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Quadro conoscitivo e consumo del suolo nel Veneto

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Le aree industriali: dalla diffusione alla frammentazione

Il grado di dispersione/diffusione degli insediamenti produttivi è fonte di diseconomie, generali e specifiche, misurabili rispetto alle variabili interne al settore e, in misura ancora maggiore, con riferimento alle ricadute territoriali in termini di congestione del traffico, di diffusione di fonti inquinanti, di invasione, dei paesaggi urbani e rurali. La commistione insediativa dei singoli fattori funzionali, la mancata correlazione/integrazione fra le diverse reti infrastrutturali, la mancanza di livelli minimi di funzionamento territoriale, in termini anche di semplice accessibilità o permeabilità, hanno comportato e comportano, una serie di viscosità e di attriti territoriali non più sostenibili. Il PTRC, ha attivato nel tema un percorso di attenta ed approfondita riflessione tecnica e scientifico-disciplinare.

Modello insediativo: gli elementi costitutivi

Nel censimento del 1951, per la prima volta, l’incidenza percentuale degli attivi nell’industria manifatturiera nel Veneto ha superato quella media nazionale ed ha poi continuato a crescere in modo impetuoso. La distribuzione territoriale delle attività industriali, in una prima fase, ha ricalcato l’assetto ottocentesco e del primo Novecento lungo l’asse centrale da Verona a Venezia, la attrazione dalle città e dei poli di industrializzazione storica nella fascia pedemontana. Il fenomeno della diffusione territoriale è successivo, prende avvio alla fine degli anni 60 e si sviluppa poi coinvolgendo l’intera pianura centrale e progressivamente l’area veronese, con l’avvio dei processi di trasformazione, prima dei comuni delle cinture urbane, e poi di tutti gli altri. Alle distrettualità consolidate si affiancano nuove attività e specializzazioni produttive, quasi sempre di media e piccola dimensione, ma altamente dinamiche e competitive.

Il modello di diffusione produttiva cresce e si consolida, in quanto i servizi alla produzione (sistema della mobilità, accessi alle reti tecnologiche, l’ampio sistema policentrico urbano, la disponibilità di servizi terziari anche in forma avanzata) sono attestati su livelli accettabili. La mappa industriale poggia sulle figure territoriali del Veneto anni ‘80 già indicate dall’I.R.S.E.V., in relazione alla distribuzione territoriale delle aziende. I valori medi regionali della dimensione delle aree industriali erano di: 18,0 ha per comparti di iniziativa pubblica; 21,4 ha per comparti di iniziativa mista;

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6,8 ha per comparti di iniziativa privata. Inevitabilmente a ciò si collegava anche una diversa dotazione infrastrutturale complessiva. L’orizzonte temporale dei dati che qui si riportano si muove dal 1984 e al 2002. Si può indicare, in estrema sintesi, che la superficie totale aree industriali regionale al 1984 fosse pari a 29.009 ettari L’incremento previsto dal PTRC vigente era del 10%. La superficie totale aree industriali regionale al 2002 era di 41.294 ettari, con un incremento reale pari al 42% ( dato del 2002 è ricavato dal Progetto Output della Regione che ha provveduto al collage di tutti i piani comunali approvati a quella data). L’approfondimento tematico, condotto sul campo da un gruppo di lavoro dell’università di Padova (Dipartimento DAUR) in un periodo di circa 3 anni dal 2003 al 2006 circa. ha portato a monografie (130 comuni, circa 10.000 edifici industriali schedati). Il campione esaminato consente di dire che le aree riportate nel Progetto Output 2002 sono state quasi tutte realizzate.

Il quadro di riferimento

La distanza tra le previsioni del PTRC vigente la cui elaborazione si colloca nel periodo 1983-85, rispetto alle aree produttive effettivamente realizzate si articola ulteriormente da provincia a provincia, anche in ragione delle diverse condizioni di partenza (massimo incremento a Belluno e Venezia con oltre 70% e minimo a Vicenza con 17%). In aggiunta, va ricordato che molti ed importanti fattori sono intervenuti nel periodo; tra questi, l’individuazione degli insediamenti produttivi in ambiti impropri di cui alla LR 5 marzo 1987, n. 11, che erano certamente sottostimati nei dati rilevati nel 1984.

La frammentazione

I dati generali più recenti relativi alle aree produttive (Progetto Output, 2002) consentono di operare alcune importanti verifiche riguardo alla loro numerosità e dimensione. La superficie territoriale della regione adibita a zona produttiva, risulta essere molto consistente anche nei confronti della situazione nazionale. La dimensione media delle aree industriali (su scala regionale) è di poco superiore ai 7 ettari. Già questi pochi dati indicano la frammentazione del sistema insediativo stesso e la necessità di approntare specifiche politiche di governo del territorio e della sua trasformazione.

La dimensione

Le aree di dimensione superiore a 500 ettari sono presenti a: Venezia (2015 Ha); Verona (1380 Ha); Padova (836 Ha); Porto Viro (649 Ha) e Vicenza (513 Ha). Rovigo presenta un valore molto prossimo ai 500 ettari; Schio, Portogruaro, Rosolina, Bassano del Grappa e Arzignano presentano valori comunque superiori ai 300 ettari. Le aree industriali di estensione superiore ai 100 ettari si localizzano in corrispondenza dei centri urbani principali e in maggior parte lungo il sistema del Corridoio V. Altri, in numero limitato, si sviluppano lungo l’Autostrada A-27 (Venezia-Belluno), nella bassa veronese, in gran parte del rodigino e nel distretto industriale scledense. E’ comunque utile ricordare che la categoria dimensionale in oggetto trova i suoi riferimenti in precisi e circoscritti elementi territoriali: la stretta relazione con la rete delle infrastrutture viarie principali (stradali, ferroviarie e portuali); la relazione storica con la città e i suoi servizi; gli effetti positivi della scelta urbanistica anche lontana nel tempo.

Le aree comprese tra i 10 i 100 ettari risultano distribuite su gran parte della regione, con notevole densità non solo dell’area forte centrale e pedemontana, ma anche in buona parte della porzione meridionale della regione, la bassa pianura veronese, padovana, occidentale e rodigino occidentale Anche queste figure insediative sottolineano la stretta connessione con gli assi viari e infrastrutturali principali del territorio. L’insieme delle classi dai 50 ai 100 ettari e dai 100 ai 500 ettari evidenziano il sistema territoriale portante della “produzione regionale”: l’intero polo veronese, in duplice collegamento con il sistema pedemontano, sul lato settentrionale, e con il sistema transpolesano, nella parte meridionale. Di primaria rilevanza

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Crescita delle aree produttive del Veneto nel periodo 1984-2002

territoriale risulta il sistema centrale-orientale della regione, con caratteri di continuità spaziale e funzionale con il sistema friulano. Classi dimensionali al di sotto del valore medio regionale, rappresentano invece le figure della dispersione e della frammentazione territoriale. Non sembrano evidenziarsi, in tal senso, appropriate logiche insediative, se non quelle generate da differenti e specifiche opportunità locali. Particolarmente evidente risulta l’estrema frammentazione della pedemontana centrale (vicentino, trevigiano e alta padovana) che sembra costituire una sorta di autonomo distretto, con baricentro territoriale posto all’incirca a Bassano del Grappa. Questa analisi consente di dire che, per l’efficienza del settore produttivo, la tutela del paesaggio e il contenimento dello spreco del territorio rappresentano un obbiettivo che è rivolto: al dimensionamento adeguato delle aree produttive industriali; alla scelta della localizzazione; alla cura del progetto. Le tipologie insediative più compatte, localizzate in modo da tener conto dei modi infrastrutturali, dei livelli di accessibilità e della integrazione delle produzioni e dei servizi, debbono essere confermate mentre, per le altre, si devono mettere in atto azioni di riorganizzazione, riaccorpamento, rilocalizazione e riqualificazione.

La dimensione territoriale della frammentazione

Se guardiamo al rapporto fra superfici per aree produttive e superfici urbanizzate valori minimi (inferiori al 15%) si ritrovano ancora nelle aree marginali della regione e nel sistema della fascia costiera adriatica, con non secondarie continuità territoriali con la bassa padovana, il rodigino e parte del trevigiano sud-orientale.

Gli approfondimenti conoscitivi

Gli studi monografici, condotti a campione su scala comunale hanno riguardato 130 comuni, analizzati pari al 22% circa dei comuni del Veneto, un totale di circa 10.000 edifici produttivi. La scelta delle monografie è stata fatta in funzione dei gruppi tipologici dei comuni, come definiti dal Censis, e dalla loro destinazione geografica e territoriale. Secondo la classificazione del Censis, i comuni veneti risultano raggruppati in: G 1 - Le centralità (33 comuni);

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