Sommario Editoriale
Maggio 2012
Mensile di informazione e di cultura della Pro Loco di Romano d’Ezzelino foto di copertina: Ezzelino Fotoclub, G. Menegatti (segnaliamo che la foto del numero di Aprile era sempre di G. Menegatti) Per la Pro Loco di Romano: Maurizio Carlesso Direttore Responsabile: Dario Bernardi Segreteria: Stefania Mocellin In redazione: Sara Bertacco, Cinzia Bonetto, Maurizio Carlesso, Gianni Dalla Zuanna, Duilio Fadda, Franco Latifondi, Stefania Moccellin, Valeria Orso, Erika Piccolotto, Christian Rinaldo, Silvia Rossi, Maurizio Scotton, Serenella Zen, Giuseppe Bontorin. Via G. Giardino, 77 Romano d’Ezzelino (VI) Tel. 0424 36427 proromano@libero.it
3 Buon viaggio
Resoconti 4 5 6 14
Castello vince il Palio! Il Palio sa di buono Man Nove Social Day 2012: di nuovo un successo!
Cultura
7 I bachi da seta 8 - 9 Il Palio di…Siena 10 A scuola con la storia
Associazioni
11 Festa provinciale delle Pro Loco e dei prodotti enogastronomici 15 Festa dell’associazione UTA
Appuntamenti
12 - 13 Con gli alpini di Romano sui sentieri dei soldati del Grappa
Riflessioni
16 Bimbi e mamme il vero futuro… 17 Codice paterno… 18 19
Notizie in breve Defunti
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FILIALE DI ROMANO D'EZZELINO Via Roma, 62 36060 Romano d'Ezzelino (VI) Tel. e Fax 0424 514112
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EDITORIALE - PAG. 3
Buon viaggio Gentili Soci, vi segnaliamo i risultati delle elezioni tenutesi a Roma- Maurizio Carlesso no d’Ezzelino, lo scorso 6 e 7 maggio augurando alla compagine che ha vinto la consultazione popolare di poter governare al meglio per il prossimo mandato. Molte sono le sfide che aspettano i cittadini di Romano e quindi risulterà necessario l’impegno di tutti per uscire da questa situazione difficile che economicamente parlando sta attanagliando tutti. Per entrare invece nella specifica attività della Pro Loco vi ricordiamo che si sta aprendo la stagione più interessante per le nostre attività con la camminata del 2 giugno che quest’anno porterà i partecipanti su percorsi e sentieri che hanno il sapore importante del ricordo e della rimembranza, a seguire ci sarà alle porte la nuova edizione del Bak 2 Africa che porterà una ventata di suoni e colori in Villa Cà Cornaro condita da tanta partecipazione e persone di diversa etnia, ci lasceremo cullare da note e danze che ci rapiranno e porteranno con la fantasia in località lontane, ma allo stesso tempo,
Prospetto voti dei candidati alla carica di Sindaco
Comune di Romano D’Ezzelino Elezioni del 6 e 7 maggio 2012
così vicine, ma con nobile fine. B2A “Back to Africa” 2012 – VII edition – 14 Luglio – Villa Cà Cornaro Tutta l’energia evocata dall’Africa. Tutta la voglia di sorprendere e di sorprendersi di un grande gruppo di amici. Tutta la magia della scoperta. Questo e molto altro è Back2Africa 2012, un grande evento di musica, colori e gente, a sostegno dei bambini di Togo e Benin. Proprio l’intreccio fitto di intrattenimento, arte, comunicazione e sostegno al futuro del Continente Nero, delineano la ricerca di questo viaggio ideale indietro all’Africa, fatto di colori della comunicazione multiet-
nica black e di un ponte di valori a unione tra due terre separate dalla nascita. Si è appena conclusa inoltre, con un ottimo successo di partecipazione, l’edizione nr. 21 del Nuovo Minifestival che ha portato in scena grandi e piccini legati da una particolare passione per la musica, complimenti vivissimi agli organizzatori.
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RESOCONTI - PAG. 4
Castello vince il Palio! Roberto Frison
Dopo una sfilata storica in tutti i sensi, perché svolta di sabato, alle 18,20 e sotto la pioggia, dimostratasi prova d’orgoglio dei contradaioli che hanno voluto onorare la tradizione a tutti i costi, il 42° Palio delle Contrade ha avuto il suo vincitore: Marco Benacchio di Contrà Castello, su musso Gimo!
Nelle foto: La Torre Ezzelina illuminata a rosso nel rispetto dell’infernale sangue bollente ove è relegato Ezzelino. Una torre che si erge nel colle situato nel cielo di Venere del Paradiso, colle da cui scese la Facella che assoggettò ad essa un vasto territorio oggi conosciuto con il nome di Veneto. Foto Mauro Serradura. Il vincitore del 42° Palio delle Contrade, Marco Benacchio di Castello premiato dal Sindaco di Romano, Rossella Olivo. Alberto Guadagnin di Cà Cornaro, 2° classificato, premiato dal vicesindaco Remo Seraglio. Giovanni Farronato “ciorci” di Zaghi, 3° classificato, premiato dal Presidente della Pro Loco, Maurizio Carlesso.
É stata una gara entusiasmante, con Castello quasi sempre in testa dal 2° giro fino alla fine, che ha avuto in Alberto Guadagnin di Cà Cornaro, secondo classificato, l’unico vero contendente al titolo vista la sua continua marcatura a “musso” sul vincitore. Gimo ogni tanto si piantava e Alberto, in groppa alla sua mussa Giulia, era sempre lì pronto ad approfittarne e guadagnare la prima posizione, ma quando il musso di Castello ripartiva… non ce n’era per nessuno! Benacchio era in groppa ad un treno! Il terzo classificato, Giovanni Farronato di Zaghi su Ciro, ha condotto un’ottima gara, segnata da una partenza molto lenta (8° al primo passaggio) ma dal successivo ingresso della curva
Grappa (quella nord) all’imbocco della curva Rialto (quella sud) era già alla coda del duo di testa. Il musso Ciro dopo ha mantenuto la sua caratteristica corsa, fatta di costanza come quella del detentore del titolo, Matteo Siano di Torre, ma quest’anno i primi due classificati avevano degli scatti impossibili, che mettevano alle corde chiunque. Onore ad Alberto Guadagnin che ha reso emozionante una corsa altrimenti a senso unico visto il rullo compressore cavalcato da Marco Benacchio. Gloria in alto nei cieli a Castello, che ha fatto volare il grifone di Alberico da Romano, simbolo di contrada, oltre il Paradiso dantesco, pace in terra a tutti gli altri fantini che dovranno attendere l’anno prossimo per la rivincita.
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RESOCONTI - PAG. 5
Carlessi-Pragalera: ”el dì xè pì beo se nasse un puteo”. Il finale a sorpresa della scenetta. Foto Andrea Zonta.
Zaghi: “a lana”. Colori, gomitoli, materassi, mulinelle, telai, pecore e molto altro ancora distribuiti in più di 15 postazioni della filiera. Foto Novella Regalini.
Il Palio sa di buono Torre: “tasi femena, che qua comando mi? La grazia di Betta, promessa dal padre contadino al figlio del fattore per garantirsi il rinnovo contrattuale a San Martino, e sullo sfondo il ragazzo per cui batte il suo cuore. Foto Novella Regalini.
Cà Cornaro: “i bachi da seta”. La difficoltà nella filatura è riuscire a prender l’inizio del filo dal bozzolo. Foto Mattia Farronato.
Farronati-Signori-Valle: “1915-18”. Il momento più emozionante: l’esecuzione dell’ordine di sfollamento da parte dei figuranti delle Sentinelle del Laganzuoi di Ferrara. Foto Domenico Vidale.
Il Palio di Romano attira sempre più persone, prova ne sono gli Angoli Rustici con oltre il 30% di visitatori in più rispetto alle annate precedenti. E se ciò avviene è perché i nostri contradioli propongono cultura veneta genuina. Lo fanno in modo semplice e competente, lo fanno consapevoli del significato del tema proposto sotto il cappello di un argomento a carattere generale che si è dimostrato vincente quali i Santi Protettori, elementi leganti dei sette Angoli Rustici. E tra rappresentazioni, sfilata e corsa, altri elementi di raccordo son state le serate a carattere culturale, tra cui la riuscitissima lucciolata vestita da Facella Dantesca che tanta suggestione ha dato. Nonostante sia stato un Palio particolare, adattato ad intemperie, orari, elezioni amministrative, è sempre stato il Palio, coi suoi sorrisi e successi, con le sue fatiche e soddisfazioni, con l’ottima cucina e il profumo della cultura. Ecco perché il Palio sa di buono. Ecco perché ce lo invidiano. Grazie a tutti.
Marchi: “el fogo”. Ospite d’onore all’angolo (e anche al pranzo delle contrade), la mitica ed inossidabile “nori spagnini”, lavandara doc che tanto ha strillato alle sfilate del Palio d’un tempo. Foto Maurizio Baldancontrà.
Molinetto: “el vin”. Un momento festoso di balli e canti accompagna la lavorazione del vino, dalla pigiatura alla mescita. Foto Emanuele Tarditi.
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RESOCONTI - PAG. 6
Man Nove Serenella Zen
Per sapere cosa si prova, bisogna provare. Bisogna vedere gli artisti, con le mani all’opera già da settimane. Occorre imbattersi nel forno appena acceso, manufatto curioso costruito con molta pazienza e che ben cela il suo tesoro.
Vale la pena, poi, attendere il buio – prima quello del cielo, poi quello (più difficile da ottenere!) delle luci artificiali. Il forno si fa rosso, scappa qualche fiammetta indomita, ma i mille e più gradi se li tiene gelosamente dentro. Nel frattempo la scultura cuoce, l’occhio esperto controlla; sa quanto tempo le serve. E poi via la copertura, finalmente, in un dialogo sicuro tra gli attori: artisti, forno, fuoco. Poche mosse, assestate con decisione e il forno viene aperto, svelando il cuore incandescente, la scultura, e lanciando un sospiro dalla temperatura incredibile. Poche righe per un resoconto ammirato di
quanto hanno prodotto, in occasione del Palio, gli artisti del gruppo Made in Nove: Carlo Stringa, Marco Maria Polloniato, Marco Bolzenhagen e Japino Dal Prà, giovani che con passione custodiscono l’arte antica di saper inventare e costruire, partendo dalla terra, opere d’arte. Nel buio, davanti agli occhi “assiepati”, la scultura incandescente si mostra, insieme ai piccoli cuchi, comodamente appollaiati nei fori della scultura stessa. Tradizione e creatività nuova, unite dalla pazienza e dalla finezza amorevole della produzione artigianale. Un vero spettacolo; de man Nove.
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CILTURA - PAG. 7
I bachi da seta Quest’anno, in contrà Ca’ Cornaro, presso la famiglia Parolin, è Il gruppo stato proposto di rivivere il passato attraverso la rievocazione sto- “Ca’ Cornaro Junior” rica della principale fonte di reddito delle famiglie di inizio novecento: la bachicoltura. Questa impegnava tutta la famiglia per circa un mese durante i mesi di Maggio e Giugno, rappresentando un grande impegno ma anche un momento di vicinanza tra generazioni. Questo progetto fa parte di un lavoro di due anni che prevede l’analisi dei due principali monopoli di stato dell’epoca, ovvero oltre alla coltura dei “cavalieri”, la coltivazione del tabacco che impegnerà i contradaioli l’anno prossimo. La grande novità di questa edizione è stata la maggiore attenzione riservata agli under 18 che hanno contribuito alla miglior realizzazione dell’evento mettendosi in gioco e dimostrando di saper agire in prima persona in modo da portare avanti la tradizione che lega i figuranti da quasi trent’anni. I bachi da seta nascono da delle uova tenute ad una temperatura costante ed elevata e una volta schiuse, le larve vengono riposte su delle “grisoe” , telai studiati appositamente per la loro coltura. La vita dei cavalieri (chiamati così a causa del loro movimento simile a quello di un uomo a cavallo) si articola in cinque età, intervallate da quattro mute o “dormite” durante le quali il baco smette di nutrirsi delle foglie di gelso o “moraro” immobilizzandosi per 12-24 ore. In seguito si forma un triangolo in testa in corrispondenza del quale il baco uscirà dopo aver cambiato la pelle che non è abbastanza elastica da seguire la rapida crescita del baco che passa da 0,5 cm a 8-9 cm nel giro di un mese. Dopo aver raggiunto la quinta età il baco comincia a mangiare voracemente, “de furia”, in modo da avere abbastanza energia per “salire al bosco”, ovvero creare il bozzolo. Il bachicoltore capisce che i cavalieri sono pronti perché essi rifiutano la foglia di gelso e diventano di colore giallino per la turgidità delle ghiandole che producono un lungo filamento che a contatto con l’aria si solidifica andando a formare il filo di seta. A questo punto i bachi vengono messi in prossimità di alcune fascine di legna secca che costituiscono il “bosco” a cui il baco salirà per iniziare a formare il bozzolo intorno a sé, strumento che lo protegge nella delicata fase della sua vita che è la trasformazione in crisalide. È necessario ora che il bachicoltore dopo alcuni giorni porti i bozzoli in un apposito essicatoio in modo da evitare che la crisalide diventi falena e buchi il bozzolo per uscire rovinando di conseguenza il lunghissimo ed ininterrotto filo di seta che raggiunge la lunghezza di circa un kilometro. Tuttavia parte dei bozzoli deve essere preservata in modo tale da rendere possibile la continuazione della specie. Il bachicoltore sele-
ziona i bozzoli in base al loro peso in modo da avere un numero di falene femmina e maschio equivalente allo scopo di farli accoppiare; infatti le falene femmina pesano molto di più delle falene maschio. A questo punto in apposite incubatrici vengono posizionate a coppie in modo tale che avvenga la fecondazione e dopo un giorno viene prelevato il maschio e si lascia la femmina a deporre le uova che sono circa 1000 per esemplare. Le uova si incollano ai fogli di carta a causa di una sostanza collosa prodotta dall’insetto. Per staccarle, si dice “sgranare e somense”, si usa dell’acqua oppure del vino diluito con acqua. A questo punto le uova vengono portate in montagna per circa dieci mesi per non farle schiudere e l’anno successivo vengono riportate alla temperatura corretta per dare vita a un nuovo ciclo. I bozzoli destinati a diventare seta devono in primo luogo essere puliti. Essi vengono inseriti in un macchinario detto “spelarina” che azionata con un movimento continuo del piede fa ruotare dei ferri su cui la “bavea” o “spelaja” ovvero la peluria esterna del bozzolo che serve unicamente a mantenerlo ancorato ai rami del “bosco” si arrotola lasciando quindi il bozzolo pulito e uniforme. Questo scarto che è pur sempre seta veniva utilizzato dai contadini per imbottire trapunte e cuscini ma allo stesso tempo poteva subire lo stesso processo della lana ed essere filata. A questo punto la “galeta” è pronta per essere sfilata. La si immerge in una tinozza si acqua calda in modo che si sciolga la sostanza collosa che tiene unito il bozzolo e si cerca l’inizio del filo. Questo viene legato intorno ad uno strumento detto “aspo” che azionato da una manovella gira su se stesso srotolando man mano la galeta e formando una matassa. I colori naturali della seta hanno una varietà che va dal bianco all’arancione, dalla seta più pregiata a quella meno pura.
Questa esperienza è senz’altro stata un prezioso acquisto per la nostra cultura personale che ne è risultata accresciuta e ci ha dato la possibilità di metterci in contatto con chi prima di noi aveva vissuto in prima persona questo lavoro. Inoltre oltre a permetterci di essere più partecipi nella nostra contrada, la formazione del gruppo giovani ha fatto in modo che le proposte dei più piccoli venissero ascoltate rendendo così possibile l’attuazione di un progetto che ha sancito il collegamento tra bachicoltura e Contrada Ca’ Cornaro. Infatti abbiamo realizzato utilizzando il bozzolame disponibile la bandiera della nostra contrà tagliando e colorando i bozzoli. Un altro progetto che abbiamo ideato e portato a termine è stata la creazione di una nostra bandiera personale che ci identifichi. A questo punto è stato eletto il nostro gonfalone e non poteva certo mancare la nostra coppia che abbiamo ricercato tra i più piccoli di noi, dimostrando quanto teniamo alla nostra contrada e al lavoro che tutti noi vi dedichiamo ogni anno. Per noi più grandi il maggior contributo che abbiamo potuto apportare è stato quello di studiare insieme la bachicoltura e di metterci in gioco esponendola ai visitatori, dimostrando la nostra intraprendenza e il nostro vivo interesse. Abbiamo quindi imparato a vincere un po’ di timidezza iniziale facendoci le ossa anche con i gruppi di bambini delle elementari in modo da sondare il terreno e essere pronti per il grande evento che ci ha coinvolti la domenica. Ora non ci resta che ringraziare tutti coloro che hanno creduto in noi e ci hanno sostenuto durante tutta questa attività. Per quanto riguarda voi, gentili lettori, non possiamo che dirvi grazie per averci prestato attenzione sia in angolo che in questo articolo e cogliamo l’occasione per invitarvi l’anno prossimo a venire a trovarci nuovamente presso la famiglia Parolin dove cercheremo di portare avanti il nostro impegno con l’esposizione della coltivazione del tabacco.
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CULTURA - PAG. 8
Il palio di…Siena Duilio Fadda
“Chi dice palio dice Siena, chi dice panforte dice…” Così affermava un vecchio rèclame pubblicitario nel mitico Carosello degli anni ‘60 e ‘70 del 1900. Poco tempo fa, durante un mio viaggio a Siena, in visita a dei parenti residenti nella bellissima città toscana, ho avuto l’occasione di approfondire le mie scarne nozioni sul palio più famoso e spettacolare d’Italia e del mondo.
Ho incontrato prestigiosi e autorevoli contradaioli senesi e sono stato erudito sulla storia passata e presente della più nota manifestazione equestre di Siena. E voglio proprio cominciare a parlare del palio partendo dal cavallo: infatti questo meraviglioso animale è per i contradaioli senesi il vero ed unico eroe del palio. É lui che vince, è lui che corre, fatica, talvolta si ferisce, pur di raggiungere il traguardo e dare ai contradaioli la gioia di innalzare al cielo il “cencio” ovvero il palio. Ma, prima di questa importante giornata, c’è una procedura lunghissima per arrivare all’assegnazione del quadrupede. Si, perché il cavallo non è proprietà della contrada, ma viene assegnato con una estrazione a sorte. Già dal mese di febbraio tecnici e incaricati delle contrade passano al vaglio tantissimi animali, fino a selezionarne 60, che, sotto la lente d’ingrandimento dei tecnici e dei veterinari, vengono esaminati a lungo. Da 60 i cavalli prescelti diventano 30, poi dopo successivi controlli si riducono a 10 e cioè quelli destinati al palio. Le corse o
carriere in un anno sono due, il 2 Luglio, chiamato il palio di Provenzano, giorno della Madonna di Provenzano ed il 16 agosto, il palio dell’Assunta, nel giorno successivo alla Madonna dell’Assunta. Come si è detto il cavallo viene assegnato dopo una estrazione pubblica e dopo l’abbinamento alla contrada designata viene portato nella sede di quest’ultima e sottoposto alle cure dei contradaioli e del fantino, il quale lo prende in consegna per allenarlo gli ultimi 4 giorni prima della corsa. Come potete notare il cavallo viene scelto dalla sorte ed il fantino dalla contrada; quindi l’abbinamento fra i due è casuale, perciò quando la contrada sceglie un fantino deve essere certa che costui sia un ottimo conoscitore di cavalli e sappia dimostrare affetto e fiducia sul quadrupede, cioè l’etica e l’amore che il cavaliere
deve esprimere per il proprio destriero. Sul circuito di pietra intorno alla Piazza del Campo, ricoperto da uno strato di terra composto da una miscela di tufo, argilla e sabbia, prima del palio si corrono in tutto sei prove, durante le quali i fantini hanno la possibilità di conoscere meglio il comportamento del cavallo che monteranno e di farlo abituare alla Piazza, ai suoi rumori e ai ritmi propri della corsa. Anche le prove vengono seguite da numerosi contradaioli e turisti, sia in Piazza che sui palchi montati all’esterno della pista. A quel punto, dopo che i due hanno trascorso parecchio del loro tempo nelle prove, ciascuna contrada porta il cavallo alla benedizione che avviene nella cappella situata in ogni contrada, dopodiché sono pronti per la grande sfida. La sera prima della corsa o carriera, i contradaioli ed i simpatizzanti di ciascuna contrada, si riuniscono in un numeroso banchetto serale destinato ad essere ben augurante per i due protagonisti della gara; a questi convivi normalmente partecipano dai 1000 ai 3000 commensali per contrada, superando spesso oltre 30.000 persone fra tutte le contrade partecipanti. Le Contrade oggi esistenti sono 17 ma partecipano alla giostra solo 10 con un sistema che vige da 4 secoli. Ad esempio le 7 che non partecipano al prossimo Palio di luglio correranno “di diritto”
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al Palio di luglio dell’anno prossimo cui si aggiungeranno 3 tra le 10 che hanno corso scelte con un sorteggio. Stessa situazione per il Palio di agosto e cioè le 10 vengono decise da luglio a luglio e da agosto ad agosto consentendo la possibilità di correre almeno due volte in due anni salvo fortuna nei sorteggi. La vita da contradaiolo impone alcune piccole regole. Intanto, chi nasce in una contrada acquisisce il diritto/dovere di essere contradaiolo in quella determinata contrada per tutta la vita, infatti anche andando ad abitare in un’altra parte della città, in quei giorni di palio, il contradaiolo tornerà alle proprie origini; ma anche chi non è senese può diventare contradaiolo di quella specifica, sempre e solo dopo il battesimo alla Fontanina della contrada designata. Da un po’ di tempo a questa parte le sedi delle contrade stanno tornando ad assumere un ruolo che in passato aveva contraddistinto la vita nelle strade di Siena: le società di mutuo soccorso, come tanti anni fa, sono oggi diventate punto di riferimento per chi in tempi come questi è in sofferenza sociale. E ultimamente riescono sempre di più ad aggregare anziani e giovani alla vita comunitaria; ma soprattutto il Priore e il Capitano, le due figure di maggior spicco della contrada possono fregiarsi dei risultati positivi, con l’incremento ulteriore di presenze fra i giovani. Saranno poi questi a dare
continuità al palio di Siena. Circa una settimana prima del Palio viene presentato il Drappellone o Palio, che il Comune dà incarico di eseguire ad un artista locale o internazionale, l’artista locale dipinge il palio di luglio, l’artista nazionale o internazionale quello di agosto e, sempre in quest’occasione, come si diceva prima, avvengono le visite preliminari dei cavalli che si intendono presentare alla corsa. Il cencio o drappellone è il trofeo che ogni contrada vuol conquistare, perché in esso vi è una simbologia storica e magica. Storica perché fin dalle prime corse che si facevano fra il XII ed il XIII secolo il palio altro non era che un “Drappellone” di stoffa che, una volta conquistato, veniva regalato alla chiesa della propria contrada, la quale lo adoperava in vari modi, spesso lo donava ai più bisognosi o lo usavano per adornare la chiesa stessa; Magica perché nel cencio sono raffigurati i
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due maggiori protagonisti del palio cioè la Madonna che protegge il popolo ed il cavallo che rappresenta la forza del popolo, questi due elementi sono imprescindibili nel palio senese. Nella storia del palio c’è un altro elemento che dal 1620 circa non ha più avuto cambiamenti. Durante i secoli XII e XIII i nobili ed il popolo senese organizzavano palii alla Lunga, cioè con cavalli “scossi” sulle strade della città in un percorso che aveva un inizio ed una fine, altri correvano alla Tonda, cioè su un circuito, dove era ed è più godibile per tutti vedere la corsa, così come avviene ai nostri tempi, da allora ha prevalso questo secondo modo, forse perché… vanno scomparendo i nobili. Restano però i nobili d’animo, quelli che mi hanno concesso la possibilità di conoscere meglio il più bel palio d’Italia e del mondo. Grazie Siena.
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CULTURA - PAG. 10
A scuola con la storia Giovanna Fogliardi
Venerdì 20 aprile nell’Aula Magna del Liceo Scientifico “J. Da Ponte” di Bassano del Grappa, si è svolto un incontro/convegno dal titolo Didattica della storia: fonti archivistiche e filmati.
Inserita nell’ambito della XIV Settimana della Cultura, la manifestazione, promossa dalla Sezione d’Archivio di Stato in collaborazione con l’Assessorato alla Pubblica Istruzione del Comune e con il Liceo Scientifico “J. Da Ponte” di Bassano del Grappa, era rivolta agli insegnanti, agli operatori culturali, agli alunni e alla cittadinanza interessata. Ma perché occuparsi della storia dal punto di vista del suo insegnamento e dunque del suo apprendimento da parte dei ragazzi? Recenti indagini hanno rivelato che la storia è, ad oggi e non solo in Italia, una delle materie meno amate dalle giovani generazioni, addirittura più odiata della matematica. Si vive sempre più nel presente, bersagliati da innumerevoli messaggi che giungono da ogni parte e non c’è tempo, non c’è concentrazione per volgersi al passato. Ricorrenze di primaria importanza, quali l’appena trascorso 25 aprile, sono spesso ignorate nella sostanza, come gli stessi mass media hanno realisticamente ed apertamente divulgato. E allora c’è bisogno di proporre qualcosa di alternativo per riaccendere l’interesse nei confronti della storia, affinché scatti una scintilla che alimenti un fuocherello, perché la memoria del nostro passato sia consapevolmente vissuta anche dai giovani per la comprensione della propria identità. L’incontro sulla didattica della storia presso il Liceo “J. Da Ponte” ha voluto riunire varie proposte formalmente e strumentalmente diverse tra loro, tutte finalizzate ad aprire il dibattito sulla storia in connessione al suo insegnamento. Nel novembre 2010 fu organizzato nel medesimo luogo un convegno dal titolo De Gasperi: l’uomo e lo statista: un’occasione offerta a molte classi delle scuole superiori di Bassano del Grappa per avvicinarsi alla storia del Novecento, per incontrare la figlia di Alcide, Romana De Gasperi che, attraverso la testimonianza diretta, rendeva vivo il ricordo del padre e, al contempo, per ascoltare l’interpretazione della figura del grande statista attraverso le parole della storica contemporaneista Maria Garbari. Il senso dello Stato come garanzia di pluralismo nell’equità e non nel privilegio è il titolo e l’estrema sintesi dell’intervento della studiosa in merito all’illustrazione del percorso politico di De Gasperi, un cammino difficile, ma sempre coerente ed aderente ad un’alta etica volta al bene comune. Lo Stato come legalità delle istituzioni nell’interesse di tutti, garanzia di un’equità che non
consente privilegi: concetti chiaramente espressi dallo statista e fondamentali per la formazione dei giovani. Come riuscire ad usufruire anche in futuro, da parte delle persone che non erano presenti, del contenuto del convegno? Dal momento che non è stata prevista la pubblicazione degli atti, il Liceo “Da Ponte” ha realizzato un DVD nel quale è filmata l’intera manifestazione. Ora questo DVD è in distribuzione per usi didattici tramite l’Assessorato alla pubblica istruzione del Comune di Bassano del Grappa. A presentarlo, nel corso del recente incontro, è intervenuto Paolo Pozzato, docente del Liceo e noto storico locale. Sono stati proiettati alcuni significativi spezzoni del filmato, introdotti da interessanti considerazioni sulla didattica della storia, soffermandosi sulle più recenti proposte in fase di programmazione per i ragazzi delle scuole bassanesi, in particolare in vista del prossimo anniversario dedicato alla Grande Guerra. Giovanni Marcadella, direttore della Sezione d’Archivio di Bassano del Grappa, ha presentato gli atti del Convegno tenutosi a Trento nel novembre 2008, pubblicati nella collana Saggi della Direzione Generale degli Archivi nel 2010. Gli archivi ispirano la scuola. Fonti d’archivio per la didattica, a cura di Giovanna Fogliardi e Giovanni Marcadella è un volume che raccoglie alcune tra le più significative e recenti esperienze di didattica “degli” e “negli” archivi. La prima parte della pubblicazione illustra le linee di indirizzo ministeriale ed approfondisce alcune tra le più significative esperienze elaborate in Italia negli ultimi dieci anni, a partire soprattutto dall’emanazione della Carta di Treviso sui diritti della storia locale (1995), fino ai più recenti convegni di Catania e di Modena. Il documento d’archivio è il punto di partenza per la costruzione della microstoria, in grado di rendere protagonisti i ragazzi che, coinvolti nei laboratori didattici, scoprono un nuovo e diverso approccio alla storia. La seconda parte degli Atti del convegno trentino sintetizza quanto si è fatto e si sta facendo nell’ambito della didattica delle fonti nel territorio regionale del TrentinoAlto Adige, esponendo, mediante esempi concreti di collaborazione tra archivisti, insegnanti ed operatori culturali, esperienze di didattica della storia con l’ausilio delle fonti documenta-
rie, condotte nelle istituzioni scolastiche, negli archivi e nei musei. La scuola ha sempre avuto bisogno del patrimonio culturale su cui fondare la propria didattica e i saggi contenuti nel volume offrono ai docenti ed agli operatori del settore, un ventaglio di qualificate esperienze nell’ambito della didattica mediante l’utilizzo delle fonti archivistiche. Nella terza parte dell’incontro Giovanna Fogliardi, responsabile del Servizio di didattica della Sezione d’Archivio di Bassano del Grappa, ha illustrato l’attività rivolta alle scuole recentemente avviata, grazie anche alla collaborazione con tutors volontari – Antonietta Noschese, Franco Scarmoncin, Lucia Verenini e Cristiana Vianello – che sono al contempo ricercatori, conoscitori della documentazione conservata in Istituto, ed ex-insegnanti. A partire dall’interesse manifestato per recente la mostra “In attesa del tricolore... Uomini e istituzioni nel Vicentino e a Bassano tra il 1848 e il 1866”, alcuni docenti di scuole medie e superiori, hanno accolto la proposta di realizzare laboratori archivistici; l’avvio del progetto è stato più che soddisfacente, se addirittura qualche studentessa ha mostrato un tale entusiasmo, da chiedere di proseguire le ricerche accompagnata dai genitori (l’accesso agli archivi di Stato è libero a partire dai 18 anni). Sono state esposte le modalità di preparazione e di conduzione dei laboratori, al fine di indurre i ragazzi all’acquisizione del metodo di ricerca sulle fonti archivistiche e, ancora prima, sull’informazione bibliografica che sta a monte. Ciò che rende avvincente l’esperienza in archivio è la scoperta che chiunque può contribuire ad aggiungere piccoli tasselli alla storia: si tratta della storia locale, di istituzioni periferiche, ma soprattutto della storia delle persone, delle vicende umane in rapporto con la cultura e con l’ambiente dell’epoca indagata. Se l’indagine archivistica privilegia la storia, tuttavia stimola collegamenti anche con le altre materie curriculari, dall’italiano, alla geografia, al diritto, alle scienze naturali ecc. In coda, ma non perciò meno degna d’attenzione, è stata la presentazione da parte dello storico Franco Scarmoncin – anch’egli ex insegnante e tutor dei laboratori archivistici – del DVD, realizzato dal Servizio di didattica come introduzione alla mostra citata (con la collaborazione della voce narrante di Anna Branciforte). Sono 13 minuti di filmato incentrato sulla storia bassanese dall’arrivo di Napoleone all’annessione del Veneto al Regno d’Italia, anch’esso in distribuzione tramite l’Assessorato alla pubblica istruzione del Comune di Bassano del Grappa. Senza pretese di fornire nuovi contributi scientifici, il filmato è una buona sintesi degli studi sinora approntati in materia; accolto spesso con applausi dai ragazzi alla sua proiezione, anch’esso può essere uno strumento alternativo ed efficace per avvicinare i giovani alla storia.
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Festa provinciale delle Pro Loco e dei prodotti enogastronomici “Le Pro Loco sono associazioni che da sempre operano per la promo- Chiara Gottardi zione e la tutela del territorio e delle sue tipicità - afferma il Presidente provinciale dell’Unpli Giorgio Rossi - con la festa dei prodotti De.Co. vorremmo proporre un gustoso percorso enogastronomico attraverso i sapori, i profumi e le tradizioni culinarie della nostra provincia, alla scoperta delle tipicità di ogni Comune che non sono certo poche”. Domenica 22 aprile presso il Parco di Villa Tacchi London a Vicenza si è svolta con un successo, nonostante il maltempo, la prima edizione della “Festa Provinciale delle Pro Loco e dei prodotti a denominazione comunale, De.Co.”. La manifestazione è stata organizzata dall’Unpli Vicenza con il Tavolo di Coordinamento dei Comuni De.Co. la Magnifica Confraternita dei Ristoratori De.Co. e con il sostegno del Comune di Vicenza, della Provincia, della Coldiretti e del Consorzio di Promozione turistica Vicenzaè. “Le denominazioni comunali (De.Co.) non sono un marchio di qualità - puntualizza Paola Franco, coordinatrice del tavolo territoriale -, ma rappresentano la carta di identità di un prodotto, una attestazione del sindaco che lega un prodotto al luogo storico di origine, insomma un significativo valore identitario per una comunità. E si stanno espandendo in molti prodotti che vengono tutelati e protetti”. La Denominazione Comunale è nata da un’idea del compianto Gino Veronelli e, ad oggi, è già stata adottata da oltre 400 comuni italiani, alcuni dei quali, della provincia di Vicenza, erano presenti alla Festa provinciale del 22 aprile. Infatti, durante la manifestazione sono stati presentati ed illustrati da Pietro Collareda, esperto del settore enogastronomico, i prodotti tipici e De.Co. vicentini. Prodotti che rappresentano un’eccellenza del nostro territorio e che contribuiscono a renderlo famoso anche all’estero: tra questi c’erano il baccalà alla vicentina, il riso di Grumolo delle Abbadesse, i piselli di Lumignano, i bucatini alla lughese, la farina di Marano, il capretto bianco di Gambellara, le trote di Altissimo e Cresole, gli gnocchi con la fioreta, formaggi, salumi particolari come la Cincionela con la rava di Chiam-
po, la bondola di Torrebelvicino e la sopressa di Valli del Pasubio, un orto ricco di gusto: radicchio di Asigliano, patata di Rotzo, mele e pere di Lusiana, la mela rosa di Caltrano, il broccolo fiolaro di Creazzo, gli asparagi di Marola, gli spaghi di Dueville, la carota bianca di Monticello Conte Otto, il sedano di Rubbio. E poi ancora marroni, noci, ciliegie, tartufo, olio, vini, liquori, mostarda, composte, dolci e formaggi vari. Presente all’evento anche il Consorzio Pro Loco Grappa Valbrenta, associazione con sede a Romano d’Ezzelino che raggruppa 14 Pro Loco del territorio: Bassano, Campolongo sul Brenta, Cartigliano, Cassola, Cismon del Grappa, Mussolente, Pove del Grappa, Romano d’Ezzelino, Rosà, Rossano Veneto, San Nazario, Solagna, Tezze sul Brenta, Valstagna. I prodotti presentati dal Consorzio Grappa Valbrenta durante la festa hanno rappresentato solo alcune delle molteplici tipicità enogastronomiche che caratterizzano il ricco e variegato territorio che si estende lungo il Canal di Brenta. L’enogastronomia in Valbrenta infatti, è
una risorsa culturale importante che consta di una ricca varietà di prodotti locali, molti dei quali sono riconosciuti ed apprezzati a livello internazionale. Per questo motivo le Pro Loco del Consorzio Grappa Valbrenta si stanno attivando al fine di ottenere la Denominazione Comunale per i propri prodotti. L’impegno in questa direzione è importante perchè, come ha sostenuto Dino Secco, Vicepresidente della Provincia di Vicenza, “oggi i prodotti De.Co sono prodotti di nicchia eppure sempre più diventano biglietti da visita che finiscono con il dare visibilità ulteriore alle nostre eccellenze e al nostro territorio”. Tutelare e valorizzare in primis la produzione tipica del mondo agricolo, i piatti della tradizione e i prodotti artigianali di eccellenza significa difendere la dimensione “locale” dal diffuso fenomeno della globalizzazione, la quale tende ad omogeneizzare prodotti e sapori. Per raggiungere questo obiettivo è necessario che Consorzi Pro Loco, Comuni, Provincia, Regione e associazioni di categoria collaborino per promuovere e migliorare il territorio, organizzando sempre più eventi e manifestazioni simili alla Festa provinciale, la quale ha sancito un’intesa definitiva tra Consorzi Pro Loco e produttori locali.
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APPUNTAMENTI - PAG. 12
Con gli alpini di Romano sui sentieri dei soldati del Grappa 2 giugno 2012, Ca’ Tasson e Monte Pertica Valter Brunello
Il prossimo 2 giugno andiamo con gli Alpini di Romano nell’alta Valle delle Bocchette, una conca glaciale sotto il versante settentrionale di Cima Grappa, tra il Costone di Ca’ Tasson e la cima del Pertica, comune di Seren del Grappa, provincia di Belluno.
Nella foto: Val delle Bocchette e Cima Grappa da nord
Pagina a fianco: Locandina dell’evento Malga Bocchette di Cima nel primo dopoguerra (foto Archivio Dal Molin)
Il ritrovo è a Malga Bocchette di Cima, che si raggiunge da Romano proseguendo oltre il bivio per Cima Grappa lungo la strada provinciale n. 148 in direzione Feltre, fino all’albergo del Forcelletto. Si devia quindi a destra in discesa fino alla malga ben visibile sotto la nave del Grappa: nostra base di partenza e arrivo. L’itinerario corre quasi integralmente sull’Anello Naturalistico del Grappa - unica variante è l’ascensione alla cima di Monte Pertica - in gran parte sulla strada di arroccamento che aggira a nord la cima del Grappa. Questa strada venne costruita dall’esercito italiano nel 1916 in concomitanza alla strada Cadorna, ma già dal dicembre 1917 quando si stava completando la Galleria Vittorio Emanuele III, fino alla fine del conflitto, buona parte della strada rimase in mano austroungarica: il tratto che va dal Pertica fino alla “Svolta” di Ca’ Tasson. Si parte da Malga Bocchette di Cima, 1345m, direzione NE, fino a incrociare la strada sterrata di arroccamento. Si sale al rifugio Bocchette, 1322m, e si prosegue per abetaie in leggera salita fino a “La Svolta”. Stiamo attraversando il Costone di Ca’ Tasson, 1427m. Dal dicembre 1917 (Battaglia di arresto) al giugno 1918 (Battaglia del Solstizio) la linea italiana scendendo dal costone arrivava fino ad intersecare qui la nostra stra-
da. Dopo gli eventi di giugno 1918 la linea italiana fu arretrata fino al “Roccolo”, a metà del costone di Ca’ Tasson. Alla Svolta ci imbattiamo in un rustico altare con cimeli bellici. Pochi metri oltre l’altare si scorgono due rocce contrapposte, distanti tra loro solo quattro metri: le postazioni avanzate italiana e austriaca. Appena sopra al tornante c’è una lapide a ricordo di Ettore Viola, capitano degli Arditi del VI reparto d’assalto di stanza ad Apocastello di Borso. Il capitano Viola guadagnò qui per il colpo di mano del maggio 1918 la croce di cavaliere dell’Ordine militare di Savoia e ancora qui, per l’azione del settembre 1918, la Medaglia d’Oro al Valor Militare, onorificenze che si sommano ad altre due medaglie d’argento conseguite per precedenti gesta sul Carso, e al titolo di ‘Conte di Ca’ Tasson’ che gli fu concesso dal re dopo la guerra. Ettore Viola riposa ora nel sacrario di Cima Grappa. Il generale Gaetano Giardino, sua moglie Margherita, e Viola sono i soli sepolti nel sacrario che non siano caduti in guerra. Il Costone di Ca’ Tasson è una dorsale parallela a ovest di quella di Monte Ca’ Tasson, con direttrice NNE, più basso e tondeggiante, tra Val delle Bocchette e Val dei
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Pez, ricoperto da fitto bosco di abeti. A metà della dorsale sorgeva anticamente la malga Ca’ Tasson, da cui il nome, di cui sono ancora visibili ruderi nei pressi di quota 1500m, ma la malga era già in rovina ai tempi della prima guerra mondiale. Monte Ca’ Tasson invece identifica una modesta cresta rocciosa e boschiva che si sviluppa dalla nave del Grappa a scendere in direzione Nord fino all’intersezione tra Val dei Lebi, a est, e Val dei Pez, a ovest. Si riprende aggirando il Costone di Ca’ Tasson, sulla comoda strada in leggera salita attraverso boschi di abeti, con lo sguardo che si apre sulle valli dei Pez e dei Lebi e infine sui Solaroli, fino al Cason dei Lebi, 1500m, ristoro. Si sale per due tornanti. La strada prosegue fino a Cima Grappa, mentre noi al segnavia prendiamo a destra il sentiero “Anello Natura del Grappa - Le Giarine - Monte Pertica”. Si salgono i cento metri di un ripido sentierino nel bosco di faggi, passando sul bordo dello “Spironcion dei Lebi” (profondità 94m, sviluppo 103m) e “Alessandro Scolaro” (profondità 65m, sviluppo 360m), fino a scollinare su un prato a 1600m, con la vista che si apre sulla conca delle Giarine, dominata dall’osservatorio della nave del Grappa. Attraversiamo il fondo del pendio detritico delle Giarine fino allo spartiacque di Valle delle Bocchette e Val del Busetto (Val Cesilla). Su tutta la zona si notano segni di fortificazioni, trincee, gallerie. Lo scoglio delle Giarine, l’occhio dei Lebi, l’occhio dei Pez erano l’ultimo presidio prima della roccaforte di Cima Grappa. Da qui la trincea italiana scendeva lungo il Costone di Ca’ Tasson fino alla Svolta. La prima linea italiana si distendeva da est ad ovest, dal Col dell’Orso, passando per malga Valpore di Cima, la sella del Pertica e oltre la Val Cesilla fino all’Asolone. La linea austriaca correva appena più in basso, passando da malga Valpore di Fondo attraverso la Valle delle Bocchette fino all’albergo del Forcelletto da cui risaliva la cima del Pertica. Dallo spartiacque, 1627m, si scende su prato attraverso le trincee italiane fino alla sella del Pertica, quota 1525m, dove si incrocia la strada di arroccamento che scende il versante ovest di Cima Grappa verso la Valle delle Bocchette. Si sale per prato il versante Sud di Monte Pertica fino ai 1549m della cima dove è posta la croce. Siamo su uno dei campi di battaglia tra i più insanguinati del Grappa. Sul Pertica, posizione di importanza decisiva per arrivare alla Cima del Grappa, vi fu un susseguirsi continuo di contese, a partire dal novembre ’17 nella battaglia d’arresto. La sua cima, sempre sotto il tiro delle artiglierie, venne contesa senza tregua dall’una e dall’altra parte, fino all’ottobre ’18, da dove partirono i primi gli assalti italiani della battaglia che pose fine al conflitto. Le azioni del 24, 25 e 26 ottobre costarono al solo XVIII reparto d’assalto Fiamme Nere, di stanza a Villa Fietta di Paderno del Grappa, la perdita di sei ufficiali morti e di 13 ufficiali feriti; al XVIII reparto, per le azioni sul Pertica, vennero concesse sul campo ben due Medaglie d’Oro (S.Ten. Ponzio di San Sebastiano e Cap. Leopardi) e 19 Medaglie d’Argento. I caduti sul Grappa da entrambe le parti furono quasi 25.000. La didascalia della foto sopra riporta: “Sul prativo della foto, partendo dal Costone di Ca’ Tasson, la Brigata Cremona, nei giorni 24-25-26 (ottobre 1918), tentò inutilmente di conquistare il caposaldo austriaco del Forcelletto. La conquista di Malga Bocchette di Cima, costò ad una compagnia di un Btg. della Brigata Cremona il 25 ottobre, la perdita dei sei ufficiali della compagnia.” Si scende infine direttamente il versante Nord del Pertica, per bosco di abeti e larici senza sentiero tracciato, ma agevole, fino all’uscita albergo del Forcelletto, 1396m, sulla strada per Feltre che qui tocca la strada di arroccamento che si percorre fino al tornante e infine per prati si arriva a Malga Bocchette di Cima, 1345m.
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Social Day 2012: di nuovo un successo! Sara Bertacco
Ritorna anche quest’anno il consueto appuntamento con il SOCIAL DAY, giornata dedicata a semplici attività di lavoro, utili alla collettività.
Sabato 28 aprile scorso si è svolto con successo il Social Day - Edizione 2012 che ha visto protagonisti per una intera mattinata i ragazzi delle due classi terze della scuola secondaria di primo grado di Valstagna, accompagnati dai loro insegnanti, e i volontari di Protezione Civile e Antincendio Boschivo appartenenti al Coordinamento “Brenta Monte Grappa” del Comune di Romano d’Ezzelino. Tutto lo staff del Coordinamento aveva preparato nei dettagli la giornata, supportati in particolare dai volontari dell’Associazione di San Nazario per la parte organizzativa dal momento che quest’anno i ragazzi avrebbero trascorso il loro Social Day proprio nei sentieri della Valduga e del Pian Farnè in territorio di San Nazario. Quest’uscita è stata inoltre preceduta da un incontro formativo in classe con i ragazzi e con i professori, durante il quale sono state affrontate le più svariate tematiche relative al volontariato e alla Protezione Civile. Ai ragazzi sono state mostrate anche le esperienze passate del Social Day attraverso la visione di alcuni filmati che vedevano i loro coetanei impegna-
ti in semplici lavori manuali utili alla comunità intera, nel pieno rispetto degli obiettivi dell’iniziativa. Lo scopo del Social Day infatti non è tanto quello di far vedere come operano e lavorano le varie Associazioni di volontariato presenti nel nostro territorio, quasi si volesse pubblicizzare l’operato delle singole realtà associative; con questa iniziativa si vuole piuttosto coinvolgere direttamente i ragazzi a “sporcarsi le mani” e lavorare per gli altri, per il bene comune, e riuscire a trasmettere loro l’importanza di alcuni valori che stanno alla base di una sana crescita umana e sociale. Il Social Day, attraverso questi piccoli lavoretti dei nostri giovanissimi, serve anche per raccogliere fondi destinati a progetti di impegno sociale nei paesi in via di sviluppo. I 52 ragazzi sono arrivati preparati all’appuntamento: alle ore 8.30 sono arrivati sul posto e, guidati dai volontari del Coordinamento “BMG”, hanno percorso i sentieri della Valduga dove sono iniziate le attività: divisi in dieci gruppi di lavoro e dotati degli appositi D.P.I. (dispositivi di protezione individuale, ovvero guanti e caschetti),
i giovani studenti hanno provveduto alla sistemazione di alcune panchine lungo il sentiero, alla ricostruzione di una masiera franata, alla verniciatura dei tavoli e delle panche presenti nell’aula didattica del Pian Farnè e delle staccionate lungo il tracciato che porta fino a località Prae. Al termine delle attività, i ragazzi hanno potuto assistere ad una lezione di scienze sul posto, ascoltando le interessanti nozioni botaniche del Sig. Campana Eugenio sulle piante di maggiore interesse del luogo. Il Presidente del Coordinamento Cav. Bettiati Italo si è invece soffermato sul significato della giornata Social Day facendo riflettere i ragazzi su quanto da loro fatto, per gli altri ma soprattutto per loro stessi che vivono e appartengono ad una realtà naturale, ad un territorio che è loro e che tanto sa offrire se viene conosciuto e rispettato. Gli insegnanti presenti hanno espresso un vivo apprezzamento per l’esperienza vissuta, e visti i risultati ottenuti e l’entusiasmo dei ragazzi, hanno auspicato che la scuola possa aderire sempre più spesso a iniziative del genere.
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Festa dell’associazione UTA Lo scorso 26 marzo si è svolta l’annuale festa dell’associazione UTA Onlus di Romano d’Ezzelino: il momento di incontro tra tutti i soci è coronato dal pranzo sociale, accompagnato dall’assemblea che riporta la relazione del consiglio direttivo presieduto dal dottor Marzio Melandri, il rendiconto finanziario approvato all’unanimità, la relazione del tesoriere. Il punto di forza dell’associazione, che sostiene i due ospedali africani della congregazione religiosa dei Fatebenefratelli di Tanguietà nel Togo e di Afagnan nel Benin, è la trasparenza: i contributi di tutti sono finalizzati a obiettivi determinati, ed ogni benefattore può scegliere per quale progetto versare le proprie quote. Inoltre l’invio di bonifici di importo esattamente uguale al valore dei lavori finiti negli ospedali di Tanguietà ed Afagnan permette che i soldi inviati vengano subito utilizzati per i pagamenti effettivi e non si disperdano nelle banche africane. A dimostrare l’apprezzamento per le opere del gruppo ci pensano i numeri, 50 soci ordinari e 288 soci benemeriti, 18 in più rispetto al 2010, nonostante il periodo di crisi economica che sta colpendo tutti e che la portato le sue conseguenze anche sulle casse dell’UTA. Il tesoriere Remo Facchinello infatti ha evidenziato la differenza di entrate rispetto al 2010 (545.000 euro rispetto a 990.000). Ciononostante si sono portate a compimento la ristrutturazione dei reparti di pediatria, di maternità, la ricostruzione delle sale operatorie e la costruzione di radiologia, continuando in parallelo la raccolta fondi per poliomielitici, per bambini denutriti e per malati poveri nei due ospedali gestiti dai Fatebenefratelli a sostegno dei quali UTA è nata. Per i quindici anni dell’UTA a maggio è prevista una mostra a palazzo Bonaguro a Bassano che riporterà
tutti i risultati raggiunti. A luglio sarà la volta di “Back to Africa”, l’incontro con la cultura alfricana che
quest’anno per festeggiare il decennale dalla nascita proporrà un CD con 11 canzoni inedite scritte e cantate da entusiasti volontari. Nell’attesa di questi avvenimenti vi presentiamo le magliette del Back to Africa 2012. É stato anche l’anno del rinnovo delle cariche. Le nuove votazioni hanno confermato la fiducia ai vecchi consiglieri e il consiglio direttivo è rimasto quasi invariato: riconfermato presidente per i prossimi 3 anni il dottor Marzio Melandri, primo vicepresidente rimane fra’ Luca Beato, secondo vicepresidente Giuseppe Andriollo; tesoriere rimane Remo Facchinello, mentre l’unico volto nuovo è quello del segretario, Antonio De Gasperi che prende il posto della sempre presente Carmen Dissegna.
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RIFLESSIONI - PAG. 16
Bimbi e mamme il vero futuro… Serena Campagnolo
Tra le nuove necessità che i genitori manifestano, stretti tra gli impegni lavorativi e sociali, la mancanza di figure parentali di responsabilità e riferimento, c’è quella della custodia dei figli e la risposta al bisogno di giocare che spesso finisce con l’essere “dimenticato”, scavalcato delle altre priorità.
Di conseguenza i ragazzi entrano nella fase adulta della vita a volte saltando letteralmente questa fase formativa basilare, con effetti negativi sullo sviluppo della manualità e della socialità. In effetti sperimentano la solitudine come normale condizione di vita (famiglie con pochi figli, nelle quali quasi sempre lavorano entrambi i genitori) inoltre, da nativi digitali quali sono, vivono immersi nella fruizione di prodotti tecnologici (computer, internet, cellulari, MP3) al passo con i tempi. Una vecchia invenzione americana – la Toy Library o Biblioteca dei giocattoli – viene spesso utilmente ripresa in considerazione. In Italia è conosciuta con il nome di Ludoteca: un posto dove i giochi hanno un ruolo protagonista nella vita dei ragazzi a seconda di tutte le tipologie possibili: giochi di ambientazione, affettivi, di strategie, parole, percorsi, movimento, costruzioni, tradizionali… I giochi sono più numerosi di quanto mai i ragazzi singolarmente e privatamente possano disporre e potranno essere fatti acquistare dall’ente preposto e presi a prestito. Molte amministrazioni comunali ma anche privati, con una tradizione di lungo corso, molto forte e consolidata in Veneto, Emilia Romagna e Toscana dove la percentuale si attesta al 62,68%, promuovono l’istituzione di Ludoteche. Questi spazi-gioco possono essere frequentati dai bambini assieme ai familiari (nonni, genitori, persone di fiducia incaricate). Sono luoghi protetti e su misura dove i ragazzini, distinti per fasce d’età e seguiti da educatori preparati, possono sperimentare forme di autonomia nella conoscenza reciproca e dei giochi, a breve distanza dalle figure di riferimento che nel frattempo possono socializzare. Questa è un punto molto interessante perché oltre a consentire la compartecipazione e
la corresponsabilità educativa si possono verificare momenti di interazione fra genitori e figli e di incontro tra i vari genitori che possono così conoscersi e scambiarsi esperienze. Le Ludoteche richiedono spazi privi di barriere architettoniche e che si possono facilmente ripartire in zone per giochi liberi, giochi da tavolo, lettura, laboratori, animazione teatrale e musicale. Gli spazi vengono messi a disposizione dai Comuni che li possono gestire direttamente o affidandoli a terzi con apposite convenzioni, garantendo in ogni caso un monitoraggio volto a verificare il buon andamento dell’attività (frequenza, gradimento) normato da regolamenti che definiscono anche il calendario, gli orari, le iscrizioni, l’uso dei materiali, le attività e le tariffe. Le ludoteche oltre ad offrire un servizio per il territorio, ad essere un luogo di recupero delle tradizioni popolari, possono offrire attività complementari a quelle curricolari scolastiche, inoltre, grazie alle loro caratteristiche, possono favorire la conoscenza e l’integrazione con l’handicap, la prevenzione o il recupero del disagio minorile, contribuire a supportare l’assistenza ai bambini in ospedale. L’attenzione rivolta ai ragazzi è certamente fondamentale ma non lo è da meno quella da riservare ai loro genitori, in particolar modo alle mamme, specie se lo sono diventate da poco. In tutte le epoche sono esistite forme di assistenza e supporto alle donne all’interno delle famiglie e nella rete sociale più prossima. In tempi relativamente recenti si è assistito a dei fenomeni che ne hanno decretato la scomparsa, tra i quali: lo studio prolungato fino ed
oltre l’Università, il lavoro, la carriera, progetti di famiglia e gravidanza tardivi. Non esistono più famiglie numerose che un tempo garantivano aiuto e dove l’esperienza veniva trasmessa dalle madri alle figlie. Questo ha creato vuoti spesso di difficile gestione proprio nel momento in cui le neo mamme che hanno partorito si trovano sole, con dubbi e paure, sviluppando forme di disagio relativamente all’inadeguatezza e alla negazione dei problemi con la conseguente coscienza di aver bisogno di aiuto. Infatti soprattutto il periodo successivo al parto introduce a una fase della vita estremamente delicata nella quale molte donne sperimentano stanchezza e preoccupazioni legate non solo alla nuova condizione (i nuovi nati dipendono in tutto da loro) ma anche a un calo fisiologico dei livelli ormonali a garanzia del benessere. E’ possibile pensare a delle campagne di “informazione e formazione” con corsi cui partecipano psicologi, pediatri e ostetriche relativamente ai periodi prima e dopo il parto ma anche a favorire l’istituzione di un servizio gestito da donne (anche pensionate e volontarie) che sia punto di riferimento alcuni in giorni alla settimana tramite uno sportello informativo che indirizzi le utenti o degli aiuti di assistenza. Concretamente in molte realtà comunali si sono progettate e avviate delle visite domiciliari gratuite da parte di figure professionali specifiche nelle prime settimane di vita del bambino e si sono creati spazi incontro per i neo genitori e i loro piccoli dove affrontare percorsi specifici (massaggio infantile, corso di primo intervento neonatale, consulenze ostetriche e pediatriche). Si tratta dunque di ripartire dalle famiglie e dalle necessità basilari sempre più spesso seppellite dal cumulo di diverse urgenze che distolgono l’attenzione e scalzano l’ordine, a questo punto diciamolo pure, d’importanza e di priorità. Si dedica questa riflessione come breve spunto per dare attenzione alla cura della cellula di base della società civile che è la famiglia.
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RIFLESSIONI - PAG. 17
Codice paterno… Un tempo il padre, il capo famiglia, trascorreva fuori casa gran parte Cinzia Bonetto della giornata. Non si occupava dell’accudimento dei figli, specie dei più piccoli, ma stabiliva le regole e guidava la loro educazione. Era amorevole, ma distante. La cura, l’intimità e la confidenza erano prerogative delle mamme. A partire dagli Anni Settanta e nel corso dei decenni successivi, è emerso un nuovo tipo di padre: permissivo, amico dei figli, impegnato fuori casa, ma più presente nella gestione affettiva e organizzativa della famiglia. Il risultato di questo cambiamento è che oggi gli uomini devono reinventare il loro ruolo, senza potersi rifare ai modelli delle generazioni precedenti. Un compito impegnativo, che può generare dubbi e tensioni familiari. Il tema è complesso perché stiamo analizzando una trasformazione, quella del diventare e dell’essere padre, in corso d’opera e gli elementi in gioco non sono ancora del tutto chiari. L’immaginario collettivo si adegua con grande lentezza ai cambiamenti dei modelli genitoriali. Anche se oggi gran parte delle mamme lavora fuori casa e gli uomini sono più presenti e partecipi nella vita familiare, i vecchi stereotipi tardano a tramontare e influenzano persino i più piccoli, che pure dovrebbero conoscere in prima persona la realtà della famiglia moderna. Per scardinare questi pregiudizi, promuovere una nuova consapevolezza dell’importanza del lavoro di cura della famiglia e della necessità che tutti vi siano coinvolti, uomini e donne, bisogna sensibilizzare i giovani, a partire dalle scuole. Solo così, il cambiamento che oggi accenna a manifestarsi potrà arrivare a pieno compimento nelle prossime generazioni. Ai nostri giorni, si può dire che l’immagine del padre prevalentemente come procacciatore dei mezzi di sussistenza materiale della famiglia e come riferimento disciplinario (lo dico a papà) è sempre meno diffusa. Le ragioni di questo cambiamento sono di tutta evidenza: anche le madri lavorano e, mentre contribuiscono al reddito familiare acquisendo così un peso del tutto nuovo, tendente al paritario rispetto al coniuge, il loro impegno nei confronti dei figli non può essere più totalitario come lo era nel passato. di qui la necessità
che il padre partecipi più direttamente alla gestione pratica della famiglia e in particolare all’allevamento e all’educazione dei figli. Accanto a questa fondamentale causa socioeconomica, vi sono anche altre, più profonde, meno esplicite ragioni del sempre maggiore coinvolgimento dei padri nei confronti dei propri bambini.Sinteticamente, si può riscontrare un crescente sentimento di paternità, non più limitato al desiderio biologico di assicurarsi una discendenza e di confermare la propria virilità, bensì di realizzare attraverso i propri bambini la parte migliore di sè, ciò che si sarebbe voluto essere e non si è stati, donando tutto ciò che si avrebbe voluto avere e non si è avuto. Oggi prevale la famiglia nucleare, coniugale oppure di convivenza, costitutita dal padre, dalla madre e da uno o due figli. Sempre più numerose sono le famiglie costituite da un solo genitore con uno o più figli, e le famiglie e le convivenze che si vengono a formare fra persone separate o divorziate con la comparsa del cosiddetto “terzo genitore”, il cui ruolo può essere in conflitto con quello del genitore naturale. Vi sono poi le famiglie ricomposte, in cui i bambini vivono con il genitore al secondo o anche al terzo matrimonio, convivendo quindi con adulti differenti dai genitori naturali. La figura paterna, le sue funzioni e la sua importanza devono essere considerate tenendo conto di questo complesso e difficile contesto. La natura aiuta la donna a entrare progressivamente nel suo ruolo di madre. I cambiamenti della gravidanza non trasformano solo il corpo, ma anche la mente della futura mamma. Il futuro padre, che non ha modo di speri-
mentare su di sé l’esperienza dell’attesa, la vive invece come un evento distante dalla propria realtà. È di fatto uno spettatore, anche se può essere più o meno coinvolto. C’è poi la sfera delle emozioni: chi teme che l’arrivo del bambino possa compromettere l’equilibrio della coppia, chi ha paura di non essere in grado di prendersi cura del figlio e c’è anche chi si identifica con la propria partner a tal punto da soffrire sintomi fisici: mal di schiena e coliche che mimano i dolori del travaglio. È un fenomeno più frequente di quanto si creda. Alla nascita, poi, c’è chi prova da subito un forte coinvolgimento con il neonato e chi vive un senso di estraneità. Attenzione, però, avvertono gli esperti, che il desiderio legittimo dei padri di partecipare attivamente alla cura dei figli non li spinga a confondere il proprio ruolo con quello materno. I mezzi di comunicazione amano enfatizzare il cosiddetto “mammo”, cioè l’uomo che dimostra una sensibilità di tipo femminile. I ruoli materno e paterno, però, non sono interscambiabili. Il padre che imita il comportamento della sua compagna rischia di diventare un supplente della mamma, anziché sviluppare con i figli un rapporto originale e personale, indispensabile ai bambini per differenziarsi dalla madre e cominciare a sperimentare la propria autonomia. Possiamo dire che nel difficile processo di inventare un nuovo ruolo paterno, gli uomini devono fare i conti con le aspettative delle loro compagne e con i pregiudizi e i luoghi comuni ancora radicati nella società.
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NOTIZIE IN BREVE - PAG. 18
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DEFUNTI - PAG. 19
Margherita (Rita) Orsato
Antonio D’Agostini
Giorgio Lazzarotto
83 anni 11 aprile 2012
85 anni 14 aprile 2012
58 anni 15 aprile 2012
ved. Spigarolo
Ci hanno lasciato Mirella Donazzan
Valerio Donazzan
50 anni 15 aprile 2012
82 anni 15 aprile 2012
Giovanna Carlesso ved. Camazzola 91 anni 20 aprile 2012
Rodolfo Bertoncello
84 anni 20 aprile 2012
82 anni 22 aprile 2012
Punti rinnovo soci
Uffici Postali, Centri Parrocchiali, Banca di Credito Cooperativo.
ved. Perotto 89 anni 17 aprile 2012
Ottavio Angelone
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