Poste Italiane S.p.A. - Sped. A.P. – D.L. 353/2003 - (conv. In L.27/02/2004 n.46 - Art. 1, comma 1, DCB Vicenza. Autorizzazione del Tribunale di Bassano del Grappa n. 2/1975
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n° 436 Maggio 2016 41° Anno
Mensile di informazione e cultura edito dalla Pro Loco di Romano in distribuzione gratuita ai soci.
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Maggio 2016 n° 436 Maggio 2016 41° Anno
La gioia di vivere
Poste Italiane S.p.A. - Sped. A.P. – D.L. 353/2003 - (conv. In L.27/02/2004 n.46 - Art. 1, comma 1, DCB Vicenza. Autorizzazione del Tribunale di Bassano del Grappa n. 2/1975
Mensile di informazione e cultura edito dalla Pro Loco di Romano in distribuzione gratuita ai soci.
LA COPERTINA A PAROLE…
Il Palio di riporta nella primavera del 1916 mentre imperversa la Grande Guerra sul Monte Grappa. Fra pochi mesi inizierà a Romano la costruzione della strada Cadorna e questi alpini si godono uno dei pochi istanti di serenità.
Mensile di informazione e di cultura della Pro Loco di Romano d’Ezzelino FOTO IN COPERTINA di Maurizio Baldan PER LA PRO LOCO DI ROMANO Maurizio Scotton
GRAFICA E IMPAGINAZIONE Andrea Pietro Camazzola HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Gianfranco Cavallin, Maurizio Carlesso, Maurizio Scotton, Gabriele Farronato, Gianni Bergamo, Gaia Normon, Zaniolo Roberto, Danilo Mazza, Valter Brunello, Sergio Carlesso. Via G. Giardino, 77 Romano d’Ezzelino (VI) Tel. 0424 36427 proromano@libero.it redazioneproromano@gmail.com Poste Italiane Spa - Sped. A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza Tutti i diritti riservati Quote soci: • ordinario nazionale € 1O,OO* • ordinario nazionale € 18,OO • estero € 27,OO • sostenitore € 55,OO *quota che non dadiritto a ricevere l’organo d’informazione della Pro Loco ccp. n. 93337772 Aut. Trib. Bassano del Grappa 2/1975 Tranne gli originali d’epoca, non si restituiscono le foto.
Angolo rustico Farronati - Signori - Valle, foto di Piero Zanchetta
Cari lettori ben ritrovati, ci portiamo ancora nel cuore le emozioni della 46a edizione degli angoli rustici di cui all’interno vi proponiamo le istantanee più belle realizzate dall’Ezzelino Fotoclub. Un evento che ci ha trasmesso “la gioia di vivere”, la capacità delle nostra comunità di essere unita nell’affrontare i diversi avvenimenti della vita; dalla spensieratezza dei bambini che “xugava con gnente”, al dolore collettivo nel vedere il proprio figlio/fratello che “va in guera”, per finire al dramma della Shoah. Rievocazioni che non solo confermano il successo degli anni scorsi, sia per affluenza di pubblico che per capacità di creare corrette ambientazioni, ma che sanno affrontare con una sempre maggiore profondità, argomenti complessi e delicati. Quasi in contrasto con le notizie di cronaca locale e nazionale, nelle rappresentazioni proposte dai nostri abili contradaioli si evidenzia come, nella società di inizio secolo, sia stato importante il ruolo della famiglia anzi della famiglia allargata ed in essa il ruolo delle donne. Donne che lavoravano il cane-
vo, facevano il pane e medicavano i soldati... Donne che allora, come oggi, conoscono i bisogni e le risorse di ogni famiglia e sanno mediare tra essi. Riserviamo perciò un ampio spazio alle donne anche in questo numero de “Il Nuovo Ezzelino”. Donne che sanno leggere la società, mamme e nonne speciali come Onorina Visentin, la “lavandara de Roman” che ci ha lasciato qualche giorno fa, che fu tra le fondatrici del Palio, che seppe dare dignità ad un lavoro del passato e seppe trasmettere cultura, tradizione e valori alle generazioni più giovani. All’interno vi segnaliamo alcuni dei numerosi appuntamenti in programma, un chiaro segnale di quanto sia effervescente e viva la nostra comunità. Nel salutarvi vi anticipo che Sabato 25 Giugno a San Giacomo il nostro sodalizio effettuerà il primo degli avvenimenti dedicati al 50° della Pro Loco di Romano. Vi aspettiamo numerosi! Buona Vita
Maurizio Scotton
EDITORIALE
DIRETTORE RESPONSABILE Dario Bernardi
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O” NUOVO EZZELIN L “I e er sc no co i Fa ici. anche ad altri am pravvivenza. le della sua so Sentiti responsabi te cose da dirci. Abbiamo mol fendere bonamento per di Ci serve il tuo ab giornale. il tuo
Sommario EDITORIALE 3 La gioia di vivere TERRITORIO 5 Il nostro “Oro” TERRITORIO 6-7 Attenti che arrivano gli immigrati!
8-9 Col Molin: finalmente
qualcosa si muove! Un parco a portata due passi dalla chiesa
PALIO DI ROMANO 10-13 Gli invisibili del Palio RESOCONTI 14-15 Con semplicità:
Grazie, Maria Rosa!
POESIA 15 Na tradision desmentegà Batimarso
APPUNTAMENTI 16-17 Salaroli 2016
11a Camminata Alpina Da Pian dea Bala alla Selletta Valderoa per la dorsale dei Salaroli
19 1° Memorial Gianni Zamborlin LETTERE AL DIRETTORE 18 Omaggio ad Onorina 19 DEFUNTI Via Salvo d’Acquisto, 5 - 36065 MUSSOLENTE (VI) Tel. 0424 30129 - Fax 393734 - gardin.roberto@gmail.com
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L’olivo è un albero sempreverde che può assumere dimensioni e forme variabili, molto longevo, con la sua presenza rende il nostro territorio più bello, oserei dire più “elegante”, senza dimenticare la cosa più importante e cioè che oltre a darci “l’oro giallo”, purifica l’aria che respiriamo. di Gianni Jacòna (Gianni Bergamo) La storia ci racconta come l’olivo era tenuto in gran considerazione da Egizi, Mesopotamici, Ebrei, Greci e Romani. Nel mondo cristiano l’olivo è l’albero della pace e l’olio è usato nell’amministrazione di alcuni Sacramenti. La sua diffusione e coltivazione nella Pedemontana del Grappa sembra risalire all’epoca degli insediamenti romani in zona. Dal frutto dell’ulivo si ricava un buon nutrimento: l’olio extra-vergine di oliva è infatti un prodotto prezioso, salutare e dalle caratteristiche organolettiche eccezionali. Non a caso dalle nostre parti la produzione media per ettaro si attesta sui cinquanta quintali, contro i duecento circa del Sud Italia e questo è confermato nel disciplinare di produzione approvato dal Ministero delle Risorse Agricole in cui il limite massimo per ettaro, nella zona denominata “del Grappa” è fissato in 70 quintali. Oltre alla sua qualità tipica, anche il colore, che varia dal giallo al verde smeraldo, è una gratificazione per gli occhi di tutti. Il 2015, grazie al particolare andamento climatico, è stato uno dei rari anni in cui si è ottenuto olio color verde smeraldo.
Abbiamo la fortuna di avere a Pove del Grappa un frantoio che ha ottenuto dall’Ente di Certificazione il riconoscimento e la registrazione nell’elenco CSQA relativo alla D.O.P. (denominazione origine protetta) “Olio extra vergine di oliva Veneto del Grappa”, questo ci permette di dire che l’olio prodotto in zona è una vera e propria eccellenza. Attualmente il frantoio è guidato da una squadra ben preparata composta da: Presidente Bruno Donazzan, Vice Presidente Oddone Trevisan, Neo Responsabile settore olivicolo Marco Bontorin Addetta alle vendite Anna Serradura, che collabora con il frantoio, Responsabile Amministrativo Michela Alberton sempre presente, capace e con una disponibilità assoluta. Frantoiano Fiorenzo Carlesso Frantoiano Gianni Carlesso che cura anche gli aspetti tecnici sia del frantoio che del caseificio presso la Malga Monte Asolone. Da ricordare che al concorso regionale “Caseus Veneti”, tenutosi nel novembre 2015, Gianni Carlesso ha ottenuto un
prestigioso riconoscimento classificandosi 1° assoluto Medaglia d’Oro con il Morlacco e 2° assoluto Medaglia d’Argento con il Bastardo del Grappa. Ogni anno (l’ultima domenica di novembre), i frantoi della zona organizzano la festa “Frantoi Aperti”. Durante questa manifestazione, presso il frantoio di Pove, vengono premiati i migliori oli prodotti. In questo frantoio nel 2013 si sono lavorati ben 6.000 quintali di olive. Nel 2014 invece solo 2.500 quintali di olive a causa della mosca oleria (dacus olea), che ha fatto parecchi danni. Nel 2015 a causa della lunga siccità estiva i quintali sono stati 2.600 Collegato al frantoio c’è il servizio di analisi dell’olio che effettua vari controlli tra cui grado di acidità, perossidi, polifenoli per garantire sia la qualità del prodotto sia che i valori rientrino nei parametri del disciplinare D.O.P. Per chi è attento a nutrirsi in modo consapevole e, perché no a Km zero, è possibile acquistare l’olio ed altri prodotti naturali presso lo spaccio del Frantoio della Malga Monte Asolone in Via Costantina 1 a Pove del Grappa.
TERRITORIO
Il nostro “Oro”
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Attenti che arrivano gli immigrati! Le campane suonavano il mezzogiorno, e quel segnale era come una molla che faceva saltar via cazzuola, badile e piccone. L’ora del pranzo era sacra per i muratori. Magari più ancora dell’ora di Messa. “Dai, ‘ndemo”. E giù un porco. Mica occorreva darsi una martellata sul dito per sacramentare.
TERRITORIO
di Gaia Normon
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Ma per il resto erano bravi uomini. Lo sapeva anche il parroco, che li mandava via con un mezzo sorriso e tre avemaria quando entravano in confessionale per dire che “qualche volta me scampa qualche bestema”. Dall’altra parte della strada, però, un gruppo di donne li avrebbe fulminati con gli occhi. Perché erano bastati pochi giorni di cazzuola, badile e piccone nel piccolo cantiere vicino all’asilo, e i loro bambini erano ritornati a casa tirando giù Dio e la Madonna come se fosse un gioco, mentre le nonne si facevano subito il segno di croce e con gli occhi severi dicevano “No dire mai pì così”. Se c’era una cosa che metteva subito d’accordo queste pie donne nostrane e le poche donne immigrate che abitavano in paese era questa storia delle bestemmie. Le immigrate, in
modo particolare, erano veramente preoccupate: i loro bambini stavano prendendo delle brutte abitudini. Prima avevano imparato a fare i capricci come i bambini del posto, poi avevano imparato a disubbidire, a volere anche loro il telefonino, e adesso dicevano anche le bestemmie. Le pie donne nostrane guardavano le donne immigrate con simpatia proprio per questo: avevano portato in paese i modi di fare di un tempo, facevano ricordare valori che si erano quasi persi, erano severe al punto giusto. Anche per questa simpatia, avevano preso con animo diverso dai loro uomini la notizia scoppiata come una bomba in paese: “I ga dito che i voe mandarne qua sinquesento extracomunitari, de quei che i se rivà coi barconi”. “Ma situ mato! E dove vuto che i metemo!”.
Il posto invece c’era, e anche grande: era l’area delle ex scuole cristiane, e ce ne potevano stare altro che cinquecento! Il prefetto di Vicenza l’aveva già individuata, e stava cercando di trovare il modo per far mandare giù il rospo al sindaco, che come quasi tutti gli amministratori del Veneto non ne voleva sapere. Ma da Roma erano stati inflessibili e avevano continuato a dire di mettersi il cuore in pace, e che bisognava distribuire gli immigrati in tutte le Regioni d’Italia. Mica si poteva pensare che tutti se li dovevano tenere le Regioni del Sud o la Germania. Nei bar e nelle osterie, quando non si parlava di calcio, era questo l’argomento che teneva banco. Sembrava di trovarsi nei dibattiti televisivi: tutti parlavano forte, pochi ascoltavano, e ognuno restava con la sua idea. Una gran perdita di tempo! Per di più gli uomini ripetevano come dei pappa-
Gli uomini, insomma, su questa storia non combinavano un fico secco. Le donne invece, sarà per la loro natura, sarà perché sono più portate a ragionare, avevano messo in ordine le cose, come si fa per la lista della spesa. “Par primo - dicevano - quasi tutti abbiamo avuto dei parenti emigrati e sappiamo cosa vuol dire essere accolti quando si è nel bisogno; forse per questo la nostra gente è sempre stata gentile, cordiale e generosa. Sono queste le nostre caratteristiche. No sarà per quatro mamajuchi che no i sa queo che i dise, che dovemo tornar indrio come i gamberi”. “Par secondo - continuavano - semo cristiani e mancaria altro che no fusimo col Papa”. E il Papa aveva detto una cosa che poteva mettere insieme capra e cavoli: aveva raccomandato di accogliere delle famiglie di immigrati, mica aveva detto di prenderne cinquecento e di metterli tutti in un casermone! “Degli appartamenti ci vogliono!, per tre o quattro famiglie, come ha fatto lui! Se il sindaco ci mette la testa, si può fare. Ma in fretta, in fretta! Maria Vergine, no voaremo mia che el prefeto de Vicensa el ne fiche tuta sta sente nel casermon dee scoe cristiane soeo parché no semo pronti!”. “Par terso - avevano concluso - gli extracomunitari...no, non è corretto dire extracomunitari… insomma, gli immigrati, potrebbero anche darci una mano per aprirci di più la testa e il cuore”. Avevano infatti ben presente che, non molti anni fa, i nostrani erano capaci di fare una guerra di sassi e di campanile con chi aveva la sola colpa di abitare al di là del confine del paese. Dopo queste belle trovate, lasciati gli uomini a perder tempo in osteria, e chiamate le poche donne immigrate che erano in paese, si misero a cantare a squarciagola “Quel mazzolin di fiori, che vien dalla montagna…”.
TERRITORIO
galli le frasi di quelli che in televisione ci vanno solo per parlare contro gli immigrati. E se qualcuno saltava fuori dicendo che il Papa aveva parlato degli immigrati in modo diverso, e ne aveva presi addirittura dodici in aereo per ospitarli in Vaticano, c’era subito chi aveva questa alzata di genio: “Par forsa che el dise e el fa così: iu el se el Papa”. E giù una bestemmia per rimarcare il concetto.
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Col Molin: finalmente qualcosa si muove!
Un parco a portata due passi dalla chiesa Nuova croce metallica con sostituzione della vecchia in legno eretta nel giubileo del 1933 e quindi collegati al giubileo della Misericordia 2015-2016. Il 21 maggio alle ore 21 inizierà la cerimonia di benedizione della nuova Croce sul Col Molin, iniziativa partita dall’iniziativa dell’arch. Renzo Forza che è riuscito a coinvolgere il Comune, Alpini, Siriola e altri volontari.
TERRITORIO
di Gabriele Farronato
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La cerimonia durerà meno di un’ora. Quello del 21 maggio è il punto di partenza di una proposta che sta prendendo sempre più piede. Le nostre colline sono un dono eccezionale che va spiegato ai cittadini romanesi e di tutto il comune della grande risorsa che può essere il parco. Si aggiunge ai vari percorsi che fanno rilevare la presenza di molte persone giunte non solo da Bassano, ma anche da altri comuni. Basti pensare che il dott. Antonio Nardini, proprietario del fondo, aveva dato inizio ai lavori abbassando la vetta del monte di 5/6 metri per dar vita alla costruzione di un Preventorio, poi modi-
ficato e attuato con l’edificio della Madonnina a Bassano. Allora solo un maestro di Romano sollevò lamentele con lettera al giornale.
La storia
Durante la Serenissima, cioè fino al 1797, il Colle Molin è così chiamato per il mulino che fu anche dei Cornaro nel sito dove ora sorge il centro di Romano Medica. Il toponimo Molin è documentato in una pergamena Labia del 1264 e in Verci del 1274. Ai tempi della dominazione veneziana il colle si presentava con due essenze arboree principali delle piante di olivo nel’area esposta al sole e quella a monte aveva castagni,
ma non mancavano i filari di viti. La strada principale, comunale è sostanzialmente l’odierna che dalla chiesa sale per il colle ed arriva alla Busona e al vecchio borgo (case Camazzola Campanari); una seconda strada partiva dal borgo degli Zaghi e penetrava alle spalle del punto di ristoro di proprietà Serraglio in Via Dante per congiungersi alla precedente vicino alla casa Benacchio Pignafa. Questa strada era già un sentiero negli anni Cinquanta del Novecento e fatta scorrere a confine. Servivano entrambe per andare in chiesa quando era sul col Bastia o del cimitero. Una terza strada, serviva per l’accesso alla chiesa dalle contrade Marchi e Conti,
Come si demolisce
Ad inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso si comincia a sventrare il colle per allargare Via Dante, asportando il dosso che sovrastava la strada di qualche metro con una profondità di diversi metri e per una lunghezza di circa 30 metri a fianco della strada. Alla fine del decennio si passa alla costruzione delle case sul lato destro di Via Dante. A Casa Gobbo venne alla luce un pozzo veneziano, mentre altro esisteva all’altezza del Bar Guglielmin, ora coperto, ma recuperabile. Con queste costruzioni fu eliminata la pista per le slitte dei ragazzi, mentre i più coraggiosi facevano le discese con gli sci sul lato che guarda il col Bastia e, quando non c’era la rara neve si usa-
vano i cartoni dismessi dai locali per scendere la china (bragovia): allora non era possibile andare altrove. Poi tocca alla parte alta del Colle Molin ossia il Comune costruisce il serbatoio, mentre lo sprone piano, ove si arava anche, è trasformato in deposito di sassi da cave con una strada che saliva da Via Dante. La cima del colle è abbassata per una grande costruzione, poi si muta idea e il progettato Preventorio passa a Bassano alla Madonnina. Lavori interrotti, luogo abbandonato con il posizionamento della croce non più al suo posto
raglio. Nessuno impediva il passaggio. I ragazzi vi salivano per giocare combinando anche qualche monellata; le suore erano non solo disponibili per l’asilo (ora scuola materna), ma tenevano lezioni di cucito e alla domenica organizzavano i giochi per le ragazze con frequenti ascese, quando era possibile, al colle.
originario. Passano degli anni e si pensa di costruire, in seguito alle divisioni dei fratelli Farronato, la nuova dimora vicino all’incrocio, ma si deve togliere una fetta notevole per dare spazio agli edifici. Quindi cessa sopra il colle anche il deposito di pietrame. Inizia un lungo sonno con il colle che è acquistato dal comune: lo adatta un poco, crea anche una variante, ma il problema resta la manutenzione. Si arriva perfino a concedere ad un privato di usarlo come pascolo per le mucche che insozzano i percorsi e le passeggiate si fermano.
A Tan Chiu
Fino agli anni Sessanta era il parco giochi dei giovani
Il colle Molin non è mai stato area chiusa, anche se la strada è stata venduta subito dopo l’unità d’Italia e mantenuta però ad uso pubblico. Così era possibile salire da Via Dante presso la trattoria Ser-
È ora di fare?
Certamente non si può parlare di parco vero e proprio come si trova ora il terreno. Serve ripulirlo delle essenze arboree non adatte e favorire gli olivi e, perché no, creare un’area con castagni, presso il serbatoio, studiando anche un percorso vita. Ripensando bene, abbiamo tanta gente che può fornire idee formidabili per il futuro di questa zona. Quando si è lassù, ti rendi conto che sei in una situazione particole, sopra un poggio con panoramica a 360 gradi.
L’amico mio dimora In alto sui monti dell’Est; Gli è cara la bellezza Delle valli e dei monti. Nella stagione verde Giace nei boschi vuoti; E dorme ancora quando Il sole alto risplende. Un vento di pineta Gl’impolvera maniche e manto; Un ruscello ghiaioso Gli terge il cuore e l’udito. T’invidio! Tu che lontano Da discorsi e discordie Hai la testa appoggiata A un guanciale di nuvole azzurre. Li Po Li Po (701-762), considerato spesso come il più grande dei poeti cinesi, è certo il più conosciuto in Europa e il più tradotto. Visse in uno dei periodi più neri della storia cinese, durante una guerra nella quale morirono trenta milioni di uomini; ma nei suoi versi riuscì a starsene lontano. foto di Maurizio Scotton
TERRITORIO
superato il torrente Santa Felicita arrivava in Via Cornolare (ove ha sede l’Ezzelina, c’era un’osteria); risaliva per l’imbocco o inizio di Via Castello (la strada del Molinetto è stata costruita solo nel 1811) e a monte di Villa Elena si univa con la “Strada dei Morti” che serviva di accesso alla chiesa per le contrade dei Meneghetti, Signori e Farronati con la Valle, ma per i funerali bisognava passare di là. Infine un sentiero passava per la Ciroetta ossia la selletta che unisce il Col Molin al Monte Tondo, usato nella prima guerra come postazione di cannoni che riuscivano a superare il massiccio del Grappa. Altre tracce della prima guerra era la trincea che si trovava al bordo della spianata creata per accedere all’acquedotto sul colle. Tracce della seconda guerra sono invece la gallerie, una chiusa da una rete vicino all’inizio della strada del Colle presso la chiesa e l’altra completamente demolita presso casa Farronato. Il Col Molin era lavorato nel secolo scorso dai Galvan detti Baldassini: lassù seminarono per un anno il frumento e si tentò con le viti, ma tutto finì perché il padrone ricordò ai Galvan che erano mezzadri.
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Gli invisibili del Palio Vivere il palio dietro le quinte e capire quanto questa macchina silenziosa, operosa ed organizzata operi è una grande e sorprendente realtà. I mesi che precedono il palio rappresentano per tutte le contrade il momento di studio, preparazione e valutazione della proposta che verrà realizzata, ma per il gruppo organizzatore é come scrivere uno spartito musicale che necessita di tutti gli accordi al punto giusto. di Maurizio Carlesso - foto dei soci dell’Ezzelino Fotoclub
PALIO
È così che il direttore artistico promuove un tema di raccordo tra le varie contrade, organizza e presenta l’informazione da trasmettere alla stampa, ma … dietro alla presentazione che tutti noi vediamo nel suo lato migliore, ci sono gli invisibili del palio ed è di loro che vorrei parlarvi perché vivere il Palio dietro le quinte è un viaggio emozionante, bello e costruttivo che ci permette di apprezzare e valutare al meglio le persone.
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Persone operose e dedicate per un periodo dell’anno a smettere i propri ruoli le proprie responsabilità per integrarsi come un perfetto elemento dell’ingranaggio mosso dal presidente dell’Associazione Seriola, è così che si assiste alla metamorfosi che vi vede dediti a tutte le attività più disparate. In primis la cucina ed il servizio bar che é il cuore pulsante della manifestazione perché deve essere pronta a supportare le richieste degli ospiti e che tra turni di presenze attive ai fornelli, turni di gestione della sala e lavaggi delle stoviglie, è sempre in costante fermento, ma riesce a mettere insieme persone eterogenee che operano insieme come fosse un team da sempre costituito, che in realtà ogni sera gode di un ricambio senza pari che da sempre il meglio. Ma una grande cucina senza il supporto dei ragazzi della “Classe” non potrebbe essere
al top e i nostri paladini si inventano, sotto la guida esperta degli organizzatori, guide per la giornata del palio, attori nel momento della loro massima visibilità, di tutta la disponibilità necessaria per accogliere, informare, servire e coccolare i nostri ospiti, non servono i nomi di ognuno perché in loro batte un unico cuore il cuore del Palio. La segreteria organizzativa ed i responsabili sono coloro che scrivono lo spartito che viene consegnato al direttore dell’orchestra ed il direttore dell’orchestra deve e sa riconoscere ogni nota mettendola in relazione con il tema e se necessario accentuando o attenuando alcuni acuti facendo sì che possibilmente, non si stoni mai. Il presidente Jurij Baron ha interpretato e diretto nel migliore dei modi anche correggendo le inevitabili stonature che si presentano in qualche occasione, facendosi parte attiva con una presenza costante e silenziosa. Ma un direttore d’orchestra senza segreteria non può operare al meglio e così alle spalle un gruppo di silenziose collaboratrici e collaboratori lo sgrava da incombenze burocratiche e operative permettendogli un controllo da capitano della nave, ma vi posso garantire che lo stesso capitano, in caso di necessità, si trasforma in mozzo, cameriere, carpentiere, cuoco, barista e chi più ne ha più ne metta. Insomma, il principe degli invisibili. Quanto stupisce è la completa metamorfosi che si vive dietro le quinte poiché tutti adattano la loro personalità al ruolo richiesto in quel momento, vivendolo proprio al servizio della comunità e questo è il più bel messaggio che gli invisibili del pa-
lio possano proporre a tutti, donare quanto e come sia possibile nel limite delle proprie capacità, sapendo che l’apprezzamento è garantito. Molte sarebbero le note da far risuonare in questa presentazione, ma se tutte hanno un nome ed un cognome diverso, in tutte batte un cuore unico fino alla fine della manifestazione e quindi il nostro grazie va a tutti coloro che indistintamente operano con e per il Palio. Grazie a tutti gli invisibili che rendono grande, anzi grandissima questa manifestazione e che subito dopo sono pronti, con spirito costruttivo ad esaminare cosa sia stonato, chiedendo e promuovendo un accordo migliore per scrivere e migliorare il prossimo Palio. Uomini e donne del presidente siete meravigliosi e Romano ve ne è grata, continuate così. Un invisibile abbraccio a tutti dal Capitano del Palio Jurij Baron.
SABATO 25 GIUGNO
Piazza Torre Ore 16:30 - Sfilata ed esibizioni delle Associazioni Affiliate Ore18.00 - Conferenza “Le Pro Loco dalla Comunità per la Comunità” Ore 20:00 - Buffet
GIOVEDÌ 21 LUGLIO
San Giacomo Ore 21:00 Brindisi di Buon Compleanno
DOMENICA 4 SETTEMBRE
Valle Santa Felicita Ore 09:00 Passeggiata della Memoria
Ca’ Cornaro el canevo
foto di Barbara Bonazzo
Carlessi Pragalera
foto di Mirco Gelain
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femo afari
foto di Chiara Didonè
foto di Chiara Didonè
PALIO
foto di Barbara Bonazzo
foto di Matteo Bertizzolo
Molinetto
xughemo coi quattro elementi
PALIO
foto di Maurizio Baldan
foto di Vito Pacillo
Farronati Signori Valle
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nel 1916
foto di Marco Zardo foto di Marco Zardo
foto di Nazzareno Berton
Torre
i vĂ in guera
PALIO
foto di Silvano Marcon
Zaghi
guera, fame e gran
foto di Lorella Fontana
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Con semplicità: Grazie, Maria Rosa! Agosto 2015. Sulle pagine di questa Testata narro della ricorrenza del 2 Giugno su Cima Grappa. E poi - ti ricordi? lancio una proposta ai lettori, ossia quella di aiutarmi a raccogliere foto, storie, aneddoti dei tempi passati. Beh, in questa iniziativa Maria Rosa di sicuro ha superato tutti!!! Tieni in caldo un altro buon caffè: Presto tornerò a trovarti!
RESOCONTI
di Danilo Mazza
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Buongiorno a te, Amico Lettore. Quando condivisi con tutti voi quell’idea, mai avrei potuto pensare che un bel giorno mi sarei ritrovato ospite a casa di uno di voi! Aspetta, ti racconto con calma! Mi ritrovo un pomeriggio qualsiasi davanti al mio vecchio portatile intento a controllare le mail in ingresso, ed una comunicazione indirizzatami proprio dalla Pro-Loco cattura la mia attenzione. La Signora Maria Rosa da Romano Alto (altrimenti detto “Romano Capoluogo”: meglio non far spazientire i puristi!) avrebbe piacere di scambiare “quàtro ciacòle” con me sui tempi passati di queste deliziose lande. Beh… Perché no?!
Dalla telefonata per fissare un appuntamento al puntare il cofano anteriore della mia vecchia Ford in direzione “Romano Caput Mundi” è giusto un attimo!!! La calda e schietta ospitalità Veneta. Niente fronzoli, niente sovrastrutture barocche, ma una accoglienza semplice, calorosa. La stufa a legna emette un simpaticissimo borbottio, dalla caffettiera sul fornello si sprigiona un intenso aroma di caffè che va a nozze con il tipico profumo della legna. Maria Rosa ha due occhi curiosi e vispi, tanta voglia di narrare, tanti aneddoti e tante storie di vita che
aspettano solo di essere ascoltate. La vita di ieri, quando i panni si lavavano nei lavatoi, quando non c’era la televisione, quando per strada incontravi biciclette e carretti. Quando l’Italia del dopoguerra si rimboccava le maniche per ricostruirsi economicamente e socialmente. Le origini del “Palio di Romano”, l’ombra in osteria, i ragazzi monelli che a metà strada tra Romano Caput Mundi e San Giacomo, buttarono – per onorare una scommessa!! - nel fosso il papà di uno di costoro!! I carri di concime nella speranza che “quel” campanile potesse crescere… sano rigoglioso e alto come un bell’albero!!!
Anche io narro qualcosa di me a Maria Rosa. Si parla di mio Nonno Giuseppe, del suo essere transitato per queste lande (onorai la sua memoria partecipando ai lavori di ripristino della Croce di Col Fenilon) oltre che per Vittorio Veneto (la famosa battaglia). Maria Rosa vive in una casa ricca di foto, di oggetti più o meno curiosi, di tracce storiche del passato. Quando le narro di Nonno Giuseppe, mi fa accomodare in sala. Accanto ad un bel camino ci sono oggetti bellici. Ognuno ha una sua storia. Poi prende una scatola. Estrae una foto (sì Amico Lettore, quella che vedi qui riprodotta come sfondo). Scrive una dedica alla memoria di mio Nonno, Siculo venuto qui a combattere una guerra di cui nulla sapeva e in luoghi che ancor meno conosceva, e in silenzio, senza dirmi nulla, mi adagia la foto tra le mani. Ma poi – mi chiedo – ci sarebbe davvero stato bisogno di dirmi qualcosa? Il borbottio della legna, il profumo del caffè, i suoi occhi vigili e vispi, il suo sorriso… tutto comunicava. Ogni odore, ogni rumore, ogni gesto del suo viso, comunicava lo stesso messaggio: “benvenuto in questa casa e in questa terra. E grazie per l’amore che nutri e che comunichi nei tuoi scritti per noi Veneti”. Peccato che poi, “nella realtà”, ci siano anche taluni zotici brontosauri che ragionino ancora in termini di “noàltri” e di “quei dè fòra”. Grazie al cielo si tratta tuttavia di sparute minoranze.
Na tradision desmentegà
Batimarso In tea note fonda e scura, noaltri cei ghimui paura. El ciaro a petrolio fea na luce sbiava, co ombre de bruti figuri che se moestava sui muri. A teevisiòn no a ghe gera, gnente luci soe strade bianche, gnente machine ne motori. El gato dormìa tuto infagotà, rente a ròea del camin che, pin pian se stuva. Dita in pressa, co me mare,na preghiera, tuti in leto, gera sera. Aea fine de febraro, però, ogni tanto ndào in tea corte, par sentir qualche rumore e, prima o dopo, capitava… Rumore de bande e busoeòti, tacài in tee bicecrete sensa feràe, ogni tanto, racquante stciopetàe. Zente che sigava, che cantava… Marso si, marso no, basa a tosa, a vecia no… Rancoete e bandoni in tee noti,in tee noti scure, piene de strighe, de orchi e de paure. “Bati bati marso che aprìe vegnarà”… Questo gera quel che se spetava, gera a primavera che rivava… Za l’aria saèa da bon. I merli fistciotàva in tea siesa, i beti e i rodoeti, no i parèa pi bon i gera za fora de stajon. Bati bati marso… Marso si, marso no, brusa a vecia, el pàeo no… E paròe gera sempre quee I rumori se perdìa distante. I oci se saràa,mi gero ceo, questi xe ricordi de on tempo forse, forse quel pi beo.
Battimarzo Nella notte profonda e scura, noi bambini avevamo paura. Il lume a petrolio faceva una luce sbiadita con ombre di brutti figuri che si muovevano sui muri. La televisione non c’era Niente luci sulle strade da asfaltare Niente macchine ne motori. Il gatto dormiva raggomitolato vicino al ripiano del camino
che, piano piano, si spegneva. Detta in fretta, con mia mamma una preghiera, tutti a letto, era sera. Alla fine di febbraio, però, ogni tanto andavo nel cortile, per sentire i rumori, e, prima o dopo, capitava… Rumore di lamiere e barattoli, legati alle biciclette senza fanale, ogni tanto, qualche colpo di fucile. Gente che gridava, che cantava… marzo si,marzo no, bacia la ragazza, la vecchia no… Racole e fusti di lamiera nelle notti, nelle notti scure piene di streghe, di orchi e di paure “Batti, batti marzo, che aprile arriverà”… Questo era quello che si aspettava, era la primavera che arrivava… Già l’aria odorava di buono I merli fischiettavano nella siepe, i pettirossi e gli scriccioli, non erano più in tono erano già fuori stagione. Batti, batti marzo… Marzo si, marzo no, brucia la vecchia,il palo no. Le parole erano sempre quelle. I rumori, si perdevano distanti. Gli occhi si chiudevano, io ero piccolo. Questi son ricordi di un tempo, forse, forse quello più bello. Grazie a Roberto Zaniolo
POESIA
I Veneti della Pedemontana! I Matti Veneti! Caciaroni, festaioli, rissosi, attaccabrighe, compagnoni, grandi lavoratori, talvolta col naso rosso per “un’ombra” di troppo, talvolta con scarponi da montanaro più simili ad un panzer che non a delle scarpe, ma sempre con tanta voglia di vivere, di divertirsi, di andare avanti. Che si trattasse del dopoguerra, quindi del Veneto martoriato dalle granate, o che si tratti di oggi, pertanto del Veneto martoriato dalla crisi economica, questa voglia di leccarsi le ferite in un cantuccio come “farìa èl gàto” e poi il rimboccarsi le maniche per andare avanti, è proprio patrimonio filogenetico ed ontogenetico di questa Gente. E scusatemi se ho tirato in ballo il “gàto”, argomento tabù in quel di Vicenza!!! Miaoooo!!!
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Salaroli 2016 a 11 Camminata Alpina
Da Pian dea Bala alla Selletta Valderoa per la dorsale dei Salaroli Con gli Alpini di Romano sui sentieri dei soldati del Grappa, la classica camminata del 2 giugno: quest’anno dal Pian dea Bala fino alla selletta Valderoa e la dorsale dei Salaroli, una classicissima del Grappa, assolutamente da non perdere per chi non c’è mai stato.
APPUNTAMENTI
di Valter Brunello
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La dorsale Salaroli è una pista in quota che tiene sospesi tra terra e cielo: si cammina su un filo di cresta erboso e fiorito, toccando il Monte Salarol, il Col dell’Orso, il Monte Casonet, fino alla Croce dei Lebi. Al nostro cospetto la pianura veneta fino al mare da un lato, dall’altro la Val di Seren, la Valsugan, le Prealpi Feltrine e le Dolomiti. Punto tappa è il Pian dea Bala, quota 1381 metri, che si raggiunge comodamente in auto per la strada Giardino di Semonzo, passando per Campo Croce e Camol, deviando poi a destra al 26°
tornante per il pian d’Ardosa. Ma ci si arriva anche dal Monte Tomba. Dal balcone del Pian dea Bala, con vista sulla Valle di San Liberale e sui bastioni del Boccaor, imbocchiamo in discesa la Val delle Mure fino al laghetto d’abbeverata a quota 1300 metri. Deviamo ora a sinistra per pascoli fino al Cason del Sol, quota 1275 metri. Dopo 250 metri lasciamo il sentiero per il Domador e prendiamo a sinistra in salita per un bosco di faggi. A quota 1390 metri, usciti dal bosco incontriamo una strada sterrata e
poco più avanti il ristoro, quota 1480 metri. Siamo su un prato in forte pendio: sopra di noi il terzo Salarol e sotto la Val Calcino che scoscende a Schievenin. Passiamo davanti a Malga Salarol, quota 1485 metri fino ad arrivare per sentiero intagliato sui prati in pendio fino al capolinea di Selletta Valderoa, quota 1537 metri: al nostro cospetto l’alta val Cinespa e il cerchio sommitale che porta al monte Fontanasecca. Salire i 40 metri che ci separano dalla
cima del Valderoa è facoltativo, ma qui si respirano attimi di storia della Grande Guerra: sulla cima un cippo ricorda le medaglie d’oro del 5° e 6° reggimento fanteria della brigata Aosta, che qui operarono durante la battaglia di Vittorio Veneto tra il 24 al 29 ottobre. Dalla selletta l’ultima salita di 130 metri e finalmente ai 1672 metri dell’ultimo Salarol. Sotto di noi nel prato in versante sud, la trincea a cerchio della postazione “Istrice”, caposaldo degli Alpini (verificare) aggrappato sotto all’imprendibile linea sommitale degli Ungheresi. Ora si cammina per quattro chilometri sempre in cresta, puntando il Grappa, sul percorso dell’Alta Via degli Eroi, che da Porcen di Feltre passa per il Tomatico, il monte Santo, il Sassumà e il Peurna. Costeggiando la trincea austroungarica arriviamo al caposaldo italiano del col dell’Orso, quota 1679 metri: nell’estate 1918 la linea del fronte italiano scendeva da qui in val delle Mure, per Porte del Salton fino a raccordarsi alla linea monte Palon monte Tomba - Piave. La linea austroungarica percorreva il versante nord, per il col del Cuc, malga Valpore, val dei Pez, la svolta di Ca’ Tasson, valle delle Bocchette, Pertica, col della Martina e Asolone. Dal col dell’Orso per il monte Casonet arriviamo infine alla Corce dei Lebi, quota 1571 metri, e di qui in discesa per il casone val di Melin, dopo 12 km di cammino, fino al pian dea Bala dove ci aspetta, se mai avessimo fame o sete, il meritato rancio alpino.
APPUNTAMENTI
Dal sacrario di Cima Grappa
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Giovanni Parolin
Nella foto sono presenti Giovanni Parolin insieme alla moglie Noemi dal Molin. Affezionato del Nuovo Ezzelino, Giovanni è emigrato in Australia, dove ora vive e ha tre figli, nel lontano 1952. La sorella Rosanna Parolin, residente a Romano vuole ricordare con affetto il fratello lontano con questa foto.
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n° 436 Maggio 2016 41° Anno
Mensile di informazione e cultura edito
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del Grappa n. 2/1975
È possibile ricevere il Nuovo Ezzelino, organo ufficiale dei soci sostenitori. La quota associativa è di € 18,OO per i nazionali e di € 27,OO per gli esteri.
D.L. 353/2003 - (conv. In L.27/02/2004
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Il pomeriggio del 14 aprile, alle ore 16:00, la chiesa di Romano traboccava di gente venuta da molti paesi per dare l’ultimo saluto ad una donna eccezionale. Come si può parlare di Onorina Visentin (Nori Spagnini) senza farsi venire un nodo in gola, soprattutto ora che non è più in mezzo a noi. Nata nel febbraio del 1931 in una famiglia che ha fatto del lavoro un emblema; ha frequentato in gioventù l’istituto religioso delle suore che poi erano quelle che per moltissimi anni hanno gestito la nostra scuola materna del paese, conseguendo in diploma magistrale. Tornata Romano si sposa con Giovanni Carlesso (Joani Bea) con il quale ha avuto 3 figli di cui uno perso in tenera età, Raffaele, sostituito dal fratello, sempre Raffaele e Michele. Io personalmente abitavo, e tutt’ora abito, a qualche decina di metri dalla loro abitazione e di conseguenza ho vissuto tutti gli anni della mia fanciullezza e della mia giovinezza a contatto con questa famiglia. Ricordo di Onorina anche in quegli anni, la sua vivacità di azione che era poi una caratteristica della sua famiglia di origine (Cueatoni). Non si poteva non notare la sua diversa formazione culturale che si elevava sopra la media di quei tempi, almeno per gli abitanti della nostra contrada che avevano quasi tutti origini contadine e di bassa cultura. Sempre iperattiva nelle azioni di volontariato, si prodigava per la questua dell’asilo al quale, credo per affetto verso le suore di cui aveva frequentato l’istituto, aveva un vincolo particolare. Negli anni 70, quando a Romano ha preso vita il Palio, Lei è stata una delle promotrici, assieme ad altre persone, della sfilata degli antichi mestieri, che tuttora si svolge nell’ambito del Palio delle Contrade. Lei era “La lavandara” per antonomasia. In molti locali del paese ancora oggi ci sono
molte fotografie che la ritraggono, per l’appunto, con la cariola delle “Arte”, cosi si chiamavano i panni da lavare o già lavati. Negli anni successivi, grazie ad una bellissima intuizione della Dott.ssa Elide Imperatori Bellotti di Bassano, questa sfilata è stata trasformata in un evento culturale che ha fatto poi il giro del mondo. L’Ass. “Arti per Via” di cui Onorina si onorava di far parte, ha saputo valorizzare in maniera sapiente quello che Onorina qualche anno prima metteva in evidenza durante il Palio di Romano. Al suo funerale, non a caso c’erano molti rappresentanti di quella associazione, compreso il suo presidente Gianni Posocco che ha letto un commovente pensiero nei riguardi di Onorina. Altrettanto ho tentato di fare io, a nome del mio paese, un omaggio più che doveroso ad una donna che per tutta la sua vita si è prodigata per far crescere la cultura e per mantenere le nostre tradizioni. Purtroppo, e forse troppo presto, la malattia ci ha privato della sua bella compagnia, almeno quella attiva, ma non del tutto. Ancora per molti anni è stata in mezzo a noi nel nostro “Angolo rustico” di Contrà Marchi vestita di tutto punto dei costumi o per meglio dire dei vestiti originali, seduta molte volte in un seggiolone come una regina e noi Le abbiamo riconosciuto il suo ruolo di regina, se lo è ampiamente meritato. Carissima Onorina, è vero che poi il tempo fa dimenticare cose e persone, e forse è un bene che sia così, altrimenti vivremmo sempre con il dolore nel cuore, ma certe persone si dimenticano meno di altre e Tu sei una di queste. Il tuo paese ti deve molto per quello che ha i saputo trasmettere a noi, e, un valore molto importante è: La gioia di vivere, che tu trasmettevi, almeno questo è quello che io recepivo dal tuo modo di essere. Grazie, e mi raccomando, insegna alla gente che ha assieme a te ora, come si strizzano i panni, fagli vedere chi sono “E Lavandare de Roman”. Ciao. Un saluto, Sergio Carlesso
Poste Italiane S.p.A. - Sped. A.P. –
LETTERE AL DIRETTORE
Omaggio ad Onorina
dalla Pro Loco di Romano in distribuzione
gratuita ai soci.
Il Complesso Bandistico e Majorettes di Romano d’Ezzelino e l’Associazione Musicale Giuseppe Verdi formeranno un’orchestra d’eccezione, formata da più di 70 musicisti provenienti da tutto il Veneto, e legati dalla voglia di celebrare a distanza di 4 anni, il ricordo di un grande Maestro e amico: Gianni Zamborlin. Una figura carismatica, un musicista, un compositore e un grande amico, che ha saputo trasmettere con la sua dedizione la passione per la musica. Vi aspettiamo Sabato 21 Maggio ore 20,45 presso il teatro Gnoato a Sacro Cuore. Domenica B., Complesso Bandistico e Majorettes di Romano d’Ezzelino
nuove stelle nel cielo
Marco Alfredo Gazzola Onorina Visentin ved. Carlesso 85 anni 12 aprile 2016
Antonia Farronato
Giovanni Zen
DEFUNTI
78 anni 5 aprile 2016
in Zen 84 anni 13 aprile 2016
Carmela Storino ved. Rondinella 82 anni 3 maggio 2016
78 anni 21 aprile 2016
Giovanni Franco Petucco 78 anni 4 maggio 2016
Dal 1966 l’Impresa Funebre BONIN svolge servizi funebri con professionalità, competenza e sensibilità DISBRIGO PRATICHE, CREMAZIONE, TRASPORTI NAZIONALI E INTERNAZIONALI, ACCESSORI FUNEBRI E CIMITERIALI.
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Custodi cimiteri comunali
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