significato che si racchiude all’interno de “La grammatica della fantasia”, il suo testo più conosciuto, una sorta di manifesto teorico su ciò che appartiene all’arte di inventare storie, tracciando le linee guida di una nuova disciplina, la “fantastica”, quell’arte del narrare appesa al filo dell’immaginazione. “Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle favole – scriveva Rodari – Servono alla poesia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico: in-

1920-2020: 100 anni di Gianni Rodari Un anno di festeggiamenti per il centenario della nascita di Gianni Rodari. Il sito ufficiale www.100giannirodari.com promuove e raccoglie eventi e inziative. Letture, spettacoli, musical, mostre, tutti ispirati alle fantastiche creazioni di Rodari, con tante iniziative per e dalle scuole. E la possibilità di aggiungere il proprio evento. www.100giannirodari.com

In queste pagine: © Mauro Maulini - “Un giocattolo per Natale”, G. Rodari (Interlinea, Novara 2001)

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Le parole di Gianni Rodari arrivano in Baviera Anna Conti, originaria del Lago d’Orta (Piemonte) - che ha dato i natali al grande autore italiano - è l’organizzatrice del ciclo di iniziative che si terranno nel 2020 in Baviera per omaggiare Gianni Rodari a cent’anni dalla sua nascita. Ad essere interessate saranno le città di Ingolstadt e Monaco, che saranno protagoniste di innumerevoli attività che da marzo coinvolgeranno scuole, istituti di cultura, organizzazioni e centri culturali. I giorni bavaresi che accompagneranno al 23 ottobre 2020 – giorno del centenario – saranno arricchiti di storie, filastrocche, lezioni ed eventi ispirati dall’unico ingrediente che possa rendere realmente omaggio a questo anniversario speciale: la fantasia. Anna Conti, con il suo calendario di progetti e iniziative ha così diffuso in Germania quello che è lo spirito che contraddistingue l’anniversario, dal titolo “100 Gianni Rodari”: moltiplicare per 100 la circolazione delle sue storie, celebrando e diffondendo i contenuti rivoluzionari della sua poetica, con l’augurio di formare, tramite i suoi libri, una nuova generazione di piccoli e appassionati lettori. Il programma completo e tutti gli ospiti sul sito www.annaconti.com Anna Conti – info@annaconti.com Foto © Mauro Borzini Fotoclub Borgomanero

© Mauro Maulini - “Il ragioniere pesce del Cusio” (Interlinea, Novara 1998)

somma, all’uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché, in apparenza, non servono a niente: come la poesia e la musica, come il teatro o lo sport. Servono all’uomo completo.” Manca moltissimo Rodari: quest’anno – centenario della sua nascita (23 ottobre) – ancor di più. Manca per il suo stare lontano dalle lezioni canoniche, per la sua diffidenza nel puntare il dito contro l’errore, ma trovando in questo un valore creativo in grado di far crescere i bambini, ma anche genitori e insegnanti. Perché Rodari non parla solo ai bambini, ma anche all’età adulta, quella che – senza banchi o grembiuli – affronta la realtà e il mestiere di genitore o insegnante, a volte sbagliando, a volte perfezionando. Nelle poesie di Rodari non si nascondono lezioni, ma suggerimenti per imparare l’arte del quotidiano, avvalendosi delle doti di inventiva che ognuno di noi ha, basta solo saperle solleticare, piccoli o grandi che si sia. Gianni Rodari è ancora oggi un manifesto culturale italiano, per il suo aver investito conoscenza e passione nel rendere i bambini più coscienti e curiosi nell’approcciarsi al mondo delle parole e allo strumento dell’immaginazione. “La fantasia è un posto dove ci piove dentro”, diceva Italo Calvino. Gianni Rodari ci insegna che è importante non aprire mai l’ombrello. Elisa Rodi | 58 |


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Rodari, Colla, Maulini: una felice collaborazione

di Silvia Maulini Gianni Rodari, Gianni Colla e Mauro Maulini si ritrovano finalmente fra Monaco di Baviera e il Cusio in occasione del centenario della nascita dello scrittore di Omegna. Tre cusiani, di nascita o di adozione, accomunati da una visione anticonformista e creativa del mondo e della realtà umana, capaci di vedere oltre alla superficie delle cose e delle persone e impegnati a creare con parole scritte o declamate o con linee e colori mondi di fantasia affascinanti e ironici. Maulini e Rodari si incontrarono brevemente negli anni settanta sul lago d’Orta e discussero a grandi linee il progetto di un allestimento teatrale dell’opera “Gelsomino nel Paese dei Bugiardi”. La prematura morte dello scrittore precluse un’ulteriore diretta collaborazione ma Il progetto si concretizzo’ finalmente nel 1985 con la realizzazione da parte di Maulini dei costumi e marionette per un allestimento dell’opera rodariana su sceneggiatura di Gianni Colla per il Teatro Colla di Milano. La prima del “Gelsomino” con le marionette di Maulini ebbe luogo nel 1986, preceduta da mesi di intenso lavoro e innumerevoli incontri tra l’artista e i Colla, spesso sulle rive del lago d’Orta. Maulini produsse decine e decine di bozzetti e prototipi, sotto lo sguardo competente e critico di Gianni Colla e della figlia Cosetta. Lo spettacolo fu un grande successo e rimane tuttora nel repertorio del Teatro Colla a Milano. Dopo il “Gelsomino” la collaborazione proseguì con la realizzazione da parte di Maulini di schizzi e prototipi per un allestimento presso i Colla dell’opera di Rodari “C’era due volte il barone Lamberto”, progetto che purtroppo non venne mai realizzato. Il materiale prodotto per i due progetti fortunatamente non e’ andato perduto e costituisce una componente visiva di grande importanza in questa serie di manifestazioni organizzate in onore del centenario della nascita di Rodari.

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IL PIÙ BEL FIORE DELLA LINGUA ITALIANA L’intervista a Paolo D’Achille, accademico della Crusca e Responsabile del Centro di Consulenza linguistica dell’Accademia

L’Accademia della Crusca è una delle più anti“Il più bel fior ne coglie”: da un poetico verso di che istituzioni linguistiche d’Italia e del monFrancesco Petrarca viene ricavato il motto che do: come inizia la sua lunga e virtuosa storia? descrive l’essenza e la vocazione dell’Accademia L’Accademia della Crusca è stata fondata nel 1583, della Crusca, una delle istituzioni linguistiche nasce come costola dell’Accademia Fiorentina. più antiche e accreditate in Italia e nel mondo. La All’inizio aveva carattere informale: la “brigata dei fama dell’Accademia si lega da sempre alla simbologia crusconi” si opponeva al formalismo dell’Accademia del grano, il quale, depurato della crusca, produce la fiorentina, con discorsi giocosi, noti come “cruscafarina, quel fiore sopraffino paragonabile alla “buona te”. Gli accademici in seguito, lingua” da salvaguardare. Così, grazie all’impulso del filologo come il mugnaio discerne la buoLeonardo Salviati, sentirono la na farina dalla crusca di scarto, La prestigiosa Accademia necessità di creare un vocaboallo stesso modo la prestigiosa lario della lingua italiana che Accademia si assume la responsadella Crusca si assume guardasse alla lingua dei granbilità di separare le forme corrette la responsabilità di separare di autori del ’300, con qualche e pulite dell’italiano da tutte le le forme corrette e pulite ampliamento in direzione sozzure che rischiano di corromdell’italiano da tutte le sozzure popolare e moderna. Dopo perlo. La missione dell’Accadeche rischiano di corromperlo. una lunga e paziente opera di mia, intrapresa nel 1583, è rimasta schedatura, il volume fu pubcostante nel corso dei secoli, blicato nel 1612 a Venezia, la protraendo la sua azione e i suoi capitale editoriale del tempo: questo vocabolario fu interventi fino all’epoca contemporanea, accompail primo monolingue di una lingua moderna e tutti gnando la lingua italiana nel suo viaggio di lingua viva gli altri venuti in seguito per le altre lingue europee in costante evoluzione. Il Professore Paolo D’Achille, si ispirarono al modello fornito dall’Accademia della accademico della Crusca e Responsabile del Centro Crusca. Tuttavia, in maniera inusuale, il Vocaboladi Consulenza linguistica dell’Accademia, racconta la rio non faceva menzione del nome della lingua di storia, l’impegno e l’approccio all’innovazione di un cui raccoglieva le parole. C’erano infatti polemiche baluardo culturale che sorveglia un patrimonio, quello molto forti a riguardo: non si poteva parlare di linguistico, ineffabile e delicato quanto cruciale. | 61 |


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fiorentino perché si sarebbero offesi gli altri italiani e non si poteva parlare nemmeno di italiano perché i fiorentini sarebbero stati contrari. Si optò dunque per “Vocabolario degli Accademici della Crusca”, anche se l’impostazione era evidentemente toscanocentrica. Per questo il vocabolario fu criticato, ma riscosse comunque un grande successo e tra il ’600 e il ’700 conobbe ben 4 edizioni, ampliando via via il patrimonio degli autori citati, accogliendo anche scrittori non fiorentini. Come funziona il Centro di Consulenza linguistica dell’Accademia che Lei dirige? La Crusca ha svolto un servizio di consulenza anche nei secoli passati: abbiamo testimonianze di personalità e istituzioni ragguardevoli che si rivolgevano all’Accademia per avere dei suggerimenti in materia di lingua. Ma il vero e proprio Servizio di Consulenza è nato in tempi abbastanza recenti: a partire dal 1990, Giovanni Nencioni, allora Presidente dell’Accademia, ebbe l’idea di pubblicare una rivista semestrale, “La Crusca per voi”, nella quale gli accademici o altri docenti di lingua rispondevano ai dubbi dei lettori. Al giorno d’oggi nella rivista non c’è più solamente questo servizio di “consulenza”, ma anche articoli su problemi generali e su vari temi quali la terminologia, i dialetti, il plurilinguismo, l’italiano a scuola. Nel frattempo, con l’avvento della rete, il servizio di consulenza si è spostato online, all’interno del sito dell’Accademia. Qui c’è una sezione dedicata, dove due volte a settimana vengono pubblicate risposte su dubbi grammaticali e linguistici. Ci siamo aperti alla contemporaneità. Abbiamo anche una pagina Facebook e un profilo Twitter, in cui si dibattono questioni linguistiche, specie sulla base delle risposte pubblicate sul nostro sito. Verso quale direzione sta viaggiando la lingua italiana? La lingua italiana è stata per molti secoli una lingua scritta, di conseguenza una lingua molto stabile, un po’ come il latino utilizzato dai grandi autori dell’antichità classica, che ancora oggi studiamo a scuola. L’italiano sta cambiando perché dopo l’Unità d’Italia è diventato una lingua parlata e da lì è iniziata la “trasformazione”, l’avvicinamento dei vari dialetti verso la lingua comune e comunemente usata. Naturalmente l’uso determina un cambiamento: alcuni tratti sono stati persi, alcuni sono mutati, altri si sono “mescolati” con quelli di altre lingue e dialetti. Non esiste più una capitale linguistica come è stata Firenze nei primi decenni postunitari: l’influsso romano si è fatto sentire e vari termini prove|| 126 62 ||


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nienti dal Nord e dal Sud dell’Italia sono entrati man mano nell’uso comune. Basti pensare al termine “pizza”, parola tipicamente meridionale, che nel tempo ha sostituito la parola “focaccia”, più legata alla Toscana.

re oggi non vengono più adattate e si usano così come sono. In altre nazioni, come Francia e Spagna, c’è un senso nazionale che si oppone all’anglismo, da noi questo sentimento è meno presente ed ecco perché usiamo molto parole inglesi. Come Accademia della Crusca comunque proponiamo, quando possibile, delle eventuali “sostituzioni” ai termini stranieri.

Un aspetto da considerare nel cambiamento è quello legato ai termini mutuati dall’inglese, che spesso sopravanzano quelli propriamente italiani. L’unico modo per salvare Per concludere, per Lei quali Come si affronta questo fenosono le parole italiane da salmeno? le parole della nostra tradizione vare dall’oblio? È un fenomeno che è sempre è quello di leggere molto, Sono tante, anche perché a scuola esistito, prima riguardava il frane anche di scrivere testi un po’ si è persa un po’ l’abitudine alla cese, mentre ora è l’inglese la più “consistenti” di quelli lettura di testi dei grandi autori lingua che “contamina” maggiorche circolano nei social. del passato e così molte parole mente l’italiano. cadono più facilmente nell’oQuando la lingua ha prestigio in blio. Potrei citare “indarno” che un certo campo, per forza di cose significa “invano”, di fatto oggi questa parola non è consegna parole alle lingue con cui entra in contatpiù conosciuta. L’unico modo per salvare le parole to: infatti anche l’italiano nei secoli precedenti ha della nostra tradizione è quello di leggere molto, e dato in prestito molti termini alle altre lingue euroanche di scrivere testi un po’ più “consistenti” di pee, in particolar modo nel lessico musicale. Detto quelli che circolano nei social. questo, l’italiano per me dovrebbe recuperare una propria capacità creativa. Si sta perdendo l’abitudiElisabetta Pasca ne di tradurre i termini stranieri, molte parole este-

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LA NOTTE DELLE LUNGHE POLEMICHE Dominate da Joker e da un pugno di altri titoli, le candidature agli Oscar 2020 continuano a riflettere (per contrasto?) i cambiamenti di un’industria e di una società

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Ne avevamo già parlato e ne torneremo a parlare: al di là della qualità dei film o delle serie tv, la Hollywood degli ultimi anni ha preso a cuore il tema della rappresentanza, ovvero di limitare il dominio del maschio bianco etero all’interno delle opere, sia come temi che come professionisti al lavoro, per dare spazio alla diversità dei generi sessuali o delle derivazioni geografiche e culturali, per abbracciare una volta tanto punti di vista che non siano dominanti. Il giornalismo e l’opinione pubblica però amano le semplificazioni: così dopo la protesta di registi, attori e professionisti afroamericani per la loro assenza dalle nominations agli Oscar di un paio di anni fa, il focus si è spostato sulla presenza di registe donne e di film diretti da donne. L’edizione 2020 degli Academy Awards nasce sotto la stella del malumore, della polemica, del fastidio di chi nella battaglia per l’equità rappresentativa ha investito molte energie negli ultimi tempi, femministe in primis: un malumore che ha messo in ombra fatti, numeri e nomi. A partire dalle 11 candidature raccolte da Joker, il sorprendente film di Todd Philips già premiato a Venezia col Leone d’oro e che ha in un certo senso riscritto - più o meno consapevolmente - la percezione del cine-comic, seguito a una sola candidatura di distanza da The Irishman di Martin Scorsese, 1917 di Sam Mendes e C’era una volta a Hollywood di Quentin Tarantino: film che, almeno in patria, hanno raccolto grandi entusiasmi critici e incassi ma che al contempo hanno irritato la critica più militante per il modo in cui ossequiavano alcune logiche patriarcali del cinema USA. Joker esaltando la figura dell’incel (ovvero il maschio arrabbiato con il mondo e con le donne in particolare su cui scarica le colpe), The Irishman per il personaggio della figlia di De Niro che non parla, un po’ come la Sharon Tate interpretata da Margot Robbie nel film di Tarantino, mentre il film di Mendes si è salvato dalle polemiche, ma essendo ambientato in trincea va da sé che non si vedono donne. Polemiche tutte piuttosto pretestuose o fuori centro, per chi scrive, e che culminano soprattutto con la delusione per l’assenza di Greta Gerwig dalla nomination per la migliore regia con il suo Piccole donne, uno dei film più amati dalla critica americana ma meno riconosciuti ai premi quest’anno, stando a chi polemizza a causa dell’inveterato maschilismo conservatore dell’Academy che | 67 |


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ha celebrato 5 registi maschi su 5 e lasciando fuori altri film ritenuti meritevoli (forse non così tanto). Che per carità, ci può stare, anzi sicuramente tra i giurati di Los Angeles spira aria di conservazione come spesso nelle istituzioni, ma quella stessa istituzione un paio di anni fa nominò l’esordio di Gerwig, Lady Bird, a scapito di un pilastro di quell’istituzione, Steven Spielberg con The Post. Inoltre, rispetto all’anno scorso, i film diretti da donne ad avere almeno una candidatura sono aumentati - 17 contro i 10 del 2019 - arrivando alla categoria del miglior lungometraggio documentario in cui 4 dei 5 film in lizza sono diretti da donne. La situazione è in evoluzione ed è merito proprio delle polemiche e delle riflessioni in merito se le cose stanno cambiando, ma chiedere anzi pretendere un’equivalenza quando si parla di gusti e presunti meriti non ha senso: ne avrebbe forse equiparando la composizione delle giurie, come è stato fatto, ma soprattutto intervenendo in fase produttiva. I dati dicono che al massimo il 25% dei film è diretto da donne e che trovare una donna in certe maestranze è impresa difficilissima: allora se si deve ragionare di diversità ed equità lo si faccia nel pratico, magari aumentando i film diretti (e prodotti) da donne in modo da arrivare almeno al 40% e permettendo a direttrici della fotografia, montatrici e altre tipologie tecniche di lavorare di più. Sarebbe una rivoluzione. Tornando al premio, intanto, la rivoluzione potrebbe farla Parasite: il magnifico film del sud-coreano Bong Joon-ho ha avuto 6 nomination, tra cui quella ovvia per il miglior film internazionale, e potrebbe dire la sua anche come miglior film in assoluto, stabilendo un record che ha già battuto vincendo i Sag, i premi dati dal sindacato attori, tra i principali riconoscimenti precedenti agli Oscar. Stando ai bookmaker, la parte del Leone potrebbe farla 1917, film di guerra in piano sequenza, ma al nostro animo cinefilo piacerebbe vedere trionfare proprio il film di Bong, una commedia nera trascinante, perfetta, scritta e diretta con un ritmo, una precisione e una densità tematica che lo rende il capolavoro dell’anno. E tale resterà in ogni caso, che l’Academy se ne accorga o meno.

L’AUTORE: EMANUELE RAUCO Critico e giornalista cinematografico multimediale, attivo dal 2006 sul web per poi passare alla carta stampata, alla radio, alla tv e al video su YouTube. Scrive per La rivista del Cinematografo, Il mucchio selvaggio, Il sussidiario e collabora con varie testate. Selezionatore dal 2016 per la Mostra del Cinema di Venezia e curatore dei festival di Catania e Formia, ha una passione per l’uso critico dei social network e la convinzione che possano generare contenuti e non solo rumore.

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I mariachi spolverino le loro chitarre, sgranchiscano le dita e preparino la voce: dal 13 febbraio su Netflix torna con la seconda stagione la fortunata serie Narcos Mexico, nata inizialmente come quarta stagione della serie Narcos, dedicata al re del narcotraffico colombiano Pablo Escobar, e poi successivamente sviluppatasi come un vero e proprio spin-off focalizzato sulle vicende del Cartello di Guadalajara in Messico. Dopo l’addio allo show dell’attore Michael Peña, a causa della drammatica uscita di scena del suo personaggio, il coraggioso poliziotto della DEA Kiki Camarena – a seguito dell’operazione sotto copertura per smascherare i traffici del cartello conclusasi col suo massacro per ordine del Padrino Félix Gallardo, interpretato con magistrali sfumature perturbanti dall’attore messicano Diego Luna – ritroviamo in questo nuovo capitolo una situazione altamente esplosiva. Niente lieto fine, infatti, ma, oltre alla morte dell’eroe, vediamo il cattivo, Gallardo, forte degli appoggi politici basati su ricatti e corruzione, che la spunta ancora una volta, sacrificando i suoi più fidati compari, Rafael Caro Quintero e Don Neto, e sfuggendo alla giustizia, ma scatenando anche una reazione di forza mai vista prima da parte della DEA, che, con l’Operazione Leyenda, intende vendicare il collega barbaramente torturato e ucciso e mettere fine al traffico di stupefacenti tra il Messico e il sud Dal 13 febbraio, su Netflix, con la seconda stagione di Narcos degli Stati Uniti. Mexico, riprende il racconto della guerra ai signori del narcotraffico Scatta così una nuova fase della guerra ai Narcos, con una caccia all’uomo senza quartiere, messa in piedi da un gruppo di agenti determinati, senza scrupoli e più motivati che mai, intenzionati a raggiungere lo scopo anche attraverso metodi poco ortodossi e più cruenti. Nell’ultimo episodio della prima stagione, il nuovo scenario è prefigurato con l’apparizione del personaggio misterioso che fino ad allora aveva narrato le vicende come voce fuori campo. Si tratta dell’agente Walt Breslin, interpretato dall’attore Scoot McNairy, già visto in True Detective, chiamato a guidare la task force incaricata di stanare, con ogni mezzo, i responsabili materiali e morali dell’omicidio di Camarena. Il teaser della seconda stagione, della durata di circa venti secondi, ci ha mostrato, in un serrato primo piano, il volto enigmatico di Diego Luna, mentre la voce fuori campo ha segnato le coordinate del nuovo corso, con poche, lapidarie, ma significative parole: “Ognuno ha fame di qualcosa. Se hai un sussulto, anche la bestia più feroce finisce in gabbia”. Si annuncia in questo modo il tema della caccia che caratterizzerà la seconda stagione, ancora una volta prodotta da Gaumont Television per Netflix, con Eric Newman nel ruolo di produttore esecutivo e showrunner e José Padilha, Doug Miro, Carlo Bernard

C’È ANCORA DEL MARCIO A GUADALAJARA

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e Andrés Baiz alla produzione esecutiva. Tra gli interpreti troviamo anche Andres Londono nella parte di Enrique Clavel, Alex Knight, nel ruolo di Kenny Moss, Miguel Rodart nei panni di Danilo Garza, Jesse Garcia in quelli di Sal Orozco e Matt Biedel nel ruolo di Daryl Petski. Inoltre ci saranno Jesus Ochoa nella parte di Juan Nepomuceno Guerra, Flavio Medina che interpreta Juan Garcia Abrego, Alberto Zeni nel ruolo di Amat Palacios, Jero Medina in quello di Ossie Mejia. Cast molto corposo, insomma, che vede inoltre la partecipazione di Jose Julian, a cui è stata affidata la parte di Javier Arrelano Felix, Noe Hernandez, che interpreta Rafael Aguilar, e Nat Faxon, che sarà Ted Kaye. Dopo l’accordo con il governo messicano, tenuto in pugno per via delle prove di coinvolgimento, copertura e corruzione in relazione ai traffici di droga, Gallardo dovrà trovare nuove strategie per mantenere la sua autorità, gestendo la frammentazione delle plazas messicane, mentre crescerà l’influenza e il peso di un altro personaggio, El Chapo, finora rimasto ai margini della storia, ma pronto a ricoprire un ruolo terribile e capitale nello scacchiere del potere del narcotraffico. Questa seconda stagione racchiude uno snodo narrativo fondamentale che riassume alla perfezione i dritti e i rovesci di un conflitto sanguinoso e senza regole, che ha purtroppo gettato le basi di un presente incerto, segnato irrimediabilmente da una scia di violenza spietata. Lo stesso Eric Newman ha espresso la necessità di indagare le origini del male e del ruolo giocato dagli Stati Uniti nel panorama dei traffici illegali di stupefacenti, in modo da poter arrivare a razionalizzare i livelli di brutalità raggiunti: per lo showrunner la seconda stagione della serie sarà un “Vaso di Pandora, i cui contenuti restano ancora qualcosa contro cui lottiamo a trent’anni di distanza, nel tentativo di fermarli e contenerli”. Non a caso, nel voice over del primo final season, lo stesso Walt asserisce convinto: “Quello che è successo a Guadalajara nei primi anni ‘80 è stato l’inizio. È dove è stato sparato il primo colpo, quello che ha iniziato la guerra alla droga. E dopo, nessuno sarebbe stato lo stesso. Come poteva essere? Sapevamo di essere in guerra. Ora, era arrivato il nostro turno. Presto lo avrebbero saputo anche loro”. Le lenti scure degli occhiali da sole di Félix Gallardo celano due occhi gelidi e calcolatori, quasi impossibili da decifrare: di fronte al Padrino l’orizzonte è altrettanto imperscrutabile, ma si delinea l’alba di una nuova era di sangue. C’è ancora del marcio a Guadalajara, la battaglia è appena cominciata e non se ne vede la fine. Elisabetta Pasca | 72 |

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Basterebbero poche parole per capire come, nel mondo culinario, il nome di Mauro Colagreco sia tanto in alto nell’Olimpo della gastronomia. Chef tristellato di origini italiane (i suoi nonni erano di un paesino abruzzese della provincia di Chieti, di cui ha la cittadinanza onoraria) ma di nazionalità argentina, ha raccolto in Francia (Mentone, a due passi dal confine italiano) i risultati della sua lunga ma fruttuosa semina. Una semina partita da Buenos Aires e compiuta nel Paese dei Lumi. Sì, perché chef Colagreco è il proprietario di quello che, lo scorso giugno, è stato dichiarato al Marina Bay di Singapore come miglior ristorante al Mondo dalla classifica The World’s Best Restaurants. Il Mirazur, tempio laico della cucina contemporanea, svetta su una collina che sorveglia

SIMPLY “THE BEST” Quando si parla di Mauro Colagreco si rischia di sfociare nel banale. Come quando, scrivendo di calcio, si decide di conversare di Messi o Ronaldo, o come quando nel basket si affronta l’argomento LeBron James Mentone, accogliendo i primi turisti che dal confine nostrano si dirigono verso la Costa Azzurra. L’ascesa sulla vetta dell’Olimpo culinario il Mirazur l’ha effettuata in pochi anni, tanto da passare dal 2016 al 2019 dal sesto al primo posto della classifica best restaurants. Peccato veramente, perché per qualche centinaio di metri l’Italia non si è issata (nuovamente) sulla vetta della cucina mondiale. La gavetta sotto i grandi della cucina francese, come Bernard Loiseau, Alain Ducasse e Alain Passard, ha formato e forgiato Mauro Colagreco secondo i canoni dell’alta gastronomia mondiale. Le tre stelle (primo argentino a conquistarle), assieme ad una miriade di altri riconoscimenti, e la vetta del The World’s Best Restaurants sono il “normale” traguardo di uno chef eccezionale. La sua storia, e la sua cucina, però ce la facciamo raccontare direttamente da lui.

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Mauro, tu sei di origini italiane, di nazionalità argentina e lavori in Francia. Quanto ha influito questo essere “internazionale” nella tua cucina? Le mie origini e il mio apprendistato hanno giocato un ruolo enorme nella creazione del mio stile di cucina. Anche qui voglio sempre dare un impatto forte, è nel mio sangue. Uso i prodotti locali come ispirazione, abbinandoli seguendo differenti tecniche del mio bagaglio apprese durante il mio training in Francia e in altri paesi del mondo. Guardandoti indietro, come e cosa ricordi dei tuoi inizi? La mia strada nel mondo della cucina l’ho intrapresa nel mezzo di un personale periodo di crisi. Non ero sicuro di quale direzione prendere nella mia vita ed ero giunto di fronte a un bivio, ma a volte è questo che ti porta alle migliori opportunità. Ho studiato per una laurea in letteratura e ho provato a seguire le orme di mio padre come contabile, ma non avevo passione per nessuno dei due settori. E poi cos’è successo? Mia sorella mi ha ricordato quanto amassi cucinare con mia nonna quando ero un bambino, ed è stata proprio questa memoria a farmi scattare portandomi a intraprendere un percorso nel mondo della cucina. Ora non riesco che a vedermi come cuoco. Su quali valori si basa la tua cucina? Posso descriverla in poche parole: condivisione, stagionalità, territorialità e bellezza. La mia filosofia si poggia sul lavoro con prodotti freschi provenienti non solo dal mio giardino, dai monti o dal mare, ma anche da piccoli produttori e da mercati locali. Tutto segue il ritmo delle stagioni a beneficio della massima qualità.

Interni ed esterni del Mirazur. Ph: Nicolas Lobbestael

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Barbabietola in crosta di sale e crema di caviale. Ph: Lopez De Zubiria

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Mauro Colagreco del Mirazur, il miglior ristorante del mondo. Ph: Matteo Carassale

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Il tuo ristorante gode di una posizione privilegiata, tra il mare e le montagne, sulla Costa Azzurra. Nella tua cucina riproponi questo particolare abbinamento? Certamente, il Mirazur è sul confine franco-italiano quindi l’ispirazione viene dall’ambiente che mi circonda: le montagne, il mare e il mio giardino. Mi piace proporre ai clienti un menù presentato come un viaggio, un’esperienza sensoriale tra i giardini, i monti e il mare attraverso i loro magnifici ingredienti. Provo a esaltare il prodotto per mantenere la sua essenza e presentarlo nella sua forma più bella attraverso il piatto. Lo scorso giugno il tuo Mirazur si è aggiudicato il premio come “Miglior ristorante al mondo”. Che significato ha avuto? Questo riconoscimento, che viene dai miei stimati colleghi e dalla critica, è un grande onore. Valorizza il percorso della mia vita dall’Argentina sino alla Costa Azzurra, un territorio che

La mia filosofia si poggia sul lavoro con prodotti freschi provenienti non solo dal mio giardino, dai monti o dal mare, ma anche da piccoli produttori e da mercati locali.

mi accolto così calorosamente quasi 20 anni fa. È stata una grande gioia aver riportato questo premio in Francia. I miei piatti arrivano dal cuore e io amo condividerli con i miei ospiti. Al Mirazur stiamo ancora festeggiando... Da quando hai aperto il Mirazur, nel 2006, ad oggi in cosa ti senti maturato e cambiato? Sono arrivato a Mentone con molte ricette apprese durante le mie esperienze precedenti. Arrivavo da Parigi e in breve tempo ho realizzato che gli ingredienti erano molto diversi da quelli della capitale. Così ho “gettato” quelle ricette che mi portavo dietro e ho iniziato a scoprire i prodotti locali, iniziando a cucinare usando le materie prime provenienti dai mercati e dai pescatori del posto. Tutto ciò ha cambiato il mio rapporto con la cucina che, dopo tutto questo tempo, non ha ancora smesso di evolversi. Dettagli del ristorante Mirazur. Ph: Nicolas Lobbestael

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Calamaro di Bordighera, salsa di bagna cauda. Ph: Eduardo Torres

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Dato il vostro ormai grandissimo seguito, voi chef sentite una sorta di “responsabilità” in quello che comunicate o in quello che fate? Siamo obbligati a fermarci e focalizzarci sulla sostenibilità e sul futuro del pianeta. Come chef siamo in diretto contatto con gli ingredienti e con i produttori, beneficiamo inoltre di una grande visibilità che ci mette in primo piano agli occhi della società. Abbiamo la responsabilità di dettare tendenze, educare il nostro team e condividere i nostri valori con una ampia audience in giro per il mondo. Ultimamente il tema ambientale è molto dibattuto. Tra lotta agli sprechi e sostenibilità anche alimentare, cosa potete comunicare voi grandi chef a chi vi segue? Al Mirazur siamo molto attenti al tema dello spreco del cibo. Tutto il team in questo senso sta lavorando da vari anni: concimiamo i campi che ci danno da mangiare, coltiviamo il giardino con tecniche di permacultura organica,

Abbiamo la responsabilità di dettare tendenze, educare il nostro team e condividere i nostri valori con una ampia audience in giro per il mondo.

lavoriamo con una filiera corta fatta di produttori locali e usiamo ingredienti di stagione. Ogni mercoledì teniamo dei corsi di aggiornamento per il team e abbiamo l’opportunità di approfondire la nostra conoscenza sui temi dell’eco sostenibilità. Stiamo anche lavorando con i nostri fornitori per eradicare l’utilizzo della plastica. È un processo molto lungo ma abbiamo già ottenuto grandi risultati in questa direzione, riducendo di molto l’utilizzo della plastica stessa. Per chiudere, quando smetterai di cucinare per cosa vorresti essere ricordato? Per il mio amore nel condividere, il mio impegno nel rispettare tutti coloro con i quali lavoro, per la terra e per la vita. E per aver provato a lasciare un mondo migliore ai nostri figli. Alessandro Creta | 81 |

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PALAZZO BONTADOSI UN SOGGIORNO NELLA STORIA Vicino Perugia, in uno dei territori italiani più votati alla produzione del vino, sorge uno degli hotel più esclusivi del centro Italia: Palazzo Bontadosi

Poche decine di chilometri a sud di Perugia, nel cuore del comune di Montefalco, Palazzo Bontadosi si staglia nel bel mezzo di un territorio che dà il nome a una delle DOC più distribuite nel nostro Paese, patria di uno dei rossi maggiormente bevuti sulle tavole degli italiani. Ci troviamo in uno dei borghi più suggestivi dell’Umbria. Il Palazzo è sede di un boutique hotel in cui, tra le altre cose, è possibile rilassarsi nell’esclusiva spa ricavata da antiche cisterne medievali. Il Palazzo, che sorge nella piazza cittadina principale a due passi dalla sede del comune, risale al XIV secolo e per un periodo appartenne al Cardinal Bontadosi. Si capisce dunque come qui ogni angolo, ogni colonna e ogni decorazione siano sinonimo di storia.

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A Palazzo Bontadosi ci si immerge in un clima tardo rinascimentale e, come in ogni grande edificio storico che si rispetti, in una misteriosa leggenda, quella legata alla camera numero 15. Un racconto che oscilla tra storia e mistero, tra fantasia e realtà. In questa stanza si rinchiuse infatti, all’inizio del XX secolo, una donna rimasta vedova di un marito che scoprì adultero. Nella camera 15 Giannina (questo il suo nome) decise di rintanarsi dalla vergogna, senza mai uscire fino alla sua morte. Ebbene, nel corso degli anni non sono mancate testimonianze di chi dice di aver visto o sentito la donna aggirarsi ancora oggi per i corridoi del Palazzo. Tornando ai giorni attuali, la missione di Palazzo Bontadosi resta quella di offrire ai suoi ospiti momenti di vero relax e un tuffo nel passato e nella storia. Anche il centro benessere è ricavato dalle cisterne medievali già presenti e permette un’esperienza totalizzante ed esclusiva, grazie anche all’accesso consentito solo individualmente o a coppie. Le docce emozionali sono parte di un piccolo percorso rigenerante: massaggio cervicale, getti di acqua localizzati e massaggio plantare sono solamente alcune delle coccole del centro benessere dell’hotel.

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Sono le camere gli ambienti in cui si entra più profondamente in contatto con la storia. Nelle stanze sono stati effettuati interventi di recupero minimi per conservare nel migliore dei modi affreschi, stucchi e architetture originali, che rappresentano un vero “plus” dell’esperienza nella struttura. Tutto ciò che di nuovo è stato inserito è stato aggiunto con lo scopo di rimanere quanto più rispettosi possibile della storia del palazzo. Gli affreschi originali, i soffitti decorati e i pavimenti in legni pregiati sono ciò di quanto più classico si può trovare nelle stanze, tutte rigorosamente insonorizzate. PALAZZO BONTADOSI Piazza del Comune, 19 -Montefalco (PG) Tel.0742 379357 hotelbontadosi.it Sveva Riva

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TUTTI IN... RIGA! I Paesi Baltici sono luoghi meravigliosi, pieni di cultura, storia, folklore e tradizioni. Così simili, ma allo stesso tempo così diversi. Fare una capatina in queste terre è, senza alcun dubbio, una bella esperienza, sempre.

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sce a catapultare il visitatore in un tempo a cavallo tra il I Paesi Baltici hanno un effetto sull’uomo alquanXVII e il XVIII secolo, tempo in cui la Lettonia deteneva to bizzarro: man mano che si procede verso sud, il titolo di superpotenza commerciale del Nord Europa. si è sempre più tentati di restare per ammirare le All’interno della città vecchia possiamo trovare la Piazza meraviglie che compongono le varie città: un vero del Municipio e la Piazza del Duomo: nonostante la priclimax di bellezza. Per estensione, la seconda città ma sia la più importante, in quanto ospita il Municipio dell’area baltica è la capitale della Lettonia, Riga. È uno e altri luoghi di interesse come la dei centri più estesi e densi del Sinagoga, è la Piazza del Duomo, Nord Europa, con una popolazione “Due o tre giorni”, dove tutte le stradine e tutti i di circa 800mila abitanti, e, dalla “primavera inoltrata” vicoletti intrecciati in un fittiscaduta del comunismo, è stata o “inizio autunno” costituiscono i simo dedalo fanno capo, la vera investita da un’onda di sviluppo difficilmente paragonabile a periodi perfetti per poter ammirare attrazione della zona. Costruito nel 1211 e consacrato con rito qualsiasi altro paese europeo. “Due Riga in tutti i suoi aspetti. cattolico nel 1226, il Duomo ad o tre giorni”,“primavera inoltrata” oggi è la costruzione protestante o “inizio autunno” costituiscono i più importante dell’area baltica. Curiosità: la torre con periodi perfetti per poter ammirare Riga in tutti i suoi la guglia è il simbolo della città e l’organo al suo interno aspetti. viene annoverato tra i migliori al mondo. Dalla Piazza, Come per Tallinn impossibile non iniziare la scoperta di precisamente di fronte al Duomo stesso, partono alcuni Riga attraverso la città vecchia: Riga Vecchia, o Vecriga dei free tour della città vecchia. E finiscono davanti in lettone, è uno dei due centri storici della città. Riconoal Monumento alla Libertà, raffigurata da una donna sciuta come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO rie-

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chiamata Milda, posta su una colonna alta circa 40 metri. Milda tiene tra le sue mani tre stelle, simbolo delle tre regioni storiche della Lettonia: Latgola, Vidzeme e Urzeme. Ad oggi è usato come punto di riferimento tra i giovani lettoni per appuntamenti e incontri. Il monumento gode di una posizione invidiabile in quanto è collocato al centro di un parco con una distesa infinita di verde chiamato Esplanade, che divide la città vecchia dal quartiere del Centrs. Proprio di fronte al monumento partono free tour della città vecchia, ma sappiamo tutti che è meglio lasciare il meglio alla fine. Se volete viaggiare come Marty e Doc Brown andando avanti veloce fino agli anni ‘80 il quartiere russo, o la Piccola Mosca, è quello che fa al caso vostro.

Un altro posto che merita una visita è senza dubbio la biblioteca nazionale, fornitissima e dall’architettura interna stupenda. Abitato sempre e solo da russi le parole d’ordine sono soviet, austerità e decadenza, senza però togliere mai spazio a localini la cui cucina rispecchia tradizione e autenticità. In questo quartiere potete trovare mercatini delle pulci e il Mercato Centrale costituito da ben cinque hangar dove venivano un tempo costruiti dirigibili. Se volete lasciarvi avvolgere dall’atmosfera della vita lettone cercando di comprare e mangiare come un autoctono, beh, non esiste posto migliore. Un altro posto che merita una visita è senza dubbio la biblioteca nazionale, fornitissima e dall’architettura interna stupenda, e dal cui ultimo piano è possibile avere una vista panoramica della città. Ed eccoci arrivati al cibo: se siete in Lettonia non

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potete non mangiare il pane nero (ogni Repubblica baltica reclamerà la paternità di tale prodotto) sempre presente in tutte le tavole. Le basi della cucina lettone poggiano su elementi quali pesce, soprattutto persici, aringhe e salmoni, barbabietole, carne affumicata, soprattutto pollame, suini e bovini, sottaceti e la panna acida o smetana, il “prezzemolo” lettone. La colazione tipica prevede ad esempio aringhe fritte con pane nero o speka piradzini, involtini di pane con pancetta e cipolle. Tra il resto delle pietanze possiamo trovare i pelmeni, a metà tra tortelli e ravioli russi, sempre accompagnati dall’immancabile panna acida; tra le zuppe troviamo la skabputra al primo posto, costituita da orzo e panna acida, e la borsch, di provenienza russa, preparata con le barbabietole. Se cercate emozioni forti ed esplosioni di sapori dovete assolutamente provare la rasols, “un’insalata” che comprende al suo interno piselli, patate, carote e salsicce, il tutto amalgamato con una valanga di maionese, oppure un più classico spezzatino con le patate. Ma con cosa accompagnamo tutto questo ben di Dio? La risposta è semplice: birra. Riga è stracolma di microbirrerie produttrici di gelate e setose birre artigianali. A tavola però la regola d’oro è chiudere il pasto con il Balsam, un liquore di erbe e bacche molto potente. Se avete un fine setimana libero non esitate, conoscete già la destinazione. Davide Terranova

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AVVENTURA IN RIVIERA PER L’UOMO RALPH LAUREN

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Il mood frizzante della primavera pervade come una brezza leggera e stuzzicante l’ispirazione di Ralph Lauren per la Purple Label P/E 2020. Un trionfo di colori vivaci rinvigorisce gli assetti tradizionali del classico suit: la giacca sportiva con fondo giallo girasole a quadrettatura ampia e multicolor in morbido cashmere, abbinata ai pantaloni in seta e al pullover in tinta unita blu avio e alle principesche babbucce in velluto, crea un effetto dagli echi color block. L’essenza della festa e della spensieratezza estiva si traducono in forme canoniche reinterpretate alla luce abbagliante dei colori iconici della stagione, espressione del sole, del mare e delle dolci atmosfere della natura.

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Lo stile nautico e la Riviera italiana sono le grandi protagoniste della collezione: la suggestione onirica del viaggio per mare e dello yachting esplode in tutta la sua portata creativa nei giochi di contrasto tra elementi propri di un outfit da giorno e quelli di un outfit da sera. CosÏ la giacca a vento sottile con marchio stampato sul braccio, con riquadri geometrici di colori che richiamano le architetture pittoriche rigorose e precise di Mondrian, si abbina agli impeccabili pantaloni blu gessati da yuppies. A rendere ancor piÚ originale e affascinante l’insieme, un paio di espadrillas nei colori iconici del brand, rosso, bianco e blu.

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Pronti a salpare? Ogni capitano che si rispetti deve sfoggiare con charme e sicurezza la sua giacca con le mostrine: il doppiopetto importante è impreziosito dalla doppia fila di bottoni cabochon e il ghirigoro dorato sulle maniche garantisce un’eleganza senza tempo. Il tema navale però viene declinato in chiave giocosa e brillante, sdrammatizzandone le implicazioni autoritarie grazie al tocco piratesco del maglione a righe rosse e nere e del piccolo foulard a pois annodato al collo, mentre i jeans con taglio a palazzo e le espadrillas in corda conferiscono la nota finale di contemporaneità e casual che stupisce, attrae e ammalia. | 97 |


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Se Albert Camus scopriva che nel bel mezzo dell’inverno vi era in lui un’invincibile estate, anche l’uomo Ralph Lauren beneficia di questa consapevolezza, grazie al mix sapiente dell’energia dei colori con il giusto equilibrio delle forme. Il sontuoso suit con giacca monopetto e pantalone slim fit in Blu di Prussia si accompagna amabilmente al pullover dolcevita verde smeraldo, enfatizzandolo. Il milieu rivierasco riverbera nell’abbraccio dei colori, che donano un alone di incredibile fascino alla figura e suggeriscono sogni di avventura ed evasione, pur nella compostezza dei tagli e delle linee. | 98 |


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Che sia a bordo di una nave da crociera, uno yacht o una veloce e snella barca a vela, l’aplomb dell’uomo che veste Ralph Lauren è sempre impeccabile. Il mix and match di capi di ispirazione nautica, come il pantalone bianco e la camicia a righe sottili bianche e blu oltremare, con elementi più vivaci e smaliziati, quali la giacca a vento con borchie e ganci e la maxi shopper decorata con un orsetto vestito da marinaio, regala un racconto mai scontato e sempre inaspettato, stuzzicante e formidabile. Un risultato estroverso e creativo per reinterpretare il concetto di eleganza in chiave avventurosa e sorprendente. Elisabetta Pasca | 99 |


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A 99 CENTIMETRI DALL’ASFALTO Era l’ottobre del 1968 quando, al Salone di Parigi, la Carrozzeria Bertone presentava la Alfa Romeo 33 Bertone Carabo, il coupé sportivo e innovativo che ispirò la leggendaria Countach

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Fu la lungimiranza di Nuccio Bertone, salito alla passione per le auto lo spinse a sperimentare delle guida dell’azienda di famiglia dopo la Seconda rudimentali elaborazioni per gli amici, decidendo poi guerra mondiale, a rendere celebri alcuni modi inviare i propri bozzetti alle più note carrozzerie delli di alto livello. L’abilità dell’imprenditore non dell’epoca, dalle milanesi Viotti e Moretti, trovando risiedette soltanto nello sfruttare al meglio le proprie finalmente riscontro positivo alla Bertone. capacità, ma soprattutto nel sapersi circondare di La fiducia venne ben ripagata, Gandini si mise sin talentuosi collaboratori. Negli da subito a lavoro disegnando anni collaborò con autentici in breve tempo quelle che erano geni del design: in prima batdestinate a diventare due delle Marcello Gandini progetta la concept tuta Franco Scaglione, con il sportive più apprezzate di tutti i destinata ad essere esposta al Salone quale realizzò alcune Alfa Rotempi: l’Alfa Romeo Montreal e la Lamborghini Miura. meo passate alla storia, dalla di Parigi del 1968. L’unico imperativo Esordio che conferma l’intuito di Giulia Sprint ai prototipi BAT, imposto da Nuccio Bertone Bertone, il quale lascia al talenpassando per la Lancia con è quello di realizzare un prototipo tuoso piemontese sempre più la nota Aurelia. Seguì poi la in grado di attirare l’attenzione carta bianca per esprimere il suo collaborazione con un giovane di visitatori e addetti ai lavori, estro. Giorgetto Giugiaro, che tracciò Proprio in questa libertà di linee di modelli di successo, sperimentando soluzioni ispiratrici movimento Gandini concepisce come Alfa 2000 e 2600, la per la progettazione di modelli di serie. la concept destinata ad essere BMW 3200 CS, oltre ad alcune esposta al Salone di Parigi del GT di razza, come l’Aston 1968. Unico imperativo imposto Martin DB4, la Maserati 5000 e le Iso Rivolta 300 e 340. da Nuccio Bertone è quello di realizzare un prototipo Lasciato andare Giugiaro al Centro Stile Ghia, Berin grado di attirare l’attenzione di visitatori e addetti tone scelse un altro giovane promettente: Marcello ai lavori, sperimentando soluzioni ispiratrici per la Gandini. Opzione che apparve bizzarra, non tanto progettazione di modelli di serie. per l’età, la stessa di Giugiaro, quanto per la poca Per lo sviluppo del prototipo l’artista prende l’Alfa Romeo 33 Stradale, la quale non avendo avuto grande esperienza avuta prima di approdare nella Carrozzeseguito commerciale - considerato il prezzo elevato ria. – era tra i modelli disponibili ad essere rivisitato, o Il passato di Gandini era infatti improntato al disegno meglio, stravolto. industriale e ai complementi d’arredo, ma la sua

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L’anima, ovvero la meccanica, rimane quella originale frontale penetrante e dalle curiose dimensioni: lunga del Biscione. Il motore posteriore centrale è un V8 da 417 cm, larga 178, alta solamente 99 cm; ben 6 cm in 2 litri con 230 CV. Ad essere ripensato è il design: alle meno della Miura. Anche le prestazioni erano notelinee curve ideate da Scaglione per la 33 Stradale, il voli, i dati della Bertone dichiaravano 250 km/h di designer torinese contrappone tratti decisi e un profilo velocità massima e una accelerazione da 0 a 100 km/h a cuneo formato dal frontale affusolato che si collega in 6,5 secondi. senza tagli al parabrezza e alla coda squadrata e posLe foto della Carabo fanno il giro del mondo sulle sente. A primo impatto la vettura ricorda la fisionomia pagine delle riviste specializzate e non. Il commento possente e veloce dello squalo, per la ricerca di una è di unanime approvazione. L’obiettivo di Bertone e linea aerodinamica che sembra Gandini è centrato. Le linee non avere uguali. tese del prototipo, il profilo a cuneo, le porte che si aprono Non mancano però le gentilezze a taglio di forbice e l’altezdel caso: i dettagli di pregio, come A primo impatto la vettura za “rasoterra” sono fonte di i disegni di prese d’aria e sfiati o ricorda la fisionomia possente ispirazione per altri prototipi le lamelle orientabili che protegBertone. gono i gruppi ottici anteriori la e veloce dello squalo, per la ricerca In una rincorsa a riabbassare rendono una vettura curiosa. Gli di una linea aerodinamica che sembra l’altezza e alla ricerca di un’aelementi neri del cofano postenon avere uguali. Ma presentata erodinamica assoluta, la prima riore visti dall’alto ricordano la in una tinta verde luminescente, a prendere spunto è la Stratos corazza di uno scarafaggio, così la denominazione non poteva che Zero - dalla quale deriva poi la come gli sportelli apribili verso Lancia Stratos dominatrice dei l’alto che assomigliano all’elitra, essere quella del coleottero Carabo. l’ala del coleottero. Presentata al rally degli anni Settanta. Salone con una tinta verde lumiTuttavia, la vera erede della nescente, la denominazione non Carabo è quella che più di tutpoteva che essere Carabo, il coleottero molto comune ti, negli anni Settanta e Ottanta, seppe contagiare gli e noto per l’analoga colorazione verde a sfumature animi degli appassionati: la Lamborghini Countach, modello che non sarebbe mai esistito senza l’illustre lucide. insetto. A pochi minuti dell’apertura del Salone, la Carabo è Stefano Valentini già accerchiata da giornalisti e visitatori, stupiti dal

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LA MOBILITÀ DEL DOMANI La formula è semplice: un solo canone fisso che dà la possibilità di avere un’auto nuova con assicurazione, tasse automobilistiche, manutenzione ordinaria e straordinaria, più il soccorso stradale h24 tutto incluso nel prezzo del noleggio

un servizio su misura e a canone variabile. Nel tempo Negli ultimi 20 anni il noleggio a lungo termine è riusi è passati dall’interesse prevalente per utilitarie e scito ad affermarsi come la più efficace soluzione alle city car ad auto di segmenti più alti, specialmente esigenze di mobilità per un numero sempre più alto di vetture medie. La percorrenza è sempre incentrata sui aziende. Grazie alla tipologia dei servizi, ai risparmi 10-15 mila km /anno. Importante la parte relativa ad economici e ai vantaggi gestionali, il NLT ha sostituito una sempre più chiara definizione contrattuale, con nelle policy aziendali più evolute l’acquisto e il leasing termini, servizi, costi in chiaro e finanziario, prospettandosi come personalizzabili a seconda delle la formula in grado di adattarsi Sfatiamo un tabù, il NLT non diverse necessità. La formula del maggiormente ai sempre nuovi è prerogativa delle medie e noleggio può variare da uno a bisogni di mobilità. Aziende ma grandi aziende. Questo servizio di tre anni, ma si può estendere annon solo: in tempi più recenti mobilità si va sempre più che fino a 48-60 mesi. È previsto anche una quota crescente di priil pagamento di un canone menvati sta cominciando a rinunciare affermando anche tra i privati, sile come copertura delle spese, all’acquisto dell’auto avvicinanattratti da una soluzione che dalla tassa di proprietà, al bollo, dosi a questa nuova formula. Ma fa della comodità, praticità e dalla manutenzione ordinaria e che cosa spinge questo fenomeno convenienza i propri punti di forza. straordinaria alla gestione dei che da qualche anno continua a sinistri, assicurazione, cambio conquistare una fetta sempre più pneumatici e gestione delle multe. È possibile nolegampia di mercato, sia tra imprese che privati? Sfatiagiare un’auto nuova o un veicolo commerciale per un mo un tabù, il NLT non è prerogativa delle medie e periodo di tempo e un chilometraggio prestabiliti, il grandi aziende. Questo servizio di mobilità si va semcanone varia a seconda di questi fattori. L’azienda, o il pre più affermando anche tra i privati, attratti da una privato, che prende a noleggio il veicolo deve badare al soluzione che fa della comodità, praticità e conveniensolo carburante e seguire le istruzioni per una corretta za i propri punti di forza. Grazie ai cosiddetti confimanutenzione dell’auto, con controlli periodici nelle guratori, poi, si riesce ad offrire la migliore soluzione autofficine convenzionate. in relazione alle esigenze del cliente, costruendo così | 105 |


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Il successo di questa formula di cui ASG - Automotive Service Group si fa promotore grazie anche alla partnership con ALD Autmotive, gruppo leader mondiale nel settore del noleggio a lungo termine, è ben comprensibile dai suoi vantaggi. • Finanziari: nessuna anticipazione e immobilizzo di capitali per l’acquisto del veicolo, il pagamento della tassa di proprietà e i servizi legati alla gestione del veicolo. • Gestionali: la possibilità di prevedere un pacchetto di servizi “all inclusive” ed un canone fisso mensile, eliminano il rischio di dover sostenere spese non programmate, facilitando la pianificazione dei costi legati alla gestione del veicolo. • Amministrativi: tutte le attività, sia in ufficio che su strada, sono terziarizzate. • Economici: il potere d’acquisto di un grande operatore consente di accedere a costi estremamente competitivi per i veicoli, l’assicurazione, la manutenzione ed il finanziamento. Margherita Pituano

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Automotive Service Group partner of ALD Sede Operativa: Viale dell’Esperanto, 71 – Roma Tel. 06.87752179 email: commerciale@automotivesg.com Showroom SICCA: Via Leone XIII snc angolo Viale Gregorio VII, Roma Web: www.automotivesg.com



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IL LUSSO PRENDE IL LARGO Dal 2008, Monte Carlo Yachts continua a stupire gli appassionati della navigazione con la produzione di yacht di alto livello, imbarcazioni che coniugano perfettamente un’anima italiana a una visione internazionale

condizionato la nautica negli ultimi vent’anni. InSono passati più di 10 anni da quando una nanzitutto lo scafo e le proporzioni sono da barca realtà come Monte Carlo Yachts ha iniziato che può veramente navigare: siamo su uno yacht, a solcare i mari: dieci anni che hanno visto un vero yacht”! questo gruppo farsi largo tra i nomi più naviIl primo modello targato Monte Carlo Yachts ha gati, riuscendo in poco tempo ad affermarsi visto la luce nel luglio 2010, con il varo di MCY 76 come uno dei produttori leader di yacht di in una location di tutto rispetto: quella laguna di alto livello. Monte Carlo Yachts coniuga in sé il Venezia che ha aggiunto fascino all’evento e ha meglio del made in Italy (la tradizione artigianale sottolineato, con le sue carattenel settore nautico, la ricerca ristiche inconfondibili, la natura della bellezza, la fusione di lusso molto italiana del gruppo e la e arte, il design innovativo) con il In poco più di dieci anni, sua capacità di costruire ponti know-how industriale del Groutra diverse culture. Venezia è, pe Beneteau, attivo nel settore Monte Carlo Yachts ha saputo della nautica da diporto e con dimostrare al mondo l’importanza infatti, una via di accesso tra il Mediterraneo e l’Europa contiuna notevole capacità produttiva. di una produzione che ha nentale. È la sua autentica aniSede del cantiere, che risponde ai al suo interno la filosofia ma marinara che bene si associa più rigidi parametri di sicurezza e più pura del made in Italy al desiderio di Monte Carlo tutela ambientale, è Monfalcone, Yachts di costruire imbarcazioni nel golfo di Trieste, all’interno di fatte per navigare veramente. una vasta area sul mare. Ma il viaggio di Monte Carlo Yachts è solo agli La spinta decisiva per la nascita di questa nuova realtà è stata la scelta di affidarsi totalmente alla inizi: dal varo di Venezia, l’MCY 76 ha iniziato a farsi conoscere in tutto il mondo, ottenendo precapacità visionaria dei designer Nuvolari e Lenard: stigiosi riconoscimenti internazionali e un grande il famoso duo ha iniziato da subito a collaborare successo sia di critica che di pubblico, dimostrando alla progettazione e alla produzione del progetto al gruppo che la via intrapresa era quella giusta. MCY. “La nostra idea guida – hanno commentato i due designer – era quella di realizzare un’imbarcaMCY105 zione autentica, superando certe gabbie che hanno | 108 |


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All’MCY 76 succedono dunque nuove imbarcazioni, come quella presentata a luglio 2012 a Trieste, la MCY 70. Il nuovo MCY 70 incarna alla perfezione i valori di Monte Carlo Yachts: il design di Nuvolari Lenard enfatizza il ruolo dello yacht come casa lontano da casa, con un’attenzione particolare ai volumi interni, ora più ampi, e alle aree di intrattenimento esterne, anch’esse più spaziose. Inoltre le murate accentuano la qualità della luce e ottimizzano gli spazi sul ponte principale, mentre le nuove finestrature, assieme agli ampi oblò, creano una relazione ancora più diretta e coinvolgente con l’ambiente esterno. Sorprendente inoltre è il flybridge per le sue dimensioni e dotazioni, con un’area lounge completamente personalizzabile e tavoli serviti da una cucina esterna, ideali per un’elegante cena privata all’aria aperta. Il quarto nato in casa Monte Carlo Yachts è invece l’MCY 86. Con questa nuova imbarcazione, il gruppo va a coprire ormai in modo capillare il segmento degli yacht di lusso. Il nuovo MCY 86 porta a un livello superiore l’offerta dell’azienda: uno yacht più grande, più spazioso, più prezioso, che risponde alle esigenze degli appassionati di nautica che si aspettano di godere al massimo ogni istante vissuto a bordo. Gli spazi esterni del MCY 86 sono fortemente identificativi dello stile e della visione di Monte Carlo MCY70

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Yachts. Il ponte portoghese in dotazione alla gamma conduce a un lussuoso e riservato salotto sul mare: una vera e propria lounge, in realtà, che ben si adatta ai diversi utilizzi nel corso di una giornata trascorsa a bordo. L’ampia superficie è ideale per accogliere grandi lettini prendisole, divani confortevoli e un tavolo dove assaporare i propri pasti anche all’ombra. Con il MCY 105, l’azienda italo-francese ha voluto fare le cose in grande: ad oggi è infatti lo yacht più imponente prodotto dal gruppo, e la sua inaugurazione è avvenuta in concomitanza con il quinto anniversario di Monte Carlo Yachts. La nuova ammiraglia di 32 metri è caratterizzata dagli elementi tipici del design della Collezione MCY, risultato di un’attenzione minuziosa nei confronti delle proporzioni e di ogni singolo dettaglio. Gli imponenti parapetti e la prua elevata conferiscono all’imbarcazione un grande fascino navale. Gli spazi interni a bordo del MCY 105 sono incredibilmente ampi. Colpisce l’ampio ponte portoghese a prua, mentre il flybridge dotato di attrezzature e spazi è senza pari nella sua categoria: dall’esclusiva ed ergonomica cabina di comando rialzata in grado di offrire il massimo comfort, alla cabina armatoriale a tutto baglio, dotata di ampie finestre e situata sul ponte principale. Ma una realtà come Monte Carlo Yachts non si è fermata qui,

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alla luce naturale. In poco più di dieci anni, insomma, ideando nuove imbarcazioni dal design unico e inimiMonte Carlo Yachts ha saputo dimostrare al mondo tabile che continuano a “veleggiare” tra i big player del l’importanza di una produzione che ha al suo interno settore. la filosofia più pura del made in Italy, conquistando Tra gli ultimi arrivati del 2019, il MCY 66, con i suoi anche i mercati esteri e i clienti da venti metri di lunghezza, rapogni dove. Il segreto è anche nel presenta il risultato della lunga Una realtà come Monte continuare fedelmente a seguire collaborazione con il duo di designer Nuvolari Lenard, che Carlo Yachts non si è fermata qui, la propria mission, che per questa realtà è da sempre il voler restituire regala a questo yacht linee ancoideando nuove imbarcazioni al lusso il suo valore: il valore del ra più eleganti e forme armoniodal design unico e inimitabile tempo, dello stile e dell’eleganza, se. Perfetti alleati delle scelte di che continuano a “veleggiare” dello spazio, della responsabilità e estetica sono le nuove soluzioni tra i big player del settore. del benessere. Il valore della persona tecnologiche, i materiali e le insomma. Valori che rappresentano finiture sempre più pregiate: un modo speciale di interpretare l’evoluzione è in ogni dettaglio. il mondo, la nautica, il lusso e il Gli spazi interni sono inediti rapporto con il mare. per imbarcazioni della stessa categoria, con ampi oblò a www.montecarloyachts.it prua che conferiscono allo yacht linee esterne slanciate Sveva Riva e concedono alla cabina VIP una maggiore esposizione MCY105

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L’IMPORTANZA DI ESSERE GIGI Ha solo 32 anni ma ha già scritto una biografia e ha raccolto un’esperienza tale da poter essere considerato tra i migliori cestisti italiani di tutti i tempi. Non fosse altro per un solo, importante, elemento: Gigi Datome è tra i 7 giocatori nati nel Bel paese ad aver calcato i parquet dell’NBA.

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Luigi “Gigi” Datome di strada ne ha fatta dalla sua suoi 203 centimetri ha parlato di questo, e ovviamente non Sardegna, dove ha iniziato a giocare a basket sognansolo, con noi. Come in ogni racconto di un grande viaggio, do di arrivare ai livelli del padre Sergio o del fratello anche noi parlando del cammino di Gigi Datome abbiamo iniziato dal principio. Abbiamo iniziato da un’infanzia Tullio. Quello che non sapeva un, ancora per poco, “piccolo” Gigi Datome (ora 2 metri e 03) era che la Sardegna trascorsa ad Olbia tra casa, scuola e quel parquet in cui sarebbe stata il suo trampolino di lancio, la prima tappa iniziava a centrare i primi canestri. “Se non fosse stato per di un viaggio immenso che negli anni ha toccato Siena, mio padre magari non avrei mai giocato a basket, chi lo Roma, gli Stati Uniti (tra Detroit e Boston) e, in ultimo, la sa?” si domanda Gigi, ricordando il genitore prima cestista Turchia, dove dal 2015 gioca nel Fenerbache. Nel fratteme attualmente presidente del club sardo. È proprio ad Olbia che questo po, tra un volo d’aereo e l’altro, gigante italiano inizia a giocare, tra un canestro e quello successiLe grandi prestazioni hanno facendosi notare prima da Siena vo, la barba di Gigi Datome è crepoi dalla Virtus Roma. Nella sciuta, tanto da diventare quasi spostato su di lui i riflettori Capitale però Gigi raggiunge la un simbolo rappresentativo della accecanti quanto sensuali dell’ NBA, consacrazione nazionale, tanto sua persona, rendendolo uno dei Lega dove già militavano i connazionali da essere nominato, nel 2013, soggetti più iconici e riconoscibili Bargnani, Belinelli e Gallinari. miglior giocatore del campiodel mondo della palla a spicchi. E, si sa, per qualsiasi cestista resistere al nato. Le prestazioni romane Tante partite, tanti viaggi, innuspostano su di lui i riflettori merevoli palazzetti dello sport richiamo dei palazzetti statunitensi accecanti quanto sensuali dell’ intervallati da note di colore è pressoché impossibile. NBA, Lega dove già militaazzurro. L’azzurro della nazionale vano i connazionali Bargnani, italiana, di cui è stato anche capitano e che rappresenta dal 2007. Belinelli e Gallinari. E, si sa, per Il suo miglior biglietto da visita è senza dubbio il Palmares qualsiasi cestista resistere al richiamo dei palazzetti statuche conta, tra gli altri trofei, un campionato e una supernitensi è pressoché impossibile. coppa italiana, tre campionati turchi, due coppe di Turchia. Le prime emozioni dopo la chiamata a stelle e strisce? La soddisfazione maggiore è sicuramente l’Eurolega (la “Grande soddisfazione e grande curiosità per un mondo patinato che sapevo essere totalmente diverso da quello da massima competizione di basket in Europa) conquistata col Fenerbache nel 2017. In tutto ciò Gigi Datome ha dove venivo”, un mondo in cui si fronteggerà con i migliori anche scritto un libro, una biografia in cui si “apre” al suo giocatori del pianeta. Tra i quali il Re incontrastato: LeBron. “Un’altra soddisfazione nella soddisfazione. Non che pubblico e nel quale svela aneddoti, curiosità e retroscena abbiamo ingaggiato battaglie epiche, ma aver condiviso lo della sua vita, sia privata che professionale. Dall’alto dei

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stesso campo e una serie playoff è qualcosa da poter raccontare” ci confessa Gigi. L’esperienza in NBA però non restituisce in termini di prestazioni e minutaggio quanto promesso, tanto che dopo due stagioni tra Detroit Pistons, Grand Rapids Drive e Boston Celtics, Datome fa nuovamente le valigie per tornare in Europa, dove lo attende un contratto con i turchi del Fenerbache. “È stata sicuramente un’avventura molto intensa” racconta l’ala azzurra ricordando l’NBA. “Dall’eccitazione e l’entusiasmo per esserci arrivato, alla frustrazione di non aver potuto dimostrare quello che valevo dato che, specialmente a Detroit, non trovavo spazio, fino alla felicità di aver dimostrato a Boston che meritavo quel livello. La soddisfazione è di aver tenuto duro e di aver lavorato per quasi due anni per farmi trovare pronto quando l’occasione è arrivata”. In Turchia Gigi Datome ritrova la sua dimensione ideale. Nella prima stagione arriva in finale di Eurolega, vince la coppa e il campionato nazionale, venendo nominato MVP delle finali di quest’ultima. È nella successiva però che ottiene la sua più grande soddisfazione a livello di trofei: alzare quello dell’Eurolega sfuggito l’anno prima dopo aver fatto il bis in campionato. Dopo infiniti viaggi, molti premi e tante esperienze, Gigi ha deciso di racchiudere tutto il suo trascorso, di vita e professionale, in un libro. Il motivo è presto detto: “Il perché di un’autobiografia è spiegato molto bene nella prefazione di Francesco Carotti, mio coautore. Non mi sento assolutamente a fine carriera ma tra giovanili, 10 anni di serie A, 2 di NBA e 4 in Turchia, c’era abbastanza materiale per raccontare la pallacanestro vista dall’interno. Aprirsi attraverso le pagine di un libro è stato divertente e terapeutico, ripercorrere certe tappe della mia vita è stato emozionante”. Impossibile, poi, non parlare della terra d’origine. Potete togliere un uomo dalla sua Sardegna, ma non si può togliere la Sardegna da un uomo. “Nel libro c’è ovviamente un capitolo dedicato alla mia regione”. In mezzo a tutti questi viaggi ti viene mai voglia di voler tornare nella tua Olbia? “La nostalgia c’è sempre, ma sapere che la Sardegna è lì che mi aspetta mi consola e incoraggia. Anzi, ai vostri lettori consiglierei di visitare Golfo Aranci, dove la mia famiglia possiede anche un hotel”. L’ultima domanda è, inevitabilmente, sul futuro. Una volta tolta la canotta da gioco, quali progetti attendono Gigi Datome? “Bella domanda. Sono aperto a tutto. Ho diverse idee ma sarà anche una questione di timing. Vedremo!” Il prossimo capitolo di questo libro, in fin dei conti, è ancora tutto da scrivere … Alessandro Creta | 116 126 |


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FORTUNE TELLER

by Riccardo Cavrioli

by “NIGHT FLOWERS”

SOLASTA

by “THE CHERRY WAVE”

(Dirty Bingo - 2019)

(The Cherry Wave Self-released - 2019)

I Night Flowers dimostrano di essere una band ancora in evoluzione e pronta a mettersi in gioco. Lo “zucchero filato” del primo disco poteva essere ripetuto in una formula che noi devoti avremmo comunque apprezzato e invece i ragazzi guardano al passato, con particolare attenzione a un classic rock anni ‘70/’80 (Fleetwood Mac docet), senza dimenticare certi arrangiamenti e certi synth che una pop star come Belinda Carlisle avrebbe approvato all’istante. I londinesi cambiano un po’ pelle e riferimenti negli arrangiamenti (“Lotta Love” ne è l’esempio più chiaro), ma nel farlo non ci fanno mancare la terra sotto i piedi. La scrittura è sempre felice, i ritornelli azzeccati e non è certo solo la voce di Sophia a ricordarci che abbiamo sempre a che fare con la band che ci ha conquistato con l’esordio “Wild Notion”: romanticismo e dolcezza sono sempre lì quando servono e se c’è da alzare un po’ il ritmo tutto funziona ugualmente. “Merry-Go-Round” unisce in matrimonio chitarre e synth alla ricerca della pop-song perfetta, mentre la title track (forse uno dei brani più riusciti di sempre dei Night Flowers) ritrova proprio la magia dei pezzi più avvolgenti dell’esordio. La magia ovattatta e quasi dream-pop di “No Coming Down” ci culla magnificamente. Missione compiuta anche nel secondo episodio.

Non sono certo dei novellini questi ottimi Cherry Wave provenienti da Glasgow, visto che hanno già due album alle spalle (“Avalancher” del 2015 e “Shimaru” del 2017). Il loro è uno shoegaze vecchio stampo, di quello che guarda con ammirazione e rispetto ad eroi come Dinosaur Jr, ma è innegabile che emerga anche un gusto tutto scozzese di gestire le melodie e i suoni. Chitarre quindi, soniche, rumorose, anni ’90 con quel sano pizzico di power-pop, e una precisione chirurgica nel piazzare sempre il ritornello giusto, mentre, ogni tanto, sembra proprio che il mentore Kevin Shields (leader dei My Bloody Valentine) sia lì a dare la sua benedizione. Sta di fatto che si passa dai saliscendi di “Superdruid” (che come apripista dell’album è favolosa) al piglio power di “Ache For The Glow” che viaggia bella pimpante e poi nel ritornello ecco che alza il livello shoegaze. Il paragone che ci viene subito in mente è con i primi Cheatahs e la cosa non è affatto male. “Reverse Hisako” ci rimanda dritti al gusto pop dei tedeschi Readymade (chi li ricorda è un vero eroe!), mentre c’è quasi un piglio da new emo made in USA (ottimo il lavoro ritmico) in “Bloodshot Suns”. Attenzione perché anche quando i ritmi calano il risultato è molto interessante, soprattutto nell’ipnotica “Rotter”.

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