D.LONGHI, edited by, Progetto come esplorazione, porta ovest di Marostica

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U n i à a d i Ve nez i a Fac o t to ri o
P R OG E T T O C OM E E SP L O R AZ ION E P O R T A OVES T D I M A R O S T I C A P R O J E T C OMM E E XP L OR A T IO N P O R TE OUES T D E M A R OS T IC A

PROGETTO COME ESPLORAZIONE PORTAOVEST DI MAROSTICA PROJETCOMME EXPLORATION PORTE OUEST DE MAROSTICA

a cura di Davide Longhi

contatto Domenico Patassini

del curatore

Sono sempre più frequenti, fortunatamente, le esperienze progettuali dei corsi universitari che si prendono carico di dialogare con gli attori pubblici e privati di importanti trasforma zioni urbane proponendo soluzioni a problemi reali con un atteggiamento di indagine e di verifica di ipotesi e atteggiamenti progettuali anche antitetici tra loro. Sempre più nume rose sono le amministrazioni, soprattutto quelle più piccole, che cercano questo dialogo, lo incentivano e lo promuovono, perché si percepisce che alcune questioni cruciali delle trasformazioni in atto si trovano in momenti unici e irripetibili del loro processo.

In realtà questa impressione di irripetibilità ci deriva da un fatto specifico: il governo delle trasformazioni oggi non può più avvenire casualmente, ma deve pensare al suo impatto positivo sul futuro dei luoghi, troppo spesso compromessi irrimediabilmente da una scellerata amministrazione. Spesso la progettazione contemporanea non può più dare solo soluzioni di configurazione spaziale ma deve farsi carico di compensare molti degli errori progettuali del passato, e spesso non solo riguardanti una specifica area, ma anche il contesto territoriale.

Per gli attori coinvolti in questi importanti processi di progettazione e realizzazione la costruzione di scenari diversificati e contrapposti è uno strumento formidabile per poter valutare le potenzialità delle aree coinvolte dai progetti. Un ventaglio di scenari fisici e di approcci e modalità di intervento permettono di prendere decisioni consapevoli e di mettere in campo nuovi saperi un tempo esclusi.

In questo quadro si inserisce l’esperienza condotta a Marostica che ha visto coinvolti isti tuzioni, come l’Amministrazione Comunale e l’ASL, e i proprietari delle diverse aree. Nume rosi docenti e studenti nello scorso anno accademico hanno fatto sopralluoghi, studiato soluzioni, si sono confrontati anche duramente, hanno prodotto materiali molto differenti che hanno visto un importante momento di comunicazione degli esiti di questa attività nella mostra, voluta dall’Amministrazione Comunale, che ha avuto luogo a Palazzo Bag gio a Marostica nel novembre del 2006.

A conclusione di questa esperienza è stato realizzato questo quaderno che raccoglie una sintesi dei progetti e delle riflessioni svolte durante l’anno accademico presso l’Università IUAV di Venezia (la Facoltà di Pianificazione del Territorio e la Facoltà di Architettura), l’ENSAS-École National Superieure d’Architecture di Strasburgo e l’École National Supe rieure d’Architecture di Marsiglia.

Le premesse per il lavoro dei cinque corsi e delle due tesi di laurea non potevano che

 
in questa pagina vista
Marostica
nota
panoramica di

partire da uno sguardo attento e consapevole dell’area studio adiacente alle mura della città di Marostica.

Quando mi è stata prospettata la possibilità di lavorare nell’area della Porta Ovest di Marostica non mi aspettavo che potessero prendere forma progetti di così grande interes se. Certo si tratta di un’area appena fuori da una straordinaria cinta muraria, ai piedi di una collina, ma, in fondo, nel cuore di una marmellata di casette che Pierluigi Cervellati definisce “Villettopoli”. Alcune case liberty e un interessante manicomio dismesso, un brutto ospedale senza futuro, alcuni edifici di scarso interesse e una fabbrica non ancora abbastanza vecchia da essere considerata archeologia industriale. Al di là della fabbrica, un piccolo quartiere popolare relegato ai margini, anche se a pochi passi dal centro. La strada a nord, via Panica, ha un piccolo borgo di case malmesse, ma morfologicamente e architettonicamente piuttosto interessanti, mentre la strada a sud, che passa anche davanti al Castello inferiore e al fronte sud delle mura, è un susseguirsi di edifici senza identità, dove transitano un considerevole numero di mezzi pesanti su una sezione stra dale che da tempo è troppo stretta per questo carico veicolare.

A sud c’era il forte bisogno di una viabilità alternativa, che scaricasse via IV Novembre dal traffico pesante, e di un progetto di ricomposizione dei fronti edilizi disorganicamente accostati l’uno all’altro; a nord, la trasformazione della collina in un parco urbano fruibile dai cittadini era una questione cruciale.

Il superamento dell’isolamento del quartiere popolare “De Gasperi” a ovest e la rivitalizza zione del borgo Panica sono centrali per rimettere in gioco un’importante parte della città che, sospesa nel limbo, attende di essere ricucita lungo quella antica via che transitava da oriente a occidente attraverso le due porte.

Questa operazione è stata possibile tramite lo spostamento della sede municipale dal Castello Inferiore, che potrebbe diventare il museo della storia di Marostica, un luogo di rappresentanza oltre che un suggestivo spazio espositivo. L’Ex Ospedale psichiatrico di via Panica diventerebbe così un’importante centralità che renderebbe plausibile la creazione di una serie di spazi pubblici di connessione permettendo a quest’area di diventare cen trale per la città, vista anche la grande accessibilità che possiede.

Infine, il riutilizzo di alcuni fabbricati industriali della Vimar con funzione residenziale creerebbe la massa critica abitativa per rendere questo pezzo di città un vero quartiere compiuto e contribuirebbe in modo significativo a ridurre il consumo del suolo sui margini della città.

Il profondo mutamento di prospettiva di tutta l’area è però avvenuto quando si è messa in discussione la presenza della concessionaria, un edificio compatto costituito da un’ag gregazione scoordinata di capannoni e abitazioni, proprio a ridosso delle mura. Lo spo stamento di questa volumetria dall’angolo sud ovest della cinta muraria consentirebbe infatti due profondi effetti positivi. La disponibilità dell’area consentirebbe di realizzare un parcheggio interrato per liberare completamente il vallo dalle auto in sosta. Sarebbe così possibile la realizzazione di un vero e proprio parco delle mura scaligere. Il recupero delle aree nei pressi delle città murate è da tempo oggetto di sperimentazione urbanistica. Interessanti sono gli interventi che hanno tentato non solo di conservare i manufatti militari sopravvissuti, permettendo talvolta una nuova fruizione da parte degli abitanti (è il caso di Montagnana), ma anche di creare occasioni urbane intorno a questi luoghi inserendo importanti spazi verdi lineari e suggestivi percorsi pedonali (come a

Lucca o, a più piccola scala, a Castelfranco), oppure funzioni pubbliche strategiche per la città (come a Cittadella).

Questa serie di progetti ripropone spesso il tema della realizzazione di strategiche aree verdi nei pressi del centro storico con la creazione di paesaggi suggestivi anche di notte, come a Clermont-Ferrand e la ricerca di nuove funzioni per alcuni edifici, come per la Torre di Mezzo a Gallese o per il Castello di Rovigo.

Molto più strategica per la città è stata invece l’esperienza di Urbino dove, nella neces sità di svuotare il centro storico dalle auto, lo spazio antistante le mura del Mercatale è diventato un grande parcheggio interrato con sopra una stazione delle autocorriere, una vera e propria nuova entrata della città. Esito altrettanto positivo è stato raggiunto nella realizzazione del grande parcheggio di Perugia, ed è forse proprio questa la prospettiva che si propone alla città di Marostica.

Gli esiti dei progetti sono molto vari e in molti casi particolarmente stimolanti. Gli studenti si sono interrogati sulla straordinaria opportunità di dialogare con le mura della città e con il sistema collinare adiacente all’area studio. Hanno ripensato le gerarchie del costrui to e le possibili nuove polarità che l’area potrebbe ospitare. Hanno affrontato alcune delle questioni ambientali che il sito pone, e l’opportunità del riuso dei manufatti industriali.

La vasta gamma di scenari presenti in questo quaderno testimonia l’importanza di far emergere nella prossima progettazione della Porta Ovest di Marostica i valori del sito.

L’area studio è il prolungamento naturale della città murata, e, come in tutte le città europee, rappresenta il percorso strutturante delle gerarchie dei luoghi extra mura. Per far si che questo luogo sia uno spazio di mediazione urbana tra la città storica e quella disgregata è necessario che il progetto si faccia carico di divenire elemento ordinatore, nuovo fulcro esterno al centro e, con il centro, strettamente legato e connesso.

Il quaderno raccoglie alcuni saggi dei docenti che hanno partecipato al progetto interna zionale e lo hanno condotto proponendo approcci metodologici molto diversi; gli spunti elaborati dai giovani progettisti sono ora affidati alla comunità marosticense affinché ne faccia un utile momento di riflessione comunitaria, di maturazione e consapevolezza. Ringraziamo per il generoso entusiasmo le diverse strutture universitarie che hanno so stenuto l’iniziativa insieme con l’Amministrazione Comunale e la Vimar per aver creduto e sostenutoin questo progetto pilota.

 

ESPLORAZIONE COME PROGETTO

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VERSO UN PROGRAMMA DI RIQUALIFICAZIONE URBANA

Il testo presenta la parte saliente dei progetti e delle proposte maturate in attività di laboratorio e di tesi presso le Facoltà di pianificazione del territorio e di architettura, Università Iuav Venezia.

All’attività hanno partecipato anche l’École Nationale Superieure d’Architecture di Stra sburgo e l’ENSA di Marsiglia.

Più di cento studenti coordinati dal prof. Davide Longhi , con il prezioso supporto dell’ar ch. Duccio Dinale, hanno cercato di dare forma e contenuto ad un’opportunità di riqua lificazione, senza dubbio la più importante della storia urbana e urbanistica di Marostica negli ultimi anni.

La combinazione di tre processi di dismissione interessa una superficie territoriale di circa 14 ettari e un volume di circa 218.000 mc.

Il primo processo di dismissione, avviato ormai da tempo, riguarda la Vimar a ridosso del nucleo storico di Panica.

Icona del manifatturiero e marchio conosciuto nel mondo, la Vimar ‘libera’ un’area oc cupata da diverse unità immobiliari, ma soprattutto da un edificio industriale a fronte curvilineo che segna l’ingresso occidentale alla città. ASL 3 di Bassano del Grappa ha ven duto al Comune di Marostica l’immobile che ospitava l’ospedale psichiatrico femminile, ‘cicatrice’ di un’istituzione totale definitivamente chiusa con la legge ‘Basaglia’.

La Banca Popolare di Marostica ha ceduto alla società Marfaleo l’area ‘ex- Azzolin’, un comparto del centro storico che comprende tutto il settore sud-ovest, di grande pregio e da tempo inutilizzato.

Si tratta di tre aree contigue che, con un unico disegno urbanistico, offrono la possibilità di costruire il nodo mancante della struttura urbana della città (direzionale, amministra tivo, artistico e della conoscenza), ma anche di integrare con un sistema di spazi aperti e verdi il nucleo storico di Panica e di restituire una parte consistente del centro storico finora esclusa all’utilizzo collettivo.

I progetti consentono di identificare alcune linee-guida per un futuro intervento integrato di riqualificazione urbana.

1. L’area fa parte del bacino drenante delimitato a nord dal rilievo collinare, di grande va lore estetico, ecologico e ambientale. Per i suoi spazi aperti é una componente importante della armatura ambientale a cui Marostica appartiene e consente di sperimentare solu zioni innovative dal punto di vista bio-climatico, del risparmio energetico, della gestione integrata dei cicli idrico e dei rifiuti.

2. Il trasferimento dell’amministrazione e dei servizi civici nello ‘storico’ edificio di cura psichiatrica consente di ridisegnare un sistema di spazi pubblici, una nuova piazza per Panica (lasciando solo tracce simboliche del muro di cinta ospedaliero), con percorsi pedo nali separati dal traffico veicolare. L’intervento tende a caratterizzare la ‘spalla ovest della città’ e a connettere i tessuti storici.

3. Il progetto urbanistico prevede diverse funzioni e consente la connessione dell’estremi tà ovest (Villaggio A. De Gasperi e nucleo di Panica) al centro storico, lungo una ‘spina’ centrale, rendendo l’area ‘permeabile’ in direzione nord-sud.

4. Nell’area di progetto si può agevolmente rispondere ai problemi di sosta, affiancando la pedonalizzazione di viale della Rimembranza ad una fascia verde continua attorno alle mura.

5. La cinta muraria, accessibile da entrambi i lati, diventa fascia di connessione realiz

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nella pagina accanto ortofoto di Marostica.

zando un’ipotesi di ‘dilatazione’ verso ovest dell’effetto centro storico.

6. L’area ex- Azzolin può ospitare residen za e servizi, viene resa accessibile da viale Mazzini, da via Vajenti e Porta Vicentina con aperture e percorsi interni che ne va lorizzano i caratteri storico-monumentali e ambientali.

Questo testo, oltre a restituire gli esiti di una ‘progettazione esplorativa’ consente di avviare un tavolo di concertazione fra i principali attori con la partecipazione della comunità locale.

Con l’esplorazione si intende aggiornare la visione della città, in particolare della portaovest, e costruire un ponte fra Prg in vigore, ipotesi di valorizzazione dei principali attori e quadro d’insieme. Il ‘ponte’ è inteso come repertorio leggero di linee-guida estratte dagli esercizi progettuali; linee che vanno discusse con gli investitori, ma soprattutto con chi non è ‘interessato’ al progetto ed é quindi indifferente a ‘compromessi onorevo li’. Sarebbe riduttivo che l’Amministrazione municipale si limitasse a ‘mediare’ fra le istanze degli investitori, riducesse il suo im portante ruolo al recupero di standard pre gressi o a modifiche di destinazioni d’uso. Questi sono certo strumenti necessari, ma non sufficienti a garantire il progetto urba no che la città si attende.

E’ facile immaginare che cosa succederebbe se i progetti di riqualificazione venissero ap provati sulla base di accordi bilaterali, indi pendenti l’uno dall’altro.

Ma cosa intendiamo per ‘progettazione esplorativa’ al di là dell’ evidente esercizio che questa implica? Vi sono almeno due riferimenti nelle pratiche di progettazione

urbana che vale la pena riprendere.

Il primo è definibile come interpretazione progettuale orientata alla costruzione di quadri di senso. Secondo questa prospetti va, il programma di riqualificazione é inteso come ‘quadro di senso’ e di legittimità dei progetti di trasformazione proposti dai sin goli attori, in cui regole ed azioni si giustifi cano rispetto ad un progetto di città morfo logicamente compiuto.

L’interpretazione progettuale é verifica, test di senso e qualità delle scelte di struttura che l’amministrazione intende proporre. In questa visione, singoli progetti e quadro strutturale si alimentano reciprocamente.

Poiché nel caso che stiamo trattando il qua dro strutturale non esiste ancora e non può essere ‘estratto’ dal Prg vigente, è minore il rischio che la progettazione si svincoli dalla politica strutturale, che si ceda alle lusinghe della rappresentazione formale del rapporto fra contesto e progetto, che il ‘ponte’ non venga apprezzato come generatore di rego le che consentono di trattare le relazioni fra trasformazione delle parti e visione d’insie me.

Il secondo riferimento consiglia una strate gia di conoscenza particolare che utilizza gli scenari come ‘prova’, come test sul contribu to che progetti degli investitori potranno dare alla costruzione di una visione della porta ovest. I progetti degli investitori non sono ancora disponibili, anche se vi sono pressanti attese sulla valorizzazione delle cubature. Forse è meglio così.

Gli elaborati presentati in questo quaderno sono progetti puntuali che si inseriscono in una visione di lungo periodo: in alcuni casi richiedono interventi ‘radicali’, ma che

in questa pagina mostra dei progetti della Porta Ovest, Palazzo Baggio, novembre 2006. nella pagina accanto vista dell’Area Ex Azzolin.

il rinvio in sede attuativa del Prg vigente rende plausibili. Il riferimento è all’infelice localizzazione dell’Officina Strada, alle aree di sosta lungo la cinta e alla residenza (un tempo anche laboratorio ceramico) addos sata esternamente al torrione d’angolo a sud-ovest. I progetti potrebbero essere ripe tutamente ‘testati’ con l’aiuto di scenari e discussi con la cittadinanza, le amministra zioni contigue, gli investitori, ma anche con utenze saltuarie o periodiche della città. E’ una procedura che porta a progettare ‘più del necessario’, più di quanto non si possa realizzare; una ridondanza fertile che valo rizza il progetto come ricerca, che definisce la città come laboratorio, provocazione e stimolo.

Secondo questo approccio i progetti si col locano fra visioning e costruzione di scenari. Visioning significa disegnare la linea del l’orizzonte, trovare il punto di fuga, cercare di capire in modo non retorico dove vorrem mo andare. La vision è più sfumata di un piano, ma più complicata da definire; non può essere intesa come un affare personale (del tecnico illuminato, dell’amministratore consapevole o dell’investitore disponibile al negoziato), né come risultato di un sondag gio o di meri processi partecipativi.

I sondaggi restituiscono solo la retorica dei desideri, da cui ogni operazione di visioning deve prendere una distanza critica proprio con l’aiuto di scenari. La partecipazione, dal canto suo, può produrre valore aggiunto solo quando chiarisce natura e ragioni del conflitto e le consegna a chi è legittimato ad elaborarle come risorsa di progetto.

I progetti presentati in questo quaderno hanno un duplice scopo: cercare di costruire una visione della porta ovest nella sua inte rezza e fornire i materiali per la costruzione di scenari di medio-lungo periodo.

Così si potrebbe perfezionare un protocolloguida per un programma di riqualificazio ne urbana, ancorare ad esso la stesura dei progetti ‘singoli’ e valutarne la loro utilità civica.

Il processo di concertazione prevede le se guenti fasi: a. presentazione da parte degli uffici tecnici comunali di un’ipotesi di assetto generale della porta ovest, una sorta di master plan con i necessari aggiustamenti di norme e standard del piano urbanistico vigente.

Il piano verrebbe presentato agli attori prin cipali, alla comunità locale e ai comuni limi trofi in forma di ‘linee-guida’;

b. presentazione da parte di ciascun attore

delle strategie di valorizzazione immobilia re, possibilmente calibrate sul quadro strut turale proposto dal master plan.

Le ipotesi, presentate in forma di opzione o alternativa, possono essere valutate in pro spettiva aziendale e collettiva, e prevedere forme di perequazione;

c. coinvolgimento della comunità locale, in particolare delle componenti più interessate al progetto (Panica, associazioni culturali, cooperative di costruzione, ecc.);

d. dimensione ed importanza strategica del l’area di progetto e nuova legge urbanistica regionale (Lr 11/2004) richiedono la prepa razione di Pat o Pati per inserire il program ma di intervento nel ‘quadro strutturale’; e. stipula di accordo tra soggetti pubblici e privati coinvolti secondo l’art. 6 della Lr 11/2004.

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CITTÁ, TERRITORIO E MOBILITÁ

Agostino Cappelli Università IUAV di Venezia

Le opportunità offerte dal collega Davide Longhi e dal “progetto Marostica”, che ha visto la collaborazione tra i Dipartimenti di Pianificazione e di Urbanistica e tra le due facoltà di Architettura e Pianificazione dello IUAV di Venezia, mi consentono di affrontare un tema attuale e strategico, che vede impegnate molte aree dello IUAV: il progetto urbano ed il sistema della mobilità, di cui, come docente di ingegneria dei trasporti, mi occupo direttamente.

Lo sviluppo urbano, conseguente all’aumento demografico dell’ultimo secolo e delle attività insediate, non coordinato alle esigenze di una mobilità in costante crescita, ha porta to alle problematiche di congestione ed inquinamento ambientale (emissioni di benzene, polveri, ozono, gas ad effetto serra ecc.), che, seppure previste da tempo dagli studiosi solo ora, con l’abituale atteggiamento di pura gestione dell’emergenza, sono divenute elemento di cronaca e in questi giorni di decisione politica a livello di Unione Europea (obiettivo UE di raggiungere il 20% di uso di energie rinnovabili entro il 2020, a fronte dell’attuale 7%).

Si parla di gestione dell’emergenza perché è palese che le ricerche e gli approfondimenti degli studiosi non sembrano incidere significativamente sulla gestione del problema. Pur con questa consapevolezza, si vuole cogliere l’occasione per fare il punto della situazione attuale e tentare anche di indicare alcuni elementi di previsione ed infine qualche pro posta.

La disponibilità di dati e informazioni sul sistema delle reti e dei flussi di trasporto in Italia è abbastanza complessa ed articolata ma quasi mai esaustiva e correttamente strutturata.

Le principali fonti ufficiali sono quelle dell’ISTAT e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che tuttavia non presentano un quadro completo del sistema e soprattutto risultano fortemente carenti per quanto riguarda la mobilità nelle aree urbane e metro politane.

La dimensione della mobilità negli ultimi 30 anni in Italia ed in Europa è enormemente cresciuta e, come previsto, a sostanziale favore del trasporto individuale su strada. Qualche cifra (relativa al 2004) ci può far capire la dimensione del problema.

Il totale delle merci movimentate in Italia è stato stimato (ISTAT) pari a circa 2 miliardi di tonnellate, di queste il 71% utilizza il trasporto stradale (1,4 miliardi di tonnellate) e solo il 4,3 % la ferrovia.

Il totale della mobilità delle persone è stimato in 25 miliardi di spostamenti all’anno di cui il 74% con il trasporto individuale su strada. Trasporto pubblico collettivo (autobus, metropolitane e ferrovie) coprono il 26% del mercato (di cui il 73% è però servito dal sistema delle autolinee e solo il 13% dalle tramvie e metropolitane e l’11% dalle ferrovie; il restante 3% si serve del trasporto marittimo ed aereo).

La mobilità privata su strada non ha una stima esaustiva. L’ISTAT in base ai risultati del censimento 2001 dichiara che 26,8 milioni di persone si spostano quotidianamente per motivi di studio o lavoro e che circa il 63% usa un mezzo proprio a motore come condu cente o come trasportato. Anche ipotizzando in media solo 2 spostamenti giornalieri (an data e ritorno dal luogo di lavoro o studio), si ottiene che circa 17 miliardi di spostamenti / anno avvengono con l’uso dell’autovettura privata. Di questi il 90% è mobilità urbana o di area metropolitana.

Ma il fenomeno osservato non ha raggiunto il suo apice, come emerge da alcuni scenari di previsione della mobilità complessiva.

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nella pagina accanto vista di Marostica verso Bassano dal Castello Inferiore

Osservando le serie storiche (1980-2003) di evoluzione dei flussi di traffico passeggeri e merci e la loro correlazione con la crescita del prodotto interno lordo nazionale, è pos sibile determinare l’elasticità della domanda rispetto alla crescita della ricchezza nazio nale (PIL). L’analisi evidenzia la sostanziale linearità degli andamenti nel tempo dei flussi, anche se con tassi di crescita diversi, e la forte correlazione tra i flussi osservati e l’andamento del PIL.

I dati evidenziano una costante crescita del la domanda nel periodo osservato con una netta prevalenza della mobilità, sia passeg geri (+ 4% all’anno) sia merci (+ 2,6% al l’anno), su strada.

Correlando tra loro l’andamento dei flussi con quello della ricchezza nazionale si ottie ne che per un tasso di crescita del PIL del 1% la domanda passeggeri su strada cre scerà del 1,71% e quella su ferrovia dello 0,76 % mentre quella merci su strada cre scerà del 1,23% e quella ferroviaria dello 0,81%.

E’ possibile su tali basi effettuare alcune ipotesi di crescita della domanda dal 2005 al 2020. Assumendo un tasso medio di cre scita del PIL nel periodo del 1% annuo (in feriore a quello osservato dal 1980 al 2003 pari al 1,71%), risulta al 2020 un’ulteriore crescita del 29% per i passeggeri e del 20% per le merci su strada (la ferrovia crescereb be invece solo del 12-13% per quanto ri guarda sia i passeggeri che le merci).

In questo contesto la mobilità urbana pre senta i maggiori elementi di criticità.

Gli studi effettuati da Legambiente (con vegno Ecopolis del 24 novembre 2003), da ISFORT nel 2005 ed i dati sopra richia mati evidenziano come il trasporto pubbli co locale perda quote di mercato con un conseguente notevole aumento del traffico

automobilistico, che fa diminuire anche l’ef ficacia del trasporto pubblico su gomma e dei sistemi a guida vincolata di superficie non in corsia riservata (tram); solo la metro politana (in sede propria) si conferma come mezzo di trasporto competitivo. In quasi tut ti i grandi centri urbani italiani, diminuisce la media dei viaggi all’anno per abitante: il numero dei passeggeri trasportati aumenta in modo significativo solo ad Aosta, Cosen za, Latina, Perugia, Reggio Calabria.

Tra le 13 grandi città con oltre 200.000 abitanti, Roma e Milano si posizionano net tamente al di sopra di tutte le altre, con pre stazioni superiori ad un viaggio/abitante su trasporto pubblico al giorno, ma ciò è dovu to anche al maggiore numero di linee rispet to alle dirette concorrenti. Bari è l’unica città ad aver incrementato in maniera decisa il numero di viaggi per abitante rispetto al 2001 (+12%), mentre i cali più consistenti nel numero di passeggeri rispetto al 2001 si registrano a Catania (-8%) ed a Venezia (-6%), città in cui molto spesso nel centro storico gli spostamenti a piedi sono più ve loci di quelli in battello.

Alla luce di questi dati per tutti gli sposta menti casa-lavoro è ancora il veicolo privato a motore (auto e moto) a dominare il siste ma di offerta, con quote che mediamente superano il 70%.

Le analisi effettuate, lo stato attuale di ca rico delle reti, lo stato di avanzamento del potenziamento infrastrutturale del sistema nazionale dei trasporti convincono che uno degli elementi di crisi del sistema territoriale italiano al 2020 sarà certamente rappresen tato del sistema delle città (città e regioni metropolitane).

Ancora oggi gli interventi sui sistemi urbani assorbono una quota di risorse molto limita ta rispetto al totale delle risorse pubbliche,

mentre il ruolo “urbano” è tornato (o è sem pre rimasto) centrale e determinante per lo sviluppo economico e la qualità della vita della popolazione italiana.

Come stanno affrontando il problema del trasporto le maggiori città italiane? O me glio le province e le Regioni? Visto e con siderato che una crescente parte degli spo stamenti avviene all’interno di aree sempre più vaste?

Alcuni comuni-province sono orientati ad offrire servizi di trasporto integrati, puntan do sull’unificazione delle tariffe e su bigliet ti di trasporto polivalenti, che permettano all’utente di sfruttare un unico ticket per più tipologie di mezzo. E’ il caso di Mila no con SITAM (Sistema Integrato Tariffario Area Milanese) o di Salerno e della Regione Campania, con STI (Sistema di tariffazione integrata regionale).

Altri comuni hanno pensato di migliorare l’offerta di trasporto con nuove tipologie o innovazioni tecnologiche dei sistemi. Un esempio è la città di Torino in cui è stato sperimentato un autobus ad idrogeno per il trasporto pubblico, mentre in molte altre città sono stati istituiti servizi di Car Sharing pubblici per dare risposta alle singole esi genze dei privati attraverso delle iniziative pubbliche.

Per trovare nuovi spunti, al fine di proporre miglioramenti, per il trasporto urbano e suburbano un esempio convincente è quello di Atlanta, in cui autobus e treni operano in un reale sistema di trasporto integrato. Nel la città di Atlanta infatti il trasporto su gom ma e quello su rotaia comunicano in una fit ta rete di collegamenti che passa attraverso tre contee: il complesso delle due tipologie di trasporto si chiama Metropolitan Atlanta Rapid Transit Authority [MARTA]

Tutto il sistema è pensato per offrire un tra

sporto competitivo e conveniente e l’acces so a tutta la rete è facilitato da un piano pa rallelo di parcheggi, che permettono scambi semplici e veloci tra mezzo privato e mezzo pubblico. Inoltre il trasporto pubblico su gomma, che come spesso accade può essere rallentato dal traffico locale, viaggia sempre in separata sede, addirittura in alcuni casi in corsie protette, nelle quali solo i bus posso no avere accesso.

Il successo di MARTA deriva da studi e veri fiche che si susseguono dagli anni ’60, ma il fatto stesso che dalla sua nascita nel 1965 abbia sempre continuato a crescere è un importante segnale. Ciò significa che l’area metropolitana di Atlanta ha imparato ad utilizzare sempre di più tutto il sistema di trasporto pubblico, il quale però ha avuto il merito di continuare a migliorarsi ed ad espandersi.

Nelle aree metropolitane, come abbiamo riscontrato, la densità di mobilità è tale da rappresentare quasi il 70% degli spostamen ti di persone di tutto il territorio nazionale. Una miope programmazione del territorio (certo per le residenze ma ancor più per la localizzazione delle attività produttive) ha determinato un uso indiscriminato dell’au tovettura privata (e dell’autotrasporto mer ci), anche per percorrenze di modestissima entità.

Le valutazioni sull’evoluzione della doman da nel tempo, ci confermano, inoltre, che è fortemente prevedibile una ulteriore crescita della mobilità nei prossimi 15 anni, con tas si di crescita significativi. In tale situazione, le attuali forme di moderazione del traffico, tese al contenimento dell’inquinamento ed ad una maggior vivibilità dei centri urbani, mirano a spostare una buona percentuale di utenti dal trasporto privato alla modalità pubblica, ma con scarso successo.

in questa pagina regolazione della mobilità pedonale a Venezia

nella pagina accanto linea tramviaria a Barcellona

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Diverse sono nelle città europee le politiche in atto per il controllo e la gestione della mobilità volte a favorire un uso più raziona le dell’auto:

- liberalizzazione del trasporto pubblico. - incentivazione di modi di trasporto alter nativi.

- politiche di tassazione del modo di traspor to privato.

In Italia si sono sviluppate principalmente politiche restrittive degli accessi: ZTL vol te soprattutto alla salvaguardia del centro storico urbano. L’applicazione del metodo delle targhe alterne, rivelatosi sempre meno efficace a causa dell’aumento esponenziale del parco auto nazionale (circa 40 milioni di autovetture circolanti), risulta ad oggi inuti le per la riduzione della congestione viaria e il controllo dell’inquinamento. Le ZTL ri sultano invece più efficaci e generalmente ben accettate (o addirittura auspicate) dalla popolazione residente.

Le limitazioni e le tariffazioni (road/park pricing) in atto costituiscono l’internaliz zazione dei costi del trasporto stradale, imposti all’insieme della comunità, relativi all’inquinamento atmosferico, acustico, al l’incidentalità ed all’usura delle infrastruttu re, e dei costi prodotti dalla congestione che gravano in primo luogo sugli stessi utenti delle strade, ma i comportamenti individuali alla fine portano a scelte non efficienti per l’intera popolazione (il tema è ben studia to: gli economisti descrivono ampiamente come l’ottimo individuale possa non coinci dere con l’ottimo collettivo). C’è da dire che nella complessità della società contempora nea il tempo ed il confort risultano variabi li discriminanti nella scelta ed il trasporto collettivo, ancora condizionato da un’erra ta interpretazione del concetto di “servizio pubblico”, quindi a basso costo ma di bassa

qualità, non riesce, tranne poche eccezioni, ad adeguarsi alle prestazioni richieste dalla domanda.

E’ necessaria dunque una pianificazione che disegni l’intero sistema di trasporto come una rete intermodale coordinata, in grado di fornire un’offerta adeguata (qualità del servizio) all’assetto del territorio da servi re, che risulti competitiva con la flessibilità dell’autovettura. Dovrà essere prevista una reale integrazione tra i modi di trasporto in dividuali (auto, moto, cicli) e collettivi (fer rovie, metropolitane, tram, bus, taxi, ecc), che riduca i tempi di viaggio e di attesa ed un sistema di prenotazione ed acquisto di biglietti integrati da utilizzare su più mezzi di trasporto. Dovrà inoltre essere migliora to il comfort dell’utente a terra (stazioni e fermate) e a bordo dei veicoli (architettura interna del veicolo, posti a sedere, condizio namento, ecc.) nonché garantita la sicurezza ed una buona qualità nell’informazione.

Per ottenere ciò innanzitutto è necessario attuare un sistema centralizzato di gestione e controllo del servizio di trasporto pubbli co, sovraordinato alle diverse aziende, che possa raccogliere tutti i dati, monitorare e coordinare il sistema complessivo (esistono già sperimentazioni in Italia, una per tutte a Brescia, sull’uso coordinato dei servizi in novativi ai fini di una buon integrazione del trasporto pubblico e gestione dell’informa zione all’utente).

E’ proprio la qualità e tempestività dell’in formazione fornita (ad es., informare l’uten te in arrivo in un punto di interscambio dell’ora di partenza del treno o bus di col legamento con le successive destinazioni, indicazioni su ritardi, malfunzionamenti) la discriminante che può incentivare l’utilizzo del trasporto pubblico (e quindi ridurre gli impatti del trasporto privato), attuando una

integrazione totale delle diverse modalità di trasporto (pubblico-pubblico e privatopubblico) tramite tecnologie innovative.

Queste dovrebbero fornire in tempo reale comunicazioni on-board e roadside sulle condizioni della viabilità, sulla disponibilità di parcheggi, informazioni su percorsi o su modi di viaggio alternativi nonché su orari e tariffe, condizionando ed ottimizzando così le scelte modali di trasporto.

I pannelli roadside dovranno diventare, tramite lo sviluppo delle tecnologie infor mative (sistemi in rete basati sulla tecno logia internet, con collegamenti via cavo o wireless), fonti di informazioni aggiornate istante per istante. L’integrazione di GPS e GPRS (o UMTS) potranno, invece, fornire le comunicazioni on-board non più inerenti alla semplice localizzazione del mezzo (navi gatore satellitare), come avviene oggi, bensì in grado di fornire indicazioni che permetta no all’utente di trovare la rotta e/o la mo dalità più conveniente a raggiungere la sua destinazione attraverso la rete di trasporto, permettendo una miglior pianificazione in dividuale del viaggio.

Allo stato attuale, non avendo per tempo sa puto correggere le distorsioni che si manife stavano nell’uso del territorio e conseguen temente dei sistemi di trasporto individuali, l’impiego avanzato di tali tecnologie è l’uni co strumento attuabile per una riduzione del tempi del trasporto ed un ottimizzazione nell’uso complessivo del sistema, riducendo i fenomeni di congestione e di conseguenza gli impatti sul territorio-ambiente.

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in questa pagina sistema dei trasporti a Milano

OÙ VA LA VILLE?

L’entité conceptuelle qui sous-tend notre idée de la ville et la réalité factuelle que nous constatons au quotidien ne coïncident pas, ne coïncident plus.

La ville idéale

L’image traditionnelle et idéale de la ville, soutenue par une iconographie présentée sous l’angle traditionnel de l’urbanisme classique, comme étant le fruit d’idées et d’initiatives de politiciens clairvoyants et d’entrepreneurs philanthropes, complétées par la caresse géniale d’un urbaniste doué, n’est plus que nostalgie ou exception isolée.

Cette image ne subsiste plus que dans nos quartiers historiques, devenus labyrinthes touristiques.

Cette représentation historiographique de la ville, s’appuie depuis longtemps, sur le mo numental programme urbanistique réalisé ces deux derniers siècles. Lorsque les transfor mations de Paris du Baron Haussmann de la Vienne de François Joseph, de l’Amster dam de Berlage, de la Barcelone de Cerda, de la Brasilia de Costa et Niemeyer ou de la Chandigarh de Le Corbusier , concrétisaient encore l’apothéose universelle des nouvelles capitales démocratiques. Toutes ces entreprises prometteuses, aussi diverses et contra dictoires qu’elles aient été, ont toutes partagées un point de vue commun : la Foi dans leur capacité à domestiquer, penser et rationaliser la ville. C’est à dire à organiser et modeler la société.

Aujourd’hui encore, cette foi subsiste parmi de nombreux urbanistes. Car avec la nais sance du modernisme, l’urbaniste était devenu le créateur de l’espace et le sculpteur de l’humanité. Ce bâtisseur humaniste de la nouvelle Renaissance Moderne, pouvait enfin se doter des moyens nécessaires pour aborder la grande échelle, celle du territoire à bâtir, à inventer. Tout comme il avait au préalable, par son origine agraire, colonisé, organisé et transformé la terre et ses paysages. Mais malgré sa prétention au pouvoir absolu, l’ur baniste démiurge échouait cependant, dans l’arrogant et illusoire programme des villes nouvelles de la deuxième moitié du 20e siècle.

Finalement ce qui résultait conceptuellement de cette enthousiaste mais douloureuse aventure, était finalement plus une technique d’analyse et de planification dérivée du fonctionnalisme, qu’une nouvelle attitude, capable d’accomplir l’idéal réactualisé des Lu mières. Car c’est bien la doctrine moderne progressiste, opposée à l’insalubrité de la ville médiévale et inspirée par le Taylorisme, qui a réorganisé la ville en zonings mono-fonction nels ségrégationnistes. La vidant ainsi, par aveuglement rationaliste et facilité technocra tique, de sa substance la plus précieuse : la mixité. Produisant les typologies et structures urbaines actuelles, où chaque bâtiment; auto-référentiel et indépendant, ne s’intègre dans la “ méga machine “ urbaine, que par sa seule connexion aux réseaux techniques.

Où sa fonction se réduit essentiellement à celle d’une station de ravitaillement au service exclusif de ses usagers. Or, cette situation n’est réellement satisfaisante pour personne.

Au fur et à mesure que les conditions démographiques et économiques ont poussé à théo riser des concepts globalisants ; la diversité des réponses, et des stratégies conceptuelles à grande échelle ont été discréditées par leurs résultats visibles.

Ainsi a-t-on découvert ,que même armé des meilleures intentions, on ne décrète pas la ville. Que l’architecture ni l’urbanisme ne peuvent répondre seuls, à l’injustice sociale qui s’est amplifiée dans les territoires de l’urbanité.

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nella pagina accanto George Heintz, Exposition “Figures libres” du 4 avril au 25 mai 1996

La ville puzzle

Malgré tous les modèles visionnaires de l’ur banisme humaniste et social, et malgré tous les efforts consacrés à créer et promouvoir une culture architecturale et urbaine, de puis plus de cinquante ans, nos villes sont dominées par une optimisation de l’indivi dualisme. Qui s’accompagne d’une “ sub-ur banisation “ spatiale, d’une boulimie d’écla tement et de dispersion sauvage aux quatre coins du territoire urbain périphérique. Cet te situation se constate aussi dans les ag glomérations moyennes et les petites villes de région qui semblaient moins menacées. Bien qu’il n’y ai pas manqué, depuis près de vingt ans d’avertissements, de débats et de crises critiques chez les professionnels éclai rés. Ce phénomène d’éparpillement et de gâchis spatial s’est largement diffusé. Nous ne pouvons plus que constater aujourd’hui, que les quartiers résidentiels pavillonnaires s’étendent bientôt à l’infini comme une mo quette d’anamorphoses désuètes dans une atmosphère automobile. Que les grands projets d’urbanisme souffrent cruellement d’un déficit flagrant d’infrastructures et sont incapables de porter une vie urbaine de qualité. Qu’il y a déficit flagrant d’urbani té, dans l’espace public, dans celui du loge ment et des lieux de travail. Que les centres commerciaux, temples de la consommation sont pauvres en sociabilité, riches en bana lité, exempts de qualité esthétique et mori bonds de poésie urbaine.

La caractéristique du territoire urbain, est aujourd’hui majoritairement celle d’une structure urbaine diffuse,, appauvrie, diffi cilement lisible et préhensible. Une sorte de ville puzzle, fruit d’un assemblage souvent violent d’éléments hétérogènes à l’esthéti que hybride. De cette nappe urbaine chao

tique, fragmentaire et juxtaposée émane une carence de sens, de forme, de civilité. Le territoire métropolitain ne sait plus cacher ses fragments délaissés, et fractionnés par le maillage des réseaux infranchissables qui l’alimentent.Les polémiques se sont souvent cristallisées sur le manque d’échelle de la planification urbaine, elles n’ont fait que révéler, que ce problème était l’abcès po stindustriel et pré-pubère d’une société de consommation qui a grandi trop vite ; dans l’insouciance du tout, tout de suite. Là, où la “ fabricca urbana “ stratifiait de génération en génération, de siècle en siècle, s’emplo yant à construire les bases de notre civilisa tion urbaine, aujourd’hui en roue libre. Or ce résultat est le fruit d’une pensée basée sur un partage territorial autoritaire et fonc tionnaliste, sensé produire de la cohérence. Son résultat est un chaos séparatiste, in cohérent, cloisonnant le paysage et favori sant l’isolement.

L’urbanisme de vides

Pour rompre avec cette situation, il y a d’abord nécessité de changer de mentalité .L’impulsion à donner, pour agir maintenant avec les dynamiques de changement de la structure urbaine est bien sûr politique mais doit fortement s’appuyer sur de nou velles attitudes programmatiques et archi tecturales plus ouvertes, plus complexes. Il faut repenser notre approche de la ville en partant de ce qui est le plus vide, qui a le moins de statut. Partir des marges, des en tre-deux pour redonner un sens structurant à l’environnement. L’on a top longtemps pensé à partir du plein, de l’objet construit l’espace urbain n’étant que le résiduel de la composition architecturale. Il est grand temps de corriger cette tendance, de con

cevoir aussi l’urbain à partir du vide, à par tir de ce qui tisse les relations complexes et les tensions constructives entre l’espace non bâti et l’espace bâti. L’architecte a dans cette dimension un regard spécifique qui lui permet de proposer des synthèses, qui ne sont pas exclusivement le fruit d’une analy se purement mécanique des phénomènes urbains. Il y a nécessité de souligner plus subtilement les différences de paysage, de ménager des espaces laissés libres, disponi bles à des interprétations ultérieures.De dé finir clairement ce qui doit être permanent dans le vide comme dans le bâti, et préciser ce qui peut rester spontané, de ce qui doit être contrôlé. Il faut revenir à une ville in tensive, plutôt qu’extensive. Développer une attitude écologique d’économie des espa ces disponibles, malgré la résistance des marchés immobiliers qui préfèrent évidem ment consommer sans vergogne le foncier encore disponible des zones péri-urbaines. Accompagnés par la passivité trop souvent complaisante des collectivités territoriales. Il faut forcer à réinvestir, à reconquérir les in nombrables surfaces obsolètes et délétères qui distendent et banalisent nos aggloméra tions. Les re-qualifier, les densifier consi dérablement, tout en ralentissant le déve loppement continuellement exponentiel de la métastase urbaine.

du bloc urbain traditionnel à l’assaut de la campagne sont encore trop actifs et prépon dérants dans l’urbanisme opérationnel.Il s’agit aujourd’hui d’opérer dans l’interstice, afin d’organiser le chaos existant, de tirer parti des confusions qu’il engendre. D’uti liser l’hétérogénéité des sous-espaces résul tants, pour nourrir des projets, exploitant la diversité, la variété, comme expression positive d’une société multi fonctionnel le en constante évolution.De réaliser des injections multi-programmatiques signifian tes, localisées dans les interstices de l’open planning. Adoptant dans cette posture de chirurgie urbaine, selon les cas, une attitude minimaliste ou plus brutalement baroque.

La métropole contemporaine

Le lieu du plus grand changement physique que la ville ai connu, est le territoire qui se situe au delà des limites de son centre hi storique. Il n’est plus utile de débattre sur les différences morphologiques et culturel les entre centre et périphérie. Déjà en 1967 l’Atlas des 20 plus grandes villes améri caines décrivait ces métropoles comme un système urbain du quotidien, basé, non sur des limites géopolitiques ou typologiques, mais sur le rythme quotidien des échanges, des mouvements et du trafic. C’est pourquoi la métropole contemporaine est une ville à l’échelle d’une région et à la forme d’un va ste champ.Les exemples les plus parlants de cette ville émergente en nappe, cousue de réseaux, sont ces mégalopoles trans-régio nales continues qui constituent la Ranstadt hollandaise, Los Angeles ou le “ continuum “ Tokyo/Osaka/Kobe. Qui démontrent l’in croyable élasticité des territoires divers de l’urbain. Nous devons anticiper cet état de fait à l’échelle des structures régionales de in questa pagina

Ce qui est nécessaire ce sont des straté gies d’adaptation et de transformation, qui explorent les possibilités de coexistence en tre les contradictoires. Ce qui manque c’est une esthétique qui embrasse la périphérie hybride, plutôt que de vainement et con stamment tenter d’y remédier par l’évoca tion romantique et nostalgique de la ville référante, de la ville pré-moderne. Le chœur des pleureuses qui veulent “ hausmanniser “ la banlieue, ou des ténors nostalgiques

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Toyo Ito, Pullsar urbains pour la conurbation, Kobè- Tokyo 1997

moindre importance, qui connaissent la même distorsion territoriale , en particulier le long des grands axes de réseaux interna tionaux.

Nous pouvons à ce titre nous rappeler les paroles visionnaires de F.L.Wright, figure légendaire de l’architecture américaine, qui dés 1932 avertissait avec une incroyable clairvoyance “ la ville future sera partout et nulle part, et ce sera une ville tellement différente de la ville ancienne ou de celle d’aujourd’hui, que nous aurons probable ment du mal à la reconnaître comme une ville “ C’est “ dans ce partout et nulle part “ que réside une chance extraordinaire de cor riger, de compléter et parachever l’urbain, de l’adapter enfin aux nouveaux modes d’habiter, de coexister. De réaliser une mixi té évidente, une diversité contemporaine, s’appuyant sur des combinatoires de pro grammes multi fonctionnels d’échelle con certée.Il faut redistribuer de l’activité là ou la ville fait défaut. L’infrastructure est de ce point de vue déterminante. Aussi ce champ stratégique ne doit plus être exclusivement réservé aux ingénieurs des corps constitués, mais s’ouvrir largement aux sciences humai nes et sociales, aux architectes et paysagi stes associés en équipes pluridisciplinaires de culture urbaine. Ce qui est nécessaire c’est d’apporter un regard plus attentif et sensible à ce phénomène d’éparpillement et d’hétérogénéité où rien n’est pareil, mais tout se ressemble. D’accompagner son inéluctable essor spatial avec le souci d’y développer un caractère et une structure propre, de le charger d’une identité mar quante et instruite de son contexte. De s’imprégner de l’enthousiaste variété et de l’incroyable métissage d’usage de ces espaces, qui nous montrent que peut-être l’urbanité peut surgir précisément des lieux

les plus éloignés de l’image que l’on a de la ville.

Revendiquer, apprivoiser, s’approprier ces espaces redécouverts, sont une des nouvel les conditions du re-développement urbain L’intervention de l’architecte y est cruciale, ainsi que la manière dont il intègre le projet urbain dans son continuum spatial local, en relation étroite avec les réalités de ces ter ritoires. Ne plus y plaquer des modèles ab straits et élitistes poursuivant une cohéren ce qui fait défaut. Nous devons reconnaître que les tensions et discontinuités de l’espa ce urbain font partie de l’équilibre instable de la ville.

Qu’aucune solution spatiale strictement te chnique ou fonctionnelle ne peut résoudre ce problème.

Que au contraire, c’est en s’attachant pon ctuellement et précisément à chaque cas de figure, que nous pourrons transformer ces insistantes contraintes en de nouvelles typologies urbaines. Aucune théorie urbai ne généraliste ne peut résoudre ce type de problématique complexe.Ainsi, dans les cir constances présentes, le recours à la com position du plan masse autoritaire, et à la toute puissance de l’administration (urbani ste en chef et concepteur général, unique garante de la cohésion du plan) est hors de question. Ces conditions n’apportent pas de réponse pertinente à l’enjeu d’un espace contemporain satisfaisant . D’ailleurs, aucu ne de nos institutions politiques ou admi nistratives ne se vante de pouvoir résoudre avec succès de telles problématiques. Même la volonté de François Mitterrand n’a pu faire mieux que de promouvoir de grands projets isolés dans sa capitale. En comparai son, l’échec de Banlieues 89 laisse un gout amère…

L’âge de la construction de la ville idéale

ou d’un urbanisme des grands systèmes est dépassée. Cet état de fait, est aujourd’hui plus largement partagé, même si quelques exemples isolés subsistent en Europe, ou se systématisent en Asie, sous l’incroyable pression démographique et l’ouverture à la spéculation immobilière. Les grandes métro poles se tournent actuellement de plus en plus, vers des efforts urbains concentrés par des projets vedette de restructuration ur baine exceptionnels. Il faut à ce titre, être attentif à dénoncer les nombreux program mes et opérations urbaines immobilières réductrices, qui s’agitent dans la guérilla urbaine. Ainsi, nombreuses sont les démar ches de réhabilitation-restructuration, qui consistent à privatiser des emprises indu strielles obsolètes, lancer des campagnes de démolitions en prétextant des structures de bâtiments anciens supposées dangereuses et hors normes, afin de dégager l’opportu nisme foncier, permettant la réalisation de grandes opérations de développement périurbaines. Où la tabula rasa n’est plus une posture avant-gardiste envers la ville, mais la triviale expression d’une manipulation comptable . Si celles-ci participent au déve loppement urbain, elles n’ ont certainement pas volonté d’urbanité, mais illustrent plu tôt la stratégie opportuniste de survie de la ville.

Nouvelles stratégies

Les nouvelles stratégies urbaines doivent prendre en compte l’espace résiduel moder ne comme un ensemble différencié, un ter ritoire des contraires, un lieu du paradoxe. Elles doivent au préalable, naïvement dé chiffrer la complexité spatiale et sociale de ces zones banales, en bordure des villes.

Les districts industriels en décrépitude, les

zones portuaires en friche, les étendues abandonnées de voies ferroviaires, et de résiduels routiers nécessitent des réévalua tions. Et l’acceptation que ces réalités urbai nes, qui existent depuis longtemps, doivent être considérées avec un autre intérêt, une autre intensité. Ces territoires en formation sont les enjeux de l’urbanité de demain, les plus exposés aux conflits de pouvoir des opérateurs de la forme urbaine. Ce nouveau regard, implique aussi, la renonciation con sciente au désir de fabriquer la cité au sens restrictif bourgeois du 19e siècle. Idée qui est encore loin d’être partagée en Europe ,du moins ,en ce début de ce 21e siècle de l’hyper modernisme.

Les nouvelles stratégies de projet, devraient pouvoir être comparées à de l’acupuncture. Elles doivent être précisément localisées, concentrées et appliquées au cas par cas Elles doivent néanmoins se préoccuper toujours d’observer le contexte général, en vue d’accompagner et modifier son évo lution, même indirectement. Les projets doivent tenter d’intégrer une souplesse dans la longue durée, à toutes les échel les. Intervention de chirurgie urbaine ici, implantation architecturale autonome là, mise en synergie des réseaux, etc. Leurs effets irradient graduellement leurs envi ronnements proches, suturent les territoires et reconstituent dans leurs interstices, des lieux d’activité publique structurants. Con tribuent à construire de nouvelles typolo gies , de nouveaux archipels urbains ; des ghettos positifs…. Ces nouveaux “ pulsars “ urbains, que l’on peut appeler hétérotopes en référence à Michel Foucault, cultivent la différence avec leur environnement proche, tentent de résister à la dissolution urbaine et se proclament points référents, d’orien tation et de multifonctionnalité dans les

paysages d’agglomération. Ils revendiquent une forte identité intérieure et extérieure. Plutôt que de supprimer les discontinuités et les discordances qui sont dans l’urbain, ils les revendiquent et les adoptent comme principe esthétique et héritage patrimonial. Ils intègrent le « génie local », préservent son intégrité, rehaussent son caractère, révèlent l’identité de son architecture exi stante, exploitent leur paysages distincts. Effectuent des modifications architecturales et urbaines sélective et essentielles, au cas par cas.

Le marché urbain

Néanmoins aucune stratégie n’est efficien te, si elle ne trouve un marché commercial et financier où s’exprimer. Les interventions architecturales, sous forme de projet urbain, nécessitent généralement d’impressionnan ts volumes d’investissement, qui se doivent d’être rentables. Habituellement, de tels projets sont réalisés dans un cadre de col laboration publique/privé. Les administra tions concernées, créent les prescriptions complémentaires aux codes d’urbanisme et préparent les conditions de développemen ts réglementaires. Les investisseurs privés, couvrent les coûts de construction, et sou vent d’infrastructure, en cherchant à con crétiser leurs propres visions architecturales correspondant à leur idée du marché. Alors que les administrations cherchent à proté ger l’intérêt public, la conformité légale des opérations, et l’application des prospects et règles d’alignement, qui définissent la den sité de la forme urbaine, soumise au diktat de la voirie. Rarement ces deux acteurs anta gonistes et générateurs de la ville, peuvent s’accorder. D’ailleurs, lorsque municipalités et agences d’urbanisme sont trop exigean

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in questa pagina Le plan de Cerdà pour Barcelone, 1859

tes, ou se montrent trop contraignantes, les investisseurs privés n’hésitent pas à démar cher d’autres municipalités voisines, généra lement dans la même aire d’influence d’une mégalopole afin de réaliser leurs objectifs de rentabilité. La nouvelle compétition en tre les villes, attisée par la mondialisation, banalise ces comportements suspects Aussi, la réalisation d’opérations sélectives et concertées, requièrent une communica tion privilégiée entre des partenaires très variés, publics et privés, aux logiques et comportements corporatifs souvent con flictuels dans la méthodologie, le fond et les objectifs. Elles nécessitent la mise en place d’une synergie subtile et fédérante, ainsi qu’une incitation politique forte, ca pable d’arbitrer les choix fondamentaux, d’instrumenter les procédures et consulter la variété des partenaires.La ville est aussi devenue l’expression ponctuelle des forces économiques et sociales actives dans cer taines sphères de pression décisionnelles, plutôt que le produit d’une pensée pros pective globale Il faut refuser cette fatalité d’une ville sans pensée et sans politique . Alors que les procédures de planification traditionnelles sont toujours opérantes, les collectivités territoriales démontrent de plus en plus, la précarité de leur capacité politi que, conceptuelle et financière à développer les visions urbaines qu’elles ont opération nalisées. En réponse à cette situation, des concepts de planification, plus pragmati ques se développent. Ces opérations plus précisément ciblées et orientées, adoptent des échelles plus réduites, plus maîtrisable, planifiées en petite série, permettant des rectifications et adaptations successives qui pourraient être une réponse déjà mieux adaptées à la problématique. Mais à ce pro cessus d’adaptation est inhérent un danger.

Celui de voir la planification devenir l’outil exécutif des groupes d’intérêts aux pouvoirs économiques les plus forts. Dans le meilleur des cas, cette situation abusive, si elle de vait se généraliser, ferait se développer une culture de l’urbanisme caractérisée par une ultra-flexibilité extrêmement contraignante, propice aux abus et totalement soumise aux lois du profit à court terme. Il est aussi urgent ,d’abandonner le tout puissant con cept d’un urbanisme qui présuppose prin cipalement l’urbain dans ses limites géo politiques. La ville est bien le symbole de la multidimensionnalité d’une société qui fonctionne sur l’interdépendance.

Cette dimension élastique du territoire métropolitain ne peut plus se limiter aux découpage et aux phasages du territoire électoral. C’est pourquoi il y a nécessité parce que un projet unique de la ville n’est plus possible, que l’architecte soit plus pré sent dans le champ politique que pose l’ave nir de la ville. L’architecture n’est pas simple ment la décoration de l’espace urbain, mais bien un acte politique essentiel, où ceux qui participent à l’élaboration de la ville fabri quent de la citoyenneté.

Or avec la crise de la ville, l’architecte et l’urbaniste se sont repliés sur leur terrain et peu à peu désinvestis des champs d’investi gation politiques, sociales, philosophiques et artistiques qui les aideraient à penser la complexité du monde qu’ils sont amenés à construire. Il faut renouer et redynamiser l’interdisciplinarité, reconstituer des contrepouvoirs, afin de maintenir l’équilibre essen tiel entre visions économiques et responsa bilités sociales.

Une nouvelle sobriété

L’urbanisme doit devenir une discipline

d’intégration, se prêter à l’expression du potentiel culturel et économique des con textes particuliers qu’il rencontre. Retrouver les singularités de ces micro contextes, et y construire les micro récits qui tissent les liens communautaires.

Etre à l’écoute de l’ensemble de ses acteurs et usagers, intégrer le développement du rable, la question du paysage et de l’éco logie urbaine. L’urbanisme ne peut plus être exclusivement l’instrument autoritaire d’institutions centralisées, victimes de leur hyper technicité, mais doit se transformer graduellement, et tenter d’inventer une nou velle langue dans le désordre. Une langue populaire partagée, qui ne se conjugue pas exclusivement à l’impératif. Un “esperanto” de l’urbain.

L’urbanisme peut développer des attitudes favorables à l’émergence de motivations et dynamiques susceptibles de reformuler son processus, à partir d’une relecture critique permanente, hors des limites traditionnel les des discours doctrinaires déjà consacrés, déjà entendus, et s’orienter plus souvent dans le champ de l’expérimental. Car si nous n’avons pas de définition de la ville contemporaine, ni de réponse pertinente à son développement, hors les poncifs qui rendent les modèles qui ont échoué légiti mes, alors devrions nous peut-être y con struire des utopies, de façon à retrouver un sens à la ville.

Dans le même temps de nouvelles métho des et de nouveaux instruments opératoires sont nécessaires. La conception assistée par ordinateur permet une plus grande souples se dans la production conceptuelle. Elle accélère la capacité à formaliser et faire évoluer des formes hyper complexes, à les rendre plus facilement communicables à un plus grand nombre. Elle favorise l’émer

gence de propositions plus attentives aux détails de la Haute Qualité Environnemen tale (HQE) et autorise toutes les simulations nécessaires à des approches plus subtiles, mieux appropriées à l’élaboration d’un terri toire civil du partage.

La nécessité de créer un vocabulaire précis et commun aux différents acteurs de l’ur bain est aussi devenu une priorité. Il y a né cessité de renouer un dialogue et réduire les distances entre le discours technique domi nant et l’ensemble de la communauté des intervenants sur la ville et le territoire.

En cela l’échange d’informations est facilité par l’Internet, et permet de confronter les projets plus largement et plus directement aux évolutions permanentes de la discipline.

Cet accroissement de rapidité et de souples se permet aussi de réagir plus promptement aux évolutions du marché et aux situations complexes.

La modernisation et la collaboration peu vent prédominer sur la réglementation dans un processus continu de communication et d’évolution. Ainsi, les opérations d’urbani sme doivent aujourd’hui se fonder plus sur l’organisation de méthodologies concep tuelles et opérationnelles, que sur l’établis sement de structures spatiales stéréotypées. Nos sociétés ont évolué très vite, et demain plus encore, nos réponses doivent être au tres. Ce qui s’impose, n’est pas une nouvelle doctrine, mais des conditions nouvelle pour la pensée.

Peut-être une nouvelle sobriété? La ville est faite pour la vie.

nella

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in questa pagina Nulle part, quelque part; Guy Debord, Guide psychogeographique de Paris, 1957 pagina accanto Luca Benvegnù, acquarello

PORTRAIT DE VILLE

La ville de Marostica présente une configuration étonnante pour l’étranger et probable ment aussi pour certains de ceux qui l’habitent. Vue depuis la plaine de Vénétie, la ville s’identifie d’abord par ses murs, peut être surtout parce que de prime abord, en escaladant la colline ils enferment comme un grand jardin un peu sauvage.

Bien sûr, en approchant, puis en franchissant les murs par la monumentale porte du sud, se révèle ce qu’au fond on attendait : une place, des rues, des maisons.

Mais l’impression première demeure, réductrice certainement, voire un peu scandaleuse de simplification, qui ramène cette ville à ses seuls murs.

Marostica est de ce fait une ville qui fait plaisir à une certaine catégorie d’architectes, dont je suis.

Avant d’être un plan, un composé de rues, de maisons et de places, Marostica est une élévation, une architecture accomplie dans un élément premier, le mur.

Précisément au rivage de la plaine et de la montagne, une simple architecture, ou plutôt une architecture ramenée à l’essentiel, marque un lieu singulier. Au sud sera la mer, au nord la montagne. À cheval sur la ligne où se séparent ces topographies, l’architecture, dans le pli des murs qui enserrent pour moitié plaine et colline, ordonne la rencontre de deux mondes.

Avant d’écrire ici, j‘ai cherché parmi les peintres italiens du XV et XVI e siècle une image, plus précisément un fond de tableau qui évoque l’étonnant profil de Marostica, décou pant ses hauts murs sur fond de colline. Ma recherche ( insuffisante peut être ? ) est restée sans succès. Beaucoup de tableaux dressent en leur fonds des villes et des architectures. Mais rien ne m’est apparu aussi nettement que je l’espérais. Peut-être n’y a-t-il aucune peinture qui figure des murs partant à l’assaut de la montagne dans une configuration proche de celle réalisée ici…Pour autant mon sentiment de proxi mité entre la configuration de la ville et des paysages des peintres renaissants demeure. Marostica actualise la relation générique de l’architecture au paysage renaissant: de hauts murs sur fonds de moyenne montagne séparent le dehors du dedans de la ville.Il n’y a finalement pas besoin d’occurrence présentant une stricte analogie entre représentation et forme concrète pour que cette ville, plus exactement cette architecture, soit « comme » un tableau.

Partons maintenant d’un autre point de vue. L’architecture n’est pas un art de la repré sentation (il faudrait examiner plus avant la question de savoir si l’architecture est un art, mais pour l’heure nous considérons que c’en est un). Les formes de représentation en architecture sont tout au plus marginales.

L’ordre corinthien se pare d’un chapiteau représentant des feuilles d’acanthes mais son organisation formelle doit aux proportions, aux dispositions de la base, de la colonne, de l’entablement plus qu’à un motif floral qui opère comme un élément de décor.

Le décor figuratif peut d’ailleurs devenir envahissant, entretenir des relations complexes et subtiles avec les articulations de la structure et de l’organisation spatiale d’un quelconque édifice, il n’en demeure pas moins une composante de la forme globale qui, elle, n’opère pas de représentation.

D’une manière générale, l’architecture est composée de droites, de cour bes simples issues du cercle pour la plupart, de volumes premiers, le parallélépipède rectangle, le tronc de cône, la demi sphère, etc…

On notera que la symétrie et la répétition, figures longtemps fondamentales de la compo

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nella pagina accanto Porta Ovest

sition architecturale, présentent des simili tudes avec d’autres ordres, notamment ceux considérés comme naturels.

Toutefois, entre une architecture et un objet n’appartenant pas à son ordre, la relation n’atteint tout au plus qu’à l’analogie, rare ment à la ressemblance.

A ce titre, il est d’ailleurs remarquable que les tentatives menées en direction de la re présentation, comme par exemple celles de Lequeue au XVIIIe siècle avec son projet d’étable en forme de vache, ou encore cel le de Ledoux avec sa maison des plaisirs au plan phallique, ou plus prés de nous, la Très Grande Bibliothèque de Perrault proposant quatre livres ouverts, soit restent dans les cartons, soit aboutissent à des objets re levant pour une large part du cabinet des curiosités.

Bref, sauf exceptions amusantes et quelque peu hors champ, les produits de l’architectu re ne ressemblent à rien, en tout cas à rien d’autre qu’à eux mêmes.

L’architecture partage avec la musique ce privilège de valoir sans référent extérieur.

Et c’est peut être à cette commune absence de modèle, à ce strict référencement à leurs propres champs d’élaboration formelle, que l’architecture et la musique doivent d’avoir si souvent été rapprochées, bien plus qu’à leurs évidentes analogies rythme, répéti tion, proportion, harmonie, etc…

De même, cet « isolement » –au sens d’une absence d’appui sur un ensemble de formes qui lui seraient à la fois antérieures et ex térieures- a fait de l’architecture un modèle pour la peinture et la sculpture.

Assumer la présentation en lieu et place de la représentation – du blanc comme blanc pour Malevitch, de l’objet dans sa matité si lencieuse pour Duchamp et son urinoir ou son porte bouteille- semble avoir été le mot

d’ordre, toujours actuel, de l’art depuis le début du XX e siècle.

La ville de Marostica pose ainsi un étrange paradoxe. Son architecture est comme un « tableau », alors même que l’architecture, art sans recours à la représentation, ne fait pas tableau.

On remarquera, à juste titre, que tout un pan de l’architecture s’est installé sur ce pa radoxe. L’architecture pittoresque se déploie explicitement à partir de la deuxième moitié du XVIII e siècle.

Le hameau de la Reine à Versailles, la colon ne du désert de Retz, la pagode de Chan teloup sont parmi les exemples les plus célèbres en France. Tous ont la propriété de faire tableau.

Ici les architectures imitent et « re-présen tent » les peintures qui les ont précédées.

Les images modèles sont celles nostalgiques et oniriques des fêtes de Watteau, les médi tatives peintures de ruines, ou les représen tations exotiques des chinoiseries révélées par les expéditions jésuites.

On remarquera ainsi que l’architecture, lor squ’elle s’approche de la représentation au travers du modèle pictural, construit une re lation circulaire entre elle même et son mo dèle : à représenter, l’architecture représente de l’architecture.

Marostica nous fait ces plaisirs.

Plus architecture que ville par la persistance rétinienne et mentale de ses murs, elle est aussi plus comme peinture d’architecture que comme une architecture solitaire.

in questa pagina centrale elettrica dell’ex ospedale psichiatrico

nella pagina accanto particolare del centro storico e della cinta muraria

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LE FORME DELLO SPAZIO PUBBLICO

La costruzione di enormi parti di città in completa assenza di un progetto per unità urbane definite e strutturate, sulla base di un efficace schema dello spazio pubblico, ha fatto in modo che la città, vecchia e nuova, abbia continuato ad utilizzare la struttura dello spazio pubblico della città storica. Questa eredità ha assolto al bisogno di spazio di qualità no nostante il mutare della struttura sociale, con risposte spesso ricche e complesse. I servizi pubblici presenti nei centri delle città storiche negli anni hanno quindi dovuto rispondere ad una utenza sempre maggiore e, in alcuni casi sono entrate in crisi. Negli ultimi venti anni la loro congestione ha condotto alla delocalizzazione di importanti funzioni pubbli che e commerciali la cui permanenza nei centri avrebbe richiesto un ingrandimento degli edifici e una forte accessibilità che, soprattutto in Italia, non era garantita da un adeguato trasporto pubblico.

Lo spazio pubblico tradizionale è diventato un sistema in profonda contrapposizione ai luoghi ibridi che si andavano costituendo con la delocalizzazione delle funzioni pubbliche rispetto ai centri urbani; il processo di riorganizzazione funzionale del territorio ha spinto alla costituzione di una città specializzata all’uscita dei caselli autostradali o lungo le principali arterie di comunicazioni: ospedali, cittadelle della giustizia, poli della pubblica amministrazione, oltre che centri commerciali. Questa rete di nodi non è riuscita più a sostenere una struttura di città compatta propriamente intesa, ponendo l’interrogativo di come si debba oggi progettare questi luoghi in relazione al territorio circostante.

A distanza di quattordici anni dal numero 597-598 di Casabella dedicato agli spazi urba ni aperti, la centralità di tale questione nel progetto urbanistico rimane invariata. Nel suo editoriale Vittorio Gregotti affermava la difficoltà della creazione di una cultura diffusa della progettazione di spazi aperti che non fossero semplicemente “concentrati”, mentre percepiva la profonda revisione del concetto di spazio pubblico fino ad allora appartenen te soltanto alla struttura urbana e non agli organismi edilizi complessi che si andavano formando.

Dalla rielaborazione fisica della struttura dello spazio pubblico sono nati spesso, incon sapevolmente, nuovi spazi aperti della socialità. Soprattutto nodi delle infrastrutture e le aree abbandonate del territorio destinate agli emarginati hanno assunto una sempre maggiore importanza, pur rimanendo luoghi distinti dalla città e usati in modo non conti nuativo: questi spazi sono spesso transitori e incapaci di strutturare il territorio. Lo punteggiano di piccole increspature di socialità e vengono sostituiti con l’evolversi dell’uso del territorio verso nuove polarità. Questi nodi però non entrano a far parte del l’intorno, non provocano sinergie di prossimità e rifuggono da regole di uso condivise, fanno quindi riferimento ad un uso nomade più che cittadino. Vengono a definirsi reti di funzioni e luoghi a noi familiari e consueti che Bernardo Secchi nello stesso numero di Casabella definisce come “origine di mappe mentali diverse da individuo ad individuo”. Questi nuovi poli hanno l’effetto quindi essenzialmente di indebolire la continuità della rete di spazi pubblici della città, soprattutto dove la progettazione dei nuovi insediamen ti ha fallito il suo compito di articolazione delle città intorno ad uno spazio pubblico definito, distratta spesso dalla ricerca di una flessibilità di uso che è risultata fonte di

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nalla pagina accanto Praça Velha, Coimbra, 1979

indeterminazione.

Gli spazi pubblici urbani di nuova proget tazione sono spesso risultati deboli e non in grado di strutturare parti di città, non solo per ragioni morfologiche ma forse an che per la carenza di elementi funzionali e identificativi di questi luoghi. Solo lo svilup po di una armatura culturale progettata e diffusa, forse, avrebbe reso gerarchicamente connesse le polarità di rango territoriale e i poli di rango locale, costruendo una nuova struttura urbana.

L’assenza del trasporto pubblico ha presso ché impedito di concepire luoghi connessi senza l’uso dell’auto privata, chiedendo quindi, a questi spazi aperti la possibilità di dover contenere automobili in sosta sempre più numerose. I panorami che si sono venuti a creare sono spesso problematici: l’arrivo in un luogo pubblico non è più un momen to di scoperta di un carattere specifico del quartiere o di un’area, ma è divenuto un omologo accedere a spazi tutti uguali, a dei retri urbani veri e propri, pensati solo per la loro efficienza nel contenere automobi li. Forse oggi anche questi luoghi possono diventare momenti importanti di riflessione sullo spazio pubblico aperto.

Un tema aperto rimane il progetto di riqua lificazione degli spazi aperti delle grandi periferie delle città e dei quartieri dormi torio, strategico all’interno di un processo di riarticolazione e gerarchizzazione delle centralità, anche per non continuare a far gravare solo sui centri storici la domanda di spazi pubblici di qualità. Rare sono state le sperimentazioni efficaci di riqualificazione di sistemi di spazi frammentati.

Intorno alle riflessioni di Ralf Erskine sul la “personalizzabilità” degli spazi abitativi aperti, si sono sviluppati molteplici atteg

giamenti di ricerca di cui sicuramente uno dei più originali è quello di Lucien Kroll. Ne è un esempio la ZUP di Béthoncourt del 1990-95, dove al rifiuto del sistema omolo gante di residenza, che impediva qualsiasi tipo di personalizzazione e identificazione della popolazione con il quartiere, Kroll ha realizzato la disarticolazione degli edifici monolitici in frammenti di città oniriche, quasi fiabesche, che tentano di riproporre il modello della stratificazione nella crescita della città. Questo atteggiamento si concen tra però più sulle questioni percettive che su quelle sostanziali.

Ben più significative sono state le espe rienze degli interventi sui quartieri sensibili della Grand Lyon che hanno visto un lavoro meno concentrato sulla rimodulazione for male dell’edilizia e più impegnato sulle azio ni di sostegno alla popolazione unite alla riorganizzazione degli spazi aperti. Questo caso rimane emblematico delle potenzialità progettuali inespresse dalla grande abbon danza di spazi aperti presenti all’interno della città contemporanea. Il modello tipo logico spaziale elaborato è lontano dalla piazza e mutua sempre di più i suoi modelli dalla città giardino, dai grandi parchi e dalle interessanti esperienze di land art. Questa atteggiamento è quello dominante all’inter no del panorama internazionale, che però crea polarità aperte e fluttuanti piuttosto che spazi chiusi, definiti e potenzialmente non modificabili.

In Italia interessanti esperienze sono state compiute: esse però sono rimaste isolate; ne è un esempio il caso di Cosenza, di via Parco G. Mancini progettato da Wallach e Avino (2001), che ha visto la riprogetta zione di una serie di strade degradate e la

in questa pagina

Varietà degli spazi aperti nel progetto della Grand Lyon (1991); Lucien Kroll, Demolizione parziale e rimodellamento di un edificio lineare nel recupero della ZUP di Béthoncourt, (1990-1995)

nella pagina accanto Viale Parco Mancini a Cosenza (2001); Viale Togliatti a Vinci (1999-2000)

realizzazione di un grande boulevard che ha portato alla ricomposizione della frammen tazione edilizia e spaziale del quartiere. Una interessante somiglianza si può rinvenire nel caso di viale Togliatti a Vinci (1999-2000) ad opera di Serrino e Zagaglia. Questi due progetti sono stati un reale veicolo di ri qualificazione per due grandi aree urbane fortemente compromesse, dove all’assenza dell’architettura di qualità corrispondeva un processo di forte degrado. Concretamente le operazioni compiute sono state di dare senso agli spazi aperti disegnando con cura, ma senza opulenza, marciapiedi, spazi di so sta, parcheggi, piccole aree verdi, panchine e sistemi di alberature, realizzando un tessu to connettivo forte e unitario che si contrap poneva alla disgregazione dell’edificato.

Le numerose esperienze di riqualificazione del waterfront dopo quasi quaranta anni di progetti, capillarmente diffusi ormai in tutti i paesi, costituiscono un vero e proprio nuo vo e consistente repertorio figurativo per lo sviluppo del concetto di spazio pubblico. Con la riappropriazione di ampie e pregia tissime aree portuali intercluse alle città gli innumerevoli esempi di riqualificazione han no costituito un vero e proprio laboratorio di modelli e un banco di sperimentazione for midabile. In primo luogo Barcellona, ma poi anche Rotterdam, Londra, Sydney, Parigi, Amburgo e Cape Town. Anche molte città con piccoli spazi lungo i fiumi si sono inter rogati sulla natura di questi spazi inediti ed in Italia questa rinnovata attenzione all’ac qua ha prodotto numerosi progetti di ridise gno delle promenade lungomare a partire dall’esperienza di Genova fino a quelle di Trieste, Jesolo, e numerose altre, general mente di grande interesse, fino a rappresen tare un fenomeno urbanistico specifico così

evidente da ricevere uno spazio specifico nella decima Mostra Internazionale di Ar chitettura della Biennale di Venezia. Il progetto per il Passeig Gracia Faria a Bar cellona, conclusosi nel 2004, ha visto la riorganizzazione funzionale di un grande spazio degradato passando anche attraver so “l’invenzione” di un vero e proprio nuovo paesaggio semiurbano. Elementi compositi vi semplici molto colorati, uniti ad un siste ma di verde legato ai percorsi pedonali ha spinto questo progetto verso il nuovo mo dello di riqualificazione dello spazio aperto a metà tra il parco, la piazza e la strada. Simile a queste esperienze, soprattutto per i modelli di riferimento, risulta il caso “antiur bano” della promenade olimpica di Sydney 2000, dove le strutture sportive sembrano essere state appoggiate su un grande spazio che le connette senza vincolarle alla realiz zazione di una centralità definita. Si viene a formare così una specie di play-ground pubblico su un disegno coloratissimo della pavimentazione, e una forte caratterizza zione dell’arredo urbano, della segnaletica e dell’illuminazione che diventa spazio per manifestazioni anche all’aperto. Questi luo ghi popolatissimi in occasione di importanti eventi sportivi, tentano di dare una rispo sta di qualità anche nei momenti di minor utilizzo attraverso un forte carattere del di segno urbano. La progettazione attenta dei parcheggi e il forte legame con le infrastrut ture pubbliche rende questi luoghi final mente in continuità con i luoghi dell’arrivo. Soprattutto i parcheggi entrano a far parte integrante di una sequenza che permette un avvicinamento interessante, molto creativo e inedito.

La dicotomica contrapposizione tra l’inter vento sul costruito e il progetto solo sullo

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spazio aperto è in parte conciliato da alcuni progetti di riqualificazione poco noti e lon tani nel tempo, come quello di Woolloomoo loo a Sydney. La contiguità con la City spin se agli inizi degli anni Settanta un gruppo molto determinato di costruttori a solleci tare la trasformazione dell’area residenziale portuale di Wooloomooloo in un quartiere di alte torri per uffici e residenze. Il piano di trasformazione, dalle dimensioni ciclopiche, prevedeva la completa demolizione delle abitazioni e degli edifici industriali. Solo una fortissima opposizione dell’associazione degli architetti e di una parte della popola zione della città poté bloccare il piano. Fermato il progetto di demolizione del quar tiere si passò a progettare un intervento di riqualificazione seguendo un approccio ra dicalmente differente. Fu aperto quindi un ufficio nel cuore del quartiere e nel 1974 ci fu la prima importante mostra di possibili nuovi schemi insediativi alternativi. Nacque così una vera partecipazione della gente che abitava a Woolloomooloo coinvolta da continue mostre di modelli, schemi, progetti e pubbliche discussioni.

Si arrivò quindi al termine di un interessan tissimo processo di elaborazione dove la li nea che prevalse fu molto feconda e sostan zialmente appropriata al sito e al valore di molti dei manufatti esistenti. Furono creati spazi collettivi all’aperto in diverse aree del nuovo quartiere tramite l’inserimento di nuovi isolati che rivoluzionarono l’organizza zione planimetrica maglie regolari. Furono realizzati: una scuola, un centro di ricreazio ne con sale e una palestra, un day nursery, un centro anziani, negozi e parcheggi per i residenti e per i visitatori.

L’intera operazione si regge sull’idea di privi legiare la mobilità pedonale. Individuato un isolato principale si chiusero al traffico tutte

le strade che l’attraversavano e tutt’intorno si creò la possibilità di accedere a piccoli parcheggi per residenti e visitatori distribuiti in piccole quantità cercando di ridurre al massimo il loro impatto visivo.

Furono realizzati due straordinari piccoli giardini, raggiungibili tramite i viottoli tra le case. Il senso di appartenenza dei luoghi, anche stimolato dalle numerose attività collettive organizzate dal centro ricreativo, è una forte e innegabile testimonianza del successo di questo recupero urbano a di stanza di più di trenta anni dalla sua idea zione.

La necessità di coinvolgere a più livelli la po polazione nei processi decisionali delle tra sformazioni degli spazi pubblici di quartiere è una carta vincente per la riuscita di un processo che è sempre meno riconducibile all’intervento pubblico e sempre più legato alla creazione di una comune visione del bene pubblico.

Il modello fisico di intervento utilizzato si colloca esattamente nella scia di un filone di progettazione dello spazio pubblico lega to dell’esperienza anglosassone.

Tra gli anni Sessanta e Settanta, in Inghilter ra, si investigò sulle modalità di elaborazio ne del progetto urbano utilizzando regole empiriche: funzionali e percettive.

Si rifletté sull’organizzazione dello spazio (chiusura e apertura, limiti, sequenze di spa zi), sull’accessibilità e i parcheggi, sui prin cipi della mobilità pedonale (visioni seriali, progressione e avvicinamento) il tutto con un forte tentativo di costruire delle regole che potessero definire con chiarezza la strut tura socio-residenziale. Non pochi furono gli esiti della diffusione di questo approccio. Un architetto che impiegò con grande suc

cesso questa metodologia aggregativa fu Louis Sauer, che a Philadelphia dal 1964 al 1967 sperimentò modelli basati sulla neces sità della continuità dei percorsi, dello svi luppo di chiare gerarchie spaziali tra strade, piazze, punti di sosta ed entrate, sulla dif ferenziazione dei percorsi automobilistici e pedonali, sulla sostanziale unitarietà morfo logica del costruito e dello spazio pubblico. Il risultato è che l’uso pubblico del suolo di venta realmente elemento connettivo della struttura insediativa.

Precursore di un approccio legato allo svi luppo di modelli insediativi profondamente indirizzati dall’affermazione della centralità dello spazio pubblico rimane il progetto per la città di Hook (1967), a quaranta miglia a sud-ovest di Londra, straordinario per l’am bizione dell’intervento. Nell’elaborazione di una città di più di 100.000 abitanti si scel se come principio fondamentale la raggiun gibilità del centro a piedi in meno di dieci minuti e la netta separazione dei percorsi pedonali. Il centro lineare doveva avere un forte carattere urbano concepito come ful cro della vita sociale, commerciale e cultu rale proiettandosi verso le differenti aree residenziali circostanti. A questo modello straordinario, dopo il raggiungimento di uno stadio molto avanzato della progetta zione fisica e finanziaria, si preferì l’amplia mento delle città esistenti circostanti.

L’esperienza di Hook e i suoi principi però non rimarranno solo sulla carta ma verranno seguiti da numerosi e interessanti esempi che tenteranno di realizzare una sinergia tra costruito e spazio pubblico.

Gli esiti più recenti di questo filone di ricerca si possono sicuramente rinvenire in due casi di riqualificazioni di zone portuali dismesse: Java Island ad Amsterdam il cui masterplan

in questa pagina Sydney, area pedonalizzata nella riqualificazione di Woolloomooloo (1983);

in questa pagina Pere Joan Ravetllat & Carme Ribas Arquitectos, dettagli dell’intervento su Passeig Garcìa Faria, Barcellona (2004)

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fu sviluppato da S. Soeters e Bo.01 a Mal mö, il cui masterplan è stato sviluppato da Klas Tham. I due interventi sono antitetici per strategia insediativa. Il primo risale al 1992 e sviluppa lungo un’isola allungata una sequenza di grandi corti rettangola ri che vanno a costituire la struttura dello spazio aperto dove la componente vegetale domina e la dimensione dello spazio aperto privato è minimizzata.

Tipi edilizi omogenei, edifici residenziali mul tipiani in linea, vengono giustapposti l’uno all’altro con la sola attenzione di diversifi carne le facciate per ottenere una sequen za edilizia più eterogenea possibile. I fronti appena articolati planimetricamente vanno a costituire una cortina alta e compatta che si affaccia volutamente verso i due spazi acquei principali del porto, mentre l’isola viene interrotta trasversalmente da quattro canali che danno all’acqua una dimensione più domestica, urbana e non portuale.

Complessivamente si apprezza la volontà perseguita nella costruzione di una grande varietà di spazi aperti vegetali, che, nono stante la loro articolazione, risultano però monotoni. L’intervento crea una netta se parazione dei percorsi pedonali, ciclabili e carrabili e permette una grande versatilità degli ampi cortili collettivi vegetali anche se una monofunzionalità residenziale diffusa impedisce di immaginare un uso intenso e diversificato di queste ampie superfici pub bliche.

L’intervento del quartiere sperimentale di Malmö, inauguratosi nel 2001, è al contra rio un progetto della generazione successi va dove l’articolazione degli spazi pubblici e del programma funzionale e tipologico è molto più ambiziosa. In primo luogo si sono posti a priori numerosi vincoli meto

dologici di intervento legati soprattutto alla sostenibilità, all’autosufficienza energetica, al riciclo delle acque, alla bassa emissione, e al tempo stesso si è puntato su una alta qualità dell’architettura, e un limitato costo d’intervento, (obiettivo, quest’ultimo, in par te disatteso).

Un’altra importante questione progettuale era legata alla costituzione di una vera e pro pria comunità che si è tentato di realizzare tramite una struttura urbana particolarmen te complessa. Quattro tipi di spazi pubblici strutturano l’intervento: il viale distributivo alle residenze, la promenade sul mare, la passeggiata sul canale e, infine, il parco.

Il percorso centrale che distribuisce alle abi tazioni ha un andamento molto frammenta to e tenta di creare una sequenza di luoghi tra loro legati ma molto diversi per assetto planimetrico e per tipologia degli edifici che lo delimitano. E’ la vera anima del progetto, soprattutto perchè a questo spazio, durante i mesi invernali lunghi e rigidi, si affida il compito di essere l’elemento portante del l’insediamento, luogo di incontro e socializ zazione. L’idea è di uno spazio chiaramente definito e compresso all’interno di una città compatta, non solo per limitare la superficie occupata dalle residenze ma anche per pro teggersi dal vento.

Al contrario gli altri tre spazi sono più lega ti all’idea di tempo libero dove l’invenzione formale, il disegno accurato, la qualità del l’esecuzione, il verde, l’acqua, le opere d’arte, diventano ingredienti molto caratterizzanti tanto da costituire una vera attrazione.

L’idea di progetto era di tentare di realizzare una effettiva nuova polarità non solo per la città di Malmö ma anche per l’area metro politana di Copenaghen che era da poco stata connessa tramite il ponte che attraver sa il Baltico. Il ponte aveva realizzato una

in questa pagina

Schematizzazione degli elementi di sviluppo della socialità negli spazi pubblici di Edward T.White (2002); Piano generale di Hook, sistema delle strade pedonali, (1967)

nella pagina accanto Immagini degli spazi pubblici a Java Island, S. Soeters, Amsterdam, 1992

fusione di lembi estremi di due differenti nazioni e l’intenzione dell’amministrazione era quella di non diventare la periferia di Copenaghen, proponendo questo quartiere come nuovo modello di sviluppo per la città di Malmö. I tre spazi aperti nella loro forte caratterizzazione riescono a rendere eviden te il rapporto tra quartiere, canale, water front e parco in una originale sintesi compo sitiva e a legarsi ad una armatura spaziale metropolitana a cavallo tra i due stati.

Anche se il fenomeno non è diffuso e ri sponde piuttosto a rare e puntuali politiche di trasformazione urbana, il cambiamento della struttura delle città contemporanee ha prodotto talvolta alcuni esempi di nuovi ed interessanti spazi pubblici.

Bisogna però interrogarsi sulla trasforma zione delle aspettative dei fruitori rispetto alle performance dello spazio pubblico con temporaneo. Un fenomeno in atto sul quale riflettere con attenzione, presente non più solo nelle metropoli, è la chiusura di molte parti di città per il bisogno di alcuni gruppi sociali di avere maggiore sicurezza, a fronte di una organizzazione della società che non riesce più a garantire la fruibilità dello spa zio pubblico a tutti in tutte le ore del giorno e della notte.

A. Amin e N. Thrift nel libro Città, ripensare la dimensione urbana, del 2005, parlano degli spazi pubblici come spazi di tolleranza e socialità, ponendo la questione dell’ag gregazione come un fatto occasionale e marcando sulla sempre più evedente impos sibilità di parlare di “spazi di incubazione di identità e politica ibride”.

E’ chiaro che movimenti migratori considere voli pongono lo spazio pubblico come unico possibile spazio fisico di incontro-confronto poiché come insiste G. De Carlo i “luoghi

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pubblici sono quelli dove la città si esprime” e nella sua critica alla ampollosità di molti edifici e spazi pubblici in quanto “eretti non per essere usati ma per celebrare qualche astrazione, simbolo o memoria” troviamo una visione fortemente ottimistica sul ruolo dello spazio pubblico contemporaneo. Rinunciando a forme tradizionali di spazio pubblico forse si possono generare nuovi significati condivisi e culture ibride che de rivano dalla mescolanza di culture e popo li. Il fatto che molti immigrati preferiscano incontrarsi in massa in luoghi aperti come gradini piuttosto che in piazze, non significa solo che dalle piazze essi sono esclusi. Forse questi luoghi più di altri possono rappresen tare spazi generatori di incontri, di socialità, contrapponendosi ad una società che, aven do rinunciato al ruolo simbolico e religioso, è rimasta legata soprattutto alla funzione commerciale dello spazio pubblico.

In questo panorama complesso e in tra sformazione un interrogativo sul reale ruolo futuro dello spazio pubblico e quindi sulle sue future forme resta aperto, si pensi per esempio al ruolo che ha rappresentato nei secoli per i bambini lo stare sulla strada.

Il gioco collettivo nello spazio pubblico, si mulazione di comportamenti e usi che emu

lano spesso quello degli adulti, costituiva un importante processo per la conoscenza e l’identificazione dei giovani abitanti con i luoghi della città e al tempo stesso lo svi luppo di un desiderio di appropriazione col lettiva dello spazio. Questa esperienza antropologica era diretta e non mediata, risultava un tassello decisi vo per la costituzione di una serie di valori come quello della socialità e della necessità di costituire insieme delle regole di convi venza dello spazio.

in questa pagina Il percorso sul canale artificiale, Bo.01, Malmö (2001)

nella pagina accanto dettaglio degli edifici che si affacciano sulla promenade, percorso interno di distribuzione alle residenze, Bo.01, Malmö (2001)

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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Sorto all’incrocio tra l’antica strada “Pedemontana” e la via per l’Altopiano di Asiago e a cavallo di due corsi d’acqua (Roggia e Longhella), determinanti per un insediamento antropico, l’attuale Borgo Giara costituisce il primo nucleo di Marostica.

Attribuirvi una datazione non è possibile, ma sembra che in epoca romana già vi esistesse un insediamento.

Questo segmento di “Pedemontana”, importante via di comunicazione sviluppata ai piedi delle colline dal Tarvisio a Verona, quindi lungo le pendici meridionali dell’arco alpino orientale, costituì (come per molte altre città) tracciato di fondazione e sviluppo di Marostica, che fino al XIV° secolo si ampliò linearmente verso ovest.

Prendono così forma, in successione, l’attuale Borgo Beato Lorenzino, il Borgo dei Carmini (le antiche Cà Grandi) e gli isolati centrali, Sant’Antonio e Piazza.

La Pieve di Santa Maria, la presenza di ospedali-foresterie, la realizzazione di fortificazioni sulla sommità dei colli Pauso e Pausolino (con funzione, in origine, di torri di guardia), un’iniziale, probabile forma di piazza al centro degli isolati degradanti verso sud dimostra no che l’antica Marostica cresceva sia sotto il profilo urbanistico che sociale.

Durante la dominazione ezzeliniana, nel XIII° secolo, si intensifica lo sviluppo urbano: il castello sul Pausolino già si configura come fortezza e meglio si delineano gli isolati centrali dell’insediamento.

Ma è nel XIV° secolo, con gli Scaligeri, che Marostica subisce una vera e propria rifon dazione e assume l’impianto pressoché definitivo che vediamo ancora oggi. Con la rea lizzazione del mastio del Castello Inferiore e l’ampliamento del Castello Superiore prima (Cangrande - 1311/12) e della cinta murata poi (iniziata nel 1372 da Cansignorio, con 24 torri, 4 porte e uno sviluppo di circa 1.700 metri), viene realizzato un significativo esem pio di città militare, con un assetto difensivo studiato nei minimi particolari e un disegno urbano progettato con precisione, come chiaramente dimostrato dalla corrispondenza planimetrica tra le torri della cinta.

Queste, unite a due a due da una linea passante per il centro della città (un punto ideale a nord del Palazzo del Doglione) formano una raggiera che connota la centralità dell’im pianto urbano.

Di fatto, con la rifondazione scaligera, prende l’avvio quello che oggi definiremmo un Pia no Regolatore ante litteram della città. Marostica, infatti, attraverso una studiata e, dagli Scaligeri, già collaudata combinazione tra esigenze abitative e sociali con necessità difen sive antiossidionali, assume un assetto affatto diverso dal precedente e da borgo lineare si trasforma in città ad impianto centrale: pur attraversando, in seguito, altri cinque secoli di storia (sopportando le dominazioni veneziana, francese, austriaca e fascista), Marostica manterrà immutato l’impianto urbanistico progettato dagli Scaligeri.

Mentre all’esterno delle mura, l’antica “Pedemontana”, con il piano scaligero, subisce una brusca deviazione verso sud e viene dirottata o nell’attuale Corso Mazzini (la strada ma gna) o, con la chiusura delle porte, lungo il perimetro sud della nuova cinta muraria, intra moenia viene tracciato un reticolo viario regolare, con intersezione principale al centro della città (tra gli attuali Corso Mazzini e Via Sant’Antonio).

Da questa maglia scaturisce una serie di isolati urbani tra loro equivalenti (sei oltre al comparto della piazza, di sagoma eccezionale), all’interno dei quali troverà posto l’edifica zione abitativa, grazie ad un preciso frazionamento delle aree in “lotti gotici”.

Entro ognuno di questi verrà eretta una casa, che avrà un fronte strada modulare (4-6 me

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nella pagina accanto Castello Inferiore

tri circa), penetrerà nel lotto per circa 12-16 metri e, nel “retro”, verso il centro dell’iso lato, sarà dotata di un orto-giardino per la sussistenza familiare.

Per la sussistenza comune, in caso di asse dio, vengono riservate altre aree (horti con clusi), che occupano quadranti sud-est e sud-ovest della città, oltre a porzioni precise degli isolati a nord, intercluse da alte recin zioni in pietra.

Gli Scaligeri tracciano la nuova città e ne regolano sicuramente i primi insediamenti: le case, a due-tre piani fuori terra e sotto tetto, vengono edificate lungo le nuove vie interne al centro murato, con fronti strada spesso in muratura - a sottolineare una pre cisa volontà di decoro urbano - e completa menti laterali, posteriori e interni in legno, con tetti generalmente in paglia o arelle, più raramente in coppi.

E’ però con la dominazione veneziana (XV°fine XVIII° secolo) che le case assumono una tipologia più elaborata: inizialmen te viene mantenuto il lotto gotico, stretto e lungo all’interno degli isolati, ma con strutture in muratura e coperture in coppi di laterizio più diffuse; in seguito (inizi del XVII° secolo), vengono operate fusioni di tre lotti gotici, per ricavare palazzetti tripartiti, con impostazione simmetrica rispetto ad un androne centrale e, quindi, caratteri ar chitettonici perfettamente assimilabili alla tipologia delle case che si vedono ancora oggi a Venezia.

Parallelamente, nasce il portico: dapprima con funzione precipua di copertura lungo le principali strade della città (quindi con struttura in legno e ad un piano: una sem plice tettoia), in seguito come volume priva to, aereo, con più piani fuori terra sopra un percorso pubblico.

Ed è proprio sotto i portici e in piazza che

si svolge la quotidiana vita sociale dei Ma rosticani: numerosi sono gli atti notarili, anche del 1400, rogati in porticu solarato de cupis nella pertinenza abitativa di un qualsiasi marosteganus spesso in burgis platae infatti, i portici antichi di Marostica si sviluppano lungo le strade principali del la città: a nord di Corso Mazzini, a ovest di Via Sant’Antonio, lungo i lati maggiori della piazza centrale.

Marostica, quindi, sulla traccia della norma tiva urbanistica scritta sul territorio dagli Scaligeri, fino alla fine del secolo XIX° si svilupperà, ad eccezione di poche ville vene ziane e di alcune case rurali, solo all’interno della cinta muraria e lungo le contrade già esistenti in fregio all’antica “Pedemontana” (Borgo Giara a est e Borgo Panica a ovest).

L’espansione urbana “fuori porta” avviene agli inizi del Novecento: le prime villette in stile Liberty spuntano nella prima cintura oltre le mura, lungo il tracciato della Pede montana deviato in epoca ormai remota, mentre all’interno della città le facciate di tanti palazzi vengono ricomposte secondo le nuove tendenze architettoniche.

Sono pure di questo periodo l’ampliamento dell’ospedale di Marostica in Borgo Panica e la realizzazione di alcuni insediamenti pro duttivi dentro e fuori le mura, sorti princi palmente come centri di raccolta del grezzo e di confezionamento del prodotto finito della cosiddetta “lavorazione della paglia”, che sembra sia stata introdotta nel Vicenti no dalla Dalmazia e dal Levante intorno al 1640: con tale arte, venne importata anche la materia prima, il frumento chiamato mar zuolo (perchè si semina in marzo). Nell’Alto Vicentino, da Calvene a Marostica, tale in dustria prosperò proprio perché il marzuolo poteva essere coltivato solo in quel contesto climatico (oltre che nella vallata dell’Arno

in Toscana) e divenne, indubbiamente, la forma di produzione più caratteristica del territorio marosticano della prima metà del Novecento.

Con il succedersi degli anni, l’industria del la paglia andò perfezionandosi, seguendo un’evoluzione migliorativa in campo tecni co, tecnologico e commerciale: introduzione di nuove attrezzature (macchine per cucire, sistemi di sbiancatura e tintoria, stampi e forme sempre più elaborati, varietà di og getti prodotti), utilizzo di materie prime al ternative (il truciolo di legno, specialmente di salice), nuovi mercati di importazione del le materie prime (Oriente) e di esportazione del prodotto finito (Europa e Americhe).

Ma l’aspetto più importante, almeno sotto il profilo sociale, fu che quest’industria si basò soprattutto sulla produzione domestica del la treccia di paglia, oltre alla seconda e terza lavorazione in fabbrica.

In questo modo, essendo pagata la prima lavorazione (treccia) per unità di misura di prodotto (pacco = circa ml 30 di treccia), si instaurò un sistema produttivo di notevole portata e a diffusione capillare: ogni fami glia, infatti, produceva trecce di paglia e alla lavorazione concorrevano donne, bambini e anziani. Grazie a questo tipo di lavoro dome stico, al di là dei frequenti episodi di sfrut tamento, fu comunque possibile per molte famiglie sopravvivere anche nei periodi di ricorrenti crisi economiche che colpirono l’Italia nei primi decenni del Novecento. Nel primo dopoguerra, le fabbriche di Ma rostica contavano un’occupazione comples siva di circa duemila addetti e, nel 1926, vi erano 16 ditte di varia importanza addette alla lavorazione e alla produzione di oggetti in paglia (specialmente cappelli).

Tale industria prosperò fino agli anni Sessan ta, ma già dalla crisi del secondo dopoguer

ra numerose fabbriche vennero convertite ad altre produzioni, come la Azzolin, dentro le mura, che avviò la lavorazione della cera mica e la Gusi-Viaro, oggi Vimar, in Borgo Panica, che si rivolse, con enorme successo, alla produzione di materiale elettrico. La storia di Borgo Panica, unica piccola con trada sorta fuori dalle mura in epoca postscaligera, situata lungo la “Pedemontana” a ovest del centro urbano, è legata principal mente al convento di San Rocco e al succes sivo ospedale.

Questo insediamento religioso fu fondato nel 1513 dai frati Domenicani su una cap pella dedicata a San Rocco, edificata dal l’omonima Fradaglia su un antico capitello dedicato al Santo.

Marostica, essendo sorta lungo l’antica “Pe demontana”, via di grande e lunga percor renza, fu sede di ospedali (che spesso erano semplici foresterie) fin da epoca antica. Già la Pieve di Santa Maria, nei pressi di Borgo Giara, reggeva l’omonimo ospedale, che, dal 1450, passò sotto la cura delle monache Agostiniane del monastero di San Gottardo. Forse anche nel sito dell’attuale chiesa di Sant’Antonio Abate vi era una foresteria. Tra il 1504 e il 1513 fu istituito l’Ospedale di San Sebastiano, a est di Borgo Giara, che venne retto dai frati Francescani Osservanti del convento di San Sebastiano; a tale isti tuzione venne annessa, in seguito, anche quella di San Gottardo (ex Santa Maria). L’ospedale, a causa di danni dovuti allo stra ripamento del Torrente Longhella, venne trasferito in Borgo Panica nel 1771, un anno dopo la soppressione del convento Domeni cano ad opera della Repubblica di Venezia.

Il vecchio edificio religioso divenne quindi sede ospedaliera, conservando comunque l’impianto e la struttura originari, con la chiesetta, i due chiostri con logge sopra

stanti, i lunghi corridoi e le celle dei frati che divennero stanze di degenza. Le dimensioni dell’ospedale non mutarono fino ai primi anni del Novecento, quando venne costrui ta la casa di salute psichiatrica (1908-09), con facciate di tipologia Liberty. Nel corso dell’ultimo secolo, poi, l’insediamento ospedaliero venne gradualmente ampliato e dotato di reparti e servizi, fino alla sua gra duale dismissione e conversione a R.S.A. e poliambulatori negli anni Novanta. Uno studio di trasformazione urbana del l’area della “Porta Ovest” di Marostica, alla quale il presente volume è dedicato, non può che trarre sostanza dalla storia della città, proprio perché del processo di for mazione e trasformazione urbana questa cospicua parte di territorio è figlia. L’inse diamento produttivo Azzolin entro le mura, l’area ospedaliera nata dal Convento di San Rocco e formatasi intorno ad esso, la fab brica Vimar, sorta nell’unico borgo, Panica, extra moenia a ovest della città, sono tutti protagonisti di storia più recente, derivanti però da un impianto urbanistico antico, la cui ossatura è rimasta immutata per secoli: con quest’armatura urbana non sarà possi bile, in alcun modo, evitare giuste relazioni.

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in questa pagina raggiera; planimetria XVI secolo nella pagina accanto Borgo Giara; esempio di edificio tipo lotto gotico

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ESPERIENZE PROGETTUALI

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Le due tesi di laurea sviluppate congiuntamente, l’una con un taglio più pianificatorio (Marostica Porta Ovest: avvio di un processo di riqualificazione), l’altra condotta mag giormente alla ricerca di un progetto urbano definito (Tra valorizzazione del patrimonio e recupero dell’identità: oltre la Porta Ovest di Marostica), hanno tentato di descrivere uno scenario realistico per la città di Marostica partendo dall’analisi di elementi fisici e strutturali concreti e definiti.

L’attenta ricostruzione del quadro di riferimento urbanistico e la formulazione di strategie urbane chiare ha permesso poi alla tesi di progettazione urbanistica di approfittare di una solida costruzione di scenario e di tentare di dare delle risposte concrete ai diversi attori coinvolti nel processo di trasformazione urbano.

E’ chiaro come l’obiettivo sia stato vincolato fortemente da scelte di carattere generale: lo sviluppo residenziale dell’area, per aumentare la densità abitativa del quartiere localizzato ai piedi della collina, la forte connessione con il centro storico, nel tentativo di sviluppare una naturale continuità tra dentro e fuori la Porta Ovest della città, la necessità di sgrava re il centro storico dalle automobili in sosta.

Lo spazio pubblico sottende tutta la strategia compositiva vincolando alla qualità dello spazio pubblico qualsiasi scelta progettuale.

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Università IUAV di Venezia Facoltà di pianificazione del territorio Facoltà di architettura Domenico Patassini, Davide Longhi, relatori Cristina Poli, Laura Rossit, Elena Spolaore, laureande

UN’OPPORTUNITÁ, FORSE L’ULTIMA Cristina Poli

Morfologia e relazioni

L’area è delimitata a sud dalla vecchia Gasparona, che prende nome di via IV Novembre, e a nord da via Panica, l’antica strada pedemontana che, dopo un omaggio a G. Mazzini lun go il decumano, prosegue per Marsan e Bassano del Grappa. Le due strade confluiscono ad ovest, in direzione di Pianezze, disegnando un esteso conoide che individua la propria base lungo Viale della Rimembranza, ai margini della città murata.

E’ l’ingresso occidentale al centro storico scaligero.

Prima della rapida espansione edilizia della seconda metà del secolo scorso, solo i padi glioni ospedalieri, il borgo antico e alcune abitazioni rurali sorgevano su questa porzione di territorio. Borgo Panica era un quartiere vivo, orgoglioso della propria identità e del proprio ospedale.

Successivamente sorsero nuovi edifici, il borgo si ampliò e la città intera crebbe. Verso la metà del Novecento si insediò l’azienda Vimar che, progressivamente, ingrandì lo stabili mento fino alla dimensione attuale.

Venne realizzato il Villaggio De Gasperi, il secondo esempio di edilizia economico popo lare in città dopo le case INA . L’espansione del nosocomio cittadino con nuovi reparti e strutture moderne consentiva alle officine Strada di spostarsi di poche decine di metri e di insediarsi all’angolo di Viale della Rimembranza, dove sono attualmente.

Il tessuto urbano dell’area presenta una morfologia composita.

Nella parte ovest lo sviluppo del quartiere De Gasperi e la costruzione di modeste unità residenziali ha consentito di preservare una certa omogeneità dei caratteri insediativi.

Lungo via S. Rocco, l’antico nucleo medievale e l’ex convento benedettino con annessa chiesa di S. Rocco risultano compressi tra Vimar e padiglioni ospedalieri.

Alla confluenza della via sulla Gasparona sorgono alcuni edifici residenziali e due abita zioni in stile liberty.

Nella parte est dell’area si estendono l’ampio cortile dell’Azienda Sanitaria e il parcheggio comunale lungo Viale della Rimembranza: qui si affacciano le Officine Meccaniche Strada, la villa e il parco della famiglia Gusi.

Adiacente all’area e all’interno delle mura, l’angolo sud-occidentale della cinta scaligera delimita l’area ex-Azzolin, già proprietà della Banca Popolare di Marostica. L’area ex Azzo lin è un tassello strategico della ‘porta ovest’, per contiguità e continuità funzionalmente integrabile.

Proprietà e superfici

Il presidio dell’Asl 3 di Bassano del Grappa occupa nell’area la superficie di maggiori dimensioni, con oltre 50.000 mq. Anche i parcheggi comunali lungo Viale della Rimem branza e dietro le Officine Strada sono proprietà dell’Azienda Sanitaria.

Lo stabilimento della Vimar, progressivamente ampliato fino all’acquisto recente della proprietà Alberti, occupa una superficie totale pari a 24.170 mq, con un volume costruito di 101.033 mc.

Le aree Asl e Vimar, insieme, coprono più della metà della porzione di territorio ad ovest della città murata.

Il Comune di Marostica possiede invece gli spazi perimetrali attorno alle mura scaligere,

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nelle pagina accanto parcheggio pubblico di Via IV Novembre a ridosso delle mura

attualmente adibiti a parcheggio, e Palazzo Baggio presso Porta Vicentina.

Il terreno proprietà della società Marfaleo, ex Banca Popolare di Marostica, coinciden te con l’area “Azzolin”, ha una superficie di 11.327 mq e occupa una porzione rilevante dell’intero centro storico. Il volume del co struito ammonta a 24.666 mc comprensivi del palazzo signorile, della vecchia fabbrica e dei magazzini di più recente origine. Nel complesso, la superficie investita dai tre processi di trasformazione urbana ammonta a quasi 86.000 mq.

Valenze storico-ambientali

L’area si contraddistingue per un intorno di grande valore paesaggistico ed architettoni co.

La prossimità fisica e visiva alla collina e al profilo delle mura e la prospettiva aperta sul Castello Superiore arredano la ‘porta ovest’ di un apparato scenico straordinario.

Inoltre, la presenza di due parchi pubblici, quello attrezzato di Borgo Panica ad ovest e quello del colle Pauso ad est, lungo via Cangrande della Scala, rappresentano due momenti significativi sul piano ambientale e ricreativo.

Lungo via Panica si affaccia l’antico borgo, il centro storico extra moenia di epoca me dievale che, con borgo ‘Giara’ ai piedi del Convento, fa da spalla al nucleo racchiuso dentro le mura.

Tra l’edificato sparso, invece, si segnalano Villa Gusi lungo via Panica e Villa dei Sogni, sulla Gasparona; all’incrocio tra via S. Rocco e via IV Novembre si collocano due abitazio ni in stile liberty.

La chiesa di S. Rocco e l’adiacente ex con vento benedettino sono un’altra testimo nianza di grande valore delle origini e della storia di Borgo Panica. Anche il fabbricato dell’ex casa di salute psichiatrica assume valore in termini storici, architettonici e di storia sociale.

Dinamiche demografiche e domanda abitativa

Nel periodo 1991-2004 la popolazione del comune scaligero è cresciuta con un tasso medio annuo pari allo 0,4%. L’incremento demografico è costante, ma a saggi conte nuti: la popolazione totale registrata a Ma rostica al termine del 2004 contava 13.279 residenti, di poco aumentati rispetto ai 12.646 del 1991 e ai 12.445 del 1977.

I valori più elevati di crescita si sono regi strati a partire dal 2002, in corrispondenza di un saldo sociale positivo fino ad allora inedito nella recente storia demografica del comune. Un contributo fondamentale in questo senso è dato dal sensibile aumento della popolazione straniera residente, che se nel 2001 rappresentava il 2,1% della popo lazione totale, nel 2004 arriva al 4,1%.

Nell’intervallo tra i due anni censuari la composizione media dei nuclei familiari è mutata in direzione di un aumento del nu mero delle famiglie a 1 o 2 componenti, e di una parallela riduzione in termini percen tuali delle famiglie più estese.

I dati censuari relativi all’occupazione delle abitazioni confermano una leggera flessio ne del numero di componenti familiari (da 2,9 a 2,7) e attestano il conseguente adat tamento del mercato immobiliare.

La situazione abitativa a Marostica è nel complesso soddisfacente. Una crescita de mografica di poco superiore allo zero e il ridotto fabbisogno abitativo pregresso sono alla base di una domanda di nuovi alloggi piuttosto contenuta.

Si prevede che l’offerta immobiliare(già in eccesso) sarà sempre più orientata al sod disfacimento di una emergente domanda

di alloggi per famiglie mono-nucleari, per le nuove coppie con o senza figli provenienti soprattutto da altri comuni.

Si registra invece una domanda insoddi sfatta di alloggi a basso costo. E’ dal 1991 che l’Azienda Territoriale per l’Edilizia Re sidenziale non realizza a Marostica alcun manufatto. Fra gli 11 fabbricati di gestione dell’ATER, si contano solo 24 alloggi non destinati alla vendita.

Le domande di assegnazione giudicate vali de pervenute negli ultimi anni sono state in media 48 per anno, cui si aggiungono le 43 non ancora esaminate dell’anno 2005.

Considerato il carattere permanente della locazione, salvo decadenza dall’assegnazio ne, risulta evidente che il soddisfacimento della domanda abitativa a basso costo, an che se non elevata, incontra ancora qualche problema e ciò nonostante il fatto che il Co mune di Marostica abbia nel frattempo pro mosso interventi di edilizia agevolata con Piani per l’Edilizia Economica Popolare in convenzione con cooperative edilizie locali.

Mobilità

Stime dell’offerta e della domanda di par cheggio a scala urbana sono state effettua

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in questa pagina individuazione delle
superfici
nella pagina seguente parcheggio su V.le della Rimembranza Volume (mc) totale Stabilimento Vimar ULSS n°3 di Bassano del Grappa Proprietà Marfaleo-ex Azzolin 85977 Proprietà Superficie (mq) Sup. coperta (mq) Sup.lorda su più piani (mq) 28131 54575 217959 24170 16470 23823 101033 50480 7757 23648 92260 11327 3904 7104 24666
aree e rispettive
fondiarie

te nell’ottobre 20051. Le rilevazioni hanno interessato la zona del centro storico e le aree contermini.

Nella porta ovest sono situati alcuni dei principali parcheggi cittadini per dimensio ni e domanda.

La ‘porta ovest’ risponde a tre diverse tipo logie di domanda di sosta: la prima, relativa alle funzioni pubbliche insediate (attività poliambulatoriale in primis); una seconda legata alla vicinanza al centro storico; una terza, meno consistente, è espressa da resi denti di via Panica che non dispongono di box auto privati.

I parcheggi rilevati sono classificati per ca tegorie: senza segnaletica su strada, senza segnaletica orizzontale e su sede propria, liberi, a disco orario, a pagamento, per disa bili, riservati (carico/scarico merci, clienti o dipendenti aziendali).

L’offerta di parcheggio totale calcolata nelle zone rilevate è pari a 1.555 posti auto, di cui 268 nel centro storico e 1.287 nelle zone limitrofe. In termini di offerta di sosta ordi naria la città presenta 1.155 posti auto circa, senza contare la capienza del parcheggio ‘di riserva’ dell’Asl.

La ‘porta ovest’ è una consistente riserva di posti auto: 105 stalli interni all’ospedale, 43 lungo via Panica, 85 e 145 nei due par cheggi ai lati di Viale della Rimembranza.

Se a ciò si sommano i circa 400 posti auto dell’area dell’Asl, si raggiungono oltre 800 posti.

Le rilevazioni dell’occupazione della sosta hanno evidenziato che l’offerta attuale di parcheggi nell’area risulta inadeguata nei giorni di mercato e nelle giornate con eventi particolari.

In tali occasioni lungo via Panica trova no posto una quarantina di auto in sosta impropria e il cortile verde dell’Asl svolge

un’importante funzione di riserva, con cir ca 450 posti auto aggiuntivi quasi intera mente occupati nei giorni di manifestazioni importanti.

Il martedì mattina l’occupazione media del cortile è invece di una settantina di veicoli.

Le auto totali in sosta nell’area di progetto la mattina di mercato sono intorno alle 550 unità.

Attrezzature pubbliche o di uso comune

I servizi e le attrezzature di interesse comu ne sono variamente dislocati sul territorio. All’interno della cinta delle mura sono loca lizzati il Municipio e l’Ufficio Postale, men tre il Castello Inferiore ospita la Pro Maro stica, il Museo del Cappello di Paglia e la Sala Consiliare, ed è spazio espositivo e di riunioni.

Adiacente al castello sorgono la Biblioteca pubblica e, presso Porta Vicenza, l’ex opifi cio Baggio attualmente in fase di ristruttura zione. Il recupero dell’ex opificio, insieme ai lavori di ricostruzione del cinema Politeama in via Montegrappa cercano di rispondere almeno in parte alla consistente domanda di spazi per le numerose attività ricreative e culturali del comune.

Le aree per l’istruzione sono localizzate tra via Roma e via Rubbi. Un ampio viale albe rato collega la zona delle scuole al campo sportivo e alle piscine comunali. Dall’altra parte del torrente Longhella sorge il cimite ro comunale.

Borgo Panica è invece la zona dove, per vocazione storica e scelte amministrative recenti, si sono localizzati i servizi afferen ti l’area socio-sanitaria. Qui si trova il vasto complesso dell’ex-ospedale, adibito a Re sidenza Sanitaria Assistita per anziani, po liambulatorio e sede della Lungodegenza

in questa pagina Cortile Asl adibito a parcheggio nella pagina accanto ex casa di salute psichiatrica

psichiatrica, mentre ai piedi del colle Agù, vicino al parco giochi di via Panica, si trova la Casa per Anziani “Rubbi”. Nel territorio comunale si riconoscono nu merosi spazi destinati a verde pubblico. Al di là del già citato parco di via Panica, si contano il Parco Salin sul colle Pausolino, i pendii del Pauso, il Campo Marzio e il parco sul Longhella nel quartiere S. Benedetto. A questi si aggiungono i giardini pubblici di quartiere. Marostica è comunque priva di un parco pubblico alla scala urbana degno di questo nome. Se è vero che gli standard del verde sono rispettati a scala comunale, nella realtà si osserva come i parchi siano per lo più situati in territorio collinare, o decentrati rispetto al centro cittadino, e la loro accessi bilità risulti pertanto limitata.

Vincoli ed opportunità per un piano di ri qualificazione: Attori principali

L’Asl 3 di Bassano riconosce al centro sociosanitario di Marostica un ruolo chiave nel l’offerta di spazi e servizi per pazienti non acuti, in conformità con gli orientamenti nazionale e regionale che hanno determi nato le recenti trasformazioni territoriali in materia.

L’Azienda sanitaria sembra interessata a de stinare il complesso scaligero ad attività po liambulatoriali al pianterreno degli edifici, riservando invece a Rsa i piani superiori. Due grossi interrogativi riguardano il desti no dell’ex casa di salute psichiatrica e del cortile verde a sud dei padiglioni ospedalie ri.

L’Azienda Sanitaria ha chiesto l’annulla mento del vincolo di destinazione ad uso socio-sanitario dell’ex casa di salute. L’atto garantirebbe all’Azienda la possibilità di vendere l’immobile e destinarlo a residenza

e terziario.

La Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto nel giugno del 2005 confermava all’Ulss 3 di Bassano del Grappa l’assenza di “caratteristiche di inte resse storico-artistico necessarie per restare sottoposti alle disposizioni di tutela di cui al Decreto Legislativo 22.01.04 2

Demolizione e ricostruzione dell’immobile sono pertanto legati alle intenzioni dell’am ministrazione comunale.

In sede ufficiale non è mai emerso invece un riferimento al terreno inedificato Asl, se si eccettua l’Accordo di Programma del 2002, che vi prevedeva la realizzazione di attrez zature pubbliche. L’area, a fatica acquistata dall’Ospedale di Marostica negli anni della prima Amministrazione ‘Tasca’, era destinata all’espansione della struttura. Ma restò sem pre inutilizzata, e solo una parte venne adi bita a parcheggio per i dipendenti, mentre su un’altra venne realizzato il depuratore.

Il valore immobiliare del terreno è molto alto e una delle ipotesi più accreditate è la vendita.

Va ricordato in proposito che il cortile Asl, di circa 17.000 mq, rappresenta una delle ultime aree verdi rimaste in un tessuto urba no denso e dilatato, il cui valore ambientale non è interstiziale, ma di ‘armatura’, perché intermedio fra collina e pianura sottostan te.

Il piano vigente destina il cortile a parco ur bano, anche in relazione all’assenza di spazi a verde pubblico di rilevanza a scala urbana.

La vicinanza al centro storico e alla collina, la presenza di ville, edifici storici e le attività del complesso sanitario riconoscono il par co come piattaforma pubblica privilegiata della vita sociale, degli incontri e del tempo libero extra moenia.

Nella prospettiva del definitivo trasferimen

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to degli impianti in Viale Vicenza lo stabili mento Vimar di via IV Novembre è destina to alla chiusura.

Il Piano Regolatore norma l’area a “zona C3 di ristrutturazione urbanistica”: ovvero, pre scrive un cambio di destinazione d’uso da produzione a funzioni prevalentemente resi denziali, con un volume massimo dell’edifi cato consentito pari a 60.671 mc.

La struttura sorge in una posizione appeti bile per il mercato immobiliare e per que sto un’ipotesi di intervento nell’area merita un’attenta riflessione sia sul mercato immo biliare, che sulle funzioni innovative insedia bili.

La partita in atto è decisiva ai fini della si stemazione urbanistica dell’intero isolato: da entità estranea e impermeabile all’in torno, la (ex) Vimar potrebbe divenire un momento di congiunzione tra il quartiere De Gasperi, il nucleo storico di Panica e l’at tuale proprietà Asl, a sua volta interessata a nuove forme e funzioni.

La stretta correlazione fra i tre luoghi –Vi mar, nucleo storico ed ex ospedale– risulta evidente. La riqualificazione dell’area richie de un dialogo tra i soggetti in causa, per evi tare l’adozione di strategie di valorizzazione con esiti urbanistici discutibili.

Si tratta di individuare le funzioni e le for me più appropriate in termini di vantag gio economico per l’azienda e di risposta alle domande della città. Le questioni po ste investono anche modalità e significato dell’intervento. Al di là della probabile de molizione di parte delle strutture, permane il dubbio sulla sorte del corpo di fabbrica principale, quello che attualmente segna visivamente l’ingresso a Marostica lungo la vecchia Gasparona.

Il lungo fronte curvilineo suggestiona. E’ un frammento importante della storia recente

di Marostica, e della sua attuale realtà eco nomica. Ma pensare alla conservazione del fabbricato significa confrontarsi con una serie di problemi che vanno dall’organizza zione interna dello stesso alla sistemazione degli spazi esterni; conservare lo stabile ri chiede lo studio di un adeguato sistema di accessibilità all’area e una giustificazione adeguata anche in termini funzionali.

Al momento dell’acquisto dell’area ex Azzo lin nel 2002, la Banca Popolare di Marosti ca intendeva insediarvi la propria Direzione Generale.

Nei quattro anni intercorsi l’istituto di cre dito non ha avviato alcun intervento di tra sformazione.

L’ipotesi era trasferirsi in un’unica sede tutti gli uffici amministrativi, dedicando il Palaz zo del Doglione ad edificio di rappresentan za.

Restava da capire se accanto alla nuova Di rezione Generale avrebbero trovato spazio altre funzioni.

Nel 2006 l’area è stata acquisita dalla so cietà Marfaleo disposta ad avviare con rapi dità un progetto di riqualificazione. È lecito supporre che, in sintonia con le pre visioni di piano, l’intervento di ristruttura zione dell’area porterà al restauro del solo Palazzo Azzolin e alcuni fabbricati. Se la rior ganizzazione dell’area aumenterà la densifi cazione (di volumi e funzioni) si potrebbero generare effetti di congestione all’interno del centro storico. Per questo è opportuno inserire l’area nel progetto più vasto della porta ovest, risolvendo gli accessi non pedo nali all’esterno delle mura.

La questione è complessa e sembrano forti le spinte ad edificare secondo la volumetria massima consentita.

Il piano particolareggiato per il centro sto rico (PPCS 1999) non fornisce precise in

dicazioni in proposito. Il piano prevede la sola “demolizione senza ricostruzione” dei fabbricati interni all’area, ma è evidente che simili prescrizioni difficilmentre potranno essere rispettate3

Facendo riferimento alla normativa del Pia no Regolatore (su cui comunque dovrebbe ro prevalere le indicazioni del Piano Partico lareggiato), il comma 6 dell’art.5 prescrive che nelle zone A1 “per le eventuali nuove costruzioni, assoggettate a strumento urba nistico attuativo, la densità fondiaria non deve superare il 50% della densità fon diaria media della zona con un incremento volumetrico complessivo non superiore al 20% del volume esistente nel medesimo isolato”.

Una simile prescrizione interessa l’intero “isolato”, ovvero la parte di centro storico compresa tra via Vajenti e le mura. La den sità della zona è molto alta e la normativa asseconderebbe discutibili ipotesi di densi ficazione.

I tre soggetti considerati -Azienda Sanita ria, Vimar e Marfaleo- entrano nel gioco in quanto proprietari delle aree in via di di smissione o di trasformazione.

Ma il Comune di Marostica è il soggetto principale nel processo di riqualificazione, in quanto rappresenta l’interlocutore neces sario a gestire il confronto tra attori e poste in gioco.

L’ente comunale ha un forte potere contrat tuale poiché detiene la facoltà di normare gli interventi con gli strumenti di piano. Le decisioni ultime circa destinazioni d’uso e parametri urbanistici sono rimesse all’ente pubblico.

Ma, al di là del suo potere regolativo e ne goziale, il Comune potrebbe farsi interprete di interessi pubblici che potrebbero trovare adeguata risposta in una conveniente riqua

lificazione.

Da tempo si pone il problema del trasferi mento degli uffici municipali in più ampia sede, poiché il palazzo di via Tempesta si è rivelato angusto e poco funzionale. Il disagio è stato in parte ovviato con l’insediamento dei servizi sociali e dell’Unione dei Comuni nei locali del Prospero Alpino.

Nel già citato Accordo di Programma del 2002 il Comune, consentendo all’Asl di mettere in vendita l’ex casa di salute psi chiatrica, otteneva in cessione di poter edi ficare nuove strutture a sud dei padiglioni ospedalieri. Ora l’Amministrazione Comuna le è orientata piuttosto all’acquisto dell’ex casa di salute e alla sua ristrutturazione a nuovo municipio, previa verifica d’idoneità della struttura. Il progetto è condiviso da ambedue le parti politiche, a sottolineare la comune volontà di restituire alla città parte dei beni trasferiti nel 19954

Ipotesi

Ipotesi per l’avvio di un processo di riquali ficazione urbana si possono articolare a due livelli. Il primo riguarda l’area di intervento rispetto alla struttura urbana, in particolare nella parte occidentale; il secondo l’organiz zazione dell’area al proprio interno.

I due livelli sono ovviamente connessi, ma presentano caratteri propri e consentono di avviare il dialogo tra soggetti privati, istitu zioni e società civile in due fasi.

Nella prima fase è opportuno discutere la vi sione di contesto, considerando l’area come un’opportunità di riqualificazione struttu rale. Nella seconda si entrerà nel merito di ipotesi d’uso e di destinazione interne, veri ficando fino a che punto le strategie singo le possano tradursi in un negoziato reale e quindi in un nuovo accordo di programma,

in questa pagina ex lavanderia dell’ospedale lungo via San Rocco

nella pagina accanto cortile dell’Asl

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più disponibile a trattare i problemi di asset to urbanistico dell’intera città.

In questo processo il ruolo del Comune è decisivo perché direttamente coinvolto, vi sta l’eventualità del trasferimento da via Tempesta, ma soprattutto perché chiamato a tutelare e valorizzare il quadro strutturale, specificando vincoli e opportunità del vi gente Prg, e indirizzando opportunamente il nuovo PATI5

Le ipotesi progettuali utili all’avvio del pro cesso riguardano in particolare: a) la connessione fra centro storico e area esterna, con il duplice scopo di limitare il carico urbanistico nella città storica e far sì che nell’area essa sia in qualche modo ‘annunciata’. Com’è noto, uno dei problemi di Marostica è l’affievolirsi del riferimento storico extra moenia sulle due spalle ovest ed est.

Ad est, un segnale debole è dato dallo stato di abbandono del convento benedettino. Il progetto di riqualificazione potrebbe ‘con nettere’ con percorsi pedonali e soluzioni ti pologiche adeguate il vecchio Borgo Panica alle mura e quindi al centro storico; b) l’apertura della ‘porta ovest’ al contesto. Oggi l’area è ‘quasi blindata’ e le incursio ni sono limitate a pochi attraversamenti in zona S. Rocco (al di là del movimento dei di pendenti Vimar) e alle periodiche invasioni dei mezzi privati nell’area verde dell’Asl; c) il mix funzionale che l’area può ospita re, tenendo conto di significati e valore di alcuni spazi costruiti e aperti nell’area e nel contesto; d) la viabilità e il traffico generati dal nuo vo polo attrattore.

I principi progettuali di contesto sono di seguito illustrati con alcuni affondi su linee guida da cui potrebbe prendere avvio un processo di concertazione tra le parti.

Connessione

La ‘porta ovest’ introduce geograficamente al centro storico, ma tra le due realtà per mane la scissione forte delle mura, una ‘di stanza’ fra i beni storico-culturali dell’area e quelli del centro storico.

Le idee di progetto indicano l’importanza di una visione unitaria. La connessione tra le due realtà non è mero esercizio di stile: ga rantire una comunicazione diretta tra l’area ex Azzolin e lo spazio extra moenia significa dilatare il centro storico e aprirlo alla città riqualificata.

In particolare la connessione può rivelarsi una soluzione ottima per garantire l’acces sibilità all’area riqualificata senza gravare le vie del centro di maggiori carichi di traffico.

La realizzazione di aree di sosta, a raso o meglio interrate, sul terreno Asl permette rebbe un accesso esclusivamente pedonale all’area ex Azzolin.

Un’ipotesi di questo tipo acquista valore se si decide per una contestuale chiusura della piazza al traffico automobilistico: in tal caso l’area ex Azzolin, aperta al pubblico, diven terebbe uno degli ingressi preferenziali alla città storica.

Le possibilità sono diverse: si potrebbe uti lizzare e riadattare un varco esistente nei pressi di Porta Breganzina, oppure offrirne uno nuovo nel rivellino di mezzo, oppure creare un passaggio pedonale al di sotto delle fondazioni scaligere.

La contiguità tra ‘porta ovest’ e città anti ca é sottolineata anche su piani diversi da quello dell’accessibilità, che pur rappresen ta il cardine dell’azione.

La sistemazione dell’area Asl a parco urbano ed eventualmente il proseguimento del si stema del verde lungo la fascia perimetrale esterna del vallo potrebbero trovare un im

portante elemento di continuità nell’aper tura di un giardino pubblico intra moenia lungo la cinta delle mura.

Funzioni

Per ruolo e dimensioni la ‘porta ovest’ può farsi interprete delle domande residenziali, di attrezzature pubbliche, di nuove funzioni e di accessibilità a scala urbana.

L’Amministrazione comunale e le diverse forze politiche sembrano unite nella volontà di creare una ‘cittadella’ di servizi pubblici nel complesso dell’ex ospedale. Questa scelta rappresenta una priorità nel progetto di riqualificazione dell’area.

La ristrutturazione dell’ex casa di salute, luo go del dolore e della memoria ed interessan te esempio di architettura primo-novecente sca, consentirebbe di rispondere all’esigenza di ampliare gli spazi della sede municipale, ora stretta in via Tempesta6 ma anche di restituire alla popolazione di Marostica un pezzo di storia e di territorio importanti.

La superficie su più piani dell’immobile mi sura circa 6.000 mq, contro i circa 1.300 mq dell’attuale sede municipale, e sarebbe suf ficiente al trasferimento dei servizi sociali e dell’Unione dei Comuni.

I locali del seminterrato potrebbero invece essere adibiti ad archivio, liberando alcuni spazi della biblioteca.

Il cortile dell’Asl diventerebbe parco urbano, mentre l’area Vimar, a prevalente destinazio ne residenziale (con una buona percentuale di alloggi a basso costo), ospiterebbe anche attrezzature e spazi di interesse pubblico.

In particolare nel corpo di fabbrica lungo strada, opportunamente ristrutturato, po trebbero trovare spazio attività legate alla vita culturale e ricreativa della città, con particolare riferimento al mondo artistico

che da diversi anni porta il nome di Marosti ca in Italia e nel mondo.

Sale prove, scuole di musica, atelier d’arte e design (una risorsa locale per molto tempo legata al manifatturiero), spazi di incontro, verrebbero così ad affacciarsi sulla via Ga sparona. La scelta è quanto mai suggestiva.

L’involucro di quella che è stata ed è tuttora la più importante realtà produttiva cittadina viene conservato a testimonianza di un’epo ca, un messaggio al territorio attualizzato con nuove funzioni.Resta da decidere la de stinazione d’uso dell’area ex Azzolin.

La Società immobiliare prevede l’insedia mento di attività residenziali, commerciali e direzionali, ma non esclude spazi ad uso pubblico.

Porosità Vimar e centro socio-sanitario formano bar riere invalicabili su ciascuno dei fronti.

Per restituire l’area alla città è indispensabi le lasciare che la città vi entri , organizzando una trama attenta di percorsi pedonali, pri ma ancora che carrabili, che ne consentano l’attraversamento trasversale e longitudina le.

Prioritaria in questo senso diventa la con nessione tra via Panica e via IV Novembre, e tra via del Borgo e via S. Rocco, fin oltre la cinta delle mura.

La proposta di un collegamento viario tra il presidio dell’Azienda Sanitaria e via S. Rocco era già emersa in sede di progetto per l’Ac cordo di Programma del 2002.

Si tratta di un principio condivisibile per conferire un assetto unitario all’area.

Il collegamento risulta difficoltoso per l’in gombro dell’ex lavanderia, della centrale termica e della cabina elettrica, e per la presenza di un ampio giardino privato (che

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in questa pagina Villa Azzolin, fronte su via Mazzini

il Prg riconosce, tra l’altro, come ‘verde pri vato’ da tutelare): il passaggio può essere carrabile o pedonale.

La connessione tra Panica e la Gasparona è un altro tema rilevante.

Gli elaborati di piano evidenziano la ne cessità di rendere permeabile l’area Vimar (N.T.A., art. 11, c. 7) e di creare percorsi pe donali di connessione nord-sud all’interno dell’area Asl.

Nell’ipotesi di una ristrutturazione totale o parziale dell’immobile Vimar, l’apertura di passaggi pedonali aperti o in galleria sem bra una scelta indispensabile a garantire la permeabilità dell’area.

Il progetto del parco a sud dei padiglioni dell’Azienda Sanitaria è permeabile al pas saggio pedonale lungo la Gasparona e in troduce al polo di funzioni pubbliche.

Il trasferimento delle Officine Strada libe rerebbe inoltre l’imbocco di Viale della Ri membranza e consentirebbe di aprire il par co allo spazio perimetrale del vallo.

Movimento

La trasformazione dell’area in polo di servizi pubblici richiede un’attenta progettazione del sistema dell’accessibilità, anche in consi derazione della contiguità al centro storico.

La viabilità pedonale si comporrebbe di una fitta trama di percorsi che collegano quar tiere De Gasperi sino al perimetro esterno delle mura ed oltre, entro l’ex Azzolin.

L’organizzazione della viabilità carrabile è definita in relazione al contesto urbano. La ‘porta ovest’, oltre ad essere adiacente al centro storico e ospitare funzioni pubbliche di forte capacità attrattiva, funge da ingresso anche ai nuclei abitati del territorio collinare, con un’offerta di sosta elevata.

La connessione dell’area con il centro sto

rico e la definizione di un assetto unitario pongono problemi di accessibilità e di mo bilità.

I nodi centrali sono: a) il ruolo di viale della Rimembranza, sen tiero ‘del ricordo’ e collegamento privilegia to tra pianura e collina; b) la formazione di un nuovo anello. La con nessione viaria tra via Panica e via IV No vembre si potrebbe comporre di un nuovo asse trasversale da collocarsi tra l’ex casa di salute e i padiglioni ospedalieri. Un secon do asse, longitudinale, collegherebbe Viale della Rimembranza a via S. Rocco. La nuova viabilità garantirebbe un facile accesso al l’area;

c) la sosta, con capacità di assorbimento delle punte festive. La domanda a scala ur bana può trovare risposta (parziale, in una prospettiva di equilibrio tra le due zone, ovest ed est, esterne alla città murata) nel l’organizzazione di un’offerta di sosta capa ce e accessibile; d) la creazione della nuova piazza di Panica genera uno spazio pubblico unico, integra to con i percorsi interni all’area, e in grado di restituire al nucleo storico una centralità perduta. Si costruirebbe in questo modo un forte legame tra ‘porta ovest’ e collina: via Panica non sarebbe più cerniera, ma inter faccia.

La riorganizzazione del sistema della sosta è volta al duplice obiettivo di fornire ade guata risposta alla domanda di posti auto, e liberare gran parte degli attuali spazi a parcheggio e renderli fruibili quali aree a verde. Così, si propone di eliminare i par cheggi lungo la fascia perimetrale esterna alle mura, quelli interni all’area Asl e posti auto lungo via Panica.

La realizzazione di un unico e capiente par cheggio interrato nella ‘porta ovest’ rappre

senterebbe l’occasione per chiudere la Piaz za degli Scacchi al traffico veicolare. Il totale degli stalli rimossi (fra ‘porta ovest’ e piazza) è stimato in 530.

Il parcheggio interrato potrebbe svilupparsi su tre piani per una superficie totale pari a 15.000 mq, per un’offerta complessiva di circa 580 stalli. L’offerta di progetto sareb be quindi leggermente sovradimensionata rispetto a quella attuale.

Si tenga però conto del trasferimento nella zona della sede municipale e del potenzia mento della struttura poliambulatoriale.

Il parcheggio interrato sarebbe adeguata mente dimensionato alla domanda di sosta nella zona.

Il problema si pone per i grandi eventi cit tadini, quando la domanda di spazi per la sosta è intorno a 500 posti auto aggiuntivi.

Una soluzione estrema e poco auspicabile potrebbe essere l’apertura alle auto degli spazi perimetrali alla cinta muraria (nell’ipo tesi di progetto portati a verde), recuperan do così circa 140 posti. Via Panica, destina ta al transito veicolare ma non alla sosta, in caso di necessità potrebbe fornire spazio per almeno una cinquantina di vetture.

Per il fabbisogno restante di posti auto sa rebbe utile sfruttare al meglio l’offerta dei parcheggi delle zone limitrofe.

Durante i rilievi dell’occupazione della sosta si é riscontrato come parcheggi contigui, ma meno visibili, quali quello del supermercato A&O sull’altro lato di via IV Novembre, ri sultassero pressoché inutilizzati; nello stesso momento Viale della Rimembranza sfiorava la congestione.

L’offerta di parcheggi va organizzata secon do una prospettiva globale, su scala urbana e non solo di comparto.

Per questo, mentre si progetta la Porta Ovest è opportuno guardare a est, l’area di Viale

Montegrappa e Campo Marzio è priva di un sistema di sosta organizzato ed efficace. Gli stalli sono ricavati a bordo strada spesso ostacolando il deflusso del traffico.

La ristrutturazione del Politeama e dell’area contermine in via Montegrappa sembra sof frire l’ottica d’insieme. A fronte dell’insedia mento di una funzione importante (cinema, teatro, sala congressi) non si è prestata ade guata attenzione alla sosta e agli accessi. La gestione a senso unico di via Montegrappa e la creazione di stalli ai margini della car reggiata sono soluzioni temporanee.

Concertazione: oltre il negoziato bilaterale

La costruzione di un tavolo di concertazio ne per un protocollo di intesa sui contenuti del programma di riqualificazione urbana richiede l’avvio di una discussione sulle op portunità negoziali rispetto ai criteri guida di contesto e d’area. Accordo di programma ed eventuale conferenza dei servizi diventa no utili supporti amministrativi e di policy al programma.

Gli strumenti urbanistici offrono spunti di scutibili. Il Piano Regolatore disciplina la ‘ristrutturazione’ dell’area Vimar applicando un indice territoriale pari a 1,8 mc/mq e stima in 60.671 mc il volume massimo di nuova costruzione. Il volume residenziale è fissato al 60% del volume totale, per com prensivi 36.403 mc.

Relativamente all’ex ospedale le norme di piano ribadiscono la destinazione dell’area ad attrezzatura d’uso comune, e quindi a struttura sanitaria, parcheggio pubblico e parco.

Quanto all’area Azzolin, il Piano Particola reggiato fornisce indicazioni inattuali, men tre le norme di Prg consentirebbero la densi

ficazione dell’area fino ad incrementare del 20% il volume esistente dell’isolato. Discutibili gli incrementi di cubatura, ciò che manca (e non può che essere così, dati i riferimenti pianificatori) è un progetto di riqualificazione per l’intero comparto ‘porta ovest’. Il progetto di insieme non può risul tare dalla sommatoria di progetti singoli. Se ciò accadesse non vi sarebbe concertazio ne, se non a livello concessorio, con il rischio che prevalga un’ottica speculativa o quasispeculativa. Secondo questa ipotesi gli atto ri principali seguirebbero logiche aziendali, a gradiente pubblico variabile.

Nella proprietà Vimar, in accordo con le prescrizioni di piano, potrebbero essere co struiti 60.671 mc di nuovo volume, di cui presumibilmente il 60% a destinazione re sidenziale.

Il piano prevede un indice di densificazione fondiaria pari a 2,5 mc/mq. Non trovereb bero spazio alloggi di edilizia economico po polare né attrezzature di interesse pubblico in quota significativa.

Con ogni probabilità il fabbricato lungo via IV Novembre verrebbe demolito per garanti re un facile accesso al nuovo quartiere con dominiale.

L’acquisto da parte dell’Amministrazione comunale dell’ex ospedale psichiatrico sem plificherebbe il problema e supererebbe lo schema adottato dall’accordo di programma del 2002. Ma rimane il rischio di perdere per sempre l’area verde, anche in un’ipotesi di parziale edificazione.

La trasformazione dell’area ex Azzolin segui rebbe una dinamica autonoma.

I volumi esistenti verrebbero demoliti, con la sola eccezione del palazzo storico su Corso Mazzini e forse di parte dell’antica fabbrica.

Il nuovo costruito recupererebbe per intero la volumetria preesistente con un indice

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in questa pagina Castello inferiore visto dall’area Azzolin nella pagina accanto stabilimento Vimar

fondiario pari a 2,2 mc/mq.

Le nuove funzioni sarebbero accessibili mediante ingressi predisposti e regolati, di cui presumibilmente uno carrabile colloca to lungo via Vajenti Le auto troverebbero spazio in un parcheggio a raso o interrato, a seconda della distribuzione dell’edificato interno all’area.

Il ‘carico urbanistico’ (volumi, traffico, ecc.) nel centro storico tenderebbe così ad au mentare rendendo più problematica la stes sa regolazione del traffico. Va ricordato che il ‘carico’ totale potrebbe aumentare consi derevolmente con la riqualificazione degli edifici della cortina ovest di Piazza Castello (ora poco utilizzati) e dell’area occupata dal l’ex opificio Menegotto, di fronte all’attuale Municipio.

In quest’ottica la ‘porta ovest’ limiterebbe la propria estensione sino a Viale della Rimem branza, senza ‘entrare’ nel centro storico.

L’offerta di sosta si distribuirebbe in super ficie, ampliando l’attuale parcheggio dietro le officine Strada ed organizzando gli spazi a sud dei padiglioni ospedalieri.

In una simile prospettiva le strategie de gli attori si risolverebbero in un insieme disgiunto di interventi che ridurrebbe al minimo le opportunità negoziali e farebbe

perdere un’occasione storica alla città.

1 Le rilevazioni sono state effettuate da Cristina Poli nel corso della tesi sulla’porta ovest’.

2 Azienda Ulss 3, Prot. N° 0030548/05, 28 giu gno 2005, “Valutazione interesse culturale ai sen si dell’art. 12 del D. Lgs 42/2004”. La valutazione è discutibile sia dal punto di vista architettonico, sia dal punto di vista culturale e sociale. L’immo bile presenta un indubbio interesse come architet tura sanitaria, ma soprattutto come documento di storia sociale, sulla fine del ciclo di un’istituzione totale.

3 Il piano ha perduto con gli anni la capacità di orientare gli interventi nel centro storico. Privi legiando un’ottica architettonica e di recupero tipologico non guarda alla città storica nel suo complesso, né riesce a relazionarla al più ampio contesto urbano e territoriale.

4 La delibera della Giunta Regionale n.1575 del 28 marzo 1995 in attuazione al d.lgs 502/92, sancì il trasferimento all’Ulss n.3 dei beni mobili ed immo bili del patrimonio comunale o provinciale che re cassero vincolo di destinazione alle disciolte Ulss n.5 di Bassano del Grappa e Ulss n.35 di Asiago.

5 I lavori di redazione del nuovo strumento urba nistico in collaborazione con il Comune di Nove non sono ancora stati avviati. La ‘porta ovest’ pone quesiti pertinenti anche in materia di coin volgimento dei comuni limitrofi nel Pati (ex LR 11/2004).

6 Non sarebbe da escludere a priori l’idea di man tenere la sede del municipio e dei servizi ammi nistrativi all’interno del centro storico. Si tratta di una posizione che ha i suoi pregi, non soltanto

simbolici, anche se i costi sono noti. Il trasferimen to proposto non metterebbe comunque in discus sione la centralità e il valore simbolico dell’istitu zione, anche perché verrebbe localizzata su una spalla storica, segnerebbe il definitivo riscatto da un’istituzione totale, una rilettura di una fase importante della storia sociale della comunità ma rosticense.In questa prospettiva verrebbe apprez zato più che diminuito il valore simbolico e risulte rebbe più facile il presidio ambientale.

7 Sarebbe opportuno coinvolgere anche l’Officina Strada. Localizzata all’angolo tra via IV Novembre e viale della Rimembranza copre una porzione im portante della superficie dell’area.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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COMUNE DI MAROSTICA (presso), Programmaamministrativoperilquinquennio2004/2009dellalista “GruppocivicoMarostica–Centrosinistra” 2004;

COMUNE DI MAROSTICA, UFFICIO PIANI E PROGRAMMI, Protocollod’intesaperlarealizzazionediun PianoParticolareggiatonelcomplessodell’exOspedalediMarostica.Accordodiprogrammaconvarianteal PianoRegolatoreGeneraledelComune 2002.

Sono stati inoltre consultati materiali elaborati dai seguenti uffici del Comune di Marostica: Ufficio Anagrafe (dinamiche demografiche), Ufficio Edilizia Privata (attività edilizia), Ufficio Piani e Programmi (Piani Urbanistici Attuativi), Ufficio Tributi (Catasto Terreni e Catasto Urbano).

DOCUMENTAZIONE

COMUNE DI MAROSTICA, PianoParticolareggiatodel CentroStorico , Marostica, 1999;

COMUNE DI MAROSTICA, Variante2000alPiano RegolatoreGenerale , Marostica, 2000;

COMUNE DI MAROSTICA, PianoGeneraledelTraffico Urbano , Marostica, 1997

COMUNE DI MAROSTICA, Programmatriennaledelle

in questa pagina ipotesi di progetto nella pagina accanto vialetto dell’ex convento

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Residenziale Direzionale Centro socio-sanitario Esistente Legenda Tavolan.30 PortaovestIpotesidiprogetto scala1:4000 Viabilitàpedonale Viabilitàcarrabile Verdeausopubblico Verdeausoprivato (orti,giardini,cortili) Viabilitàmista carrabileepedonale Fabbricati Spaziaperti Attrezzaturepubbliche diinteressecomune

La tesi “Tra valorizzazione del patrimonio e recupero dell’identità: oltre la Porta Ovest di Marostica” è stata per noi l’occasione di dare una possibile risposta alle esigenze della città, formulando un progetto che potesse riqualificare l’area e trovare un denominato re comune tra tutta quella serie di episodi architettonici che caratterizzano l’intera area della Porta Ovest, a partire dall’ospedale e le residenze circostanti, fino allo stabilimento Vimar.

Quest’ultimo, insieme all’ospedale, si distingue per le sue imponenti dimensioni che costi tuiscono un vero e proprio fuori scala rispetto il resto dell’area che è caratterizzata dalla presenza di residenze private e piccole palazzine.

L’area sembra non avere un carattere unitario ed è per questo che abbiamo cercato di formulare una soluzione architettonica tale da rendere questa parte della città più omo genea e legata al centro storico.

Attualmente, infatti, sembra esista solo un concetto di dentro e fuori le mura, come se si trattasse di due città diverse; attraverso la tesi abbiamo cercato di dare maggior unità a queste due realtà facendole comunicare attraverso lo spazio pubblico ed il verde.

La progettazione dello spazio verde valorizza la cinta muraria, attualmente circondata dalla massiccia presenza di automobili; le mura vengono liberate dalle auto e circondate da un parco verde, che si sviluppa sia ad est che ad ovest del centro storico, occupando anche tutta l’area a ridosso dell’ospedale.

Il “parco delle mura” diventa così, insieme al trasferimento delle officine Strada, l’occasio ne per liberare definitivamente la vista delle mura, per reinserirle in un contesto più pia cevole e naturale di quello attuale. Una parte del parco è lasciata a prato incolto poichè si rende necessario disporre di un’area che, in caso di grandi manifestazioni e afflusso si possa trasformare in un parcheggio a raso, come attualmente accade nella grande area verde a sud dei padiglioni dell’ospedale.

Movimento ciclo pedonale e rete di spazi pubblici costituiscono le basi per un nuovo impianto urbano.

Un percorso ciclo pedonale distribuisce le varie funzioni, nuove ed esistenti e diventa l’occasione per valorizzare l’intera area con nuove aree verdi e spazi pubblici.

Parallelamente al percorso ciclo pedonale che attraversa l’area, si sviluppa una piazza allungata che ha inizio dalla Porta Breganzina e che, attraversando via Panica, giunge fino al Borgo Storico.

Una nuova piazza collega l’antico borgo storico extra moenia e il centro storico vero e proprio all’interno delle mura. Questa piazza mantiene la sua funzione carrabile, ma è attrezzata con nuovi parcheggi a raso, destinati alla sosta breve e alle auto dei residenti di Borgo Panica e nuovi marciapiedi.

Una nuova pavimentazione conferisce alla piazza una identità ed un significato diversi, più prossimi a quelli del centro storico che di una strada urbana.

Il progetto prevede inoltre alcune modifiche dell’assetto viario, con l’inserimento di una grande rotonda lungo via IV Novembre.

Sarà così possibile deviare da via IV Novembre a via San Rocco e al nuovo percorso pe donale.

L’area Vimar è stata resa permeabile per dare continuità alla nuova passeggiata fino a raggiungere le residenze di via del Borgo, attualmente soffocate dal muro di confine della Vimar e senza possibilità di comunicazione con il resto dell’area.

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VERSO UN NUOVO IMPIANTO URBANO Laura Rossit nella pagina accanto Porta Ovest e cinta muraria

-verde pubblico

-spazio pubblico e percorsi

-cinta muraria in questa pagina schema verde pubblico e spazio pubblico; schema del patrimonio storico nella pagina accanto foto del plastico dello stato di fatto

La trasformazione dell’area Vimar da pro duttiva a residenziale ci porta a considerare il tipo di traffico che circola in via IV No vembre.Si tratta di un traffico pesante che attualmente pesa e disturba la città, a mag gior ragione possiamo ipotizzare che esso sia ancor meno appropriato nel momento in cui tutto il fronte su via IV Novembre diverrà residenziale. A tal proposito riteniamo che esso potrebbe

essere deviato lungo la Nuova Gasparona, strada a sud di Marostica che potrebbe me glio sopportare questo tipo di traffico libe randone il centro cittadino.

Infine si rende necessario sottolineare come la riprogettazione di aree verdi, spazi pub blici e parcheggi nell’area ovest di Maro stica possa essere un’ occasione positiva di rinnovamento ma rischia di provocare uno sbilanciamento nella distribuzione delle

funzioni e dei servizi nella città, che si trove rebbe proiettata più verso ovest, piuttosto che equamente distribuita.

Sarebbe quindi interessante ipotizzare delle linee di intervento anche per l’area est di Marostica per restituire alla città un assetto più omogeneo ed equilibrato.

-aree verdi con valenza storica -centro storico -area di progetto -archeologia industriale -edifici storici -cinta muraria

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in questa pagina attacco a terra del sistema delle nuove residenze; foto del parcheggio retrostante alle officine Strada e del condominio che viene inglobato nelle nuove residenze; chiostro dell’ex convento convertito in residenze secondo il progetto; prospetto sud verso il parco

nella pagina accanto schema di relazione tra il sistema delle residenze e i percorsi pedonali; piante dei tipi edilizi; foto del plastico di progetto, particola re delle nuove residenze

Nuovo sistema delle residenze

Il nuovo sistema delle residenze si compo ne di una serie di nuovi edifici che trovano collocazione lungo il “parco delle mura” in prossimità dell’ospedale e che vengono di stribuite dalla spina ciclo-pedonale.

Il nuovo sistema residenziale ingloba le re sidenze esistenti, evitando episodi deconte stualizzati.

Le residenze più vicine all’ospedale sono destinate agli anziani che, sebbene ancora indipendenti, possono necessitare della vici

nanza della struttura sanitaria.

Un altro importante intervento nell’ambito delle residenze, riguarda la ristrutturazione dell’ex convento (attuale RSA) ubicato oltre l’ex casa di cura per malati mentali.

Il complesso è stato ridistribuito interna mente per creare residenze e uffici. Attraverso la riapertura del loggiato al pri mo piano si è voluto restituire all’edificio il suo aspetto originario ed inoltre è stato pos sibile collegare il portico interno al sagrato della chiesa, permettendo così il transito pedonale e conferendo al chiostro, attorno

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al quale sono stati distribuiti uffici e negozi, una funzione più pubblica.

Gli alloggi sono di vario tipo e metratura in modo da rispondere alle diverse esigen ze abitative: duplex, simplex con giardino o senza, per ospitare da due fino a cinque persone.

Il percorso ciclo-pedonale distribuisce questi nuovi nuclei residenziali che si trovano circa tutti sulla stessa quota; proseguendo però il percorso raggiunge l’area della Vimar in prossimità della quale si trasforma in un si stema di rampe che raggiunge la quota del tetto del capannone in cemento.

Il tetto viene reso più dinamico e interes sante attraverso la realizzazione di una serie di case in duplex e triplex e alcune piccole attività commerciali, la cui struttura va ad integrarsi con quella esistente.

L’area della Vimar diventa così più permea bile e favorisce il collegamento tra il grande percorso pedonale, la piazzetta della chiesa di San Rocco e via del Borgo, attualmente reclusa in fondo all’area.

Il collegamento viene effettuato con un si stema di rampe che dalla piazza della chie sa raggiunge il tetto dell’edificio in cemento per poi ridiscendere in via del Borgo con una scalinata o tramite degli ascensori.

Nell’area della Vimar si effettua un vero e proprio recupero di parte degli edifici dello stabilimento.

Buona parte dello stabilimento Vimar viene recuperata e destinata a funzione residen ziale, commerciale e servizi.

La parte dello stabilimento soggetta a de molizione viene trasformata in area verde, percorsi pedonali, nuovi edifici residenziali e non.

L’edificio su tre piani che affaccia su via IV Novembre e i capannoni a shed vengono in parte svuotati, per favorire la permeabilità, attulmente inesistente, dello stabilimento.

Le bucature che vengono effettuate diven tano veri e propri percorsi pedonali di col legamento tra via IV Novembre e la nuova passeggiata che attraversa longitudinal mente l’area di progetto.

L’edificio su tre piani viene ridistribuito per ottenere una serie di appartamenti duplex.

I capannoni a shed invece, diventano, grazie ad un intervento di bucatura sul tetto, case a patio cui si accede dai percorsi pedonali.

in questa pagina prospetto-sezione dei parcheggi interrati e delle nuove residenze

nella pagina accanto foto plastico di progetto, particolare dell’area Vimar

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in questa pagina particolare dei tipi a patio progettati nei capannoni a shed della Vimar nella pagina accanto planovolumetrico dell’area Vimar e del nuovo percorso pubblico; nuovo prospetto sud della Vimar; sezione da Via IV Novembre a Via Panica

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Il nuovo municipio

L’ex casa per malati mentali appartenente all’Asl di Bassano, attualmente in parte in disuso e in parte utilizzata come deposito e lavanderia, verrà adattata alle esigenze del municipio che in essa troverà la sua nuova sede, necessitando di nuovi uffici e depo siti.

Per adempiere pienamente a questa esigen za si è pensato di ampliare la sezione dell’ala ovest dell’edificio in modo da ottenere degli uffici più ampi e luminosi. Questa operazio ne crea la posssibilità di progettare una nuova facciata dato che quella esistente ha oramai perso il suo aspetto originario.

L’altra ala dell’edificio si estenderà invece verso il percorso pedonale con un nuovo auditorium-sala consiliare di 340 posti, con accesso principale dalla piazza antistante. Sotto l’auditorium trova collocazione un nuovo parcheggio interrato di medie dimen sioni, a servizio dei dipendenti comunali. in questa pagina particolare del prospetto; schema dei livelli dell’edificio; sezione dell’auditorium e del parcheggio sottostante nella pagina accanto schema della relazione tra gli edifici pubblici e lo spazio e i percorsi pubblici; attacco a terra del nuovo municipio; foto plastico di progetto, particolare del municipio

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sala riunioni sala della giunta servizi sportelli pubblici uffici zone comuni auditorium bar depositi ingresso parcheggio parcheggio interrato portineria

I padiglioni attualmente occupati dall’ospe dale di Marostica, di cui l’Asl di Bassano ha intenzione di mantenerne la proprietà, verranno ridistribuiti e ampliati. In questo modo verrà mantenuto il reparto di veteri naria e potenziate l’RSA, i poliambulatoriali e le sale prelievo.

Il sistema riabilitativo è rinforzato con pic cole palestre per le attività di gruppo, una nuova piscina e una serie di piccoli locali dove verrà svolta la riabilitazione in sedute

singole.

Inoltre, per garantire agli ospite della strut tura una permanenza il più possibile gra devole, è stato mantenuto il parco a sud dell’ospedale, sul quale si affaccerà anche la nuova mensa, dando la possibilità agli anziani di stare all’aperto.

La RSA verrà inoltre potenziata da un repar to per i malati di alzheimer. Questo nuovo volume è collegato al resto della struttura ospedaliera ed è arricchito dalla presenza di un giardino.

L’edificio verrà ampliato con un piccolo vo

lume accostato all’ingresso delle ambulanze ove vengono ubicati il punto prelievi e una nuova sala ricreativa.

La facciata sud assumerà un nuovo aspetto grazie al nuovo prospetto della mensa e alla nuova finitura.

in questa pagina foto plastico di progetto, particolare dell’ospedale; schema distributivo dell’ospedale; sezione-prospetto della nuova RSA nella pagina accanto attacco a terra della nuova RSA; foto del prospetto attuale su via Panica

78 79
centro diurno per anziani punto prelievi portineria riabilitazione servizi al personale sorveglianza assistenza domiciliare ambulatori uffici bagni zone comuni Residenza Sanitaria Anziani

in queste pagine pianta del parco; sezione del parco e del parcheggio interrato

nella pagina accanto schema di relazione tra edifici pubblici, percorsi carrabili e parcheggi

Parco e parcheggi

I progetti del “parco delle mura” e del par cheggio interrato contribuiscono a liberare l’intera area dai parcheggi a raso. Il parco attrezzato, con i percorsi pedonali e ciclabili che conducono alle zone di sosta, al bar e alle risalite del parcheggio interrato, prosegue lungo le mura della città.

Le alberature affondano le loro radici al piano interrato per poi arrivare alla quota del parco attraverso aperture sul solaio del parcheggio.

Questi fori consentono la ventilazione naturale richiesta, in relazione alla superficie del parcheggio interrato (parcheggio 1), suddi

viso in due compartimenti da 6000mq. Vi si accede da via IV Novembre e da via le della Rimembranza, trasformato a senso unico, data la sua limitata sezione. Le uscite sono entrambe ubicate tra i due nuovi siste mi di residenze, lungo una nuova strada che conduce a via Panica.

Il parcheggio, con i suoi 354 posti auto, as sieme a quelli a raso redistribuiti lungo via Panica, riesce a rispondere alla richiesta di posti auto e riduce il traffico veicolare all’in terno del centro storico.

La parte a sud del parco (parcheggio 2) non è attrezzata in quanto essa è stata progetta ta per poter essere utilizzata come parcheg gio a raso in determinate occasioni in cui

-354

80 81
-70 -20 -35 -55 -187

si rende necessario un maggior numero di posti auto (partita degli scacchi, mercato...).

Dato l’elevato numero di residenze ricavate nell’area della Vimar si è reso necessario pro gettare un ulteriore sistema di parcheggi.

Il progetto prevede lo svuotamento dell’at tuale capannone (parcheggio 6) in cemento al cui interno vengono ricavati due piani di parcheggio a cui si accede attraverso un si stema di rampe sul retro dell’edificio. Contemporaneamente il progetto prevede due parcheggi interrati (parcheggio 8) che si collocano sotto il percorso pedonale, a cui si accede dal lato della chiesa e da un percorso carrabile, da via IV Novembre, che affianca l’edificio a tre piani della Vimar.

I parcheggi così progettati risolvono il pro blema della sosta senza invadere l’area in superficie, lasciandola quasi interamente li bera dalle auto, attraversata principalmente da percorsi pedonali e ciclabili.

in questa pagina schema del sistema dei parcheggi in relazione al sistema delle residenze; plastico di progetto; sezione del sistema dei parcheggi nell’area Vimar

nella pagina accanto pianta di parcheggi nell’area Vimar; pianta del parcheggio sotto il parco; prospetto sud del parco nell’area della Vimar

82 83
-354 -70 -20 -35 -55 -187 -32 -146

ENSAS-Ecole National Superieure d’Architecture de Strasbourg UEM 111 année scolaire 2005-2006

L’atelier ha tentato di affrontare, con grande spirito di sperimentazione, le questioni della progettazione in un’area con grande valenza storico paesaggistica, realizzando un profon do dialogo tra la struttura storica esistente e il nuovo insediamento.

L’esperienza progettuale è stata condotta alla ricerca di regole compositive urbane che consentissero una continuità del tessuto attraverso logiche morfologiche complesse.

A sostegno delle scelte progettuali sono state elaborati dei nodi architettonicamente portanti che consentissero la riconoscibilità del quartiere e caratterizzassero fortemente la sua identità.

In questo processo progettuale lo studio dei percorsi e l’organizzazione della struttura funzionale ha permesso di rendere credibili le scelte urbanistiche di ciascun gruppo.

Contrariamente agli studenti italiani gli studenti francesi hanno da anni sviluppato una maggiore capacità comunicativa legata alla competenza nell’uso degli strumenti di restituzione tridimensionale del progetto che ha arricchito notevolmente il risultato finale.

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Davide Longhi, architecte, enseignant studenti: Baptiste Evellin, Anne Laure Gantner, Isabelle Bonamy, Camille Terrieu, Jessica Becker, Nathalie Haas, Sèverine Marchesin, Sarah Rech, Marie Emmanuelle Feucht, Caroline Ziajka, Harouna Traore

DELLO

La ville de Marostica est en phase de ré flexion sur l’après VIMAR au centre ville. La délocalisation de l’entreprise vers la péri phérie de la ville laisse un ilot quasiment libre avec l’ancien hôpital désormais désaf fecté.

Les points stratégiques sont, l’usine VIMAR, l’église de quartier, l’ancien hôpital psychia trique, et l’hôpital actuel. La présence de l’enceinte de la vieille ville est à mettre en valeur.

Le projet tire parti des ces éléments en les liant de façon logique et pertinente.

Le point principal se joue sur la liaison piétonne des quartiers à la ville. Différents bâtiments objets et places publiques che

minent la progression vers le centre ville.

L’ancien hôpital vient accueillir la nouvelle mairie et une extension pour une nouvelle salle de conférence.

L’ancien parking extérieur est remplacé par un parkings souterrain pour donner le maxi mum d´espace aux piétons. Un parc vient dégager le bâti au coin de la muraille et ac compagne les visiteur jusqu´à la l’ancienne ville.

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NUOVE CENTRALITA’

La rénovation des murs de fortification de Marostica a été l’occasion de mener une réflexion sur l’extension extra muros de la ville et de ces liens établis avec le centre historique.

Le projet propose, dans un premier temps, un nouveau centre administratif et culturel afin de dynamiser le quartier ouest, ensuite la réhabilitation de l’usine Vimar en loge ments et enfin l’implantation d’un parking semi enterré proposant un parc aux pieds des remparts. Ces différentes interventions sur la ville sont structurées par la notion de parcourt et des jeux de perspective l’accom pagnant.

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La partie du projet traité fait front aux rem parts de Marostica et aux usines de Vimar.

L’enjeux majeur a été de relier ces deux lieux tout en conservant leurs caractéristiques spécifiques.

Le projet joue sur les perspectives, le déni velé et les espaces verts.

Un cheminement végétal découle du «nou veau» site de Vimar, à travers des bâtiments à usages mixtes (logements, commerces, bureaux), pour aboutir à un parc thémati que autour des remparts.

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RICOMPOSIZIONE MORFOLOGICA

La proposition pour ce site part de décisions très simple et très claire orienter le maxi mum de vues face au châteaux se situant sur une montagne ; ouvrir des perspectives sur les anciennes fortifications de la vieille ville de Marostica créer de véritables espa ces publics qui permettra d’accompagner la promenade jusqu’à l’usine ‘’VIMAR’’ qui va être réhabilitée en appartements. Actuellement on a un parking le long de l’ancien mur car c’est une ville touristique.

Dans le projet on proposera de créer un parking végétalisé en recul de ce mur afin d’accentuer les vues et les perspectives sur le paysage situé en arrière plan.

Dans ce projet on a décidé de séparer les piétons des véhicules. On constate deux temporalités différentes : celle des piétons sur un cheminement surélevé, et celle des voitures.

L’usine va être réhabilitée selon le même principe, en bandes orienté vers la monta gne. La structure existante de l’usine sera conservée et tantôt couverte ou ouverte. La stratégie de ce projet urbain est de reva loriser le site attenant à la fortification et de la mettre en valeur.

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ENSAS-Ecole National Superieure d’Architecture de Strasbourg Atelier International de Projet A8 4.2l année scolaire 2005 / 2006

studenti:

Les projets mettent l’accent sur trois facettes de la régénération urbaine, ville, mixité et aménagements urbains, trois aspects incontournables auxquels le projet architectural est confronté. Car l’architecture se situe au point de rencontre du projet avec la ville et l’histoire. Ces projets investissent la ville historique, avec ses multiples échelles spatiales associées et interdépendantes (l’immeuble, l’îlot, le quartier ; la rue, la place, ...), avec ses réalités couplées et interactives (l’espace bâti et non bâti, le public et le privé, l’immeuble et la parcelle,...) et avec l’Histoire (la muraille, le château, la citadelle, ...).

L’histoire de Marostica, dont les traces témoignent de l’évolution et des transformations qui se sont opérées, des couches qui se sont succédées et enchevêtrées au cours du temps, constituent la matière première pour l’architecture en tant qu’éléments constitutifs de la mémoire collective.

Les projets tentent donc d’assumer ces multiples échelles spatiales et de les faire dialoguer avec les strates issues de la fabbrica urbana en vue d’articuler modernité et tradition, continuité et changement.

L’élaboration de projets pour des aires désaffectées du tissu urbain constituent une ressource unique et extraordinaire, susceptible d’apporter à la ville les équipements aujourd’hui manquants (Nouvel hôtel de Ville, Palais des congrès et des fêtes, sports) et de lui fournir une marge, bien que limitée, de développement du logement et des services qui lui sont nécessaires pour continuer à être attractive.

Le développement d’une qualité de vie dans ce nouveau quartier régénéré, passe par la définition d’espaces verts (parc) affectés aux zones résidentielles, ainsi que par la différentiation entre trafic de transit (via 4 Novembre) et trafic local qui ne devra pas oublier les témoignages de l’archéologie industrielle. En particulier ceux qui présentent un intérêt architectural ou historique nécessitant une réhabilitation (l’usine VIMAR, l’hôpital, le cloître). Les possibilités de réutilisation des structures construites et l’insertion de nouvelles fonctions ainsi que leurs répercussions sur le contexte auront un impact important sur la nouvelle image que présentera la ville, lorsque les prévisions du programme auront été réalisées et que la nouvelle morphologie sera organisée.

Les projets ont donc consisté à imaginer à partir de ce territoire palimpseste, des scenarii de programme urbain, et une attitude pertinente sur le contexte, avec des idées propres à transformer le « résiduel historique » en « cadavre exquis », prenant en compte la poétique de l’espace architectural en tant que recherche spéculative de la projectation.

Ou, comment réinjecter à partir de l’invention d’un nouveau programme, une véritable stratégie de relance fonctionnelle, symbolique et formelle de la ville au service de ses concitoyens ? L’enjeu est important et a mis en oeuvre une acuité réaliste sur les forces économiques (privées et publiques) pouvant contribuer à réactiver un tel site.

La question du développement durable a été intégrée à la problématique urbaine générale (architecture passive, récupération des eaux de pluie, eau chaude solaire, tri sélectif, etc.).

Quel quartier peut se développer sur les traces du Marostica originel?

Quel programme architectural et urbain peut enclencher ce nouveau processus ?

L’ensemble des étudiants et enseignants remercie la municipalité de Marostica et l’atelier international de projet développé avec l’IUAV pour cette chance formidable de pouvoir penser la ville.

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George Heintz, architecte, enseignant Michele Farano, architecte, enseignant Eric Albisser, achitecte, einsegnant Mèlanie Steger, Louis Josè Argemi Nicolàs, Louis Fabian Garcia Mora, Jean Etienne Besset, Giraudat Berengere, Borja Trujillo Rodriguez, Elena Arguirova, Gwenaelle Verrier Lerch, Paula Causanilles, Julien Potignat, Alice Cappelli, Ivan Ivanov, Deborah Keller, Qiong Li, Fabien Schacherer, Michal Kielan, Giuseppe Pastonesi, Stefan Stoyanov

Les « limites-coupures » deviennent des « li mites-coutures ».

La nappe projetée répond à la nappe bâtie existante.

La nappe hiérarchisée : une circulation au sol dialogue avec la ville, des espaces extérieurs privés et publics à l’étage dialoguent avec la montagne et le paysage.

Le projet vise à expérimenter la probléma tique de la densité, de la mixité et de l’ha bitat.

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PAESAGGI ABITATI

Une ramblas centrale ponctuée d’édifices commerciaux et tertiaires organise le nou veau quartier résidentiel pourvus d’équipe ments publics et d’une école de design.

QUARTIERE VERDE

La finalité du projet est de créer un lien en tre le centre historique et le reste de la ville. Le concept urbain consiste à la restructura tion de cette partie de la ville, en proposant un programme complet comprenant des bâtiments neufs et des bâtiments existants qui seront réhabilités. Ce projet a été conçu à partir d’un espace extérieur ayant pour fonction de créer un lien direct entre les différents bâtiments. Cette promenade est entrecoupée par des bandes vertes de façon transversale, créant des espaces de rencon tres et un nouveau quartier piéton.

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MARGINE, ADDIZIONE

Une grande place végétale ouverte à tous les événements programmatiques se consti tue derrière un front bâti sur le boulevard qui s’aligne sur les gabarits de la muraille. Des logements en bande se connectent avec l’échelle plus domestique du tissu existant.

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NUOVE FORME COMPATTE Trujillo Rodriguez-Borja

Une zone résidentielle étagée en terrasses laisse pénétrer les lignes de force végétales de la colline dans la composition jusqu’à or ganiser une nouvelle trame public/privé.

Un espace public central et piéton distribue les nouveaux équipements publics et les ré sidences sur cour.

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Le projet propose une extension de la ville ancienne, tout en préservant son échelle historique.

L’urbain se tisse à travers un système de pla cettes et venelles structurées autour de bâti ments publics L’élément fort devient l’hôtel Centre de Congrès, qui situé face au mur d’enceinte, établît un dialogue entre la ville contemporaine et la ville historique.

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INSISTENZA

PARCO

FORME DELLA SPERIMENTAZIONE Paula Causanilles

Des bâtiments sur pilotis laissent les vues s’organiser librement sur le site traité com me un grand parc urbain ouvert, contrastant fortement avec la citadelle.

Des grandes cours urbaines entourées de logements et petits commerces se déploient le long d’un espace public piéton central. Un palais des congrès fait face à la muraille médiévale.

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L’enjeu du projet est de créer un lien entre urbain et périurbain, en alliant densité du bâti et omniprésence des jardins, tant pri vés que publics. Murs et terrasses génèrent une multitude de cheminements piétons qui sont autant d’occasions de vivre la ville, dans ses placettes protégées, ses ruelles se crètes. Le mur devient lien et césure.

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VERSO

DELL’ARCHITETTURA

Un palais des congres fait face à la nou velle mairie et organise une grande pla ce au cœur du nouvel ensemble. Des petits bâtiments de logement s’orga nisent pour retrouver le tissu existant.

Inscrit dans une opportunité sans précédent, le projet urbain vise la planification harmo nieuse et cohérente aux nouveaux besoins et du potentiel de la ville de Marostica.

Le palais de congrès, élément principal de cette composition, est d’une conception particulière.

Le bâtiment s’enroule autour d’un morceau de nature arraché des alentours pour s’orga niser fonctionnellement et ouvrir ses espa ces intérieurs principaux (salle, hall, restau rant) sur le paysage.

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PIAZZA INTERNA GESTUALITA’ Ivan Ivanov

Le projet urbain est né d’une volonté de fai re disparaître la limite entre la montagne et la ville. Les logements ont été pensés afin de proposer une autre façon d’habiter, les appartements s’articulent autour de patio et chaque pièce a été dimensionnée afin d’avoir de la lumière naturelle et de profiter des apports solaires.

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CITTA’ SOLARE Deborah Keller

L’utilisation de la voiture est limitée par des plages horaires d’accessibilité. Les logemen ts répartis en deux zones compactes, déga gent au centre un vaste espace public et de loisir paysagé.

Les rangées de logements ont une toiture lineaire et courbe ; ils sont décalés les uns par rapport aux autres.

La superposition des différentes couleurs des façades donne une ambiance dynami que à la composition.

Au RDC, les bâtiments accueillent des petits commerces et des passages transversaux qui donnent sur deux grands jardins. Les équi pements se situent autour de cette esplana de principale.

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PARALLELA

Des logements et équipements en bande traversent le terrain comme des lanières afin de créer de grandes perspectives orientées de la montagne vers la plaine, suivant la trace de la muraille.

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COLONIZZAZIONE

Un palais des congres prend place à l’angle de la muraille. Un hôtel et des commerces organisent une nouvelle place centrale face à la nouvelle mairie. Et des petits logemen ts s’insèrent librement dans le parc continu, comme un système de villas résidentielles.

La maille est prolongée sur le boulevard par un front urbain continu d’immeubles. Un grand jardin central conduit par des séquences de petites places successives vers l’échelle plus domestique du tissus existant en fond de perspective. Ancien et nouveau sont liées et offrent des points de vue pit toresques.

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GIOCARE CON IL FUORI SCALA

Le complexe de congrès proposé est situé à proximité immédiate de la muraille et pro fite du cadre historique et naturel unique dans la région.

L’ensemble est de taille à répondre à une demande régionale, voire internationale, mais sa modulabilité le rend également adapté à la demande locale à l’échelle de Marostica.

La proposition comprend plusieurs salles de tailles différentes, des espaces d’exposi tion/vente/représentation modulables, des surfaces de bureaux et une partie hôtelière.

Le rapport à la muraille a été pensé de ma nière à ce que le projet profite au maximum de sa confrontation au patrimoine histori que, sans pour autant le dénaturer.

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Ecole Nationale Supérieure d’Architecture de Marseille Semestre 10, master 2 « Architecture et Ville Projet et Histoire » année scolaire 2005 / 2006

Jean-marc Chancel, architecte, enseignant Jose Morales, architecte, enseignant

studenti: Bastien Gèguier, Delphine Borg, Clèmentine Martin, Laurent Boumendil, Sylvain Pirollet, Marjorie Bouchet, Sophie Sandrolini, Nicolas Giani, Adem Sertgoz

Refusant une approche qui dissocie projet urbain et projet architectural, le master « Architecture et Ville Projet et Histoire » de l’ENSAM met en son centre la notion de transformation. Cet enseignement du projet souligne que l’essentiel de l’activité de projet opère à la fois sur un matériau disciplinaire constitué et sur des situations contextuelles signifiantes.

A cet égard, notre enseignement s’inscrit dans une position doctrinale précise elle vise à substituer à des démarches de projet prétendument menées ex-nihilo, qui négligent les valeurs éthiques et d’usage, une attitude de projet affirmant une relation critique à la convention.

Cet enseignement du projet vise ainsi à deux objectifs.

D’une part, tout en poursuivant une habilitation la maîtrise du projet, il invite à construire une démarche intellectuelle capable de repérer l’actualité de la « tradition » de la discipline architecturale.

D’autre part, il propose de valoriser le travail de projet comme travail contextuel, dans l’ordre de la culture architecturale comme dans l’ordre de la confrontation aux situations physiques et sociales existantes.

Trois principes guident cette démarche

Le premier vise à réaffirmer que l’architecture est « una cosa mentale », pour reprendre le mot d’Alberti, et qu’il ne saurait y avoir de projet sans une pensée au préalable.

Le deuxième postule que l’architecture, au-delà de son dessin, ne trouve son accomplissement que dans sa matérialisation à travers l’édification.

Le troisième prétend que l’apprentissage du projet repose plus sur la mimésis et la transformation que sur l’invention gratuite.

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MURO ABITATO Bastien Gèguier

Le thème de base de ce projet est celui du « mur habité » : une paroi est tendue entre l’usine Vimar et la ville historique. Elle sert de distribution et d’appui à l’implantation de barrettes perpendiculaires affectées à des logements organisés autour de jardin suspendus. Le projet se situe ainsi à la ren contre entre la reconduction de la tradition de la ville enclose et le thème de l’immeu ble jardin corbuséen. Le rez de chaussée de cette mégastructure est laissé libre et articu le ainsi le boulevard au parc qui fournit le motif principale de la nouvelle composition urbaine.

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Ce travail adopte une position «critique» à l’égard de l’enceinte de la ville. En s’appu yant sur un programme de théâtre, le projet est installé à cheval sur les murs de Maro stica. La salle à l’italienne est installée en dehors des murs, les espaces techniques sont eux à l’intérieur de l’enceinte. Cette situation «parasite» exploite le potentiel poétique de la juxtaposition de l’ancien et du nouveau et cherche à montrer qu’il y a plus à gagner dans la sédimentation que dans la seule sacralisation de l’héritage hi storique.

Le projet propose que l’implantation future de la banque soit une opportunité positive pour la ville. L’hypothèse retient une implan tation intra muros plus au nord que celle ac tuellement projetée de manière à préserver un jardin à l’intérieur des murs de la ville. Parallèlement à cette position urbaine, le projet interroge l’espace de travail contem porain par une organisation innovante des postes de travail et insère le programme de la banque dans des fonctions complémen taires: crêche, laverie, commerces.

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EREDITA’ VISSUTA:

La proposition urbaine comporte trois traits essentiels: la requalification de la voie sud en boulevard urbain, la constitution d’un front bâti continu au nord de ce boulevard, la création d’un jardin de grandes dimen sions dans la partie centrale de l’extension urbaine, lequel jardin se prolonge intra muros par l’installation de la future ban que au nord du site actuellement prévu. Le nouveau front bâti accueille des logements et des équipements développés ici: une bi bliothèque, des archives et un auditorium.

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Le projet propose un jardin comme disposi tif d’articulation de la ville historique à l’ex tension provoquée par le déplacement de l’usine Vimar. Il centre ensuite son intérêt sur la requalification du secteur ouest aux environs de l’église en cherchant à instituer un centre civique secondaire pour la ville.

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SPINA CENTRALE

Ce projet s’appuie sur l’hypothèse que l’op portunité d’opération ouverte par le départ de l’usine Wiemar ne doit pas conduire à une forte densification. L’option prise est d’abord de compléter l’équipement urbain par une bibliothèque, un cinéma multiplex, et surtout un grand jardin articulant les bâtiments et équipements existants (église, nouvelle mairie, hôpital) et ceux projetés. L’image générale du projet est celle d’un grand mur faisant écho à ceux de la ville existante.

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NUOVO PARCO URBANO: RIAPPROPIAZIONE DELLA COLLINA

Refusant d’occuper la contiguïté immédia te de la ville pour ménager un grand jardin entre l’ancienne usine Vimar et les murs, le projet, fondé essentiellement sur un pro gramme de logement, par à l’assaut de la colline.

En appui sur une ligne de niveau, le projet propose une coupe en corniche, favorisant les vues lointaines, l’ensoleillement et une manière de provocation paysagère en oppo sant son horizontale blanche à la sinuosité des murs historiques.

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Nicolas Giani-Adem Sertgoz

Università IUAV di Venezia Facoltà di Architettura Corso di Progettazione Urbanistica I anno scolastico 2005-2006 docente: Davide Longhi studenti: Daniele Boscolo, Tania Crepaldi, Alessia Pasculli, Luca Benvegnù, Alessia Fabbian, Giulia Dal Maso, Ilaria Dell’Orco, Alessandra Lepore, Sara Santoni, Tiziana Gallon, Sara Scialpi, Francesca Arca, Gianluca Canovese, Lara Moras, Michele Pajola, Nicolò Colleoni, Giulia D’Incalci, Filippo Martini, Carlo Pulino, Walter Seminara

Il corso ha affrontato il tema dello spazio pubblico come elemento ordinatore del nuovo sistema insediativo tentando una caratterizzazione dello spazio aperto tramite il riuso degli elementi storico-morfologici dell’area: la chiesa di San Rocco, le abitazioni del Borgo Panica, il fabbricato che ospitava il manicomio, alcuni elementi dell’archeologia industriale.

Le nuove centralità, legate alla localizzazione di polarità funzionali di rango elevato, come il nuovo edificio municipale e la costituzione di una Residenza per Anziani legata al centro storico, strutturano il quartiere profondamente tentando la costituzione di un parco delle mura contemporaneamente la realizzazione di un grande parcheggio interrato a servizio del centro storico e del nuovo quartiere.

Il parco delle mura diventa così elemento fondamentale di relazione tra il dentro e il fuori le mura creando uno spazio di grande attrazione ricreativa per la città.

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PERCORSI PEDONALI COME ELEMENTO DI NARRAZIONE Daniele Boscolo-Tania aCrepaldi-Alessia Pasculli

Il progetto propone la riqualificazione del sito attraverso la relizzazione di una zona residenziale, commerciale e di servizio.

La trasformazione dell’area tende a dare for ma ad un ambiente attraversabile, in modo non necessariamente rettilineo e continuo, offrendo la possibilità di avvicinare le abi tazioni, il parco, il municipio e altri servizi, come il parcheggio, al centro della città.

La qualità del nuovo insediamento è data dall’articolazione e dalla commistione degli spazi aperti, privati e collettivi.

139 SEZIONE A-A SEZIONE B-B SEZIONE C-C

ARIA DI CASA, DI CENTRO, DI QUARTIERE

«Mi piace Marostica perché e tutta qua, un insieme. Questa è la cosa più importante; le altre case là fuori sono sparpagliate. C’è la piazza degli Scacchi, esattamente lì; è una facenda d’amore… Lavorando in questo paese tutta la gente ha qualcosa in comu ne… ed è molto piacevole».

L’acutezza di questa risposta che un anziano marosticense dà alla mia –forse ingenuadomanda su cosa rappresenta la sua città, è pari ai sapori evocati da una breve poesia di Costantinos Kavafis: «Aria di casa, di centro, di quartiere / per anni e anni, ovunque io giri. / Ti ho creato nella gioia e nel pianto: / tanti sono fatti, tanti gli eventi / che sei diventato tutto sentimento per me».

Una sensazione locale come quella sopra evocata, intensifica ogni attività umana che vi si svolge, favorendo il deposito di memo rie.

Affrontare il progetto all’interno di un tes suto così denso è per me molto affascinante ma non altrettanto semplice. Ogni centime tro del progetto che presento è una conqui sta, attraverso un assiduo lavoro di cernita, combinazione, cancellazione, correzione, revisione: «questa spaventosa fatica è stata tanto critica quanto creativa».

Il fuori scala del perimetro industriale del l’ex fabbrica di ceramiche Azzolin –circa 1/6 del costruito- non è più assimilabile al

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compatto tessuto caratteristico dell’espan sione intra-moenia, ma va piuttosto trattato come occasione significativa di riforma dei rapporti tra le parti esistenti.

Interpretando le richieste dell’amministra zione, il progetto prevede l’apertura del re cinto dell’antica fabbrica, proponendo una nuova lettura della scena urbana generata da un nuovo complesso organizzato attor no ad una articolata corte interna aperta, culminante nella torsione dell’ auditorium.

Corte sulla quale confluisce il nuovo percor so pedonale che parte da piazza degli Scac chi. Le mura cessano così di essere la recin zione posteriore degli edifici di via Vajenti, per ritornare a parlare del luogo attraverso la loro matericità fatta di lacerazioni e stra tificazioni.

Per la villa Azzolin che mantiene il suo sto rico giardino e il fabbricato “A”, è previsto il consolidamento statico delle strutture e una riorganizzazione degli spazi interni , in grado di poter accogliere al meglio le nuove fun zioni, rispettivamente di uffici dirigenziali e uffici amministrativi della Banca Popolare di Marostica(la Banca era ancora proprieta ria dell’area al momento del progetto).

Le altre funzioni da essa richieste vengono ospitate al piano terra dei nuovi volumi

caratterizzati da una policroma vetrata, un grande puzzle che ricompone in maniera nuova il significato del recinto. Le partizio ne interne tra le singole attività sono mobi li, per poter seguire nel tempo i mutamenti delle esigenze funzionali.

Questi nuovi volumi che poggiano su un ba samento contenente parcheggi, si pongono come podio trasparente per i superiori volu mi delle abitazioni, conferendo all’insieme un aspetto vivacemente contrastante. Que sto effetto è creato dalla matericità delle pareti esterne che vengono poste in dialogo con i prospetti che disegnano via Vajenti e il prospetto della villa Azzolin, dove le apertu re vanno a bucare i solidi muri perimetrali.

Il lavoro sui volumi privilegia la tecnica del montaggio, propria della «difficile unità che si preoccupa di esprimere fenomeni so ciali in organizzazioni complesse», piuttosto che la sterile fusione propria dell’oggetto ben fatto.

Alla contaminazione tipologica tra schiera e ballatoio, corrisponde in alzato una ibrida zione tra la liscia facciata esterna e la ricca texture lignea interna della facciata-portico, dove al piano inclinato delle coperture è affidato il difficile compito di raccordo. Le residenze che definiscono questo nuovo rac

conto urbano, disegnano spazi variabili dai 120 mq delle abitazioni tipo a tre livelli, agli 85 mq delle abitazioni duplex. Ogni villa è dotata di doppio affaccio e di piccole terraz ze al secondo piano. Gli spazi di soggiorno orientati sud/est, si aprono sulla terrazza traforata e sulla corte.

Alla terrazza – la memoria di un vecchio camminamento di ronda che si sgrana per diventare altro – è affidata la mediazione tra le geometrie dei nuovi edifici e le resi denze preesistenti sul lato ad est. In posizione ruotata rispetto alla quinta resi denziale viene collocato il segno del nuovo auditorium in grado di ospitare 220 perso ne. Caratterizzato dalla plasticità del suo prospetto-sezione in calcestruzzo a vista, si pone come fulcro della composizione non ché punto nodale del nuovo sopraccitato percorso. Un segno che mi auguro possa essere espressione di un’arte che cresce senza sapere che è un’arte, un segno che prenda forma dalle linee della vita stessa, che contorca, che estenda, accumuli, spin ga, goccioli, che sia pesante e ruvido, dolce e stupido come la vita stessa.

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prospetto su via Vajenti

Il progetto intende generare una equilibrata combinazione di conservazione e trasforma zione, utilizzando il percorso pedonale con funzioni culturali, commerciali, residenziali e amministrative.

Si tratta di una passeggiata che dalla chiesa di San Rocco conduce al parco di fronte alle mura, attraverso un’alternanza di aperture e restrizioni spaziali, variazioni cromatiche, elementi architettonici ed ampie aree verdi.

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VIBRAZIONE E MORFOLOGIA

Il progetto frequenta luoghi diversi per “forma” e carattere, quali la vasta area del vecchio ospedale, lo stabilimento Vimar, l’officina attigua al centro e l’antico Borgo Panica.

Il progetto prevede la demolizione dell’offi cina, delle residenze adiacenti le mura, e di alcuni padiglioni ospedalieri.

L’edificio a corte è destinato a municipio e il cortile rialzato fino alla quota di Via Panica, ricavandovi lo spazio di un piano da adibire ad auditorium. Un volume più alto chiude la piazza antistante l’auditorium per separarla dal viale/parco ricavato di fronte alle case in linea destinate agli anziani.

Tutta l’area a sud-est è oggetto di riconver sione a residenze in linea a due e quattro piani, il tutto servito da un parcheggio in terrato.

Gli edifici residenziali si presentano quali reinterpretazioni del tipo a “lotto gotico” e in facciata si caratterizzano per le ampie finestrature, garanzia di un’efficace illumi nazione naturale.

Compositivamente il progetto è caratterizza to da un lato, dalla regolare e monodirezio

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nale disposizione degli edifici, dei percorsi e della pavimentazione, dall’altro vasto “pol mone verde”, il quale si insinua e si espan de, unificando l’area trasversalmente. Si è di fronte ad un ordine di parallele che genera un sistema edificato a lame. Queste ultime costituiscono un fronte fra stagliato, ma percepibile come continuo, che individua un vuoto centrale.

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L’ospedale è trasformato in nuova Sede Municipale con spazi per archivi, depositi e nuovi uffici.

Ai volumi esistenti dell’Ospedale viene affiancato il nuovo auditorium ad uso del Municipio.

Spazi vuoti della vita di relazione, centrali alla città sono intesi come elementi gene ratori dell’insediamento alla ricerca di un equilibrio urbano.

La riorganizzazione della viabilità interna, la ridestinazione funzionale delle aree centrali esistenti e la creazione di nuove centralità offrono i primi spunti.

Con la risistemazione dell’area Azzolin si of frono nuovi edifici di residenza e a servizi anche riutilizzando parte delle strutture esi stenti.

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NUOVO MUNICIPIO: UN CUORE PUBBLICO Tiziana Gallon-Sara Scialpi

VIABILITA’ COME ELEMENTO ORDINATORE

Il progetto crea un nuovo spazio urbano in cui il parco ha un ruolo preponderante.

Il percorso in prossimità delle mura ha come sfondo lo scenario della città antica.

Lungo il percorso pedonale si snodano in terventi progettuali che danno vita ad uno spazio in cui si svolgono attività sia com merciali che pubbliche.

Nell’area Azzolin, all’interno delle mura, si colloca un’attività privata che mantiene intatta la purezza e l’integrità dello spazio storico.

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Francesca Arca-Gianluca Canovese-Lara Moras-Michele Pajola

pieni e vuoti

pieni e vuoti

LA RICUCITURA DELLE FRETTURA COME MODALITÁ DI INTERVENTO URBANO Nicolò Colleoni-Giulia D’Incalci-Filippo Martini-Carlo Pulino

piazze e percorsi pedonali

flussi e accessi

piazze e percorsi pedonali flussi e accessi

L’idea guida è organizzare un grosso lotto creando un’appendice del centro storico, un unico spazio fluido, più denso, inserendo nuove funzioni, sfruttando tre cicli di di smissione, e realizzando un parcheggio per decongestionare il centro.

altezze edifici

altezze edifici

L’obiettivo consiste nel progettare nuovi paesaggi ed edifici, intervenire su quelli esistenti e analizzare le relazioni tra i siste mi artificiali, naturali e sociali, ipotizzando l’ambientamento contestuale delle parti. Sono compresenti differenti attività, un uso multiplo dello spazio per evitare la segrega zione in zone monofunzionali omogenee. Distanze e spostamenti a piedi diventano unità di misura della composizione.

morfoinsediativa

morfoinsediativa

parchi pubblici e giardini privati viabilità e parcheggi

parchi pubblici e giardini privati viabilità e parcheggi

distribuzione funzioni

distribuzione funzioni

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com’era
com’è

La “struttura verde” consente che le parti non costruite fungano da collante tra quelle edificate.

L’intervento ruota intorno ad una spina centrale pedonale, un asse configurato orizzontalmente, che ricuce la zona residenzia le della Vimar, la nuova sede municipale e le residenze per anziani con il parco delle mura, l’area Azzolin e il centro storico, crean do flussi interni e percorribilità diverse, oltre che visuali privilegiate.

Sono previste anche, per contrastare l’au mentata densità, piazze e zone verdi in tutte

le aree d’intervento e una piazza allungata di fronte al municipio e alla chiesa di San Rocco.

Il resto del costruito si articola sui bordi del l’asse e si affaccia sul percorso pedonale o sul parco.

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COMPLESSITÁ URBANA

Il progetto prevede l’organizzazione del l’area a sud dell’ex ospedale psichiatrico con un percorso carrabile e pedonale e una nuova piazza.

Sono demoliti parte dei fabbricati e con servati gli edifici di rilevanza storica, come l’ex ospedale e la Vimar, riconvertita ad uso residenziale.

L’intervento permette di ridare un’ampia visibilità prospettica e panoramica verso le mura, la Porta Sud della città e l’antico Ca stello Superiore.

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