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Il sistema costiero

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Verona

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Area industriale (GPA)

Il quadro valutativo delle interferenze ambientali: fattori di pressione 1 - Indice di espansione urbana prevista Indica il numero di volte che, in un ambito di pianificazione, viene incrementata la superficie urbanizzata attuale nelle previsioni di uno strumento urbanistico vigente. A partire dal data base della mosaicatura informatizzata degli strumenti urbanistici comunali del Veneto sono state considerate le destinazioni d’uso che presuppongono azioni di edificazione o di trasformazione delle superfici naturali dei suoli.

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IEUP =

Ap A a

Ap = Superficie urbanizzata prevista negli strumenti urbanistici vigenti A a = Superficie urbanizzata attualmente presente Per l’intero gruppo di comuni analizzati l’indice IEUP medio è pari a circa 0,40 (27.700 ha circa di superfici urbanizzate previste ed approvate, ma ancora non attuate, su 68.340 ha di urbanizzato attuale). Per l’intero territorio della regione Veneto, che presenta una superficie urbanizzata di circa 188.200 ha, è stata verificata una previsione di oltre 75.000 ha di superficie urbanizzata già approvata negli strumenti urbanistici comunali. Considerando che la superficie regionale è pari a 1.842.400 ha, secondo lo scenario illustrato l’urbanizzato passerebbe dall’attuale 10% circa al 14% circa, escludendo da questo dato l’apporto dato dalle infrastrutture viarie (il Veneto ha circa 21.000 km di strade corrispondenti a circa 16.000 ha di suolo consumato dalla viabilità, pari all’1% della superficie regionale). Lo stesso indice IEUP, ricavato selezionando solamente i comuni collocati nella pianura, denuncia un valore di circa 0,32 che è sostanzialmente analogo a quello riscontrato per i comuni presenti nella fascia collinare e degli altipiani (0,36) a testimoniare un comportamento dimensional-previsivo dei piani urbanistici abbastanza allineato per queste fisionomie territoriali, mentre lo stesso indice raggiunge, filtrando gli strumenti vigenti nei comuni montani, il valore di oltre 0,50. 2 - Indice di rischio insediativo L’indice registra la sensibilità del territorio verso l’urbanizzazione sulla base valutativa dei fenomeni pregressi in base ai connotati morfologici (altimetria, acclività ed esposizione dei versanti), e urbanistici (prossimità alle principali vie di comunicazione). E’ possibile affermare che ogni struttura insediativa esprime dei caratteri latenti di frammentazione tendenziale, tipologicamente caratterizzabile, nei confronti del proprio dominio ambientale di incidenza, e nel caso della Regione Veneto è stato applicato un metodo che tiene in conto gli aspetti morfologici e urbanistici (MU) di selezione delle preferenze insediative medie. La sensibilità al consumo di suolo per urbanizzazione fornisce un’indicazione di notevole importanza per l’impostazione degli strumenti di pianificazione eco-orientati e proviene dalla interpretazione della vulnerabilità del territorio verso i fenomeni di consumo di suolo dovuti al progressivo espandersi delle aree urbanizzate in seguito al verificarsi di alcune condizioni favorevoli legate alla struttura geografico – sociale e ai fattori economici locali ed esogeni. I risultati riferiti alla Regione Veneto testimoniano alcuni processi il cui consolidamento proviene da dinamiche pluridecennali condizionate da fenomeni endogeni ed esogeni. Rispetto all’articolazione delle fasce altimetriche le parti urbanizzate incidono più pesantemente nei settori di quota compresi tra il livello del mare e i 300 metri, i quali risultano coperti da insediamento per quasi il 30% (17% il settore tra i 100 e i 300 m costituente la prima fascia collinare).

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Una conferma significativa dell’attrazione insediativa esercitata dagli ambienti collinari giunge anche dalla analoga analisi centrata sulle classi clivometriche: se i comparti pianeggianti (pendenza <5%) sono urbanizzati per circa il 13%, le fasce di acclività comprese tra il 5 e il 20% risultano coperte da insediamento per quasi il 40%. Una copertura, in quest’ultimo caso, che tiene conto solo in maniera lieve dell’esposizione dei versanti: infatti l’istogramma relativo conferma un intuibile basso gradimento per i fianchi settentrionali, ma denuncia una pressoché invariata risposta (attestata tra l’8 e il 9% di copertura urbanizzata) per le altre esposizioni. Passando alla sensibilità insediativa influenzata dai connotati urbanistici si può constatare come la fascia dei 50 metri laterali alle strade è per un quarto urbanizzata, mentre, comprendendo anche quella fino ai 100 metri, si arriva ben al 42%, ribadendo un modello distributivo dell’insediamento che privilegia la linearità di fascia stradale. In conclusione, esaminando le varianze nei vari casi di sensibilità elencati, si perviene ad un istogramma che mostra come la successione dei gradi di condizionamento dei vari fattori morfologico-urbanistici verso gli avvenimenti insediativi veda al primo posto la acclività dei suoli e al secondo posto la prossimità stradale, seguita da altitudine e accessibilità urbana quasi al medesimo livello e, infine, dalla esposizione dei versanti che, come già accennato in precedenza, costituisce un carattere ben poco selezionante. Il disegno dei gradi progressivi di rischio insediativo rispecchia naturalmente le sensibilità tematiche delle quali si è detto, rimarcando con grande evidenza il ruolo del reticolo infrastrutturale, delle grandi aree periurbane della pianura, nonché degli hinterland delle aree urbane medie della prima fascia collinare. Una forte concentrazione dei fenomeni tendenziali si verifica proprio nel comparto pianeggiante centrale in corrispondenza del quale, indubbiamente, potrebbe ulteriormente aumentare la pressione a carico di quel paesaggio “reticolare” e delle “stepping stones” che attualmente forma il tessuto ecosistemico residuale, seppur sfilacciato e discontinuo, di contatto tra le Prealpi e la Laguna. La pressione trasformativa urbana ipotizzabile con i criteri esposti assume fisionomie “neurali” nelle aree più propriamente montane, salvo concentrazioni locali nelle morfologie distese come accade nel bellunese, mentre a rischio omogeneo appaiono le fasce della sconfinata uniformità agricola orientale e a cavallo dell’Adige, tra il Brenta e il Po. 3 - Convergenze della ricerca sull’interferenza insediativa verso il PTRC Ciò che emerge dalle considerazioni sintetizzate è un’esigenza, da parte degli strumenti di coordinamento provinciale e del PTRC, di conformare un set di regole e di indirizzi che, rilevando le notevoli differenze e disomogeneità manifestate da un territorio regionale che è tra i più paesaggisticamente assortiti d’Italia, sia estensibile con modalità prima generali e poi via via più raffinate, a tutta la gamma delle circostanze regionali. Gli indirizzi riguardano i criteri generali di moderazione e di contenimento del consumo di suolo; di attivazione di comportamenti trasformativi tesi tendenzialmente all’aggregazione più che alla dispersione delle parti urbanizzate; di introduzione nella progettazione infrastrutturale di indagini sulla occlusione ecologica conseguente; di catalogazione delle barriere alla continuità ambientale ai vari livelli territoriali; di atteggiamento degli strumenti di pianificazione verso la conservazione della biodiversità nella formulazione degli impianti regolamentativi dell’azione urbanistica di base dei Comuni e delle Province. E’ possibile cogliere, in sintesi, alcuni elementi nevralgici per l’impianto del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC). Un primo risultato del lavoro, relativo allo zoning regionale qualificato come “paesaggi di frammentazione”, ha disegnato una mappa territoriale che è risultata verificabile con un buon grado di attendibilità con riferimento alle diverse situazioni di integrità, di episodicità o di impoverimento delle matrici ambientali di connessione. Emergono nella dimensione complessiva alcuni grandi spazi veneti a più alto tenore di naturalità diffusa, come la fascia montana trasversale, all’interno della quale però, come e ben noto, sono presenti molte varietà di ecosistemi e di paesaggi, anche a causa della complessa struttura geo-litologica. Le puntualizzazioni che genera le regole specifiche di governo del territorio in scala di PTRC rilevano alcune entità differenziali come maggiori serbatoi di naturalità, quali, a titolo esemplificativo, le Dolomiti Bellunesi o la Foresta del Cansiglio e sul versante geograficamente opposto, la Laguna di Venezia. Oltre alle grandi “core areas” lo schema strutturale della continuità ambientale veneta contiene anche altri oggetti che, in una dimensione complessiva di conservazione della biodiversità, assumono forse una importanza ancora superiore. Elencandone alcuni non si può fare a meno di citare le due estese “stepping stones” formate dai Colli Euganei e Berici che, dalla fascia pedemontana, si protendono nella pianura costituendo due capisaldi di semi-naturalità residuale, sebbene molto intaccati dalle attività antropiche e separati anche verso Nord-Ovest dalla Lessinia e dai Monti Lessini (area protetta carsica di oltre 10.000 ha con significativa presenza faunistica) dall’importante fascio infrastrutturale e insediato associato al tracciato dell’A4 tra Verona e Vicenza. Di estrema importanza sono anche le fasce riparali dei grandi fiumi e dei loro affluenti, “corridoi ecologici” per antonomasia il cui mantenimento deve rappresentare una assoluta priorità. Si deve infine parlare delle strutture di paesaggio “reticolare” della pianura e delle “piccole stepping stones” che presentano una distribuzione non omogenea, con concentrazioni ben delineate, ma il cui carattere di permanenza, opportunamente interpretato in strumenti di governo territoriale mirati alla sostenibilità, può fornisce appigli importanti per l’innesco dei processi di reversibilità e di restauro di alcune qualità ecosistemiche locali, nonché per tentare operazioni, magari pilota, di risaldatura tra gli ecosistemi interni e costieri. I criteri di conservazione appena tratteggiati dovranno affiancarsi a politiche decise di deframmentazione, mirate a risolvere alcuni problemi grandi e piccoli di cesura ecosistemica posti dai grandi canali di mobilità (prevalentemente nella pianura), ma anche da linee viarie apparentemente di impatto limitato: L’intenso uso turistico delle zone montane, estivo ed invernale e lo stesso pendolarismo quotidiano comportano, infatti, che alcune direttrici stradali diventano, con fenomeni temporalmente alternati, barriere considerevoli per i potenziali flussi biotici. Un esempio significativo proviene dalla S.S. 203 del Canale di Agordo, lungo la Valle del Cordevole, che taglia nettamente in due parti il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, ma esem-

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