KAIROS
# 01 febbraio 2016
Dall’Italicus all’Italicum
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La notte del 4 agosto del 1974 una bomba esplose sul treno espresso Italicus. Si contarono 12 morti e 48 feriti. Solo per caso, il recupero di tre minuti sulla tabella di marcia da parte del macchinista, che evitò che la bomba scoppiasse all’interno della galleria ferroviaria, l’attentato non raggiunse il livello di una catastrofe. Gli autori materiali, quelli che misero la bomba sotto un sedile della quinta carrozza, furono i fascisti di Ordine Nero, come dimostrato dalle inchieste e dai processi. Attraverso la strage del treno Italicus ambivano a favorire l’emanazione di Leggi Speciali per sospendere i diritti costituzionali e dare l’avvio ad un Colpo di Stato da farsi ad Agosto di quello stesso anno. Agirono su commissione di vari mandanti: la massoneria legata alla Loggia P2, i servizi segreti deviati, parte delle Forze dell’Ordine, mafia e CIA, tutti co-interessati a ‘destabilizzare per stabilizzare’, con una presa violenta del Paese, così come teorizzato nel manuale trovato nella valigetta di Gelli “Field Manual” di provenienza CIA, che finanziò e
favorì tale situazione per non permettere l'accesso al governo dei comunisti. Per fermare, anche in Italia, un fronte popolare, giovanile, cosciente, che aveva l’obiettivo di abbattere il potere di un sistema economico infame. Un’operazione che si collegava perfettamente a quanto già avvenuto in Cile ed a quanto sarebbe poi avvenuto in Argentina, con sovvertimenti violenti di governi democraticamente eletti a favore di dittature militari degne del peggior nazismo. C’erano già state le stragi di Piazza Fontana a Milano e quella di Piazza della Loggia a Brescia. Sempre la stessa matrice, mano, manovalanza e progetto destabilizzante.
Sono passati 40 anni. Oggi si sa molto di più su quel periodo della cosidetta ‘Strategia della Tensione’. Una strategia del terrore che provocò centinaia di morti, seguita dai depistaggi, dalle coperture e dalle complicità messe in campo per coprire gli autori materiali e con essi i veri mandanti. Ci sono
Melquìades
state Commissioni parlamentari d’inchiesta importanti, come quella presieduta dall’onorevole Tina Anselmi per far luce sul progetto eversivo legato alla Loggia massonica P2 di Licio Gelli, ed in generale sul quel periodo buio della nostra storia repubblicana.
Sappiamo tante cose in più, rispetto a quella drammatica stagione di morte, continuata poi con la strage alla stazione di Bologna, quella di Ustica e le bombe dell’estate del 1993 con relativa discesa in campo di Berlusconi.
Il processo di smantellamento delle Istituzioni democratiche e della Legge Fondamentale dello Stato viene, quindi, da lontano ed è passato attraverso un progetto preciso e pianificato, il Piano di Rinascita Democratica della loggia massonica Propaganda 2 (P2),
[…] Continua in quarta
Certe Periferie
Ipàzia D.
La Storia, Landone II ricerca di se stessi Nessun essere umano vissuto su questa Terra è tanto estraneo agli altri, da non volere, almeno una volta nella vita, sapere chi l'ha preceduto in questo mondo, cosa ha fatto nella sua vita, cosa abbia lasciato a chi sarebbe venuto dopo di lui.
Il più svogliato studente, il più indifferente dei finanzieri, il più cinico dei politici, il più opaco degli intellettuali, sente il bisogno, di tanto in tanto, di incuriosirsi per i fatti del passato, che siano scritti in un libro, su un blog, in un articolo di giornale.
Perché questo? Perché l'uomo sente questo desiderio di conoscere il proprio passato? Più le strade sono strette, più sono umide e fredde: budelli che ti sputano fuori, soprattutto se le mura intorno danno ai passi il ritmo delle crepe dell’intonaco e del pietrisco cadente, ed il vento come in un vortice vi trascina cartacce, avanzi di spazzatura sempre mal riposta, sempre mal raccolta.
Luoghi di passaggio, tra una piazza transennata ed una strada a senso unico, nei quali non trovi riparo dalla vista e dalle auto che, passando, indifferenti ti costringono a farti più sotto a quelle mura che ti sporcano anche se non le sfiori. Nessuno si ferma a baciarsi qui, nessuno indugia in una telefonata magari colpevole, di quelle che cercano riparo da orecchie pettegole; i gatti certo che sì: ma i gatti, come i predatori, si sa cosa vanno cercando. Finanche la Madonna di quell'edicola votiva non ti conforta, come i fiori appassiti che qualche mano devota di culto e bucato han posato.
Le periferie di certe città son così: ed io le conosco queste periferie. Ne respiro l'aria. Aria viziata. Vicoli senza luce, come molte vite che mi passano accanto, incroci giornalieri, scontri violenti che ti solcano l'anima, costringendoti alla resa dei pensieri.
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Dov'è il sole? Io le guardo le facce di questa gente che ha la mia stessa pelle; le osservo, nascosta dietro occhiali da sole, su occhi impietosi e troppo spesso sfuggenti.
Riconosco una stanca rassegnazione, e quasi mi interroga, spaventandomi, questo abbrutimento di giacche consunte, barbe incolte, ragazzine ancheggianti, belle più di quanto sanno, e per poco.
Mi invade e mi fa male il grigiore dello sguardo, il peso del trucco, la miseria di giorni rifugiati in slot machine di bar troppo affollati a nascondere automi e la loro vita ridotta a puntate: la chimera di un jackpot o di un terno secco, magari sulla ruota di Venezia.
È la mia gente, e decade ogni giorno di più in un vocìo disordinato di passi e privazioni, feste patronali colorate di poco, turni ai centri commerciali, mostri di lamiere brutti fuori, pacchiani e scintillanti dentro: il paese dei
balocchi a cui si è venduto l’ultimo respiro dell’anima; il part-time che è “sempre meglio di niente” e l'impulso all'ossequio di chi promette e che ti compra, con poco, con sempre meno.
Dove si sono addormentate, quando si sono placate le voci di una provincia viva, quelle da cui nascevano idee, istinti di ribellioni, fermento e fuoco?
La gente mangia male, eppure non ha più fame. Non sembra più affamata di vita, di quella forza randagia che trasformava le chiazze del muro di quel vicolo senza luce in fumetti fantastici, racconti di rivoluzioni e rivalse dal finale mai scontato. Pagine di vita da scrivere.
Le periferie, queste periferie che oggi vomitano veleno dalla terra erano passato e futuro, mentre il presente volava sotto i piedi. Erano stimolo e sperimentazione, ritorni senza partenze, l’oasi dal caos e la terra (la terra!), il cortile; storie di anziani più anziani che altrove, più consumati e più saldi. Radici orgogliose.
Io le vedo, oggi, le rughe di chi anziano non è: i solchi abbrutenti, retaggio di piani regolatori che hanno mortificato il passeggio ed il paesaggio.
Formicai con identità schedate da una parte, qualche giardinetto sparuto e sopraelevate che sputano smog nei piatti della gente e tra le loro paure, compagne di vita, e mi sembra l’immagine di una cartolina che nessuno invierà. Eppure, anche queste periferie con certi tramonti striati di arancio e di rosso in un giorno qualunque intossicato dal fumo e dal niente, possono lasciare senza fiato, e la luna quando si impone maestosa e materna o delicata in uno spicchio accennato, è la stessa che riflette la sua luce sui mari, muovendo pensieri alla grazia ed alla contemplazione; ed allora maledico una, due, tre, mille volte le mani criminali che hanno rubato la bellezza e la salute a questi luoghi, condannandoli all'inferno che c’è.
Perché la bellezza, come la poesia, nutre, cura, accarezza, salva. Perché solo la bellezza e la poesia possono ancora salvarci.
Le periferie, certe periferie, queste periferie, sono state massacrate dall'incuria e dal degrado. E con esse la mia gente.
V i v i a m o i n u n ' e r a i p e r t r o fi c a m e n t e tecnologica, in cui con un click riusciamo ad avere tutte le informazioni necessarie per fare, realizzare, condurre una cosa in porto. Non ci servono, apparentemente, le esperienze passate degli altri: abbiamo le notizie per realizzarci bell’e pronte. In realtà, tutti noi sentiamo qualcosa di più profondo: sentiamo che la Storia passata, quella che gli Illuministi criticavano e che i Futuristi volevano cancellare, ci riguarda da vicino.
La Storia siamo noi, e chi ha fatto di questa frase il titolo di una trasmissione televisiva meriterebbe il Premio Pulitzer, categoria idea vincente
.
Dei circa 80 miliardi di esseri umani che potrebbero essere vissuti sulla Terra nell'ultimo milione di anni, tutti, anche il più umile, ha lasciato un segno del suo passaggio.
Tutti, anche i neonati vissuti poche ore, o il più nullafacente degli esseri umani. Prima negli affetti, poi nelle opere realizzate, visibili o nascoste (pensiamo forse di aver ritrovato tutti i manufatti custoditi sotto la crosta terrestre?) e infine anche geneticamente, per chi è arrivato ad avere discendenza. Studiare o anche solo interessarsi alle storie del passato, siano esse epiche avventure o aneddoti paesani, significa per noi non solo onorare gli avi, ma anche ritrovare le proprie radici linguistiche, genetiche, culturali.
Come i salmoni che risalgono controcorrente i fiumi, così noi risaliamo le acque del Tempo per arrivare alla fonte. La differenza fra l'uomo comune e lo studioso di Storia, alla fin fine, è che il primo si ferma alla prima cascata, magari alla successiva; mentre il secondo tende a risalire fino alla vetta del monte.
Entrambi cercano di arrivare alla sorgente dei fatti, entrambi sanno che non ci riusciranno mai del tutto.
Ma a entrambi fa piacere percorrere la salita, chi per pochi minuti, chi per tutta la sua esistenza.
Perché ricercare la Storia è ricercare le nostre radici profonde nella pelle della Terra. E' ricercare l'intimità con noi stessi.
Dalla Colonia Penale di Gea
A Philip Kindred Dick
Al di là del confine delle colonie
Iperuranio
Dalla Colonia Penale di Gea,
Terzo pianeta del sistema Helios,
Anno di grazia 2016, Febbraio
Caro Philip,
E’ la prima volta che provo a scriverti, da quando ti hanno lasciato andare e sei tornato in madrepatria, libero. Ho conservato con molta cura i tuoi scritti, tanti, che in oltre quarant’anni del tempo di questo pianeta non sono ancora riuscita a leggere tutti. Mi fanno compagnia, mi aiutano a ricordare Iperuranio, mi sono utili per capire come funziona questo sistema di detenzione.
Sai, il cielo oramai ha assunto il colore costante raccontato da “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?”, quel tuo lavoro che si è prestato per base di sceneggiatura, alla quale hai collaborato, di Blade Runner. Tu non hai potuto vedere il film finito, perché ti avevano finalmente richiamato a casa.
E’ venuto bene. Ha avuto molto successo tra una parte dei detenuti ed i gestori della colonia sono stati felicissimi degli incassi. Ricordi?
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Qui si usa ancora il barbarico sistema monetario e finanziario: così regolano tutte le transazioni umane. Un altro grande successo è stato “Minority Report”. Un’altro film tratto da un tuo racconto degli anni ’50 ed ispirato ad una tua grande invenzione, i pre-cog, i precognitivi, quelli che vedono il futuro e sono un’arma nelle mani dei potenti del presente. In realtà i gestori della colonia non hanno a
disposizione dei veri precognitivi, ma sono molto furbi e si sono inventati dei sistemi per creare realtà parallele, le chiamano mondi virtuali, in cui chiudono, una volta finito il turno di lavoro, senza bisogno di catene fisiche, una bella fetta di detenuti, che in questi mondi virtuali sognano, lottano per la propria liberazione, sfogano senza danni effettivi i loro peggiori istinti. Insomma vivono senza vivere. Chiaramente anche questa bella invenzione è altamente renumerativa per alcuni gestori perché senza averglielo detto, fanno lavorare i detenuti anche in quello che dovrebbe essere il loro tempo libero.
Quello che mi fa più compagnia, però, quello che ho amato di più, resta “L’uomo nell’alto castello”, perché ciò che ci raccontavi in quel libro somiglia tantissimo a quello che sta succedendo.
Ti immaginavi che la seconda guerra mondiale fosse stata vinta dai gestori tedeschi e giapponesi, gli italiani non contavano, grazie ad un regime ridicolo anche nel romanzo, e non dai gestori alleati ai sovietici. Ci raccontavi di Gea governata da una ristrettissima élite, amante dell’arte, detentrice della conoscenza e della forza militare. Una élite, che, ad un certo punto, decide lo sterminio degli africani, perché il loro continente serve a nutrire il proprio mondo, anzi, ad esser precisa, le risorse dell’Africa servono a non cambiare il funzionamento del proprio mondo. Tanto, pensano, gli africani non sono umanità, al massimo si possono considerare una specie di primati un po’ più evoluti. E’ strano, Philip, perché in realtà quella guerra fu vinta dai gestori buoni, quelli che regalavano da mangiare cioccolato e farina.
Mi dà una sensazione di sbandamento constatare che il progetto dei gestori cattivi sia sopravvissuto alla loro sconfitta militare.
Ti dico questo perché orami da tempo arrivano sulle coste di questa parte di Gea i
Antiope
disperati che raccontano orrori tremendi, seppur si salvano da viaggi terribili: scappano da fame, guerre, genocidi.
Chissà cosa avresti pensato di questi giorni da fine impero. Avresti provato una soddisfazione egocentrica per aver centrato tutte le pre-visioni?
O l’orrore e la pietas ti avrebbero raggelato? Cosa ci avresti raccontato sulla fine della storia di questa colonia penale?
So che non puoi rispondermi, Iperuranio è così lontana.
E allora cerco, cerco tra le tue carte e trovo uno dei tuoi pochi racconti a lieto fine.
Lo sai, sono ottimista nonostante tutto, romantica perfino. Il lieto fine mi è sempre piaciuto, fin da quando mi lasciarono qui, forse perché allora era meno buio di adesso, mi sembrava anche bello; dono dell’incoscienza. In quel racconto l’umanità viveva sepolta nelle viscere di Gea perché i gestori avevano scatenato la terza guerra mondiale che aveva reso l’ambiente invivibile, avvelenando aria, acque, terre.
Erano stati lasciati in superficie a fare materialmente la guerra alcuni androidi molto evoluti.
Talmente evoluti che avevano smesso di fare ciò per cui erano stati programmati e semplicemente avevano ripulito Gea, ingannando gli umani con ricostruzioni belliche costruite a tavolino, filmate e mandate giù.
A quei pochi umani che riuscivano a risalire e si rendevano conto di come stessero realmente le cose, riservavano il trattamento dovuto: li educavano alla coesistenza, li rendevano individui adulti.
Sono molto stanca, Philip e chiudo qui questa mia prima missiva. Spero che riuscirai a leggerla, magari insieme a Timothy, che ti prego di salutarmi.
Un abbraccio da Gea.
Tua ANTIOPE.
TUFO
Ninco Nanco
Ho militato. La politica per tanto tempo mi ha assorbito visceralmente. Non sono mai stato un rivoluzionario barricadero. Anzi, invidiavo le certezze ‘granitiche’ di quanti esercitavano questa arte. Per quanto mi riguarda certe barricate, che ho anche vissuto, mi mettevano un po’ a disagio. Non erano certo il luogo del dubbio. La mia militanza, invece, era una militanza del dubbio, molto più ancorata alla mia terra.
Terra senza certezze. E per terra intendo proprio la fisicità dei miei luoghi.
Non era granito, era tufo. Perché del granito non mi piace la freddezza e nemmeno l’eccessiva durezza che lo rende difficile da modellare.
Il tufo invece è resistente, solido, ma si modella. Si scava, si forma, assorbe, cambia e sostiene. C’è, tra le tante, una chiesa rupestre a Matera che mi ha colpito: Santa Maria della Palomba. Metà, a sinistra dell’ingresso, è costruita, metà, a destra, è scavata completamente nel tufo, appunto. Su quest’ultima parete anche le statue sono state ricavate dal pieno, formate scavando nella pietra, non collocate. E’ la sostanza che rimane a rivelare la forma. Ecco perché sono uomo di tufo. Perché le forme cambiano, la materia no. Perché le idee evolvono, i valori no. Sono l’immutata intima materia.
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Dall’Italicus all’Italicum segue dalla prima […]
che, fino agli inizi degli anni novanta, ha trovato sulla sua strada la ferma e dura opposizione dei partiti di massa, del sindacato, i cosiddetti corpi intermedi, della stampa democratica e della Magistratura. La strategia del terrore, le stragi, le bombe, il rumore di sciabole che veniva dalle stanze del potere non hanno trovato sbocco nel nostro Paese, finché il clima non è diventato più favorevole, grazie anche alla nascita di una Unione Europea, non quella sognata da Altiero Spinelli e scritta nel Manifesto di Ventotene, che è retta da Trattati, quello di Maastrich e quello di Lisbona, che sono in sintonia perfetta con il piano di Gelli, di cui è utile rammentare i punti fondamentali.
• Smantellamento dell’efficacia democratica dei corpi intermedi, ovvero i sindacati ed i partiti di massa. Rompere il fronte sindacale u n i t a r i o p ro t a g o n i s t a d i i m p o r t a n t i conquiste per il mondo del lavoro, per la democrazia e la difesa della Repubblica nata dalla Resistenza. Ridurlo ad un mero ruolo di comprimario sullo scenario della contrattazione e dei cambiamenti del mercato del lavoro in modo da indebolire complessivamente la capacità collettiva dei lavoratori e renderli sempre più ricattabili e subalterni. A dare man forte a questo progetto ci ha pensato ancora una volta la UE con l’imposizione delle politiche di austerità, che di fatto violano diversi punti
della Carta Costituzionale. Cambiare i partiti così come erano stati finora conosciuti, per dare vita ad una frammentazione dispersa sui territori dove il singolo ras locale fosse l’interlocutore e il convogliatore di voti utili per il potente di turno senza più una disciplina, senza etica e senza una finalità collettiva. Al punto da non riuscire più a distinguere maggioranze e opposizioni dal momento in cui corrono tutti nella stessa direzione verso una presa del potere fine a se stessa in una continuità destabilizzante del dettame costituzionale.
• Imbavagliare e sottomettere la Magistratura ledendo la sua libertà così come previsto dalla Costituzione in modo da non poter disturbare il manovratore solo al comando. Attacchi violenti si sono succeduti in questi anni alla Magistratura iniziando dalla “Responsabilità civile dei giudici” dopo gli scandali di tangentopoli, contro le intercettazioni, il bavaglio alla stampa e il sistema di accesso e di progressione in carriera dei magistrati completamente ridisegnato dalla riforma del ministro Castelli.
• Controllo del sistema informativo, la stampa, la televisione e i mass-media nel loro insieme, creando nei fatti un sistema centralizzato di controllo e omologazione del pensiero unico, così come deciso dall’oligarchia che detiene effettivamente il potere in Europa.
Melquìades • Questo rapido e breve escursus è stato necessario per capire meglio e fino in fondo lo scontro in atto nel Paese, il processo di cambiamento e tutto il lavorio affannoso che sta mettendo in campo quest’ultimo governo attraverso una tabella di marcia militare per completare l’opera iniziata oltre 40 anni fa: Riforme Costituzionali e nuova Legge Elettorale, chiamata, per ironia della sorte, Italicum.
E’ in fase di approvazione alla Camera la prima deliberazione per la Riforma Costituzionale e da essa partirà una tabella di marcia potente e supportata da tutto il corifeo che in questi anni, a colpi di piccone e di bombe, hanno inteso modificare, smontare la Costituzione nata dalla Resistenza.
Un nuovo salto nel buio ci aspetta.
KAIROS web rivista periodica di cultura numero 01 febbraio 2016 In attesa di registrazione Tribunale di Napoli Direttore Responsabile: Gabriele Gesso Editore P.S. Stampato in proprio contatti: info@kairos-web.it WEB: www.kairos-web.it Facebook. Kairos-web