Sommario Ottobre 2011 Mensile di informazione e di cultura della Pro Loco di Romano d’Ezzelino Per la Pro Loco di Romano: Maurizio Carlesso Direttore Responsabile: Dario Bernardi Segreteria: Stefania Mocellin In redazione: Sara Bertacco, Cinzia Bonetto, Maurizio Carlesso, Gianni Dalla Zuanna, Duilio Fadda, Franco Latifondi, Stefania Moccellin, Valeria Orso, Erika Piccolotto, Christian Rinaldo, Silvia Rossi, Maurizio Scotton, Serenella Zen, Giuseppe Bontorin. Via G. Giardino, 77 Romano d’Ezzelino (VI) Tel. 0424 36427 proromano@libero.it Poste Italiane Spa - Sped. A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza
Editoriale
3 Nuove Guide
Lettere 4 Saluto di Don Paolo a San Giacomo 5 Le arie di S. Eulalia
Attualità 6 Steve Jobs
Resoconti 7 Le Zattere e la Siriola 9 90° del Gruppo Alpini e 45° del Gruppo Donatori di Sangue di San Giacomo 11 Ricordi d’estate 14 - 15 Back to Africa Il tam tam che diffonde la cultura della solidarietà 17 Il Trail degli Eroi
Racconti 8 Il Gatto
Riflessioni 10 Divenire persone nuove 16 Salvo d’Acquisto Martire del nazismo
Ritratti 12 - 13 Il maratoneta di Romano 18 - 19
Notizie in breve
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Il Nuovo Ezzelino Ottobre 2011
EDITORIALE - PAG. 3
Nuove Guide Le scorse settimane ci hanno catapultato in una serie di eventi emozio- Maurizio Carlesso nanti che hanno sicuramente impresso nella nostra mente dei momenti particolarmente intensi e colmi d’emozione. Ci siamo lasciati con le parole di commiato e saluto dei nostri parroci che sono stati chiamati a svolgere il loro apostolato presso altre comunità, ed abbiamo accolto le nuove figure di riferimento per le parrocchie di San Giacomo prima e Romano Capoluogo. In realtà non abbiamo salutato Don Cesare che da Sacro Cuore si sposterà a Romano perché abbiamo ritenuto di accoglierlo in modo particolare al suo ingresso nella Parrocchia di Romano Capoluogo, lo conosceremo quindi in questa duplice festa di saluto e commiato e di accoglienza della nuova dimora. In un crescendo di festeggiamenti San Giacomo e Romano hanno dato il loro benvenuto ai nuovi parroci con belle cerimonie soprattutto partecipate dai fedeli. Oltre al benvenuto, era espresso dai presenti, l’augurio per il nuovo apostolato. Mi piace ricordare le parole che Don Delfino ha lasciato sulle colonne de “Il Camposampierese” pubblicazione del comune da cui proviene e che desidero trasmettervi: “La valigia fa parte del corredo di un prete. Parti, ti fermi, ti affezioni, riparti. Lasciandoti alle spalle un pezzo di vita e di cuore”. Per don Delfino Frigo, cinquantadue anni, quest’ultimo scorcio d’estate si spegne nei riti del trasloco: quello che lo porterà dalla canonica di Santa Giustina in Colle, sua per nove anni, a quella di San Giacomo di Romano d’Ezzelino, all’ombra di quel Monte, il Grappa, dove è nato e cresciuto. Un ritorno a casa? “Manco da trentacinque anni”, risponde don Delfino. Una vita. Anzi, un’altra vita. Niente sentimentalismi, dunque. Le solide radici montanare sono un punto di tenuta, non di arrivo. Come lo è la lettura: onnivora passione di don Delfino contro il logorio della stupidità moderna. Per il Camposampierese don Delfino non è stato solo il parroco di Santa Giustina in Colle. In qualità di vicario foraneo di San Giorgio delle Pertiche è sta-
to un interlocutore importante della Federazione dei Comuni e dell’Ipa, e un convinto assertore del ruolo e delle responsabilità delle parrocchie nell’affrontare i cambiamenti e le nuove emergenze economiche e sociali.” Non c’è che dire Don un bel biglietto da visita per iniziare il suo nuovo percorso di evangelizzazione. Auguri. Don Cesare invece non ha bisogno di particolari presentazioni, è già noto ai nostri lettori essendo stato il Parroco di Sacro Cuore e quindi sposta le sue attenzioni paterne solo qualche chilometro più a nord, ci farà piacere incontrarlo non appena si sarà inserito a pieno regime nella sua nuova “casa” e dedicargli un approfondimento per il suo percorso apostolico, ma nel frattempo desideriamo augurargli di raccogliere e fortificare l’eredità dei suoi predecessori dando alla sua nuova parrocchia quanto ha saputo esprimere nella “casa” che ha lasciato, certi che i suoi parrocchiani potranno essergli ancora vicini e continuare a fargli percepire il calore e la vicinanza espressa nella bella festa di commiato che hanno saputo organizzare. A tutti l’augurio di poter crescere e far crescere la comunità con una vita di condivisione e collaborazione nei progetti spirituali e di vita.
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LETTERE - PAG. 4
Saluto di Don Paolo a San Giacomo Don Paolo Dalla Rosa
Questa per me è la domenica del saluto, diciamo ufficiale, perché resterò a San Giacomo fino al 16 ottobre, cioè fino all’arrivo del nuovo parroco Don Delfino Frigo… Per la riflessione che vi invito a fare prendo lo spunto dalla Parola di Dio, dalle letture della Messa (la prima e il Vangelo).
Come avete sentito questa domenica può essere definita la “festa del perdono fraterno”, perdono di Dio verso gli uomini tra di loro. Il Re della parabola è il Signore, i due subalterni siamo noi. Nel Salmo abbiamo ripetuto “Il Signore è buono e grande nell’amore”, ci perdona sempre se noi perdoniamo ai nostri fratelli (70 volte sette vuol dire sempre)… Nel Padre Nostro diciamo: “Rimetti a noi i nostri debiti (peccati) come noi perdoniamo”. Io certamente voglio essere perdonato dal Signore e allora chiedo perdono a voi tutti, pubblicamente, del bene che potevo fare e non ho fatto o non ho fatto perfettamente in questi quasi 38 anni di permanenza in mezzo a voi. Sono certo che voi mi perdonate e quindi sono certo dell’amore misericordioso del Signore. Rancore e ira sono cose orribili, ci ha ricordato la prima lettura… Allora crea in noi o Signore un cuore nuovo per ricordare al mondo come tu ci ami. Ecco il primo proposito, impegno, da attuare sempre: avere un cuore nuovo, cioè ricco di amore scambievole. La seconda riflessione emerge dalla seconda lettura, dove S. Paolo scrive ai Romani e a noi oggi dicendo, tra l’altro, “sia che moriamo sia che viviamo, siamo del Signore”. Quella che vivo in questo periodo è un po’ una morte, cedere tutto, firmare la rinuncia non è semplice, è un po’ morire, ma è anche un inizio alla vita nuova sia pure diversa. “Sia che
moriamo sia che viviamo, siamo del Signore”: è Lui il centro d’interesse, è Lui che guida il cammino della vita per il nostro bene… Allora grazie al Signore della vita, del sacerdozio e di tutti voi che siete stati segno della presenza del Signore. La vostra fede mi ha aiutato a credere, la vostra speranza mi ha dato fiducia nelle difficoltà, la vostra carità, cioè il vostro amore mi ha entusiasmato nel servizio. “Ma perché vuole andare via?”… Mi dice qualcuno. Rispondo: “Non voglio andare via… La colpa è della carta d’identità, che dice che ho 78 anni e mezzo, celebro anche 55 anni di sacerdozio cioè di servizio”… Tra le varie opportunità c’era anche quella che Don Manuel rimanesse qui come parroco e sarei rimasto qui anch’io, ma non è stata presa in considerazione; comunque ringraziamo il Vescovo che mi ha lasciato qui con Don Manuel e con voi 3 anni in più dei 75 fissati per il ritiro. D’altra parte con un nuovo parroco è opportuno che il precedente si ritiri, per lasciarlo libero, credo che questo lo suggerisca il buon senso stesso. Se chiedo scusa devo dire nuovamente grazie a tutti che avete condiviso le attività, che avete collaborato in questo lungo periodo. Grazie alle autorità civili, grazie alle suore, grazie a tutti i gruppi parrocchiali, grazie ai membri dei vari consigli pastorali, grazie ai vari cappellani e un grazie particolare a Don Manuel che mi ha accompagnato in questi
ultimi 6 anni e si è impegnato con me anche nei prossimi anni di vecchiaia più avanzata. Pur nella morte del lasciare (partire è un po’ morire) pensiamo alla vita che ogni giorno si apre. Ecco allora il secondo impegno, proposito: volersi bene, volere il bene l’uno dell’altro, lasciare quello che può dividere per favorire tutto quello che unisce, per sentire e vivere la parrocchia come famiglia, come comunità. “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” dice il Signore. “Sia che moriamo sia che viviamo, siamo del Signore”. Rivolgo infine un saluto di amicizia anche a tutti coloro che mi hanno offeso in questi anni, a quelli che non sono mai venuti in chiesa, a quelli che sono indifferenti o contrari alla fede cristiana; sono anch’essi miei parrocchiani “affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il Vangelo, ma la nostra stessa vita” dice S. Paolo agli abitanti di Tessalonica e ripeto anch’io oggi a tutti. Il Signore manda ora una nuova occasione di bene con il nuovo parroco. Cercate di approfittarne per collaborare, essere corresponsabili con lui; egli già vuole bene a tutti e prega per voi. Ed infine ripeto ancora una volta quanto già detto nella domenica delle Palme: San Giacomo è e resta la mia famiglia, qui ho dato tanto, sia materialmente che spiritualmente; qui ho anche sofferto in certe circostanze; qui sono vissuto gran parte della mia vita. Senza far torto alla mia famiglia naturale qui si svolgerà il mio funerale (che spero più tardi possibile), qui a San Giacomo sarò sepolto per rimanere con tanti fratelli che ho accompagnato al cimitero. Che il Signore ci aiuti tutti, per proseguire nel bene il cammino umano e cristiano della nostra vita.
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LETTERE - PAG. 5
Le arie di S. Eulalia Ricordo quel lontano 25 agosto del 2005, quando, alle 18.30 per mano Don Manuel Fabris del Vescovo ricevo la nomina a cappellano di San Giacomo di Romano… e subito la domanda: ma dov’è? Ora, dopo 6 anni credo di non dover più temere di perdere la strada per il “ritorno a casa”, perché davvero qui tra voi io mi sono sentito più che a casa. Quante cose, esperienze, gioie e fatiche hanno costellato questi anni… un tesoro prezioso che custodirò sempre dentro di me e che sono convinto mi aiuterà a iniziare il nuovo cammino presso la Pieve di Sant’Eulalia dal prossimo 2 ottobre. Se dopo sei anni provo la gioia dei primi tempi nell’essere sacerdote, questo lo devo a tutti voi cari amici di San Giacomo. La prima parrocchia dicono è sempre quella che ti lascia il “marchio”… e se sono quello che sono oggi, questo lo devo anche a tutti voi. In primis a Don Paolo, che non solo mi è stato parroco, ma vero padre e che con gioia ringrazio per tutto il bene che mi ha voluto e che certamente ci vorremo, continuando a vivere insieme. Sei anni plasmano, solidificano, maturano, potano, correggono, entusiasmano… e di questo voglio dirvi grazie! Grazie a tutti coloro che hanno collaborato con me, che mi hanno aiutato a crescere e che mi sono stati vicini in tante occasioni e iniziative costruite e vissute insieme. Vi porto nel cuore, tutti e ciascuno, con le incertezze e le speranze dei giovani (come dimenticare i campiscuola sulle Dolomiti e le belle esperienze vissute!), le ansie e le difficoltà dei genitori, le solitudini degli anziani e le sofferenze degli ammalati, gli occhi puri e trasparenti dei bambini curiosi di conoscere l’amico Gesù; l’impegno delle Suore nell’animare la Comunità tra i bambini, gli anziani, i bisognosi, e dei catechisti nel dare quanto ricevuto perché altri fratelli -piccoli o adolescentipossano crescere nella fede. Gratitudine profonda per il tanto ricevuto da chiunque di voi ho avuto il dono di avvicinare, soprattutto nel sacramento della riconciliazione dove ho scoperto quanta sete di Dio c’è in ogni persona e
quanta sofferenza si nasconde in ogni cuore, ma anche quanta capacità di offerta l’amore sa suscitare. Mi sento di poter dire che con quello che siete o che vorreste essere ho scoperto tante ricchezze e aspirazioni, il che mi ha aiutato ad imparare che cosa significa essere sacerdote, uomo per gli altri. La vergine Maria, madre della nostra fiducia soprattutto nei momenti della prova, vi custodisca sotto il suo manto, e Gesù Eucaristia presenza d’amore in ogni tabernacolo sempre in attesa di chiunque in Lui crede, vi attragga, crocifisso redentore, perché possiate e sappiate condividere con Lui gioie e speranze, vostre e del mondo intero. Sapendo che i preti passano, ma Gesù rimane sempre, e questa consapevolezza credetemi, è la perla preziosa che mai ci verrà tolta. Vi saluto e benedico tutti… e a tutti grazie di vero cuore, se oggi sono un prete felice questo lo devo anche a ciascuno di voi!
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ATTUALITA’ - PAG. 6
Steve Jobs Dal discorso di Steve Jobs ai laureandi della Stanford University
Anche a noi della redazione del Nuovo Ezzelino così come per tutti coloro che operano e lavorano o solamente utilizzano un computer per diletto è importante leggere tra le righe quanto Steve Jobs ha scritto ai laureandi della Stanford University, la riteniamo una lezione di vita e desideriamo riproporvi la terza storia di cui parla Steve, cercate e leggete anche il resto del discorso sono delle parole importanti.
“Sono onorato di essere qui con voi oggi, nel giorno della vostra laurea presso una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. A dir la verità, questa è l’occasione in cui mi sono di più avvicinato ad un conferimento di titolo accademico. Oggi voglio raccontarvi tre episodi della mia vita. Tutto qui, nulla di speciale. Solo tre storie.” La mia terza storia parla della morte. Quando avevo diciassette anni, ho letto una citazione che recitava: “Se vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, uno di questi c’avrai azzeccato”. Mi fece una gran impressione, e da quel momento, per i successivi trentatrè anni, mi sono guardato allo specchio ogni giorno e mi sono chiesto: “Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?”. E ogni volta che la risposta era “No” per troppi giorni consecutivi, sapevo di dover cambiare qualcosa. Ricordare che sarei morto presto è stato lo strumento più utile che abbia mai trovato per aiutarmi nel fare le scelte importanti nella vita. Perché quasi tutto - tutte le aspettative esteriori, l’orgoglio, la paura e l’imbarazzo per il fallimento - sono cose che scivolano via di fronte alla morte, lasciando solamente ciò che è davvero importante. Ricordarvi che state per morire è il miglior modo per evitare la trappola rappresentata dalla convinzione che abbiate qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è ragione perché non seguiate il vostro cuore. Un anno fa mi è stato diagnosticato un cancro. Effettuai una scansione alle sette e trenta del mattino, e mostrava chiaramente un tumore nel mio pancreas. Fino ad allora non sapevo nemmeno cosa fosse un pancreas. I dottori mi dissero che con ogni probabilità era un tipo di cancro incurabile, e avevo un’aspettativa di vita non superiore ai tre-sei mesi. Il mio dot-
tore mi consigliò di tornare a casa ‘a sistemare i miei affari’, che è un modo per i medici di dirti di prepararti a morire. Significa che devi cercare di dire ai tuoi figli tutto quello che avresti potuto nei successivi dieci anni in pochi mesi. Significa che devi fare in modo che tutto sia a posto, così da rendere la cosa più semplice per la tua famiglia. Significa che devi pronunciare i tuoi ‘addio’. Ho vissuto con quella spada di Damocle per tutto il giorno. In seguito quella sera ho fatto una biopsia, dove mi infilarono una sonda nella gola, attraverso il mio stomaco fin dentro l’intestino, inserirono una sonda nel pancreas e prelevarono alcune cellule del tumore. Ero in anestesia totale, ma mia moglie, che era lì, mi disse che quando videro le cellule al microscopio, i dottori cominciarono a gridare perché venne fuori che si trattava una forma molto rara di cancro curabile attraverso la chirurgia. Così mi sono operato e ora sto bene. Questa è stata la volta in cui mi sono trovato più vicino alla morte, e spero lo sia per molti decenni ancora. Essendoci passato, posso dirvi ora qualcosa con maggiore certezza rispetto a quando la morte per me era solo un puro concetto intellettuale: Nessuno vuole morire. Anche le persone che
desiderano andare in paradiso non vogliono morire per andarci. E nonostante tutto la morte rappresenta l’unica destinazione che noi tutti condividiamo, nessuno è mai sfuggito ad essa. Questo perché è come dovrebbe essere: la Morte è la migliore invenzione della Vita. È l’agente di cambio della Vita: fa piazza pulita del vecchio per aprire la strada al nuovo. Ora come ora ‘il nuovo’ siete voi, ma un giorno non troppo lontano da oggi, gradualmente diventerete ‘il vecchio’ e sarete messi da parte. Mi dispiace essere così drammatico, ma è pressappoco la verità. Il vostro tempo è limitato, perciò non sprecatelo vivendo la vita di qualcun’altro. Non rimanete intrappolati nei dogmi, che vi porteranno a vivere secondo il pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui zittisca la vostra voce interiore. E, ancora più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione: loro vi guideranno in qualche modo nel conoscere cosa veramente vorrete diventare. Tutto il resto è secondario. Quando ero giovane, c’era una pubblicazione splendida che si chiamava The whole Earth catalog, che è stata una delle bibbie della mia generazione. Fu creata da Steward Brand, non molto distante da qui, a Menlo Park, e costui apportò ad essa il suo senso poetico della vita. Era la fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer, ed era fatto tutto con le macchine da scrivere, le forbici e le fotocamere polaroid: era una specie di Google formato volume, trentacinque anni prima che Google venisse fuori. Era idealista, e pieno di concetti chiari e nozioni speciali. Steward e il suo team pubblicarono diversi numeri di The whole Earth catalog, e quando concluse il suo tempo, fecero uscire il numero finale. Era la metà degli anni Settanta e io avevo pressappoco la vostra età. Nella quarta di copertina del numero finale c’era una fotografia di una strada di campagna nel primo mattino, del tipo che potete trovare facendo autostop se siete dei tipi così avventurosi. Sotto, le seguenti parole: “Siate affamati. Siate folli”. Era il loro addio, e ho sperato sempre questo per me. Ora, nel giorno della vostra laurea, pronti nel cominciare una nuova avventura, auguro questo a voi. Siate affamati. Siate folli”.
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RESOCONTI - PAG. 7
Le Zattere e la Siriola Romano d’Ezzelino con l’Associazione Culturale Siriola al Palio delle Zat- Valerio Costa ass. cultura, sport, turismo tere di Valstagna, quasi una fusione delle nostre rievocazioni storiche più Comune di Valstagna profonde con la consorella cittadina della Valle. Ma ecco un po’ di storia. Il Palio delle Zattere è nato come competizione tra le borgate e le contrade di Valstagna, che si contendono un prestigioso palio gareggiando sulle acque del Brenta in un tratto suggestivo e panoramico. La manifestazione diventa ancor più coinvolgente perché la gente della valle, prima con le canoe ed ora con le zattere, sembra così riconciliarsi con il fiume dopo la terribile alluvione del 1966 e il tragico Brentanon del 31 luglio 1851. E’ la riscoperta del Brenta e di alcune attività legate alla vita dei valligiani nel passato: fluitazione del legname e il suo commercio, seghe e molini, magli, cartiere e filatoi. Prima con le menade poi con le zattere sono state scritte pagine secolari di storia e lo zattiere costituiva il duro mestiere di gran parte della popolazione di Valstagna, Oliero, San Nazario e Campolongo. Il centro della Vallata era diventato la stazione principale (da cui Stazi) per il deposito ed il commercio del legname, che da più parti vi confluiva per raggiungere poi i posti di sbarco di Bassano e della pianura fino al Porto di Bassanello a Padova e dell’Arsenale di Venezia. La manifestazione ideata dalla Pro Loco nel 1987, ha avuto negli anni un grande successo con la partecipazione di migliaia di turisti, che si godono l’ebbrezza dell’evento, assistendo allo spettacolo del corteo storico che si svolge lungo le vie di Valstagna, accompagnato da vari figuranti e dalle variopinte contrade con i rispettivi costumi. L’equipaggio delle Zattere è formato da tre zattieri e da una damigella. Normalmente le contrade partecipanti sono nove. Dal 2005 Valstagna è stata dichiarata Paese delle Zattere dall’Associazione Internazionale degli Zattieri. Al vincitore viene consegnato il Palio, consistente in un drappo di velluto rosso con lo stemma del Comune di Valstagna, che verrà conservato dalla contrada vincente, per un anno, fino alla manifestazione successiva. L’attività principale dal Duecento fino al Settecento nel Canale di Brenta è il trasporto ed il commercio del legname sia in libera fluitazione che legato in zattere. Da un documento del 1733, su una popolazione di circa 2000 abitanti, risultano censiti 750 “boschieri” e 150 zattieri. Le quantità di legname cosiddette “da opera” e “da fuoco”, le prime destinate alle costruzioni, le seconde al riscaldamento, erano enormi. Nel Settecento, soltanto dal fiume Cismon, da cui si convogliava poi nel Brenta, il legname proveniente dal Primiero e dal Feltrino, fluitavano in menada mediamente 40.000 tronchi (taglie) all’anno. A queste si dovevano aggiungere i tronchi provenienti dalla Valsugana. Le “menade” erano fluitazioni libere di tronchi lungo il fiume accompagnati da squadre
formate anche da cento operai muniti di particolari attrezzi detti “anghieri” . Ogni tronco, segnato con la sigla del proprietario, veniva incanalato attraverso apposite porte nella segheria di competenza. Le principali città di pianura abbisognavano di quantità enormi di legname sia per uso domestico (riscaldamento) che per uso cosiddetto “da opera”. Le destinazioni principali sono il porto del Bassanello a sud di Padova, e l’Arsenale di Venezia. I famosi faggi di Valstagna riforniranno per secoli di remi l’Arsenale di Venezia già a partire dal Duecento; ancor oggi la località da cui provenivano, nell’Altopiano dei Sette Comuni, si chiama “Col dei Remi”. Valstagna era il naturale porto fluviale di tutto il legname proveniente dall’Altopiano e destinato ai mercati di Bassano, Padova, Venezia e di tutte le principali città di pianura venete. Sorta allo sbocco della Val Frenzela, essa era fondamentale per i Comuni montani che volessero destinare i loro tronchi all’unico mezzo di trasporto allora possibile, vale a dire il corso del fiume. Merci così pesanti ed ingombranti come queste era impensabile trasportarle via terra, quando era possibile sfruttare la loro galleggiabilità sull’acqua. Le continue liti tra tutti i Comuni montani per assicurarsi le vie di passaggio da monte a valle, portarono nel 1399 alla costruzione, per volontà di Gian Galeazzo Visconti, della “Calà del Sasso” , una ripida scalinata di 4444 gradini con uno scivolo di scorrimento per i tronchi (“risina”). Fin dal Cinquecento era attiva a Valstagna la Confraternita di S.Nicolò (santo patrono degli zattieri di tutto il mondo ed in generale dei naviganti). Le zattere erano formate da 15-18 tronchi legati tra di loro con polloni di nocciolo (“sache” o “strope”). Ogni zattera (“copula”o “testa”) veniva legata alle altre fino a formare dei treni generalmente composti dai tre ai sei elementi per una lunghezza complessiva di circa 30 metri. I nostri zattieri partivano addirittura da Fonzaso e per l’impetuoso e strettissimo fiume Cismon arrivavano a destinazione o nel Canale di Brenta o nelle città di pianura. I viaggi erano diversi e variavano a seconda dei contratti e della mercanzia trasportata. Un convoglio da Fonzaso a Valstagna, un tratto di
circa 20 chilometri, ci impiegava quattro ore (contro i 15 giorni di una “menada”), mentre per arrivare a Padova o Venezia ci volevano da uno a due giorni. Le zattere dovevano fermarsi diverse volte lungo il percorso per pagare i numerosi dazi, come ad esempio presso il ponte di Bassano del Grappa. Dalla fine del Seicento zattieri e proprietari di edifici daranno vita ad una regolamentazione delle acque, la cosiddetta “butà”, che prevedeva il libero defluire delle acque per tre giorni alla settimana. Le mercanzie trasportate erano le più disparate (formaggi, botti di vino, attrezzi, oggetti in legno, sabbia e altro materiale per l’edilizia e le costruzioni, tavolame..) ma ciò che si trasportava con più frequenza era il carbone da legna proveniente sia dalle montagne del Canale di Brenta (Altopiano di Asiago e Monte Grappa) sia dal Cismon. Vi invitiamo a visitare il museo etnografico per approfondire la conoscenza della nostra bella Valstagna.
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RACCONTI - PAG. 8
Il Gatto Antares
Mostri come quello che gli sbuffava e sibilava contro non esistevano nel suo mondo d’origine. Lui era un gatto nato in montagna, all’aria aperta, tra boschi e prati. Era intimorito da tutto quel fracasso, soggiogato dalla mole e dalla velocità di quella apparizione. Incuriosito rimase fermo ad osservarlo fin quando non gli fu quasi sopra. Solo allora si decise di ascoltare la voce del suo istinto che gli urlava di scappare. Con eleganza e potenza spiccò uno di quei balzi con cui spesso riusciva a catturare le sue prede, ma inutilmente. Non riuscì ad evitare l’impatto e, senza dolore ma con un senso profondo di torpore, si coricò sui binari, la testa da una parte e il corpo dall’altra della rotaia. Il treno continuò indifferente la sua corsa e scomparve dopo una curva lasciando dietro di sé solo una scia di vapore. Giovanni era rimasto fermo nel campo che stava zappando, ancora col braccio sollevato con cui aveva tentato di richiamare l’attenzione dell’animale. Abbandonato l’attrezzo risalì la scarpata ferroviaria solo per constatare che il treno aveva decapitato di netto la povera bestia, lasciando pressoché intatto il corpo. Un po’ gli spiacque perché era stata sua l’idea di portare il gatto giù dai monti. Non aveva mai visto un cacciatore di topi così spietato ed infallibile, come dimostrava anche la stazza dell’animale. La sua casa era vicina al fiume e i ratti si facevano sempre più audaci e sfrontati… Con un sospiro raccolse il corpo dell’animale e si avviò verso casa. Raccontò a sua moglie Margherita quanto era successo, quindi scese nella stalla. Con gesti esperti e precisi spellò l’animale e lo liberò dalle interiora. Fissatolo su un ramo lo immerse poi nell’acqua corrente del fiume, come era solito fare con i conigli. La povertà e la durezza della vita gli avevano insegnato a non sprecare nulla e un pasto di carne rappresentava una piacevole digressione nella dieta quotidiana. I figli non erano d’accordo, ma dovettero far buon viso a cattiva sorte, Margherita invece si diede da fare per procurarsi le erbe e gli aromi necessari a togliere alla carne quel gusto un po’ amarognolo di selvatico.
Venne il giorno di festa. La cucina era immersa nel vapore della polenta che borbottava nel paiolo e da una pentola appoggiata sulla stufa economica si alzava un buon odorino. La tavola era pronta, si attendeva solo il ritorno di Giovanni dall’osteria. Margherita sentì bussare alla porta e quando andò ad aprire si trovò di fronte Stefano, suo cognato. “Ciao, – disse sorpresa – come mai da queste parti? “Sono andato in campagna a cercar farina – rispose l’uomo guardandosi intorno, – e adesso sto tornando a Primolano. Ma mio fratello dov’è? “Arriva a minuti, – continuò Margherita asciugandosi le mani sul grembiule, – intanto entra, sarai stanco. “Non vorrei disturbare, ma in effetti… “Fermati a mangiare con noi, abbiamo polenta e… coniglio! Margherita lanciò un’occhiata ammonitrice ai figli, guai a loro e gli fosse sfuggita dalla bocca la vera origine di quanto stava nel piatto. All’arrivo del marito catechizzò pure lui, quindi si sedettero a tavola. Stefano mangiò di gusto, senza risparmiare complimenti alla cuoca, incuriosito soltanto dall’inappetenza dei nipoti. Alla fine sazio e soddisfatto salutò i parenti ed inforcata la bicicletta se ne tornò a casa. Passò del tempo, venne l’autunno e la ricorrenza dei morti. Giovanni e Margherita si ritrovarono al camposanto assieme ai parenti, tra cui Stefano e Nina, la moglie. Finita la celebrazione i quattro tornarono a casa a piedi chiacchierando del più e del meno. Ad un certo punto Nina puntò un dito verso Margherita e le disse: “Adesso mi devi spiegare la tua ricetta segreta per cucinare il coniglio, perché Stefano continua a dire che buono come lo prepari tu io proprio non riesco a farlo”. Margherita scoppiò in una risata, guardò prima il marito e poi i cognati: “Ora possiamo dirtelo, non era coniglio, ma gatto”. Stefano rimase a bocca aperta per la sorpresa e alla fine replicò: “Se me lo avessi detto prima non l’avrei neppure assaggiato, ma ora non posso che confermare che era proprio buono!” Come dice un detto popolare: “Vicentini…” con quel che segue!
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RESOCONTI - PAG. 9
90° del Gruppo Alpini e 45° del Gruppo Donatori di Sangue di San Giacomo Nella chiesa gremita il coro si dispone vicino all’altare e cala il silenzio. Il Maurizio Bonato capogruppo degli Alpini maestro prende la nota con il diapason, osserva i sui coristi, e… di San Giacomo Inizia così, sabato 01 ottobre, la Rassegna di Cori che completa i festeggiamenti per il 90° del Gruppo Alpini ed il 45° del Gruppo Donatori di Sangue di San Giacomo. Una serata voluta da Bepi Zilio, per raccontare in musica la gesta degli Alpini, le atrocità della guerra e l’amore per la montagna. 19 canzoni, 19 poesie con cui il coro Ana Edelweiss della Sezione Monte Grappa, il coro Valle Fiorita ed il coro ANA Novale della Sezione di Valdagno ci hanno fatto riflettere sui valori su cui si fondano i nostri gruppi. Ascoltando in religioso silenzio queste canzoni si comprendono le gesta eroiche dei nostri alpini, il caro prezzo pagato che hanno pagato per la libertà e la pace. Ci ritornano in mente i cimeli esposti nella mostra allestita dal 08 al 18 settembre in chiesetta Torre: “Alpini 90 anni di storia”. Reperti risalenti alla Prima Guerra Mondiale svoltasi sul Monte Grappa, che descrivevano la vita in trincea: dalle gavette, alle ghette, al materiale utilizzato dalla Croce Rossa per soccorrere i feriti. Una sapiente esposizione di diversi oggetti, realizzata da Paolo e Claudio per raccontare il volto più umano della guerra. A completare questa prima parte diversi pannelli che indicavano dove, nella nostra montagna, sono ancora ben evidenti i resti del conflitto bellico. Luoghi sconosciuti, talvolta trascurati di una guerra ormai lontana. Ma la storia, ed il nostro passato non devono essere ignorati. Troppo spesso, specialmente dai più giovani, la guerra viene considerata come un gioco, dove si muore e si rinasce, con un semplice clic. È nostro dovere, come ricordato durante la serata dal maestro Michele Segato, evitare che la violenza venga banalizzata, e lavorare per un futuro di pace e solidarietà. Luogo dove pianificheremo le prossime iniziative sarà la nostra sede aperta ufficialmente domenica 11 settembre con il taglio del nastro effettuato dal sindaco Rossella Olivo. Al temine dei numerosi eventi legati al 90esimo degli alpini, sono molte le persone e le associazioni che dobbiamo ringraziare: il Vicesindaco Remo Seraglio e l’amministrazione comunale; il parroco Don Paolo Dalla Rosa e parrocchia di San Giacomo; il presidente Maurizio Carlesso e la Pro Loco di Romano, e poi: l’Associazione Tagliata della Scala, la Nordic Walking Montegrappa, l’Associazione Nazionale Carabinieri Sezione di Romano d’Ezzelino, l’Associazione Nazionale Carabineri Nucleo Volontariato e Protezione Civile Monte Grappa, il Fotoclub Ezzelino la Sezione ANA Montegrappa, e… L’elenco sarebbe ancora molto lungo ma vorrei concludere ricordando Ganassin Giovanni detto Gervasio scomparso in questi giorni. Dal 1953 al 1959 fu il terzo capogruppo del Gruppo Alpini. A lui, ed tutti gli alpini caduti abbiamo dedicato il canto “Signore delle Cime”. A lui ed a tutte le persone che ci hanno aiutato va indistintamente il nostro grazie di cuore.
Il Nuovo Ezzelino Ottobre 2011
RIFLESSIONI - PAG. 10
Divenire persone nuove Suor Amelia Scanagatta
Tutti noi nasciamo con diverse possibilità di sviluppo perché la nostra esistenza è un processo di crescita in quanto siamo stati dotati di un dinamismo interiore che ci porta a considerarci mai arrivati, mai compiuti. E questo corrisponde a una legge insita nell’essere umano, per cui la vita non può essere ripetitiva anche perché, dentro la quotidianità del nostro vivere, constatiamo che esiste sempre un qualcosa di sorprendente. per sempre. È importante però essere persone sicure di sé e unitarie nelle proprie scelte, capaci di gestire in modo equilibrato il tempo nella consapevolezza che nulla ci è dovuto ma tutto è dono.
icolo Pubblichiamo un art io che abbiamo in archiv di Suor Amelia e rla desideriamo raggiunge nta con un augurio di pro guarigione, da parte ta tut della redazione e di la comunità.
Necessita allora conoscere le componenti della nostra crescita umana e spirituale, per accrescere la consapevolezza di sé e delle proprie risorse. Risorse che non di rado ci aprono nuove prospettive di cammino e nuova luce che, per chi ama la vita, trova nuovi motivi per cercare la gioia per se e per gli altri. Non quella gioia legata al possedere o al prestigio, perché il desiderio più profondo di ogni uomo è quello di andare sempre oltre, al di là, desiderio che nasce con il primo alito di vita e si spegne con l’ultimo. L’identità della persona umana non sta all’inizio del suo cammino ma alla fine. E allora è importante guardare sempre oltre, con lungimiranza, la quale ci consente di realizzare le cose meno piacevoli, di puntare un po’ più in alto di convincerci che ogni persona e ogni evento contengono sempre una parte di novità e un aspetto positivo su cui far leva per ulteriori miglioramenti. Dobbiamo però essere costantemente presenti a noi stessi e pensare che, ogni giorno è un giorno tutto nuovo, una pagina bianca da scrivere non certo priva di altre opportunità di bene da cogliere per metterci in sintonia con il passo della vita e della storia. Se ognuno di noi è una persona in un continuo divenire, è facile capire come ogni occasione che la vita ci offre per crescere e maturare in modo nuovo, se non l’accogliamo, sarà un’occasione perduta
Se ci poniamo su questo orizzonte avremo certamente l’opportunità di divenire persone che impegnano la propria vita a favore di un di più per far nascere dinamiche di stima, di fiducia e apertura al domani perché ogni domani ha in sé un’ulteriore novità di vita. Premesse che ci consentono di vivere maggiormente in profondità per assaporare sino in fondo l’essenza della vita e per risvegliare comportamenti nuovi più rispondenti al tempo che viviamo. Crediamo che il segreto consista nel saper stare dentro la vita, scoprire nei suoi risvolti e nelle pieghe più profonde nuove opportunità di bene da far crescere e donare. Saper stare dentro la vita da persone vive e creative per cui è possibile trovarvi un senso e una ragione sempre nuova, anche e soprattutto nei piccoli gesti quotidiani che giorno dopo giorno costellano la nostra esistenza. La vita non sarebbe vita se non avesse in se stessa un principio sempre nuovo, dinamico capace di metterci spiritualmente in relazione non solo con tutta l’umanità, ma anche in sintonia con tutte le voci che costituiscono la grande armonia dell’universo. Quando ci sentiamo parte integrante di questa armonia la sentiamo anche risuonare dentro di noi come pace, serenità, più determinati a vivere la vita come dono da condividere, a percorrer sentieri alternativi nella consapevolezza che altri orizzonti e altre sfide attendono la nostra indispensabile collaborazione per far crescere quel bene che non sempre riusciamo a scoprire ma che certamente esiste. Se siamo consapevoli che il tutto della nostra vita è un’opportunità sempre nuova da cogliere, sapremo anche rimotivare in profondità la nostre scelte, sviluppare idee e progetti finalizzati a creare nuovi spazi di vita, dove sia possibile inventare un futuro nuovo con persone nuove.
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RESOCONTI - PAG. 11
Ricordi d’estate Uno spaccato di Romano d’Ezzelino… Maurizio Carlesso Se passando un sabato o una domenica a Romano d’Ezzelino vicino a Piazza Torre rimanete colpiti dalla visione di un insolito bucato steso al sole, non preoccupatevi… sono solo i nostri fotografi di Romano che hanno presentato una loro esposizione estemporanea di foto d’autore.
Si foto stese al sole, con intervalli di indumenti più o meno intimi e più o meno datati a far da cornice a questa nuova ed inedita proposta per Piazza Torre. Molti di noi volgendo lo sguardo alla piazza, si sono d’incanto proiettati nella nostra bella Napoli che aveva trapiantato lo spaccato di un suo quartiere qui da noi. Apprezzabili foto stampate su teli bianchi stesi al sole che donavano proprio alla mostra il titolo più coerente “Ricordi d’Estate San Giacomo 2011”. Gli amici della fotografia di Pove del Grappa e
l’Ezzelino Fotoclub, in stretta collaborazione con i negozianti di Piazza Torre e Pro Loco, hanno dato vita da una piccola idea, ad un grande progetto. Pregevole sono state le opere esposte ed ognuna donava al visitatore lo spunto di osservazione unito ad un commento particolare. Mare, montagna, paesaggi e suggestioni inebrianti hanno accompagnato i visitatori sotto i portici della Piazza ed unanime è stato il plauso e l’augurio affinché il prossimo anno l’esperienza sia ripetibile. Complimenti a tutti per l’idea e la bella realizzazione.
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RITRATTI - PAG. 12
Il maratoneta di Romano Duilio Fadda
Giuseppe Antonio Zonta è salito alla cronaca sportiva locale per un fatto eccezionale per la sua età, la sua impresa ha riempito alcune pagine dei quotidiani locali. Ma cominciamo dall’inizio di questa vicenda. Toni, così lo chiamano gli amici è un attempato settantenne con la passione per lo sport in generale, più precisamente per la corsa podistica e nella fattispecie, la maratona.
Questa specialità, infatti la ha scoperta circa 10 anni fa dopo un lungo periodo di completa dedizione al ciclismo e, sicuramente, con risultati meno eclatanti. Il nostro maratoneta è nato a Tripoli in Libia il 16 agosto del 1941, quando questo paese era una colonia dell’Italia fascista, suo padre era un impresario edile e si trasferì laggiù con tutta la famiglia. Ma una volta entrati in guerra molti italiani che vivevano nelle “colonie” dovettero evacuare quei paesi per paura di rappresaglie da parte degli eserciti nemici e di quelli locali. Toni con la mamma, la sorella ed il fratello furono trasportati in Italia insieme a tantissimi altri connazionali con un volo partito da Tripoli, mentre il papà Antonio, fu richiamato alle armi nella cavalleria fra i Dragoni di
Novara. Gli inglesi lo fecero prigioniero nel 1942 e, nello stesso anno, morì insieme con altri 80 prigionieri per avvelenamento, perpetrato, probabilmente, da inservienti arabi agli ordini dei britannici. La salma del papà ora riposa nel sacrario d’oltremare di Bari, località che Toni vuole raggiungere con la prossima maratona e una volta arrivato nel capoluogo pugliese rendere omaggio al genitore sepolto. Questa lunga maratona, vista la distanza, verrà fatta a tappe e da tempo si sta preparando alla lunga corsa verso la città di Bari, intanto per non perdere tempo ed annoiarsi, nell’anniversario dei 150 anni di unità d’Italia ha voluto saggiare le sue potenzialità ed il 12 agosto di quest’anno alle tre e quaran-
tacinque di notte partendo dal cippo sito in piazza Cadorna a Romano ha dato il via ad una speciale maratona. Da Romano, l’atleta, ha raggiunto Schio e salendo su per il Pasubio ha superato il passo Xomo, quindi per Tonezza, poi sull’altopiano di Asiago da qui fino a Enego e, passando per Primolano, è arrivato a Seren del Grappa e ancora su per Cima Grappa, poi giù fino Semonzo, dove era posto un ipotetico traguardo, davanti alla chiesa Parrocchiale. Poco dopo le 22 Toni ha potuto rilassarsi e godersi la gioia di una lunghissima fatica, una maratona lunga 42 ore e 24 minuti. Toni, però, è una persona speciale ma semplice nello stesso tempo, quindi abbiamo chiesto ed ottenuto di intervistarlo per approfondire alcuni temi.
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Sei un atleta fuori dagli schemi tradizionali, alla tua età moltissimi tuoi coscritti sono già andati avanti, mentre altri pensano a far festa e riposare, piuttosto che a correre e faticare, qual è la molla che ti spinge per questo enorme sacrificio? Io, rispetto a tanti altri amici non più giovani, ho una gran voglia di raggiungere certi obiettivi che mi danno soddisfazione e mi inorgogliscono, poi c’è da dire che lo sport agonistico lo ho sempre praticato, inizialmente, ancora tanti anni fa correvo in bici ed a livello dilettantistico avevo raggiunto degli ottimi risultati. Ho anche fatto parte per due anni della Wilier Triestina, sempre con grandi risultati, è mancato solo il passaggio alla categoria professionistica. Per mantenere una forma invidiabile come la tua, fai qualche dieta speciale, sei seguito da un o una dietista e quali esercizi quotidiani fai per mantenere la muscolatura tonica? In genere mangio normalmente senza appesantire il fisico, la pasta, la carne sono alimenti indispensabili per una forma atletica perfetta, inoltre faccio grandi scorpacciate di verdure e frutta, poi uso integratori che si trovano facilmente in farmacia ma che ovviamente non sono sostanze nocive o dopanti. Per mantenermi in forma atletica, dedico alcune ore all’esercizio fisico quotidiano. Giornalmente, questo allenamento, è una corsa leggera di 22 Km che di fatto mi aiuta a mantenermi pronto per ogni uscita che faccio con la nostra società sportiva.
Dicono che Forrest Gump te lo abbia cucito addosso Carla del Bar Ca’ Mauri di S. Giacomo, spiegaci questo simpatico appellativo? Forest Gamp come direbbe Angeo dei Dori, nasce dal fatto che tante persone che frequentano il Bar mi trovano dappertutto, con i miei allenamenti mi sposto ovunque e quindi è stato facile fare l’accostamento con il personaggio interpretato da Tom Hanks sul famoso Film americano.
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A Toni, el “Forest Gamp” de casa nostra. Par sta inpresa fora del normae, el se gà parecià in te na maniera speciae. Kiometri e kiometri, senpre co sta corseta, e par no despetenarse, sensa anca a bareta. E fin che lu se tirava drio i so qatro penoti, noaltri daea Carla se bevemoi i nostri goti. Mi me auguro che sta 41 ore de “non stop”, no la gavesse fato “flop”,
Il Bar Ca’ Mauri è un punto d’incontro per tanti personaggi di questa splendida città pedemontana, ma Angelo Farronato, dei Dori per tanti, è un vero artista nel rimare versi e ti ha dedicato una bellissima poesia, spiegaci come è nata e quale sentimento hai per l’autore. Angelo aveva sempre in mente di dedicarmi dei versi ed è stata l’occasione del mio settantesimo compleanno che ha determinato praticamente la consegna del manoscritto, con Angelo c’è un vero e proprio rapporto di amicizia ed io ho gradito moltissimo il suo componimento. Quel giorno ci siamo trovati qui nel Bar con tanti altri amici ed abbiamo festeggiato allegramente dopo la lettura della poesia.
parchè noaltri amisi col nostro pensiero, te ghemo conpagnà, anca se desso par on pochi de dì, te resti inbaucà.
Adesso che hai raggiunto questi importanti risultati, la società sportiva per la quale corri, cioè la Atletica Bassano Running Store potrà trarre qualche vantaggio da questi obiettivi raggiunti? Sicuramente la società potrà trarne benefici per il futuro però non corro pensando a questo, il mio desiderio e poter correre e fare maratone finché avrò salute ed entusiasmo. Diciamo che ora mi sto preparando psicologicamente alla grande maratona che ho già annunciato e che mi porterà fino a Bari dove mio papà è sepolto sul Sacrario d’oltremare.
Te te si votà ae marce e aea maratona, ma dime: “No te ghè altro che oncora fonsiona”?
Per arrivare laggiù avrai bisogno di un team di sostegno… Certamente. Come è avvenuto per la maratona dei sacrari mi supporteranno alcuni amici. Il primo è il mio fedele amico Gianfranco Zanon, compagno di tante corse nelle varie gare fin qui disputate, poi Serena Geremia, presidente del sodalizio Bassanese ed anche Francesca Frison anch’essa atleta e suo marito Settimo Grego ciclista. A differenza della maratona per i 150 anni di unità d’Italia, la prossima, quella che mi condurrà fino a Bari si svilupperà in 10 tappe, 100 Km circa ogni giorno. A noi non resta che augurarti… buona fortuna. In bocca al lupo, Toni
Marti che vien te ghin ne setanta, e te ne disi che te ghè a testa de qaranta. Zè meio che te ne o disi, che par sta inpresa, da on pochi de mesi no te dopari a sfesa, e oncora manco qea dee braghe, che par catarlo, ghe voe na fia de maghe. Co i qatro ossi che te ghè, la zè na fortuna, che par pesarte, no serve ne a staliera, ne a bassacuna. No so se venti kiometri al giorno, toe el medego da torno.
Ghemo capio che te voi passar aea storia da vecio, doman passando te togaremo su con on secio, de ossi naturalmente, parchè ormai te si restà gnente. Desso che te conpissi setanta ani, metete chieto, come che fà i pori umani. Zè on dì e na note che te pensemo, che ghemo dito: “daea Carla lo spetemo”. E se desso, no te tre zò co noaltri on goto, femo vegner suito el teremoto. Desso par on toco, basta corsete, ma soeo ferie, che aea nostra età, ghe zè anca robe pì serie. Te ghè visto Toni, che no te assemo soeo, anca se te sarissi moeo. Tirate su in pressa da ste fadighe, e trovate na femeneta che te lighe. E dai amisi de Ca’ Mauri, i nostri onori, qeo che gà scrito par tuti, zè… Angeo dei Dori San Giaco de Roman, 13 agosto 2011
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RESOCONTI - PAG. 14
Back to Africa
Il tam tam che diffonde la cultura della solidarietà Andrea Minchio
Schierati a fianco dell’Uta, l’associazione di Romano d’Ezzelino che opera con i Fatebenefratelli a favore degli ospedali di Tanguiéta e Afagnan, i due inarrestabili volontari ne curano con contagioso entusiasmo promozione e comunicazione. Una sfida all’insegna della creatività e della gioia, che ci insegna a fare del bene anche attraverso manifestazioni divertenti e colorate.
“Nell’estate del 2006 mi sono trovato con l’amico Nicola Farronato a Ca’ Cornaro, in quel di Romano d’Ezzelino, per la consueta corsetta nel parco della villa. Un appuntamento rituale, che un tempo si svolgeva frequentemente (anche un paio di volte alla settimana). Entrambi amiamo infatti il jogging, sopratutto se ambientato in un contesto naturale così bello. Proprio in quella circostanza, sostando momentaneamente davanti alla sede dell’UTA (Uniti per Tanguiéta e Afagnan), associazione che opera a favore di due ospedali africani, è nato in noi il desiderio di individuare una formula originale e innovativa per offrirle un adeguato supporto comunicazionale”: esordisce così Francesco Perin, che da oltre cinque anni segue con entusiasmo il progetto Back to Africa. “La nostra sfida -gli fa eco Nicola Farronato, cofondatore di B2A - è intesa a coniugare la valorizzazione di un patrimonio storico-artistico, come quello ben rappresentato da Ca’ Cornaro, con i colori di una comunicazione
multietnica di matrice black. In sostanza è la genesi di un coinvolgimento territoriale concepito per erigere un ponte di valori a unione di due società, la nostra occidentale e quella del continente nero, separate fin dalla nascita”. Già nel 2006 Francesco Perin e Nicola Farronato si sono attivati, dopo il fatidico allenamento nel parco, per coinvolgere un affiatato gruppo di supporto. Ne è subito scaturito un potente network, diventato nel tempo la linfa indispensabile alla continuità del progetto: dai parenti agli amici, dalle istituzioni alle imprese… “La comunicazione ha tanto più successo quanto più viene divulgata. Avevamo quindi la necessità di raggiungere, tramite l’organizzazione di un grande evento, più gente possibile. Il palcoscenico ideale per il nostro sogno, la location di Ca’ Cornaro, si è resa disponibile grazie ai Fatebenefratelli. Mancava però qualcosa di nuovo da proporre”. E la novità c’è stata:
“Back to Africa”, una due giorni no-stop che alterna cultura, musica, spettacolo e divertimento. Un piccolo festival destinato all’intrattenimento, al relax e alla socializzazione in un week-end gioioso all’insegna di emozioni, sapori e suoni africani. “Di anno in anno -proseguono all’unisono Francesco e Nicolail nostro impegno è cresciuto a dismisura, coinvolgendo numerose persone: l’edizione 2011, per esempio, ha richiamato nella sola serata di sabato 25 giugno migliaia di partecipanti. Il concerto dei Los Massadores, gruppo musicale che si esprime in dialetto veneto, ha ottenuto un enorme successo, soprattutto perché ai performer nostrani si sono alternati percussionisti senegalesi molto colorati sia nei costumi (tipici del loro Paese) sia nei ritmi proposti”. Potenziato nel corso del tempo, il format di Back to Africa destina la domenica in modo particolare alle famiglie: dai laboratori di musica per bambini all’animazione, ai risto-
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ranti con cucina etnica o tradizionale, alle attrazioni più innovative e divertenti (aeromodellismo, paracadutisti, mongolfiere...). L’intero ricavato, ottenuto tramite la vendita delle ormai celebri magliette e le offerte libere, viene devoluto a un progetto diverso di anno in anno, secondo le richieste degli ospedali di Tanguiéta (Benin) e Afagnan (Togo). “La sfida futura è quella di coinvolgere in Back to Africa, oltre a volontari, musicisti, imprenditori e istituzioni, pure aziende desiderose di sviluppare un’innovativa imprenditoria etica (anche in un momento, come
quello attuale, di oggettiva difficoltà economica). Emblematico in questo senso è stato il caso della AGM di Bassano, che nel 2010 ha deciso di festeggiare i 35 anni della sua fondazione contribuendo all’evento attraverso l’organizzazione di un fortunato concerto gospel. Allo stesso modo la Recold di Campese, tramite Back to Africa e UTA, ha attivamente cooperato al progetto solidale realizzando a condizioni straordinariamente agevolate, gli impianti di climatizzazione dei due ospedali”. Ma non è ancora tutto. Un’idea ulteriore, da mettere definitivamente a fuoco, prevede il
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coinvolgimento di alcuni importanti istituti di credito. “Si tratta -concludono i due vulcanici amicidi Bank for Africa, un progetto ambizioso al quale già stiamo lavorando da tempo. Ne riparleremo, a bocce ferme, tra qualche mese”. Non ci resta che trattenere la curiosità e attendere la fine dell’anno. Oppure affiancarci, debitamente attrezzati di tuta e scarpe da ginnastica, a Francesco e Nicola. Meglio allora cominciare subito ad allenarsi: in fin dei conti il jogging è anche molto salutare…
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Salvo d’Acquisto Martire del nazismo Giuseppe Bontorin
In un’epoca di incertezze e turbolenze politiche, nonché indifferenza verso il prossimo, vorrei ricordare l’Eroico gesto del giovane Vice Brigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto, sacrificatosi in quel di Palidoro (Roma) il 23 settembre 1943, a soli 23 anni, per salvare la vita a 22 ostaggi civili innocenti, ritenuti dai nazisti occupanti responsabili di un presunto attentato contro le Forze Armate tedesche.
Il giovane sottufficiale, comandante interinale della locale Stazione, informato della decisione da parte dei tedeschi di fucilare per rappresaglia 22 ostaggi innocenti, con suprema nobiltà d’animo e di amore verso i fratelli condannati a morire, senza esitare, si offrì quale unico responsabile del presunto attentato, salvando così la vita agli ostaggi. Il sottufficiale, benché invitato dal Comandante tedesco a ritrattare, si riconfermò unico responsabile e mentre i 22
ostaggi venivano liberati, veniva fucilato e finito con un colpo di pistola alla testa, spirando al grido di “Viva l’Italia!” L’Eroe, che morì come nostro Signore per la salvezza degli altri, venne decorato di Medaglia d’Oro al Valore Militare. Il Martire, da quasi 30 anni Servo di Dio e 68 dal suo Sacrificio, non ha ancora ottenuto l’attesa Beatificazione. Per non dimenticare, in un’epoca in cui un Vescovo nega l’esistenza dei campi di sterminio nazisti, mi sembra opportuno
che Papa Benedetto XVI, di origine tedesca, senta il dovere cristiano di beatificare l’Eroe Servo di Dio, Salvo D’Acquisto, che è stato un simbolo di suprema generosità e altruismo verso i fratelli, il cui sacrificio fa parte della memoria collettiva degli italiani ed ha onorato il genere umano stesso. Per me, è anche una grande stella nel cielo che stimola e guida l’Arma dei Carabinieri nel quotidiano servizio a favore di tutta la società.
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Il Trail degli Eroi Nell’anno in cui si celebrano i 150 anni dall’Unità d’Italia non poteva man- Maurizio Scotton care questa manifestazione sul nostro monte Sacro alla Patria. Domenica 2 ottobre 2011 si è svolta la prima edizione del Trail degli Eroi, una gara di corsa sulla distanza di quarantasei chilometri lungo le trincee ed i sentieri del Monte Grappa dove più di 12000 soldati hanno combattuto durante la Prima Guerra Mondiale… Il piazzale dell’Antica Abbazia era ancora nella completa oscurità quando le luci in testa ai 250 concorrenti hanno iniziato a illuminare il sentiero che portava verso Campo Croce. Stava per iniziare una giornata speciale che sin dalle prime luci dell’alba prometteva fatica, sudore, ma tante emozioni. Lo spettacolo, che hanno vissuto i concorrenti che si sono arrampicati per i primi tredici chilometri per raggiungere Cima Grappa, rimarrà nei loro ricordi per molto tempo. Il ritmo di gara era scandito dal ritmo di salita dei raggi del sole sui pendii erbosi. Il tracciato portava gli atleti in alcuni passaggi spettacolari come Cima Grappa, le creste dell’Asolone ed il Col del Finestron, luoghi resi tristemente famosi durante la Prima Guerra Mondiale. La testa della competizione fin da subito ha identificato i suoi due protagonisti. Alla fine Mirko Righele e Fabio Caverzan dopo aver corso la gara praticamente sempre insieme, se non per alcuni tratti, hanno tagliato il traguardo a braccia alzate, mano nella mano. Il primo Trofeo Scarpa è stato sorprendente. Ha sorpreso la preparazione particolarmente curata e meticolosa del percorso “balisato” (segnalato) con due sistemi. Il primo, usufruendo della segnaletica già presente, con frecce Arancioni, al fine di creare un circuito permanente che chiunque e in qualsiasi momento dell’anno possa andare a provare, per allenamento, o per passione. Il secondo, con strisce e
bandierine, in tessuto, realizzato solo per il giorno della gara. Ha sorpreso il tempo dei vincitori di 4 ore 35 minuti e 13 secondi! ma soprattutto ha sorpreso vedere i due atleti in testa, dopo 46km di gara e 2900 metri di dislivello, abbiano deciso di condividere assieme la gioia della vittoria. Questo è il vero spirito Trail! Questo è un grande messaggio da trasmettere! Era la prima volta che una competizione sportiva (escluso il Giro d’Italia che passò appena sotto) ha attraversato il sagrato del Monumento ai Caduti del Monte Grappa. Molti atleti, ne sono certo, entrando in quei luoghi li avranno attraversati in perfetto silenzio, si saranno fatti il segno della croce e guardandosi attorno avranno vissuto la magia del Monte Grappa. Complimenti all’’Associazione “i Lupi Team” organizzatrice dell’evento per questa eccellente prima edizione del Trial degli Eroi! Vi auguro di realizzare i vostri obiettivi, di far conoscere, anche a livello internazionale, questa manifestazione, ed attraversi i valori dello sport dare al nostro territorio l’attenzione che merita. Arrivederci alla seconda edizione. Enjoy your Run!”
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NOTIZIE IN BREVE - PAG. 18
I nostri 60 anni
Per festeggiare i nostri 60 anni una giornata speciale ci voleva proprio. Ci hanno pensato Piero e Antonio (e per quanto mi riguarda Loretta da Romano che, visto che vivo a Rivoli, Torino, ha pensato bene di coinvolgermi) a mettere insieme più di cinquanta romanotti, e con un Pullman gran turismo portarli a spasso per l’intera giornata di sabato 17 settembre. Destinazione Trieste con visita guidata al Castello di Miramare dove ci ha raggiunto Letizia che abita da quelle parti. Proseguimento per il confine sloveno, giù lungo la costa occidentale istriana con panorami mozzafiato, esaltati dalla splendida giornata di sole estivo. Tappa a Pirano, cittadina d’impronta veneta e pranzo in ristorante a base di pesce. Buono. Il programma della gita, a forte impronta maschile, poco shopping e molta camminata panoramica, compresa la vista sul mare e i suoi bagnanti, non poteva non concludersi con una sosta di degustazione in cantina a Negrisia di Ponte di Piave, dove l’autista Gigi ha faticato non poco a farci salire sul pullman per riportarci a casa in orario! Autista perfetto nella sua professionalità, nella sua conoscenza delle regole, che non ha mancato di elencarcele (tutti seduti e cinture allacciate per carità), e soprattutto perfetto nella guida.
40° Anniversario Camazzola – Piva Il giorno 21 agosto 2011 Anna Camazzola e Mosè Piva hanno festeggiato i loro 40 anni di vita insieme. Noi sorelle, fratello, figli, nuore e nipoti vorremmo ringraziare gli sposi per aver condiviso con noi questo gioioso momento di festa. E, augurando loro di festeggiare ogni anno come fosse il primo, ringraziamo Dio della nostra famiglia. Con affetto da tutta la fam. Camazzola e Piva Foto: 21 agosto 1971… Eravamo così
Emozionati, divertiti e soddisfatti tutti. Appuntamento a sabato prossimo, alla messa delle 19.00 a San Giacomo per ricordare ancora, come è stato ricordato all’inizio della gita, i nostri cari compagni di classe che non ci sono più. Lina Visentin
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NOTIZIE IN BREVE - PAG. 19
Un nostro socio sulla vetta del Cevedale, Ettore Cavallin con Sergio Cuel Dopo due tentativi andati a vuoto a causa del maltempo, io e il mio amico Sergio siamo partiti in macchina da Folgaria il 15 agosto, abbiamo raggiunto la Val Martello a quota 2000 m dove abbiamo lasciato l’auto e ci siamo avviati a piedi verso il Rifugio Martello a quota 2610 m, dove abbiamo soggiornato la notte. Alle sei del mattino, dopo esserci rifocillati, zaino in spalla ci siamo avviati alla vetta: dopo quattro ore e mezza di cammino in un paesaggio stupendo abbiamo raggiunto la vetta del Cevedale, quota 3769 m, ricoperta di neve. Non potete immaginare l’emozione e la soddisfazione che io e il mio amico Sergio abbiamo vissuto in quei momenti indimenticabili. Rivolto un ringraziamento a chi ci protegge in queste escursioni, con il cuore colmo di gioia, ci siamo avviati per la via del ritorno. Ettore Cavallin, classe 1939 Foto: Vetta del Cevedale 3769 m Ettore Cavallin a sinistra, con Sergio Cuel
Pista di atterraggio a Romano Fotonotizia: Incidente aereo a Villa Negri Foto di Franco Latifondi
Ci hanno lasciato Maria Fontana “Palmira”
Egidia Dissegna
ved. Dissegna 82 anni 10 settembre 2011
in Bellon 69 anni 13 settembre 2011
Gianfranco Martello
Giovanni Paolo Ganassin (Gervasio)
Bruno Serradura
75 anni 14 settembre 2011
84 anni 19 settembre 2011
79 anni 26 settembre 2011
Punti rinnovo soci
E’ possibile ricevere il Nuovo Ezzelino, organo ufficiale dei soci sostenitori. La quota associativa è di E 16 per i nazionali e di E 22 per gli esteri.
Sede Proloco Via G. Giardino 77, San Giacomo Uffici Postali, Centri Parrocchiali, Banca di Credito Cooperativo.
Romano Edicola Pirandello, Profumeria Elisir, Tabaccheria e Cartoleria Mirò, Mario Bragagnollo (Moletta), Giovanni Bontorin (pittore), Foto Gastaldello / Arduino, Frutta e Verdura da Silvana.
San Giacomo Edicola Cartoleria Zilio Giovanni, Bar Ca’ Mauri, Bocciofila Ezzelina. Fellette Panificio Bosa, Edicola Cartoleria Brillante, Happy Bar, Trattoria Conte Chantal. Sacro Cuore Speedy Bar (Autolavaggio Scotton).
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< CARTIGLIANO (VI) < CARTIGLIANO (VI)1 - Tel 0424 829862 Via Monte Grappa, Via Monte Grappa, 1 - Tel 0424 829862 < LUGO DI VICENZA (VI) < LUGO DI VICENZA Via Sioggio, 30 - Tel (VI) 0445 861636 Via Sioggio, 30 - Tel 0445 861636 < MAROSTICA (VI) < MAROSTICA (VI) Vill. Giovanni Giovanni Paolo Paolo II, II, 6 6 -- Tel Tel 0424 0424 470570 470570 Vill. < < ROMANO ROMANO D’EZZELINO D’EZZELINO (VI) (VI) Via G. G. Giardino, Giardino, 3 3 -- Tel Tel 0424 0424 512333 512333 Via
< ROSÀ (VI) < ROSÀ Piazza (VI) Mons. Ciffo, 1 - Tel 0424 582469 Piazza Mons. Ciffo, 1 - Tel 0424 582469 < ROSSANO VENETO (VI) < ROSSANO (VI) Via Venezia,VENETO 23/25 - Tel 0424 541215 Via Venezia, 23/25 - Tel 0424 541215 < S. CATERINA DI LUSIANA (VI) < S. CATERINA DI LUSIANA (VI) Via S. S. Caterina, Caterina, 21 21 -- Tel Tel 0424 0424 407168 407168 Via < < SOLAGNA SOLAGNA (VI) (VI) Piazza IV IV Novembre, Novembre, 9 9 -- Tel Tel 0424 0424 816088 816088 Piazza
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