18 NOVEMBRE - 29 DICEMBRE 2018 MOSTRA A CURA DI / EXHIBITION CURATED BY: ANGELO LORENZO CRESPI CATALOGO A CURA DI / CATALOGUE CURATED BY: SOFIA MACCHI E GIULIA STABILINI TESTI / TEXTS: ANGELO LORENZO CRESPI PROGETTO GRAFICO / GRAPHIC PROJECT: GRETA PALASTANGA TRADUZIONI / TRANSLATIONS: CLAIRE ANGEL BONNER Copyright © PUNTO SULL’ARTE
P U N T O S U L L A R T E | V I A L E S A N T ’A N T O N I O 5 9 / 6 1 | 2 1 1 0 0 V A R E S E ( V A ) I TA LY | + 3 9 0 3 3 2 3 2 0 9 9 0 | I N F O @ P U N T O S U L L A R T E . I T
LA PITTURA DI CLAUDIA GIRAUDO, OVVERO L’INQUIETUDINE DELLA GIOVINEZZA “Mela Ghiotta, banana, pera, uva spina… tutto ci parla nella bocca di morte e vita… lo sento… leggetelo a un bimbo in faccia quando le assapora”.
Potrebbe bastare la prima quartina di uno dei Sonetti a Orfeo di Rainer Maria Rilke per spiegare il titolo “L’età dell’innocenza”, il quadro della copertina, la mostra intera di Claudia Giraudo, più in generale il tema dell’infanzia così sapientemente centrato. L’età dell’innocenza è quella quando l’esistenza “non nuoce”, quando i bambini sono puri e senza peccato, quando – ci suggerisce il poeta boemo – essi assaporando la mela, la banana, la pera, l’uva spina percepiscono senza paura la compresenza di vita e morte, cioè la naturalità di questi due poli, e questo accade perché il bambino non è ancora estraneo dal reale, ma vi è calato dentro, come l’animale. C’è però un istante, prima che il bambino si faccia del tutto adolescente, conscio del proprio Io, e dunque s’accorga con dolore della separatezza dal resto del mondo, in cui una sorta di premonizione melanconica ne illanguidisce lo sguardo; tra incoscienza e consapevolezza si gioca l’attimo preciso che Claudia Giraudo coglie nei suoi quadri e fissa per sempre. Milan Kundera, nel romanzo La vita è altrove, definisce questo interstizio di tempo “l’età lirica”, ovvero la giovinezza, in cui si manifesta una delle categorie fondamentali dell’esistenza umana, cioè la capacità insita in ogni uomo di assumere quell’atteggiamento lirico di cui l’espressione massima è la poesia lirica.
Tutti i giovani sono potenzialmente poeti, perché in loro resiste lo stupore, che i greci dicevano col verbo thaumàzein, nel cui etimo si esprimono allo stesso tempo gioia dell’esistere e angoscia dell’ignoto, una facoltà che poi si perde diventando adulti. Lo scrive bene un altro fuoriclasse della lingua tedesca, Peter Handke, così amato da Claudia Giraudo, in una nenia che fa da sottofondo al Cielo sopra Berlino di Wim Wenders, capolavoro di un bianco e nero livido e diaccio: “Quando il bambino era bambino,/ era l’epoca di queste domande:/ perché io sono io, e perché non sei tu?/ perché sono qui, e perché non sono lì?/ quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio?/ la vita sotto il sole è forse solo un sogno?/ non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo/ quello che vedo, sento e odoro?/ c’è veramente il male e gente veramente cattiva?/ come può essere che io, che sono io,/ non c’ero prima di diventare,/ e che, una volta, io, che sono io,/ non sarò più quello che sono?”. Più che bambini e adolescenti, Claudia Giraudo raffigura poeti, e del poeta la condizione prima è quella della solitudine interrogante; così nei suoi ritratti, apparentemente confortanti e al contempo densi d’inquietudine, questo disagio esistenziale, seppur solo sussurrato, sovrasta la scena e interroga anche l’osservatore. Certo, ci sono gli animali ad accompagnare i bambini, ma essi talora assumono appena i connotati dell’amuleto (il topo bianco “che salva”, caro alla Dora Markus di Montale), talora sembrano l’amico immaginario
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di Alice nel paese delle meraviglie, lo Stregatto che compare e scompare o il Bianconiglio dagli stravaganti consigli. Platone (e poi Hilman) chiama daimon questo nostro custode, che non è l’angelo edificante della religione, piuttosto il demone che ci siamo scelti prima della nascita e che contraddistingue la nostra anima, il genio che ne determina la qualità, il talento che ci portiamo dentro e a cui dobbiamo ubbidire se vogliamo realizzarci. In realtà, a ben pensarci, i bambini della Giraudo sono soli, quasi esposti, in posa frontale, alla spaesatezza descritta da Heidegger, la stessa che – ci dice – ha vissuto Claudia nella propria infanzia, la sensazione di non avere famiglia né sodali, di non avere casa, terra, patria, cioè di essere irrimediabilmente esclusi dall’essere in un eterno dispatrio (detto per inciso il filosofo esistenzialista affida al poeta e all’artista il compito di svelare l’essere che ci è precluso e di farci riammettere al mondo). E quando non sono semplici bambini, le figure dei quadri di Claudia assumono i connotati di arlecchini o marionette, di girovaghi, un’iconografia che ha illustri precedenti così come analizzato in un celebre saggio di Jean Starobinski: dai giovinetti giullari del settecentesco Philippe Mercier, ai saltimbanchi novecenteschi di Picasso che sempre Rilke descrive “fugaci” e che un “mai placato volere urgendo li torce, un destino li piega, li avviluppa, li tiene oscillanti, li lancia e li riafferra, e poi precipitano sul consunto tappeto, più liso per il loro eterno saltare, su questo perduto tappeto nell’universo”. Bambini agghindati da circensi, quasi fossero usciti da una fiaba, che non ci guardano neppure quando sembra che lo facciano, neppure quando sono ammiccanti, restano distanti nella loro imperturbabile finzione scenica. A questo proposito oserei dire che Claudia Giraudo
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tecnicamente “mette in scena” i suoi bambini, nelle vestirelle e cappellini da clown, perfino quando sembra che dentro il quadro non succeda nulla è chiaro che essi si trovino in teatro o su un palcoscenico, comunque in un luogo diverso da quello della vita, un non luogo o un super luogo, un tempo sospeso, e che presto dovranno recitare, cioè attenersi a una parte. Il contesto fantasy, di estrema teatralizzazione, predomina sulla pura mimesi, sebbene sorretta da una tecnica affinata in anni di studio passati a dipingere senza posa, così che il genere a cui deve ascriversi questo tipo di figurazione, non è il realismo, semmai la “fancy picture” che dal Settecento è frequentata da numerosi artisti a cui rimanda, pur nella contemporaneità dello stile, il lavoro della pittrice torinese. Tra tutti Joshua Reynolds il cui capolavoro, ora custodito alla Tate di Londra, s’intitola proprio The age of innocence (1788 ca.) e raffigura di profilo una bambina seduta in un prato, le mani timidamente incrociate sul petto, un quadro che divenne subito modello tanto da essere replicato in più di trecento copie, in scala originale, dai contemporanei e allievi del maestro inglese. Ma ancor più preciso il richiamo ai ritratti del coevo Thomas Gainsborough, per esempio lo splendido dedicato ai fratelli Elizabeth e Thomas Linley i cui sguardi, della sorella quasi assente, del maschietto puntato dritto fuori dalla tela, muovono alla compassione, cioè sollecitano a una partecipazione emotiva, quanto quelli di Claudia Giraudo. Ovviamente questa tensione narrativa e il desiderio simpatetico, vengono catapultati nella contemporaneità e sottoposti da un lato alla verifica surrealista, dall’altro all’appiattimento del pop; Giraudo non può prescindere dal confronto con il mondo onirico e con le profondità dell’inconscio così come trattate dal Surrealismo storico, specie dopo l’avvento di Freud,
senza però arrivare al limite di appartenere al surrealismo pop, che invece vira, stucchevole, al macabro e al fetish; mentre fa propri i colori e gli sfondi flat del pop, perfetti in un sistema delle immagini dove prevale luccicante il messaggio pubblicitario. Il risultato è una serie di ritratti di androgini, figure colte nella loro bellezza eterea e primordiale, quando maschile e femminile non hanno preso forma, prima che l’età costringa a una scelta di genere, perfette e autosufficienti nella loro duplicità, in cui l’unità degli opposti garantisce la felicità, e la separazione non avvenuta delle anime e dei corpi non ha innestato dolore per la perdita e nostalgia della propria metà. Nel mondo wonderlandesco e circense si muove dunque Claudia Giraudo in una ricerca pittorica molto raffinata, di estrema cultura, che è solo all’apparenza semplice e immediata nei suoi riferimenti estetici: la parte essoterica sollecita alla visione e induce all’adesione, la parte esoterica, come nel caso del capolavoro di Lewis Carroll, impone invece una riflessione più profonda e razionale: siamo indotti a una catabasi dentro noi stessi, perché tutti noi abbiamo vissuto la condizione infantile, tutti noi ricordiamo l’età dell’innocenza, poiché, come dice Brodskij, il nostro Io è una conchiglia ed esso nel fondo non si è mai mutato, dentro noi ci riconosciamo sempre, specie se indotti al rispecchiamento; ed è questa la forza vitale di un’opera in cui la claritas del testo risulta funzionale alla forza magmatica del sottotesto.
ANGELO LORENZO CRESPI
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THE PAINTING OF CLAUDIA GIRAUDO, OR THE RESTLESSNESS OF YOUTH “Juicy apple, pear, and banana, gooseberry... They all speak of death and life in the mouth... I have a presentiment... read it from a child’s expression if she savours them”.
The first quatrain of one of the Sonnets to Orpheus by Rainer Maria Rilke could be enough to explain the title “The age of innocence”, the cover picture, the entire show by Claudia Giraudo, and more generally the theme of childhood grasped so wisely. The age of innocence is that when existence “does not harm”, when children are pure and without sin, when - the Bohemian poet suggests - tasting the apple, the banana, the pear and the gooseberry, they perceive without fear the presence of life and death, i.e. the naturalness of these two poles, and this happens because the child is not yet a stranger to reality, but has fallen into it, like the animal. There is however a moment, before the child is completely adolescent, conscious of their own ego, and therefore painfully aware of the separateness of the world, in which a kind of melancholic premonition weakens their gaze; the precise moment plays between unconsciousness and awareness, and Giraudo captures that in her paintings, giving the fleeting moment permanence. Milan Kundera, in the novel Life is elsewhere, defines this chink in time as “the lyric age”, or youth, in which one of the fundamental categories of human existence is demonstrated, that is the capacity of every person to assume that lyric attitude of which the maximum expression is lyric poetry. All youngsters are potential poets, because in them wonder endures, expressed by the Greeks with the verb thaumàzein, with which etymon they simultaneously express the joy of existence and the anguish of the unknown, a faculty that is then lost as they become adults. It is written well
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by another champion of the German language, Peter Handke, much loved by Claudia Giraudo, in a dirge that is the background to the Sky above Berlin by Wim Wenders, cold and pallid masterpiece in black and white: “When the child was a child,/ it was the time for these questions:/ why am I me and why not you?/ why am I here, and why not there?/ when did time begin and where does space end?/ is life under the sun not just a dream?/ Is what I see and hear and smell/ not just an illusion of a world before the world?/ Given the facts of evil and people,/ does evil really exists?/ how can it be that I, who I am,/ didn’t exist before I came to be,/ and that, someday, I, who I am,/ will no longer be who I am?”. More than children and adolescents Claudia Giraudo depicts poets, and the first condition of the poet is that of questioning solitude; so that in her portraits, seemingly comforting and at the same time full of restlessness, this existential uneasiness, even if only whispered, dominates the scene and questions the observer as well. Certainly, there are the animals to accompany the children, but sometimes they just take on the characteristics of the amulet (the “saviour” white mouse, dear to Dora Markus of Montale), sometimes they seem to be Alice’s imaginary friends in Wonderland, the Cheshire cat that appears and disappears or the White Rabbit with his extravagant advice. Plato (and later Hilman) calls this our guardian daimon, which is not the edifying angel of religion, but the demon that is chosen for us before birth and that distinguishes our soul, the genius that determines its quality, that talent which lies within us and that we must obey if we want to fulfil ourselves. Actually, if you think about it, the children of Giraudo are alone, almost exposed, in frontal pose, to the disorientation described by Heidegger, the same who - she tells us - Claudia lived in her childhood, the sensation of not having family or companions,
of not having home, country, birth place, that is to be irretrievably excluded from being in an eternal dispatriation (incidentally, the existentialist philosopher entrusts the poet and the artist with the task of revealing the being which is precluded to us and readmitting us to the world). And when they are not simply children, the figures in Claudia’s paintings assume the connotations of harlequins or marionettes, of wanderers, an iconography which has illustrious precedents as analysed in a celebrated essay by Jean Starobinski: from the young jesters of the 18th century Philippe Mercier, to the 20th century acrobats of Picasso that Rilke always described as “fleeting” and that “pressing, never-satisfied will wrings them, destiny bends them, envelops them, twists and swings them, throws them, and catches them again, then they land on the threadbare carpet, worn by their continual leaping, this carpet lost in the universe”. Children dressed up for the circus, almost as if they had come out of a fairy tale, who do not look at us even when they seem to, even when they are blinking, who remain distant in their imperturbable science fiction. To this end I would dare to say that technically Claudia Giraudo “stages” her children, in clown garments and caps, even when it seems that nothing is happening in the picture it is clear that they are in a theatre or on a stage, in a place different, however, to that of life, a non-place or a super-place, a suspended time, and that soon they will have to act, that is, to play a part. The fantasy context, with its extreme theatricality, predominates over pure mimesis, which is however supported by a technique refined during years of study spent painting without posed models, so that the genre to which this type of figuration must ascribe is not realism, but, if anything, the “fancy picture” which since the eighteenth century has been associated with numerous artists to whom, even in the contemporary style, the work of the
painter from Turin refers. Among them all, Joshua Reynolds whose masterpiece, now kept at the Tate in London, is entitled The age of innocence (circa 1788) and depicts a girl in profile, sitting in a meadow, hands timidly crossed on her chest, a picture that immediately became a standard, so much that it was replicated in more than three hundred copies, on an original scale, by the contemporaries and students of the English master. But even more precise is the reference to the portraits of his contemporary Thomas Gainsborough, for example the splendid portrait dedicated to the siblings Elizabeth and Thomas Linley, whose glances, that of the sister almost absent, that of the boy directed straight out of the canvas, move to compassion, that is, they solicit emotional participation, as do those of Giraudo. Obviously this narrative tension and sympathetic desire are catapulted into the contemporary and subjected on one side to Surrealist verification, on the other to the flatness of pop; Giraudo can not ignore the comparison with the dream world and with the depths of the unconscious as treated by historical Surrealism, especially after the arrival of Freud, without however reaching the limit of belonging to pop surrealism, that instead turns, nauseatingly, to the macabre and to fetish; while taking in the colours and flat pop backgrounds, perfect in a system of images where the shining advertising message prevails. The result is a series of androgynous portraits, figures caught in their ethereal and primordial beauty, before male and female have taken form, before age forces the choice of gender, perfect and self-sufficent in their duplicity, in which the union of opposites guarantees happiness, and the unseen separation of souls and bodies has not engendered sorrow for loss and longing for one’s own half. In the Wonderlandesque and circus-like world then, Claudia Giraudo undertakes very refined pictorial research, of extreme culture, which is only
apparently simple and immediate in its aesthetic references: the essoteric part stimulates the vision and inspires acceptance, the esoteric part, as in the case of Lewis Carroll’s masterpiece, imposes a more profound and rational reflection: we are induced to an inner katabasis, because we all have experienced the infantile condition, we all remember the age of innocence, because, as Brodsky says, our ego is a shell and deep down it has never changed, within us we always recognize ourselves, especially if we find ourselves in front of the mirror; and this is the life force of a work in which the claritas of the text is functional to the magmatic force of the subtext.
ANGELO LORENZO CRESPI
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IL DONO DI ICARO
2017 | Olio su tela | 115 x 160 cm
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GIOVANE ADOLESCENTE CON DUE PAPPAGALLI 2018 | Olio su tela | 100 x 70 cm
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BIMBA CON GIRAFFA
2018 | Olio su tela | 70 x 70 cm
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VIAGGIO INIZIATICO
2018 | Olio su tela | 70 x 60 cm
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PER LOLA
2018 | Olio su tela | 60 x 60 cm
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BIMBA AVIATORE CON GALLO 2018 | Olio su tela | 60 x 50 cm
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SEGUI IL CONIGLIO ROSSO 2018 | Olio su tela | 60 x 50 cm
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AFFINITÀ VERDE AMARILLO 2017 | Olio su tela | 60 x 50 cm
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CUORE DI FAUNO | IV ATTO 2018 | Olio su tela | 50 x 60 cm
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BIMBA CON CAMALEONTE
2018 | Olio su tela | 50 x 50 cm
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DEPARTURES / AVIATOR DRAGONFLY 2018 | Olio su tela | 50 x 40 cm
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DEPARTURES / YOUNG AVIATOR 2018 | Olio su tela | 50 x 40 cm
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PESCI FUOR D’ACQUA (WORK IN PROGRESS) 2018 | Tecnica mista su tela | 30 x 30 cm
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PRINCESS STARRY SKY
2018 | Olio su tela | 20 x 20 cm
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ARLECCHINO’S FAMILY | SOUVENIR IV 2017 | Olio su tela | 20 x 20 cm
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CLAUDIA GIRAUDO Torino, ITA, 1974
Claudia Giraudo nasce a Torino nel 1974. Nel 2001 si laurea presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e in seguito intraprende il suo percorso di ricerca nell’ambito della pittura figurativa formandosi attraverso lo studio delle opere dei maestri Rinascimentali e Nordeuropei. La sua tecnica risale alla tradizione quattrocentesca e prevede stratificazioni di colore a olio, esaltate dalle velature finali che accentuano la profondità e l’intensità dei personaggi dipinti. Parte importante della sua produzione è composta dalla serie dei ritratti di fanciulli affiancati da un animale, il Daimon, un alter ego che li accompagna lungo la fase di passaggio adolescenziale nella quale emergono le prime inquietudini esistenziali. I suoi dipinti si fanno carichi di riferimenti enciclopedici che spaziano attraverso il tempo e le culture, inserendosi in ambientazioni oniriche. Ogni singolo elemento compositivo sembra godere della pace data dalla lenta accettazione del tempo come dono prezioso. Espone con frequenza in fiere d’arte, gallerie private e in luoghi istituzionali pubblici. Le sue opere si trovano in collezioni permanenti e acquisizioni museali nazionali e internazionali, tra cui l’Harmony Art Foundation di Mumbai (India), il Museo MACIST di Biella, il Museo Eusebio di Alba (CN), la Sala del Consiglio di Bossolasco (CN) e il Museo Civico di Bevagna (PG). Ha partecipato alla Biennale di Venezia, Padiglione Italia nel 2011. Vive e lavora a Torino.
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Claudia Giraudo was born in Turin in 1974. In 2001 she graduates from the Albertina Academy of Fine Arts of Turin and then undertakes her research path in the area of figurative painting training herself through the study of the Renaissance and Northern European masters. Her technique harks back to the 15th century tradition and calls for layers of colour and oil, enhanced by the final glazings that accentuate the depth and intensity of the painted characters. An important part of her production is composed of the series of portraits of children flanked by an animal, the Daimon, an alter ego that accompanies them along the adolescent transition phase in which the first existential inquietudes emerge. Her paintings are loaded with encyclopedic references that span through time and cultures, entering into dreamlike settings. Every single compositional element seems to enjoy the peace given by the slow acceptance of time as a precious gift. She regularly exhibits in art fairs, private galleries and in public institutions. Her works are to be found in permanent collections, and national and international museum purchases, including the Harmony Art Foundation in Mumbai (India), the Biella MACIST Museum, the Eusebio Museum in Alba (CN), the Bossolasco Council Hall (CN) and the Bevagna Civic Museum (PG). She participated in the Venice Biennial, Italian Pavilion in 2011. She lives and works in Turin.
PRINCIPALI MOSTRE PERSONALI / SELECTED SOLO SHOWS 2018 L’età dell’Innocenza, a cura di A. L. Crespi, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (ITA) 2016 Daimon - Claudia Giraudo e Matthias Verginer, a cura di A. Redaelli, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (ITA) 2015 Altri Cieli. Elegie del Trovatore, a cura di A. Frosini e S. Gagliardi, Museo Casa del Conte Verde, Rivoli – Torino (ITA) 2014 Opere in permanenza presso Galleria Gagliardi, San Gimignano – Siena (ITA) 2013 Claudia Giraudo, a cura di E. Gargioni, Galleria Davico, Torino (ITA) Effemeridi, a cura di A. D’Atanasio, Galleria Le Logge del Comune, Assisi – Perugia (ITA) 2012 Opere in permanenza presso Galleria Gagliardi, San Gimignano – Siena (ITA) 2011 Calligrammes, Munari Officina d’Arte, Torino (ITA) Le Parole della Luna, a cura di A. D’Atanasio, Chiesa di Santa Maria Laurentia, Bevagna – Perugia (ITA) Il Cerchio e il Circo, a cura di A. D’Atanasio, Chiostro di S. Caterina, Finalborgo, Finale Ligure, Savona (ITA) 2010 ll Cielo Riflesso, Palazzo Oddo, Albenga – Savona (ITA) 2009 Il Sole e la Cometa, Linea 451, Torino (ITA) Mostra Personale, Hair Déco, Torino (ITA) Il Soffio dell’Anima, Terme Reali di Valdieri, Valdieri – Cuneo (ITA)
ArtVerona, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Verona (ITA) <20 15x15 / 20x20 Collezione PUNTO SULL’ARTE 2017, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (ITA) Musee, a cura di V. Pozzi Ceria e F. Sernia, Galleria Spazio Bianco, Torino (ITA) PaviArt, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Pavia (ITA) Arte Genova, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Genova (ITA) MAM Mostra a Milano, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Milano (ITA) 2016 5 Anni | Classico Contemporaneo, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (ITA) ART.FAIR Cologne, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Cologne (DEU) <20 15x15/20x20 | Collezione PUNTO SULL’ARTE 2016, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (ITA) 2015 Museo MACIST, Biella (ITA) Artexpo New York, Just Art Contemporary Art Gallery, New York (USA) Arte Cremona, Galleria d’Arte Contemporanea Emmediarte, Cremona (ITA) Arte Padova, Galleria d’Arte Contemporanea Emmediarte, Padova (ITA) Bergamo Arte Fiera, Galleria d’Arte Contemporanea Emmediarte, Galleria Ess&rre di Roma, Bergamo (ITA) 2014 Artexpo New York, Just Art Contemporary Art Gallery, New York (USA) Pinocchio, a cura di C. Pesce, Villa Vidua, Conzano – Alessandria (ITA) Percorsi D’arte, Galleria d’Arte Contemporanea Emmediarte, Sale dell’Agostiniana, Roma (ITA) Arte Padova, Galleria d’Arte Contemporanea Emmediarte, Padova (ITA) Bergamo Arte Fiera, Galleria d’Arte Contemporanea Emmediarte, Bergamo (ITA) 2013 Ordine al Caos, a cura di A. Soricaro, Galleria ZeroUno, patrocinio Fondazione G. De Nittis, Barletta (ITA) Muse, a cura di A. D’Atanasio e S. Gagliardi, Galleria Gagliardi, San Gimignano – Siena (ITA)
PRINCIPALI MOSTRE COLLETTIVE / SELECTED GROUP EXHIBITIONS
2012 Mettiamo Le Opere in Comune, Museo Civico Eusebio, Alba – Cuneo (ITA) Bossolasco e Dintorni di Langa. Natura, Vita, Leggenda, Sala del Consiglio, Bossolasco – Cuneo (ITA) Nuovi Talenti Surreali, a cura di E. Gargioni, Galleria Davico, Torino (ITA) Art Innsbruck, Fiera d’Arte Internazionale, Galerie Unique di Torino, Innsbruck (AUT)
2018 Unforgettable Childhood, a cura di E. Tedeschi, ex Ospedale di San Rocco di Matera (ITA), Museo Nazionale di Ravenna (ITA), Casa degli Artisti di Tel Aviv (ISR) GrandArt, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Milano (ITA) ArtVerona, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Verona (ITA) <20 15x15 / 20x20 Collezione PUNTO SULL’ARTE 2018, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Varese (ITA) Arte Genova, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Genova (ITA)
2011 54. Biennale di Venezia, Padiglione Italia, a cura di V. Sgarbi, Palazzo delle Esposizioni Torino (ITA) In Chartis Mevaniae, a cura di A. D’Atanasio, Museo civico di Bevagna, Bevagna, Perugia (ITA) Premio Internazionale Spoleto Festival Art 2011, a cura di A. Trotti, Spoleto – Perugia (ITA) Torino Arte 150, a cura di S. Sottile, Palazzo Barolo, Torino (ITA)
2017 GrandArt, Galleria PUNTO SULL’ARTE, Milano (ITA)
2010 Venezia Misteriosa, a cura di A. D’Atanasio, Cà Zanardi, Venezia (ITA)
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Mom & Kids, a cura di FalpaPromozioneArte, Migheli Arte, Frida Arte, Sala Murat, Piazza del Ferrarese – Bari (ITA) Agrigento Arte VI Edizione, Mostra Internazionale d’Arte Contemporanea, Agrigento (ITA) Gli Universi di Bottega Indaco, a cura di F. Bogliolo, Palazzo Oddo, Albenga – Savona (ITA) Solchi, Teatro Vittoria, Torino (ITA) Vit Arte, Galleria Ess&rre di Ostia, Viterbo (ITA) Arte Cremona, Galleria Ess&rre di Ostia, Cremona (ITA) 2009 Bergamo Arte Fiera, Galleria Ess&rre di Ostia, Bergamo (ITA) Immagina 2009, Fiera d’Arte di Reggio Emilia, Galleria Ess&rre di Ostia, Reggio Emilia (ITA) Contemporanea 2009, Fiera d’Arte di Forlì, Galleria Ess&rre di Ostia, Forlì (IT) Meno Male, Teatro Vittoria, Torino (ITA) 2008 Arteindaco, Centro Energea, Milano (ITA) Cambiamento Universale nello Spazio, Spazio Tadini, Milano (ITA) Il Volto, Incarnazione del Sogno, Ex Chiesa Anglicana, Alassio – Savona (ITA) 2007 Segni, La Cavallerizza Reale, Torino (ITA) 2001 Patchwork 3, a cura di C. Giuliano, Accademia Albertina di Belle Arti, Torino (ITA) 2000 Documento Arte 2000, a cura di L. Gierut, Centro Frà Benedetto, Sillico – Lucca (ITA) Antologica Dell’incisione Piemontese, L’isola di San Rocco al ponte delle Ripe, Mondovì – Cuneo (ITA)
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