Nuovo Ezzelino - Ottobre 2014

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39O ANNO / nO 418 / OTTOBRE 2O14

IL NUOVO EZZELINO - Mensile di informazione e cultura edito dalla Pro Loco di Romano in distribuzione gratuita ai soci. Poste Italiane S.p.A. - Sped. A.P. – D.L. 353/2003 - (conv. In L.27/02/2004 n.46 - Art. 1, comma 1, DCB Vicenza. Autorizzazione del Tribunale di Bassano del Grappa n. 2/1975


La copertina a parole… 39O ANNO / nO 418 / OTTOBRE 2O14

IL NUOVO EZZELINO - Mensile di informazione e cultura edito dalla Pro Loco di Romano in distribuzione gratuita ai soci. Poste Italiane S.p.A. - Sped. A.P. – D.L. 353/2003 - (conv. In L.27/02/2004 n.46 - Art. 1, comma 1, DCB Vicenza. Autorizzazione del Tribunale di Bassano del Grappa n. 2/1975

Nell’altalena della vita la gioia e l’allegria di grandi e piccini

Sommario 3

Mensile di informazione e di cultura della Pro Loco di Romano d’Ezzelino

Ottobre 2O14 Foto di: Antonio Bordin Per la Pro Loco di Romano: Maurizio Scotton Direttore Responsabile: Dario Bernardi In redazione: Sara Bertacco, Cinzia Bonetto, Maurizio Carlesso, Gianni Dalla Zuanna, Duilio Fadda, Stefania Mocellin, Christian Rinaldo, Serena Campagnolo. Via G. Giardino, 77 Romano d’Ezzelino (VI) Tel. 0424 36427 proromano@libero.it redazioneproromano@gmail.com Poste Italiane Spa - Sped. A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza

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Tutti i diritti riservati Quote soci: • ordinario nazionale € 1O,OO* • ordinario nazionale € 18,OO • estero € 27,OO • sostenitore € 55,OO *quota che non dadiritto a ricevere l’organo d’informazione della Pro Loco ccp. n. 93337772 Aut. Trib. Bassano del Grappa 2/1975

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Editoriale

Sto ancora imparando

Riflessioni

Saper invecchiare E la storia continua...

le ParoliDnebora EmanueA ndrea e di Parolin osto 2014 nato il 30 ag

Racconti

Addio monti

Cultura

Viaggio tra i giochi

La Grande guerra La Grande Guerra sul Monte Grappa

Fotografia

Monte Grappa

Associazioni

Protezione Civile: un impegno costante al servizio della comunità

Resoconti

Puliamo il mondo 2014 la Pro Loco c’è

Comunità

Le suore ritornano a San Giacomo

18 Notizie in breve 19 Defunti

NUOVI NATI?

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EDITORIALE

STO ANCORA IMPARANDO

Dedico con gioia questo numero di ottobre a tutti gli anziani. Essi sono i custodi più preziosi della nostra storia, i depositari di ricchissimi saperi appresi, praticati e trasmessi lungo tutta una vita. Molti di loro, lontano da condizionamenti ed obblighi tipici della vita lavorativa, hanno saputo ritrovare un ruolo attivo e socialmente utile. Alcuni sono attivi nel volontariato, tanto da costituire le colonne portanti delle nostre associazioni, altri si dedicano con amore al proprio contesto famigliare, svolgendo un ruolo umile, discreto ma spesso indispensabile. La vecchiaia tuttavia è un periodo della vita caratterizzato da molte difficoltà. Diverse possono essere le cause: la perdita delle capacità fisiche o psichiche, la mancanza dell’affetto dei propri cari, le scarse disponibilità economiche a cui spesso di contrappongono, quando ci si ammala, cure troppo costose, ed infine lo sconcerto di essere considerati dall’attuale società moderna, solo come uno scarto. Molteplici situazioni che inducono taluni a trascorrere giornate tristi, vuote ed in solitudine. Ma non deve essere cosi! I nostri anziani sono un patrimonio da valorizzare e da tutelare, sono persone che devono poter vivere in serenità. Il nostro compito, come ha detto Papa Francesco in occasione della “festa dei nonni”, è di “immaginare con fantasia e sapienza, le strade per affrontare questa sfida”.

In un meraviglioso disegno, il famoso pittore Francesco Goya, ha raffigurato un vecchione con la barba bianca che avanza faticosamente appoggiandosi a due bastoni. Un anziano, forse se stesso, vecchio e malandato ma con uno sguardo dignitoso, fiero e intenso. Nella didascalia si può leggere: “Aun aprendo” cioe’ “ancora imparo”, sto ancora imparando. Goya con quest’opera vuole evidenziare come, in una vecchiaia indomita, le sofferenza fisiche e spirituali non riescono spegnere la sete di conoscenza e la voglia di creare. Vuole altresì sottolineare che se vogliamo prepararci ad un pensionamento in cui poter esprimere noi stessi e non essere persone escluse e depresse, dobbiamo anche noi apprendere e sviluppare la mentalità

dell’Auna apprendo. È necessario imparare a mantenere in attività il nostro intelletto sempre perché, ogni finestra che si apre sul cervello, è ossigeno puro per la mente. Per scongiurare una lenta eutanasia occorre quindi “saper invecchiare”, creare un’educazione all’invecchiamento, che aiuti le persone a coltivare continuamente nuovi interessi, nuove passioni, scambi culturali e formazione per rendere la vecchiaia una fase attiva.

Maurizio Scotton Se noi strappiamo le nostre radici, perdiamo le nostre tradizioni ed il collegamento con il passato. Ma siete voi, cari anziani, che avete la responsabilità di tenere vive queste radici in voi stessi, rimanendo, anche nella vecchiaia, alberi vivi, che non smettono di portare frutto. Ispirato a una frase di Papa Francesco


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Saper invecchiare La formula magica della felicità non esiste ma tutti noi, anziani e non, possiamo mettere in pratica una serie di consigli per vivere nel migliore dei modi la terza età. Per prima cosa, impariamo ad ascoltare e ad amare il nostro corpo, per capire i nostri limiti ed adeguare ad essi il nostro stile di vita, impariamo ad assaporare il presente con consapevolezza e letizia. di Barbara Brotto Amare se stessi significa anche tendere anche con semplici gesti quotidiani al proprio benessere psico/fisico. Effettuare una passeggiata nei nostri colli, svolgere lo sport preferito, dedicarsi al giardino oppure all’orto, leggere un libro o lavorare a maglia, il tutto con calma e serenità, avendo a disposizione un tempo infinito. Essere curiosi, di quella curiosità della vita e del mondo che tiene accesa e appassionata la mente ed attivo il corpo. Fare ogni giorno qualcosa che piace, permette di essere più sereni e contenti. Ed infine, forse il segreto dell’eterna giovinezza, è dedicarsi con affetto e amore alla propria famiglia, ai figli, ai nipoti e a chiunque ruoti attorno al nostro mondo. Questo donarsi permette di ricevere di ritorno tanto bene e tanta gratitudine da riscaldare e riempire il cuore. Cari anziani siete ricchi di una memoria orale che rischia di andare irrimediabilmente perduta. Voi avete quella saggezza, quel sapere antico che aiuta a superare le difficoltà e gli ostacoli quotidiani della vita. Avete vissuto negli anni in cui, nell’immediato dopoguerra, la miseria e la povertà erano di casa, e li avete vissuti con dignità e solidarietà. Vi chiediamo di aiutarci a superare questa crisi economica che ci spaventa e rischia di renderci vuoti, insensibili ed incapaci di comprendere che, proprio in questi momenti di difficoltà, ci sarebbe bisogno di unione e condivisione, come … nei tempi passati.

“Non si è mai troppo vecchi finché si desidera sedurre e, soprattutto, finché si desidera essere sedotti.” Charles Baudelaire

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E la storia continua... “Nonno mi racconti di quando…”, Sara, mia nipote, la incuriosisce la mia vita, la mia infanzia così diversa e così lontana, sprofondata nel tempo e con radici così lontane da questa casa. E così pesco a casaccio nel mio passato fatti e fatterelli, giochi e avventure da raccontare… Torno indietro, dopo un lungo viaggio e mi ritrovo là dove sono nato… di Cinzia Bonetto l miei ricordi d’infanzia si associano sempre al freddo intenso e alle fitte nebbie dell’inverno e al caldo afoso dell’estate padano, quasi che le altre stagioni non esistessero. Non ne ho più un ricordo preciso. La nostra cascina, non era di quelle che si vedono nella pubblicità; belle, colorate, coi fiori variopinti e ruscelli con simpatici animaletti. La nostra cascina, come tutte, era sporca e malinconica… Miseria, bigottismo e fatiche sovrumane. ll tempo scandito dal chiaro e dallo scuro, dal caldo e dal freddo… Gli anziani irrompono spesso nella riflessione sociologica se non addirittura nella cronaca contemporanea, evocando una condizione per molti versi incompatibile con le linee che predominano nella società moderna. In effetti il richiamo più forte è senza dubbio alla marginalità del ruolo. Gli anziani si trovano in una società frenetica, veloce, che è in continuo movimento e in una società in cui si afferma sempre più il progresso tecnologico. È vero che la tecnologia nella nostra società ha anche stimolato iniziative che coinvolgono gli anziani in progetti sociali che mira ad avvicinare alle nuove tecnologie gli ultra sessantenni. Ma comunque non basta “addottrinare” gli esclusi in questo modo per riammetterli nella società, ma occorre invece recuperare la nobiltà della loro antica condizione. La presenza di anziani nella vita familia-

re di una volta rappresentava la tradizione, la memoria del passato, la saggezza a cui ispirarsi, la guida per un avvenire, soprattutto per i giovani. In passato accadeva facilmente che i ragazzi,dopo la scuola, a casa potessero giovarsi della disponibilità dei nonni a trasmettere esperienze. Ebbene, questo potrebbe accadere anche oggi con la presenza di nonni in famiglia; difficilmente, infatti i ragazzi possono fare affidamento, anche per mancanza di tempo e di voglia sull’aiuto degli adulti, a livello di trasmissione di esperienze, di conoscenze, di credenze delle generazioni passate. Il passato non può costituire un vuoto, bensì un ponte per il presente, proiettato verso il futuro. La complessità della cultura contemporanea ha inadeguata consapevolezza circa la possibilità di considerare gli anziani figure importanti sul piano affettivo ed educativo. È sufficiente osservare un nonno od una nonna con i nipotini, per comprendere quanto sia straordinaria |a loro intesa. Credo fortemente che |’anziano sia |a saggezza, |a prospettiva del futuro… Per questo deve esistere un rapporto anziani-giovani che possa spronare i giovani a non essere indifferenti al loro tesoro, che siano consapevoli di avere delle persone che sanno dargli solo autentico amore. Perciò, c’è ancora molto da fare per loro e molto di questo impegno dobbiamo prendercelo proprio noi, forse ancora

foto di Antonio Bordin

disponibili all’incontro e all’apprendere. Inoltre, anche dagli anziani ci si aspetta uno scatto ulteriore: del resto, come affermava Cicerone, “I’amore del sapere nelle persone sagge cresce con |’età”… Se sapremo tutti colmare il vuoto abissale che c’è tra le generazioni di oggi e quelle di ieri, se sapremo ridare ruolo agli anziani avremo ricostruito una relazione sana e valida per tutti. Allora non sarà più uno “spauracchio” la vecchiaia e se ne potranno apprezzare i doni amandola e desiderandola poichè, come diceva Seneca, “è piena di godimento, se si sa viverla”.


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Addio monti Non c’era traffico sulla strada di montagna. L’auto affrontava decisa i tornanti, lasciandosi alle spalle solo qualche ciclista, ingobbito sui pedali. Il giovane alla guida chiacchierava con l’anziano seduto al suo fianco. Era un’avventura nata per caso. Il ragazzo, reduce da un esame all’università, voleva concedersi un po’ di svago prima di rituffarsi negli studi. di Gianni Dalla Zuanna Quella mattina Giovanni, l’anziano, si era recato come d’abitudine a bere il caffè a casa della figlia. Il suo passo era lento e faticoso, ma si era fatto aiutare dal nipote: mai avrebbe mancato a quel rito giornaliero. Tra un sorso caldo e una chiacchiera, ad un certo momento il ragazzo aveva buttato lì una proposta: “Perché non andiamo a fare un giro in montagna, io e te?“ Giovanni era impreparato ad una simile opportunità, ma la cosa lo allettava. La montagna era stata, fin da bambino, il suo mondo, il luogo in cui era cresciuto e diventato uomo, la miglior medicina ogni qualvolta un dubbio, un problema o un dispiacere lo angustiavano. Era un po’ di tempo che non saliva ai Colli Alti, che non ammirava il paesaggio così amato: la schiena pagava lo scotto ad anni di lavoro duro, in miniera, e muoversi diventava faticoso. “Che ci vuole? – insistette Marco, il nipote – La macchina di papà è in garage: facciamo una scappata, prima di

foto di Ivo Schirato

mezzogiorno siamo di ritorno.” Giovanni si guardò attorno indeciso:la figlia lo incoraggiò con un cenno del capo e la moglie gli disse: “Vai pure, chissà che al ritorno tu sia meno brontolone, almeno per un po’.” Partirono, accompagnati dalle raccomandazioni di rito. Si lasciarono alle spalle la valle, poi Romano d’Ezzelino e affrontarono la salita. Nonno e nipote stavano bene assieme, tra loro c’era un legame speciale. Marco ascoltava volentieri Giovanni quando questi pescava nelle tasche della sua memoria tesori a lui sconosciuti. “Tu sei – diceva il ragazzo – un vecchio saggio ignorante di montagna. I tuoi libri di scuola sono stati i racconti degli antenati, l’osservazione della natura e le esperienze vissute. A volte vale più la pratica della grammatica, non è vero nonno?“. Non aveva studiato Giovanni, ma sapeva raccontare ed avvincere chi ascoltava. Anche quella volta la sua abilità di affabulatore sortiva un magico effetto e il loro viaggio diventava un’escursione temporale nel passato. Attorno a loro il paesaggio cambiava, sparivano l’asfalto e i segni del progresso e tornavano lo sterrato e le pietre

di tanti decenni prima. La storia passava davanti agli occhi dei due. Marco poteva vedere giovani soldati con scarponi chiodati e fasce mollettiere intenti ad allargare e sistemare la sede stradale seguendo i comandi degli ufficiali del genio. Lavoravano di buona lena con pala e piccone, aggredivano la roccia affiorante con grossi e rudimentali martelli pneumatici. Camion dai radiatori a rischio perenne di ebollizione facevano la spola con la pianura per trasportare materiali e detriti. Un ragazzino con una mucca per la cavezza scendeva il sentiero e salutava i militari, ricevendo in cambio qualche caramella e proposte impertinenti per la sorella. “Ero io quel ragazzino – raccontava Giovanni – avevo dieci anni e facevo la spola tra la nostra casara, in località “Pollastro” e i parenti in pianura, a Liedolo e San Michele. Da solo e a piedi. A quei tempi bisognava darsi da fare e arrangiarsi fin da piccoli…” Al tornante successivo lo scenario cambiò: i soldati di prima, allegri e scherzosi, ora salivano muti e silenziosi sotto il peso di zaini pesanti. Le facce erano preoccupate, qualcuno mormorava una preghiera. “Loro salivano e noi scendevamo – continuò il suo racconto Giovanni – era scoppiata la guerra. I nostri paesani furono sfollati in tutta Italia, noi invece


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riparammo a San Michele. Da lì ho visto partire gli arditi per arginare l’offensiva austriaca, quando ormai sembrava potessero sfondare le nostre linee di difesa.” Prima di arrivare a Campo Solagna, su richiesta del nonno, svoltarono per Campeggia e le parole descrissero il paesaggio lunare che si presentò agli occhi dei primi coraggiosi che, una volta finita la guerra, tornarono in montagna. “Tutto era distrutto, non c’era più un albero, la terra era stata rivoltata più volte dalle bombe. Il paesaggio era costellato di crateri, di reticolati, di rovine e di carcasse, trovavi dappertutto bossoli e armi ancora in grado di uccidere. Si sarebbe potuto combattere ancora chissà quante battaglie con il materiale bellico abbandonato e infatti noi giovanotti diventammo dei tiratori formidabili, dei cacciatori quasi infallibili. Ma anche la ricostruzione e la bonifica richiesero le loro vittime, il pericolo era sempre in agguato. Ogni tanto un’esplosione ci faceva battere il cuore più forte e ci guardavamo attorno per vedere chi c’era e chi mancava. Qualcuno ci ha rimesso un arto, altri la vita, uno stillicidio che è andato avanti a lungo. Ci capitava spesso di imbatterci nei resti di qualche soldato. Ricordo a questo proposito un fatto singolare: le mucche non volevano mangiare l’erba di una buca, nonostante fosse particolarmente verde e tenera. Non c’era niente da fare e non capivamo il motivo. Quando scavammo, per livellare il terreno, scoprimmo lì sotto un intero reparto sepolto da un’esplosione. Le mucche dimostrarono per quei poveri morti più rispetto di tante persone umane…” Nonno e nipote continuarono la loro gita

tra racconti di boschi e di caccia, di legna e di fieno, di neve e di caccia. Giovanni descrisse la loro casara, con i muri a calce anneriti dal fumo del focolare, dal pavimento in terra battuta e con il portone che anche sbarrato permetteva al gatto di scivolare fuori. Raccontò della feritoia dietro la quale suo padre attendeva che gli uccelli di passaggio si posassero sul moessaro , piantato apposta, per sparargli con il fucile a pallini di piombo. Ricordò il volpacchiotto lasciato a frollare sotto la neve prima di cucinarlo, perché anche quella era carne e non era il caso di fare tanto gli schizzinosi. Ora la vecchia casara non c’era più, sostituita da un edificio più moderno e più moderno che riceveva però ancora ombra dalle tre piante di ciliegio che Giovanni aveva piantato alla nascita del figlio. “Dovevano servire per il legname con cui ricavare i mobili della camera quando si fosse sposato, ma sono ancora lì…” Fermarono la macchina a San Giovanni, all’albergo, per bere qualcosa. Giovanni si sedette su una sedia sul terrazzo da cui si vedevano tutte le creste, mentre Marco entrò ad ordinare. Quando uscì vide il nonno che assorto indicava ogni altura e diceva: ”Lì abitavano i Moretti, lì i Sempioni, laggiù i Fiolo.” Capì che il nonno vedeva un altro paesaggio, altre case e ricordava volti di un tempo ormai passato ed attese in silenzio la fine di quel ripasso prima di ricordare con delicatezza

che era tardi e dovevano far rientro. Ripartirono, ma il clima ormai era cambiato e il nonno chiuso in sé stesso rispondeva a monosillabi alle domande del nipote che dopo un po’ pensò che forse Giovanni si era stancato un po’ troppo ed era meglio lasciarlo tranquillo. Passò il tempo, passarono le stagioni e un giorno Giovanni decise che ormai era tempo di andare a trovare i vecchi amici e di ripercorrere assieme a loro le vie dei loro monti. Marco terminò gli studi e cominciò ad insegnare. Ogni tanto con la mente tornava a quella giornata così strana, ma anche così interessante per lui e gli sembrava sempre che qualcosa gli sfuggisse. Un giorno, finalmente, ebbe una folgorazione: quel giorno Giovanni non era stanco, ma aveva capito che quella sarebbe stata la sua ultima scampagnata in montagna. Quel giorno il nonno aveva dato l’addio ai suoi monti e lui, come tutti i giovani che hanno ancora tutta la vita davanti a sé non l’aveva capito. Ci era arrivato solo dopo molto tempo e molta strada percorsa sulle strade della vita e una volta di più sentì la mancanza del vecchio saggio ignorante di montagna, del nonno Giovanni che tante cose gli aveva raccontato, cose di un mondo ormai passato, ma forse più autentico di quello che lui stava vivendo.


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Viaggio tra i giochi Un profondo valore storico e antropologico è insito in quest’opera di Eusebio Vivian. L’eco delle storie gioiosamente vissute ci consente di effettuare un “viaggio tra i giochi” di un tempo e riscoprire, accanto all’elemento ricreativo, ludico e pedagogico, la tradizione, la lingua ed un patrimonio di conoscenze tipiche del nostro territorio. di Maurizio Scotton - Presidente Pro Loco di Romano d’Ezzelino Foto di Duillio Fadda

La Pro Loco di Romano d’Ezzelino, ed il suo mensile di cultura ed informazione, il Nuovo Ezzelino, si fanno mentori con entusiasmo di questo libro, non solo perché il gioco è un elemento fondamentale ed insostituibile di crescita della persona ma anche perché i giochi tradizionali adattatesi nei secoli ai diversi contesti sociali, oggi rischiano di scomparire. Il passaggio da una cultura prevalentemente agricola ad una società industriale ha considerevolmente modificato il modo di divertirsi. Non più giocattoli auto-costruiti, con regole

auto-elaborate ma giocattoli già prefabbricati, senz’anima, imposti dal consumo di massa. Prodotti di una società digitalizzata, dove il gioco è diventato un’attività prevalentemente individuale, da svolgere nella propria cameretta, ipnotizzati dal videogioco preferito, condito troppo spesso da violenza e contesti irreali. Un individualismo esecutivo che prevale sulla dimensione socializzante dei giochi tradizionali, sul fare gruppo, sul confrontarsi con gli altri con creatività, competitività, tolleranza, rispetto delle regole ed amicizia.

In questo viaggio nel nostro passato si riscopre inoltre l’importanza del “cortile” dell’aria aperta come luoghi dove giocare e sviluppare le proprie capacità quali la fantasia, l’agilità e la velocità, aspetti talvolta inesistenti in molti giochi moderni. Eusebio Vivian ci consegna un’opera di pregevole valore dal punto di vista storico culturale, che si presta a trovare un posto significativo,non solo nella biblioteca dello studioso, ma anche nelle aule scolastiche e nelle nostre case in quanto se ogni gioco è una piccola e preziosa tessera di cui si compone l’identità culturale di un popolo, ogni tassello di questo volume valorizza il nostro territorio e rappresenta il nostro passato, la nostra storia e le nostre tradizioni. Il libro è acquistabile presso la sede della Pro Loco di Romano d’Ezzelino.


La grande guerra sul Monte Grappa Sono ufficialmente iniziate le celebrazioni inerenti il Centenario della Grande Guerra che ripercorreranno il quinquennio 1914-1918. Molte sono le iniziative che abbiamo nel cassetto per celebrare questo evento e nel contempo cercheremo di informarvi e raccontarvi dei molti eventi che via via si susseguiranno nel nostro territorio. Da questo numero vogliamo raccontarvi cosa avvenne durante la Grande Guerra sul Grappa, attraverso la pubblicazione a fascicoli di un interessantissimo libretto della nostra Serena Campagnolo. Un documento di facile lettura adatto, in modo particolare per i ragazzi, che ci permetterà di comprendere cosa successe dal 24 maggio del 1915 in poi. Il Monte Grappa non è solo un museo storico a cielo aperto ma è uno scrigno di bellezze paesaggistiche, un massiccio da vivere ed amare giorno dopo giorno. Per questo in “Monte Grappa” vi proporremmo una serie di istanti magici, indimenticabili. Per conoscere la guerra, senza averla conosciuta, quando ormai mancano anche i racconti dei vecchi che l’hanno vissuta, possono parlare i luoghi dove si è svolta, i paesaggi. Per raggiungere il Monte Grappa si salgono i tornanti fino all’altopiano e si passa attraverso boschi e prati scoprendo grotte e strane fenditure nel terreno, simili a ferite non certo create dalla natura. Le rocce sono di calcare, biancone e Scaglia Rossa tipiche di questo massiccio, screpolate ed erose e le strade bianche di sassi scheggiati e aguzzi. Come accade nelle montagne carsiche le cui rocce calcaree si erodono per l’azione dell’acqua, nel Grappa non ci sono fiumi né laghi ma acqua e neve penetrano entro le rocce e rimpollano a valle nelle risorgive. I dossi dei vari colli, oltre i 1400 metri di altitudine, sono privi di alberi, vi si trovano solo cespugli di bassa vegetazione. Il massiccio del Grappa ha una forma squadrata, a sud oltre alla serie di colline ai suoi piedi si apre davanti la pianura, a est c’è la valle percorsa dal fiume Piave, a nord proseguono i rilievi montuosi del feltrino, a ovest c’è la valle percorsa dal fiume Brenta (Val Brenta o Valsugana). Il paesaggio più noto, del versante sud che si affaccia su Valle Santa Felicita e sulla pianura veneta, offre in alto le cime del Monte Asolone e del Monte Grappa.

LA STATUA DELLA MADONNA AUSILIATRICE Non si conosce molto della storia passata di questi luoghi ma proprio all’inizio del XX secolo accadde un fatto che vi portò particolare attenzione. Per tradizione accadeva che le cime più alte e significative dei monti diventassero

sedi di grandi croci in modo che fossero visibili anche a grande distanza. Fu previsto che avvenisse così anche per il Grappa, in occasione del Giubileo dell’anno 1900, ma al posto della croce si stabilì che venisse collocata una statua in ghisa alta due metri e raffigurante la Madonna Ausiliatrice con Gesù bambino, realizzata da uno scultore francese, Pietro Vermar, che nelle intenzioni doveva proteggere i confini dell’Italia. La statua fu collocata dentro a una cappella ottagonale neogotica, progettata dall’architetto – ingegnere Augusto Zardo. Il sacello fu inaugurato dal Cardinal Giuseppe Sarto il 4 agosto del 1901 (ancora oggi la prima domenica d’agosto si celebra la Madonna con un pellegrinaggio). Il Cardinale era allora patriarca di Venezia e conosceva bene queste zone perché era nato a Riese, un paese ai piedi delle montagne, e tornava spesso in vacanza a Crespano del Grappa. Due anni dopo (1903) venne eletto papa col nome di Pio X. Nonostante i buoni auspici e l’augurio di pace e prosperità formulati in quell’occasione per il nuovo secolo che era iniziato, dopo pochi anni scoppiò una guerra destinata ad allargarsi e a coinvolgere così tante nazioni in Europa e oltre mare da meritare, per la prima volta nella storia, l’appellativo di Guerra Mondiale (19141918). La Grande Guerra vide combattersi 65 milioni di soldati, provocò circa 10 milioni di morti, di cui 599.840 italiani e un numero enorme di feriti e mutilati.

L’ITALIA IN GUERRA Inizialmente l’Italia non partecipò alle operazioni militari, ma la sua neutralità era destinata a interrompersi: ferveva un acceso dibattito sull’opportunità di impegnarsi nel conflitto che vedeva già allo scontro gli Imperi centrali (Austria - Ungheria e Germania) contro Francia,

Il massiccio del Grappa, tra i fiumi Brenta e Piave

Inghilterra e Russia. Nonostante la resistenza dei “neutralisti”, gli “interventisti” ebbero la meglio e l’Italia entrò nel conflitto il 24 maggio del 1915. Venne aperto un fronte di 750 chilometri dal Mare Adriatico alla Svizzera. Tra il 1915 e il 1917 gli Italiani attaccarono gli austriaci in dodici battaglie offensive sul fiume Isonzo in Friuli Venezia Giulia senza riportare successo, invece le offensive austriache partirono dal Trentino e si estesero all’Altopiano di Asiago poco distante dal Monte Grappa.

STRATEGIE DI FORTIFICAZIONE DEL MONTE GRAPPA Il 7 ottobre 1917 il Generale Luigi Cadorna, capo di Stato maggiore dell’Esercito italiano, visitò le posizioni sul Monte Grappa e valutò la sua conformazione, ne studiò la topografia e il panorama circostante ben visibile e netto grazie alla bella giornata. Dopo di che, arrivato nel punto più alto, parlò al colonnello Antonio Del Fabbro prescrivendo che il Grappa doveva essere rafforzato in modo da riuscire imprendibile sia verso ovest (Valle del Brenta) che a nord, perché se fosse capitato qualcosa sull’Isonzo sarebbe si sarebbe arretrati sulla linea che dall’Altopiano di Asiago e le Melette passava sul Grappa e a est raggiungeva il Mon-


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fenera, il Montello e il Piave. Il suo ragionamento prendeva certamente atto delle potenzialità strategiche di questi luoghi ma non prescindeva dai grandi rischi: il Grappa poteva diventare una trappola in quanto mancava principalmente l’acqua che non era trattenuta dalle rocce carsiche e sulle cime dei monti gli alberi si diradavano fino a lasciarle del tutto esposte. E per questo, già in anni precedenti, egli aveva pensato a un progetto generale di potenziamento del caposaldo e avviato dei lavori che comprendevano fra l’altro la costruzione fondamentale di un impianto di sollevamento di acqua potabile nel Vallone di San Liberale con un serbatoio per il ricevimento presso la Madonnina. L’impianto distribuiva 1.200.000 litri giornalieri alzati a 1000 metri. L’acquedotto era poi integrato da diversi serbatoi deposito anche in caverna (due a Cima Grappa, due in caverna a Cason di Meda e all’ Archeson, a Bocca di Forca, a M. Pallone e a Punta Brentàl) da oltre 100.000 litri ciascuno. Il Monte Grappa venne potenziato anche con delle teleferiche (una da San Nazario in Valsugana a Col Ranier e l’altra dal Santuario del Covolo al Grappa); con reticolati, trincee, appostamenti per mitragliatrici e spianamenti dalla Val Brenta al Grappa, infine venne realizzata una fitta rete di strade: 80 chilometri di mulattiere (sentieri percorribili a piedi e con muli), 70 chilometri di carrarecce (strade praticabili con carri) e 50 chilometri di camionabili (strade che consentivano il passaggio di camion con viveri, munizioni, rinforzi). In particolare la strada camionabile che da Romano

Alto (a 132 metri sul livello del mare) raggiungeva Campo Solagna, Valle San Lorenzo (a 1000 metri circa), fino alla Cima del Grappa (a 1775 metri) ed era lunga trentadue chilometri. I lavori per realizzare la strada durarono dieci mesi di cui quattro in inverno tra il 1916 e il 1917, venne realizzata in modo che non fosse troppo in pendenza e la sua larghezza di tre metri consentisse il passaggio delle artiglierie pesanti. Fu subito ribattezzata dai locali “Strada Cadorna”, nome che la definisce ancora oggi. Giunta a Col Campeggia (a sud ovest del massiccio, 1100 metri) si articolava: un ramo proseguiva per la vetta e altre carrarecce raggiungevano Col del Gallo, Col Rainero, Col Caprile, Col della Beretta fino a Col Bonato, Monte Pertica e San Giovanni ai Colli Alti. Lo snodo di Col Campeggia era importante anche perché stazione d’arrivo di due teleferiche stese su Valle Santa Felicita dove il materiale bellico veniva trasportato da Bassano con una ferrovia. Per questo il Col Campeggia divenne magazzino, sede di comando, osservatorio verso l’Asolone (sono ancora visitabili le gallerie e i rifugi scavati nelle rocce, la salita del pozzo dell’osservatorio) inoltre essendo l’ultima linea di massima resistenza su Santa Felicita vennero scavati quasi 15 chilometri di trincee, oggi recuperate e visitabili. Per quanto riguarda le trincee, il sistema di Col Campeggia offre la possibilità di seguirne i tracciati e comprendere con che modalità e perché vennero realizzate: si tratta di corridoi scavati nella terra e nella roccia (con degli slarghi ogni ventina di

La linea del fronte tra Veneto e Friuli Venezia Giulia

metri per il passaggio di uomini e feriti da portar via), ad andamento zig-zagante, in parte scoperti in parte coperti con tavole asportabili che servivano per ripararsi dalle intemperie e dagli attacchi avversari. I soldati armati vi erano appostati dentro, uno accanto all’altro. Si trattava di siti malsani dove essi stazionavano, e di fatto vivevano, in condizioni igieniche precarie, in preda a innumerevoli disagi prodotti da neve, gelo e pioggia e dalla presenza di morti e feriti. Davanti alle trincee erano collocati reticolati, mine, telai di tavole incrociate, chiodati e rotanti, chiamati cavalli di Frisia che servivano sia per difesa che per offesa nei momenti di attacco. Tutto ciò serviva a proteggere la conquista di pochi metri alla volta della cosiddetta “terra di nessuno” cioè di quella fascia ristretta di territorio che separava i due eserciti combattenti. Il conflitto si ridusse per lunghi mesi a una “guerra di posizione” che costava però tantissime vite umane, un sacrificio abbastanza inutile se rapportato all’effettiva entità dei risultati per entrambi gli schieramenti. Se gli austriaci con le battaglie sull’Asolone, avessero sfondato questa linea, non ci sarebbe stata più alcun’altra difesa per la pianura sottostante e per Bassano.

LA DISFATTA DI CAPORETTO Il 24 ottobre 1917 con l’offensiva austro ungarica ci fu la XII battaglia dell’Isonzo a Caporetto, al confine tra Italia (Friuli) e Slovenia. Dopo tre giorni un milione e mezzo di soldati italiani arretravano a marce forzate e disorganizzati verso il Tagliamento inseguiti da un milione di austriaci che tuttavia invece di approfittare e spingere con decisione verso la pianura padana si fermarono sul Piave. Quanto era stato previsto da Cadorna si verificò e gli italiani si riorganizzarono sul Monte Grappa solo che a guidarli non fu più lui ma il Generale Armando Diaz. Ora la linea difensiva partiva Trentino, attraversava il Grappa e raggiungeva il mare con le ali strategiche dell’Asolone a ovest (verso Bassano) e del Monte Tomba a est (verso la pianura e il Piave). Era l’inverno 1917 e le strade e i presidi voluti da Cadorna sul Grappa risultarono fondamentali per gli italiani mentre gli austro-ungarici erano completamente scoperti, scollegati dai loro rinforzi e


IL NUOVO EZZELINO OTTOBRE 2OI4 LA GRANDE GUERRA PAG. II

Dopo caporetto

abbandonati. Si trovarono a fronteggiare truppe italiane, francesi, inglesi e quasi 80.000 soldati morirono e innumerevoli furono i feriti e i mutilati. Le truppe avversarie continuarono a combattere fedelmente per il loro imperatore ma la sconfitta decretò anche la caduta del longevissimo impero austro-ungarico con un conseguente pesante vuoto di potere nell’Europa centrale dopo secoli di storia.

I RAGAZZI DEL ‘99 La guerra non era un fatto lontano ma concretamente vicino, la linea del Fronte era a poco più di trenta chilometri e l’esercito italiano venne riorganizzato attingendo a un serbatoio singolare di forze: dalle Alpi alla Sicilia, dai campi ai banchi di scuola, vennero chiamati alle armi quasi 300.000 ragazzini di appena diciotto anni (nati nel 1899): furono addestrati sommariamente e mandati a combattere. Diedero energia all’esercito che così riuscì a resistere e a riprendere posizioni fino alla battaglia di Vittorio Veneto (24 ottobre – 3 novembre 1918) grazie alla quale si sancì la definitiva vittoria dell’Italia e si giunse all’Armistizio di Villa Giusti del Giardino (in provincia di Padova) che concluse formalmente le operazioni belliche. A ricordo del loro contributo vennero dedicate targhe celebrative, canzoni, vie e piazze per onorarli. A Bassano nella conca di Prato Santa Caterina si trova il parco con il monumento dello scultore Augusto Spazzapani intitolato proprio alla memoria dei “Ragazzi del ‘99”: i rilievi di bronzo raffigurano gli episodi eroici di cui furono protagonisti.

Sei la mia patria “Ai ragazzi del ‘99” R. Esercito italiano Comando supremo Ordine del giorno dell’esercito (Da diramare fino al comando di plotone) I giovani soldati della classe 1899 hanno avuto il battesimo del fuoco. Il loro contegno è stato magnifico e sul fiume che in questo momento sbarra al nemico le vie della patria. In un superbo contrattacco, unito il loro ardente entusiasmo all’esperienza dei compagni più anziani, hanno trionfato. Alcuni battaglioni austriaci che avevano osato varcare il piave sono stati annientati; 1200 prigionieri catturati. Alcuni cannoni presi dal nemico sono stati riconquistati e riportati sulle posizioni che i corpi degli artiglieri, eroicamente caduti in una disperata difesa, segnavano ancora. In questa ora suprema di dovere e di onore nella quale le armate con fede salda e cuore sicuro arginano sul fiume e sui monti l’ira nemica, facendo echeggiare quel grido di “Savoia” che è sempre stato squillo di vittoria, io voglio che l’esercito sappia che che i nostri giovani fratelli della classe 1899 hanno mostrato di essere degni del retaggio di gloria che su essi discende. Zona di guerra, li 18 novembre 1917. Il Capo di S.M. dell’Esercito A. Diaz.

Cippo del Monte Asolone lungo la via Eroica

Nei giorni che seguirono la disfatta italiana di Caporetto, la IV Armata che presiedeva il Cadore si ritirava e la nuova linea del fronte, arretrata e ridotta in estensione di 200 chilometri, andava dallo Stelvio ad Asiago, dal Grappa al Piave e fino al mare. Di 65 divisioni dell’esercito ne erano attive 33. L’esercito italiano era indubbiamente in difficoltà ma lo era anche quello austriaco, decimato, privo di mezzi, con la prospettiva di combattere in inverno e sulle montagne. In questa situazione la differenza in favore degli italiani fu determinata dal senso di responsabilità verso la patria distante pochi chilometri. Inoltre il confronto fu disperato e terribile: gli uomini erano imbucati in trincee, protetti da filo spinato e sacchi di sabbia e combattevano una guerra lunga ed estenuante contendendosi strisce di territorio molto lunghe ma larghe pochi metri a prezzo di perdite enormi di vite umane.

LE TRE BATTAGLIE DEL GRAPPA Da novembre 1917 la prima linea era dunque sul Grappa. Gli austro ungarici attaccavano da nord per scendere in pianura e da est (dal Montello al mare) per prenderli di spalle. Ci furono tre battaglie decisive: quella d’Arresto (10 novembre 1917 – 21 dicembre 1917), quella di Difesa o del Solstizio (15 giugno 1918 – 6 luglio 1918), e quella Offensiva (24 ottobre – 4 novembre 1918) che decretarono il successo finale dell’Italia e la fine della guerra.

LA BATTAGLIA DI ARRESTO Durante la prima battaglia, dal 10 di novembre, l’esercito austriaco tentò di attraversare a est il Piave e di attaccare da nord il massiccio del Grappa (dal Monte Roncon, verso Col della Berretta, Col Caprile e Monte Asolone) ma la IV Armata lo respinse. Per giorni i soldati combatterono al freddo invernale che era insopportabile perché erano in montagna


IL NUOVO EZZELINO OTTOBRE 2OI4 LA GRANDE GUERRA PAG. I2

Galleria Vittorio Emanuele III scavata sotto il crinale del Monte Grappa

oltre i 1500 metri, inoltre non avevano protezioni naturali perché le sommità dei “colli” erano quasi del tutto esposte. Notte e giorno giungevano mezzi con viveri, munizioni e rinforzi, portavano feriti lungo la strada Cadorna che era essa stessa bersaglio di bombardamenti. Per questo vennero predisposti dei gruppi di zappatori che provvedevano a “ripararla” riempiendo le buche e a metterla in sicurezza puntellando le scarpate. Gli austriaci pur essendo superiori, vennero fermati. Ritentarono l’offensiva un mese dopo combattendo su Col della Beretta, Col dell’Orso, Monte Spinoncia, Col Caprile e Monte Asolone; quest’ultimo lo presero e si affacciarono sulla piana di Bassano. Pochi giorni dopo lasciarono la presa e il Grappa rimase all’Italia con grandissimo dispendio di vite umane. Era evidente che bisognava intervenire ancora sul territorio per sfruttare le opportunità strategiche. Così il Colonnello del Genio Nicola Gavotti realizzò un progetto eccezionale sfruttando il lungo crinale della Cima del Grappa, che digradava a est e a ovest (uno sperone avanzato detto la “nave”), perforandolo all’interno con una spina centrale con 103 sbocchi su entrambi i versanti, a est e a ovest, per posizionare una settantina di cannoni e altrettante mitragliatrici e per far piovere fuoco sugli avversari che tentavano la conquista della vetta.

Dopo la battaglia di arresto, gli italiani si trovavano nelle ultime propaggini del massiccio verso la pianura, le rinforzarono con postazioni, trincee e reticolati prevedendo il nuovo tentativo di sfondamento che gli austriaci della XI Armata avrebbero tentato in estate per aggirare la Cima del Grappa e scendere alle Valli Statua del General del Brenta e del Piave. Gaetano Giardino In effetti conquistarono Col Moschin, Col Dal novembre 1917, per 10 mesi, 600 sol- del Miglio, Col Fenilon e Col Fagheron, dati minatori lavorarono a turno con 24 il Monte Pertica e le trincee del Coston, perforatrici meccaniche e avanzando di la Galleria Vittorio Emanuele III era a ricirca 3,50 metri al giorno e asportando schio, il lato sinistro del Grappa era ta40.000 metri cubi di roccia residua. Al gliato fuori dalle vie di comunicazione, termine il un ramo principale della mancava l’illuminazione. galleria era lungo circa 1 chilometro La via sembrava aperta ma anche gli e mezzo e 50 rami secondari che ne austriaci avevano esaurito le loro risorse estendevano lo sviluppo a circa 5 chilo- e gli italiani reagirono. In successione rimetri. Poteva ospitare fino a 15.000 uo- presero alcuni colli catturando numerosi mini. La galleria venne intitolata al re prigionieri e armi e anche il Col Moschin. In ricordo di questo evento venne pod’Italia Vittorio Emanuele III. sizionata sulla sommità di quest’ultimo un’antica colonna romana sul col MoBATTAGLIA DIFENSIVA schin. O DEL SOLSTIZIO Un’altra colonna fu posta in località L’estate successiva gli austriaci Ponte San Lorenzo con l’epigrafe: attaccarono nuo“Qui giunse il nemico e fu revamente su tutto il spinto per sempre il 15 giugno fronte dall’Altopiano di 1918. Roma eterna ne segnò il Asiago al Grappa, al ricordo”. Monfenera, al Piave Gli austriaci tentarono di ragfino al mare. La batgiungere i Colli Alti e a valle Solagna taglia detta del Sol- Colonna romana posta sul Col Moschin per puntare a Bassano ma anche qui stizio, iniziò il 15 furono respinti. I combattimenti contigiugno e vide l’impegno dei ragazzi del ’99 della IV Arma- nuarono fino al 24 giugno quando venne ta. Questa Armata era diretta dal Gene- riconquistato il Monte Asolone ma solo rale Gaetano Giardino, un piemontese temporaneamente perché anche le forze di esperienza che aveva partecipato alle italiane erano esauste. guerre coloniali in Africa e aveva svolto Tutti i soldati italiani sentirono proprio una prestigiosa carriera militare fino a il territorio del Grappa, monte sacro alla Patria e a seguito di questa determidiventare Ministro della Guerra, Governante battaglia furono concesse natore di Fiume, Maresciallo d’Italia. ben 640 medaglie ai suoi difenLa sua stima per l’Armata del Grappa sori, il General Giardino ricordanche compì il sacrificio (con il 70% delle do la IV Armata ricordò che “… perdite dell’intero esercito) e l’impredurante l’infuriare della battaglia… sa di salvare l’Italia si coglie dalle pail servizio d’ordine…non ha avuto role con cui la definì un “formidabile da prendere e da ricondurre sulstrumento di guerra, un fascio merale linee neppure un uomo in viglioso di anime, simbolo insietutta l’Armata…vi addito tutti me al Grappa della fede e della all’ammirazione e all’amore fortuna patrie, destinato a non della Patria!”. La battaglia morire”. Per onorare la memoria cessò per l’esaurirsi di di quanto accaduto, dopo la fine forze e munizioni di endella guerra, il General Giardino trambi gli schieramenti. per suo desiderio fu sepolto nel Sacrario del Grappa accanto ai Continua nel suoi giovani soldati della prossimo numero Quarta Armata (1935). Colonna posta a Ponte San Lorenzo


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Monte Grappa

foto di Rosanna Andriollo


IL NUOVO EZZELINO OTTOBRE 2OI4 ASSOCIAZIONI PAG. I4

Protezione Civile: un impegno costante al servizio della comunità Questa “non estate” caratterizzata dal maltempo ha comportato parecchi interventi della nostra associazione, eseguiti sia nel nostro comune che altrove e quanto avvenuto ha certamente reso evidente ai nostri concittadini l’utilità e l’importanza del volontariato in generale. di Agostino Zappia

Alcuni Volontari controllano il territorio immediatamente dopo uno degli abbondanti acquazzoni estivi per valutare gli interventi opportuni.

A noi preme poi in particolare far capire la valenza della Protezione Civile che si può definire “ una macchina da soccorso” poiché disponiamo di mezzi, attrezzature e persone tecnicamente preparate a intervenire in modo tempestivo se mobilitati. In Italia, ai fini dell’attività di protezione civile, gli eventi calamitosi sono classificati in tre diverse categorie. Per ogni evento, in base ad estensione, intensità e capacità di risposta della Protezione Civile, si individua il competente livello che deve assumere la direzione e il coordinamento degli interventi: livello comunale per il tipo A, provinciale e regionale per il tipo B e nazionale per il tipo C. Lo stato di emergenza può es-

Lavori nella zona alluvionata di Romano d’Ezzelino effettuati nella scorsa estate.

sere dichiarato “nell’imminenza” e non solo “al verificarsi” di calamità naturali o connesse ad attività dell’uomo che per intensità ed estensione devono essere fronteggiate con immediatezza di intervento con mezzi e poteri adeguati. Per gli eventi “di tipo c” é il Consiglio dei Ministri a deliberare lo stato di emergenza, su proposta del Presidente del Consiglio o, per sua delega, di un Ministro con portafoglio o del Sottosegretario di Stato. La richiesta può partire anche dal Presidente della Regione interessata, di cui comunque va acquisita l’intesa con le amministrazioni locali coinvolte. Da queste linee guida di intervento della Protezione Civile sul territorio e da

quanto sopra esposto si evince che la Protezione Civile può essere mobilitata solo dagli organi soprascritti e non da singoli cittadini i quali, in caso di calamità, devono rivolgersi agli Uffici Tecnici Comunali che sono preposti a ricevere le “segnalazioni” e ad avviare le procedure di intervento. È auspicabile che eventi idrogeologici come recentemente verificatisi, in realtà effetto di normali - anche se a volte traumatici - fenomeni di trasformazione del territorio, non si ripetano e che l’uomo si prenda maggior cura dell’ambiente e impari a rispettare la natura e a convivere con essa attraverso un’adeguata pianificazione.


IL NUOVO EZZELINO OTTOBRE 2OI4 ASSOCIAZIONI PAG. I5

Un Volontario ripulisce e ripristina un sentiero in Col Campeggia.

Due Volontari osservano un fosso ostruito da rami e immondizie per organizzare la rimozione del materiale ed evitare la tracimazione in caso di pioggia.

La nostra Associazione è attrezzata con motopompe in grado di aspirare 300 litri d’acqua al secondo e oltre, con mezzi antincendio e dispone di una potente fotoelettrica. Con questa abbiamo effettuato una esercitazione che ha dimostrato come posizionandola al 3° tornate della strada Cadorna illuminava adeguatamente Valle S. Felicità, area nella quale alcune squadre hanno simulato una ricerca notturna. La P.C. di Romano è dotata inoltre di una efficiente rete di radiocomunicazione, con ponte radio mobile e fisso e con localizzatore Gps, collaudato durante il recente Giro d’Italia. Siamo quindi corredati di attrezzature che ci permettono sia di avere cura del territorio, per cui è già fissato un calendario di interventi, sia di tutelare ambiente, beni e persone. Il nostro impegno si estende anche ad attività di supporto in caso di manifestazioni a carattere socio-culturale e/o di promozione civica, per tutte “la Festa dello Sport” e la “Giornata di Lega Ambiente”. Inoltre tra i nostri Volontari si distinguono alcune guide, con specifiche conoscenze storiche, che accompagna-

Suggestiva immagine durante la prova notturna con la fotoelettrica collocata al 3° tornante e rivolta ad illuminare Valle S. Felicita.

Interventi in Cadore e nell’Agordino a seguito delle eccezionali nevicate dello scorso inverno.

no scolaresche e gruppi organizzati a visitare le trincee della 1° Guerra Mondiale site in Col Campeggia. Ci teniamo addestrati e prontamente operativi attraverso molte esercitazioni organizzate da noi o da altre Associazioni con cui collaboriamo per essere preparati ad interagire in caso di bisogno. Alcuni esempi di attività in comune predisposte in tale ottica sono le recenti simulazioni di “MAXI EMERGENZA” a Tezze Sul Brenta, di “RICERCA DI PERSONA SCOMPARSA” a Pove del Grappa e in ottobre l’ormai prossima esercitazione, organizzata dal gruppo di Protezione Civile di Cassola, con le “MOTOPOMPE”. A e ed as v o nu

Via Salvo d’Acquisto, 5 36065 MUSSOLENTE (VI) Tel. 0424 30129 fax 393734 gardin.roberto@gmail.com

novembre saremo noi ad organizzarne una, indicata come “CONTROLLO E VERIFICA DEL TERRITORIO”, in collaborazione con il Comune, la Provincia e la Regione Veneto, in virtù dell’esperienza a cui le abbondanti piogge cadute nei mesi scorsi sul nostro territorio ci hanno costretto. Nel corso del 2014 le anomalie meteorologiche non sono certo mancate e la Protezione Civile di Romano d’Ezzelino, come tutti i volontari, è stata ripetutamente mobilitata per nelle varie situazioni verificatesi come testimoniano le sequenze fotografiche di alcuni interventi effettuati.


IL NUOVO EZZELINO OTTOBRE 2OI4 RESOCONTI PAG. 16

Puliamo il mondo 2014 la Pro Loco c’è Il 26, 27 e 28 settembre 2014 si è svolta la XXII edizione di “Puliamo il Mondo”. Puliamo il Mondo è l’edizione italiana di Clean up the World, il più grande appuntamento di volontariato ambientale del mondo.

Dal 1993, Legambiente ha assunto il ruolo di comitato organizzatore in Italia ed è presente su tutto il territorio nazionale. Quest’anno anche il Comune di Romano d’Ezzelino ha deciso di aderire all’iniziativa coinvolgendo, tramite l’assessore all’Ambiente Remo Seraglio alcune associazioni di volontariato. La Pro Loco non poteva mancare a questa importante iniziativa e così, sabato 27 settembre 2014 di buon mattino, 50 volontari si sono trovati per pulire alcune aree pubbliche nelle nostre quattro frazioni. Molto il materiale raccolto che è stato poi consegnato all’Etra per lo smaltimento. L’evento si è concluso in tarda mattinata presso la scuola Media Montegrappa per sensibilizzare le scolaresche affinché, le nuove generazioni, contribuiscano ad incentivare la cultura del riciclo e della raccolta differenziata, tra le famiglie che vivono sul nostro territorio.


IL NUOVO EZZELINO OTTOBRE 2OI4 COMUNITA’ PAG. I7

Le suore ritornano a San Giacomo Due anni fa la Parrocchia di San Giacomo aveva salutato con molto dispiacere, ma anche con tanta riconoscenza, la suore della Divina Volontà che per 48 anni avevano svolto il loro prezioso servizio nella comunità. di Renzo Zarpellon Il nuovo parroco, Don Delfino, però, non si rassegnava a rimanere senza suore e si metteva subito alla ricerca di una congregazione disponibile ad aprire una nuova comunità a San Giacomo. L’attività di predicatore di Esercizi Spirituali gli offriva anche un’ottima opportunità di venire periodicamente in contatto con le congregazioni religiose di tutto il Triveneto e, così, dopo aver bussato per due anni, con insistenza evangelica, a tutte le porte dei monasteri, finalmente, nel mese di giugno giungeva la bella notizia che le Suore della Carità, conosciute come suore di Maria Bambina, avevano deciso di aprire una comunità nella nostra Parrocchia. Domenica 7 settembre, Suor Mirella, Suor Renata e Suor Chiara iniziavano il loro servizio, accolte con gioia dalla Comunità di San Giacomo con il se-

guente saluto del parroco Don Delfino: Le tre suore della carità cammineranno da domenica sulle nostre stesse orme, condividendo speranze, gioie e fatiche; ascolteranno i racconti che sussurreremo dal profondo dei nostri cuori, perché solo quelle sussurrate sono parole capaci di comunicare i profumi dell’anima e i movimenti di vita del cuore. Noi li confideremo alle nostre suore perché si sentano accolte. Ascolteremo anche le parole che loro ci vorranno sussurrare, quelle dette, ma soprattutto quelle testimoniate con i gesti della vita, con la semplicità dei fiori, con la grazia dei gigli. Ascoltando le nostre suore le scopriremo persone amate da Dio, piene di umanità e impastate di Vangelo.

Cosa chiedo alle nostre suore? Solo che siano religiose, nel senso di legge-

re il nostro tempo con gli occhi di Dio, con la tenerezza di Gesù, con la bellezza dello Spirito, che dove passa mette in cammino. Che cosa chiedo alla nostra parrocchia? Che sia se stessa, capace di ascoltare voci che raccontano speranza, di non perdere segni che fanno crescere la fede. Ho una sensazione, Dio ha fatto incontrare la nostra comunità e le Suore della Carità perché anche in questo tempo di fatiche, prove, paure, c’è bisogno di qualcuno che costruisca opere di carità e che dia coraggio. Buon cammino con noi e che l’unica ad animare la nostra comunità sia la carità. Benvenute e che Dio Vi benedica!


IL NUOVO EZZELINO OTTOBRE 2OI4 NOTIZIE IN BREVE PAG. I8

Pochi ma boni

60 anni festeggiati sabato 27 settembre, una giornata splendida visitando la “grotta del Gigante”, quella più grande d’Europa, davvero uno spettacolo straordinario. Non ci siamo fatti mancare una bella scorpacciata di pesce nel centro storico di Trieste. Visitando San Giusto e ammirando dall’alto la città, passeggiando nel molo sul lungomare e regalandoci un dolce gelato nella piazza storica “Unità d’Italia”. Eravamo pochi, ci dispiace tanto per quelli che non hanno aderito, perché hanno perso una bellissima opportunità. Grazie a tutti e specialmente all’ospitalità del Vostro giornale, Classe 1954.

O 2O14 39O ANNO / n 418 / OTTOBRE

Classe 1944 Cari coetanei della classe 1944, un giorno di festa a Mantova e sui laghi. Siamo partiti di buon mattino da Fellette con un bel pullman gran lusso; arrivati a Mantova, abbiamo incontrato la guida locale e visitato la città, i centri storici, i monumenti, la chiesa di Sant’Andrea, palazzo ducale e quant’altro. Dopo il pranzo al ristorante, nel pomeriggio navigazione con traghetto RISERVATA ALLA CLASSE 1944 fino a Vallazza, visitando una meraviglia dopo l’altra. Durata della navigazione un’ora e mezza, dopodiché tutti a casa. Partecipazione ottima, una gita da ricordare… meravigliosa perché fatta a 70 anni. Ringrazio ancora chi l’ha organizzata. Uno della classe, B.P. P.S. Dimenticavo, la foto di gruppo alla prossima!!!!

Per diventare soci e ricevere “Il Nuovo Ezzelino” È possibile ricevere il Nuovo Ezzelino, organo ufficiale dei soci sostenitori. La quota associativa è di € 18,OO per i nazionali e di € 27,OO per gli esteri.

Sede Proloco, via G. Giardino, 77 - San Giacomo Uffici Postali, Banca di Credito Cooperativo Romano: Edicola La Coccinella, Tabaccheria e Cartoleria Mirò, Foto Gastaldello / Arduino, Frutta e Verdura da Silvana, Profumeria Elisir. San Giacomo: Edicola Cartoleria Zilio Giovanni, Bar Ca’ Mauri. Fellette: Panificio Bosa, Happy Bar, Trattoria Conte Chantal, Edicola Cartoleria Brillante. Sacro Cuore: Speedy Bar (Autolavaggio Scotton). gratuita ai soci. Romano in distribuzione edito dalla Pro Loco di del Grappa n. 2/1975 di informazione e cultura Autorizzazione del Tribunale di Bassano n.46 - Art. 1, comma 1, DCB Vicenza. IL NUOVO EZZELINO - Mensile – D.L. 353/2003 - (conv. In L.27/02/2004 Poste Italiane S.p.A. - Sped. A.P.


IL NUOVO EZZELINO OTTOBRE 2OI4 DEFUNTI PAG. I9

ved. Vettorazzo

nuove stelle nel cielo

Clorinda Farronato

Germana Tomaselli

Giustina Stecchini

Andrea Zonta

74 anni 3 settembre 2014

87 anni 4 settembre 2014

10 settembre 2014

64 anni 10 settembre 2014

Delia Bordignon “Foi” 89 anni 16 giugno 2014

in Farronato

Graziana Battocchio ved. Bresolin

98 anni 29 agosto 2014

ved. Alessio

in Cassano

“Maestro”

Gaetano Baron

Vittoria De Lazzer

Agnese Fiorese

Pietro Battocchio

91 anni 16 settembre 2014

89 anni 25 settembre 2014

79 anni 25 settembre 2014

77 anni 30 settembre 2014

ved. Mocellin

ved. Bizzotto

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Contatta la Pro Loco di Romano d’Ezzelino, tel. 0424 36427 - proromano@libero.it


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