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Lamine

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Roberto Sarno

Roberto Sarno

Di Chiara Orsetti

La vittoria al Premio De Andrè, un’esperienza sanremese ad Attico Monina, un ep in arrivo: Viviana Strambelli racconta la sua anima eterogenea

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Con il tuo brano Non è Tardi ha vinto il premio De Andrè. Una bella soddisfazione, che ha attirato anche l’attenzione di Dori Ghezzi. Com’è andata e che effetto ti ha fatto? È stato sicuramente il momento più bello di questa esperienza. Dori Ghezzi ha fatto, ha visto con i suoi occhi la storia della musica crescere, svilupparsi, evolvere accanto a De Andrè e agli altri cantautori. Quando mi ha detto che voleva ascoltare anche le altre mie canzoni è stato emozionante. Subito dopo la premiazione abbiamo fatto ascoltare Penna Bic anziché il pezzo vincitore. Quello che mi ha stupito è che avesse percepito e compreso il pezzo nella sua interezza, nonostante le parole non arrivassero chiaramente, vista anche la velocità del brano. Eppure la canzone le è arrivata. Ho provato come un senso di “giusto”: il contenuto che per me era chiaro è arrivato anche a lei, e dimostra che se il contenuto c’è, arriva anche se non ti sforzi per farlo capire. C’è un ep che aspetta di essere pubblicato e che abbiamo ascoltato in anteprima. Nonostante siano brani singoli ben definiti, l’anima che ci hai messo funziona come un filo conduttore importante. Il legame tra le canzoni che compongono l’ep c’è, e mi fa piacere che tu l’abbia trovato. I primi feedback sono sempre i più interessanti: sono i primi riscontri, esci dal buio e inizi a vederti attraverso gli occhi degli altri, a scoprire parti di te che ancora non conoscevi. Nelle tue canzoni ci sono molte sfaccettature di colori e di interpretazione. Sembra difficile incasellarti in una categoria… Sei un’anima complessa? Eterogenea. E’ un po’ come quando mi chiedono, parlando di musica, “che genere fai”? Non lo so! Se mi piace una melodia che sembra metal, perché non possiamo usarla? Possiamo fare quello che vogliamo. Siamo in un periodo storico in cui è permesso dire la propria anche nel modo più bislacco. Vale per la moda, per la letteratura, per la politica. Perché

non utilizzare questa libertà e far sì che una canzone possa essere tridimensionale, che puoi girarla e ha una faccia diversa secondo chi la guarda, chi la ascolta. Stiamo approfittando dell’assenza di punti di riferimento, che è sicuramente drammatica sotto alcuni aspetti, ma difficilmente sarebbe potuto venir fuori un progetto monolitico, uniforme. O forse sono io che non sono in grado di farlo! Una ragazza che ha ascoltato Penna Bic era convinta che il brano parlasse

di bullismo. E mi ha stupito che la canzone abbia aperto porte che neanche io immaginavo nel momento in cui l’ho scritta. Diventa pretenzioso andare in una sola direzione, si rischia di diventare pedagogici: io non voglio insegnare niente a nessuno. Si può partire da una storia personale, da un fatto di cronaca, quando si scrive una canzone: ma poi si deve passare attraverso il filtro dell’autocritica, farsi mediatori tra ciò che hai vissuto e quello che diventerà

una volta che ti è passato attraverso mescolandosi agli accordi, alle melodie, ai suoni. Anima complessa, dicevamo, ma anche giramondo: sei siciliana ma hai vissuto in Puglia, a Genova, a Roma, a Napoli. Dove è nata la tua ispirazione musicale? Ero a Genova quando ho scritto le mie prime canzoni. È nata lì l’ispirazione. Penso sia una delle città più tristi ma nello stesso tempo più ricche in termini di input sensoriali. È piena odori: abitavo nei vicoli, nella foresteria del teatro in cui lavoravo, e appena ci arrivi Genova si aggancia immediatamente con il tuo io malinconico. C’è tutta la parte metallica, i container, il porto, e poi i vicoletti. È una città che ti “splitta”. L’ha detto Bindi, l’ha detto Tenco… Penso che non sia un caso. Ho partecipato al concorso Genova per voi quasi per caso, tramite il teatro. Mi sono approcciata ingenuamente alla composizione dei tre brani in italiano necessari a partecipare. Ho seguito un flusso emotivo continuo. Siamo a Sanremo. Quali canzoni ti piacerebbe aver scritto tra quelle che sono state presentate sul Palco dell’Ariston? Sicuramente Almeno tu nell’Universo, è la prima che mi viene in mente. Anche se trovo straordinaria Mi sono innamorato di te di Luigi Tenco. Mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare è quel tipo di verità e di semplicità che raggiungi solo col tempo. È riuscito a essere spietatamente sincero, non ambasciatore della verità pornografica morbosa di conosce i fatti e i dettagli di cui non te ne frega niente. Piccole verità imbarazzanti che appartengono a tutti e di cui ci vergogniamo. Dai, come si fa a iniziare una canzone abbassandosi così le mutande… non avevo niente da fare. Il bisogno di comunicare di quel periodo cantautorale per i nostri tempi è difficile. È come se ci fossimo arresi, come se fosse impossibile cambiare le cose e quindi perché sprecare tempo per descriverle. Ci sono sprazzi di speranza, qualcuno prova a tirare fuori le unghie e a smettere di lamentarsi. È un momento drammaticamen-

te figo, in fondo. Ma sconfinando, altri brani che avrei voluto scrivere sono Il mio mondo di Bindi, e Khorakhanè di De Andrè. Sul palco dell’Ariston si è molto parlato delle esibizioni di Achille Lauro. Anche lui tenta di comunicare qualcosa a modo suo? In questo momento ci sembra figa una cosa già vista negli anni ‘70, ma perché ci siamo appiattiti. Il momento di “sveglia” non è giusto o sbagliato, dopo 40 minuti più o meno piatti se arriva qualcuno che ti lancia qualcosa in faccia spezza la noia e ti piace comunque. Al di là del giudizio personale, sulla voce o sulle musiche, lo trovo simpatico perché rompe qualcosa. Va bene perché ci ha provato, il suo è un pacchetto completo che va analizzato come tale e non fermandosi solo a un lato del suo personaggio. Visto che siamo insieme ad Andrea Cicorelli, bassista e autore dei disegni del progetto, parliamo del ruolo del fumetto all’interno del progetto del tuo ep? (Andrea) L’artwork definitivo verrà presentato quando uscirà l’ep. Il nostro rapporto è iniziato grazie alla musica, sono il bassista della band. Dopo poco aver scoperto che sono appassionato di disegno, Viviana ha iniziato ad appassionarsi e abbiamo iniziato a lavorarci. A mano a mano che il progetto andava avanti avevo nuovi spunti e il personaggio Lamine si trasformava piano piano. Col tempo, ogni membro della band ha avuto il suo avatar, ma non superpoteri. (Vivivana): Andrea si è occupato anche della lavorazione del video: il make up geometrico è stato scelto vista la dimensione onirica delle immagini girate. I fumetti, insieme alla musica, regalano una suggestione visiva. La musica ti conduce in un luogo creando la giusta atmosfera, ma una volta che hai la possibilità di guardare delle immagini sei trasportato in modo quasi cinematografico. Disegni, arrangiamenti, suoni di veri e propri oggetti… il suono diventa materico, evoca e materializza le immagini. Ringrazio le persone che stanno dando qualsiasi tipo di contributo per questo progetto, a partire dai gesti più piccoli. (C.O.)

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