Mondo arabo - Riprendere Berlino? - La barba fa tendenza - Salone dell’auto di Detroit - La fotografia di Herb Ritts si mostra “in piena luce” - Intervista al Professor Sydney Finkelstein - Berlinale 2014
PROGRESS
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Mensile di Politica, Economia, Attualità e Cultura. Numero 74 (Nuova Serie) € 3,50 www.progressonline.it
POLITICA
LIFESTYLE
L’ASSE LATINO PUÒ FARLO, (INSIEME ALL’UE)
IN BARBA ALL’IMBERBE
Riprendere Berlino?
La barba fa tendenza
AUTO
CULTURA LA FOTOGRAFIA DI HERB RITTS SI MOSTRA “IN PIENA LUCE”
SALONE DELL’AUTO DI DETROIT Cosa arriva dall’America
Roma celebra uno dei fotografi più importanti del panorama internazionale
ECONOMY
BERLINALE 2014
PAROLA DI SYDNEY FINKELSTEIN
Intervista al Professor Sydney Finkelstein della Tuck School of Business di Dartmouth
UNA STAR SOTTO I RIFLETTORI Riparte uno degli appuntamenti più attesi dallo star system. Dal 6 al 16 febbraio 2014
COVER STORY
MONDO ARABO NUMERO 74
DONNE, PARITÀ E DIRITTI NEGATI
Un cambiamento e uno sviluppo vero non avverrà nel mondo arabo senza un cambiamento essenziale della condizione femminile. “Si potrà parlare di primavera araba quando le donne non saranno discriminate” sono le testuali parole dell'avvocatessa iraniana e premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. E non ha sicuramente torto
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editoriale
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LA RIFORMA COSTITUZIONALE, CHIMERA 2014
l’
L’anno è cominciato da poco, ma
sedersi a tavolino con Silvio Berlusconi,
Lega – che passato il momento d’oro -
all’orizzonte nessuna buona nuova; o
abbia rischiato di provocare nuove e
sembra un partito più vicino al 3- 4%
meglio, qualche novità parrebbe esserci
incontrollabili tensioni nel già delicato e
che alle due cifre sfiorate nelle
nello stagnante mondo della politica
fragile equilibrio di governo, dove la
precedenti tornate elettorali. Sullo
nostrana, ed è incarnato dall’apparente
poltrona di Enrico Letta sembra scottare
sfondo poi - compreso nel pacchetto
attivismo del nuovo segretario del Partito
ogni giorno di più.
delle riforme, anche la trasformazione
Democratico Matteo Renzi. Spiazzando un po’ l’opposizione
Non passa infatti inosservata ai più che – se l’auspicata riforma della legge
del Senato comprensivo di vistosi “tagli” alle spese della PA.
interna del suo partito - e creando
elettorale – cosi come sembra essere
tensioni con gli alleati di governo, in
stata formulata dai due, dovesse
sponda dei Berlusconiani riuscirà a
particolare con la nuova formazione nata
passare, si aprirebbero scenari inediti in
imporre le “sue” riforme - o se invece il
dalla volontà del Ministro Alfano, il
caso di ritorno alle urne, che
corpo molle del parlamento- che fa
neosegretario ha proposto un accordo
rischierebbero di cambiare la geografia
spesso ostruzionismo senza grande
con Forza Italia per una modifica alla
dell’attuale parlamento.
clamore, abortirà l’ennesima proposta di
legge elettorale; passaggio necessario
Con un vistoso premio di
Vedremo se il neosegretario, con la
rilettura della Carta Costituzionale. Nel
questo, vista la pronuncia recente della
maggioranza infatti, la nuova legge
frattempo buona fortuna all’Italia, che
Corte Costituzionale in merito, e viste le
elettorale, cosi come è abbozzata tutt
come sempre – deve cavarsela da sola
pressioni della presidenza della
‘oggi- metterebbe in seria discussione la
senza l’aiuto dei “professionisti della
Repubblica, che ha fatto delle riforme
partecipazione in Parlamento di forze
politica”.
costituzionali il perno del suo secondo
medio piccole come l’Udc di Casini,
mandato. Peccato che la mossa di
Scelta civica di Monti e addirittura la
Franco Del Panta
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sommario
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FAR CAMBIARE ROTTA ALLA GERMANIA?
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DONNE ARABE
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30 ELEZIONI NAZIONALI IN PRIMAVERA PER LA DEMOCRAZIA INDIANA
■
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L’ASSE LATINO PUÒ FARLO,(INSIEME ALL’UE)
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L’IPOTESI NILEKANI E L’INDIA DELLA MODERNITÀ MIGLIORI E PEGGIORI CEO DEL 2013
LA CLASSIFICA CHE FA TREMARE I TOP MANAGER DI TUTTO IL MONDO
■
34 SYDNEY FINKELSTEIN
■
36 UNO SGUARDO AL PASSATO PER RIFLETTERE SUL PRESENTE
UN PROFESSORE IN CATTEDRA
LA POVERTÀ IN ITALIA
■
38 ALLA RICERCA DELL’IMMORTALITÀ
■
40 MILANO 2015
■
42 INTERVISTA AD ALBERTO CONTRI
■
44 MASSIMO BOTTURA
■
50 D&G LONDON STYLE
■
54 TREND 2014: L'UOMO CON LA BARBA
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PARITÀ E DIRITTI NEGATI
TRASFERIRE IL CERVELLO UMANO IN UN COMPUTER
“PUNTO SU DI TE”, LA PAROLA AD ALBERTO CONTRI
L’UOMO DOLCE&GABBANA
IN BARBA ALL’IMBERBE
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CINEMA
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PEOPLE
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ART
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DESIGN
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LIBRI
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FOOD
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PARIS PHOTO
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TUNES 38
NON SOLO EXPO MA ANCHE MUSICA, CON CHAILLY NUOVO DIRETTORE
UNA CUCINA A 3 STELLE TRA INNOVAZIONE ED ARTE
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56 TORINO, PALAZZO MADAMA, DAL 15/01 AL 27/04
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58 AUDITORIUMEXPO DI ROMA
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LA FOTOGRAFIA DI HERB RITTS SI MOSTRA “IN PIENA LUCE”
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CULTURA ANNI '70
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BERLINO, UNA STAR SOTTO I RIFLETTORI
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EVE ARNOLD. UNA RETROSPETTIVA
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UNA MOSTRA RACCONTA L’ARTE ROMANA NEGLI ANNI DI PIOMBO
AL VIA IL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL CINEMA
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TOSHIKO HORIUCHI MACADAM
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IL RESTYLING DELLA BOUTIQUE DI NEW YORK
Progress è una pubblicazione curata da Società Eventi Internazionali s.r.l. Via Romeo Rodriguez Pereira, 41/A 00135 - Roma Rivista mensile registrata presso il Tribunale di Roma 17/09/2010 N° 356/2010 Progress n°74 / Febbraio 2014
HARMONIC MOTION: LA “RETE DEI DRAGHI” DEL MACRO
L'AZIENDA STORICA “FRATELLI ROSSETTI”
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68 ALCOLICI DA PROIBIZIONISMO, PROIBITO CHIEDERNE L'INDIRIZZO
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70 IL TALENTO DI FRANCESCO CLEMENTE
■
72 UN ORIGINALE CONNUBIO
■
74 THE CHEDI ANDERMATT
Editor in Chief Leonardo Garcia de Vincentiis Direttore Responsabile Alessandro Petrone direzione@edizionisei.com Direttore Editoriale Franco Del Panta Direttore Pubblicità Paolo Del Panta advertising@edizionisei.com
IN VIAGGIO TRA ITALIA, STATI UNITI E INDIA
I PROFUMI FERRAGAMO ALLE CAVE DI MICHELANGELO
Redazione e Collaboratori Editoriali redazione@edizionisei.com D. Battaglia, M.L.C. Beduschi, R. Leggio, M.G. Morini, F. Aliberti, A. Tomassi, F. Vagnozzi, E. Pasca, L. Saggio, S. De Martin, L. Martano, E. Bonardi, Ylenia Leoni, Francesca Adinolfi, Marianna Ottaviani, Camilla Fabiani
L’HOTEL DOVE “L’ELEGANZA ALPINA SI SPOSA CON LA DOLCEZZA ASIATICA”
78 GIOCHI OLIMPICI INVERNALI
■
80 SALONI DELL'AUTO IN NORD AMERICA
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88 NAUTICA
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92 29° EDIZIONE
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94 PEUGEOT 3008
COSA ASPETTARSI DA SOCHI2014
DETROIT A 4 RUOTE
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L’ITALIA DEI GRANDI YACHTS
L’ANIMA BIT DI MILANO
CROSSOVER MULTITALENTO
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Uffici Commerciali Roma, Via Pereira, 41 - 00136
CLUB 1930, LA BELLE EPOQUE NEL XXI SECOLO
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Questo periodico è associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione totale o parziale della pubblicazione. Testi e fotografie non possono essere riprodotti senza l’autorizzazione della Casa Editrice. I manoscritti, anche se non pubblicati, non vengono restituiti.
Marketing & ICT Milko Vaccaro Ricerca Iconografica e Servizi A cura della redazione Editing e traduzioni Tris Bruce Art Direction Romina Plini Stampa e Allestimento S.E.I. Distribuzione Giuseppe Ventura Emilian Press Srl - Spediservice Srl - CDL Informazioni e Abbonamenti info@edizionisei.com www.progressonline.it Fotografie Shutterstock, Sascha Von Mallinckrodt M.G. Morini, L. M. C. Beduschi, Luca Omiccioli, Milko Vaccaro N.B. Massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati. Spedizione in abbonamento postale. 70% Filiale di Roma.
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L'ORTO BOTANICO DELL’UNIVERSITA DI PADOVA IL PIU’ ANTICO AL MONDO
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Fondato nel 1545, l'Orto Botanico dell'Università di Padova vanta
si documenta sul panorama ricco e variegato della biodiversità
di essere il più antico orto universitario del mondo.
vegetale e dei suoi problemi. Un'operazione culturale che punta a
Nonostante lievi modifiche di inizio settecento, l'area storica
rilanciare la ricerca botanica, ad attrarre studiosi da ogni parte del
mantiene le principali caratteristiche scientifiche ed architettoniche
mondo e a rafforzare i rapporti scientifici nell'ambito di una rete di
dalla nascita, alla quale recentemente è stata aggiunta una
800 orti botanici sparsi nel mondo, attraverso un percorso diviso in
superficie di oltre un ettaro e mezzo di 110 metri di lunghezza e 18
tre filoni espositivi: la pianta e l'ambiente, la pianta e l'uomo, la
di altezza, che ospita 1300 piante provenienti da tutto il mondo.
pianta e lo spazio. Un curioso viaggio per scoprire i diversi climi dei
È il “giardino della biodiversità”, che, realizzato in tre anni, dopo
5 continenti, dalla foresta pluviale alla tundra alpina.
una serie di sfide inusuali vinte dall'Università di Padova, vuole
www.ortobotanico.unipd.it
essere un luogo in cui si fa scienza, e un luogo dove si comunica Francesca Romana Adinolfi
scienza; da una parte infatti si studiano le piante, dall'altra parte ci
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MILIONI DI LED ILLUMINANO IL GIAPPONE
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Uno spettacolo mozzafiato: 7 milioni di led racchiusi in lampade a
floreale Nabana no Sato, una parte del Nagashima Resort&Spa -
fiore formano una volta tra i percorsi del giardino botanico Nabana
viene organizzato un diverso illumination festival, che dà vita ad
No Sato sull'Isola giapponese di Nagashima.
uno spettacolo differente a seconda del tema scelto. Quello di
Un imponente tunnel composto da milioni di Led che affascina i
quest’anno è la natura.
turisti e avvolge i cittadini del Giappone in un caldo e luminoso
È possibile ammirare lo spettacolo, da novembre a fine marzo, ad
abbraccio. Si chiama Winter Illuminations ed è stato acceso in
un prezzo di 2000 yen a persona.
occasione della stagione invernale e tramiti appositi ascensori è
www.nagashima-onsen.co.jp
possibile guardare il tunnel anche dall’alto. Francesca Romana Adinolfi
Ogni anno, in occasione della stagione invernale - nel parco
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di CAMILLA FABIANI
LA GRANDE BELLEZZA E L’OSCAR 2014 Il film di Paolo Sorrentino vince un Golden Globe ed è tra i finalisti per l’Oscar. Il miglior film straniero del 2013 può farcela. Prima, passa l’esame al Festival di Cannes con la nomination alla Palma d‘oro, poi, sbarca in America e conquista a tal punto pubblico e critica da ricevere il Golden Globe il 12 gennaio scorso. Adesso si corre diretti alla statuetta d’oro. È dal 1990, con “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore, che un film italiano non otteneva questo riconoscimento; e ora il sogno ritorna. La storia di Jep Gambardella, tanto apprezzata dagli americani come dagli inglesi, ha diviso, però, gli italiani. Forse perché quella Roma descritta da Sorrentino è più vicina alla realtà che alla finzione. Una città notturna superficiale, lasciva, eccessiva che contrasta con l’immagine della Roma antica e con la bellezza di quei monumenti che
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quell’immagine rievocano. La frivolezza e la pochezza dell’uomo moderno contro la solidità e la grandiosità della ‘Città’ per definizione. Una pellicola che lascia in bocca l’amarezza, la stessa di Jep, che tutto ciò che è rimasto oggi sia il “nulla”. Perciò, è meglio vivere la notte, quando non si cercano spiegazioni, ma si pensa solo a divertirsi, a ridere, a ballare. Il giorno è fatto per dormire e per scrivere; un giornalista fa questo; uno scrittore fa questo. Ma Jep non lo è più da anni; dopo la pubblicazione del primo romanzo, L’apparato umano, l’ispirazione scompare e il successo ottenuto basterà a colmare il vuoto della sua vita per gli anni a venire, almeno apparentemente. Quando, però, arrivano i sessantacinque anni, forse, ci si deve fermare a riflettere: «La più sorprendente scoperta che ho fatto subito dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare
cose che non mi va di fare». Jep lo fa passeggiando per Roma e parlando con i suoi vecchi amici. Amici, che come lui, sembrano non aver percepito il trascorrere del tempo, ma, allo stesso modo, si sentono migliori solo per il fatto di averlo saputo impiegare quel tempo. Come, non se lo chiedono; Jep, invece, lo sa, l’ha capito. «Siamo tutti sull’orlo della disperazione; non abbiamo altro rimedio che farci compagnia, prenderci un po’ in giro». La compagnia è, però, una fortuna di pochi. Se, quindi, anche gli amici di sempre o quelli più recenti scompaiono, non resta che la desolazione. Certo, neanche un osservatore sensibile e acuto come Jep avrebbe mai creduto che sarebbe bastato l’incontro con una missionaria, la “Santa”, per scampare alla totale desolazione, per capire che la “grande bellezza” è ormai perduta. Quel che rimane, allora, è un nuovo romanzo da scrivere e, dopo, la
morte con il suo “altrove”. «Io non mi occupo dell’altrove … Dunque che questo romanzo abbia inizio», dice Jep, «In fondo è solo un trucco. Sì, è solo un trucco». È il trucco che ha incantato Hollywood e ha sorpreso, nel bene o nel male, l’Italia. Se la vita, come dice il protagonista, è fatta solo da alcuni “sprazzi di bellezza”, “La grande bellezza” ci spinge a recuperarli, ognuno i suoi, e a farceli bastare. Il resto è miserevole e mediocre. Non certo il film di Sorrentino. E se gli americani capiranno questo, forse l’Oscar verrà a trovarci di nuovo. Appuntamento al 2 marzo.
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L'ARTE DI FRANCO NOERO Il gallerista “nomade” che non perde mai di vista la ricerca e la scoperta di nuovi talenti. Collocato tra i “Power 100” e definito uno dei personaggi più influenti del mondo dell'arte dalla prestigiosa rivista inglese Art Review, il gallerista Franco Noero, insieme al socio Pierpaolo Falone, ha rappresentato artisti emergenti italiani ed internazionali esponendo, in particolare, installazioni, video-installazioni, fotografia e pittura. La sua storia comincia circa 15 anni fa: nel marzo 1999, Franco Noero, dopo anni di esperienza e di studi sul mondo dell'arte, inaugura la sua prima galleria d'arte contemporanea in Via Mazzini a Torino. Il 18 settembre del 2003 la galleria si trasferisce in Via Giolitti 52A per poi dar vita, cinque anni dopo, ad uno spazio dedicato alle arti e ad un laboratorio di idee per gli artisti nella Casa Scaccabarozzi, edificio a pianta trapezoidale di nove piani - uno dei simboli architettonici della città di Torino noto come la “Fetta di Polenta”. Siamo nel maggio del 2013, l'autorevole gallerista d'arte contemporanea, non ancora soddisfatto delle location fino ad ora trovate, trasferisce la sua attività nell'edificio industriale della seconda metà del 900 di via
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Mottalciata 10/B, un'architettura spontanea definita dall'architetto Flavio Albanese “un luogo perfettamente ospitale per i processi creativi dell'arte contemporanea”. Tra gli artisti italiani emergenti ed affermati sulla scena internazionale e promossi di Franco Noero ci sono molto Big, tra cui Lara Favaretto, Francesco Vezzoli e Martino Gamper ma anche artisti provenienti da tutto il mondo come Henrik Håkansson, Mark Handforth, Arturo Herrera, Gabriel Kuri. La Galleria Franco Noero, inoltre, vanta importanti collaborazioni con musei ed istituzioni italiane ed internazionali e con la città di Torino, organizzando eventi legati ad esposizioni in spazi pubblici, fuori e dentro la città; ha inoltre l'obiettivo di produrre libri e cataloghi degli artisti rappresentati. Nel corso degli ultimi anni ha infatti realizzato pubblicazioni e multipli di Arturo Herrera, Simon Starling, Henrik Håkansson, Costa Vece, Francesco Vezzoli, Gabriel Kuri, Steven Shearer, Lara Favaretto e Tom Burr.
di FRANCESCA ROMANA ADINOLFI
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di FRANCESCA ROMANA ADINOLFI
WUNDERKAMMER. ARTE, NATURA, MERAVIGLIA IERI E OGGI: UN PERCORSO ALLA SCOPERTA DEL PASSATO ATTRAVERSO IL PRESENTE
una mostra, che ha come leitmotiv l'accostamento di opere e manufatti cinqueseicenteschi a presenze dell'arte contemporanea. L'esposizione, curata da Lavinia Galli e Martina Marzotta, prende vita, dal 15 novembre al 02 marzo, nella sede del Museo Poldi Pezzoli di Milano, per poi spostarsi nelle gallerie di Piazza Scala. Attraverso un percorso tra le diverse situazioni e momenti Il fenomeno delle Wunderkammer si sviluppa nel Medioevo, si protrae per tutto il Cinquecento, si allarga grazie alle ricchezze barocche dal Seicento e si assesta nel Settecento, quando gli illuministi ne fanno tesoro per conservare ogni tipo di curiositĂ scientifica. Il termine indica il primo stadio del concetto di museo: le Wunderkammer erano particolari ambienti nei quali i collezionisti amavano conservare raccolte di oggetti straordinari per le loro caratteristiche intrinseche ed estrinseche. Wunderkammer. Arte, Natura, Meraviglia ieri e oggi riprende lo stesso concetto per creare
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della storia dell'arte, del collezionismo, della scienza e della filosofia la mostra vuole stimolare l'osservatore a rintracciare analogie, rimandi e corrispondenze tra significati implicati nel multiforme fenomeno delle Wunderkammer attraverso un diverso tipo di approccio multidisciplinare che parte dal cinquecento e arriva fino alla contemporaneitĂ . www.museopoldipezzoli.it
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di YLENIA LEONE
CROSSOVER, L'ARTE DEL FOULARD. TRIENNALE DESIGN MUSEUM PRESENTA UNA SELEZIONE DI LAVORI DI ELIANA LORENA
È il foulard l'elemento principe della mostra Crossover che Triennale Design Museum ospiterà fino al 23 febbraio 2014: foulard Monochrome esposti sulle strutture Inox di Zeus di Maurizio Peregalli, foulard con gli stessi disegni dei costumi da bagno realizzati nei tessuti Sensitive Fabrics by Eurojersey , foulard esposti con gli abiti in scala 1:6, foulard inclusi nella scultura in resina Gobbetto, foulard contenuti nella teca di Fondazione Castiglioni ridesegnata da Marco Marzini, foulard con la limited edition stampata su tessuto di lino della copertina di Journal per Nava. L’elemento che contraddistingue il lavoro di Eliana Lorena riguarda il progetto delle superfici e dei colori come fattore strategico in grado di caratterizzare gli oggetti, gli ambienti, le architetture. Il suo metodo di lavoro segue uno studio preliminare di analisi e ricerca, essenziale nelle discipline progettuali architettoniche o di design per poter realizzare un concept idoneo all’oggetto di studio. Designer, artista e insegnante, Eliana Lorena ha collaborato nel corso della sua carriera con aziende del calibro di Chopard, Fiat, Moncler,Lancia, Piaggio, PPG, Chicco, Cassina, Zucchi, Eurojersey, Rhea Vendors Group, Stone italiana,Nava, Mandarina Duck, Mario Hernandez e Oikos, tra le altre.
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I lavori di Crossover abbracciano sia la moda che il design con le stampe digitali su tessuti in fibra naturale e seta Teseo e le mostre di arte e design di Eliana Lorena si sono tenute in Italia, Francia, Giappone, Egitto. Sul suo lavoro l'artista afferma: “Il mio è un linguaggio visivo, sensoriale, tattile. Materia e colore guidano il mio istinto. Cultura, storia, tradizioni e processi socio/economici definiscono la giusta applicazione al prodotto,
il concept per delineare la fase progettuale”. Scrive Eleonora Fiorani, membro del comitato scientifico della Triennale di Milano per la Moda: “Un tessuto di seta, un quadrato detto Foulard, è il modulo che Eliana Lorena ha adottato per progettare superfici e colori, e fare della moda un’arte plastica molto vicina all’architettura e al design, in cui accessori e abiti sono concept da indossare, fatti per essere abitati e creare nuove modalità di apparire ed essere, idee incarnate nei codici culturali, etnici, sociali. E lo fa con una ricerca materico-cromatica condotta per
tematizzazioni secondo una metodologia appresa da settori quali auto, ufficio, casa, allestimenti. Il tema della mostra è il digital print, la stampa a laser su seta di Teseo. I motivi sono i paisley, di origine persiana, i fiori e i quadrati. L’abaco di riferimento e’ una sorta di studio del pattern a scale differenti: ogni tessuto ha accanto una miniatura con lo stesso disegno, in scala, su un supporto diverso in termini superficiali. I Monochrome in crepe de chine sono invece il veicolo del colore che ogni persona è, modalità differenti di essere al mondo. E il foulard può essere indossato come copricapo, avvolto al collo, appoggiato sulle spalle, annodato al manico della borsa, intorno alla vita, e può mettere in scena le diverse culture e identità. Come avviene nelle collezioni delle Barbie in cui il corpo in serie cessa di essere tale per assumere i colori e i tessuti delle varie etnie a significare i corpi come territori della circolazione dei messaggi di una società. Barbie vestite non solo secondo i codici occidentali, ma in burka, kimono, sari, boubou, mettendo insieme culture e stilemi in cui si animano i corpi scritti, significati dalle diverse culture e si ibridano producendo la modernità che si indigenizza. Sono anche tracce mnemoniche di viaggi e incontri del proprio vissuto". www.triennale.it
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di YLENIA LEONE
“IL TANGO E IL MARE” DI MONICA MARIA FUMAGALLI
Primo libro della collana “Un paso màs” curata da Emanuela Bussolati per Abrazos Editore. Un accostamento solo apparentemente ardito quello che Monica Maria Fumagalli, danzatrice professionista, insegnante e ricercatrice da molti anni, propone ne "il Tango e il Mare". Il libro è dedicato a tutti quelli che, provenienti da uno o entrambi i mondi, desiderano vedere le proprie passioni con occhi nuovi. L'idea, come scrive l'autrice, nasce da un incontro casuale con la sensibilità di un uomo di mare che sente nel tango, al quale si era appena
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accostato, una affinità inaspettata, Pippo Erroi, presidente del Centro Velico Horca Myseria. Il viaggio ha inizio con le storie degli immigrati che, solcando il mare, verso la metà diciassettesimo secolo lasciavano la patria e approdavano a Buenos Aires, stabilendosi nei pressi del porto, uomini partiti per sfuggire alla miseria, che mantengono viva la nostalgia per la terra natia e stretto il rapporto proprio con quel mare che da essa li separa. «Il tango è legato al mare perché ha tessuto la leggenda di uomini il cui primo gesto eroico, in molti casi, fu proprio quello di attraversare il mare, di arrivare ad un porto e di cominciare da lì a ridisegnare la propria esistenza» leggiamo in copertina. Attraverso una ricerca su testi, un approfondimento iconografico e alcune storie dei protagonisti, Monica Maria Fumagalli racconta di come questo rapporto così intenso sia presente proprio nel tango. Un racconto per il quale è stata scelta una forma agile ma ricca di spunti, note a margine, disegni – ad opera di Emanuela Bussolati, che è anche responsabile del progetto editoriale - e
documenti che lo rendono fruibile per tutti, senza mai perderne l'autorevolezza testimoniata dall'apparato bibliografico e discografico che rivelano la natura di ricercatrice dell'autrice. Il volume è il primo della collana "Un paso más", che raccoglierà le conferenze tenute da Monica Maria Fumagalli in diversi paesi del mondo e la documentazione scovata nei suoi viaggi. I prossimi titoli in uscita nel 2014: Negritud e Tango, Il tango e le donne, Vite vissute come un tango.
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IL CIBO DEL NORD SBARCA A MILANO
Inaugurato nel 2012 alle porte di Aosta, Björk Swedish Brasserie, il primo ristorante svedese in Italia, si è guadagnato le migliori recensioni sul web per la sua originalità e allo stesso tempo stranezza. Il progetto è nato dal connubio creativo dell'architetto Nicola Quadri e l'imprenditrice Giuliana Rosset, che hanno deciso di bissare dando vita ad un project store dal design scandinavo dove food e design si uniscono. Si tratta di Björk Side Store, un locale che segue le orme dell'Ikea, ma più ristretto e più prestigioso dove si possono acquistare prodotti alimentari tipici del Nord insieme a complementi di arredo di design svedese. Tra gli scaffali del locale quindi sbucheranno, tra aringhe marinate, salmone affumicato e prosciutto di cervo, oggetti come tazze, vasi e accessori decorativi. Un Concept Store tra il vintage e il contemporaneo, a due passi da Porta Venezia, che ricorda una drogheria metropolitana.
BJORK SIDE STORE via Panfilo Castaldi 20, Milano Tel. 0249457424 Info su: www.bjork.it
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di FRANCESCA ROMANA ADINOLFI
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EVENTI FOTOGRAFIA
di Ylenia Leone
IMPERDIBILE EVENTO PER LA FOTOGRAFIA MONDIALE AD APRILE 2014
“PARIS PHOTO” SI SPOSTA A LOS ANGELES Dopo il successo della scorsa edizione, torna alla Paramount Pictures Studios la storica rassegna fotografica del Grand Palais
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Si terrà agli Studios della Paramount Pictures di Los Angeles la seconda edizione americana di Paris Photo , la più grande fiera fotografica di tutto il mondo, che attualmente riunisce 164 gallerie (o meglio: 136 gallerie, più le opere di 28 tra editori e curatori specializzati in libri fotografici) sotto il tetto di vetro del “Grand Palais” di Parigi, costruito in occasione dell'Esposizione Universale del 1900. Dopo il successo della prima edizione Americana di Aprile del 2013, che ha attirato più di 13 500 visitatori, dal 25 Aprile riapriranno le porte della rassegna “Paris Photo” a Los Angeles, presso gli Studi della Paramount Pictures. Creata nel 1996 come la più prestigiosa rassegna d'arte dedicata alla fotografia storica e contemporanea, Paris Photo è diventa-
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ta nei passati 16 anni un evento imperdibile per collezionisti di arte moderna contemporanea, professionisti della fotografia, artisti e semplici curiosi e la sua risonanza e l'apprezzamento riscontrato nel pubblico stanno aumentando sempre più la loro portata, diventando fattori decisamente più degni di nota ogni anno che passa. Arricchita dall'unico ambiente culturale di queste due città, la fiera offre ai suoi visitatori un'inimitabile esperienza in due location storiche che riuniscono in sé tutti i diversi trend, passati e presenti, della fotografia. Ma “Paris Photo rappresenta anche un momento di riflessione - afferma Julien Frydman, direttore dell'edizione francese - È un’occasione unica per scoprire la migliore fotografia dal diciannovesimo secolo ad oggi”. www.parisphoto.com ■
preview, © Cyril Lagel, 123RF, Getty Images, Graphic Obsession. SCP © Garath Hacker. Bosa © Tiziano Rossi. Soonsalon © Michiel Cornelissen. © Cinna. © Sentou. Organizzato da SAFI, filiale degli Ateliers d’Art de France e da Reed Expositions France
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ESTERI RIPRENDERE BERLINO
di Martina Ottaviani
FAR CAMBIARE ROTTA ALLA GERMANIA?
L’ASSE LATINO PUÒ FARLO,(INSIEME ALL’UE) Riprendere Berlino. Più che una riconquista, si tratta di un ammonimento che gli Stati Uniti, seguiti dall'Unione Europea hanno lanciato alla Cancelliera Angela Merkel. E c'è chi pensa, come il giornalista ed ex senatore Massimo Riva, che solo “un' azione politica forte e congiunta” di Francia, Italia e Spagna potrebbe convincere il governo tedesco a porre un freno al rigore economico che spesso impone all'Europa
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Nel Report to Congress on “International Economic and Exchange Rate Policies”, il rapporto semiannuale sull'economia internazionale e sulle politiche dei tassi di cambio, il Dipartimento del Tesoro americano mette sotto accusa le politiche economiche tedesche scrivendo che “il ritmo anemico di sviluppo della domanda interna della Germania e la sua dipendenza dalle esportazioni hanno impedito il riequilibrio in un momento in cui molti altri Paesi dell’Eurozona sono stati sotto una forte pressione per limitare la domanda e comprimere le importazioni, al fine di promuovere un aggiustamento”. In pratica, secondo Washington, le strategie di mercato tedesche, che vedono la Germania in forte attivo con un surplus commerciale a dir poco esorbitante, rischiano di destabilizzare non soltanto i Paesi europei, ma proprio l'intero sistema economico internazionale. Una critica che arriva in un momento già piuttosto delicato per i rapporti istituzionali tra le due nazioni, per via del famoso Datagate, lo scandalo sulle presunte intercettazioni che i servizi segreti americani avrebbero condotto a scapito della Merkel. Dal canto suo, la Cancelliera ha respinto le accuse sulle esportazioni, definendole “incomprensibili” ed invitando gli Stati Uni-
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ti ad “analizzare la propria situazione economica”. Anche il ministero tedesco dell’Economia, non ha fatto attendere la sua replica alle affermazioni del Tesoro americano, affermando in una nota che “il surplus commerciale riflette la forte competitività dell’economia tedesca e della domanda internazionale di prodotti di qualità dalla Germania”. In altre parole, il merito della crescita degli investimenti e della domanda dei consumatori nella Repubblica Federale tedesca, altro non si dovrebbe che all’economia domestica. Sulla scia del governo americano, anche la Commissione Europea ha deciso di esaminare meglio la questione e il 13 novembre scorso, il Presidente José Manuel Barroso, ha avviato “un'analisi approfondita dell'elevato surplus commerciale tedesco”, per tentare di stabilire se la Germania possa dare o meno un importante contributo al riequilibrio dell'economia europea. Va detto, però, che se l'EC interviene non appena un Paese registri un deficit del 4% del Pil, nel caso in cui un altro abbia un surplus record del 7% del prodotto interno lordo (come la Germania, nel 2012), l'Unione rimane semplicemente ad assistere. Bruxelles, dunque, deve ancora lavorare molto per
correggere gli eventuali squilibri macroeconomici, da ambo le parti. Intanto, la decisione di mettere in atto una procedura contro Berlino, rappresenta già un punto di svolta significativo, sia per l'economia che per la politica. Non sono pochi, infatti, i Paesi dell'Unione Europea che accusano la Germania di non fare abbastanza per aiutare gli Stati in difficoltà ad uscire dalla crisi. Pesano, in particolare, le accuse di esportazione senza consumo e di vendita senza investimento, nonché il fatto che la Repubblica Federale non abbia ancora effettuato alcun aggiustamento. Il premio Nobel per l'economia, Paul Krugman, in un articolo scritto per il New York Times, sostiene, infatti, che “la Germania ha imposto a tutti l'austerità fiscale nonostante lo stato in cui versavano le economie dei suoi creditori, contribuendo ad un irrigidimento generale della politica in tutta l'Eurozona”. La questione è piuttosto complessa. Il politico e giornalista Massimo Riva, se n'è occupato nella sua rubrica Avviso ai naviganti del settimanale “L'Espresso”. Secondo Riva, a ridimensionare gli effetti della rigidità e del rigore, servirebbe “un'azione politica forte e congiunta delle altre tre maggiori economie dell'Eurozona (Francia,
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ESTERI RIPRENDERE BERLINO
Italia e Spagna) mirata ad aprire un contenzioso politico formale con la Germania, così incoraggiando anche la commissione di Bruxelles ad uscire dal complesso d'inferiorità che segna ogni sua iniziativa quando si tratti di contrastare gli interessi di Berlino”. Certo, non è semplice, ma l'ipotesi sulla possibilità di stipulare un accordo tra Parigi, Roma e Madrid, a detta del giornalista, “può
avere qualche probabilità di successo nel far cambiare rotta alla Germania”. Ciò, naturalmente, “via Bruxelles”. Per quanto riguarda le iniziative concrete da portare avanti, il premier Enrico Letta, ha invece rimandato il dibattito al momento in cui toccherà all'Italia guidare le sorti dell'Europa, con la presidenza del Consiglio Europeo, prevista nel secondo semestre del 2014. Seppure
la Cancelliera tedesca cedesse alle pressioni americane e dell'UE, e decidesse di voler abbandonare la linea del rigore, ci si chiede, comunque, quali effetti avranno le novità sul sistema politico-economico che tiene unita l'Europa. E se, soprattutto, non sia il caso di intervenire prontamente anziché rimandare la questione. ■
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ATTUALITÀ RISPETTO E TUTELA DEI DIRITTI DELLE DONNE ARABE
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ATTUALITÀ RISPETTO E TUTELA DEI DIRITTI DELLE DONNE ARABE
di Naman Tarcha
DONNE ARABE
PARITÀ E DIRITTI NEGATI Un cambiamento e uno sviluppo vero non avverrà nel mondo arabo senza un cambiamento essenziale della condizione femminile. “Si potrà parlare di primavera araba quando le donne non saranno discriminate” sono le testuali parole dell'avvocatessa iraniana e premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. E non ha sicuramente torto
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Sono passati meno di tre anni e ci troviamo di fronte ad una situazione a dire poco buia sui frutti della cosiddetta Primavera araba! Di recente è stato pubblicato un rapporto internazionale sulla condizione delle donne nei paesi arabi. Non è un mistero che tutti e nessuno escluso si aggiudicano gli ultimi posti al mondo per quanto riguarda rispetto e tutela dei diritti delle donne. I giornali si sono subito affrettati a sottolineare che al primo posto c'è l'Egitto come peggior paese per la condizione della donna. Anche se i dettagli negli altri paesi sono più allarmanti. Bisogna distinguere infatti tra il deficit strutturale e legislativo in alcuni paesi (soprattutto paesi del Golfo) e il peggioramento a causa dei conflitti in atto in altri come Libia, Tunisia, Siria e Egitto, dove, con mille difficoltà, le donne avevano fatto passi da giganti, ma dove purtroppo, questa cosiddetta Primavera ha azzerato i vantaggi ottenuti e ha rimesso tutto in discussione. Tutte le Costituzioni nel mondo arabo, la' dove ci sono perchè alcuni paesi del Golfo non hanno una vera e propria Costituzione, evitano di affrontare in modo chiaro questo tema. Nessun accenno all'uguaglianza e alla parità tra i sessi, ma solo un'uguaglianza generica, non traducibile in leggi e chiari diritti. Esiste un’emarginazione sistematica della donna, alla quale viene negata qualsiasi partecipazione e rappresentanza nella vita politica e sociale del proprio paese. In tanti paesi del Golfo, le donne non solo non possono entrare in politica e candidarsi ma non hanno
SHIRIN EBADI Nella foto a sinistra: l’avvocatessa iraniana e premio Nobel per la pace
nemmeno il diritto di voto. E non basta. In Arabia Saudita, ad esempio, una donna non può viaggiare, studiare, sposarsi e neanche sottoporsi ad un intervento chirurgico senza il permesso del suo tutore. L'accesso femminile allo studio in tutti i paesi complessivamente non supera il 20%, mentre in media solo il 30% delle donne lavora: un danno economico enorme per società ricche in teoria ma povere in pratica. Il ruolo principale della donna araba è sposarsi giovane, quindi lo studio non è necessario (agli uomini non piacciono le donne troppo intelligenti); diceva una mia anziana vicina di casa ad Aleppo, che la cosa più importante è fare figli: più ne hai più sei sicura che tuo marito, sia per senso di colpa, sia per disponibilità economica (i figli costano), non ti lascerà e non si sposerà un'altra, visto che la
legge gli permetterebbe di avere fino a quattro mogli insieme. L'età a cui le donne si sposano, in alcuni paesi come il Kuwait, arriva anche a 15 anni. Lo scandalo delle spose bambine nello Yemen E ancora su tutti i giornali, e si parla poco delle bambine siriane vendute come spose nei campi profughi, che è una tristissima realtà. Mentre in Italia è in atto la battaglia per contrastare il fenomeno del femminicidio, nei paesi arabi lo chiamano Crimine d'onore. Delitti quotidiani, a volte giustificati e a volte tollerati, per cui la pena è minima: 25 casi di femminicidio solo nei primi nove mesi di quest'anno in Palestina, e 680 casi di violenza sessuale registrati l'anno scorso in Giordania. In questo caso, purtroppo, viene condannata nei paesi del Golfo anche la vittima che denuncia una violenza subita per aver com- u
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ATTUALITÀ RISPETTO E TUTELA DEI DIRITTI DELLE DONNE ARABE
DIRITTI NEGATI Di recente è stato pubblicato un rapporto internazionale sulla condizione delle donne nei paesi arabi. Non è un mistero che tutti e nessuno escluso si aggiudicano gli ultimi posti al mondo per quanto riguarda rispetto e tutela dei diritti delle donne
messo fornicazione. Ancora oggi sono le donne a pagare il caro prezzo dei conflitti e delle guerra; è questo il caso della Siria, dove malgrado la tutela e i diritti ottenuti (c'è una quota rosa nel parlamento, 4 ministre e una vice presidente, e una legge che vieta di indossare il Niqab -velo integrale- in pubblico), oggi le donne sono in condizione di povertà assoluta, di sfruttamento e violenza soprattutto nei campi profughi e nelle zone controllate dai ribelli islamisti dove è stata imposta la Sharia e vige uno stato sociale medioevale. In Tunisia, l'arrivo al potere del partito islamico Al Nahda e i suoi tentativi di modificare il diritto civile e la costituzione, ha allarmato la società civile tunisina, essendo il Paese un caso unico nel mondo arabo di evoluzione dei diritti. Infatti, il diritto civile del 1956, introdotto dal primo presidente tunisino dopo l'indipendenza, Habib Burghibah, vieta non solo in modo netto la poligamia ma nega anche il diritto riconosciuto all'uomo nella Sha-
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ria di ripudiare la donna, limitando il divorzio alle sole via legali, senza divorzio orale, e garantendo allo stesso tempo il diritto delle donne di chiedere il divorzio. Il divieto di portare il velo esiste dagli anni Ottanta, con la legge 108 dell'anno 1981, che definisce il velo “abito settario” e non un “precetto religioso”, e vieta di indossare il velo nelle scuole superiori e nelle università. La battaglia per impedire i tentativi di
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ne sono riuscite a superare la proposta del partito islamico di introdurre il concetto di “Complementarità” al posto della '”Parità” tra donne e uomini. In Egitto oggi si vota la nuova costituzione, che parla per la prima volta di parità e uguaglianza tra uomo e donna. Sono 20 commi che garantiscono i diritti delle donne, direttamente e indirettamente, come quello che stabilisce l'età d'infanzia a 18 anni escludendo co-
SI POTRÀ PARLARE DI PRIMAVERA ARABA QUANDO LE DONNE NON SARANNO DISCRIMINATE
reintrodurre il velo per le donne tunisine oggi non è semplicemente tutelare i diritti ottenuti, ma riguarda tutto il mondo femminile arabo nella sua integrità. L’ultima vittoria delle donne tunisine è stata l'approvazione a larghissima maggioranza dell'articolo 20 della nuova costituzione che introduce per la prima volta la parità assoluta tra uomini e donne: “Senza alcuna discriminazione davanti alla legge tra cittadini e cittadine”. Con queste parole le donne tunisi-
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sÏ i matrimoni e lo sfruttamento di minori, che concede la Cittadinanza a chi nasce da padre o madre arabo (mettendo fine alla drammatica situazione delle donne sposate con stranieri come accade perfino in Libano illuminato), e che contrasta fortemente la violenza sulla donne. Senza dubbio non c'è democrazia politica senza una società equilibrata, e le donne rappresentano la forza, la ricchezza e la diversità nel mondo arabo. Nonostante i loro diritti negati. ■
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GIOCO, COLORE, ENERGIA. RISCOPRITEVI BAMBINI. Enel Contemporanea presenta Harmonic Motion/Rete dei Draghi di Toshiko Horiuchi MacAdam.
MACRO (via Nizza), Roma. Dall’8 dicembre 2013.
IN COLLABORAZIONE CON
enelcontemporanea.enel.com
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POLITICA ESTERI
di Ylenia Leone
ELEZIONI NAZIONALI IN PRIMAVERA PER LA DEMOCRAZIA INDIANA
L’IPOTESI NILEKANI E L’INDIA DELLA MODERNITÀ Tra i pettegolezzi e l'aria di cambiamento emerge il nome dell'imprenditore Nandan Nilekani come possibile candidato del Partito del Congresso
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Democrazia unicamente nominale? Seppur pasticciata, ancora troppo spesso schiava dei residui del sistema delle caste, ormai formalmente abolite, e affidata a masse ancora analfabete per decidere le proprie sorti politiche, non ci sono dubbi sul fatto che, quella indiana, sia una democrazia in piena regola: presenta alternanza di partiti politici di segno diverso al governo dalle elezioni del 1989, la sua stampa è molto libera e non è vincolata da censura (se non quella del buon senso, vincolo che ci si augura rispettato anche in quei paesi che possono vantare carriera democratica assai più lunga), la magistratura rimane un organo indipendente e la sua società civile è innegabilmente attiva, come dimostra l'esponente crescita che ha reso l'India un competitor a livello mondiale nel settore dell'information technology. Ma, come ogni “sana” democrazia, ha difficoltà a liberarsi del germe che cova sotto la superficie. “Ci sono tre terribili malattie in questo Paese: tifo, colera e febbre elettorale”, dice il protagonista di “White Tiger”, il romanzo di Aravind Adiga che ha vinto il Booker Prize inglese e “L’ultima è la più grave”,aggiunge. Il libro, come pure il film da Oscar “Slumdog Millionaire”, mostra un’India violenta, corrotta, ma vitale ed estremamente ottimista. Eppure l'India “promette bene”, come sostiene Antonio Armellini, nel più completo libro sull’India uscito da molti anni in italiano, “L’elefante ha messo le ali”, esprime “un otti-
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mismo moderato, ma abbastanza ragionato”. Le malattie del paese sono molte, innegabili e non tutte curabili. Ma non è questo un discorso dal piglio generalista che si adatta in fondo a qualunque paese libero sul pianeta? Se l'essere umano è nato zoòn politicòn, “animale politico”, scomodando Aristotele, è anche vero che “fatta la legge, trovato l'inganno” e secoli dopo Hobbes affer-
merà con decisione che quello del filosofo greco doveva essere stato senza dubbio un errore di valutazione. L'uomo non è un'ape, se questo sia un bene o un male ai posteri l'ardua sentenza. La corruzione, la burocrazia elefantiaca, la magistratura ancora eccessivamente conservatrice, lo squilibrio produttivo - si consideri che in India il 60% della popolazione è rura-
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POLITICA ESTERI
NANDAN NILEKANI Possibile candidato del Partito del Congresso per le prossime elezioni nazionali, Nilekani è il fondatore della Infosys di Bangalore, una delle più famose aziende di information technology
le, una cifra esorbitante per un’agricoltura sana, e la modernità è rappresentata dall’outsourcing e dalla tecnologia dell’informazione, che rappresentano quasi la metà del PIL, alla lunga insostenibile – sono senza dubbio piaghe che affliggono il paese, ma c'è da sottolineare, ancora una volta, che non sono problemi specifica-
cambiare grazie alla volontà collettiva”, che lo stesso Armellini ha riscontrato durante il suo incarico ambasciatore italiano a Delhi. Ma se in politica estera fatica a volte a conservare “toni gioviali” non solo sulla questione Kashmir, conteso al Pakistan, sulla quale Delhi considera ogni opinione altrui come
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CI SONO TRE TERRIBILI MALATTIE IN QUESTO PAESE: TIFO, COLERA E FEBBRE ELETTORALE”, DICE IL PROTAGONISTA DI “WHITE TIGER”, IL ROMANZO DI ARAVIND ADIGA CHE HA VINTO IL BOOKER PRIZE INGLESE E “L’ULTIMA È LA PIÙ GRAVE
tamente ( e unicamente) indiani e, se da una parte si riflettono sulla politica, dall'altra non hanno privato la società indiana di quella “can do mentality”, caratteristica dell’Italia del dopoguerra e del boom, espressione della “convinzione che la società e il mondo potessero
INDIA HI-TECH Sarà forse la nuova India, quella hi-tech e globale, a spezzare il familismo e il dominio di casta delle dinastie nella politica di Delhi
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“interferenza negli affari interni”, ma anche sul tacito, se non quando connivente, accordo con gli indifendibili regimi di Birmania e Sudan – nelle questioni di politica interna sembra aspirare a cambiamenti progressisti. Sarà forse la nuova India, quella hi-tech e globale, a spezzare il familismo e il dominio di casta delle dinastie nella politica di Delhi. Se è vero che le classi medie urbane, che dopo aver portato il paese sulla via della democrazia avevano poi badato solo ai soldi e ai consumi, mostrano ora di nuovo interesse per la politica, portando alle elezioni esponenti propri ,è anche vero che il nome che emerge dal retro-cicaleccio delle rumors politiche indiane come possibile candidato del Partito del Congresso per le prossime elezioni nazionali è quello di Nandan Nilekani, fondatore della Infosys di Bangalore, una delle più famose aziende di information technology a livello mondiale. 58 anni, imprenditore, una delle figure
più conosciute, più di successo e più brillanti dell'India moderna, rappresentata dalla Bangalore di Electronic City, Nilekani potrebbe essere la carta per riaprire la partita, di fronte ad un avversario, Narendra Modi del partito nazionalista Bjp, che in campagna elettorale sta raccogliendo sempre più consensi. Imprenditore e filantropo, Nilekani si è dimesso dalla guida della sua azienda miliardaria per dedicarsi al progetto della Unique Identification Authority, l'organizzazione che sta assegnando un numero di 12 cifre a ogni indiano che voglia, come mezzo di lotta alla corruzione nella distribuzione degli aiuti alla popolazione indigente indiana. Un po' imprenditore globale, un po' visionario sociale, insomma. Tuttavia G. Parameshwara, il Presidente del “Karnataka Pradesh Congress Committee (KPCC)”- il consiglio volto ad assicurarsi che i detentori delle cariche vengano eletti in maniera democratica all'interno del Partito del Congresso - ha dichiarato che le notizie sulla scelta di Nandan Nilekani come candidato alle elezioni di Lok Sabha per il seggio di Banglore South non rappresenterebbero altro che pettegolezzi. “Ne ho sentito parlare unicamente dai media. Queste notizie sono basate unicamente su voci e pettegolezzi. Non è in atto nessuna manovra di questo tipo” ma, negando che il nome di Nilekani fosse emerso come probabile candidato durante le recenti riunioni degli osservatori, il presidente Parameshwara ha anche ammesso che, nonostante il Partito abbia deciso di portare alle elezioni del Lok Sabha unicamente candidati che fossero membri del Congresso da almeno tre anni, potrebbero verificarsi “alcune eccezioni”, pur specificando che questa dichiarazione non implica la conferma di una ipotetica candidatura di Nilekani. Non resta che aspettare e vedere come si evolverà la tortuosa via elettorale della giovane democrazia indiana, ma, come scrive lo stesso Nilekani nel suo libro “Imagining India: The Idea of a Renewed Nation”, è forse il caso di tenere in considerazione che pure la mentalità si evolve: se per gli indiani i computer non sono più “macchine che mangiano gli uomini”, l’inglese non è più “una lingua che sfianca il cervello”, e il miliardo di abitanti, una volta “popolazione bomba”, è diventato solo un “dividendo demografico”, allora potrebbe anche essere arrivato il tempo per l'India delle caste di fare spazio sul ring della politica all'India della comunicazione, della modernità e della visione sociale. ■
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ECONOMIA I BUSINESS MAN
di Martina Ottaviani
MIGLIORI E PEGGIORI CEO DEL 2013
LA CLASSIFICA CHE FA TREMARE I TOP MANAGER DI TUTTO IL MONDO Imprenditori sull'attenti. Il Professor Sydney Finkelstein della Tuck School of Business di Dartmouth - storica scuola di business tra le più prestigiose a livello mondiale - è di nuovo salito in cattedra per stilare la classifica 2013 dei peggiori amministratori delegati del mondo. Con una novità assoluta: una lista dei migliori manager dell'anno
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Sul podio dei business man che si sono contraddistinti per il loro impegno lodevole, Jeff Bezos, AD di Amazon, nota azienda statunitense di commercio elettronico che il professore di strategia e leadership, Finkelstein, ha definito “un incrocio tra Ups, la Public Library di New York, e un magazzino gigante”. Nota negativa, invece, per Eike Batista, l'imprenditore brasiliano della holding Ebx/Osx/Ogx - un conglomerato di società dedite allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi in Brasile - il peggior CEO del 2013, secondo il professore di Dartmouth, autore del best-seller Why Smart Executives Fail (primo negli Stati Uniti e in Giappone) e del sequel Think Again, in cui Finkelstein analizza l'operato dei chief executive officer più brillanti, spiegando come e soprattutto perché prendono decisioni sbagliate. A premiare il merito di Jeff Bezos è stata la sua “visione a lungo termine in un periodo in cui gli amministratori delegati vivono nella paura dell’abbassamento dei margini trimestrali”, afferma Finkelstein, mettendo l'ac-
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ECONOMIA I BUSINESS MAN
cento sulla bravura del numero uno di Amazon, nel trasformare un business generalmente considerato “noioso” in un marchio eccellente e con prezzi imbattibili. “La sua azienda, che oggi è un colosso, è agile come una start up” - rivela il professore, e poi aggiunge: “Bezos sta costruendo un enorme pool di talenti attraverso assunzioni di diplomati Mba e la news della consegna dei pacchi via droni è stato un colpo mediatico geniale, giusto prima del Cyber Monday. Jeff Bezos è il nuovo Steve Jobs del business”. Opinione che trova riscontro anche nel ranking dell'Harvard Business Review - progetto editoriale della facoltosa Business School di Harvard - che lo scorso anno vedeva Bezos solo secondo a Jobs, che con i suoi 359 miliardi di dollari di incremento, nonché la crescita annua del 35%, ha segnato un record che probabilmente resterà “imbattuto per molto tempo”. Di certo l'espansione di Amazon in settori cardine come il cloud computing e l'incremento di vendite del 40%, registrato nel 2011, hanno decisamente giocato a favore del miglior CEO di quest'anno, Bezos. Ad Eike Batista non rimane, forse, che prendere appunti. L'imprenditore brasiliano dell'oro nero, primo tra i peggiori AD del 2013, è caduto nell'errore di fare previsioni troppo ottimistiche, sottovalutando difficoltà e costi delle estrazioni nei giacimenti di petrolio dal sale, sabbia e roccia sotto il
mare. Secondo il Professor Finkelstein “Batista non ha esperienza manageriale in questo settore, ma è un venditore incredibile che ha convinto gli investitori a sborsare 20 miliardi di dollari”. Pare così che l'imprenditore, nel tentativo di attirare un maggior interesse verso il
SUL PODIO DEI BUSINESS MAN Nella foto sopra: Jeff Bezos, AD di Amazon, nota azienda statunitense di commercio elettronico che il professore di strategia e leadership, Finkelstein, ha definito “un incrocio tra Ups, la Public Library di New York, e un magazzino gigante”
suo progetto, abbia, tuttavia, trascurato i dettagli della sua esecuzione, finendo poi per accusare tutti gli altri quando il titolo Ogx e Osx ha avuto un vero e proprio collasso, scendendo di ben 95% punti solo nel 2013. Sebbene con i suoi 30 miliardi di dollari del 2012 si fosse guadagnato il settimo posto del “World’s Billionaires” di Forbes - la classifica dei top manager più ricchi al mondo - Batista è finito poi nel baratro, perdendo il 99% del suo patrimonio personale. ■
IN & OUT ✑ Riportiamo qui una lista dei primi 5 classificati, rispettivamente come migliori e peggiori CEO 2013:
✑ Migliori CEO del 2013 1. Jeff Bezos, Amazon 2. Akio Toyoda, Toyota 3. Pony Ma, Tencent (Cina) 4. John Idol, Michael Kors 5. Reed Hastings, Netflix
✑ Peggiori CEO del 2013 1. Eike Batista, EBX/OGX/OSX (Brasile) 2. Ron Johnson, J.C. Penney 3. Thorsten Heins, Blackberry 4. Eddie Lampert, Sears Holdings 5. Steve Ballmer, Microsoft
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Sydney Finkelstein__mastro Progress 31/01/14 11.27 Pagina 1
ECONOMIA I BUSINESS MAN
di Martina Ottaviani
SYDNEY FINKELSTEIN
UN PROFESSORE IN CATTEDRA Intervista al Professor Sydney Finkelstein della Tuck School of Business di Dartmouth, che ha stilato la classifica dei migliori e peggiori CEO del 2013. Una hit parade fa discutere per i criteri con cui è stata stilata
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Ai tempi della scuola, nei momenti di assenza dell'insegnante, il capoclasse segnava sulla lavagna i buoni e i cattivi. Crescendo, col lavoro, chissà quanti dipendenti sognano di riprendere il proprio capo o addirittura l'amministratore delegato, ma questo, si sa, non sempre è possibile. A far tremare i top manager, ci pensa il Professor Sydney Finkelstein della Tuck School of Business di Dartmouth - storica scuola di business tra le più prestigiose a livello mondiale. Autore del best-seller Why Smart Executives Fail (primo negli Stati Uniti e in Giappone) e del sequel Think Again, Finkelstein analizza l'operato dei chief executive officer più brillanti, spiegando come e soprattutto perché prendono decisioni sbagliate. Professor Finkelstein, già da diversi anni si occupa di stilare la classifica dei peggiori CEO del mondo. A cosa deve questa sua scelta, in particolare? Ogni anno ho messo insieme questo elenco in quanto, negli ultimi 20 anni, la mia attività di ricerca e di consulenza si è incentrata su cosa i leader fanno di giusto e cosa fanno di sbagliato, e come risolvere i problemi che si presentano. Ho scritto diversi libri
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su queste tematiche, tra cui il bestseller numero 1 ‘Why Smart Executives Fail’. Questo libro è stato tradotto in italiano nel 2004 (Perché i bravi manager sbagliano e che cosa possiamo imparare dai loro errori). E quali sono le ragioni che l'hanno spinto, per la prima volta, a compilare una lista anche per i migliori CEO? Vi sono tanti ottimi amministratori delegati che meritano di essere riconosciuti. Mentre il mio interesse era inizialmente rivolto a quei CEO che si sono rivelati particolarmente incompetenti, ho pensato che sarebbe stato interessante espandere la mia quantità di informazioni. Ciò consente, inoltre, di fare un utile confronto tra i migliori e i peggiori. Nel farlo, si possono davvero notare delle grandi differenze di pensiero strategico, di attività decisionale e modelli di gestione aziendale. Quali sono i maggiori pericoli di fallimento per un imprenditore? E come affrontarli? Nella mia ricerca ho avuto modo di osservare direttamente che i dirigenti, indipendentemente da quanto intelligenti possano essere o
SYDNEY FINKELSTEIN Professor della Tuck School of Business di Dartmouth storica scuola di business tra le più prestigiose a livello mondiale. Finkelstein analizza l’operato dei chief executive officer più brillanti, spiegando come e soprattutto perché prendono decisioni sbagliate
Sydney Finkelstein__mastro Progress 31/01/14 11.27 Pagina 2
ECONOMIA I BUSINESS MAN
meno, possono fare alcuni errori incredibilmente stupidi. Nonostante le persone responsabili abbiano quasi sempre un'eccellente e comprovata esperienza, quando compiono dei gravi errori, non sanno come affrontarli rapidamente e correggerli. Ignorando il problema, spesso finiscono poi per amplificare i danni. Le ragioni del fallimento non sono dovute ad eventi imprevedibili, anzi, di solito i dirigenti sanno cosa sta accadendo, ma scelgono di non intervenire molto a riguardo. Alle origini del fallimento non vi sono errori di attuazione; gli errori di attuazione sono solo dei semplici sintomi che nascondono una spiegazione più profonda del perché le cose vanno male. Le cause non vanno ricercate in nessun'altra spiegazione semplicistica che metta in discussione la motivazione dei dirigenti, la capacità di leadership, l'onestà o l'abbondanza di risorse. La vera storia è molto più complessa di tutte queste spiegazioni, e molto più affascinante. Come ho descritto nel mio libro ‘Why Smart Executives Fail’, i manager sono ovviamente e innanzitutto, persone. E le persone spesso fanno cose che noi non dovremmo fare. A volte nascondiamo la testa sotto la sabbia e non vogliamo ascoltare. A volte lasciamo che i nostri giudizi personali influenzino le decisioni che prendiamo. A volte ignoriamo le opinioni altrui, non vogliamo cambiare, sottovalutiamo le difficoltà effettive, ci figuriamo una realtà tutta nostra e non ascoltiamo per niente i clienti. Sono tutte queste debolezze personali che, se tradotte ai vertici delle organizzazioni, portano al fallimento. Il margine di errore nei nel gradino più alto di imprese complesse è molto piccolo; il livello di competizione è molto alto. Ed è per questo che i manager apparentemente più brillanti, che invece non sono in grado di gestire e controllare le tante debolezze umane che, in alcune occasioni, ci mettono in difficoltà, falliscono. Qual'è, invece, la chiave del successo dei migliori manager del mondo? Cosa dovrebbe fare un imprenditore per tenere alto il livello della propria azienda? Come si riconosce un buon manager da uno cattivo? I top manager, al giorno d'oggi, sono spesso, anche se non sempre, più qualificati rispetto al passato. Il motivo principale si deve alla globalizzazione del mercato per i dirigenti che hanno talento. Abbiamo visto amministratori delegati inglesi e americani di aziende giapponesi, CEO indiani di imprese americane ecc. Con un pool di talenti che continuerà ad espandersi anche grazie all'apertura della Cina, è logico che la qualità del talento ai vertici, sarà migliore. Detto ciò, credo davvero che la caratteristica individuale più importante dei grandi manager sia la capacità di adattarsi in tempo reale ai cambiamenti. Ci sono tanti motivi per i quali gli imprenditori, e le aziende cui sono a
capo, vorrebbero prendere in considerazione l'idea di mantenere uno status quo, ma i migliori leader capiscono che il cambiamento è, non soltanto realtà, bensì necessità. L'adattabilità di fronte agli eventi imprevisti è il segno distintivo dei migliori manager. È possibile tracciare una sorta di mappa dei migliori amministratori delegati, a seconda del Paese da dove provengono? In che misura può la cultura – non soltanto la tecnica o l'esperienza professionale – influenzare il successo di un CEO o causarne il fallimento? Non c'è una risposta precisa per questa domanda. Nel libro ‘Why Smart Executives Fail’, ho affermato che gli sbagli si fanno in base a: atteggiamento mentale negativo dei dirigenti, meccanismi protettivi e atteggiamenti visionari, crisi informativa, ed ho riassunto il tutto nel mio 'Seven habits of spectacularly unsuccessful people'. La mentalità è uno dei fattori più importanti. I dirigenti manderanno sistematicamente la loro società in una direzione completamente sbagliata o non riusciranno a riformarla come dovrebbero, perché magari hanno fatto un errore fondamentale nel modo di pensare alle opportunità e agli ostacoli che la loro attività aziendale incontra. Inoltre, notiamo che i CEO possono ritrovarsi posizionati nel fallimento quando ignorano le problematiche e non fanno domande decise. C'è un manager italiano che le piace? E perché? Sergio Marchionne può essere un amministratore delegato, per certi versi, controverso (lo testimoniano alcuni suoi presunti commenti recenti sull'IPO di Chrysler), ma il suo track record è davvero degno di nota. Ha cambiato la cultura della Fiat ed ha segnato un'inversione di rotta impressionante. Poi, nel 2009, è intervenuto, durante la crisi finanziaria, per affrontare le sfide e far rivivere la Chrysler. Il suo stile manageriale è molto più informale rispetto al tradizionale caso della Fiat, contribuendo a dare stimoli ad un'azienda in difficoltà. Patrizio di Marco è un dirigente di livello internazionale nel settore dei beni di lusso che ha portato Gucci alla ribalta mondiale, ora ai vertici del settore dell'abbigliamento di lusso. Di lui mi ha particolarmente colpito la sua attenzione per tutto ciò che significa essere un'azienda di moda e lusso, soprattutto il principio basilare dell'esclusività. Anche un marchio con un'eredità come quella di Gucci può essere vulnerabile ma lui ha portato l'azienda al di fuori di un rischio reale di affievolire il potere del brand. Infine, uno degli aspetti più pungenti del suo approccio è la sua enfasi sui valori e l'integrità, e non solo contare sul logo.
TUCK SCHOOL OF BUSINESS DI DARTMOUTH La storica scuola di business tra le più prestigiose a livello mondiale
Quanto incide la crisi economica attuale sull'operato degli imprenditori? Dipende tutto dalla personalità e dalla capacità di leadership di chi dirige un'impresa? I manager fanno più errori nel corso di una crisi? No, ci sono sempre stati errori manageriali e ce ne saranno sempre di più. La chiave sta nel fatto che questi leader, una volta avvenuto l'errore, cerchino di porre un rimedio quanto più velocemente possibile. Per quanto riguarda la crisi, gli errori sono stati più grandi – più denaro in gioco, ruolo più importante nell'economia e fattori multipli – dagli istituti di credito che vendono mutui per la casa ad acquirenti che non potrebbero mai restituire i soldi dell'ipoteca, dagli ufficiali di governo che svolgono male il loro lavoro, alle agenzie di rating che sono particolarmente incompetenti e, naturalmente, dalle numerose banche in tutto il mondo che o non hanno capito il rischio che si stavano assumendo con mutui subprime, oppure hanno scelto di farli perché hanno assicurato loro maggiori compensi. ■
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ATTUALITÀ POVERTÀ IN ITALIA
di Camilla Fabiani
UNO SGUARDO AL PASSATO PER RIFLETTERE SUL PRESENTE
LA POVERTÀ IN ITALIA? È DIETRO L’ANGOLO... Il rapporto Istat, pubblicato il 17 luglio 2013 e relativo all’anno 2012, ha mostrato come in Italia siamo sempre più poveri
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Nel “Rapporto sulla coesione sociale” si evidenzia che nel 2012 si trova in condizione di povertà relativa il 12,7% (3 milioni 232 mila) delle famiglie residenti in Italia e il 6,8% (1 milione 725 mila)lo è in termini assoluti. Se si considerano, invece, le persone, è in povertà relativa il 15,8% della popolazione (9 milioni 563 mila), mentre quelle in povertà assoluta sono l’8% (4 milioni 814 mila). Tra il 2011 e il 2012, evidenti segnali di peggioramento si rilevano in tutte le ripartizioni geografiche: l’incidenza di povertà (ovvero il rapporto tra il numero delle famiglie con spesa media mensile per consumi pari o al di sotto della soglia di povertà e il totale delle famiglie residenti) è passata dal 4,9% al 6,2% nel Nord, dal 6,4% al 7,1% nel Centro e dal 23,3% al 26,2% nel Mezzogiorno. Va precisato che vengono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia di povertà corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire il paniere di beni e servizi che è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile. La povertà relativa, d’altra parte, esprime la difficoltà nella fruizione di beni e servizi in rapporto al livello economico medio di vita. L’intensità della povertà, che indica, invece, in termini percentuali, quanto la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere si colloca al di sotto della linea di povertà, è risultata pari al 19,9% ; nel Mezzogiorno c’è la situazione peggiore, con la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere pari a 778,98 euro (l’intensità è del 21,4%), rispetto a 825,49 e 809,69 euro (16,7% e al 18,3%) nel Nord e nel Centro rispettivamente. L’incidenza di povertà assoluta aumenta non solo per le famiglie con tre (6.6%) e con cinque o più figli (17,2%), ma anche per famiglie di monogenitori (9,1%) e in quelle con membri aggregati (13,3%); non solo tra le famiglie di operai (9,4%) e lavoratori in proprio (6%), ma anche tra gli impiegati e i dirigenti (2,6%); non solo tra le famiglie dove i redditi di lavoro si associano a redditi da pensioni (5,3%), ma molto di più per le famiglie con a capo una persona non occupata (11,3% ,se in condizione non professionale, e 23,6%, se in cerca di occupazione). Sono dati che non possono che peggiorare se si guarda alla povertà relativa. L’unico segnale di miglioramento si registra in termini relativi per le persone anziane sole (incidenza dal 10,1% all’8,6%). Dovrà passare ancora qualche mese per prendere visione dei dati relativi all’anno appena trascorso, ma è facile intuire una situazione simile, se non peggiore, che si spera non prosegua nel 2014. Tuttavia informazioni e dati significativi, se non bastasse l’esperienza quotidiana, provengono dai centri di accoglienza e dalle associazioni di volontariato, che fanno capire quanto sempre di più gli italiani si sentano “bisognosi”.
ATTUALITÀ POVERTÀ IN ITALIA
Interventi e aiuti. Questa situazione di sofferenza delle persone e delle famiglie, ad esempio, si riflette sull’incremento di richieste d’aiuto che pervengono quotidianamente ai Centri d’ascolto Caritas: richieste di sostegni economici, abitativi, di generi di prima necessità (tra cui, in aumento, la richiesta di farmaci), orientamenti lavorativi e di guida ai servizi. Secondo il rapporto della Caritas Italiana “Dati e politiche sulla povertà in Italia”, del 17 ottobre 2013, su 41.529 persone transitate in sei mesi, il 31,1% è italiano; il 27,7% ha meno di 35 anni; 6,3% è anziano; il 53,6% è donna; il14,6% separato/divorziato (22,7% tra gli italiani); il 74,7% ha figli (74,8% tra gli italiani); il 7% è costituito da genitori separati/divorziati (12,3% tra gli italiani); il 16,6% è senza dimora; il 62,4% è disoccupato; il 5,8% è pensionato; il 34,8% ha gravi problemi di povertà economica; l’11,3% ha gravi problemi abitativi. I dati, rilevati presso 369 Centri di Ascolto in 53 diocesi, illustrano il nuovo volto degli utenti Caritas nel primo semestre 2013 ed evidenziano un deciso aumento degli utenti italiani, pur costituendo gli stranieri sempre la maggioranza. A questa visione generale che riguarda l’Italia intera, si aggiungono le realtà territoriali. Basta, infatti, spostarsi alla periferia di Roma, nel comune di Pomezia, a Torvaianica, dove da poco si è aperto un centro Caritas, per poter capire da vicino come viene percepita e vissuta oggi la povertà. Parlando con il parroco della chiesa locale di Sant’Agostino, Don Giorgio, affiora il motivo principale dell’apertura del centro: ci sono nuclei familiari che vivono, o meglio, sopravvivono con 250/450 euro al mese; così, ha detto il prete, «quando si sono presentati dei parrocchiani per chiedere aiuto, ho sentito la necessità di fare qualcosa di più». Si è iniziato con l’allestire un centro di aiuto alimentare; poi, “con l’aiuto del Signore”, si sono potuti creare un centro di ascolto, un punto per la distribuzione dei pacchi alimentari, un centro adibito alla raccolta e distribuzione di vestiario, un nucleo che si reca a visitare gli anziani e i malati che non possono recarsi in parrocchia con possibilità di ricevere l’eucarestia, un gruppo che si occupa dell’organizzazione di eventi per raccogliere fondi e raccolte alimentari. Per di più, il centro si avvale della collaborazione di vari professionisti che gratuitamente offrono parte del loro tempo. Le persone che si sono avvicinate alla Caritas parrocchiale hanno rivelato bisogni diversi, dai problemi economici a quelli abitativi (situazioni di sovraffollamento, all’interno di abitazioni inadeguate, sfratto, persone senza fissa), dai problemi di salute a quelli inerenti la giustizia (procedimenti penali in corso o reinserimento sociale di ex detenuti), a quelli, infine, relativi all’immigrazione. Va detto, poi, che molti parrocchiani, per vergogna, adottano spesso stra-
tegie di occultamento del loro stato sociale, a differenza di chi già è segnato dall'emarginazione. Nonostante ciò, Don Giorgio non ha paura di non riuscire più a soddisfare le richieste dei bisognosi grazie alla generosità dimostrata da tanti parrocchiani. Sono loro, afferma il parroco, a dimostrare che «donare è sofferenza e dolore, ma anche gioia: quando inizi a donare senza attendere o pretendere nulla in cambio, arrivi a comprendere l’arte della vita, cominci a seguire la strada di nostro Signore, giungi a scoprire che la tua serenità e il tuo equilibrio interiore non derivano dal soddisfare i tuoi desideri e le tue ambizioni; la tua felicità più profonda risiede nel donarti al prossimo». Accanto a Don Giorgio, lo zoccolo duro della struttura è composta da circa 12 volontari: sono Roberto, Fiamma, Fabio, Stefania, Patrizia, Mimmo, Paola, Elena, Odilia, Teresa, suor Concetta e suor Lidia che s’impegnano nel locale adibito alla raccolta e distribuzione del vestiario e nel piccolo deposito alimentare. Dicono che sono le storie delle persone, in particolare quelle complicate, che portano ad avvicinarsi a chi ha bisogno e a cercare di risolvere i loro problemi. Questo comporta una crescita, ma anche un’apertura nei confronti “dell’altro”: «quando cessa la distanza e nasce la relazione, ciò che era quasi impossibile e comunque difficile, diviene naturale». Un contributo consistente, però, va riconosciuto ai benefattori della Caritas, persone che di certo non sono ‘benestanti’, ma, spesso, nelle stesse difficoltà. A spingere i volontari a dare sempre di più è proprio l’esempio di queste persone: «quelle che hanno poco e danno molto, e sono quelli che credono nella generosità della vita, ma anche quelle che danno con gioia, e quella gioia è la loro ricompensa».
UNA STORIA VERA Cesare, 45 anni, Lucia, 41, e tre figli che vanno a scuola. Lavorano entrambi fino a quattro anni fa, quando nel giro di pochi mesi restano disoccupati. Inizialmente, la liquidazione e i sussidi gli permettono di andare avanti e le promesse di lavoro li fanno sperare. Passati due anni, però, la liquidità finisce, le promesse sono rimaste tali; arrivano telefonate e solleciti per mancati pagamenti e, perciò, devono vendere la macchina e l'oro di famiglia per tirare avanti. Visto che gli uomini li hanno delusi, si rivolgono a Dio. Un seminarista della parrocchia, Ever, vedendoli ogni giorno in preghiera, in disparte, si avvicina, li ascolta e li conduce al gruppo Caritas della parrocchia. Qui ricevono una spinta per continuare a credere, ma non riescono ancora a trovare un lavoro stabile. I piccoli lavori occasionali non bastano a ritrovare un po' della serenità persa, ma, almeno, alla Caritas hanno trovato il calore di persone che hanno ascoltato i loro problemi. ■
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1000 anni__mastro Progress 31/01/14 11.28 Pagina 1
TECNOLOGIA ANCHE GOOGLE INVESTE NELL’ELISIR DI LUNGA VITA
di Francesca Romana Adinolfi
ALLA RICERCA DELL’IMMORTALITÀ
TRASFERIRE IL CERVELLO UMANO IN UN COMPUTER Il whole brain emulation (Wbe) e il mind uploading, i metodi per creare il dowload dell’anima. Tutti i nostri ricordi, le emozioni e sensazioni scaricabili e trasferibili in un computer. È possibile?
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Definita un problema, la morte, per gli ingegneri di Silicon Valley è stata ridotta ad un'equazione che per ora non torna. Quindi da risolvere. Tra i candidati ad affrontare questo taboo c’è quello di Google, il cui cofondatore Larry Page ha annunciato l'avvio di Calico, una nuova società controllata da Mountain View che ha la missione di creare l’elisir di lunga vita. Non sono chiari attualmente i programmi di Page, ma ciò che sappiamo per certo è che la comunità di ricercatori, che lavora nel settore dell’immortalità, ha accolto con entusiasmo questo annuncio. Tra questi c’è anche il biochimico inglese Aubrey De Grey, responsabile scientifico della fondazione di ricerca Sens (Strategies for Engineered Negligible Senescence), il quale ritiene che l'immortalità non sia una vita eterna, ma piuttosto un'esistenza qualitativamente migliore e di conseguenza quan-
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TECNOLOGIA ANCHE GOOGLE INVESTE NELL’ELISIR DI LUNGA VITA
titativamente più lunga. Alla base della ricerca di Sens c’è la teoria secondo la quale, per capire come arrivare all’allungamento della vita, bisogna concentrarsi non sulle cause dell'invecchiamento, ma sugli effetti dello stesso, apportando i necessari interventi per prevenirlo. La convinzione di De Grey, infatti, è che l'invecchiamento sia dovuto all'accumularsi, a livello molecolare e cellulare, di effetti collaterali prodotti dal metabolismo, che il metabolismo stesso non è in grado di eliminare. Comprendere, perciò, come aggiustare i guasti prodotti da quest'accumulo, e soprattutto sottoporsi a periodici interventi di restauro e purificazione comporterebbe una vita più sana e quantitativamente molto lunga. Ma è realmente possibile e vero un ragionamento di tal genere? I critici bollano le teorie di De Grey come pseudoscienza, ma per la ricerca dell'elisir di lunga vita, recentemente, la tecnologia ha compiuto passi da gigante: si è scoperta, infatti, la Crio-conservazione, un processo che consente di preservare un essere umano a temperature bassissime, per periodi di tempo molto lunghi. Dopo la morte chimica il corpo, conservato in azoto liquido a meno 196°, verrà sottoposto ad una revisione totale; trovato e ripa-
Foundation, con sede a Scottsdale, in Arizona, ed emette preservazioni corporee complete al il costo di 200 mila dollari, e preservazioni “neuro” - con cui si iberna solo il cervello al costo di 80 mila dollari. L’operazione è tranquillamente rateizzabile, o intestabile tramite polizza assicurativa all’azienda, ovviamente quando l’individuo è ancora in vita.
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IO MI SONO ISCRITTO AL PROGRAMMA, L’IBERNAZIONE È UNA SCOMMESSA MERITORIA: ANCHE CONSIDERATE LE SCARSE PROBABILITÀ DI SUCCESSO, IL VALORE CHE RICAVO IN TERMINI DI SPERANZA È MAGGIORE DEL COSTO MENSILE CHE PAGO
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rato il guasto mortale l’individuo potrà riprendere a vivere. E a quanto pare c’è qualcuno che in questo ci crede davvero ed investe così i propri risparmi in “abbonamenti mensili” pur di scampare a ciò che è definita l’unica cosa certa nella vita. L’azienda che offre questi abbonamenti è nota con il nome di Alcor Life Extension
LARRY PAGE Definita un problema, la morte, per gli ingegneri di Silicon Valley è stata ridotta ad un'equazione che per ora non torna. Quindi da risolvere. Tra i candidati ad affrontare questo taboo c’è quello di Google, il cui cofondatore Larry Page
ANDERS SANDBERG
Attualmente i corpi, conservati in speciali capsule, sono 117. “Io mi sono iscritto al programma, l’ibernazione è una scommessa meritoria: anche considerate le scarse probabilità di successo, il valore che ricavo in termini di speranza è maggiore del costo mensile che pago” racconta Anders Sandberg, ricercatore dell’Istituto per il futuro dell’Umanità di Oxford. E nonostante la scarsa credibilità, i trattamenti per preservare il corpo sono in continua evoluzione. La neuro della Alcor, invece, è scelta da coloro che ritengono che un giorno sarà possibile riprodurre il cervello tramite procedi-
HUMAN BRAIN PROJECT La commissione europea ha stanziato 1,2 miliardi di euro per finanziare l’human brain project, con lo scopo di realizzare, entro il 2023 una simulazione al computer del funzionamento completo del cervello umano. In questo modo, se è vera l’opinione di alcuni che definiscono la mente un software scaricabile al di fuori di un essere umano, possiamo dichiarare che la vita eterna è possibile!
menti noti come whole brain emulation (Wbe) e mind uploading. Alcuni scienziati ritengono che la nostra individualità, racchiusa nella mente, si possa tranquillamente copiare e si possano anche conservare la nostra identità e i nostri ricordi per trasferirli in un computer o, addirittura, in un altro corpo, rottamando quello originale. Il capo ingegnere di Google Ray Kurzweil ha pronosticato il trasferimento del cervello umano in un computer entro una trentina di anni. Anche in Russia si sta lavorando in questa direzione. L’imprenditore Dmitry Itskov ha inventato un’altra strada: si chiama “2045 initiative” e permette di caricare la mente prima in un corpo artificiale, poi in un ologramma che garantisce al cervello una vita eterna. Questa è pazzia? In realtà la commissione europea ha stanziato 1,2 miliardi di euro per finanziare l’human brain project, con lo scopo di realizzare, entro il 2023 una simulazione al computer del funzionamento completo del cervello umano. In questo modo, se è vera l’opinione di alcuni che definiscono la mente un software scaricabile al di fuori di un essere umano, possiamo dichiarare che la vita eterna è possibile! ■
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direttore scala__mastro Progress 31/01/14 11.29 Pagina 1
CULTURA CHAILLY ALLA SCALA
di Martina Ottaviani
MILANO 2015
NON SOLO EXPO MA ANCHE MUSICA, CON CHAILLY NUOVO DIRETTORE Un nuovo anno è appena iniziato ma nel capoluogo lombardo fervono già i preparativi per il 2015, anno in cui protagonista sul palcoscenico internazionale sarà l'Italia intera, sotto la buona stella dell'Expo, ma non solo
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È al Teatro La Scala di Milano, che il futuro entra in scena. A dare il la ad una nuova stagione artistica, l'annuncio ufficiale della nomina di Riccardo Chailly, nuovo Direttore Principale della Scala, che prenderà il posto di Daniel Barenboim, a partire dal 1 gennaio 2015. Nel quinquennio 2017-2022, sarà invece Direttore Musicale. Una candidatura fortemente voluta dal futuro sovrintendente Alexander Pereira - che entrerà in carica nell'ottobre 2014 - e che trova riscontro anche nelle parole del sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, al termine del Cda del famoso Teatro: “Una splendida notizia sia perché Chailly è milanese, sia perché è una delle nostre eccellenze musicali a livello mondiale”. Tra le varie ragioni che l'hanno portato a questa scelta, la capacità del Maestro Chailly di riuscire a portare la Gewandhausorchester di Lipsia - di cui rimarrà direttore fino al 2020 ad essere conosciuta anche fuori dai confini tedeschi. “Sono già arrivate richieste di tournée dal Giappone e dall'Europa” ha poi aggiunto Pereira, sottolineando l'importanza strategica di un talento sì italiano, ma particolarmente apprezzato soprattutto all'estero. Nato da una famiglia di musicisti, Chailly fece il suo ingresso alla Scala all'età di 20 anni, quando era assistente di Claudio Abbado. Una carriera entusiasmante ricca di successi, quella del Maestro, che dopo l'esordio come direttore d'orchestra per Madama Butterfly, a Chicago, ha poi diretto il Teatro Comunale di Bologna, la Verdi di Milano, maturando poi valide esperienze a Berlino, Amsterdam, Lipsia, Londra, New York e Salisburgo. Numerose le orchestre sinfoniche da lui magistralmente dirette, tra cui i Berliner, i Wiener, la Chicago Symphony Orchestra e l'Orchestre de Paris. Gli incontri con personaggi di spicco del panorama lirico come Plácido Domingo, José Carreras, Luciano Pavarotti, Natalie Dessay, Éva Marton - tutti da lui diretti gli hanno permesso di arricchire il suo già vasto curriculum di direttore musicale, che ha incantato il pubblico internazionale con le musiche di Mozart, Brahms, Bach, Verdi e Rossini, tanto per citare alcuni dei più importanti musicisti della tradizione classica. Ma a Chailly piace anche il repertorio contemporaneo. Da tempo si avvale della preziosa collaborazione con il jazzista - anche lui milanese d'origine - Stefano Bollani. Nel 2010 l'album Rhapsody in Blue - Concerto in F, diretto da Chailly con Bollani e la Gewandhousorchester Leipzig raggiunge per la prima volta la top ten della classifica italiana di musica pop, piazzandosi all'ottavo
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posto. Un successo travolgente che vale un disco di platino ed oltre 60.000 copie vendute. Insomma, Chailly pare proprio avere tutte le carte in regola per guidare le sorti di un teatro con una tradizione culturale secolare davvero degna di nota, come quella della Scala di Milano. Nel delineare il suo programma Chailly parla al plurale e assicura che “il repertorio italiano sarà nostra priorità e responsabilità”. Tanta musica classica italiana, dunque, con un “progetto organico su Puccini”, che con la Turandot delizierà il pubblico proprio nello stesso giorno in cui verrà inaugurato l'attesissimo Expo, il 1 maggio 2015. Una coincidenza? Forse. Con l'arrivo di Chailly alla Scala non mancherà anche la mu-
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RICCARDO CHAILLY A partire dal 1° gennaio 2015, Riccardo Chailly assumerà la caricala carica di direttore musicale della ” Scala di Milano “. Il maestro milanese sostituirà il maestro Barenboim. La decisione è stata salutata con gioia dal sindaco Pisapia, il quale ha sottolineato come la scelta di un milanese e nello stesso tempo di una delle ” eccellenze ” del panorama mondiale, sia una splendida notizia per il Teatro e per tutta la città. Riccardo Chailly ha già lavorato molte volte alla Scala in passato
senti sul territorio milanese (dal Piccolo all'Orchestra Verdi) e mira alla creazione di una sorta di rete di “Amici della Scala” anche all'estero, con una prima succursale nella vicina Svizzera.
CHAILLY PARE PROPRIO AVERE TUTTE LE CARTE IN REGOLA PER GUIDARE LE SORTI DI UN TEATRO CON UNA TRADIZIONE CULTURALE SECOLARE DAVVERO DEGNA DI NOTA, COME QUELLA DELLA SCALA DI MILANO
sica contemporanea, nonché la presenza di grandi maestri come Claudio Abbado e Riccardo Muti. Una ricetta che prevede il coinvolgimento di tutta la città, che pensa anche ai bambini, con spettacoli di opera dedicati a loro, che coinvolge i giovani, grazie a nuove collaborazioni con altre realtà artistiche pre-
”
Un connubio di antiche tradizioni e nuovi splendori, quello della Scala, teatro che da sempre riecheggia musica e cultura che non ha eguali in tutto il mondo e che si appresta a vivere una nuova ed intensa esperienza artistica tutta italiana, a cui Chailly rimarrà il compito di esserne portavoce. ■
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contri__mastro Progress 03/02/14 19.45 Pagina 1
ADVERTISING INTERVISTA AD ALBERTO CONTRI
di Lucia Mancini
IL PRESIDENTE DI PUBBLICITÀ PROGRESSO, ALBERTO CONTRI, RACCONTA
“PUNTO SU DI TE”, LA PAROLA AD ALBERTO CONTRI La campagna contro la violenza sulle donne sta facendo discutere. Ne abbiamo parlato con Alberto Contri - Presidente della Fondazione Pubblicità Progresso
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La campagna “Punto su di te” di Pubblicità Progresso sta facendo molto parlare di sé. Non solo sostenitori, ma anche molti critici: chi punta il dito contro l'inutilità dell'iniziativa, chi crede che sia solo un ulteriore modo per parlare negativamente delle donne, chi poi accusa gli ideatori di essere degli illusi. Di certo, però, c'è che ha scatenato una discussione che potrebbe, si spera, trasformarsi in qualcosa di più proficuo. Ne abbiamo parlato con Alberto Contri, Presidente della fondazione Pubblicità Progresso.
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Presidente Contri, com'è nata la campagna pubblicitaria "Punto su di te"? La fondazione Pubblicità Progresso, che ormai esiste da 43 anni, ha un consiglio di amministrazione che ogni anno decide, in base alla sensibilità del presidente e del consiglio stesso, che tipo di campagna fare e quale argomento trattare. In tanti anni ci siamo occupati di tutto: dai disabili, al fumo, al razzismo, alle malattie rare... Ci era stata chiesto da più parti, negli ultimi tempi, di occuparci del femminicidio. Ci siamo resi conto, però, che una tale campagna lascia il
tempo che trova perché è un atto che deriva da una lunga filiera che affonda le sue radici nei pregiudizi e negli stereotipi. Perché non fare, dunque, una campagna ambiziosa che miri a modificarli? Lavorando con società di ricerca e con agenzie che offrono il loro servizio gratuitamente (quest'anno con l'agenzia Rubicam), è emerso che, nel progettare questa campagna (che durerà due anni), il calcio d'inizio che poteva scatenare interesse era far riflettere sul fatto che la discriminazione sulla donna è ancora presente. Negare la discriminazione è già parte del problema. Le
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ADVERTISING INTERVISTA AD ALBERTO CONTRI
donne oggi sono vittime della cosiddetta “maledizione del 30%”: c'è il 30% di donne in meno nei ruoli di lavoro importanti, le donne guadagnano mediamente dal 20 al 30% in meno degli uomini, le mamme che lasciano il lavoro dopo il primo figlio arrivano anche al 40%, e così via... Volevamo far capire che questa discriminazione esiste. Tra l'altro ci siamo basati anche su una ricerca fatta su Facebook, dalla quale sono emersi dei post con messaggi dello stesso tenore di ciò che è stato scritto sui manifesti. La campagna, comunque, non è ancora partita: è stata presentata il 18 novembre ad una conferenza internazionale sulla parità. Appena messo su YouTube lo spot promozionale, sono scoppiate le polemiche. Questo almeno vuol dire che abbiamo colpito nel segno. Si aspettava una reazione così forte per la campagna? Certamente. Quello che vogliamo chiarire è che siamo stupiti da alcuni commenti di critici e semiologi che credono, ingenuamente, che questa sia la campagna. Questo è solo l'inizio di una campagna, non la campagna stessa. Sappiamo perfettamente che molti ragazzi la pensano in questo modo, non è che vogliamo cambiare la loro testa. Ci siamo però stupiti di queste critiche. Innanzitutto, le donne che abbiamo presentato sono, dal punto di vista della rappresentazione, dei modelli corretti. Il manifesto vivrebbe già di suo senza alcuna scritta. E poi tutti hanno sottovalutato la parte più importante della campagna, che non è quella che uscirà sui media tradizionali verso metà gennaio, ma è quella che ruota attorno al portale puntosudite.it. Di cosa si tratta? È il sito dal quale scatterà l'inizio di un lavoro per arrivare a modificare lentamente tali stereotipi e pregiudizi. Anche se non è ancora pronto, già adesso invito a visitare il portale. Si trovano tutti i video della conferenza di novembre sulla comunicazione sociale con l'intervento di tutti i relatori, tra cui una lectio magistralis stupenda del filosofo Natoli sulla valorizzazione della diversità di genere. Per cui, di nuovo, invito tutti a visitare il portale. Da gennaio sarà possibile per chiunque, tramite il sito, intervenire in prima persona in queste tematiche: si potrà, ad esempio, chiedere la rimozione da internet o dalle pubblicità di immagini o video ritenuti discriminatori. Sarà uno strumento propositivo per tutti i cittadini, affinché siano loro stessi ad intervenire sui mattoni che costruiscono il muro dello stereotipo. Questo di per sé è un fatto enorme: dare la possibilità alla gente comune di incidere sui media, di modificare la loro attività. Il sito darà, inoltre, delle importanti informazioni riguardanti le istituzioni e gli enti che offrono aiuto e sostegno per questa problematica. Saranno poi visualizzabili le sezioni riguardanti news quotidiane, approfondimenti, iniziative, eventi e bandi.
Crede che "Punto su di te" possa portare le persone ad interrogarsi seriamente sulla questione della violenza sulle donne? Non ci illudiamo, ovviamente, che con un manifesto possiamo modificare le abitudini mentali, sarebbe una sciocchezza da parte nostra. La nostra campagna sarà molto più articolata, e riguarderà diversi ambiti, diversi aspetti, ma non ci illudiamo assolutamente di cambiare la testa di questi “ragazzacci” (cosa di cui ci hanno accusato più persone). A noi interessa sollevare il problema, far di-
più l'ironia che la provocazione per invitare a riflettere, a differenza che in Italia. Come è evoluta l'attività della vostra fondazione con lo sviluppo dei nuovi media? C'è stata ovviamente una trasformazione della modalità di fare comunicazione sociale. Un tempo bastava fare uno spot e un manifesto e poi non fare più niente. Ora per coinvolgere le persone sono fondamentali i social network. Sa cosa vuol dire gestire oggi un portale tutti i giorni che sia interessan-
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LE DONNE OGGI SONO VITTIME DELLA COSIDDETTA “MALEDIZIONE DEL 30%”: C'È IL 30% DI DONNE IN MENO NEI RUOLI DI LAVORO IMPORTANTI, LE DONNE GUADAGNANO MEDIAMENTE DAL 20 AL 30% IN MENO DEGLI UOMINI, LE MAMME CHE LASCIANO IL LAVORO DOPO IL PRIMO FIGLIO ARRIVANO ANCHE AL 40%, E COSÌ VIA...
scutere la società e poi fare una serie di attività che invitino a riflettere le persone, dalle più giovani alle più anziane. Il target che abbiamo mostrato, quello che ha scritto sui manifesti lasciati incompleti, non è il fine ultimo di questa prima iniziativa: vogliamo far parlare gli altri, far agire gli altri. Lo scopo è quello di arrivare a modificare un po' tutti questi pregiudizi e questi stereotipi, e sappiamo che sarà difficile. Sarà fondamentale qui lo spazio che vorranno concederci i media. Noi siamo contenti che con l'accenno di questa campagna si sia scatenato un putiferio di discussione, ma queste stesse persone devono anche vedere la campagna per intero andando sul sito, e poi ne riparleremo. Dato che viviamo nell'era della sovraesposizione mediatica di qualsiasi contenuto, crede che la provocazione e lo shock siano l'unico modo per far emergere un determinato messaggio? Esiste un tipo di shock che è fine a sé stesso: campagne che provocano un'irritazione momentanea ma poi nulla, non si può far niente dopo. Lo shock che noi provochiamo è solo una mina, serve poi a giungere ad altro, ad una discussione. I manifesti che usciranno a gennaio, infatti, avranno le scritte volgari lasciate dalle persone a novembre con sopra però il bollino verde di puntosudite.it: si invita, quindi, ad andare sul sito per cancellare questo modo di pensare. Qui si comincerà a vedere com'è davvero fatta la campagna, e spero che i critici si renderanno conto di aver parlato troppo presto. Nel mondo, tuttavia, viene utilizzata molto
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te e aggiornato? Costa una cifra che noi non abbiamo, e stiamo cercando per l'appunto di trovare i soldi. Il manifesto e lo spot oggi sono solo dei detonatori, iniziano a far parlare della questione. Noi non ci fermiamo a questo. Portiamo avanti anche molte iniziative per diffondere le nostre campagne, come ad esempio gli incontri con gli studenti nelle università. Da qui la discussione si sposta a macchia d'olio sui social network, che oggi sono i veri luoghi di confronto sulle tematiche più diverse. L'ultima campagna che abbiamo fatto, difficilissima, riguardava la donazione degli organi: ha trovato pochissimo spazio in tv e sulla stampa, ma è stata invece molto diffusa sui social network. Il risultato? Quest'anno ci sono stati 10 mila donatori nuovi, una cifra enorme. Ovviamente, però, gestire tutto ciò comporta dei costi maggiori rispetto alla vecchia pianificazione dei mezzi. A livello di creatività, crede che l'Italia sia in linea con gli altri Paesi o che abbia dei particolari paletti dovuti a status sociali, mentalità ecc...? No, in linea con gli altri Paesi assolutamente no. A livello poi di comunicazione sociale siamo molto indietro. Siamo il fanalino di coda. Ci sono un sacco di campagne pietistiche tutte uguali, con il calciatore o l'attrice che chiedono un euro, e così via... ma sono tutti identiche. La mediateca sul sito di Pubblicità Progresso raccoglie tantissimi spot da tutto il mondo, ed è un modo, questo, anche per fare cultura, per far vedere che ci sono altri modi di fare comunicazione sociale, che nel nostro Paese è a livelli davvero bassi. ■
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FOOD OSTERIA FRANCESCANA
di Elisabetta Pasca
MASSIMO BOTTURA
UNA CUCINA A 3 STELLE TRA INNOVAZIONE ED ARTE Una cucina così al top e così artistica, non si era mai vista. Merito di Massimo Bottura, modenese, 51 anni, bandiera della cucina italiana nel mondo, e della sua Osteria Francescana, lo scorso anno terza stella Michelin, ora al terzo posto della classifica dei The World’s 50 Best Restaurants Awards, prestigioso concorso promosso dal Diners Club International che premia i migliori ristoranti del mondo
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Ritratto dalla storica rivista americana New Yorker, che dal 1925 pubblica interessanti articoli di costume, politica, narrativa contemporanea, poesia e vignette umoristiche, come un “pensatore”, un filosofo della cucina italiana, lo chef Bottura si rivela un personaggio a tutto tondo, una mente pervasa dal gusto estetico per l’arte, il design e la musica, uno spirito elegante e sofisticato. Tutte doti che inevitabilmente si riflettono
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nella trasformazione culinaria dei suoi piatti, nella fusione tra tradizioni e territori che si contaminano a vicenda “per creare nuovi strati di significato e percezione, per recuperare il passato, la materia, i gesti e riportare tutto nel futuro”, come afferma il cuoco avanguardista. Un tema, quello del rapporto tra creazione artistica e culinaria, che dal 14 ottobre al 9 gennaio animerà il Palais de Beaux-Arts
di Parigi con una preziosa rassegna intitolata “Cookbook”, nella quale la gastronomia diventa oggetto d’esposizione e i processi di trasformazione della materia vengono celebrati come veri e propri momenti artistici, in un intenso dialogo tra arte e cucina. Tra le varie firme internazionali della mostra, troviamo naturalmente quella di Bottura, unico italiano, che ha scelto di inaugurare l’evento parigino con un piatto chiamato “tut-
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FOOD OSTERIA FRANCESCANA
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FOOD OSTERIA FRANCESCANA
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FOOD OSTERIA FRANCESCANA
MASSIMO BOTTURA Il profumo raffinato dell’arte si respira in ogni angolo, tanto della casa, quanto dell’Osteria Francescana, salita sul podio dei tre migliori ristoranti al mondo
te le lingue del mondo” - dedicato al pittore e scultore Lucio Fontana - in cui viene esaltata la comunicazione internazionale attraverso l’incontro di sapori decisamente insoliti. D’altronde, grazie a questo meraviglioso connubio tra cucina ed arte, Bottura ha potuto omaggiare diversi artisti, tra cui il celebre Picasso, che ha ispirato “Camouflage” - una pasta cremosa ottenuta da lepre marinata, foie gras e cacao - un piatto eccentrico decorato da alcune polveri e da degustare con le dita, che lo stesso autore definisce una “poetica folata di vento, capace di gettare un incanto”. Una passione, quella del cuoco emiliano per l’arte, che arriva a coinvolgere anche la musica, con un tributo al jazzista Thelonious Monk: “Black on black”. Il profumo raffinato dell’arte si respira in ogni angolo, tanto della casa, quanto dell’Osteria Francescana, salita sul podio dei tre migliori ristoranti al mondo. Alimentato dal buongusto e dalle personali inclinazioni di Lara, moglie del grande chef, l’interesse anche per alcuni oggetti di design (sedie, poltrone, lampadari ecc.) nasce proprio dalle scelte pensate per arricchire l’arredamento del ristorante. “Qualche opera la traslochiamo alla Francescana, così, giusto per dare una scossa. Perché i clienti che vengono spesso abbiano spesso qualcosa di diverso da notare”, spiega Lara. Uno stile davvero ricercato e moderno, che troviamo anche nella splendida abitazione modenese, arredata sì u
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FOOD OSTERIA FRANCESCANA
in stile anni ‘50 con pavimenti di marmo e alabastro, ma gli stucchi e i calchi sono stati restaurati e rimodellati, in perfetta linea con lo spirito di casa Bottura e il pensiero del cuoco stesso: “portare il meglio del passato nel futuro, ma con sguardo critico.” La passione del cuoco emiliano per il mondo della cucina, nasce da una ribellione.
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Al pari di un bambino che ruba di nascosto il vasetto di marmellata, all’età di 8 anni Bottura, dopo aver rubato dei tortellini, corre a rifugiarsi presso un ristorante. E così inizia una lunga amicizia con un cuoco che, nel tentativo di convincerlo a non tornare nel locale, comincia a preparargli dei piatti intenzionalmente provocatori. Il vero successo, che lo vede protagonista sulla scena internazionale, arriva però negli anni ‘90, grazie anche a numerose collaborazioni con altri maestri culinari, tra cui i francesi Georges Cogny e Alain Ducasse e, soprattutto, il catalano Ferran Adrià, padre della cucina molecolare, la quale consiste nella manipolazione quasi totale degli elementi. Di qui la volontà dello chef italiano di rielaborare gli ingredienti tradizionali per renderli innovativi, a dimostrazione che la cucina, così come l’arte, può essere d’avant-garde. Bottura
CAMOUFLAGE Bottura ha potuto omaggiare diversi artisti, tra cui il celebre Picasso, che ha ispirato “Camouflage” - una pasta cremosa ottenuta da lepre marinata, foie gras e cacao - un piatto eccentrico decorato da alcune polveri e da degustare con le dita, che lo stesso autore definisce una “poetica folata di vento, capace di gettare un incanto”
dirige inoltre, assieme ad altri 9 grandi cuochi, il Basque Culinary Center, il centro di formazione universitaria voluto da Ferran Adrià. Il 2013 vede il grande cuoco intellettuale impegnato con la preparazione di nuove creazioni culinarie per l’Anno della Cultura Italiana in America. ■
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di Ylenia Leone
ESCLUSIVA BOUTIQUE PER UOMO AL 53-55 DI NEW BOND STREET, LONDRA
L’UOMO DOLCE&GABBANA Dolce e Gabbana portano la Sicilia a Londra con la nuova Boutique Retrò per uomo: arredata come una casa, accogliente come una bottega, elegante come un gentlemen's club, con barberia, sartoria e una collezione di capi esclusivi
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“Siamo molto contenti di accogliere Dolce&Gabbana nella London Collections Men” ha dichiarato Dylan Jones Direttore British GQ. E come potrebbe essere altrimenti? Gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono dei guru di stile, delle istrioni della moda mondiale, delle icone del Made in Italy. Dunque Londra non potrebbe essere più entusiasta di accoglierli insieme al loro nuovo progetto: la Boutique Uomo situata al 53-55 di New Bond Street. La nuova Boutique è stata pensata appositamente per Londra: “Il senso dello stile fa parte del DNA e della cultura inglese da secoli, proprio come in quella italiana. Per cui, quando Dylan ci ha invitato, non abbiamo
potuto dire di no” hanno dichiarato Dolce e Gabbana, già presenti a Londra con una boutique uomo e con una boutique donna che si trovano rispettivamente ai numeri 6 e 175 di Sloane Street e con un'altra boutique uomo/donna al 6/8 di Old Bond Street. Ma il nuovo progetto è completamente differente: il nuovo punto vendita si inserisce di fatto nella strategia di sviluppo del Gruppo, che prevede la creazione di boutique speciali, ispirate ai luoghi in cui vengono inserite e all'interno delle quali il linguaggio tipico dello stile Dolce&Gabbana trova nuova espressione grazie all'anima delle varie città, e non si tratta solamente di un concetto legato allo spazio , ma di collezioni
fatte di capi speciali, reperibili solo nelle specifiche boutique. “Per i negozi che potremmo chiamare “istituzionali” abbiamo un arredo e un concetto ben preciso, che si è evoluto nel tempo, ma che esprime l'essenza del marchio in modo chiaro. In questo caso è diverso, ciò che può andare a Londra non funziona a Milano, New York…” dichiarano Domenico e Stefano sul progetto. Dunque qual è il concetto che sta dietro al progetto? Cosa rappresenta, nel concreto, la Boutique Uomo di Londra, una sartoria? Sicuramente. Un negozio? Non solo. “Ci piaceva pensare di creare un luogo che fosse a metà strada tra una casa, un u
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MODA D&G LONDON STYLE
LONDON COLLECTIONS MEN “Siamo molto contenti di accogliere Dolce&Gabbana nella London Collections Men” ha dichiarato Dylan Jones Direttore British GQ. E come potrebbe essere altrimenti? Gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono dei guru di stile, delle istrioni della moda mondiale, delle icone del Made in Italy
gentlemen's club e un negozio” rispondono gli stilisti in proposito. La boutique di Londra è maschile, accogliente, elegante. “E italo-inglese”, precisa Dolce. Infatti qui la tradizione sartoriale italiana incontra e si fonde con quella inglese in uno spazio unico, progettato e creato su misura per Londra ma con un gusto tutto italiano, anzi, meglio dire, con un sapore di Sicilia, in omaggio alle origini di Dolce. L'atmosfera voluta dagli stilisti per il nuovo punto vendita è elegantemente rilassata e a tale fine concorre la compresenza di pezzi storici e opere d'arte moderne, come ad esempio i dipinti di Anh Duong, nella disposizione di arredo. Si rinnovano rimanendo sempre fedeli al loro spirito, Dolce e Gabbana, vent'anni sulla cresta dell'onda, che non accenna ad andare in risacca: il loro credo è l'eleganza. “Credetemi - dice Stefano Gabbana- adesso è come negli anni Ottanta, c'è un enorme gap. Quello che dice l'industria della moda e quello che vogliono i clienti sono davvero due cose totalmente diverse. Quando Versace, Ferré, Armani proponevano capi di grande effetto, pantaloni attillatissimi e gonne corte, noi facevamo il contrario: tutto molto soft, romantico, il look da “bustino Siciliano”. Spiccavamo perché eravamo differenti. Ecco, quel vestito sexy con il corsetto nero è l'essenza di Dolce&Gabbana.” E anche oggi è l'eleganza ad ispirare gli stilisti: la loro boutique finemente arredata può essere considerata non solo un negozio ma un “tempio dell'eleganza”, un luogo di classe in cui gli uomini possano rispecchiare la propria personalità ma anche socializzare, per questo nella boutique di 900 mq sviluppata su tre piani è presente anche una barberia. “Fino a qualche anno fa gli uomini vedevano la moda come un mondo molto lontano dalla loro realtà, poi è arrivato David Beckam -scherza Dolce - involontariamente ha innescato un processo per cui è diventato normale, oggi, considerare gli abiti come un'espressione della propria personalità, piuttosto che qualcosa per coprire il corpo”. Conclude Stefano Gabbana: “Questo ha portato anche i clienti uomini ad una maggiore consapevolezza di ciò che li valorizza. Oggi quando entrano in un negozio sanno bene ciò che vogliono e, quando provano una giacca, gli deve cadere a pennello. Sono molto esigenti”. ■
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LIFESTYLE TENDENZE
di Ylenia Leone
TREND 2014: L'UOMO CON LA BARBA
IN BARBA ALL’IMBERBE La barba fa tendenza. Dal vicino di casa al divo di Hollywood, sono tutti stregati dall'accessorio maschile più
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tradizionale e in voga che mai
Attenzione uomini, perché le donne preferiscono i barbuti. Secondo il 78,5% delle donne italiane l’uomo con la barba è sinonimo di forza e virilità: i maschi che la portano sono ritenuti più mascolini (61%) e intraprendenti (47%) rispetto alla categoria dei rasati. E’ quanto emerge da una recente indagine di Found!, agenzia di mood marketing communication che ha coinvolto circa 1300 persone. Secondo le donne dunque il sex symbol del 2014 deve essere tenebroso, bello e soprattutto deve avere la barba incolta. Per esigenze di formalità negli ambiti lavorativi o degli “ordini al femminile” (“tagliatela subito che mi pungi!”) il desiderio di portare la barba è stato per molto tempo un sogno represso di tanti uomini, ma da qualche tempo il trend sembra essersi invertito: via libera alle barbe e che gli uomini si diano alla pazza gioia! Potete anche odiare gli hipster ma di certo il look hipster-talebano è molto trendy in questo periodo. Aumenta il numero di uomini che si rivolgono al proprio medico chiedendo integratori multi vitaminici per rendere la barba più spessa e più folta (se non addirittura ormoni maschili come il
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Diidrotestosterone). Amazon ha visto la percentuale delle vendite di rasoi regola barba aumentare del 47% nell’ultimo anno. La barba è un'arte, una moda, un metodo per autodefinirsi: istintivo, cattivo, creativo, selvaggio, sfrontato. O semplicemente maschio. Difficile ammettere, però, che dietro a quel “pelo” ci sia una cura spasmodica. “Non so neanche perché me la faccio crescere. Non taglio la barba perché non ho voglia. E poi, non sono peloso e mi cresce piano. Non lo faccio per stile, lo giuro” dice Marco Borriello, attaccante del Genoa, e con lui molti altri, dai nomi meno celebri. Ma inutile giurare e spergiurare, dietro a una barba apparentemente incolta da taglialegna, c'è spesso un lavoro certosino, magari che dura mesi: se pensavate che il trend delle barbe favorisse la comodità maschile , o che le donne si “accontentassero” di qualunque tipo di barba, avete peccato fortemente di ingenuità. Se non è curata, la barba non è chic. Ma cosa dice una barba sull'uomo che la porta? Più di quello che pensiamo, e ce lo dice lo dice il dottor Allan Peterkin. Oltre ad
essere un elemento estetico dal forte impatto, il tipo di barba può svelare qualcosa in più su quello che l'uomo vuole trasmettere se si analizzano gli stereotipi che circondano ciascuna variante. Quella “folta”, look recente di George Clooney, ad esempio, sta a segnalare maturità e viene normalmente associata a professori e intellettuali. Il pizzetto a punta (goatee in inglese), portato per un periodo da Brad Pitt, può riflettere la scelta di avere un look decisamente vintage, anni '90 mentre la barba corta, come la porta Ryan Gosling, è l'ultima moda e segnala una persona attenta e cosciente della propria apparenza. Ma che sia moda o segno di carattere, la barba è storicamente un segno distintivo dell'uomo che vuola dare una determinata immagine di sé. In molte culture la barba rappresenta un vero e proprio elemento di espressione esteriore della dignità virile (come ricordano anche espressioni del tipo "l'onor del mento"). In altre la barba è indice di invecchiamento, per cui viene regolarmente tagliata.
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LIFESTYLE TENDENZE
Già presso gli Egiziani il radersi era considerato un dovere religioso, le stirpi semite di origine mesopotamica invece erano soliti pettinare con accuratezza le loro barbe lunghe. A Sparta vigeva l'usanza di obbligare i codardi a far crescere la barba in un solo lato del viso, in modo che fosse facile distinguerli anche a distanza (Plutarco, Vita di Agesilao), mentre ad Atene la barba simbolo di saggezza e potere, forza e di virilità, cede il posto al viso glabro dell'età macedone, lasciando la barba come attributo tipico dei filosofi. Proprio dall'iconografia del filosofo derivò, nell'arte paleocristiana, la figura del Gesù barbuto (più antiche sono le raffigurazione imberbi), che divenne in seguito tipica fino ad oggi. Presso gli Ebrei il taglio della propria barba era considerato un atto sacrilego; invece il taglio di quella altrui rappresentava un gesto di odio e di offesa. In ambito islamico, molti religiosi, cercando di assomigliare il più possibile al profeta Maometto (che la tradizione vuole avesse la barba), ritengono indispensabile per ogni buon credente lasciarsi crescere la barba: essa è a tal punto divenuta simbolo di questa ostentazione religiosa che in molti paesi i fondamentalisti vengono detti “i Barbuti” per antonomasia. Ma tutt'oggi la barba è rivendicazione di uno stile di vita per tanti uomini comuni, e così li rappresenta il fotografo D.R. Oleary, che partito proprio dalla constatazione che nelle passate generazioni la barba fosse la “moda” prevalente , ha voluto rappresentare la minoranza dei “barbuti” di oggi , con le loro storie, nel suo libro fotografico “Of Beards and Men”. 130 uomini con la barba, uomini comuni, selezionati e fotografati in un anno e mezzo di lavoro, con in mano i “ferri del mestiere” o i simboli delle loro passioni, oppure più semplicemente nudi, perché la barba, se portata con orgoglio, è quasi un abito.
LE BARBE AL CINEMA Dalla barbona fluente di Russell Crowe nei panni di Noè a quella appena accennata di Dwayne Johnson nei panni di Ercole, pas-
CURIOSITÀ ... ✑ SULLA BARBA ✑ 1) L'uomo barbuto ha meno rughe di
MARCO BORRIELLO “Non so neanche perché me la faccio crescere. Non taglio la barba perché non ho voglia. E poi, non sono peloso e mi cresce piano. Non lo faccio per stile, lo giuro”
sando per la peluria di naufrago di Robert Redford in All is lost - Tutto è perduto, fino a perdersi nella montagna di vello bestiale di Vincent Cassel in La bella e la bestia : il cinema preferisce gli uomini con la barba. Almeno sarà così nel 2014 dove a riportare l'antico segno della saggezza sul volto degli uomini mettendo in secondo piano persino la montagna di muscoli sottostante, non è soltanto il filone dei classici dell'antichità: anche nei film ambientati ai nostri giorni infatti si ritrovano tanti protagonisti con il volto incorniciato. Partendo dal filone kolossal biblico, che a giudicare dai trailer promette effetti spettacolari, i due protagonisti della moda dell'anno saranno senza dubbio Russell Crowe e Christian Bale, che vestono rispettivamente i panni, il primo, di Noè nel film Noah diretto da Darren Aronofsky, il secondo, quelli d di Mosé in Exodus, atteso film di RidleyScott. Il filone classico prevede inoltre un doppio appuntamento con le fatiche di Ercole sotto le regie di Renny Harlin e Brett Ratner. Il primo dei due film, quello diretto da Renny Harlin, Hercules - la leggenda ha inizio, vede Kellan Lutz (l'Emmet Cullen della saga di Twilight) nei panni del fascinoso eroe, qui in versione particolarmente romantica, nelle sale italiane dal 30 gennaio 2014. L'altro appuntamento con Ercole, è Hercules: The Thracian Wars, con il popolarissimo Dwayne Johnson nei panni – invero assai scarsi - del protagonista. Vedremo la sua barba sparuta al cinema dal 13 agosto 2014. C'è poi da segnalare il barbuto protagonista di Pompei, il film sul disastro della città diretto da Paul W.S. Anderson. La storia è ambientata nel 79 d.C. ed è incentrata sull'affascinante riccioluto Mi-
quello rasato: secondo una recente ricerca della University of Southern Queensland, la barba di un uomo blocca fino al 95% dei raggi UV prevenendo il rischio di melanoma, che negli uomini compare sulla faccia in 4 casi su 5. Non significa rinunciare alla crema solare, ovvio, ma avere una protezione in più. ✑ 2) L’uomo barbuto ha la pelle morbida: solitamente la follicolite e le irritazioni vengono a chi si rade, perché la barba protegge dalla disidratazione e dagli agenti atmosferici ✑ 3) È scientificamente provato che l'uomo barbuto sia più virile: non è solo uno stereotipo, una ricerca pubblicata in Evolution and Human Behaviour, dimostra che più un uomo ha pelo facciale, più mascolino appare sia agli occhi femminili che maschili ✑ 4) L’uomo barbuto fa paura ai cattivoni: c’è una ragione per cui gli uomini con la barba sono guerrieri. Uno studio pubblicato l’anno scorso in Behavioral Ecology ha dimostrato che l’uomo con la barba appare più intimidatorio per gli altri uomini. I ricercatori credono che la barba faccia sembrare la mascella di un uomo più grossa, rendendo il suo aspetto più aggressivo quando è arrabbiato.
lo (Kit Harington), un giovane schiavo che vuole sposare la figlia del suo padrone. Arriverà il 27 febbraio invece in Italia Vincent Cassel e il suo La bella e la bestia, nel quale non ha solo la barba ma è sepolto, fedele alla favola,da una montagna di peluria nelle fasi di trasformazione. Degna di nota la foltissima barba che gli incornicia il viso anche nella sua versione”al naturale”. Barbuto e consumato dal naufragio nell'ostile Oceano Indiano vedremo anche un sempre splendido Robert Redford in All is lost, che sarà al cinema dal 6 febbraio. Barbuto come da copione anche F. Murray Abraham in Il mistero di Dante di Louis Nero da venerdì 14 febbraio 2014 al cinema. Ma di barba si ride anche: ce l'ha anche il giovane Edoardo Leo nel divertente Smetto quando voglio, film di di Sydney Sibilia con Valeria Solarino, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero de Rienzo (al cinema dal 6 febbraio) per raccontare in commedia la crisi dei giovani di talento. ■
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CULTURA EVE ARNOLD
di Ylenia Leone
TORINO, PALAZZO MADAMA, DAL 15/01 AL 27/04
EVE ARNOLD. UNA RETROSPETTIVA Dal 15 gennaio al 27 aprile, Palazzo Madama celebra con una retrospettiva, l’opera della fotografa statunitense
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Marilyn Monroe si fa fotografare tra una ripresa e l’altra. Hollywood, California, USA. 1960 © Eve Arnold / Magnum Photos
Eve Arnold (1912-2012), i cui scatti hanno lasciato un segno indelebile nella storia della fotografia del XX secolo
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CULTURA EVE ARNOLD
Eve Arnold sul set di Becket e il suo re. Inghilterra, 1963. Foto di Robert Penn © Eve Arnold / Magnum Photos
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Documentarista e ritrattista, nel corso della sua lunga e prolifica carriera Eve Arnold ha spaziato con disinvoltura tra generi molto diversi. Il suo nome è legato innanzitutto ai ritratti dell'alta società e dei divi di Hollywood: personaggi del calibro di Marilyn Monroe, Joan Crawford, Liz Taylor, Marlene Dietrich, ma anche presidenti, reali, politici come Indira Gandhi e attivisti come Malcolm X, che la scelse personalmente per documentare la sua battaglia per i diritti civili. Famosi sono inoltre i suoi grandi reportage nelle regioni più remote del pianeta - dall’India all’Afghanistan, dalla Cina alla Mongolia che le furono commissionati da “Life”, dal “Sunday Times” e dalle più prestigiose riviste dell’epoca e per i quali ottenne importanti riconoscimenti internazionali nel campo della fotografia, come il National Book Award del 1980 e il Lifetime Achievement Award dall’American Society of Magazine Photographers. Le 83 fotografie in mostra, in bianco e nero e a colori, ripercorrono le tappe più importanti e significative del suo lavoro di fotografa dal 1950 al 1984 attraverso 12 sezioni: “Sfilata di moda ad Harlem”, “Malcolm X”, “Riti Voodoo ad Haiti”, “Gli importantissimi primi 5 minuti di un neonato”, “Marlene Dietrich”, “Marilyn Monroe”, “Joan Crawford”, “Celebrità”, “Afghanistan”, “Dietro il velo”, “Cina” e “India”. L'esposizione, che gode del patrocinio del Comune di Torino, è ospitata nella Corte Medievale di Palazzo Madama e nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Torino Musei, Magnum Photos e la casa editrice Silvana Editoriale, con il sostegno della Versicherungskammer Bayern di Monaco. ■
Addestramento di un cavallo per la milizia. Mongolia Interna, 1979 © Eve Arnold / Magnum Photos Anthony Quinn e Anna Karina sul set del film Gioco perverso di Guy Green. Maiorca, Spagna, 1968 © Eve Arnold / Magnum Photos
Marlene Dietrich negli studi di registrazione della Columbia Records. New York, 1952 © Eve Arnold / Magnum Photos
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MOSTRE L'ARTE DI HERB RITTS
di Martina Ottaviani
AUDITORIUMEXPO DI ROMA
LA FOTOGRAFIA DI HERB RITTS SI MOSTRA “IN PIENA LUCE” Ad undici anni dalla sua scomparsa, Roma celebra uno dei fotografi più importanti del panorama internazionale, Herb Ritts, con una retrospettiva in cui celebri personalità dello star system di tutto il mondo vengono ritratti in bianco e nero dall'artista californiano, che ne esalta gli aspetti sensuali, ironici ed essenziali, mettendoli “In piena luce”, proprio come suggerisce il titolo della mostra, in scena all'AuditoriumExpo dell'Auditorium Parco della Musica di Roma, dall'11 dicembre 2013 al 30 marzo 2014
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Herb Ritts__mastro Progress 31/01/14 11.54 Pagina 2
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La maestria di Ritts, considerato l'erede diretto della fotografia in bianco e nero di Helmut Newton, nonché uno tra i 20 migliori fotografi di sempre, celebra con questa esposizione il carattere e l'autenticità inconfondibile dei volti ritratti e dei corpi immortalati, sfruttando al massimo i giochi di luce e di volume, pur mantenendo l'armonia naturale della pelle dei modelli e delle modelle a contatto con il vento, la sabbia, la terra e gli spazi immensi. Oltre 100 lavori fotografici di diverso formato, dalle grandi stampe al platino, dai sali d’argento di medio formato alle gigantografie spettacolari. Una rassegna in cui la fotografia di moda si fa vera e propria arte, quasi “scultorea” se si guarda alle forme del corpo, quasi “pittorica” se si pensa alle meravigliose immagini della California e allo splendido reportage sull’Africa. La storia dei ritratti di Ritts nasce dall'amicizia e dall'intesa profonda con i personaggi che si trovano oltre la lente fotografica. Madonna si rivolse a lui per un prezioso scatto che andò a finire sulla copertina di True Blue, il suo primo LP di successo. Di lei, Ritts disse: “L'ho fotografata tante volte quante sono le sue personalità”. Liz Taylor, invece, lo scelse per affidargli tutta la debolezza del suo corpo, nel momento in cui, dopo l’operazione di tumore al cervello, si ritrovò così, con la testa bianca, quasi completamente rasata, fragile ma al tempo stesso, avvolta in un' aura di bellezza ed eleganza senza pari che emerge candida, in contrasto con lo sfondo nero. Niente canoni, né formule preconfezionate nei lavori di Ritts. Ogni personalità che incontra il suo obiettivo riscopre se stessa attraverso una creazione semplice e su misura, talvolta persino ironica, come le guance straripanti di Dizzy Gillespie.
MOSTRE L'ARTE DI HERB RITTS
Nato nel 1952, a Los Angeles, da una famiglia piuttosto rinomata nel settore dell'imprenditoria mobiliare e dell'interior design, Ritts ha trascorso la sua adolescenza studiando arte ed economia, cercando anche di avvicinarsi al mondo della musica rock. Nel 1974, dopo essersi laureato al Bard College di New York, torna nella sua città californiana d'origine per rivelare alla famiglia la propria omosessualità. È proprio in quel periodo che comincia a frequentare corsi di fotografia, facendosi notare subito da alcuni volti noti del jet set hollywoodiano. Primo fra tutti, il suo amico Richard Gere, che durante un viaggio nel deserto di San Bernardino, fu costretto a fermarsi in una stazione di servizio per sostituire una gomma forata. Ritts ebbe, così, l'occasione di immortalare l'attore in jeans e canottiera, con le mani sulla nuca e una sigaretta appena poggiata sulle labbra. La foto riscontrò un immediato successo, tanto da finire presto sulle copertine di importanti riviste come Vogue, Newsweek, Esquire e Mademoiselle. Gli anni '80 e '90 lo videro protagonista sulla scena mondiale. Il suo stile glamour, unito alle forme e alla plasticità della classicità della scultura greca, gli assicurò l'ingresso nell'olimpo della fotografia e della moda. D'altronde, non capita tutti i giorni di avere la fortuna di incontrare stilisti del calibro di Giorgio Armani e Gianni Versace o di realizzare un allestimento per le campagne pubblicitarie di Calvin Klein, Ralph Lauren, Guess?, Lacoste, Victoria's Secret, Cartier, Chanel e Valentino, tanto per citarne alcuni. Non solo moda, ma anche cinema e politica. Tra i molti personaggi di spicco ritratti, rigorosamente in bianco e nero, troviamo Kofi Annan, Ronald Reagan, Nelson Mandela, il Da-
PHOTOS In alto: la cantante Tina Turner e l’attore protagonista di “Edward mani di forbice”, Johnny Depp; in basso, le modelle:1 Stefanie Seymour, Cindy Crawford, Christy Turlington, Tatjana Patitz e Naomi Campbell
lai Lama, le attrici Julia Roberts, Nicole Kidman, Michelle Pfeiffer, Isabella Rossellini, Elizabeth Taylor, gli attori George Clooney, Brad Pitt, Tom Cruise, Jack Nicholson, Antonio Banderas, Mel Gibson, Clint Eastwood, i cantanti Enrique Iglesias, Elton John, Mick Jagger, Madonna e Tina Turner. Non solo fotografa, ma anche video, musicali e pubblicitari. Nella seconda metà degli anni '80 Ritts comincia la sua carriera di regista, dirigendo uno spot per l'Absolut Vodka. Il 1991 vede la premiazione sul palco degli MTV Video Music Awards di due dei suoi video, “Wicked games” di Chris Isaak e “Love will never do (without you)” di Janet Jackson. Molti sono i critici d'arte che lo ritengono il miglior fotografo degli ultimi 30 anni. Poco prima di morire, nel 2002, a seguito di alcune complicazioni dovute ad una polmonite, in un'intervista, rilasciata al Venerdì di Repubblica, afferma: “Credo che la gente vada in cerca di immagini che comunicano sentimenti”. Del resto, come per ogni vero artista, l'anima è tutta racchiusa nella sensibilità delle sue opere. ■
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anni '70__mastro Progress 31/01/14 11.55 Pagina 1
MOSTRE ARTE A ROMA
Francesco Clemente, Pitture barbare, 1976
di Francesca Romana Adinolfi
CULTURA ANNI '70
UNA MOSTRA RACCONTA L’ARTE ROMANA NEGLI ANNI DI PIOMBO Gli anni settanta per la Capitale sono gli anni della svolta artistica. Una mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma - in cartellone fino al 2 marzo prossimo - presenta le firme più prestigiose di una irripetibile stagione artistica
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anni '70__mastro Progress 31/01/14 11.55 Pagina 2
MOSTRE ARTE A ROMA
Francesco Clemente, Senza titolo, 1971
Francesco Clemente, Autoritratto con vestito di Chanel, 1979
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È, infatti, il decennio in cui molte gallerie e associazioni culturali romane iniziano a promuovere e accogliere l'arte contemporanea proveniente da tutta Italia e dal mondo. L'arte romana in quegli anni diviene, così, fondamentale: numerosissime opere di artisti romani e non romani, che soggiornano a Roma ed espongono nella città, cominciano a circolare in maniera esponenziale. Le opere di questi personaggi, in parte provenienti da collezioni pubbliche e private, e in parte conservate dagli stessi artisti, sono state oggetto di una serie di mostre già dagli
Carla Accardi, Grande trasparente, 1975
anni Novanta. Lietmotiv delle mostre è stato il linguaggio tipico di un stagione ad alto tasso di sperimentalismi, nella quale il motto era “La rivoluzione siamo noi”. Una mostra dal titolo “Anni settanta a Roma”, che ha preso vita il 10 dicembre e che si prolungherà fino al 2 marzo, riprende quell'intento di raccontare la Roma negli anni di piombo, teatro di culture e linguaggi diversi, di sperimentazioni, di mostre, di performance e di dibattiti. Una mostra ospitata dal Palazzo delle Esposizioni di Roma e curata da Daniela Lancioni che si snoda come un racconto dove le opere sono accostate con l'idea di mettere in risalto, durante il percorso della mostra, un'attitudine, una disciplina, un pensiero. L'Arte Povera, la scuola romana, l'Arte Concettuale, la Anarchitecture, l'arte intesa
Vincenzo Agnetti, Ritratto di Dio, 1970
come partecipazione collettiva o militanza politica, la Narrative Art, l'arte che ha condotto alla planetaria rivalutazione della pittura - che ebbe come fulcro la Transavanguardia ed epicentro Roma - sono al centro della kermesse. Oltre duecento opere di numerosi autori italiani fanno da cornice di un quadro di una città ribelle, concettuale, classica, povera, conflittuale, in bianco e nero, molto politicizzata, ma anche molto viva e vera. Molte immagini fotografiche scorrono parallelamente alle opere per mostrare come queste erano state presentate per la prima volta a Roma nel corso degli anni settanta; note e documenti, inoltre, illustrano come furono realizzate. www.palazzoesposizioni.it ■
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berlino__mastro Progress 31/01/14 11.56 Pagina 1
SPETTACOLO BERLINALE 2014
di Martina Ottaviani
BERLINO, UNA STAR SOTTO I RIFLETTORI
AL VIA IL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL CINEMA L'industria cinematografica è pronta ad andare di nuovo in scena. Riparte uno degli appuntamenti più attesi dallo star system e dagli spettatori di tutto il mondo: la Berlinale. Dal 6 al 16 febbraio 2014
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Oltre 400 film, divisi in cinque sezioni, saranno mostrati nelle sale della capitale tedesca, che avrà l'onore di ospitare 18 prémiere mondiali e 3 debutti. Due settimane completamente dedicate ai professionisti del cinema, attori e registi che animeranno la città con momenti di discussione prima e dopo le proiezioni. Nell'attesa di conoscere i vincitori dell'Orso d'Oro e dell'Orso d'Argento. Il Festival Internazionale del Cinema di Berlino, giunto alla 64ª edizione, vede coinvolti circa 19.000 professionisti del panorama cinematografico internazionale. Una kermesse che dal 1951 segue da vicino i film
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di recente produzione, proiettati sui grandi schermi di molte delle sale cinematografiche berlinesi e seguiti da oltre 4000 tra critici e giornalisti, provenienti da 115 Paesi. Centro di fermento e scambio culturale, la Berlino che ospita questo evento cinematografico, dal carattere spiccatamente cosmopolita, ha già segnato un totale di circa 274.000 biglietti venduti, lasciando pubblico e cineamatori col fiato sospeso. I titoli delle pellicole, infatti, ancora non sono stati tutti annunciati. L'unico elenco completo è
quello della sezione Competition, con 22 film in concorso per l'Orso d'Oro e l'Orso d'Argento. Il primo è assegnato al miglior film della sezione e un riconoscimento alla carriera di una singola personalità; il secondo si suddivide in un Gran Premio della Giuria assegnato ad un singolo film, e in riconoscimenti dati rispettivamente al miglior
berlino__mastro Progress 31/01/14 11.56 Pagina 2
SPETTACOLO BERLINALE 2014
DIETER KOSSLICK è il direttore del Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Ha ricoperto questo post dal 1 ° maggio 2001, quando ha preso il posto di Moritz de Hadeln
regista, attore, attrice, sceneggiatura, colonna sonora e cortometraggio. Per quanto riguarda la sezione Panorama, che presenta le novità delle produzioni indipendenti e d'autore, generalmente dai temi controversi e dallo stile non convenzionale, mancano ancora alcuni titoli, così come anche per le altre sezioni: Forum, che propone film sperimentali e documentari realizzati da giovani filmaker sulle questioni politiche e sociali di tutto il mondo; Generation, sezione dedicata a bambini e ragazzi; Berlinale Shorts, in cui vengono presentati i cortometraggi; Perspektive Deutsches Kino, incentrata sul cinema tedesco. E c'è già molta attesa per la Retrospettiva principale del festival, dedicata ai classici e all'estetica della luce e delle ombre nella storia del cinema dal 1915 al 1950. Ad aprire il concorso cinematografico di quest'anno sarà la pellicola “The Grand Budapest Hotel”, diretta dall'americano Wes Anderson, che vede il suo terzo ingresso al Festival come regista. La vicenda è incentrata sulla sparizione di un prezioso dipinto rinascimentale. Il cast, una parata di stelle: Ralph Fiennes, Edward Norton, Tilda Swinton, Jude Law, Léa Seydoux, Saoirse Ronan, Bill Murray, tanto per citarne alcuni. “Questa comme-
dia promette di dare il via alla grande al Festival, grazie all'inconfondibile fascino delle opere di Wes Anderson”, ha commentato il direttore della Berlinale, Dieter Kosslick. Un altro importante evento strettamente connesso al Festival è quello dell'European Film Market, uno dei tre più grandi mercati cinematografici del mondo. I principali operatori che prendono parte alla Berlinale si
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OLTRE 400 FILM, DIVISI IN CINQUE SEZIONI, SARANNO MOSTRATI NELLE SALE DELLA CAPITALE TEDESCA, CHE AVRÀ L'ONORE DI OSPITARE 18 PRÉMIERE MONDIALI E 3 DEBUTTI. DUE SETTIMANE COMPLETAMENTE DEDICATE AI PROFESSIONISTI DEL CINEMA, ATTORI E REGISTI CHE ANIMERANNO LA CITTÀ CON MOMENTI DI DISCUSSIONE PRIMA E DOPO LE PROIEZIONI
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danno appuntamento con produttori, acquirenti, finanziatori ed agenti di vendita in quella che è la piazza principale dei contatti commerciali del settore. Un'occasione irrinunciabile per tutte quelle aziende cinematografiche che vogliono presentare i propri film, ancora in cerca di distributori,
direttamente nelle sale cinematografiche nei pressi di Potsdamer Plats. In vista dell'European Film Market viene, inoltre, organizzato un meeting di tre giorni che interessa gli operatori del cinema, dei media e le coproduzioni internazionali. In concomitanza con il Festival Internazionale del Cinema di Berlino, la Berlinale Talent Campus, scuola invernale per giovani filmakers, a partire dal 2003, organizza sei giorni di lezioni intensive, workshop e panel di discussione con esperti del mondo cinematografico. Ogni anno, per i 350 studenti che hanno accesso al Campus, si prospettano valide opportunità di collaborare al fianco di importanti personaggi del cinema mondiale del calibro di Ridley Scott, Park Chanwook, Stephen Frears e Wim Wenders. ■
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macro__mastro Progress 31/01/14 11.56 Pagina 1
ARTE MUSEI
di Ylenia Leone
TOSHIKO HORIUCHI MACADAM PER LA SETTIMA EDIZIONE DI ENEL CONTEMPORANEA
HARMONIC MOTION: LA “RETE DEI DRAGHI” DEL MACRO Tradizionale maglia all' uncinetto e moderne forme colorate per la nuova installazione tutta da scoprire dell'artista giapponese Horiuichi MacAdam
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macro__mastro Progress 31/01/14 11.56 Pagina 2
ARTE MUSEI
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Giocosa, colorata, interattiva: è un’opera d’arte tutta da scoprire e sperimentare la grande installazione site specific Harmonic Motion, altrimenti detta “Rete dei draghi”, che l’artista giapponese Toshiko Horiuchi MacAdam ha realizzato nella sede di via Nizza del MACRO Museo d’Arte Contemporanea di Roma per la settima edizione di Enel Contemporanea - il progetto promosso da Enel che prevede ogni anno la realizzazione di opere sul tema dell’energia da parte di artisti di diverse nazionalità , diventato ad oggi uno fra i più prestigiosi appuntamenti internazionali nel panorama dell’arte contemporanea a cura di Francesco Bonami - che sarà visibile al pubblico per tutto il 2014. Un’iniziativa, quella di Enel Contemporanea,ormai alla sua settima edizione, che si propone di esplorare il concetto di energia attraverso il linguaggio universale dell’arte: da alcuni
anni infatti Enel ha sposato il linguaggio dell’arte contemporanea per la sua capacità di esprimere e trasmettere i valori di innovazione, attenzione all’ambiente e internazionalità, che oggi costituiscono le tre direttrici fondamentali su cui si gioca la sfida di un futuro sostenibile e che in questo momento ben rappresentano il percorso di sviluppo di un’azienda come Enel. Interamente realizzata e intrecciata a mano, dal sapore tradizionale che rievoca l’antica lavorazione all’uncinetto abbinata a forme contemporanee, l’opera di questa edizione è un grande e colorato “playground” interattivo, pensato dall’artista per adulti, ma soprattutto per bambini, dove sarà possibile entrare, saltare, rotolare, arrampicarsi, strisciare, appendersi e muoversi attraverso i livelli successivi. Un invito per le famiglie a vivere e “toccare con mano” l’arte contemporanea in un intreccio fra arte e gioco: numerose saranno le iniziative previste per trascorrere una giornata speciale, in famiglia e al Museo, all’insegna della cultura e del divertimento, con momenti di laboratorio e di svago (gratuiti e ad accesso libero) pensati per stimolare la creatività dei più piccoli. Sospesa nella grande Hall del Museo, a rappresentare un ideale fil rouge tra l’edificio storico e l’area museale progettata dall’architetto francese Odile Decq, Harmonic Motion / Rete dei draghi, appartenente alla serie “Air Pocket”, sarà così allo stesso tempo opera d’arte, scultura tessile e aerea, spazio gioco, rete intrecciata e installazione, dove poter vivere un’esperienza insolita e sorprendente. Dopo il successo - con circa 50.000 visitatori nei primi dodici mesi – della gigantesca installazione Big Bambú di Mike Doug Starn, inaugurata lo scorso dicembre al MACRO Testaccio in occasione dei 50 anni di Enel, la partnership fra Enel e il MACRO prosegue per of-
frire al pubblico nuove emozioni, con un’opera appositamente creata dall’artista nell’intento di coinvolgere il pubblico in maniera attiva, invitandolo a diventarne parte e completamento. Grazie a Enel Contemporanea, l’intensità dell’energia, intima e individuale, che l’artista ha impiegato con grande passione e dedizione nella realizzazione dell’opera, diventa così energia e patrimonio condiviso, a beneficio dell’intera collettività. ■
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rossetti2__mastro Progress 31/01/14 11.59 Pagina 1
I FRATELLI ROSSETTI IL RESTYLING DELLA BOUTIQUE DI NEW YORK
di Francesca Romana Adinolfi
DOPO 60 ANNI DI STORIA LA BOUTIQUE ROSSETTI SI PREPARA AL PASSAGGIO DEL TESTIMONE
L'AZIENDA STORICA “FRATELLI ROSSETTI” IN CERCA DEL GRANDE RILANCIO
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Per noi tre fratelli cresciuti all'ombra di nostro padre, la direzione ha coinciso con la proprietà
Proprio durante i primi anni dopo la fine della guerra, quelli in cui l'Europa cerca di riprendersi e di tornare alla normalità, Renzo Rossetti - fondatore del marchio storico di calzature, simbolo per eccellenza della qualità Made in Italy - si cimenta nel mondo dello sportswear. Sono anni importanti, positivi, che hanno rappresentato un momento di grande rinascita e di ripresa dell’artigianato e dell’economia. Anni in cui Renzo, poco più che venten-
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ne, lavora giorno e notte trascinato da una grande determinazione. Le sue prime scarpe prodotte, infatti, sono indossate dai campioni italiani di pattinaggio artistico e di hockey. Cinque anni più tardi fonda lo storico calzaturificio, abbandona il campo delle scarpe sportive e sposta l'attenzione sulle calzature classiche da uomo. Più tardi in azienda entra anche il fratello Renato; la famiglia con il tempo si allarga e si riempie di collaboratori che, con il loro talento, contri-
buiscono a solidificare le basi di una grande business. Producono ballerine, mocassini, polacchetti e modelli maschili riadattati sui modelli sportivi. L'impatto sul pubblico è sorprendente: la prima collezione Rossetti si distingue nettamente dalle altre proposte dell'epoca, tutte molto simili. La loro esigenza di rendere il loro prodotto un'eccellenza sul territorio italiano si fa sempre più grande: studiano le opere dei grandi calzolai su misura, apprendono i con-
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I FRATELLI ROSSETTI IL RESTYLING DELLA BOUTIQUE DI NEW YORK
ANNIVERSARIO Il cinquantesimo anno dei “Fratelli Rossetti” viene premiato da un importante riconoscimento: le Poste Italiane dedicano un francobollo al marchio simbolo del Made in Italy nel mondo
sigli dei migliori artigiani del momento; sperimentano nuove tinte: nasce la scarpa “anticata” e il trattamento “spazzolato”; utilizzano nuovi ed insoliti materiali come il pitone, lo struzzo e pellami vegetali; creano sempre più forme, che si distanziano dalle “viste e riviste” forme classiche. Nel 1968 l'azienda Rossetti si allarga e apre un nuovo stabilimento a Parabiago. Qualche anno più tardi Renzo decide di cercare lontano nuove occasioni di business. Il marchio solido e onesto, che alla fine degli anni Settanta realizzava 400 mila paia di scarpe l'anno, sbarca sulla Madison Avenue di New York, via popolata solo da fruttivendoli.
ma Diego Rossetti. Negli anni '80 nasce dalla mano dei designer Vignelli il logo “Fratelli Rossetti”.
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LA BRAND CALZATURIERA HA ANNUNCIATO CHE DA FEBBRAIO 2014 PRENDERÀ IL VIA IL RESTYLING DELLA BOUTIQUE DI NEW YORK. LA PRIMA BOUTIQUE CHE ARRIVÒ SULLA MADISON AVENUE, QUANDO ANCORA ERA UNA VIA DI FRUTTIVENDOLI, CERCA IL GRANDE RILANCIO
Questo fa dell'azienda Rossetti un business a livello internazionale che fa eco anche tra i grandi nomi che hanno segnato la storia della moda: Valentino, Pierre Cardin, Yves Saint Laurent, Gucci, Ferragamo e molti altri. «Siamo stati i primi a sbarcare a New York in Madison Avenue, fine anni Settanta» affer-
FAMIGLIA ROSSETTI Nella pagina: Renzo Rossetti - fondatore del marchio storico di calzature, simbolo per eccellenza della qualità Made in Italy; i tre figli: Diego, Dario e Luca
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È solo l'inizio di un'unione familiare e professionale molto forte che si consoliderà ancora di più quando Renzo affiderà la “baracca” ai tre figli: Diego, Dario e Luca. “Siamo orgogliosi, la nostra è rimasta l'unica azienda familiare con una rete di negozi diretti e una gamma di prodotti tanto ampia, tutta controllata da noi”, dicono i fratelli calzaturieri. Nel '78 Diego entra full-time nell'azienda dei fratelli Rossetti: oggi è l'anima commerciale dell'azienda. Nel 1981 Dario inizia ad occuparsi dell'area stilistica; oggi è a capo dell'ufficio stile. Negli anni '90, ancora prima della sua laurea, Luca viene coinvolto da Renzo nel controllo gestionale dell'azienda: oggi si occupa del marketing e dello sviluppo delle collezioni. Il cinquantesimo anno dei “Fratelli Rossetti” viene premiato da un importante riconoscimento: le Poste Italiane dedicano un francobollo al marchio simbolo del Made in Italy nel mondo. E ora i fratelli Rossetti si cominciano ad aprire ad un fondamentale cambiamento: da maggio è infatti attiva la boutique on-line. Dalla nuova piattaforma, che racconta il brand attraverso video, immagini e prodotti, è
possibile acquistare scarpe, borse, cinture e piccola pelletteria da tutta Europa. Questo cambiamento prevede anche il restyling della boutique di Madison Avenue a New York. I lavori, prenderanno il via il prossimo febbraio. La boutique newyorchese rinnovata, raccontano, «dovrà rappresentare i valori e la storia dell'azienda». Poca pubblicità, molta sostanza: «La nostra scarpa non la compri perché ce l'ha la celebrity ma perché interpreta il tuo stile». Questo rilancio è uno sguardo al futuro che prevede investimenti sul design della collezione femminile e la preparazione del passaggio del “testimone” alle nuove generazioni: “Per noi tre fratelli cresciuti all'ombra di nostro padre, la direzione ha coinciso con la proprietà. Non potrà più essere così. I nostri figli sono sette, tra fratelli e cugini. La regola è che si entra solo da dirigenti, ma se hai fatto carriera in un'altra azienda”. ■
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Club 1930__mastro Progress 31/01/14 12.00 Pagina 1
LIFESTYLE VITA NOTTURNA
di Ylenia Leone
ALCOLICI DA PROIBIZIONISMO, PROIBITO CHIEDERNE L'INDIRIZZO
CLUB 1930, LA BELLE EPOQUE NEL XXI SECOLO Segretezza, lusso e ricercatezza sono gli ingredienti per il “cocktail”del club segreto di Milano
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Doveva essere segreto e lo è: ecco il 1930 Cocktail Bar, a Milano, non si può dire dove, nascosto dalle le vetrine di un bar anonimo. Ma dietro ad una porticina interna avrete un piccolo pezzo di paradiso fuori dal tempo: arredi old style, ambiente ovattato, cocktail più unici che rari ed il brivido di sapere che quell'assaggio di Belle Epoque non è per tutti. Il club si ispira non a caso al Proibizionismo, quando per correre il rischio, bisognava essere un amante autentico. Oggi, accantonato il rischio, resta la sfida di trovare il posto, ma la fatica viene ampiamente ricompensata da quello che si trova dentro: varcarne la soglia significa venire travolti da una musica sottile da film d'epoca e, mentre gli occhi si abituano a poco a poco alla penombra soffusa delle candele e delle luci a muro, si può godere la vista delle sedie e dei divanetti di broccato, di una vecchia macchina da cucire allietata da quadri disposti
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tutt’intorno, specchi e una cortina scura che fa da cornice al bancone decorato da una bilancia che trabocca frutta e bottiglie di liquore. Un piccolo brivido attraversa la schiena di chi, mentre sorseggia le proposte di un menù che cambia ogni quattro mesi ,sceglie di mantenere il patto di segretezza del locale creato dalle ambizioni e dalla creatività di Flavio Angiolillo e Marco Russo, i due proprietari, a cui abbiamo posto qualche domanda su questo favoloso locale fuori dal tempo. Come vi è venuta in mente l'idea? Da cosa è nata? Dopo il successo del Mag tanti clienti della prima ora, i più affezionati non trovavano più il riscontro degli inizi, la stessa accoglienza e dedizione. Il 1930 è stato creato per loro, per la clientela che ci segue da anni, ormai amici oltre che clienti affezionati.
Parlare dell'indirizzo del locale è taboo , nemmeno Google ne sa nulla, ed è camuffato persino l'ingresso per fare in modo che non sia visibile dall'esterno. Perché è necessario che sia segreto? Che parte ha la segretezza nel concept del locale? L'indirizzo è tabù perché non vorremo ritrovarci di fronte ad una ressa di persone, come è accaduto al Mag o nei nostri precedenti locali, andrebbe contro al concept stesso del locale. Se hai sempre lo shaker in mano non riesci nemmeno a salutare. Qui vogliamo avere il tempo per crearvi un cocktail con un'emozione che potrete provare solamente da noi, darvi un servizio di lusso a 5 stelle. E tutto questo non si può fare con 200 persone nel locale... Come si può passare una serata nel club segreto? Cosa bisogna fare per essere invitati?
Club 1930__mastro Progress 31/01/14 12.00 Pagina 2
LIFESTYLE VITA NOTTURNA
Bisogna andare al Mag Cafè - Ripa di Porta Ticinese 43, Milano- e richiedere di essere invitati. Siamo noi a decidere a chi dare la tessera per entrare, sopra c'è solo un numero di telefono, il resto è scritto con inchiostro UV. Per sapere dov'è il posto chiami quel numero. All'arrivo c'è il controllo della tessera et voilà, eccoci al club. Qualcuno potrebbe dire che selezionare la clientela, tutta questa segretezza, in tempi di crisi come questi, sia uno schiaffo alla miseria. La mia domanda invece è: il passaparola basta per pubbliciz-
zare il locale? C'è grande affluenza di nuovi clienti oppure la clientela è principalmente affezionata? La clientela è prevalentemente affezionata, ma questo è il motivo per cui è stato creato il 1930: siamo noi a volere che sia così. E funziona, perché siamo sempre pieni!
cosa hanno di particolare? Per i cocktail, come dicevamo prima, cerchiamo di creare emozioni, il che vuole dire che prima pensiamo alla sensazione che vogliamo dare e poi creiamo un mondo intorno a quello, ad esempio un cocktail chiamato El Milanes viene servito con un ossobuco e risotto.
Lo stile e l'atmosfera del locale sono molto particolari. Come è avvenuta la scelta dell'epoca? 1930: un’epoca, una sfida, una ricorrenza numerica data da tante combinazioni di avventure fortunate nate sotto numeri simbolici. Ci piace giocare con le coincidenze,
Fateci un esempio in particolare, parlateci di una ricetta. Un paio di esempi random: Cocktail Sushi con vodka al salmone, sakè, lime, ginger beer e sferificazione di uova al salmone;oppure Adieu Cherie con lime, pompelmo, moroccan syrup, gin, rose flower water e cordial camomil-
non tutte vere: siamo al numero 19 della via e il locale è nascosto in un bar chiamato “Caffetteria 30”, il tram 19 porta a Porta Genova e il tram 30 al 1930, apriamo alle 19:30 e 1+9+3+0 +è uguale a 13, il giorno di apertura di tutti i nostri locali.
la. Noi gli alcolici li cuciniamo letteralmente, impossibile riprodurli a casa. Le nostre ricette sono comunque comprabili su Amazon oppure al Mag Café in versione cartacea.
Gli arredi sono originali? Chi si è occupato della scelta? L'arredamento è stato scelto appositamente per ricreare il monde della "Belle epoque", la maggior parte dei pezzi sono originali e comunque tutti in tema. Abbiamo impiegato 9 mesi per trovare tutto e 5 mesi per fare i lavori. Siamo una squadra di 15 persone che lavorano per fare in modo che il Mag e 1930 siano sempre al top, dunque non diremo nomi su chi ha fatto cosa: se è fatto bene il merito è di tutta la squadra.
CLUB 1930 L'indirizzo è tabù perché non vorremo ritrovarci di fronte ad una ressa di persona andrebbe contro al concept stesso del locale. Se hai sempre lo shaker in mano non riesci nemmeno a salutare. Qui vogliamo avere il tempo per crearvi un cocktail con un'emozione che potrete provare solamente da noi, darvi un servizio di lusso a 5 stelle. E tutto questo non si può fare con 200 persone nel locale...
Al club si tengono anche eventi ricorrenti (o particolari) a tema? Il Mercoledì sera si alternano pianisti di livello dalle 22 in poi, per questo nel locale c'è un grande pianoforte a coda, mentre la domenica è dedicata a foie gras e Champagne. Sui vostri cocktails ho sentito meraviglie. Raccontateci qualcosa in proposito,
Cos'è il “romanzo-menù”? Ogni stagione il menù cambia e ogni menù comprende 13 cocktails, la nostra lista per la cucina, i nostri alcolici e un romanzo. Questo romanzo è scritto da Micheal Love,ogni stagione scrive una nuova puntata. In pratica racconta le cose che ci succedono in veste favolesca. Diteci qualcosa sul Club 1930 che i più non sanno Il 1930 nasconde un rifugio della prima guerra mondiale! Sta parlando del piano inferiore del locale, dove un misto di eccitazione e paura segue ogni scalino che porta nel buio. Tutto scompare nella leggera umidità e nel sottile profumo di liquore in uno spazio con angoli sorprendenti: una piccola scrivania,calde poltrone dove riposarsi e meditare. Un rifugio dai pericoli tanti anni fa, un rifugio dalla frenesia oggi. ■
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Francesco Clemente__mastro Progress 31/01/14 12.01 Pagina 1
PEOPLE IL TALENTO DI FRANCESCO CLEMENTE
di Martina Ottaviani
LA PITTURA NEOESPRESSIONISTA DI CLEMENTE
IN VIAGGIO TRA ITALIA, STATI UNITI E INDIA Il New York Times ha più volte consacrato il suo talento artistico e la “grandezza materiale” dei suoi quadri, quotati fino a ben 200 mila dollari l'uno. L'eclettico pittore torna a far parlare di sé, con una retrospettiva a lui dedicata: “Francesco Clemente. Frontiera di immagini”, curata da Achille Bonito Oliva e allestita presso il Palazzo Sant’Elia di Palermo. A metà tra Buddismo zen, cucina asiatica e stilizzazioni underground di New York, oltre cinquanta lavori esposti sotto i riflettori del prestigioso museo palermitano, in mostra dal 24 novembre 2013 al 2 marzo 2014
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Napoletano d'origine e cosmopolita d'adozione, Francesco Clemente, 61 anni, è uno dei massimi esponenti della cosiddetta Transavanguardia italiana - filone artistico volto a superare le tendenze minimal, optical e concettuali che propone un ritorno alle composizioni ricche di forme e colori più vivaci. Insieme a Sandro Chia, Nicola de Maria, Mimmo Paladino ed Enzo Cucchi, questo movimento, teorizzato da Achille Bonito Oliva, si manifesta per la prima volta nella Biennale di Venezia con la famosa sezione Aperto 80, curata proprio da quest'ultimo e da Harald Szeemann. Con uno sguardo sempre vigile alle avanguardie del passato, Clemente si approccia alla Transavanguardia a partire dal 1979, con un modo di operare dal piglio decisamente espressionista. “Sono cresciuto in un contesto che rifiutava la modernità” - spiega il pittore raccontando gli esordi della sua carriera internazionale - “di questo contesto ho assorbito il senso di relativismo e di gioco. A metà degli anni Settanta ho mostrato il mio lavoro. La nonmodernità del mio stile è stata accolta non come un limite, ma come una profezia”. Artefice del successo anche un incontro con un gigante del panorama artistico di quel momento, Alighiero Boetti, che inviterà Clemente a compiere viaggi in terre lontane. Un suggerimento colto al volo dall'artista, che si ritroverà ad attra-
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versare l'Afghanistan a piedi, poi si innamorerà dei paesaggi e dei colori indiani, tanto da aprire uno studio nella città di Madras, per poi trasferirsi a New York nel 1981, dove tutt'ora vive e lavora. In un viaggio incessante pieno di ricordi, Francesco Clemente racconta la sua ribellione così: “Sono arrivato a diventare artista per esclusione, non volevo essere niente e fare niente
“
“Quando sono arrivato era una metropoli in bancarotta, disperata. Così capitava che un ballerino d'avanguardia potesse sperimentare nel suo grande loft a Manhattan o che un pittore agli inizi potesse mantenersi senza troppe difficoltà: la passione culturale era al massimo livello”, a dimostrazione di quanto, in realtà, la crisi economica più che un ostacolo, rappresenti un notevole impulso alla vena creativa di mol-
SONO ARRIVATO A DIVENTARE ARTISTA PER ESCLUSIONE, NON VOLEVO ESSERE NIENTE E FARE NIENTE DI QUEL CHE MI OFFRIVA ALLORA LA VITA. E COSÌ HO INIZIATO A DIPINGERE
”
di quel che mi offriva allora la vita. E così ho iniziato a dipingere”. E a viaggiare, naturalmente. Nel tentativo di guadagnarsi le cittadinanze americana e indiana - senza, tra l'altro, rinunciare a quella italiana - vive spostandosi tra le sue varie dimore: Manhattan, Brooklyn e Benares, la città sacra degli induisti. Parlando della New York degli anni '80, in un'intervista al Venerdì di Repubblica, dichiara:
ti artisti. Nella Grande Mela, Clemente ha l'occasione di confrontarsi con personaggi del calibro di Andy Warhol e Jean-Michel Basquiat, che, assieme a Keith Haring, è riuscito a portare i graffiti dalle strade delle metropoli alle gallerie d'arte. “Accadde un fatto che non accadeva dagli anni '40, ovvero gli americani accettarono un artista europeo, lavorammo assieme”.
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PEOPLE IL TALENTO DI FRANCESCO CLEMENTE
Molti dei suoi dipinti riprendono l'abitudine “warholiana” di avere come protagonisti figure importanti del panorama cinematografico e culturale come Scarlett Johansson, Fran Lebowitz, Jasper Johns, Max Seidel, Edward Albee, Ron Arad e Salman Rushdie. Una scelta peculiare, che Clemente giustifica così, affermando che l'occhio di un'artista “deve saper osservare con la medesima timidezza la star e la non-star, nella speranza di restituire un po' di realtà a entrambe”. Tutto questo potrà suonare come una contraddizione, forse, ma all'artista piace così e non lo nasconde. Basti pensare che persino nel suo loft newyorchese gran parte delle sue opere non si trovano appese, ma appoggiate a terra. Un motivo in più per l'estro di un'artista che ha bisogno di manifestarsi anche tra le mura di casa. Clemente ama, inoltre, leggere libri, soprattutto quelli di magia e tarocchi. “Se abbandonassi la pittura” - dice - “vorrei essere un cartomante”. Altra scelta insolita, nella vita del pittore napoletano, è non tanto quella di seguire la rotta dell'India, quanto quella di voler vivere nel caos, in una delle metropoli nota per essere tra le più affollate di quel Paese. “La mia metropoli preferita è Benares, perché è la più stressante. Più caotica e inquinata è la città e più mi piace”, dice con entusiasmo l'artista. “Osservare e ascoltare il caos fuori, è meno inquietante che riconoscerlo in me. Guadagno da vivere col mio disordine interno e le mie deformità. Se tutto fosse armonia non avrei motivo di dipingere”, aggiunge nel motivare la sua particolare predilezione per l'India, che, secondo lui “è una medicina che si deve assaggiare lentamente, ma sino in fondo”. Ad averlo avvicinato alla cultura indiana, senz'altro lo straordinario incontro con Sonia Gandhi durante la cerimonia di commemorazione della morte del Mahatma. Il buddismo zen, la cucina dell'Asia meridionale, la New York underground e i numerosi viaggi, non solo in questi due paesi, ma anche in Egitto, ai Caraibi e in altri luoghi visitati dal pittore in persona, prendono vita nella straordinaria cornice palermitana di Palazzo Sant'Elia, grazie alla mostra “Francesco Clemente. Frontiera di immagini”, a cura di Achille Bonito Oliva. Dopo aver esposto in importanti mostre collettive (Biennale di Venezia, Documenta di Kassel in Germania, Biennale del Whitney Museum di New York) e personali (Philadelphia museum of art, Sezon museum of art di Tokyo; Galleria d'arte moderna di Bologna, Guggenheim Museum di New York), Clemente approda per la prima volta in Sicilia, con un esposizione di circa
una sessantina di opere. Tempere e olio su lino che danno luce al percorso artistico del pittore, lasciando ampio spazio ai temi sviluppati, allo stile con i suoi cambiamenti e, soprattutto, all'autoritratto. L’immagine di sé è sempre presente anche quando si stenta a riconoscerla, immersa tra altre figure o in una composizione più essenziale, talvolta policromatica, talvolta nella scarsità dei colori. Orientandosi su soluzioni neoespressioniste, Clemente si appropria di un linguaggio che risente pienamente sia delle suggestioni della tradizione orientale sia di quella occidentale, come la cultura mediatica. Sperimentando diverse tecniche tra cui pittura a olio, mosaico, affresco, disegno, grafica e scultura, l'artista predilige la realizzazione di cicli pittorici e il formato grande delle immagini che “allu-
dono ai momenti di un viaggio, alle tappe di un pellegrinaggio”. Tra i lavori più importanti, il più datato in questa rassegna è “Porta Coeli”, dipinto realizzato nel 1983 e proveniente dalla Collezione D'Ercole di Roma. Sempre dalla Capitale arrivano molti altri pezzi, come i vari “Self-Portrait”, acquerelli su carta, della galleria Galleria Lorcan O'Neill o il trittico “Crown” del MaxxiMuseo delle arti del XXI secolo. Dal Museo d'Arte Contemporanea Donnaregina di Napoli proviene, invece, “Place of Power I”, ispirato alle camere funerarie della Valle dei Re, visitate dall'artista a fine 1986. Un viaggio fisico e, allo stesso tempo, introspettivo, in cui gli spazi geografici vengono ripercorsi nelle pennellate, sinonimo di un'arte che, come suggerisce il titolo della rassegna, è una “frontiera di immagini”, pronta ad entrare nell'immaginario collettivo con tutte le sue sfumature ricche di contraddizioni, perché nonostante - come spiega Keith Haring - “la più grande ragione del dipingere è che non c'è ragione di dipingere”, a detta di Clemente “la dissonanza può avere un senso”. Per l'umanità e per l'arte. ■
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MODA UN ORIGINALE CONNUBIO
di Francesca Romana Adinolfi
LE FRAGRANZE FIRMATE FERRAGAMO PENSATE PER LUI E PER LEI
I PROFUMI FERRAGAMO ALLE CAVE DI MICHELANGELO Bianco di Carrara, Vendemmia, Viola Essenziale e Convivio presentate nella storica Cava del Polvaccio dalla quale Michelangelo scelse i marmi per le sue grandi sculture
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MODA UN ORIGINALE CONNUBIO
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In una location che ha come sfondo lo scenario grandioso delle delle Alpi Apuane e gli squarci marmorei delle montagne scavate, Salvatore Ferragamo ha aggiunto un nuovo tassello per la costruzione della sua identità. Lo stilista, infatti, ha deciso di presentare la sua nuova collezione di profumi dal titolo “Tuscan Soul” negli Studi d’Arte Cave Michelangelo, luogo da cui Michelangelo ricavò il materiale per i suoi capolavori il David e la Pietà, e dove protagonista è l'armoniosa bellezza del mondo toscano. Un ambiente di 2500 metri quadri caratterizzato da una lunga storia che parte dall’epoca romana e arriva ai nostri giorni nel segno dell’ eccellenza riconosciuta in tutto il mondo da artisti, architetti e designers che scelgono, ancora oggi, il marmo con cui furono realizzati i grandi monumenti della Roma repubblicana e imperiale. Quattro sono le essenze proposte da Ferragamo: Bianco di Car-
rara, Vendemmia, Viola essenziale e Convivio e sono rivolte ai consumatori più selettivi, dall'Italia alla Cina. Le fragranze sono pensate tanto per gli uomini quanto per le donne: il Bianco di Carrara, creato dal naso di Lucas Sieuzac si caratterizza per la freschezza di neroli e di pepe bianco, per il suo fine sentore di vetyver bianco e latte di fico e per il leggero arricchimento di fava tonka e muschio. Vendemmia, creato da Fabrice Pellgrin, è un mix di frutti mediterranei e legni, con sentori di foglie di fico e gelsomino che poi si irrigidiscono arrivando all'asprezza del legno di sandalo. Viola essenziale nasce, invece, dall'olfatto di Sonia Constant ed ha un'intensa fragranza di Iris, quasi talcata, con piccoli sentori freschi di note fruttate e floreali. Infine il Convivio, generato sempre dal naso di Fabrice Pellegrin, unisce la freschezza
TUSCAN SOUL QUINTESSENTIAL COLLECTION Proprio nel cuore delle Alpi Apuane, dove Michelangelo scelse il marmo per le sue opere più imponenti, Salvatore Ferragamo ha scelto di presentare la sua nuova collezione di fragranze esclusive
del pompelmo alla delicatezza del gelsomino e all'intensità del cipresso, fino ad arrivare ad un odore di legno di cashmere e ambroxan. Il costo di ogni confezione da 75 ml è di 150 € . I cofanetti rivestiti di carta “effetto pelle” sorretta da un podio ligneo, contengono un flacone in vetro chiuso da un tappo di frassino. I profumi sono distribuiti solo in cinquanta flagship store di Salvatore Ferragamo nel mondo; inizialmente saranno distribuiti in Europa e in Asia, a febbraio arriveranno anche in Cina e negli Stati Uniti. ■
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HOTELLERIE THE CHEDI ANDERMATT
di Camilla Fabiani
L’HOTEL DOVE “L’ELEGANZA ALPINA SI SPOSA CON LA DOLCEZZA ASIATICA”
THE CHEDI ANDERMATT The Chedi Andermatt, del gruppo General Hotel Management Ltd, è la prima struttura di lusso a 5 stelle del progetto Andermatt Swiss Alps
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Nato nel meraviglioso panorama della Valle Orsera, nel cuore delle Alpi svizzere, The Chedi Andermatt ha aperto il 20 dicembre 2013 accogliendo i suoi ospiti in una vera e propria opera d’arte architettonica. Padre e ideatore del design che fonde insieme lo stile chic alpino con elementi del mondo asiatico è l’illustre architetto Jean-Michel Gathy, dello studio Denniston International Architects and Planners Ltd. di Kuala Lumpur.
Con 7 ristoranti e bar, 1 Spa d’elezione, 1 Health Club e 2 piscine, i motivi per scegliere The Chedi Andermatt sono molti. Architettura: ispirato agli chalet e ai Grand Hotel d’antan, la struttura richiama l’architettura del luogo, con l’utilizzo di materiali e colori tipicamente locali, impreziositi dal tocco personale dell’architetto visibile nelle linee simmetriche, nelle forme equilibrate e negli elementi d’effetto. La facciata è
abbellita da un tipico rivestimento in legno, che custodisce le 104 raffinate camere e suite suddivise in varie tipologie: camere Deluxe, camere Grand Deluxe di 52-55 metri quadrati, suite Deluxe di 100 metri quadrati e l’esclusiva suite Gemsstock di 134 metri quadrati. Le camere vantano tutte pavimenti di legno scuro, poltrone e divani in pelle, finestre panoramiche, riproduzioni a parete dei dipinti di Peter Paul Rubens, caminetti u
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affacciati sia internamente sia sui terrazzi e stanze da bagno dotate di una grande vasca, pavimenti in massello naturale riscaldato a pannelli e docce separate. Offerta gastronomica: il ristorante principale è The Restaurant, che propone ricette europee e svizzere preparate nelle quattro cucine atelier a vista a celebrazione delle cucine occidentale e asiatica, degli antipasti e dei dolci. Completano l’offerta The Japanese Restaurant by Hide Yamamoto, che vede in cucina auten-
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tici cuochi giapponesi; The Wine & Cigar Library, con umidificatori per sigari e ottimi vini; The Lobby, che propone un menu semplice pensato per piccoli e veloci snack e ogni pomeriggio il The Chedi Afternoon Tea; The Courtyard, una terrazza con vista sul Gemsstock dove gustare, secondo stagionalità, bevande calde o bibite fresche; The Bar and Living Room, che, con veloci snack o aperitivi, favorisce l’incontro tra ospiti e residenti perché accessibile anche dall’esterno; e infine The
Pool, una piscina coperta con servizi accessori come quotidiani e riviste, frutta fresca, bibite rinfrescanti e cocktail classici. Spa & Wellness: The Chedi Spa è un luogo adatto per armonizzare corpo e spirito con la natura circostante, esteso su un’area di 2400 metri quadri. Disegnata per chi è in cerca di relax, la Spa dispone, infatti, di una wet area con saune finlandesi e bio, bagno turco salino e aromatico, vasca idromassaggio, piscine con percorsi di acqua calda e fredda (Vasche
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Kneipp), fontane del ghiaccio e una vasca con gli estratti di petali di fiori. The Health Club, invece, è il centro fitness dotato di macchinari Technogym di ultima generazione, adatto anche agli amanti della natura che possono partecipare a sedute di yoga all’aperto, escursioni a piedi o in mountain bike e tour sciistici. Da non dimenticare, poi, la piscina esterna di 12 metri e l’Indoor Pool di 35 metri. Golf: adagiato tra le montagne e circondato da un paesaggio sensazionale, il nuovo
campo da golf 18 buche di Andermatt si estende per 1,3 km quadrati e si prepara a essere uno dei circuiti golfistici più amati, visto che, grazie all’altitudine di circa 1500 metri, garantisce prestazioni più performanti. Disponibile fino al 2016 in esclusiva per gli ospiti degli hotel della Valle, e situato a pochi minuti da The Chedi Andermatt, il campo è stato progettato dal famoso architetto di campi da golf e titolare della società Rossknecht Golfplan di Lindau, che vanta un’esperien-
za pluritrentennale a livello internazionale. Andermatt Swiss Alps sta inoltre sviluppando i collegamenti tra le due piste di Andermatt e Sedrun per dar vita a un comprensorio sciistico che offrirà più di 120 chilometri di piste eccezionali. Nuove possibilità, quindi, per gli appassionati di sci che già possono godere delle piste del Gemsstock, considerata l’Eldorado dei Freerider, e di Nätschen, area più adatta alle famiglie. ■
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SPORT GIOCHI OLIMPICI INVERNALI
di Camilla Fabiani
XXII EDIZIONE DEI GIOCHI OLIMPICI INVERNALI
COSA ASPETTARSI DA SOCHI2014 Ecco come la Russia si prepara a ricevere i Giochi Olimpici Invernali. Evento tra i più contestati degli ultimi anni a causa della posizione omofoba di Putin
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La XXII edizione dei Giochi Olimpici Invernali si terrà a Sochi e sulle montagne di Krasnava Polvana dal 7 al 23 febbraio 2014. La città è stata scelta tra altre sette concorrenti ed ha iniziato subito a organizzarsi. Il Parco Olimpico è stato costruito sul Mar Nero e prevede come strutture: Palazzetto del ghiaccio di Bol’šoj (per l’hockey su ghiaccio; capienza: 12000 spettatori), Palaz-
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zetto del ghiaccio Šajba (per l’hockey su ghiaccio; capienza: 7000 spettatori), Centro di pattinaggio di Sochi (per il pattinaggio di velocità; capienza: 8000 spettatori), Palazzetto dello sport di Sochi (per il pattinaggio di figura e lo short track; capienza: 12000 spettatori), Centro olimpico di curling di Sochi (“cubo di ghiaccio”, per il curling; capienza: 3000 spettato-
ri), Stadio Olimpico Fišt (capienza: 40000 spettatori),Villaggio olimpico e Centro stampa. A Krasnaja Poljana, invece, si troveranno: Stadio di sci di fondo e biathlon Laura (per il biathlon, la combinata nordica e lo sci di fondo), Pista sciistica Roza Chutor (per lo sci alpino e lo snowboard), Pista di bob, slittino e skeleton
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SPORT GIOCHI OLIMPICI INVERNALI
(per il bob, lo slittino e lo skeleton), Sanki Centro snowboard e freestyle X-treme (per lo snowboard e il freestyle), Trampolini RusSki Gorki (per la combinata nordica e il salto con gli sci) e Villaggio olimpico montano. La prima protagonista dell’evento è, però, la torcia olimpica: rossa, come il colore tradizionale dello sport russo, è stata progettata per rappresentare i contrasti del Paese, met-
tendo insieme i motivi del folklore con le idee di innovazione. La forma ricorda la piuma della fenice, uccello leggendario che rinasce dalle sue ceneri, mentre il materiale, alluminio, e il peso, quasi 1,8 Kg, sono stati scelti con attenzione per rendere la torcia confortevole durante il trasporto. Il sistema d’illuminazione, d’altra parte, permette alla fiamma di bruciare in modo costante anche in situazioni
difficili, come forti veni, gelate o sorprese simili, tipiche dell’inverno russo. Il primo tedoforo è partito il 7 ottobre 2013 da mosca e impiegherà 123 giorni per raggiungere Sochi il 7 febbraio, alla cerimonia di apertura; attraverserà tutte le 83 regioni della Russia e percorrerà 65 mila km, che daranno a Sochi2014 il record di lunghezza per il viaggio della torcia olimpica. Altra novità sono le medaglie che raffigurano il paesaggio di Sochi con i raggi dorati del sole che si riflettono, attraverso un prisma di cime innevate, sulle spiagge sabbiose della costa del Mar Nero; hanno, poi, dettagli unici, come i cerchi olimpici, nella parte anteriore, il nome della disciplina in lingua inglese, nella parte posteriore, e il logo dei Giochi di Sochi, con il nome ufficiale dei Giochi incisi in russo, inglese e francese sul cerchio. Inaspettata, invece, una serie speciale di medaglie d’oro per gli atleti che vinceranno le competizioni del 15 febbraio: costruite inserendo frammenti di meteorite, serviranno per ricordare il primo anniversario della pioggia di meteoriti che nel 2012 ha causato danni per 30 milioni di dollari nella regione del Chelybinsk. Gli atleti che potranno contendersi queste medaglie sono quelli che parteciperanno alla finale maschile di pattinaggio di velocità 1000 metri, alla finale femminile e maschile di short track 1500 metri, alla staffetta femminile di sci di fondo, al salto con gli sci maschile, al super slalom gigante femminile e allo skeleton maschile. Non resta, quindi, che aspettare la presentazione, alla cerimonia d’apertura, delle 15 discipline ufficiali (Biathlon, Bob, Combinata nordica, Curling, Freestyle, Hockey su ghiaccio, Pattinaggio di figura, Pattinaggio di velocità, Salto con gli sci, Sci di fondo, Sci alpino, Short track, Skeleton, Slittino, Snowboard). E, come sempre, che vinca il migliore. ■
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AUTO SALONE DI DETROIT 2014
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AUTO SALONE DI DETROIT 2014
SALONI DELL'AUTO IN NORD AMERICA
DETROIT A 4 RUOTE DETROIT È LA CITTÀ DELL’ISTITUTE OF ARTS, UNO DEI MUSEI PIÙ IMPORTANTI PER ENTRARE IN CONTATTO CON LA CULTURA DEGLI STATI UNITI.
È
la città dell’etichetta discografica Motown Record, che ha
Nonostante nel luglio scorso sia stata dichiarata la bancarotta cit-
avuto l’onore di lanciare grandi star della musica come Ste-
tadina per debiti, l’annuale edizione del Salone dell’auto si è regolar-
vie Wonder, Diana Ross, i Jackson 5 e Marvin Gaye. È la
mente svolta.
città natale di Louise Veronica Ciccone, in arte Madonna. È la città
Se si pensa che dagli anni ’50 ad oggi la popolazione è scesa da
dei Pistons, importante squadra di pallacanestro, degli Shocks, im-
due milioni a settecentomila abitanti, i risultati sono stati a dir poco
pegnati nel campionato di football americano ed infine dei Red
buoni: più di 5.000 giornalisti, più di 800.000 visitatori, l’85% degli
Wings, il team che può vantare un grandissimo numero di tifosi di
alberghi pieni nei primi due giorni ed il 70% in quelli restanti. Di cer-
hockey su ghiaccio.
to non saranno le auto a salvare la città, ma l’evento è senz’altro un
Ma a Detroit nessuno intende nascondere la passione per i motori.
ottimo trampolino di lancio per una potenziale ripartenza.
Nonostante la terribile situazione che si vive sul piano economico, il
Cosa hanno trovato i visitatori giunti a Detroit? Modelli più avanzati,
mercato dell’auto resta ben solido in tutto il mondo e questo vale
novità sul mercato, come la fusione tra Chrysler e Fiat e naturalmen-
soprattutto negli Stati Uniti, dove addirittura si registra la percentua-
te qualcosa che tutti attendevano con una certa emozione: le tre au-
le dell’1,3% per abitante.
to che vi descriveremo in seguito.
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MERCEDES CLASSE C Questo modello evoluto è molto potente, ma anche molto agile. Bella e raffinata fuori, determinata e sportiva dentro. La nuova auto presentata dalla Casa automobilistica tedesca è un vero mostro della strada, con la possibilità di registrare prestazioni decisamente migliori rispetto alle precedenti. Gli interni sono stati progettati come un salotto, con materiali pregiati nel rivestimento delle porte e un’illuminazione dei display e dei fari a dir molto convincente. A scegliere, se si desidera un cambio automatico a 7 marce o manuale a 6, è lo stesso cliente. Progettazione e sviluppo sono i principali punti di forza dell’autovettura: il piacere di guidare, la riduzione dei consumi, ma anche un nuovo comando Direct Select, il quale permette di impostare le marce senza lasciare la mano dal volante come in Formula 1. Tra gli accessori vi è anche l’interconnessione Sensour fusion, così denominata dagli esperti perché rileva in maniera precisa i pericoli della circolazione stradale. Per entrarne in possesso, la richiesta all’acquirente parte da 35.664 euro. www.mercedes-benz.it
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SUBARU WRX STI Chi ama il rispetto delle tradizioni può stare tranquillo: la feritoia situata come sempre sul cofano ed il vistoso alare posteriore, continuano ad essere presenti anche nell’ultima nata della casa giapponese Subaru, che al contrario dei diretti concorrenti connazionali, ne ha svelato ogni dettaglio. Il motore è un quattro cilindri boxer sovralimentato, potente 305 cavalli e capace di raggiungere i 6000 giri. Un cambio manuale a sei marce, un sistema a trazione integrale ed il Subaru Intelligent Drive, sistema che permette al conducente di poter scegliere tra diverse modalità di guida: normal, sport e sport sharp. La Launch Edition, il modello blu con cerchi forgiati BBS color oro, sarà messa a disposizione esclusivamente per i primi 1000 clienti che ne faranno richiesta nel periodo compreso tra Aprile e Giugno. www.subaru.it
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PORSCHE TARGA 4 Il nuovo modello della casa automobilistica di Stoccarda si chiama Targa, nome con la quale si identificano le vetture da strada. Ad un passo dal compimento del suo cinquantesimo anno di età (nel 1965 lanciarono la prima Targa Florio), è arrivata la decapottabile della 911 Carrera 4, la prima con il più avanzato sistema di apertura e chiusura automatica del tetto. La vettura è disponibile in due varianti: 4 e 4S, potenti rispettivamente 340 e 400 cavalli, entrambe con cambio a trazione integrale. La prima ha un motore boxer da 3,4 litri, l’altra di 3,8. Accelera da 0 a 100 all’ora in meno di 5 secondi e può andare veloce fino a 282 chilometri orari, consumando un numero di litri compreso tra 9,5 ed 8,7 litri per 100 chilometri. Sarà acquistabile nelle nostre concessionarie a partire dal prossimo Maggio. Tuttavia, per coloro che volessero anticipare i tempi, è possibile ordinarla in questi giorni. Le cifre richieste ondeggiano fra i 113 mila ed i 128 mila euro. www.porsche.com
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TOYOTA FT-1 CONCEPT Anche un’industria importante come la Toyota, che da tanti anni soddisfa ed accontenta un numero impressionante di clienti in tutto il mondo, non perde occasione per volare in America e presentare qualcosa di suo. Il propulsore della nuova concept, collocato in posizione anteriore, la particolarità del suo musetto, gli specchi retrovisori, un interno ampiamente tecnologico e un disegno a forma di delta (terza lettera dell’alfabeto greco) nelle immediate vicinanze delle porte, sono tutto ciò che compone una vettura ispirata alle monoposto di Formula 1. Non essendo state svelate le caratteristiche tecniche, non siamo ancora, purtroppo in grado di darvi informazioni più precise in merito alle prestazioni. www.toyota.it
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FORD MUSTANG Nel 1964 l’omonimo prototipo diede vita ad una delle vetture più vendute di sempre. Le sue caratteristiche, le sue qualità e le sue eccezionali prestazioni hanno dato grandi soddisfazioni e non a caso, molte altre case di produzione automobilistica, si sono ispirate al suddetto modello. Oggi, in occasione del suo 50° compleanno, la Ford ha scelto di rilanciarlo tramite la sua ultima evoluzione. Rispetto alla versione precedente gli interni sono dotati di un nuovo tipo di stoffa multistrato, il telaio è stato irrigidito perché sia garantita maggiore stabilità, ma sono state anche introdotte le sospensioni MacPherson, il nuovo motore V8 da 420 cavalli ed un impianto costituito da otto freni a disco ventilato, associato con il sistema ABS. Il cambio messo a disposizione è manuale con sei marce. www.ford.it
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CHRYSLER 200 L’ultima delle tre auto più importanti di questa esposizione americana è la nuova connazionale Chrysler 200, creata anche con lo scopo di lanciare il nuovissimo marchio Crysler Fiat, nato da pochissimi giorni. Sua principale attrazione è senza dubbio l’estetica grazie all’elegantissimo design. Il motore a 4 cilindri, una potenza da 184 cavalli, un’alimentazione a benzina ed un cambio a trazione integrale a 9 marce manovrato da un pomello (e-shift) molto comodo all’uso. Completano l’opera i circa 60 dispositivi di sicurezza istallati all’interno della vettura che la rendono leader nella sua categoria. Il modello è disponibile a partire da 16.000 euro (circa 21700 dollari) www.chrysler.it
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LYFESTYLE NAUTICA
di Ylenia Leone
PRIMO POSTO PER IL BEL PAESE NELLA PRODUZIONE DELLE GRANDI BARCHE DI LUSSO NEL MERCATO INTERNAZIONALE
L’ITALIA DEI GRANDI YACHTS Comfort, lusso, ma soprattutto design “Italian Style”: ecco le caratteristiche degli Yachts che escono dai cantieri italiani
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LYFESTYLE NAUTICA
AZZAM A fianco: il mega-yacht più grande del mondo, gioiello del cantiere Lurssen con i suoi 180 metri di lunghezza. Orgoglio dell'industria nautica tedesca ma anche fiore all'occhiello di un made in Italy che nello yacht design sta facendo scuola. Sotto: il Quattroelle, con i suoi 88 metri di lunghezza l'ammiraglia della rassegna nautica monegasca, con il design italiano sugli scudi: a firmare sia gli interni sia gli esterni è stato chiamato lo studio veneziano Nuvolari-Lenard
Quindi quella italiana è un'industria nautica attenta al progresso, che guarda oltre i confini nazionali e si appresta a conquista il mercato cinese, in cui la cantieristica italiana sta spopolando, come conferma la classifica di “China Boating”: la rivista, fotografando le barche da 60 piedi (18 metri) in su presenti nel Paese, ha evidenziato che la top 30 vede al primo posto
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Le barche italiane, insieme all'abbigliamento, sono divenute la bandiera dell'estro e della genialità nazionale e hanno lasciato la loro impronta nella storia del diporto con uno stile inconfondibile che tutto il mondo ha battezzato “Italian Style”. La cantieristica italiana, con una produzione dal look così moderno, è tuttavia antica e affonda le sue radici nei tempi gloriosi della marineria velica, con generazioni di artigiani che col passare dei secoli sono sempre rimasti legati al mare e alle barche e ciò spiega l'esistenza di numerose maestranze specializzate, in aree geografiche che narrano le loro glorie marinare solo al citarle: Liguria, Triveneto, Toscana, Roma-
gna, Lazio, Campania, Sicilia, Calabria e Puglia. Queste maestranze costituiscono un patrimonio invidiato e che racchiude anche il segreto del successo italiano, al di la dei nomi prestigiosi di progettisti, stilisti e cantieri. In molti casi, i magnifici interni delle nostre barche sono autentici capolavori di ebanisteria come, ad esempio, quelli delle barche del veneto Camuffo, dei Cantieri di Pisa o dei viareggini San Lorenzo, Versilcraft e Gianetti tra gli altri. Anche quando sono di serie,ovvero nel caso delle lunghezze inferiori, le barche italiane sono sempre artigianali e costruite adeguandosi ai desideri dell'armatore.
l'azienda italiana Azimut, con 10 yacht, seguita dalle inglesi Sunseeker e Princess (rispettivamente con 9 e 3 yacht) e al quarto posto il gruppo Ferretti, con due barche del brand omonimo più una della Pershing. Nonostante la crisi dei cantieri, il 2013 è stato un anno fortunato per la nautica, culminato con il varo di Azzam, il mega-yacht più grande del mondo, gioiello del cantiere Lurssen con i suoi 180 metri di lunghezza. Orgoglio dell'industria nautica tedesca sì, ma anche fiore all'occhiello di un made in Italy che nello yacht design sta facendo scuola. Le linee esterne di questo gigante sono opera dello studio milanese Nauta Yachts che, dopo una lunga esperienza nella vela, lascia la sua firma anche nel motore, con il progetto da Guinness dei primati. Altro simbolo del proficuo asse Italia-Germania in ambito nautico è Quattroelle, con i suoi 88 metri di lunghezza l'ammiraglia della rassegna nautica monegasca, con il design italiano sugli scudi: a firmare sia gli interni sia gli esterni è stato chiamato lo studio veneziano u
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LYFESTYLE NAUTICA
Nuvolari–Lenard. Crn (Gruppo Ferretti) di Ancona ha invece festeggiato i suoi 50 anni col varo di Chopi Chopi, un 80 metri che si può dire tutto italiano. Il progetto degli esterni, infatti, è stato curato dallo Studio Zuccon International Project mentre gli ambienti interni sono opera di Laura Sessa. “Aver partecipato al Monaco Yacht Show con due anteprime mondiali del livello del Chopi Chopi e del 60 metri J'ade - commenta Lamberto Tacoli, ad di Crn - è un motivo di grande orgoglio, e farlo nell'anno in cui il cantiere compie 50 anni ha un sapore particolare. Siamo ottimisti sulle prospettive future. Ma dobbiamo continuare a investire sui nostri asset: il design, la tecnologia, l'artigianalità, l'innovazione e l'italianità”. Italiana infatti è anche a tecnologia interna che sfrutta i sistemi I-Bridge Mt e I-Chart, ingle-
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si solo nel nome perchè ideati e prodotti dalla Team Italia di Lucca. Punta sul binomio innovazione/tecnologia anche Benetti, che nel 2013 gira la boa dei 140 anni, con la consegna del 47 metri Lady Candy e del 55 metri Ocean Paradise, premiato con il “Rina Green Plus” dal principe Alberto di Monaco. L'industria dei megayacht annovera tra le firme del made in Italy anche nomi del calibro di Admiral-Tecnomar che ha presentato Cacos V, scafo di 40 metri, a voler ribadire le intenzioni di consolidare la sua presenza in questa fascia di mercato il cantiere ha alzato il sipario su alcuni progetti di fascia alta, a iniziare da Envy gamma (con unità di lunghezze che vanno dai 33 e ai 50 metri- tutte superiori ai 100 piedi insomma). La vivacità della nostra cantieristica è testi-
moniata anche da Baglietto, che ha recentemente varato il 44 metri Monokini, e da Mondomarine, distintosi con Nameless, un 41 metri che segna anche il debutto di Antico setificio fiorentino sulla scena nautica (i suoi tessuti hanno impreziosito gli interni della barca disegnata da Luca Dini). Infine, da registrare l'ingresso di Overmarine, da sempre un punto di riferimento nei maxi open, nel segmento dei megayacht dislocanti. Il cantiere viareggino a Montecarlo ha introdotto un nuovo progetto per un 42 metri della serie Oceano, che sarà preceduto da un'unità della stessa gamma, questa volta di 46 metri, attesa al debutto per il prossimo anno. Lo storico cantiere di Gosport, oggi di proprietà di Leonardo Ferragamo, ha colto l'occasione offerta dal Monaco Yacht Show per presentarsi invece con una nuova linea di navette di 42 metri denominata Filante. La 23esima edizione del Monaco Yacht Show ha certificato che la fascia dei megayacht sta subendo, per adesso, solo in minima parte gli effetti generati dalla crisi della nautica. Una buona notizia per l'Italia, che continua in questo segmento a detenere la fetta più grossa del mercato: il 36%, più del doppio di Olanda e Turchia entrambe appaiate al secondo posto con il 13%. A colpire maggiormente sono le misure raggiunte dagli ordini: se fino a cinque anni fa si ragionava su lunghezze medie intorno ai 50 metri oggi la taglia media si è alzata e oscilla tra i 60 e i 70 metri. Ad oggi ci sarebbero una quindicina di unità sopra i 100 metri in costruzione o nel portafoglio ordini dei cantieri. ■
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FIERE ED EVENTI BIT 2014
di Camilla Fabiani
MILANO, CAPITALE DEL TURISMO
L’ANIMA BIT DI MILANO Al via la nuova edizione della Borsa Internazionale del Turismo
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Anche quest’anno Fiera Milano è pronta ad accogliere la Bit2014, dal 13 al 15 febbraio, con una serie di novità importanti. Prima di tutto la durata: tre giorni invece che quattro tutti dedicati agli operatori professionali. Mentre, in passato, l’accesso all’evento il giovedì e il venerdì era riservato agli operatori e il fine settimana anche al pubblico dei viaggiatori, quest’anno sarà consentito l’ingresso, a pagamento, del target misto trade - consumer solo sabato 14 febbraio per permettere a Tour Operator e destinazioni di offrire ai viaggiatori occasioni speciali. Per i visitatori professionali, invece, ingresso gratuito per chi si preregistra entro il 12 febbraio. I cambiamenti principali, però, vanno in direzione del B2B: percorso espositivo ottimizzato, workshop rinnovati, valorizzazione della location Milano in chiave Expo 2015 e nuovi servizi attivi in pre-manifestazione. Le aspettative della nuova edizione
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sono senz’altro positive, visti i risultati del 2013 con 2100 espositori da 100 Paesi, più di 53600 visitatori professionali, 1000 aziende, 700 buyer internazionali partecipanti ai workshop, oltre 2000 giornalisti accreditati, oltre 19mila business match. La sezione Italy occuperà i padiglioni 1-3 con il Bit BuyItaly che si rinnova: l’appuntamento leader mondiale nella promozione del prodotto Italia da storico workshop diventa programma di appuntamenti prefissati allo stand; una vera agenda di incontri programmati, vali-
da per due giorni, inclusa nel pacchetto espositivo. La sezione The World, d’altra parte, si troverà nei padiglioni 2-4. Sulla stessa linea, il nuovo workshop Bit BuyExpo2015, col quale il Bit 2014 diven-
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FIERE ED EVENTI BIT 2014
DOVE, COME, QUANDO ✑ BIT 2014 DAL 13 AL 15 FEBBRAIO 2014 ✑ Dove: Fieramilano city Strada Statale del Sempione, 28, 20017 Rho (MI) ✑ Espositori: tutti i giorni dal 13 al 15 febbraio dalle 8.30 alle 19.00. ✑ Visitatori: Tutti i giorni dal 13 al 15 febbraio dalle 9.30 alle 18.00. ✑ Biglietti: Tessera d’ingresso 1 giorno: 20 Euro Tessera d’ingresso 2 giorni: 40 Euro ✑ Biglietti pubblico: Tessera d’ingresso valida 1 giorno: 5 Euro ✑ Segreteria visitatori: bit@fieramilano.it www.bit.fieramilano.it
IN CARTELLONE DAL 13 AL 15 FEBBRAIO Le aspettative della nuova edizione sono senz’altro positive, visti i risultati del 2013 con 2100 espositori da 100 Paesi, più di 53600 visitatori professionali, 1000 aziende, 700 buyer internazionali partecipanti ai workshop, oltre 2000 giornalisti accreditati, oltre 19mila business match
ta il luogo dove programmare e acquistare in anteprima i pacchetti turistici legati a Expo 2015. Marco Serioli, Direttore Exhibitions di Fiera Milano, ha affermato che «il cambio di marcia di Bit 2014 nasce dal proficuo contatto e confronto che abbiamo costantemente con gli operatori, per rispondere in modo efficace alle esigenze di mercati in continua evoluzione». Ha poi aggiunto che «sarà una Bit all’insegna dall’ottimizzazione di spazi e tempi e soprattutto delle opportunità di incontri mirati, perché, per chi lavora con i viaggi, spazio e tempo sono de-
naro: il nuovo concept massimizza il value for money di una mostra che, trattando servizi immateriali, si vuole porre all’avanguardia dei cambiamenti che sta vivendo l’intero sistema fieristico». Per tutti gli espositori free matching c’è anche la possibilità di una pre-manifestazione con gli operatori trade preregistrati, a partire dal 15 gennaio 2014, per iniziare a sviluppare contatti di business un mese prima della manifestazione. Si è data, inoltre, una certa importanza alla componente formativa e informativa, con la presenza di opinion leader e influencer del settore, con la disponibilità per gli espositori di sale e convegni per la formazione specialistica, di uno spazio eventi per convention aziendali e di organizzare momenti di networking in partnership con Bit 2014. Dal 1980, quindi, la Bit si è caricata dell’obiettivo di radunare operatori turistici, agenti
di viaggio, aziende e ditte di promozione turistica o comunque legate al settore, al fine di lanciare a un osservatorio qualificato l’offerta turistica di singole realtà di tutto il mondo. E cercherà di farlo anche con la nuova edizione, puntando ovviamente su Milano. In quanto capitale italiana della moda, degli affari e dello shopping, infatti, la città si trasformerà di nuovo in una piazza strategica ideale per firmare nuovi contratti e incontrare prospect, ma anche nel luogo dove ricevere nuovi stimoli, conoscere in anticipo le tendenze per il prossimo anno e avere conferma delle proprie scelte di business. bit.fieramilano.it ■
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AUTO DEL MESE LA NUOVA CROSSOVER DEL LEONE
A cura della Redazione
PEUGEOT 3008
CROSSOVER MULT Crossover compatta, che si rivolge a clienti non legati ai codici, è andata oltre i segmenti per sintetizzare il meglio di SUV, berlina e monovolume. La sua modernità risiede nella capacità di associare l’ “allure” dello stile Peugeot alla forza della crossover, di abbinare piacere di guida e funzionalità
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TITALENTO
è
AUTO DEL MESE LA NUOVA CROSSOVER DEL LEONE
È una vettura “multitalento”, che si apprezza durante gli utilizzi. Il suo cockpit e gli equipaggiamenti tecnologici stimolano il conducente che approfitta appieno delle qualità dinamiche ai massimi livelli del suo segmento. Crossover innovativa, 3008 ha proposto in prima mondiale, l’associazione tra il motore Diesel e un motore elettrico. Sin dal lancio, la tecnologia HYbrid4 ha conquistato i clienti, rappresentando più del 10% delle vendite complessive di 3008. In Europa, il 6% degli acquirenti di veicoli ibridi sceglie 3008 HYbrid4. Mantenendo tutti i loro punti forti, le nuove 3008 e 3008 HYbrid4 si rivestono con eleganza di uno stile contemporaneo, sottolineato dai nuovi gruppi ottici. Nel frontale e nel posteriore, le loro firme luminose li identificano con precisione. Nuovi equipaggiamenti tecnologici rafforzano il loro dinamismo e la fluidità di utilizzo. Nell’Head-up Display, un gioco di colori contraddistingue le diverse funzioni per una lettura immediata. La telecamera per la retromarcia facilita le manovre dando informazioni sulla zona posteriore immediatamente circostante. La 3008 ha innovato associando in modo inedito i differenti mondi automobilistici: il dinamismo della berlina, il volume unico della vettura monospazio e l’architettura alta delle SUV. Le sue dimensioni contenute (4,365m di lunghezza, 1,837m di larghezza) si dotano di uno stile potente e raffinato. Appropriandosi dei codici stilistici del Marchio, 3008 afferma il suo carattere e le sue qualità con forza: stile contemporaneo e di qualità, robustezza, comfort in tutte le situazioni, sensazioni di guida, capacità di adattamento. La robustezza è evidente sin dal primo contatto, a tal punto le protezioni sono rassicuranti e gli accoppiamenti precisi. La carrozzeria è circondata da arcate delle ruote strutturate, da parafanghi dalle pieghe espressive, da slitte di protezione in acciaio inox dalle scolpiture pronunciate in 3D e dalle parti inferiori della carrozzeria. In esse, il gioco di luci rivela l’identità del crossover. 3008 poggia su cerchi che abbinano leggerezza e robustezza. Le razze dalla brillantezza diamantata sottolineano con raffinatezza i raggi del cerchio, che sono color grigio Anthra nelle dimensioni da 16 e 17’’, nero lucido in quella da 18”. L’aspetto del frontale, interamente rinnovato, è accentuato grazie a una ricerca sui contrasti. La calandra e le modanature dei fendinebbia sembrano formare un unico elemento cromato che emerge dalla carrozzeria. La presa d’aria, tesa tra due sottili modanature cromate, rafforza la naturale prestanza della 3008. Le conferisce anche stabilità. Le modanature dei fendinebbia traggono la loro forma dalle ultime concept-car del Marchio. La loro patina conferisce una protezione supplementare grazie alle linee del volume. Gli inediti proiettori tecnologici con il loro sguardo vivace sembrano anch’essi incastonati nella carrozzeria. Sono lavorati nei minimi dettagli grazie ad un sottile contrasto di materiali. Così, la sorgente luminosa è integrata in un corpo nero circondato da un elemento cromato. Appoggia sull’indicatore di direzione e sulla firma luminosa, entrambi a u
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AUTO DEL MESE LA NUOVA CROSSOVER DEL LEONE
LED, di tipo flat guide. Infine, un elemento laterale cesellato color cromo sabbiato unifica tutte queste componenti. Nella versione alto di gamma, per una guida più tranquilla i proiettori sono lenticolari e direzionali allo Xeno. Il Leone domina questo frontale ricco e di qualità. Il movimento che nasce dal suo segno percorre il cofano al quale si succedono armonicamente il parabrezza e il padiglione. L’ampio movimento di quest’ultimo suggerisce la comoda abitabilità interna. I tocchi cromati sulla modanatura superiore del vetro, le parti inferiori della carrozzeria e i gusci dei retrovisori rivelano una qualità di alto livello. Il Leone decora anche il portellone posteriore, insieme al nome del Marchio. I nuovi fari dal corpo scuro mettono in scena la firma luminosa in modo innovativo. Illuminati da LED, i tre artigli sospesi hanno un tratto deciso ed
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emergono dal faro con uno spessore tridimensionale. Per completare la 3008 a proprio piacimento, la gamma propone una vasta scelta di nove tonalità tra cui il Rosso Rubino - una novità - e il Bianco Madreperlato, vernice a tre strati. 3008 HYbrid4 è disponibile in sei tinte di carrozzeria, tra cui il Grigio Shark. La Peugeot 3008 propone un insieme di tecnologie che migliorano la sicurezza, come il regolatore e il limitatore di velocità. Grazie al radar da 24 GHz installato nella zona anteriore del veicolo, il Distance Alert calcola costantemente il divario con il veicolo che precede, espresso in secondi. Quando questo valore scende al di sotto della soglia di sicurezza definita dal conducente, un allarme visivo appare sull’Head Up Display. In città, il sistema di misurazione dello spazio disponibile comunica al conducente la disponibilità di un posto per il parcheggio.
A questo punto basta effettuare le manovre in assoluta sicurezza grazie a due equipaggiamenti. Il parcheggio assistito anteriore e posteriore dà informazioni sulla distanza che separa il veicolo da un ostacolo. Un grafico sullo schermo e dei suoni ad una frequenza più o meno ravvicinata, in funzione della distanza dall’ostacolo, comunicano al conducente la sua libertà di manovra. Un nuovo equipaggiamento facilita le manovre. La telecamera per la retromarcia visualizza sullo schermo la zona dietro il veicolo e ne segnala la sagoma mediante linee colorate. Dopo avere parcheggiato il veicolo, il freno di stazionamento elettrico si inserisce automaticamente allo spegnimento del contatto. Una centralina, collegata all’ESP, adatta lo sforzo di frenata in funzione della pendenza. Rimane in funzione per tutto il tempo della sosta, per riadattare lo sforzo, se necessario. In caso di sosta senza disinserimento del contatto, il comando elettrico si può azionare manualmente grazie al comando sistemato a portata di mano sulla consolle. Alla partenza, quando il conducente preme l’acceleratore, il freno di stazionamento elettrico si disattiva automaticamente. Questa soluzione tecnologica permette tra l’altro di integrare un comando compatto, e così di inserire un ampio vano portaoggetti. 3008 è dotata sistematicamente della funzione assistenza alla partenza in salita, o Hill Assist, che aumenta il comfort di utilizzo e la sicurezza. Questo dispositivo frena la vettura per due secondi, dopo che il conducente ha sollevato il piede dal freno. Così ha il tempo di premere l’acceleratore senza temere che il veicolo compia movimenti indesiderati nelle partenze in salita o in retromarcia. www.peugeot.it ■
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HILDEGARD VON BINGEN
Hildegard von Bingen (1098-1179), mistica, naturalista, letterata, ma anche musicista e poetessa è uno di quei personaggi che potremmo, senza esagerare, equiparare alle grandi personalità eclettiche della stagione umanistica. Accanto alla produzione scientifica e religiosa, Hildegard ha lasciato una importante testimonianza musicale con la Symphonia harmoniae celestium revelationum e l'Ordo virtutum. A quest'ultima raccolta, scritta nel 1152, è dedicato il disco Hildegard
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all'esecuzione di musica contemporanea, si cimenta per la prima volta in un repertorio medievale con una rilettura che, seppur stilisticamente distante dalle originarie melodie, risulta quanto mai affascinante nell'utilizzo di un approccio vocale volto a creare effetti sonori inaspettati, facendo anche uso saltuariamente di semplici forme polifoniche. Un'interpretazione inconsueta per un repertorio a tematiche moraleggianti del XII secolo ma, pur nei suoi modi poco ortodossi, di grande efficacia nel riproporre il messaggio spirituale di Hildegard.
dall'antica vihuela al sax soprano e il clarinetto basso etc. – con la creazione di un programma ispirato a frammenti poetici del Medioevo, dando vita ad originali interpretazioni e ricreazioni di brani pseudomedievali, ovvero riproponendo antiche melodie con una nuova veste musicale dove la prassi filologica e l'approccio contemporaneo convivono in armonica simbiosi. Muovendosi tra brani di tradizione medievale, rivisti e corretti, ad altri in cui
questa costituisce lo stimolo per invenzioni musicali ex novo, la matrice antica è sempre ben presente e riconoscibilissima grazie ad un lavoro di recupero e rigenerazione del repertorio attuati da John Potter, tenore solista dell'ensemble The Dowland Project e da tutti gli strumentisti che arricchiscono il panorama sonoro grazie alle loro diversificate esperienze musicali in una operazione di grande originalità e di apprezzabile livello artistico.
recupero del repertorio folklorico inglese, con riproposte in cui la tradizione popolare si riveste di un linguaggio moderno ma pienamente fruibile e di grande impatto. Nell'antologia Down by the sea. A Collection of British Folk Songs (Naxos 8.573069, 1 CD, www.ducalemusic.it) è il mare e i suoi protagonisti a costituire lo stimolo alla creazione di una serie di paesaggi musicali dove compositori più noti (Vaughan Williams, Grainger, Holst) e meno noti (Bairstow, Campkin, Duggan etc.) hanno dato vita ad
evocazioni di struggente bellezza e dove l'espressione corale viene sfruttata in tutta la sua maestosa ricchezza. Il coro Blossom Street, formato da 23 voci dirette da Hilary Campbell, rivela tutta la sua bravura interpretativa in questo repertorio tutto giocato su atmosfere evanescenti, colori tenui e trasparenze volte a suggerire immagini e storie in cui l'elemento marino, protagonista o comprimario nella narrazione musicale, fa da leitmotiv a questa affascinantissima silloge musicale.
BRITISH FOLK SONGS
Nella storia musicale anglosassone, la produzione corale costituisce senz'altro la punta di diamante di una lunghissima tradizione che vanta la presenza, in territorio inglese, di molte istituzioni corali ultracentenarie. Grazie alla grande popolarità del mezzo corale, numerosi compositori, specialmente nel corso del XX secolo, si sono cimentati nel
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von Bingen. Ordo Virtutum (ECM 2219, 1 CD, www.ducalemusic.it) interpretato dall'Ensemble Belcanto diretto da Dietburg Spohr. L'operazione, lungi dal riproporre filologicamente le originali melodie composte da Hildegard, il cui stile è influenzato dalla coeva monodia liturgica, offre una lettura vocale "contemporanea" in cui le singole voci 5 soliste di canto e 3 voci recitanti - affrontano il dramma spirituale affidando a gruppi sonori diversi i singoli personaggi evocanti la lotta dell'anima umana tra il bene (virtutes) e il male (diabolus). L'Ensemble Belcanto, fondato nel 1986, e dedito essenzialmente
NIGHT SESSIONS
Sempre in tema di rivisitazione di repertori antichi, l'antologia Night Sessions (ECM 4765968, 1 CD, www.ducalemusic.it), ad opera del gruppo The Dowland Project, propone l'incontro/scontro tra musicisti e strumentisti di diversa tradizione – si passa senza soluzione di continuità dal liuto al contrabasso,
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di FRANCO BRUNI
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