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Politiche per la città e l’assetto del territorio

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Verona

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- la lentezza dei procedimenti: la mancanza di flessibilità interna degli strumenti di pianificazione comunali rende i piani “rigidi” ad ogni mutamento. Infatti, anche per recepire le minime necessità di modifica, essi necessitano di onerose procedure di approvazione di livello comunale e regionale e spesso gli stessi PRG risultano già superati al momento dell’attuazione, atteso che dal momento dell’adozione dello strumento al momento dell’approvazione, passano alcuni anni e con ciò mutano di conseguenza anche le esigenze territoriali; - l’eccesso di conflittualità con conseguente aumento del contenzioso amministrativo; - la rigidità dello zoning che riduce e semplifica le componenti complesse degli insediamenti a elementi semplici e convenzionali, rendendone spesso rigida la struttura con un impoverimento complessivo delle relazioni spaziali urbane e territoriali e della qualità architettonica; - la decadenza dei vincoli, l’eccessivo dettaglio dei piani, la flessibilità dei gradi di protezione nei centri storici, ecc. - il mancato coinvolgimento dell’iniziativa privata nel soddisfare bisogni collettivi stante la carenza di risorse pubbliche; - la complessità derivante dalla pluralità dei temi trattati a fronte di una carente e spesso inadeguata risposta progettuale.

Il percorso della nuova legge e i suoi effetti

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Se queste sono state le premesse concettuali e i motivi che hanno indotto la Regione Veneto a modificare la propria legislazione, introducendo una riforma che ha radicalmente mutato un’impostazione decennale attraverso la codifica di nuovi strumenti, metodi e linguaggi del “fare urbanistica”, si possono riconoscere anche altre motivazioni e tappe che hanno determinato l’azione regionale. Primi anni ’90: avvio del dibattito sulla revisione della legge urbanistica nazionale, nel corso del quale le Regioni hanno attivamente partecipato e contribuito alla definizione di una proposta di legge impostata sulla suddivisione dello strumento urbanistico in una parte strutturale e una parte operativa. 1995-2000: si assiste all’avvio del processo di revisione legislativa con l’adozione delle prime riforme urbanistiche regionali, tutte impostate sui criteri enunciati nella nuova legge urbanistica nazionale. Tra le Regioni che hanno adottato la riforma si iniziano a confrontare i primi esiti, in particolare le esperienze di Lombardia, Toscana ed Emilia-Romagna costituiscono terreno di valutazione per le altre regioni. Nella Regione Veneto inizia un’attività di dibattito interno con affidamento di incarichi e studi propedeutici alla formulazione di proposte di legge urbanistica, ma non si perviene ad una concreta proposta di legge: la vecchia normativa appare fornire risposte sostanzialmente adeguate alla realtà veneta e l’innovazione che si prospetta con la nuova riforma nazionale non sembra sufficientemente testata. Vengono comunque in questo periodo emanate alcune leggi che per taluni aspetti anticipano i contenuti della riforma: - la LR 21 del 1998 attribuisce ai Comuni la competenza ad approvare varianti al proprio strumento urbanistico di limitata entità; - la LR 23 del 1999 disciplina i Programmi Integrati di Riqualificazione Urbanistica Edilizia ed Ambientale (PIRUEA) che prevedono il diretto coinvolgimento dei privati a supporto della pubblica amministrazione nella realizzazione di interventi di interesse collettivo. 2001: è per il Veneto una data fondamentale per abbandonare gli indugi ed avviarsi verso una riforma urbanistica. La spinta fondamentale in realtà avvenuta sulla scorta dell’adozione del Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n. 112 e delle modifiche al titolo V della Costituzione che definisce il “governo del territorio” come materia concorrente tra Stato e Regioni.

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Infatti, con la legge regionale n. 11 del 13 aprile 2001 concernente il “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali” in attuazione del Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n. 112 (Bassanini), la Regione Veneto si impegna ad affrontare in modo sistematico la gestione delle competenze regionali in materia urbanistica. Con tale legge è stata definita l’attribuzione di competenze agli enti locali e precisato, per quanto riguarda l’urbanistica, l’obbligo di procedere alla disciplina dell’intera materia entro un anno dall’entrata in vigore della legge, stabilendo inoltre che qualora la Regione non pervenisse alla disciplina l’intera materia urbanistica, con l’individuazione delle funzioni amministrative di competenza regionale e quelle da ripartire tra gli enti locali, entro il termine previsto di un anno, alla scadenza di tale termine, le funzioni previste dal penultimo comma dell’articolo 108 della LR 61/1985 dovranno essere esercitate dalla Provincia. Le funzioni definite al penultimo comma dell’articolo 108 della LR 61/1985 riguardano le competenze relative all’approvazione di Piani Regolatori Generali e loro varianti che vengono esercitate dalla Regione fin dagli anni del conferimento delle deleghe sull’urbanistica dallo Stato alla Regione, quindi un periodo di tempo molto lungo (30 anni circa) che ha consentito lo sviluppo di un confronto istituzionale Regione/Comuni piuttosto collaudato da prassi tecnico operative sulla valutazione dei progetti e supporto amministrativo nella gestione delle problematiche territoriali. Quindi è la stessa Regione che si “obbliga” a provvedere rapidamente ad una riforma urbanistica, prevedendo, in caso di inadempienza, alla delega tout court delle funzioni regionali alla Provincia. Ciò ha rappresentato, per la Giunta Regionale, uno stimolo a presentare il disegno di legge di riforma della materia, accompagnandola con un’attività di sperimentazione degli effetti della stessa legge, attività che non ha avuto precedenti nella prassi legislativa regionale. Infatti il progetto denominato Plan2001 ha visto coinvolte realtà rappresentative di tutte le sette province del Veneto ed in particolare l’articolazione del progetto prevedeva la formazione di due Piani Intercomunali (Valsana e Lessinia) per complessivi otto comuni e ulteriori 6 Piani Comunali. La sperimentazione, al di là dei risultati progettuali comunque significativi, ha contribuito ad arricchire il contenuto della nuova normativa proposta con spunti e riflessioni che ben difficilmente sarebbero emersi con la semplice stesura “a tavolino”. È in questa fase che inizia la discussione in Consiglio Regionale della riforma urbanistica che approderà con l’approvazione l’11 aprile del 2004. 2001 – 2003: la discussione sulla legge urbanistica avvenuta in Consiglio Regionale ha messo in evidenza la complessità della materia anche per le intervenute disposizioni legislative di carattere nazionale e comunitario e con esse la necessità di adeguare la riforma a tali disposti e direttive. E pertanto, visto il protrarsi dei tempi per la sua approvazione, la Regione è dovuta intervenire negli anni 2002 e 2003 con legge, al fine di prorogare gli effetti della citata legge regionale 11 del 13 aprile 2001 ed in particolare degli effetti relativi alla delega di funzioni previste dal penultimo comma dell’articolo 108 della LR 61/1985 senza che queste fossero precedute da atti di pianificazione intermedi (approvazione dei previsti Piani Territoriali Provinciali) o azioni di coordinamento disciplinari atte a rendere meno “traumatico” il passaggio di consegne da un ente territoriale ad un altro. Ciò ha prodotto un’accelerazione di notevoli dimensioni nella produzione di varianti agli strumenti urbanistici da parte delle amministrazioni comunali che si è ulteriormente aggravata con le successive proroghe avvenute negli anni 2004 e 2005. Infat-

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