Poche Parole numero 0

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n.0 2012

POCHEPAROLE N. 0 “ea quae sunt, sicut sunt”

La pianificazione urbanistica di vasta scala è lo strumento principale per uno sviluppo sostenibile di aree complesse nel quale la competizione di istanze diverse diventa fattore preordinato alla pianificazione strategica.

Province si, Province no.

Riorganizzazione della pianificazione Primo piano

In questi giorni si discute del ruolo delle Provincie nel sistema architettonico amministrativo dello Stato, la loro peculiarità quali enti intermedi tra comuni e regioni. Queste sono, nell’immaginario comune, considerate quali enti superflui, causa e conseguenza dello spreco e spesso sperpero di risorse altrimenti utilizzabili. Non si ha pienezza del loro ruolo sia all’interno del panorama amministrativo, sia in quello programmatico. Eppure le Provincie svolgono, anche se sia giusto dire dovrebbero svolgere, un importante ruolo di coordinamento sovracomunale. Le competenze, infatti, della pianificazione territoriale spettano alle provincia. I P.U.C. (Piani Urbanistici Comunali) sono strumenti di

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pianificazione di secondo livello, almeno in quelle che erano le indicazioni della Legge Urbanistica Nazionale, subordinati alle indicazioni dei P.U.T. (Piano Urbanistico Territoriale) di competenza delle Provincie. I P.U.C. vengono adottati dai Comuni, inviati alla Provincia che ne verifica sia la correttezza degli atti, delle prescrizioni ma soprattutto si verifica la compatibilità con la pianificazione e programmazione strategica sovracomunale. La ratio vorrebbe che tutte le provincie fossero dotate di Piani di Coordinamento vigenti e soprattutto condivisi dalla comunità a cui sono rivolti. L’importanza dell’esistenza di un ente sovracomunale intermedio che sia di raccordo e di

equilibrio tra le spesso conflittuali esigenze che interessano ambiti e comuni limitrofi - si pensi alla sola localizzazione di impianti di compostaggio, inceneritori e addirittura discariche, non può che trovare il suo naturale luogo in un ente terzo con competenze specifiche. Le Provincie, dunque, se colpa hanno, è quella di essere state assenti in questi processi svolgendo un ruolo secondario spesso di mero spettatore delle istanze locali. Oggi si considerano enti inutili, le cui funzioni possano essere facilmente delegate ma all’interno di una corretta pianificazione, gestione e controllo del territorio se non ci fossero bisognerebbe inventarle.


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La Galleria d’Arte Moderna di Roma del 1911 e Villa Savoye a Poissy del 1933 . due opere “contemoranee” ma solo una moderna.

Quanti anni ha la Modernità? Modernità e contemporaneità Architettura

Quale è la differenza tra modernità e contemporaneità? Mentre per contemporaneo la definizione è quanto mai semplice, il concetto di moderno è quanto mai ambiguo e spesso si confonde con l’idea stessa di contemporaneo. Un libro, un uomo, un quadro ed uno stesso edificio sono contemporanei quando la loro realizzazione è avvenuta nel periodo stesso al quale facciamo riferimento. Le piramidi sono contemporanee ai faraoni così come il Colosseo lo è agli imperatori. Contemporaneo è Giotto a S. Francesco e contemporaneo è Bernini a Borromini, Carraccio a Caravaggio, Raffaello a Leonardo e Michelangelo; contemporanea è la Dichiarazione di Indipendenza alla Rivoluzione francese. Picasso era contemporaneo di Mussolini, Van Gogh di Mazzini e Garibaldi. Nostri contemporanei sono il Guggenheim di Bilbao, Berlusconi e Obama. Essere contemporanei quindi non ha altro significato che essere vissuti, costruiti, creati nello stesso periodo di riferimento ed appare ora, oltre ogni ragionevole dubbio, che contemporaneo non è un di per se un valore.

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La pittura, la letteratura ed anche l’architettura contemporanea sono quindi per definizione privi di qualità. Nel caso specifico dell’architettura la quasi totalità di quanto realizzato dal dopoguerra ad oggi è priva di qualità. La quasi totalità di ciò che si continua a costruire è come più volte ricordato “spazzatura edilizia”. Il contemporaneo è spesso privo di valori mentre in tutto ciò che è moderno si racchiude il genio e il coraggio di chi lo ha realizzato. Spesso moderno è il risultato della produzione delle avanguardie: i futuristi deploravano il loro contemporaneo e ne ipotizzavano la distruzione, per non parlare delle case di Le Corbusier, le ville di Wright, e i quadri informali di Burri, Fontana e Pollock. Moderno è ciò che una civiltà vuole che la rappresenti. Molti testi di storia dell’architettura e dell’arte colgono forse inconsciamente questo aspetto intitolandosi “storia dell’architettura contemporanea” o “storia dell’arte contemporanea” distinguendola da quella moderna a cui dedicano specifici capitoli. Ma quanti anni ha la modernità? Molti, forse da quando un uomo alzando il primo megalite pensò: “si ricordi per millenni che noi ci siamo stati!”


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Carthago delenda est

Cartagine deve essere distrutta Società

La leggenda narra che Catone il censore, mostrando in senato un cesto di fichi proveniente da Cartagine, volesse ammonire i senatori presenti che la città punica costituisse un pericolo imminente per gli interessi dell’impero. Da quel giorno in poi ogni suo discorso terminò con “Ceterum censeo Carthaginem delendam esse” (d'altronde, ritengo che Cartagine debba essere distrutta). Quali sono i confini del nostro impero? Quale è la nostra Cartagine? Ogni civiltà si crea i suoi confini, ogni civiltà si crea i suoi nemici. Barbari erano i romani per i greci, barbari erano i sassoni per i romani, barbari sono gli europei continentali per gli inglesi; barbari erano i normanni per gli arabi, barbari sono gli arabi per i norvegesi. Le parti nel tempo si invertono le motivazioni permangono. Tacito nel I secolo scriveva dei romani: “Predatori del mondo intero, dopo aver devastato tutto, non avendo più terre da saccheggiare, vanno a frugare anche il mare; avidi se il nemico è ricco, smaniosi di dominio se è povero, tali da non essere saziati né dall'Oriente né dall'Occidente, gli unici che bramano con pari veemenza ricchezza e miseria. Distruggere, trucidare, rubare, questo, con falso nome, chiamano impero e là dove hanno fatto il deserto, lo hanno chiamato pace“. Cosa si pensa oggi della civiltà occidentale, della Nato, dei mercati? Siamo predatori ma indichiamo negli altri i nuovi barbari. La prova è la paura del prossimo, l’egoismo è alla base del nostro contratto sociale. Chi non è con noi è contro di noi. Trascorsi migliaia di anni abbiamo cambiato i mezzi ma mai il fine. A malincuore riteniamo che questo sia parte della natura

Catone il censore Catone si oppose all'ellenizzazione, il diffondersi della cultura ellenistica, che egli riteneva minacciasse di distruggere la sobrietà dei costumi del vero romano.

Publio Cornelio Tacito Tacito sostiene che i veri barbari siano i romani poiché i barbari rispetto ai romani avevano un forte senso religioso e amavano la libertà.

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umana ed in quanto tale non possa essere cambiata. Ciò che possiamo fare è cambiare i nostri confini, cambiare la nostra Cartagine. Se i confini da invadere diventassero i confini dei nostri pregiudizi e Cartagine diventasse il nostro egoismo, allora si che potremmo terminare ogni nostro discorso con ...ceterum censeo Carthaginem delendam esse.

Poche parole... Editoriale

Poche parole per dirvi e ricordarci i motivi che ci hanno spinto a creare raccolta di post. Negli anni passati l’idea di creare un foglio che affrontasse temi più proiettati ai massimi sistemi che alla cronaca quotidiana ci ha sempre stimolato. Da un lato il costo che avrebbe avuto se fosse stato stampato, dall’altro la difficoltà di distribuirlo al di fuori dei comuni canali per farlo giungere a chi riteniamo potesse essere interessato. Oggi questi ostacoli sono superati: il costo è alla nostra portata e la distribuzione può essere capillare. I contenuti sono rimasti in nuce e credo che potremmo produrre diversi numeri, lasciandoci stimolare da ciò che quotidianamente avviene per elaborare idee condivise. Come spesso avviene in questi casi chiudiamo con la frase di rito che siamo aperti al contributo dei lettori, ma molto probabilmente li ignoreremo o peggio faremo finta che ci siano arrivati tanti scegliendo quelli scritti da noi stessi. Almeno in questo siamo coerenti: siamo e resteremo cinici.


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E’ facile perdersi in Google Media

Con il quinto episodio termina la fortunata webserie di “Lost in Google”. Il primo episodio inizia con una frase che dopo poco più di un anno è candidata a diventare il simbolo di una generazione: “Hai mai cercato Google in Google?”. Per chi non lo sapesse, la serie si basa sui post e commenti fatti dagli utenti su YouTube dell’episodio precedente. Il mezzo con cui sono state realizzate le sceneggiature ha ricevuto numerose critiche positive da blog e testate giornalistiche. L’idea è fuori di dubbio originale, lo strumento anche. L’ultima puntata ha ricevuto oltre 200.000 visualizzazioni: un vero successo. Se un appunto può essere fatto riguarda i contenuti che gli autori, in questo caso gli utenti di YouTube, propongono ai produttori: alcuni di sicuro esilaranti, altri scontatamente banali, altri ancora completamente privi di qualsiasi senso logico. La colpa, crediamo noi, e ci viene confermata da un testo di Alessandro Baricco “I barbari”, è dello strumento. I Social Network, come i SMS e la facilità con cui oggi si possono trovare risposte nella rete (Google per l’appunto), atrofizza le curiosità intellettuali delle persone, riduce il linguaggio e spesso i contenuti al minimo. La conclusione di tutto ciò è che non è Simone Ruzzo (il protagonista della serie n.d.r.) ad essersi perso in Google, ma la società stessa; non spetta a Proxy trovarlo ma a noi, senza rinunciare ad essere complessi, senza rinunciare ad essere.

Lost in Google la webserie in 5 episodi creata e prodotto dal gruppo The Jakal

www.ae-studio.it via Duca degli Abruzzi, 2 Afragola 80021 (NA)

“progettare e dare spazio ai comportamenti umani”


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