34 | LUCA GASTALDO | SINESTESIE | PUNTO SULL'ARTE

Page 1






2 MARZO - 7 APRILE 2018 MOSTRA A CURA DI / EXHIBITION CURATED BY: ALESSANDRA REDAELLI CATALOGO A CURA DI / CATALOGUE CURATED BY: SOFIA MACCHI E GIULIA STABILINI TESTI / TEXT: ALESSANDRA REDAELLI PROGETTO GRAFICO / GRAPHIC PROJECT: GRETA PALASTANGA TRADUZIONI / TRANSLATIONS: CLAIRE ANGEL BONNER Copyright © PUNTO SULL’ARTE

P U N T O S U L L A R T E | V I A L E S A N T ’A N T O N I O 5 9 / 6 1 | 2 1 1 0 0 V A R E S E ( V A ) I TA LY | + 3 9 0 3 3 2 3 2 0 9 9 0 | I N F O @ P U N T O S U L L A R T E . I T




LO SPAZIO DELLE EMOZIONI “Mi resi conto che l’arte non è una questione di elementi formali, ma di un desiderio interiore che determina prepotentemente la forma”. Vasilij Kandinskij, Lo spirituale nell’arte Nel 1912 Vasilij Kandinskij pubblicava Lo spirituale nell’arte (scritto in realtà tre anni prima) e improvvisamente davanti agli artisti si spalancava un abisso di possibilità. In quel saggio chiaro, condotto con rigore e semplicità, che sosteneva qualcosa per noi oggi evidente, si gettavano le basi di tutto quello che le arti visive sarebbero state dopo di lui. E sarebbero state qualcosa di totalmente nuovo. La ricerca dello spirituale non come elemento accessorio ma come base fondante dell’arte, il senso dell’arte come risonanza interiore, le affinità delle arti visive con la musica e la loro capacità intrinseca di tradurla per mezzo del segno e del colore sono il punto di partenza di una libertà creativa che segnerà tutto il Ventesimo secolo e poi anche il seguente. Tra il 1909 e il 1910, proprio mentre mette a punto il suo saggio, Kandinskij comincia a lavorare alle due serie delle Improvvisazioni e delle Composizioni, opere oramai definitivamente astratte (il Primo acquerello astratto dell’autore è convenzionalmente un’opera precisa ed è datato 1910), totalmente libere, giocate su contrappunti e contrattempi, i cui titoli rimandano al ritmo e alla musica. Da quel momento in poi l’arte non potrà più considerarsi solo

uno specchio della realtà – ruolo oramai prepotentemente reclamato dalla fotografia – ma spazio delle emozioni. Anche quando la realtà farà da sottofondo. Qualcosa di simile era accaduto già un bel po’ di anni prima, se ci si pensa. Quando nel 1872 Monet dipinge il suo Impression, soleil levant – dal cui titolo discenderà tutta l’epopea dell’impressionismo – prende una decisione totalmente nuova e scandalosa: emancipare l’arte dalla verità retinica per farne un racconto di impressioni. Quell’alba su Le Havre è un gioco di libere pennellate che senza troppo sforzo si può ascrivere tra gli antenati della pittura gestuale, quella che vedrà la luce settant’anni dopo negli Stati Uniti. Il senso di quell’immagine – e qui sta la sua importanza nodale nella storia dell’arte – non muterebbe molto se la barca fosse spostata un po’ più a destra o se il porto, sullo sfondo, fosse inquadrato da un’angolazione differente. Quello che Monet voleva comunicarci, infatti, non era l’esatta posizione degli oggetti, non era la cartolina che quell’immagine avrebbe potuto rappresentare: erano le sue impressioni. Erano le sue emozioni. La luce baluginante, i riflessi sull’acqua, il sole troppo basso per scaldare l’aria e quell’aria che colpisce la faccia, penetra nei polmoni portando con sé l’odore del mare; e il sentore di pesce, inconfondibile, mentre sullo sfondo si sentono le voci dei pescatori che gridano, i primi suoni del mercato. Tra il 1872, anno in cui Monet dipinge il suo capolavoro, e la pubblicazione di Lo spirituale nell’arte non solo esce, nel 1878, Umano, troppo umano di Friedrich

9


Nietzsche, ma nel 1899 vede la luce L’interpretazione dei sogni di Sigmund Freud. La teoria psicanalitica apre le menti a una nuova lettura dell’uomo, dei suoi fantasmi, del suo vissuto e delle sue emozioni, sparigliando le carte e ribaltando le certezze. Seguiranno nel 1901 Psicopatologia della vita quotidiana e nel 1905 i Tre saggi sulla sessualità. Poi, nel 1913 – un anno dopo lo scritto di Kandinskij – Totem e tabù. Il mondo, dunque, sta cambiando e si sta ripensando. E lo fa guardandosi dentro, dando, improvvisamente, uno spazio alle emozioni che prima sarebbe stato impensabile. Certo, anche il Romanticismo aveva dato spazio alle emozioni. Ma era mancato il coraggio di toccare la forma e di metterla in discussione. E i pochissimi che avevano creato davvero qualcosa di unico e di rivoluzionario, qualcosa che era avanti almeno di un secolo, erano riusciti a camuffarlo per non incorrere nell’ira della critica (penso a William Turner con i suoi cieli sconvolti e infuocati e con i suoi mari in tempesta) ed erano diventati chiavi di volta. Poi, tre anni dopo l’uscita del saggio di Kandinskij, Malevič realizza la prima versione del suo Quadrato nero. Il Quadrato nero non è, come potrebbe apparire a un primo sguardo distratto, rigore geometrico e compostezza. Quel nero è vivo, la pennellata è leggibile e pulsa sulla tela. Malevič infatti spiega il suo Suprematismo come “supremazia della sensibilità pura nell’arte”. E poi, dimostrando di avere le idee molto chiare sulle strade che l’arte prenderà dopo di lui, scrive all’amico compositore Matiushin: “Questo lavoro avrà un’importanza enorme per la pittura. Rappresenta un quadrato nero: l’embrione di tutte le possibilità”. Possibilità che troveranno forma nella selvaggia libertà

10

compositiva delle avanguardie, nel blu di Kline e nel bianco di Manzoni e Castellani, nel segno furioso di Pollock e nel colore dilagante di Rotkho. Luca Gastaldo è un pittore classico. Uno di quelli che in un momento di grande dibattito sul contemporaneo, sul senso reale di un concettuale che non dà segni di cedimento e sul ritorno alla tradizione, è sicuramente e orgogliosamente figlio della grande storia dell’arte e della bellezza. Il suo lavoro si muove senza dubbio nell’ambito della grand art, quella che nel suo saggio fulminante – L’art caché – Aude de Kerros contrappone come un baluardo al dilagare dell’altra arte, quella che ha bisogno di spiegazioni. Eppure il suo è un paesaggio profondamente emozionale, naturalistico solo fino al momento in cui non ci si ferma davvero a guardarlo e non ci si lascia travolgere dalle sensazioni, dallo scatenarsi di rimandi e di sinapsi, dalle memorie di un vissuto che riaffiora, dai profumi della terra bagnata dopo il temporale e da quell’elettricità che rimane ancora nell’aria, anche se le nuvole hanno già cominciato a diradarsi e la luce – più abbagliante che mai – appare a tratti a squarciare il cielo. Prima di tutto, questi di Gastaldo non sono paesaggi reali, che lui si ferma a fotografare oppure a schizzare su un taccuino e poi, una volta in studio, riporta sulla tela. I suoi sono piuttosto paesaggi della memoria, sintesi di ricordi catturati dalla retina ma poi passati per il filtro emozionale. E questo è fondamentale, perché sta qui una delle caratteristiche più intriganti del suo lavoro, qui si annida il terreno condiviso tra l’artista e il suo pubblico. Ad essere precisi, poi, non si tratta nemmeno esclusivamente di memoria, ma piuttosto di


11


12


un qualcosa che mescola in sé ricordo e aspirazione. Vissuto e desiderio. Luca Gastaldo usa proprio questa parola: desiderio. Come se quelle vedute dai cieli amplissimi, mobili, vorticosi, accesi di luci improvvise, incarnassero una specie di punto di arrivo, un perfetto coincidere del reale e dell’anima. E sembra proprio di sentire Kandinskij quando allude a un “desiderio interiore che determina la forma”. Emozioni e desideri dell’uomo Gastaldo e dell’uomo più in generale. Uomo che, come figura, raramente appare nei dipinti. Per lo più la sua è una presenza fantasmatica – un ciclista solitario, poche sagome in controluce – o solo suggerita dalla presenza di edifici in lontananza, panni stesi, pali della luce. E quando c’è, l’omaggio a Caspar David Friedrich, pittore romantico per eccellenza, si legge in vere e proprie citazioni, dai personaggi di Luna nascente sul mare al Viandante sul mare di nebbia. Lo spazio adibito alle emozioni per Gastaldo è il cielo, dilagante nei suoi dipinti, immenso al punto da ridurre la terra molto spesso a una strisciolina, a un’ombra. Cielo crepuscolare, sempre. Perché quell’ora incerta – “l’ora che volge il disio” di Dante – che segna il passaggio dal giorno alla notte, dalla luce al buio, è quella in cui il cuore si fa più pesante e in cui le sensazioni si fanno più acute. Ma anche perché è qui, in questa deliziosa ambiguità, che il gioco delle luci è più intrigante e cangiante. Partendo dal bitume, mescolandolo all’olio e poi procedendo per sottrazione, Gastaldo inventa qui giochi cromatici mutevoli e senza pace, bruni che stemperano in verdi che stemperano in blu carichi e che poi si aprono all’improvviso nello squarcio della luce. Il temporale a volte è così imminente da far vibrare

l’aria e da far tremare le cime degli alberi; altre volte sembra appena cessato e l’aria si ferma in quella sorta di sollievo sospeso. Il gesto della pittura, in questi cieli, è più libero che mai. Lo si percepisce già guardandoli e lo stesso artista lo conferma quando spiega che lì, nel cielo, non prevede mai un disegno preparatorio come accade per la altre parti del lavoro, ma agisce d’istinto. Qui, in questi grovigli di materia, respira la grande storia dell’arte che questo artista, classico e innamorato della bellezza, ha saputo fare propria, dalla stagione del Romanticismo alle vibrazioni impressioniste, dallo spirituale predicato da Kandinskij come presupposto assoluto dell’arte all’abisso aperto da Malevič con il suo Quadrato nero e poi, dopo di loro, la gestualità istintiva di Jackson Pollock e dell’action painting, la lirica disperazione di Rotkho e anche le luci inquiete di Edward Hopper. Ma restando ben attaccato al suolo. Per non volare via insieme alle sue nuvole. “Qualche volta ho provato a realizzare alcune opere con solo i cieli”, racconta infatti Luca Gastaldo, “ma mi accorgo che quella seppur sottile striscia di terra mi serve; serve a completare il cielo, a dargli una dimensione reale senza la quale mi sentirei perso”.

ALESSANDRA REDAELLI

13


T H E S PA C E O F E M OT I O N S “I realised that art was not a matter of formal elements, But an internal desire that overwhelmingly determines form”. Vasilij Kandinskij, Concerning the Spiritual in Art In 1912 Vasilij Kandinskij published Concerning the Spiritual in Art (in reality written three years earlier) and suddenly an abyss of possibility spread out before artists. In that illustrious essay, conducted with rigour and simplicity, which claimed something which for us today is undeniable, were laid out the foundations of all that which the visual arts would be after him. And they would be something completely new. The pursuit of the spiritual not as an optional element but as a fundamental of art, the sense of art as an interior resonance, the affinity of the visual arts with music and their intrinsic creative capacity to translate it by means of symbol and colour is the departure point of a creative freedom that would mark the entire 20th century and also the following one. Between 1909 and 1910, precisely as he is developing his essay, Kandinskij begins to work on the two series of Improvisations and of Compositions, by now definitive abstract works (the First abstract watercolour of the author is a conventionally precise work and is dated 1910): totally free, they play on counterpoint and syncopation, their titles call to mind rhythm and music. From that moment on art could no longer be considered only a mirror to reality - a role by then overwhelmingly claimed by photography but a space for the emotions. Even when reality was its foundation. Something similar had already happened a few years before, if one thinks about it. When, in 1872 Monet paints his Impression, soleil levant (Impression, Sunrise) - from which all masterpieces of Impressionism descend - he takes a totally new and scandalous decision: to emancipate art from retinal truth to make it a story of impressions. That dawn on Le Havre is a play of free brush strokes that without too much effort can be considered among the forebears of the gestural painting which would emerge 70 years later in the United States. The sense of that image - and here lies its

14

nodal importance in art history - wouldn’t change so much if the boat moved a bit more to the right or if the port, in the background, was set at a different angle. What Monet wanted to communicate to us was not, in fact, the exact position of the objects, nor the postcard which that image could have represented, but impressions. Emotions. The glimmering light, the reflections on the water, the sun too low to warm the air and that air which hits the face, penetrates the lungs, bringing with it the smell of the sea and the unmistakable scent of fish, while in the background one hears the voices of the fishermen shouting, the first sounds of the market. Between 1872, the year in which Monet paints his masterpiece, and the publication of Concerning the Spiritual in Art, not only is Friedrich Nietzsche’s Human, All Too Human released in 1878, but in 1899 Sigmund Freud’s The Interpretation of Dreams sees the light of day. The theory of psychoanalysis opens minds to a new interpretation of man, of his phantoms, of his past and of his emotions, moving the goalposts and overturning certainties. Psychopathology of Everyday Life and 3 Essays in Sexuality follow in 1901 and 1905 respectively. Then, in 1913 - a year after Kandinskij’s writings Totem and Taboo. The world is, therefore, changing and rethinking itself. And it does so by looking within itself, giving, suddenly, a space for the emotions that before would have been unthinkable. Certainly, also Romanticism gave a space to the emotions. But it lacked the courage to shape and to question them. And the few who had really created something unique and revolutionary, something that was a century ahead of their time, were successful in camouflaging it so as not to incur the wrath of the critics (I think of William Turner with his agitated and impassioned skies and with his stormy seas) and became the cornerstones of what was to come. Then, three years after Kandinskij’s essay, Malevič realised the first version of his Black Square. The Black Square, is not, as it could appear at a first distracted glance, geometric precision and composure. This black is alive, the brushstrokes are clear and pulse on the canvas. In fact Malevič

explains his “Suprematism” as “supremacy of pure feeling in art”. And then, showing that he has very clear ideas on the path that art would take after him, he writes to his composer friend Matiushin: “This work will have a huge importance for painting. It portrays a black square: the embryo of all possibilities”. Possibilities that find form in the Avantgarde’s uninhibited compositional freedom, in the blue of Kline and the white of Manzoni and Castellani, in the furious gesture of Pollock and in the unrestrained colour of Rotkho. Luca Gastaldo is a classic painter. One of those who at a time of great debate regarding contemporary art, on the real meaning of conceptual art, which shows no sign of giving up, and on the return to tradition, is confidently and proudly a child of the remarkable history of art and of beauty. His work moves, without doubt, in the sphere of grand art, that art which in his essay - L’art Caché - Aude de Kerros counterposes as a bulwark against the overflow of the other art, that which has need of explanations. And yet his is a profoundly emotional landscape, naturalistic only until the moment in which we stop to really look at it and let it overwhelm us with sensations, triggering connections and synapsis, with the memories of a past that resurfaces, with the perfumes of the soaked earth after the storm and that electricity which still remains in the air, even though the clouds have already started to clear and the light - more dazzling than ever - appears at times to pierce the sky. First of all, Gastaldo’s landscapes are not real landscapes, that he stopped to photograph or to sketch in a notepad and then, once in the studio, replicated on the canvas. His are instead landscapes from memory, synthesis of memories captured by the retina but then passed through an emotional filter. And this is fundamental, because it is one of the more intriguing characteristics of his work, here nestles the terrain shared between the artist and his public. To be precise, then, it doesn’t concern solely memory, but rather something in which recollection and aspiration are blended.


Past and desire. Luca Gastaldo actually uses this word: desire. As if those panoramas of the full skies, moving, swirling, illuminated by sudden lights, embodied a type of destination, a perfect overlap of reality and of the spirit. And it really seems that we can feel Kandinskij and his allusion to a ‘interior desire that determines the form’. Emotions and desires of the man Gastaldo and of man more generally. Man who, as a figure, rarely appears in the paintings. For his is rather a phantasmal presence - a solitary cyclist, a shadowy, backlit outline - or merely suggested by the presence of buildings in the distance, hung out laundry, light poles. And when it’s there, the homage to Caspar David Friedrich, romantic painter extraordinaire, can be read in true and precise citations, from the characters in Moonrise over the Sea to Wanderer above the Sea of Fog. The space designated to Gastaldo’s emotions is the sky, unrestrained in his paintings, immense to the point that the earth is very often reduced to a thin line, a shadow. A twilight sky, always. Because that uncertain hour - “the hour that turns the desire” of Dante - that signals the passage from day to night, from light to dark, is that in which the heart feels heaviest and in which sensations are more acute. But also because it is here, in this exquisite ambiguity, that the play of lights is more intriguing and iridescent. Starting from bitumen, mixing it with oil and then continuing with subtractive technique, here Gastaldo invents restless, shifting chromatic games, intense browns, greens, blues that blend into one another, and then open up suddenly into a gash of light. Sometimes the storm is so imminent that it makes the air vibrate and the treetops tremble; other times it seems that it has just finished and the air is still in a kind of relieved suspense. The gesture of the painting is, in these skies, freer than ever. This is already perceptible to the onlooker, and the artist himself confirms it when he explains that there, in the sky, he never envisages a preparatory drawing as happens for the other parts of the work but acts on instinct. Here, in these tangles of matter, breathes the wonderful history of art which this artist, classical

and in love with beauty, has made his own, from the period of Romanticism to the vibrations of Impressionism, to the spiritual which Kandinskij preached as the absolute premise of art, to the open abyss of Malevič and his Black Square and then, after them, the instinctive gestural character of Jackson Pollock and of action painting, the lyric desperation of Rotkho and also the restless lights of Edward Hopper. But staying firmly attached to the ground. Not to fly away together with his clouds. As a matter of fact Gastaldo relates that: “A few times I tried to realise some works only with skies, but I realised that I needed that albeit thin strip of earth; it serves to complete the sky, to give it a dimension of reality without which I would feel lost”.

ALESSANDRA REDAELLI



PROFUMI DI BLU

2018 | Olio e bitume su tela | 280 x 700 cm

17


18


19





SARÀ DOLCE TACERE

2018 | Olio e bitume su tela | Trittico | 150 x 180 cm




COSÌ VICINI, COSÌ LONTANI

2018 | Olio e bitume su tela | 50 x 50 cm

26


27




DOLCE SOLITUDINE

2018 | Olio e bitume su tela | 50 x 50 cm

30


31


ATTESE

2018 | Olio e bitume su tela | 40 x 40 cm

32


LIBERTÀ APPARENTE

2018 | Olio e bitume su tela | 40 x 40 cm

33



35



COMPAGNIA

2018 | Olio e bitume su tela | 30 x 40 cm

37


SQUILLI DI LUCE

2018 | Olio e bitume su tela | 30 x 40 cm

38


ASCOLTARE IL CIELO

2018 | Olio e bitume su tela I 30 x 40 cm

39



ISTANTI

2018 | Olio e bitume su tela | 30 x 30 cm

41





POLAROID

2018 | Olio e bitume su tela | 88 pz. | 10 x 10 cm

45




48


49


LUCA GASTALDO Milano, ITA, 1983

Nasce a Milano nel 1983. Si laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera e dal 2006 espone in mostre personali e collettive in tutta Italia e all’estero, tra le quali si ricordano La casa di questa mia sera (a cura di C. Antolini, nel 2008), La luce e il buio, presso la Galleria Bianca Maria Rizzi di Milano e Tra suggestioni romantiche e vibrazioni contemporanee, presso il Parlamento Europeo di Bruxelles (BEL) (entrambe a cura di A. Redaelli, nel 2010); infine, La luce e il suo contrario (a cura di E. Ceriani, nel 2011) presso la Fondazione Bandera per l’arte a Busto Arsizio, Varese (ITA). Nel 2012 prende parte alla mostra Lucenergia, a cura di D. Croci Silvuni, presso la Galleria PUNTO SULL’ARTE di Varese (ITA). Negli ultimi anni l’artista è stato protagonista di numerose personali su tutto il territorio nazionale, per poi ritornare nel novembre 2017 nella città natale, Milano, con la mostra Comunque a casa presso la Galleria Rubin. Nelle opere di Gastaldo, l’orizzonte è immensa quinta illuminata contro la quale si staglia un mondo controluce fatto di ombre. Varie le tecniche e i materiali utilizzati dall’artista: bitume, stracci, acrilici, pennelli, gessetti. Non ne risente tuttavia la carica emozionale delle immagini dipinte, in equilibrio tra visioni romantiche e sensazioni tragiche, tra timore e senso di attrazione verso i fenomeni della natura. Attualmente vive e lavora a Lugano (CHE).

50

Born in Milan (ITA) in 1983. He graduates in painting from the Brera Fine Arts Academy and from 2006 he exhibits in solo and collective exhibitions all over Italy and abroad, among which must be mentioned La casa di questa mia sera (curated by C. Antolini, in 2008), La luce e il buio, held at the Bianca Maria Rizzi Gallery in Milan and Tra suggestioni romantiche e vibrazioni contemporanee, held at the European Parliament in Brussels (BEL) (both curated by A. Redaelli, in 2010); and finally, La luce e il suo contrario (curated by E. Ceriani, in 2011) held at the Fondazione Bandera per l’arte in Busto Arsizio, Varese (ITA). In 2012 he takes part in the exhibition Lucenergia, curated by D. Croci Silvuni, held at the PUNTO SULL’ARTE Gallery in Varese (ITA). In the last few years the artist has been the protagonist of numerous solo exhibitions all over Italy: then in November 2017, a return to his hometown, Milan, with the exhibition Comunque a casa held at the Rubin Gallery. In Gastaldo’s works, the horizon is immense illuminated scenery against which a backlit world of shadows stands out. The techniques and materials used by the artist are varied: bitumen, rags, acrylic, paint brushes, chalk. However, the emotional charge of the painted images is not affected, balanced between romantic visions and tragic sensations, between fear and a sense of attraction towards the phenomena of nature. Currently he lives and works in Lugano (CHE).


MOSTRE PERSONALI / SOLO SHOWS 2018 Sinestesie, Galleria PUNTO SULL’ARTE, a cura di A. Redaelli, Varese (ITA) 2017 Comunque a casa, Galleria Rubin, Milano (ITA) 2016 Attesa, a cura di A. D’Amelio, Galleria Bianca Maria Rizzi & Matthias Ritter e Associazione Show Eventi Arte, Museo Stadio di Domiziano, Roma (ITA) Attrazioni, Galleria Bianca Maria Rizzi & Matthias Ritter, Associazione Show Eventi Arte, Spazio Espositivo Banca Fideuram, Roma (ITA) 2015 Cielo e terra dicono qualcosa l’un l’altro nella dolce sera, Galleria Bianca Maria Rizzi & Matthias Ritter, Milano (ITA) 2014 Luca Gastaldo, a cura di C. di Bona, Galleria Bianca Maria Rizzi & Matthias Ritter e Galleria Rubin, Milano (ITA) 2013
 Luca Gastaldo, Galleria Nuovospazio Arte Contemporanea, Piacenza (ITA) 2012 Lucenergia – Gastaldo, Gonzalez, Suñol, a cura di D. Croci Silvuni, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (ITA) Senza Tempo, a cura di A. Martini, Galleria Rizzi Ritter, Milano (ITA) Senza Tempo, a cura di A. Martini, Galleria Testoni, Bologna (ITA) 2011 La luce e il suo contrario, a cura di E. Ceriani, Fondazione Bandera per l’arte, Busto Arsizio, Varese (ITA) Tra suggestioni romantiche e vibrazioni contemporanee, a cura di B. Rizzi, Museo delle Mura, Borgotaro, Parma (ITA) 2010 Luca Gastaldo, Sala Manzù, Palazzo della provincia di Bergamo, Bergamo (ITA) Dal tramonto all’alba, a cura di A. Martini Galleria Contemporanea(mente, Parma (ITA) Tra suggestioni romantiche e vibrazioni contemporanee, a cura di A. Redaelli, Parlamento Europeo, Bruxelles (BEL) La luce e il buio, a cura di A. Redaelli Galleria Bianca Maria Rizzi, Milano (ITA) 2009 Il buio e la luce, a cura di E. Ceriani Chiesa di San Rocco in Carnago – Varese (ITA) Incontro con artisti d’oggi, Centro Culturale Manzoni, Bresso – Milano (ITA) 2008 La casa di questa mia sera, a cura di C. Antolini, Galleria Bianca Maria Rizzi, Milano (ITA) 2007 Quadri per un’esposizione, a cura di T. Cordani Centro Culturale di Milano, Milano (ITA) 2006 Luca Gastaldo, a cura di E. Ferrari, Galleria Triangolo, Cremona (ITA) Presente, in divenire eterno, a cura di E. Ghiggini e C. Palombo, Galleria Ghiggini, Varese (ITA)

2016 5 Anni | Classico Contemporaneo, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (ITA) Vigevano Open Alps Tour, Galleria Bianca Maria Rizzi & Matthias Ritter, Golf Club Vigevano, Vigevano – Pavia (ITA) 2015 <20 15x15/20x20 Collezione PUNTO SULL’ARTE 2015, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (ITA) 2014
 <20 15x15/20x20 Collezione PUNTO SULL’ARTE 2014, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (ITA) 2013
 Summer Show, Federico Rui Arte Contemporanea, Milano (ITA) 2012
 
 Clinica Varini Orselina, Locarno (CHE) Milano Jam, a cura di I. Stark, Collier Bristol, Londra (GBR) 2010 Pensiero fluido, a cura di A. Martini, Spazio Oberdan, Milano (ITA) 2009 Asta di beneficenza a favore di Save the Children, a cura di E. Beluffi e P. Daverio, Conservatorio di Milano, Milano (ITA) Al di là del bene e del cane, a cura di V. Siviero, sede estiva della Galleria Bianca Maria Rizzi a Bedonia – Parma (ITA) 2007 Nuove entrate, Galleria Bianca Maria Rizzi, Milano (ITA) City, a cura di C. Canali, Galleria Le Stelle Arte, Parma (ITA) Asta benefica a favore dell’Associazione Montessori Internazionale (AMI), in collaborazione con Galleria Bianca Maria Rizzi, Lions Club Salzgitter e la Sparkasse Salzgitter-Bad (DEU) 2006 Eucaristia, Basilica Madonna dei martiri, Ospedaletto dei Crociati, Molfetta – Bari (ITA) Collettiva fondazione Gaetano Morgese PREMI E RICONOSCIMENTI / AWARDS AND HONORS 2012 Terzo classificato per il premio Catel 2010 Vincitore Premio Bergamo Arte Contemporanea, Bergamo (ITA) 2009 Finalista Premio Bergamo Arte Contemporanea, Bergamo (ITA) 2008 Finalista Premio Guido Pajetta, ex Chiesa di S. Carpoforo, Milano (ITA) 2007 Selezionato per Premio Artemisia, Ancona (ITA) 2006 Vincitore della V edizione Premio Ghiggini, Varese (ITA)

MOSTRE COLLETTIVE / GROUP EXHIBITIONS 2017 Magna Carta, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (ITA)

51






VIALE SANT ANTONIO 59/61 VARESE | 0332 320990 | INFO@PUNTOSULLARTE.IT

PUNTOSULLARTE.IT


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.