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MICHELE DE LUCCHI - OTTORINO DE LUCCHI






DE LUCCHI - DE LUCCHI 22 NOVEMBRE - 23 DICEMBRE 2015 MOSTRA A CURA DI / EXHIBITION CURATED BY: ALESSANDRA REDAELLI CATALOGO A CURA DI / CATALOGUE CURATED BY: SOFIA MACCHI E GIULIA STABILINI TESTI / TEXTS: ALESSANDRA REDAELLI PROGETTO GRAFICO / GRAPHIC PROJECT: GRETA PALASTANGA Copyright © PUNTO SULL’ARTE

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MICHELE DE LUCCHI OT TO R I N O D E L U C C H I Due gemelli: un architetto e un pittore. Una doppia personale dedicata alle molteplici anime della creatività. Dove l’architetto, emblema del rigore e della misura, rivelerà a sorpresa la sua anima più libera e selvaggia in una serie di sculture, mentre il pittore darà una lezione di misura e di metodo in splendenti nature morte. Two twins: an architect and a painter. A double solo exhibition dedicated to the multiple souls of creativity. The architect, emblem of accuracy and moderation, is going to suddenly reveal his more free and wildest nature through a series of sculptures, whereas the painter will provide a lesson of proportion and method within bright still lives. ALESSANDRA REDAELLI


MICHELE DE LUCCHI L’ANIMA LIBERA DELL’ARCHITETTO Lui è l’autore del più apprezzato Padiglione di Expo, a Milano. Quel Padiglione Zero che fa pensare alla crosta terrestre. Caldo di legno e morbido e sinuoso come un corpo di donna sdraiato. E ha firmato anche il Padiglione di Intesa Sanpaolo, massiccio e tuttavia leggero: un bonario animale preistorico addormentato in mezzo alla folla. Sì, Michele De Lucchi è un architetto dalla creatività visionaria, sempre capace di stemperare il rigore nella fluidità; di sublimare la funzionalità nella fantasia. Perché la sua filosofia è molto semplice: non bisogna mai perdere l’aspetto umanistico, la capacità di eccitare la mente e di far sognare il cuore. La freddezza del rigore e la funzionalità delle nuove tecnologie non possono bastare, nemmeno per progetti che, sostanzialmente, hanno una funzione ben precisa: contenere persone. Basta incontrarlo per cogliere le due anime che si agitano il lui: quella rigorosa dell’architetto, evidente nel tono pacato e nella gestualità elegante e misurata delle belle mani lunghe, e quella selvaggia e libera dell’artista, che traspare dallo sguardo vivace, acceso, saettante; lo sguardo che, a sessantaquattro anni, fa di lui un ragazzino entusiasta. Ha sempre amato il contatto con la materia, il lavoro diretto con le mani, e questo amore si è concretizzato in un’attività prettamente artistica quando poco più di dieci anni fa ha cominciato a scolpire il legno nel suo laboratorio di Angera. L’anima dell’architetto, dunque, trova casa a Milano, in uno studio stupendo, gigantesco, in una palazzina d’epoca nel cuore più cool della città. Una factory di impeccabile eleganza dove il legno si trasforma in design geniale e in ambiente stesso in cui vivere, e impregna l’aria del suo profumo intenso e suggestivo. L’anima dell’artista, invece, trova casa nella fucina di Angera, dove la creatività si traduce in manualità, attività paziente di assemblaggio, scavo e taglio di piccoli pezzi di legno, così piccoli che la lama sfiora continuamente le dita e farsi male è un attimo. E, soprattutto, dove l’artista è solo con se stesso, dove la realizzazione non deve tradursi, per forza di cose, in compromesso. Perché quello dell’architetto è un lavoro di regia, mentre quello dell’artista è un lavoro assolutamente personale, proprio, condotto in solitudine e in totale libertà. Nascono lì, ad Angera, le sculture di Michele De Lucchi. E la prima cosa che salta all’occhio, guardandole, è la monumentalità che contengono – rappresa come un’essenza – nonostante le dimensioni ridotte. Come se la monumentalità fosse qualcosa di intrinseco, una categoria dello spirito. Sono le Montagne: alte, svettanti, imponenti; stratificazioni di piccoli pezzi di noce o di rovere che sembrano quasi essere nate da una germinazione spontanea e danno l’idea di poter crescere ancora e ancora. Sono le eleganti costruzioni delle Palafitte: leggere, aeree, con i vuoti che dominano sui pieni e una suggestione vagamente orientale. Sono i Sassi: morbidi, pesanti e sinuosi; con quelle

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forme biomorfe che suggeriscono un’anima, un respiro, e che ci fanno pensare che, da un momento all’altro, possano sollevare la testa e guardarci. E gli Edifici vuoti, forse i più emozionanti, dove il legno si rivela talvolta grezzo, spaccato, e dove quelle finestre vuote e quelle linee incerte portano alla mente scenari ancestrali di distruzione, immagini da day after. Proprio come le Baracche e le Baracchette, in mostra di recente a Milano, edifici irregolari, scanditi da eleganti simmetrie, anticipati nel 2013 dalla grande installazione preparata dall’architetto per la mostra Hybrid, all’Università degli studi di Milano in occasione del Salone del mobile. Sono oggetti che trovano le loro radici nell’istinto, nel gesto; senza progetto, perché il progetto ne spegnerebbe l’autenticità. Oggetti imprevedibili. Michele De Lucchi ne parla così: “Strutture tremolanti, geometrie sconquassate, composizioni approssimative. Ma dettaglio, tanto dettaglio. Particolari studiati con cura, accuratezza nelle combinazioni dei materiali, sofisticazione cromatica”. E’ evidente in questa dichiarazione come qui De Lucchi abbia agito da artista puro, come l’istinto abbia definito ogni gesto. L’amore che prova verso queste sculture è evidente dallo spazio che esse occupano nel suo studio di Milano, come se portare lì, nel regno del rigore, un pezzo di Angera – un pezzo di puro istinto – fosse per lui fondamentale. E in fondo lo è. Lo dice lui stesso. Le sculture sono il mezzo grazie al quale lui si ricollega a se stesso e proprio da quelle sculture nascono i suoi progetti più emozionanti. Guardiamo bene il Padiglione Zero di Expo, guardiamo le Montagne. Ecco: alla radice di quelle dune stratificate ci sono proprio queste sculture. Sta qui la chiave della fascinazione di questi progetti. Esattamente come la maestosa solidità dei Sassi è alla base del Padiglione di Intesa Sanpaolo, tanto per rimanere nell’attualità. Accanto a lui, mentre dirige il lavoro febbrile dello studio milanese, le sculture vegliano come numi tutelari sulla realizzazione dei progetti architettonici, issate su piedistalli alti che permettono di goderne appieno la bellezza, di girarvi intorno anche due, tre volte per lasciarsi conquistare dalla loro massiccia eleganza. Piccoli idoli forse magici, sicuramente capaci di incantare.

ALESSANDRA REDAELLI

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MICHELE DE LUCCHI THE FREE SOUL OF THE ARCHITECT He is the author of the most appreciated Expo pavilion, in Milan. The Zero pavilion which recalls the Earth’s crust. As warm as wood, and as soft and sinuous as a laid woman’s body. He also autographed the solid yet light Intesa Sanpaolo Pavilion: a benevolent prehistoric animal sleeping among the crowd. Definitely, De Lucchi owns a visionary creativity; he always manages to dilute rigor into fluidity; to sublimate functionality into imagination. Thus because he follows a simple philosophy: the humanistic aspect, or the ability of exciting thoughts and letting emotions fly, should never be lost. The detachment of rigor and the functionality of new technologies are not enough, not even for projects whose main purpose is to contain people. A first meeting is enough to seize the two souls which coexist within him: the acute one of the architect, expressed through the placid utter and the elegant and measured gestures, and the wild and free soul of the artist, shining through the lively and glowing glance, which turns him, a sixty-four-year-old man, into a passionate boy. He has always loved contact with materials, the direct work with hands, and this love turned into an artistic activity when, ten years ago, he started sculpting wood in his atelier in Angera. The soul of the architect then found a home in Milan, into a wonderful, huge office, in an ancient building in the middle of the coolest area of the city. A perfectly elegant factory where wood turned both into outstanding design and a place to live, permeating the air with its scent. On the other hand, the soul of the artist found a home in the foundry of Angera, where creativity has been translated into manual skills, patient activity of assembly, carving and cutting of small wooden pieces, so small that the blade constantly brushes against fingers and hurting oneself is very easy. Moreover, it is a place where the artist can be on his own, where realization does not have to deal with compromise. Since the one of the architect is a work of control and direction, whereas the one of the artist is strictly personal, carried on through loneliness and freedom. Angera, that’s where the sculptures are created. The first aspect noticed is their monumental nature – as clotted as an essence – despite their little dimensions. As if monumentality were something inner, a spiritual category. As in Montagne: high, towering, majestic; stratifications of little pieces of walnuts or oak, which seem to be born from a spontaneous germination and give the impression they could grow even more. Or the elegant Palafitte: light, airy, whose voids dominate upon solids, and filled with a vaguely oriental atmosphere. Or Sassi: soft, heavy and sinuous; whose biomorphic shapes suggest a soul, a breath, as if they suddenly could rise their heads and stare back at us. And the Edifici vuoti, probably the most moving ones, whose wood is sometimes cracked and rough and those uncertain lines

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recall ancestral scenarios of destruction, day after images. Just like Baracche and Baracchette, uneven buildings, articulated into elegant balances, which were recently exposed in Milan, and were anticipated in 2013 by the huge installation prepared by the architect for the exhibition Hybrid, organized at the Università degli Studi in Milan during the Salone del Mobile. These objects are rooted within instinct and gesture; deprived of a project, since it would turn off their authenticity. These are unpredictable objects. Michele De Lucchi describes them like this: “Trembling structures, shattered geometries, approximate compositions. A lot of details. Accurately studied, by focusing upon the combination of materials and chromatic sophistication”. It is clear how this declaration was born from his artistic soul, how instinct defined each gesture. The love he feels for these sculptures is shown by the space they occupy in his office in Milan, as if taking a piece of Angera there – within the realm of rigor – were fundamental. As a matter of fact, according to the architect himself, they are the mean through which he can connect with his inner side and they inspire his most touching projects. By observing the Expo Zero pavilion, it becomes clear how these stratified dunes originated from Montagne. Here lies the fascination of these projects. Just like the grandiose firmness of Sassi inspired the Intesa Sanpaolo Pavilion. Beside him, while he leads his feverish office, the sculptures guard like tutelary deities upon the realization of architectural projects, hoisted upon high pedestals which allow to admire their beauty, turning around them two, three times so to be conquered by their imposing elegance. Little, perhaps magical, idols which could enchant anyone.

ALESSANDRA REDAELLI

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OT TO R I N O D E L U C C H I METAFISICA DEL QUOTIDIANO Esordisce così, Ottorino De Lucchi: “I gemelli non andrebbero mai separati prematuramente: devono essere loro a decidere quando è il momento”. E lui sa bene di che cosa parla, visto che – con il suo gemello Michele, l’architetto – fa parte di una di coppia risolta e compiuta: entrambi artisti (sebbene in campi diversissimi) ed entrambi arrivati nella vita esattamente dove volevano arrivare. “Noi siamo stati nella stessa classe fino alla quinta liceo, e questo è stato un bene. Ora non sarebbe più possibile: ora separano i gemelli fin dall’asilo, ma è un approccio che rischia di compromettere equilibri delicatissimi, di generare sofferenza”. Insieme fino alla fine delle superiori, dunque. E poi ognuno per la sua strada. E se la strada di Michele è l’architettura, quella di Ottorino è la scienza. E’ un chimico, infatti, prima di tutto. E questo dato è fondamentale per comprendere l’alchimia sofisticatissima alla base del suo lavoro artistico. La sua attenzione ai materiali, dunque, e il suo studio paziente e costante per arrivare a una tecnica sempre più precisa sono figli di una mentalità pragmatica e scientifica. Un approccio che l’artista riassume in quattro punti: plan, do, check e act; cioè pianifica, realizza, controlla e agisci. Sostanzialmente il cosiddetto “ciclo di Deming”, un modello studiato per il miglioramento continuo della qualità in un’ottica a lungo raggio: l’unico metodo, secondo De Lucchi, alla base di un valido processo creativo. Ed è proprio così che l’artista è arrivato alla tecnica che lo contraddistingue, la sua personalissima versione del watercolor drybrush (cioè, semplificando, dell’acquerello a secco). Già, perché al di là di quella che può essere la prima impressione, le sue nature morte piene, pastose, con quei colori vividi e tuttavia trasparenti che danno l’idea che la luce provenga dall’interno stesso dell’oggetto, sono acquerelli. Dimentichiamo dunque l’immagine tipica dell’acquerello come di un lavoro evanescente, delicato, pallido e fissiamo bene questi trionfi di uva bianca, giunta a quel punto perfetto della maturazione che implica la massima dolcezza, guardiamo la consistenza vellutata e leggera dei kikinger, gli spicchi gonfi del mandarino e poi i contenitori: l’argento lucente, la porcellana candida, la consistenza scabra e spaccata della pietra. E ancora il nero dello sfondo, pieno e denso, su cui le nature morte si stagliano come icone. “Quando negli Stati Uniti scoprii la pittura di Andrew Wyeth, rimasi folgorato”, racconta l’artista. “Guardai le didascalie: riportavano watercolor drybrush… e così sono partito da lì, per prove ed errori, dall’idea di usare un pennello asciutto sull’acquerello”. Se Wyeth preferisce i colori bruni, terrosi e sabbiosi, però, il risultato che cerca Ottorino De Lucchi è di tutt’altro genere. Dell’acquerello, dunque, sceglie i colori più intensi e vividi, che grazie alla purezza dei pigmenti con

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questa tecnica sono enfatizzati al massimo, esplodendo nella loro piena potenza. Ecco, dunque, che lentamente si supera il mero senso della realtà – il significato letterale di un termine abusato come “iperrealismo” – per approdare a un oltre molto più interessante. Perché questi non sono colori reali: sono quelli ad altissima definizione del full HD. La tecnologia degli acquerelli moderni, quelli di ultimissima generazione, si può paragonare infatti alla più sofisticata alta definizione digitale, e la tecnica del drybrush, che ne trae il massimo del colore, è l’unica possibile perché il messaggio veicolato viri decisamente verso suggestioni metafisiche modernissime. Ecco dove si collocano dunque queste nature morte uniche nel loro genere. Ed è proprio su questo limite incerto tra realtà e ultrarealtà che si gioca la loro seduzione. Ma non si tratta solo della scelta cromatica. Osserviamo l’inquadratura che sceglie l’artista: l’oggetto è perfettamente frontale. Non è scorciato dall’alto, non è posato su un tavolo davanti a noi: l’oggetto è millimetricamente allineato alla direzione dei nostri occhi. Come se possedesse, a sua volta, un paio d’occhi e quelli stessero puntati proprio verso di noi. Non è un dettaglio da poco. De Lucchi prende un bel vaso di peltro – consumato al punto giusto perché l’uso abbia segnato piccoli solchi sulla sua superficie – oppure una ciotola di porcellana a finissimi disegni blu, vi pone delle mele rosse, o delle ciliegie succose, ma nulla di straordinario o di particolare: potrebbero essere uno scorcio della nostra casa, un pezzo del nostro quotidiano che avremmo anche rischiato di dimenticare. Li prende e poi fa il miracolo. Li strappa alla realtà, li pone in un vuoto cosmico nero come il fondo dell’universo e fa anche in modo che ci guardino diritto in faccia. Ecco allora lo spaesamento, il senso sottile di smarrimento, come quando vediamo una faccia conosciuta in un contesto assurdo, che non le appartiene. La figurazione, dunque, la scelta di un tema semplice e leggibile come la natura morta, diventa per l’artista il pretesto per un discorso squisitamente concettuale. Un’analisi chirurgica della realtà che può leggersi anche come una disamina sulla bellezza e sulla caducità, per certi versi sulla vita e sulla morte. Mi viene in mente la creatività folle e sontuosa di Marc Quinn. In particolare quell’installazione – Garden – dove fiori freschi, giunti al punto massimo della loro fioritura e della loro perfezione, sono immersi nel silicone congelato perché mantengano per sempre, anche nella morte, le forme e i colori della piena fioritura. Ma se la serra immobile di Marc Quinn, dove non spira un alito di vento, fa pensare al corpo di Biancaneve nella bara di cristallo costruita dai nani – destinato a restare bello per tutta l’eternità anche nella morte – De Lucchi sceglie la vita, e ci regala una speranza proprio in quella luce che pulsa dal di dentro, dal cuore caldo delle cose. ALESSANDRA REDAELLI

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OT T O R I N O D E L U C C H I METAPHYSICS OF EVERYDAY LIFE Ottorino De Lucchi commences like this: “Twins should never be prematurely parted: they should decide the right time on their own”. He deeply understands the matter, since – together with his twin Michele, the architect – he is part of a whole and complete couple: both artists (even though pertaining to different fields), they both fulfilled their life goals. “We have been in the same classroom until the high school diploma, and that was a luck. Nowadays that could not be possible: they divide twins from the kindergarten, but it is a risky approach which could crack delicate balances, creating distress”. Together until high school. Then each one chose his own path. Michele chose Architecture, whereas Ottorino devoted to science. As a matter of fact, he is first of all a chemist. This is a fundamental aspect to understand the sophisticated alchemy behind his works. His attention towards materials and his patient and constant study in order to gain a more precise technique originate from a pragmatic and scientific attitude. An approach which the artist translates into four steps: plan, do, check and act. Namely, the “Deming cycle”, a model developed for constant quality emprovement within a long haul perspective: the only method, according to De Lucchi, upon which a valid artistic process can be rooted. This is how the artist created his own technique, his personal version of the watercolour drybrush. As a matter of fact, going beyond the first impression, his full, pasty, vivid yet transparent still lives, whose light seems to originate from the inside, are watercolours. The typical representation of the watercolour as an evanescent, delicate, pale work should be replaced by the triumphs of perfectly mature and sweet white grape, velvet and soft cape gooseberries, turgid slices of tangerine and their containers: the shining silver, the snow white porcelain, the rough and broken consistency of stone. Moreover, the dark background, full and dense, upon which the still lives stand out like icons. “While I was in the USA, I discovered Andrew Wyeth’s painting, which blew me away”, the artist said. “I read the captions: they reported watercolour drybrush… I started from it, through attempts and mistakes, from the idea of using a dry brush upon watercolours”. Wyeth preferred brown, earthy and sandy colours, whereas the result sought by Ottorino De Lucchi was completely different. He has chosen the most intense and vivid colours, strongly emphasising by the purity of the pigments, and has revealed their full power. This is how the mere sense of reality – the literal meaning of the term “hyperrealism” – is overcome, in order to reach a more interesting beyond. Since these are not real colours: they are full HD ones. The technology of contemporary watercolours can be compared to the most sophisticated digital high

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definition, and the drybrush technique, used to obtain the best from colours, is the only which can lead the message towards contemporary metaphysical suggestions. This is where these unique still lives place themselves. Their appeal lies within the uncertain boundary between reality and hyper reality. It does not only deal with chromatic choice. By observing the framing chosen by the artist, one can notice that the object is perfectly frontal. It is not captured from above, neither placed upon a table in front of the audience: the object is exactly aligned with the user’s glance. As if it also owned eyes staring at the audience. It is an important detail. De Lucchi chooses a beautiful pewter vase – just right consumed, so that time placed little scratches upon its surface – or a porcelain bowl, decorated with tiny blue drawings, and puts red apples or juicy cherries inside them, nothing too extraordinary or particular: they could be a glimpse of our homes, of our daily lives which we could even forget about. He creates a miracle through them. He eradicates them from reality, laying them within a cosmic emptiness, as dark as the end of the universe, making them stare at us. Here comes disorientation and confusion, just like when a familiar person is met within an absurd context, where he does not belong to. The depiction of a still life, a simple and understandable subject, is used by the artist as an opportunity to introduce a conceptual reasoning. A surgical analysis of reality which could be interpreted as an examination of beauty and transience, that is to say life and death. It recalls Marc Quinn’s crazy and sumptuous creativity. In particular, that installation – Garden – where fresh flowers, which had reached the maximum level of their blooming and perfection, had been plunged into frozen silicone in order to forever maintain, even in death, the shapes and colours of their florescence. However, while the still greenhouse by Marc Quinn, where no wind blows, recalls Snow White’s body placed in the plate glass coffin built by the dwarves – destined to remain forever beautiful, even in death – De Lucchi chooses life, gifting us with the hope rousing from the inside, from the hot heart of things.

ALESSANDRA REDAELLI

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OPERE


MICHELE DE LUCCHI


PALAFITTA 238

Ciliegio, motosega e lavorazioni varie | 39 x 22 x 24,5 cm | 2010

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EDIFICIO VUOTO 337

Pero, motosega, burattatura e lavorazioni varie | 11 x 19 x 17 cm | 2014

EDIFICIO VUOTO 336

Pero, motosega, burattatura e lavorazioni varie | 16 x 10 x 10 cm | 2014

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EDIFICIO VUOTO 334

Pero, motosega, burattatura e lavorazioni varie | 25,5 x 24,5 x 13,5 cm | 2014

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MONTAGNA 302

Noce, lavorazioni varie | 41 x 20,5 x 21 cm | 2013

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MONTAGNA 278

Noce, lavorazioni varie | 39,2 x 26,5 x 25,5 cm | 2012

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PALAFITTA 225

Ciliegio, motosega e lavorazioni varie | 44 x 33 x 17 cm | 2010

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EDIFICIO VUOTO 338

Pero, motosega, burattatura e lavorazioni varie | 29 x 12 x 9 cm | 2014

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SASSO 308

Noce, lavorazioni varie | 21 x 38 x 22 cm | 2013

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SASSO 307

Noce, lavorazioni varie | 21 x 34 x 20 cm | 2013

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EDIFICI VUOTI

Matita su carta | 25,5 x 18,8 cm | 2014

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PALAFITTA

Matita su carta | 17,5 x 12,3 cm | 2014


MONTAGNE

Matita su carta | 18,8 x 25,5 cm | 2014

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MONTAGNA 5

Incisione all’acquaforte | 50 x 35 cm | 2013

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MONTAGNA 1

Incisione all’acquaforte | 50 x 70 cm | 2013

MONTAGNA 3

Incisione all’acquaforte | 60 x 80 cm | 2013

MONTAGNA 2

Incisione all’acquaforte | 60 x 80 cm | 2013

MONTAGNA 4

Incisione all’acquaforte | 50 x 70 cm | 2013

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OT TO R I N O D E L U C C H I


QUASI PRIMAVERA

Watercolor drybrush | 36,5 x 25,5 cm | 2015

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SETTEMBRE INOLTRATO

Watercolor drybrush | 36,5 x 36,5 cm | 2015

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VENDEMMIA

Watercolor drybrush | 36,5 x 36,5 cm | 2015

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INIZIO AGOSTO

Watercolor drybrush | 30 x 50 cm | 2015

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AUTUNNO AD ASIAGO

Watercolor drybrush | 17,5 x 36,5 cm | 2015

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1 MAGGIO

Watercolor drybrush | 50 x 40 cm | 2015

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FINE STAGIONE

Watercolor drybrush | 25,5 x 36 cm | 2015

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FINE AUTUNNO

Watercolor drybrush | 25,5 x 51 cm | 2015

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8 DICEMBRE

Watercolor drybrush | 25,5 x 36,5 cm | 2015

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FESTE DI NATALE

Watercolor drybrush | 25,5 x 36,5 cm | 2015

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TARDO SETTEMBRE

Watercolor drybrush | 50 x 40 cm | 2015

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METÀ OTTOBRE

Watercolor drybrush | 22 x 51 cm | 2015

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A FINE INVERNO

Watercolor drybrush | 25,5 x 36,5 cm | 2015

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BIOGRAFIE


BIOGRAFIE MICHELE DE LUCCHI (Ferrara, 1951) Si è laureato in Architettura presso l’Università di Firenze. Negli anni dell’architettura radicale e sperimentale è stato tra i protagonisti di movimenti come Cavart, Alchimia e Memphis. Ha sviluppato lampade e arredi per le più importanti industrie italiane ed europee, come Artemide, Olivetti, Alias, Unifor, Hermès, Alessi. Ha progettato ambienti di lavoro e corporate identity per Deutsche Bank, Poste Italiane, Ferrovie dello Stato, Enel, Piaggio, Olivetti, Telecom Italia, Novartis, Intesa Sanpaolo, Unicredit. Ha realizzato progetti architettonici in Italia e nel mondo, tra cui edifici residenziali, industriali, direzionali e culturali. Ha curato allestimenti espositivi per musei come la Triennale di Milano, il Palazzo delle Esposizioni di Roma, il Neues Museum di Berlino e le Gallerie d’Italia Piazza Scala, il Castello Sforzesco, il Museo della Pietà Rondanini e Casa Manzoni a Milano. Recentemente ha sviluppato numerosi progetti per la città di Milano: i padiglioni per Expo 2015 (Padiglione Zero, Expo Center e Padiglione Intesa Sanpaolo) e l’Unicredit Pavilion in piazza Gae Aulenti. Nel 1990 ha creato Produzione Privata, una piccola impresa nel cui ambito Michele De Lucchi disegna prodotti che vengono realizzati impiegando tecniche e mestieri artigianali. Dal 2004 scolpisce “casette” in legno con la motosega per cercare l’essenzialità della forma architettonica. Nel 2003 il Centre Georges Pompidou di Parigi ha acquisito un rilevante numero dei suoi lavori. Una selezione dei suoi oggetti è esposta nei più importanti musei d’Europa, degli Stati Uniti e del Giappone. Nel 2000 è stato insignito della onorificenza di Ufficiale della Repubblica Italiana dal Presidente Ciampi per meriti nel campo del design e dell’architettura. Nel 2001 è stato nominato Professore Ordinario per chiara fama presso la Facoltà di Design e Arti dell’Istituto Universitario di Architettura a Venezia. Nel 2006 ha ricevuto la Laurea ad Honorem dalla Kingston University, per il suo contributo alla “qualità della vita”. Dal 2008 è Professore Ordinario presso la Facoltà del Design al Politecnico di Milano e Accademico presso l’Accademia Nazionale di San Luca a Roma. Vive e lavora tra Angera e Milano. OTTORINO DE LUCCHI (Ferrara, 1951) Si è laureato in Chimica (1975) e Farmacia (1977) presso l’Università di Padova. Durante la sua vita ha sempre svolto attività artistica intercalandola con la professione di chimico universitario soprattutto durante i lunghi periodi all’estero o al di fuori della famiglia. Ha approfondito la conoscenza dei materiali delle tecniche pittoriche che insegna all’Università Ca’ Foscari di Venezia nel Corso di Laurea in Conservazione e Restauro. Durante la permanenza negli Stati Uniti ha potuto visitare e osservare da vicino l’opera di A. Wyeth, appassionandosi alla tecnica e al virtuosismo dei suoi dipinti definiti come “dry brush”. Senza ulteriori informazioni, ha iniziato una serie di sperimentazioni che hanno portato allo sviluppo indipendente di una tecnica del tutto originale sia nell’esecuzione che nei soggetti. La tecnica prevede l’uso della pittura ad acquerello, dove il rapporto pigmento-legante è ottimale sia per quanto riguarda la trasparenza che la vivacità e la luminosità dei colori. La tramatura pittorica ottenuta utilizzando indistintamente pennelli, carta e tessuti è particolarmente adatta a descrivere la superficie di nature morte, figure e paesaggi. Le velature e le applicazioni di colore ottenute sia direttamente che attraverso attente rimozioni di colore permettono risultati non ottenibili con altre tecniche pittoriche. I risultati particolarmente rilevanti per contrasto e luminosità hanno sorpreso molti cultori sia italiani che stranieri tanto che è stato più volte invitato a illustrare la tecnica in accademie e in istituti d’arte e gli è stato richiesto di illustrare in un tutorial il metodo esecutivo.

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BIOGRAPHIES MICHELE DE LUCCHI (Ferrara, 1951) He graduated in Architecture at the University of Florence. Throughout the years of radical and avantgarde architecture he was a prominent figure in movements like Cavart, Alchimia and Memphis. He designed lamps and furniture for the most important Italian and European companies, such as Artemide, Olivetti, Alias, Unifor, Hermès, Alessi. He designed working environments and corporate identity places for Deutsche Bank, Poste Italiane, Ferrovie dello Stato, Enel, Piaggio, Olivetti, Telecom Italia, Novartis, Intesa Sanpaolo, Unicredit. He realized architectural projects in Italy and worldwide, that include residential, industrial, corporate and cultural buildings. He also curated exhibitions for the Triennale di Milano, Palazzo delle Esposizioni di Roma, the Neues Museum Berlin, the Gallerie d’Italia in Piazza Scala and Museo Pietà Rondanini in Milan. He has recently realized a number of projects for the city of Milan: the pavilions for Expo 2015 (Padiglione Zero, Expo Center, Intesa Sanpaolo) and UniCredit Pavilion in piazza Gae Aulenti. In 1990 he founded Produzione Privata, a little small-scale production and retail company through which Michele De Lucchi designs products that are made using dedicated artisans and craft techniques. Since 2004 he sculpts wooden “cots” using the chainsaw, in order to find architectural simplicity. In 2003 the Centre Georges Pompidou in Paris has acquired a considerable number of his works. Selections of his products are exhibited in the most important design Museums in Europe, United States and Japan. In 2000 he was appointed Officer of Italian Republic by President Ciampi, for services to design and architecture. In 2001 he has been nominated Professor at the Design and Art Faculty at the University in Venice. In 2006 he received the Honorary Doctorate from Kingston University, for his contribution to “living quality”. In 2008 he has been nominated Professor at the Design Faculty of the Politecnico of Milan and Member of the Accademia Nazionale di San Luca in Rome. He lives and works between Angera and Milan. OTTORINO DE LUCCHI (Ferrara, 1951) He graduated in Chemistry (1975) and Pharmacy (1977) at the University of Padua. Throughout his life he has always carried out his artistic activity interposing it with his career of academic chemist, especially during his years abroad or away from his family. During his stay in the United States he could closely observe the works by A.Wyeth, getting excited about the technique and virtuosity of his “dry brush” paintings. Without any further detail, he started a series of experimentations which led to the independent development of an original technique with regards to the execution and the chosen subjects. This technique is based upon watercolour painting, where the relationship pigment-binder is optimal both for the transparency and the vividness and brightness of the colours. The pictorial weft obtained by using paintbrushes, paper and fabric is particularly fit to describe the surface of still lives, figures and landscapes. The transparencies and glazes, obtained both directly and through careful removals of colour, could not be reached by using other painting techniques. The results regarding contrast and brightness are so relevant that he has been often invited to describe his technique in various academies and Art Institutes. He lives and works in Padua.

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MICHELE DE LUCCHI COLLEZIONI DEI MUSEI INTERNAZIONALI

PRINCIPALI MOSTRE:

Design Museum, Ghent (Belgio)

2015

Musée des Arts Dècoratifs de Montréal, Québec (Canada) Musée des beaux-arts de Montréal, Québec (Canada) Designmuseo, Helsinki (Finlandia) Centre Georges Pompidou, Paris (Francia) Museum für Kunst und Gewerbe, Hamburg (Germania) Vitra Design Museum, Weil am Rhein (Germania) Museum of Design, Thessaloniki, Macedonia (Grecia) The Israel Museum, Jerusalem (Israele) Accademia Nazionale di San Luca, Roma (Italia) Civica Galleria d’Arte Moderna-Sezione Design, Gallarate (Italia) Centro Legno Arredo Cantù, Collezione Storica del Premio Compasso d’Oro ADI, Cantù (Italia) Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (Italia) Museo Alessi, Omegna (Italia) Museo Kartell, Milano (Italia) Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci, Milano (Italia) Triennale di Milano-Collezione Permanente del Design Italiano, Milano (Italia) Triennale Design Museum, Milano (Italia) Boijmans Van Beuningen, Rotterdam (Olanda) Groninger Museum, Groningen (Olanda) Stedelijk Museum of Modern Art, Amsterdam (Olanda) The National Museum, Poznan (Polonia) Museum für Gestaltung, Zurich (Svizzera) Art Center College of Design, Pasadena, California (USA)

Baracche, Antonia Jannone Disegni di Architettura, Milano (Italia) A&W, Designer des Jahres, Colonia (Germania) 2014 Edifici vuoti. Sculture, disegni e incisioni, Galleria Corraini, Mantova (Italia) 2013 Montagne, Antonia Jannone Disegni di Architettura, Milano (Italia) 2012 Colonne portanti, Fondazione Volume!, Roma (Italia) I miei orribili e meravigliosi clienti, Fiera del Levante, Bari (Italia) Tavolini, Antonia Jannone Disegni di Architettura, Milan (Italia) 2011 Michele De Lucchi. Modelli in legno di edifici, Museo del Legno, Cantù (Italia) Le torri dell’aria, Basilica Palladiana, Vicenza (Italia) Independent. Design secession, Triennale Bovisa, Milano (Italia) Calma e quiete. Progetti subliminali di Alessandro Mendini, Michele De Lucchi, Angelo Micheli, Palazzo Fava, Bologna (Italia) 2010 Costruzioni della terra e dell’acqua. Modelli in legno di Michele De Lucchi, Pinacoteca comunale “Cesare Belossi” presso Villa Soranzo, Varallo Pombia (Italia) Michele De Lucchi – Ottorino De Lucchi. Uguale e differente. Design et peinture, Musée des Arts décoratifs, Bordeaux (Francia) Michele De Lucchi. Filip Dujardin. Vero falso verosimile, Casabella Laboratorio, Milano (Italia)

56


Michele De Lucchi. A pioner between handicraft and industry, The

2004

Gallery, Bruxelles (Belgio)

Geometries at will, studio aMDL, Milano (Italia)

Michele De Lucchi e Produzione Privata, Museum Van Loon,

Michele De Lucchi al Beaubourg, Centre Georges Pompidou, Parigi

Amsterdam (Olanda)

(Francia)

Michele AND De Lucchi, Accademia di Belle Arti, Aula Minerva, Firenze (Italia) Michele

De

2003 Lucchi:

Architekturchen,

Showroom

Ingo

Maurer,

Kaiserstrasse 47, Monaco (Germania)

Artemide & Michele De Lucchi, Yamagiwa Livina, Tokyo (Giappone) Traces, of nature, time, hand and spirit. Michele De Lucchi e Ernst Gamperl, studio aMDL, Milano (Italia)

2009

In senso industriale, La Galerie d’Architecture, Paris (France)

Michele De Lucchi Arquitecto. Objetos y esculturas recientes, Arkitektura, Barcellona (Spagna)

2002

Irrefrenabili intuizioni, Studio aMDL, Milano (Italia)

Caos e Ordine - Amore e Odio, studio aMDL, Milano (Italia) Michele De Lucchi: Dopotolomeo, chiesa di San Lorenzo, Aosta (Italia)

2008

A mano libera. Disegni senza computer, Ivrea (Italia), 1999; Hamburg

Michele De Lucchi. Paintings 2003/04/05, Antonia Jannone Disegni di

(Germania)

Architettura, Milano (Italia) Ingiustificabili esigenze, l’ultimo insegnamento di Ettore, studio aMDL,

1997

Milano (Italia)

Design Team of the Year, Essen (Germania)

2007

1992

Poco, poco, quel poco che basta, studio aMDL, Milano (Italia)

Michele De Lucchi, Galleria d’Arte La Fenice, Osaka (Giappone)

Le Torri di Adjara, Nuovo Spazio FMG per l’Architettura, Milano (Italia) Ottimi errori, Design Gallery Milano, Milano (Italia)

1991

Wooden Houses, Windsor Kulturgintza, Bilbao (Spagna)

Sitz. Avantgarde, Design Zentrum Nordrhein-Westfalen, Essen (Germania) Disegni dell’estate, Galleria La Pola, Ginza, Tokyo (Giappone)

2006 Casette ad effetto massiccio, Galleria Corraini, Mantova (Italia)

1985

Walls & Heroic Structures, Moss Gallery, New York (USA)

Michele De Lucchi. A friendly image for the electronic age, Tilburg

Vetri a forma di vasi, Quattro Benelux, Bruxelles (Olanda)

(Olanda)

2005

1975-1976

Casette a forma di casa, studio aMDL, Milano (Italia)

Seminari Cavart (Italia)

57


OTTORINO DE LUCCHI PRINCIPALI MOSTRE:

Showroom Ingo Maurer - Monaco, Germania Collezione 7x11 - Itinerante

2015

Galleria Civica Palazzo Moroni - Padova

Galleria Nuovospazio - Piacenza Galleria Nuovospazio - Portoferraio

2009

Galleria Nino Sindoni - Asiago

Galleria Nino Sindoni - Asiago Galleria Questarte - Padova

2014

Galleria Gagliardi - San Giminiano

Art Box - Water Views - Vicenza

Galleria Dal Ferro - Thiene, Vicenza

Studio 10 - San Martino d.A., Mantova Questarte - Arquà Petrarca

2008

CK Contemporary - San Francisco (USA)

Galleria Novecento - Salerno Hotel Sofitel - Venezia

2013

Galleria Questarte - Padova

CK Contemporary - San Francisco (USA)

Galleria Gagliardi - San Giminiano

Galleria Novecento - Portu Quatu Galleria Fiorentina - Firenze

2007 Galleria Paola Dal Ferro - Thiene, Vicenza

2012 Galleria Salamon - Milano

2006

CK Contemporary - San Francisco (USA)

Galleria Civica Artcafé Englos - Dobbiaco, Bolzano

Museo Ceramica - Deruta

Galleria l’Incontro - Cremona

Galleria Novecento - Portu Quatu Questarte - Brunico

2005

Collezione 7x11 - Itinerante

Galleria Gaudì - Madrid, Spagna Galleria Sindoni - Asiago, Vicenza

2011

Galleria l’Incontro - Cremona

Galleria Nino Sindoni - Asiago

Editoriale CDE - Castel del Piano, Grosseto

Galleria Novecento - Salerno

Galleria Mandelli - Seregno, Milano

Studio 10 - San Martino d.A., Mantova 2004

58

2010

Galleria Novecento - Salerno

Museè d’Arts Decoratifes - Bordeaux, Francia

Galleria La Roggia - Conegliano, Treviso


Galleria Borromeo - Pordenone Galleria Civica Casa Seebock - Brunico, Bolzano Galleria Civica Sala Domus - Salò, Brescia Galleria Spazio 10 - San Martino dall’Argine, Mantova Galleria Civica - Bressanone, Bolzano 2003 Galleria Borromeo - Padova Galleria Sindoni - Asiago, Vicenza 2002 Galleria Al Tezzon - Camposampiero, Padova Proposte - Galleria Forni, Bologna Galleria Sindoni - Asiago, Vicenza 2001 La Galleria - Padova

Photo courtesy Ottorino De Lucchi

Proposte Galleria Forni - Bologna

59






di SOFIA MACCHI VIALE SANT’ANTONIO 59/61 21100 VARESE (VA) ITALY +39 0332 32 09 90

INFO@PUNTOSULLARTE.IT


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